La antidemocratica e sinistrata Corte Suprema israelianaL'APPLAUSO INEVITABILE Niram Ferretti
11 gennaio 2023
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8880739500Ci mancava il transumanista e storico da infotainment Harari a unirsi al coro di coloro i quali affermano che la riforma della giustizia in Israele annunciata dal governo Netanyahu, minerà alle sue fondamenta la democrazia. Harari scrive:
“L'aspetto più prezioso di una democrazia liberale non è il governo della maggioranza, ma limitare il potere di chi governa in modo da proteggere i diritti dei cittadini”.
C'è però una parte mancante nella frase, in una democrazia non è soltanto il potere di chi governa a dovere essere limitato, ma anche gli altri poteri, tra cui quello della giustizia.
Ma Harari di Montesquieu non deve mai avere letto una riga se no saprebbe che per l'autore de "Lo Spirito delle Leggi", “Non c’è piú libertà se il potere di giudicare non è separato dal potere legislativo e dall’esecutivo. Infatti se fosse unito al potere legislativo, ci sarebbe una potestà arbitraria sulla vita e la libertà dei cittadini, in quanto il giudice sarebbe legislatore” (Lo Spirito delle Leggi, XI, 6).
E' esattamente quello che succede in Israele, dove l'Alta Corte di giustizia si arroga il ruolo di soverchiare a proprio arbitrio, il potere legislativo.
Il giudice non può essere legislatore in una moderna democrazia. Questa disfunzione, in Israele, dura da decenni e ha determinato il venire il essere di uno Stato dentro lo Stato, ma laddove il sensazionalismo travestito da storia, l'approssimazione scientifica al posto del rigore, e la drammatica manifestazione di semplificazione intellettuale al posto della fatica del concetto, la fanno da padroni, si può dire ciò che ha detto Harari suscitando applausi scroscianti.
Raffaele Ferro
La visione di Montesquieu è una semplificazione, nei moderni stati costituzionali il legislatore è soggetto alla costituzione e se la viola interviene un organo che è giurisdizionale e politico al tempo stesso (la Corte costituzionale). A margine faccio presente che il potere legislativo è oggi frammentato su più livelli, anche internazionali e persino soggetti amministrativi hanno poteri normativi a volte molto importanti
Niram Ferretti
Raffaele Ferro Israele non possiede una Costituzione, ma una serie di leggi in fieri. Montesquieu ha dato le basi teoriche per la separazione dei poteri, e per il loro bilanciamento, che varia nelle moderne democrazie da paese a paese. L'interferenza legislativa della Corte Costituzionale in Israele sulle prerogative dell'esecutivo è lampante da decenni e deve essere opportunamente corretta. I giudici non possono legiferare, in nessun ordinamento democratico viene consentito ai giudici di plasmare l'ordinamento legislativo, ma di intervenire laddove esso si ponga in violazione della carta costituzionale.
Niram Ferretti
Raffaele Ferro la debolezza di Israele è quella di non possedere di fatto una costituzione vera e propria ma una serie di leggi cosiddette base, che ne fanno le veci. Ed è dunque in virtù di esse che la Corte Costituzionale ha trovato il modo di forzare la “clausola delle limitazioni” contenuta nella legge Base sulla Dignità Umana e la Libertà del 1992, e stabilire che essa arginerebbe la facoltà del Parlamento di passare delle leggi che, a suo parere, la violerebbero. Tutto ciò ha fatto si che la Corte Suprema, sotto la lunga tutela di Aharon Barak si sia fatta organo supplente della Knesset attraverso un attivismo che ha inciso in profondità sulla sua operatività legislativa e continui a farlo fino ad oggi.
Raffaele Ferro
Niram Ferretti appunto, che succede se il legislatore viola la costituzione? Secondo, dimentica gli ordinamenti di common Law e il precedente vincolante
Raffaele Ferro
Niram Ferretti direi quindi che una costituzione c'è, e che la Corte ha supplito l'inerzia del legislatore, come in Italia è accaduto più volte
Niram Ferretti
Raffaele Ferro non li dimentico. Se il legislatore viola la Costituzione il potere giudiziario interviene ma non può diventare a tutti gli effetti supplente del potere legislativo soverchiando le prerogative dell'esecutivo. Si rilegga Kelsen.
Niram Ferretti
Raffaele Ferro no, non c'è una Costituzione in Israele. Ci sono leggi base, come ho scritto sopra. Per l'ex presidente della Corte Suprema israeliana, Aharon Barak, i rami dell’esecutivo e dell’legislativo non devono avere alcun grado di controllo sul ramo giudiziario, lasciando così che il potere giudiziario sia illimitato e la legislatura non possa rimuovere i giudici.
Raffaele Ferro
Niram Ferretti leggi base traduce il tedesco Grundgesetz che significa appunto costituzione. Il potere giudiziario deve essere autonomo nella interpretazione della legge che deve essere orientata ai valori costituzionali che includono sempre le libertà (personali) e i diritti fondamentali tra cui quello di proprietà. Diversamente i cittadini sono indifesi rispetto allo Stato
Niram Ferretti
Raffaele Ferro il tedesco può tradurre come crede e lei può andare avanti come un ariete a testa bassa, ma il fatto resta: "Israel has no written constitution. Various attempts to draft the formal document since 1948 have fallen short of the mark, and instead Israel has evolved a system of basic laws and rights, which enjoy semi-constitutional status". "Today, Israel is governed by a 124-page collection of 13 laws. Although the basic laws outline a vision of democratic rights, they remain, to paraphrase the late legal scholar Ruth Gavison, “unanchored. The Israeli Supreme Court has used this constitutional ambiguity to retroactively subject new legislation to judicial review. Meanwhile, legislators in the Knesset have tried to weaken the court’s authority over their lawmaking".
Daniela Rella
Raffaele Ferro le leggi costituzionali per essere modificate richiedono una maggioranza qualificata e sono perciò “stabili”. Non immutabili ma stabili. Le leggi base israeliane non sono leggi costituzionali e possono essere cambiate da qualunque maggioranza di governo. Maggioranza semplice, intendo. È evidente la differenza: Israele non ha una Costituzione.
Raffaele Ferro
Daniela Rella non è necessario avere una costituzione formale, anche l'Inghilterra non ne ha una, ciò non vuol dire che il legislatore ordinario non abbia limiti davanti al singolo. E la adesione a carte internazionali dei diritti supplisce alla mancata formalizzazione interna
Raffaele Ferro
Niram Ferretti una minaccia per la libertà: che succede se la maggioranza di governo abroga le libere elezioni e istituisce una dittatura o una oligarchia per cooptazione? Le democrazie moderne sono tali proprio perché il potere legislativo è soggetto a vincoli a tutela di singoli e minoranze
Niram Ferretti
Raffaele Ferro ma lei legge quello che scrivo? La mia impressione è che non lo faccia, e non ho molto desiderio di proseguire con un interlocutore che non legge ciò che scrivo, o lo legge senza comprenderlo. Nessuno qui sta contestando l'autonomia del potere giudiziario. Forse le è sfuggito lo specifico. Il problema è lo sbilanciamento di uno dei poteri che garantiscono l'assetto democratico, il legislativo, l'esecutivo, e il giudiziario. Alla sua domanda si può rispondere con un'altra domanda: che succede se il potere giudiziario invade il campo di quello dell'esecutivo, facendosi legislativo e sostituendone le funzioni? Lei teme che in Israele si instauri una dittatura perchè si vuole semplicemente ridurre il potere giudiziario? Mi sembra che lei del sistema politico israeliano sappia ben poco. Dovrebbe documentarsi meglio su quali sono le funzioni attuali della Suprema Corte israeliana e su quali sono i punti della riforma che l'attuale governo vuole portare avanti, invece di esercitarsi in domande retoriche del tutto fini a se stesse.
Daniela Rella
Raffaele Ferro le segnalo un paio di link, se vorrà leggerli. Mi paiono utili per mettere a fuoco il problema.
https://www.informazionecorretta.com/ma ... 0&id=88844 Daniela Rella
Raffaele Ferro
https://m.facebook.com/story.php?story_ ... 4334132689 Elisabetta Dell'Arca
Niram Ferretti però Aharon Barak è stato lasciato libero di agire e di muoversi evidentemente da una classe politica inadeguata o debole (lo dico da inesperta): tu cosa dici?
Niram Ferretti
Elisabetta Dell'Arca dico assolutamente di sì. Sono decenni che va avanti questa situazione. Finora nessun governo ha osato toccare lo strapotere della Corte Suprema perchè sapevano che farlo significava andare a toccare un potere fortissimo e consolidato che avrebbe fatto di tutto per impedirglielo. E' quello che sta accadendo adesso sotto i nostri occhi, piazze sobillate, la solita accusa di "attentato alla democrazia", persino un Segretario di Stato americano che in visita in Israele si dice preoccupato per la riforma annunciata. Una cosa simile non si era ancora vista.
Alberto Pento
La Costituzione è la legge fondamentale degli stati che ce l'hanno ed è fatta dal legislatore sovrano che nelle democrazie è il popolo (i cittadini elettori) o i suoi rappresentanti e non certo dai giudici, come sono fatte dal legislatore sovrano tutte le altre leggi ordinarie.
Nelle democrazie i giudici debbono esclusivamente applicare le leggi e verificare se queste sono conformi alla Costituzione ma non possono interpretare le leggi a loro insindacabile giudizio al punto da manipolarle, snaturarle, vanificarle, cambiarle perché ciò sarebbe eversione.
La Corte Costituzionale che verifica la costituzionalità delle leggi e delle eventiuali modifiche della Costituzione da parte del legislatore è sempre una Corte politica che riflette la volontà del legislatore ma non sempre quella del legislatore e del governo corrente, a volte la Corte Suprema (per tempi e meccanismi di elezione dei suoi giudici) rappresenta la minoranza non più al governo e ciò a volte o spesso ostacola e impedisce la governabilità democratica del paese come nel caso di Israele (anche se non ha una vera Costituzione ma solo Leggi basilari che a loro modo ne fanno le veci).
Quando la Corte Costituzionale o Suprema così costituita, manipola la Costituzione attraverso la sua interpretazione e snatura e vanifica le leggi del nuovo legislatore sovrano democraticamente eletto, specialmente le leggi e i provvedimenti importanti e fondamentali della politica della nuova maggioranza, allora si crea un grave conflitto istituzionale che rende problematica la democrazia e ingovernabile la realtà a danno della sovranità popolare e del paese.
In caso di conflitto io ritengo che in democrazia il legislatore, se in una certa maggioranza, debba avere sempre l'ultima parola sopra quella del giudice costituzionale, altrimenti la democrazia si trasformerebbe in una castuale oligarchia giudiziaria antidemocratica.
Come sensatamente e giustamente sostiene Niram la Corte Suprema israeliana a guida del sinistrato Aharon Barak è una corte eversiva, antidemocratica e la sua composizione e i suoi poteri andrebbero assolutamente modificati per il bene di Israele e dei suoi ebrei.
Israele, un coro di allarmi infondati Testata: Il Giornale
Analisi di Fiamma Nirenstein
23.01.2023
https://www.informazionecorretta.com/ma ... 0&id=88844La piazza di Israele secondo la corrente narrativa di giornali anche importanti come il New York Times e in Italia come La Stampa di Torino o fogli ideologici come il Manifesto, protesta contro il pericolo che Israele correrebbe di abbandonare la strada della democrazia, di diventare preda di una banda di pregiudicati irresponsabili che la vogliono trasformare da un Paese multiculturale, democratico e stabile nonostante il pericolo continuo in un odioso bandito globale. Ma questa versione dei fatti è contraddetta da se stessa e da tutti i media israeliani e internazionali che la sostengono: quando mai un governo tende all’autocrazia dopo una vittoria elettorale molto decisa, con dubbi sul ruolo democratico delle dimostrazioni e della libertà di espressione consentirebbe senza remora alcuna, per giorni e giorni, il ripetersi ossessivo di slogan guidati, di dotte dissertazioni di intellettuali, di cipigliose affermazioni di ufficiali ancora in carica contro il governo appena eletto? Quando mai, a memoria d’uomo, un giornalista, e ce ne sono qui a migliaia, è stato interdetto dalla sua diatriba quotidiana contro Netanyahu? Non se ne conosce il nome. È tuttavia qui è in corso una vera, non disputabile, contestazione di piazza contro i volti di questo nuovo governo, 64 seggi su 120, e contro le proposte di legge avanzate, specie quella relativa alla riforma della Corte Suprema. I motivi sono antichi, ripetuti negli anni, e in niente simili all’ispirazione di un putsch.
Il giudice Aharon Barak ne promosse negli anni ‘90 una riforma che ne ha fatto l’arbitro indisputabile della vita di Israele, ed oggi fra gli altri si è levato per denunciare la presunta “catena velenosa” che porterà alla caduta dello Stato di Diritto. Ed è logico: è la sua stessa creatura che viene messa in discussione, e gli duole. È la stessa creatura che da quando il cosiddetto “Bagaz” fu da lui riformato collezionò le due caratteristiche l’hanno resa possesso definitivo di una sola parte politica, la sua, quali che siano state le vicissitudini e le alternanze del Paese: un sistema elettivo in cui “amico chiama amico” ovvero, a differenza da tutti gli altri Paesi del mondo, solo i giudici con processo non pubblico, si interessano dell’elezioni dei giudici senza doverne dar conto alla piramide politica, e in secondo luogo, hanno la possibilità del tutto irrevocabile di stabilire l’”irragionevolezza” (non meglio definita) di una legge, e quindi di cassarla. La proposta di legge del nuovo ministro della Giustizia Yariv Levin, che propone il possibile recupero a maggioranza delle leggi eliminate per motu proprio dal “Bagaz”e la scelta dei giudici secondo criteri in buona parte di proporzione politica, e comunque di trasparenza, è stata dichiarata da tutti i leader del governo precedente, da Yair Lapid, a Benny Gantz (un po' meno in realtà) un tentativo di colpo di stato autoritario. I toni esagitati non si distanziano affatto da quelli che accompagnano la campagna di odio per Netanyahu ormai da anni, che in questi giorni si sono fatti ancora più alti ottenendo l’esclusione di Arieh Deri, il leader di Shas il partito religioso sefardita, un moderato di grande esperienza politica con tuttavia una pena scontata per problemi fiscali, dal ruolo di ministro. E’ vero, il Paese ha una larga minoranza anti Bibi, che ha diritto di manifestare, e che si oppone con tutte le sue forze al ritorno nel ruolo di Primo ministro di una figura eminente, carismatica, un uomo di stato noto in tutto il mondo. Ma questa minoranza usa toni disinformati, esagerati, di piena diffamazione, molto bene accolta dai suoi nemici nel mondo, dello Stato d’Israele. Uno degli oppositori di Netanyahu è arrivato ad affermare che le elezioni alla fine contano poco: “Non vi ricordate che anche Hitler andò al potere con le elezioni”. I toni di odio sono arrivati a questa follia, dunque il timore del consolidamento della destra al governo non ha nulla a che fare con l’idea che si possa instaurare il fascismo ma semplicemente che la sinistra venga esclusa dalla sua gestione, dalla egemonia culturale di cui ha goduto sin dai tempi di Ben Gurion. Le classi dirigenti di sinistra del Paese che con i governi di destra di Begin, poi di Sharon e infine di Netanyahu hanno sempre dovuto ingaggiare un braccio di ferro duro, sentono che la parte conservative del Paese ha adesso la possibilità di dire la sua, che davvero ha vinto le elezioni, che sta facendo nuove leggi. Si tratta di un’aggressione alla democrazia? Non ne ha nessuna apparenza. Oltretutto, Bibi che ha già governato Israele per 11 anni plasmandone una democrazia egualitaria rispetto a etnie, scelte politiche sessuali, religiose… dovrebbe davvero essere impazzito per voler trasformare d’un tratto la sua eredità storica.
La riforma della giustizia non è pericolosa per la democrazia israeliana, è essenzialeRussel A. Shalev
12 Febbraio 2023
Traduzione di Niram Ferretti
http://www.linformale.eu/la-riforma-del ... ssenziale/Israele è unico tra le democrazie occidentali, ha un sistema giudiziario autonominato che è, allo stesso tempo, legislatore, esecutivo, redattore e creatore della Costituzione israeliana. Questo enorme potere funziona senza controlli, equilibri o supervisione efficaci. Come conseguenza di ciò, le riforme che sono state discusse per quasi tre decenni si stanno avvicinando alla loro realizzazione.
Dopo l’insediamento di un governo di destra a seguito di quasi tre anni di caos politico, la questione della riforma giudiziaria è diventata una richiesta chiave della coalizione. Tra le riforme proposte vi sono modifiche al sistema delle nomine giudiziarie, una chiara definizione delle condizioni alle quali la Corte suprema può annullare le leggi e una clausola di revoca. Quest’ultima clausola consentirebbe alla Knesset di approvare una legge che impedirebbe alla Corte Suprema di annullare la legge.
L’establishment legale israeliano e i suoi alleati, a grande maggioranza a sinistra, afferma che queste riforme porteranno alla morte della democrazia israeliana e alla fine dei diritti delle minoranze. In verità, queste riforme sono essenziali per restituire un equilibrio di base al sistema politico israeliano perché, per decenni, di fatto, il potere supremo su quasi ogni questione della vita politica è stato nelle mani di un’aristocrazia giudiziaria autoperpetuante, non eletta, la quale gestisce il paese non secondo una legge scritta ma in base alla propria visione del bene.
Il paradigma di base attraverso il quale l’establishment legale interpreta il proprio ruolo è quello dei ‘guardiani’. I giudici e i consulenti legali si vedono come l’avanguardia nella difesa della democrazia israeliana, proteggendola dai barbari alle porte. In questo caso, i barbari sarebbero i membri e i politici della Knesset, i quali, o complottano o possono essere facilmente tentati di limitare o ignorare le libertà civili e i diritti umani fondamentali.
Mentre ogni sistema democratico richiede controlli ed equilibri tra i propri rami, la dottrina del guardiano ha un effetto pernicioso e corrosivo sulla democrazia israeliana. I funzionari eletti che agiscono come rappresentanti dei cittadini, vengono visti con sospetto e fastidio. Come amano ripetere i sostenitori dello status quo, la democrazia non è solo il governo della maggioranza. La democrazia potrebbe non essere solo il governo della maggioranza, eppure è, principalmente e fondamentalmente, il governo della maggioranza. I guardiani, piuttosto che agire come argini nelle circostanze più estreme, si sono costituiti come sovrani alternativi ai cittadini e alla Knesset.
Nonostante tutti i discorsi sui pesi e contrappesi, ai cittadini israeliani resta una Knesset debole e una Corte Suprema quasi onnipotente e onnipresente. Una regola fondamentale della democrazia è che ogni ramo sia controllato e limitato. Queste limitazioni esistono già nei confronti della Knesset. Ogni governo in Israele è composto da una coalizione di più partiti, ciascuno con i propri interessi e visioni del mondo. La natura della politica di coalizione è quella del compromesso e del dare e avere. Inoltre, la Knesset e l’esecutivo sono limitati dalle elezioni e sono direttamente responsabili nei confronti dei cittadini israeliani, che possono fare campagna elettorale, protestare o scendere in piazza. Se la Knesset dovesse adottare politiche che limitano i diritti dei cittadini israeliani, saranno prontamente espulsi alle prossime elezioni. Ciò è in contrasto con la Corte Suprema, che è isolata dalla responsabilità popolare e non deve affrontare nessuna conseguenza per la legislazione giudiziaria o la creazione di specifici indirizzi politici.
Il ruolo ognipresente della Corte Suprema nell’arena politica di Israele è una storia (o una tragedia) raccontata in molte parti. Alla sua fondazione Israele ha adottato il sistema parlamentare originario del Regno Unito. Contrariamente al sistema americano, il ramo esecutivo è scelto dal parlamento. Similmente al Regno Unito, un principio di questo sistema è la supremazia parlamentare, il che significa che la Corte Suprema non ha il potere di controllo giurisdizionale e non può abbattere la legislazione. Il ruolo della Corte Suprema è quello di risolvere controversie specifiche tra le parti e garantire che il governo rispetti la legge. Il luogo delle decisioni politiche è la Knesset.
Fino agli anni ’80, la Corte Suprema si è astenuta dal coinvolgimento in alcune questioni, basandosi sulla dottrina della “giurisdizionalità”. Questa dottrina significava che c’erano alcune questioni sulle quali il tribunale non aveva competenza, per le quali non esistevano parametri legali e nelle quali il coinvolgimento giudiziario sarebbe stato inappropriato. Le questioni non giudicabili includevano decisioni politiche, questioni politiche, procedimenti interparlamentari e affari esteri. Un punto di svolta cruciale fu la decisione Ressler del 1988, in cui la Corte annullò la decisione del Ministro della Difesa di esentare gli studenti ultraortodossi delle yeshivot dalla leva dell’IDF. La Corte aveva precedentemente ritenuto che la questione fosse una questione di natura politico-sociale e non giurisdizionale. Il giudice Barak spiegò che non esiste un vuoto giuridico e che tutte le questioni sociali hanno risposte legali.
Poiché la Corte ha limitato l’uso della non giurisdizionalità, ha ampliato la dottrina della ragionevolezza. La ragionevolezza consentiva ai giudici di annullare qualsiasi decisione amministrativa che ritenessero irragionevole, consentendo essenzialmente ai giudici di sostituire il loro giudizio a quello del ramo esecutivo. Allo stesso tempo, la Corte ha eliminato il requisito della “legittimazione”, il che significava che solo le parti direttamente interessate potevano adire al tribunale. Ciò ha aperto la porta alle ONG e a vari “firmatari pubblici” che presentavano petizioni contro leggi e politiche a cui si opponevano. La Corte ha iniziato a pronunciarsi su questioni diverse come quella relativa al budget che il governo dovrebbe investire in rifugi antiaerei vicino al confine di Gaza, avviando un’inchiesta pubblica sui guasti durante la seconda guerra del Libano e sul percorso corretto per la barriera di sicurezza della Giudea e Samaria.
La fase critica dell’attivismo in continua espansione della Corte giunse nel 1992 con l’approvazione della legge conosciuta come “Legge fondamentale sulla dignità umana e la libertà” e della “Legge fondamentale sulla libertà di occupazione”. Queste furono le prime leggi fondamentali (leggi intese a servire come base della futura Costituzione di Israele) che sancivano i diritti umani; le leggi fondamentali precedenti si limitavano a delineare i meccanismi istituzionali.
Il giudice capo Aharon Barak annunciò che si era verificata una “rivoluzione costituzionale”, che le leggi fondamentali avevano uno status costituzionale e che queste davano alla corte il potere di annullare le leggi contrarie ad esse. Proprio così, Israele aveva una Costituzione, senza che i membri della Knesset, il governo o il pubblico ne fossero a conoscenza. Naturalmente, le leggi fondamentali non menzionano da nessuna parte il potere di annullare le leggi. Per questo, Barak si è guadagnato il titolo conferitogli dall’alto giudice statunitense Richard Posner di “pirata giudiziario” e “despota illuminato”.
Tre decenni di attivismo giudiziario hanno lasciato un sistema fondamentalmente squilibrato in cui un tribunale onnipotente affronta una Knesset debole. Nella famosa decisione “Mizrahi”, Barak ha sostenuto che le leggi fondamentali erano la norma costituzionale suprema di Israele e quindi giustificavano il controllo giurisdizionale. Tuttavia, nel 2018, la Corte ha accettato di esaminare una petizione contro la legge fondamentale dello Stato-nazione, nonostante la sua precedente affermazione secondo cui le leggi fondamentali erano le norme più elevate. La Corte ha flirtato con teorie legali radicali come “l’emendamento costituzionale incostituzionale”, che consentirebbe alla Corte di decidere in primo luogo cosa inserire nella Costituzione di Israele. Ciò è molto al di là di qualsiasi cosa i tribunali possano fare nelle democrazie occidentali, ed è un’ulteriore ed estrema usurpazione del mandato della Knesset.
Questa prepotenza giudiziaria genera una instabilità politica cronica. Le questioni politiche di cui si occupa la Corte sono antitetiche alle sentenze legali e al linguaggio di ciò che è giusto o sbagliato. Richiedono compromessi e concessioni, il vero pane quotidiano del lavoro parlamentare. Ad esempio, il ripetuto annullamento delle leggi sulle esenzioni alla leva per gli ultraortodossi non ha favorito in alcun modo l’integrazione ultraortodossa. I rapporti con la comunità ultraortodossa sono una grande sfida sociale che non può essere risolta legalmente o giudiziariamente.
L’influenza della Corte va ben oltre l’annullamento delle leggi. In tutte le fasi del processo legislativo e decisionale, i decisori devono chiedersi se la legge o la decisione sopporteranno il controllo della Corte. Il governo è ulteriormente svantaggiato nei confronti della Corte a causa dell’affermazione fatta dai consulenti legali del governo secondo cui la loro assistenza è legalmente vincolante. I tribunali hanno rifiutato di consentire agli avvocati privati di rappresentare i ministri, il che significa che il governo è alla mercé di consulenti legali che possono presentare opinioni più in linea con la loro coscienza personale.
Gli oppositori della riforma giudiziaria spesso chiedono “e se la Knesset annullasse le elezioni democratiche?” Tuttavia, la Corte Suprema si è avvicinata pericolosamente a farlo. Nel 1993, la Corte Suprema ha stabilito, nel famigerato precedente Deri-Pinhasi, che il Primo Ministro era obbligato a licenziare un ministro indagato per azione penale. La Corte ha riconosciuto che non vi era alcuna base per questa affermazione nella Legge Fondamentale del Governo, ma che il suo servizio continuato sarebbe stato fonte di “irragionevolezza che va alla base della questione”. Naturalmente, questo termine della frase è un puro sofisma, con nessuno oltre ai giudici stessi che sia in grado di prevederne o definirne il significato. In qualità di esperta legale, la professoressa Ruth Gavison ha avvisato che questo precedente è stato “un passo drammatico per subordinare il sistema politico-ufficiale al controllo giudiziario”. Nel maggio 2020, la Corte Suprema ha discusso se applicare questo precedente alla presidenza di Netanyahu. Ciò avvenne dopo un’elezione e dopo che Netanyahu era riuscito a formare un governo di unità nazionale e a guadagnarsi la fiducia della Knesset. In Israele, la Corte Suprema è l’ultima parola su chi può anche ricoprire cariche pubbliche, sulla base dell’amorfa “ragionevolezza” e senza una base legale esplicita.
Gran parte della discussione nazionale e internazionale su queste riforme si concentra su una clausola di deroga che richiede 61 membri della Knesset. La necessità di 61 membri della Knesset su 120, così sostiene l’argomentazione, consentirà al governo di annullare facilmente qualsiasi sentenza della Corte Suprema. Tuttavia, questo ignora diversi fatti importanti. In Canada la clausola di annullamento può essere attivata a maggioranza semplice. In Israele esiste già una clausola di deroga nella Legge fondamentale sulla libertà di occupazione (che garantisce a ogni cittadino o residente israeliano il “diritto di esercitare qualsiasi occupazione, professione o commercio”), che richiede anch’essa una maggioranza semplice. Nel sistema politico polarizzato di Israele, ottenere il sostegno di 61 membri della Knesset non è un’impresa facile. Il precedente governo Bennett-Lapid non aveva nemmeno una coalizione di 61 membri. C’è un consenso pressoché totale nella destra israeliana sul fatto che la richiesta di qualsiasi tipo di super maggioranza trasformerà la clausola di esclusione in una lettera morta. 61 è uno standard abbastanza alto; in Israele, ancora di più, è praticamente impossibile.
Questa anomalia non può essere risolta semplicemente chiedendo la moderazione giudiziaria. I giudici della Corte Suprema di Israele sono nominati da un comitato composto da nove membri. Cinque membri provengono dall’establishment legale: tre giudici della Corte Suprema e due membri dell’Ordine degli avvocati. Gli altri quattro membri sono funzionari eletti. Ciò significa che i giudici hanno essenzialmente un diritto di veto sulle nomine giudiziarie. Questa situazione è unica rispetto ad altre democrazie. In molti paesi come gli Stati Uniti e il Canada, i giudici sono scelti dai funzionari eletti. Nel Regno Unito, dove i giudici sono nominati da un comitato professionale, non hanno il potere di squalificare le leggi.
La sinistra israeliana sostiene che se dovessero essere approvate le riforme, i cittadini di Israele sarebbero lasciati con un tribunale castrato incapace di difendere i loro diritti. Questa affermazione semplicemente non regge. Israele era certamente una democrazia durante i suoi primi 50 anni prima della Rivoluzione Costituzionale. Ancora oggi, la Knesset potrebbe revocare la Legge Fondamentale sulla Dignità Umana a maggioranza semplice, sciogliere il tribunale e approvare qualsiasi legge desideri. Questo scenario da incubo è puro allarmismo per il semplice motivo che Israele è una democrazia vibrante con una cultura politica tollerante e liberale. Basta guardare al Regno Unito e alla Nuova Zelanda, dove la Corte non ha potere di controllo giurisdizionale. Questi paesi difficilmente possono essere definiti antidemocratici.
Dopo decenni di tentennamenti, il governo israeliano ha finalmente il potere di ristabilire l’equilibrio tanto necessario nel sistema politico israeliano. Le riforme proposte sono un tardivo contrappeso a decenni di usurpazione giudiziaria e mano pesante. Il ruolo originario della Corte deve essere ripristinato: pronunciarsi su controversie concrete e garantire lo stato di diritto. Le riforme proposte vanno al cuore stesso della democrazia israeliana. La questione fondamentale in gioco è, chi decide alla fine. Sono i cittadini di Israele o i suoi giudici?