I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 9:35 am

I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu
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La eversiva e criminale magistratura sinistrata israeliana contro Netanyahu come quella USA contro Trump e quella italiana contro Berlusconi e Salvini
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 9:36 am

Vi spiego perché Israele ama Netanyahu. Parla il prof. Ugo Volli
Michele Pierri
18/03/2015

https://formiche.net/2015/03/netanyahu- ... ele-volli/

Conversazione di Formiche.net con Ugo Volli, semiologo e filosofo del linguaggio, professore ordinario all'Università di Torino e autore della prefazione del libro “Ebrei contro Israele” di Giulio Meotti (Belforte, 2014). Su Twitter scrive: "Difendo Israele, lotto contro l'antisemitismo".

La riconferma di Netanyahu nelle elezioni israeliane di ieri, lo schiaffo a Obama, i riflessi sul negoziato nucleare con l’Iran e tutti gli ostacoli alla formazione di uno Stato palestinese.

Ecco alcuni dei temi affrontati in una conversazione di Formiche.net con il semiologo e filosofo del linguaggio Ugo Volli, professore ordinario all’Università di Torino e autore della prefazione del libro “Ebrei contro Israele” di Giulio Meotti (Belforte, 2014). Su Twitter scrive di sé: “Difendo Israele, lotto contro l’antisemitismo”.

Professore, perché gli israeliani hanno riconfermato Netanyahu?

Cominciamo col dire che la sua è stata una vittoria inaspettata. I sondaggi non lo vedevano favorito e nemmeno opinionisti e analisti, forse troppo influenzati dalla propaganda dei Democratici americani. Invece lo stesso Obama, criticandolo, lo ha rafforzato agli occhi dell’elettorato. Penso infatti che gli israeliani abbiano dato il proprio consenso a chi ha detto di voler compiere scelte politiche che tutelano in modo migliore la sicurezza dei cittadini.

Credeva che le questioni economiche, di cui si è molto discusso sui media, avrebbero avuto maggior peso nell’orientamento al voto?

No, perché sui media, soprattutto quelli occidentali, c’è stata una pessima informazione riguardo a ciò. Il reddito dei cittadini israeliani è cresciuto molto più di qualsiasi Paese europeo negli ultimi anni. Attrae capitali da tutto il mondo e ha un’economia avanzata, che produce posti di lavoro qualificati, soprattutto nel settore tecnologico. La disoccupazione è ai minimi. E anche la questione abitativa è un falso problema. Ovvio, comprare casa nel centro di Tel Aviv è oggettivamente caro, così come lo è acquistarla nel centro di Roma o Milano, ma ciò non vuol dire che non sia possibile. Anche in Israele ci sono disuguaglianze, ma non più che in altri Stati.

Che tipo di coalizione proverà a costruire Netanyahu?

La coalizione è già in qualche modo fatta. Al Likud, che conta già su una trentina di parlamentari, si uniranno alcuni partiti di destra. Penso a Israel Beytenu di Avigdor Lieberman e al partito dei coloni Focolare Ebraico di Naftali Bennet. Così mancherebbero circa 3 o 4 voti dalla maggioranza. Questi dovrebbero arrivare dal movimento centrista Kulanu di Moshe Kahlon, ex componente del partito di Netanyahu che ha avuto buon riscontro. Questo dovrebbe consentire al premier di avere una maggioranza di 64-66 parlamentari su 120.

I rapporti tra Netanyahu e la Casa Bianca non sono compromessi, ma sicuramente tesi. Come è stata presa a Washington la sua riconferma secondo lei?

Obama ha cercato con finanziamenti e uomini di impedire la rielezione di Netanyahu. Non ci è riuscito. Israele e Usa sono e resteranno solidi alleati per una lunghissima serie di ragioni, ma certamente le divergenze su alcuni dossier, come quello iraniano, si fanno sentire. Ma su questo, come altri temi, il popolo israeliano ha dimostrato di sostenere la linea del premier uscente.

Negli Usa vive però una delle più grandi e influenti comunità ebraiche al mondo. Crede che Obama potrà non tenere conto del risultato del voto?

Penso che non potrà far finta di niente. Dovrà necessariamente trovare una linea di equilibrio su alcuni dossier, sia quello iraniano sia quello della nascita di uno Stato palestinese. Questo equilibrio potrebbe partire da un gesto semplice: tenere conto delle preoccupazioni espresse da Netanyahu e confermate nelle urne dagli israeliani.

Cosa divide gli israeliani e Washington sul dossier iraniano?

Bisogna porre con chiarezza dei limiti tecnici che impediscano all’Iran di dotarsi per sempre dell’arma atomica. Secondo i termini discussi finora, Teheran non avrebbe problemi ad avere un’arma nucleare nel medio periodo. E tutto ciò è inaccettabile per Israele. In primo luogo perché la Repubblica Islamica ha più volte ripetuto che uno dei suoi obiettivi è cancellare Israele dalla cartina geografica. E poi perché l’Iran è al momento un Paese che porta avanti una politica imperialista che minaccia la stabilità dell’intera regione, come dimostrano le sue ingerenze in Siria, Libano, Irak.

E quali sono i dubbi sulla nascita di uno Stato palestinese?

Anche in questo caso, non c’è una chiusura pregiudiziale. Ma resta un dato di fatto che i confini discussi finora siano a un tiro di schioppo da obiettivi sensibilissimi per Israele. A 3 Km dall’unico aeroporto internazionale del Paese e a 10 da Tel Aviv. Ovviamente che non vive la realtà israeliana non si rende conto di questi aspetti. Al momento non ci sono le condizioni per la pace, anche perché sono gli stessi palestinesi a non riconoscere lo Stato d’Israele. Per non parlare poi del problema terrorismo, di Hamas e non solo. Dunque, premere su un progetto che allo stato attuale non fa sentire sicuri gli israeliani, produce solo più tensioni. Obama dovrebbe comprendere anche questo e prendere atto che tutta la sua politica estera si è rivelata inconcludente.



BIBI NETANYAHU, L’UOMO CHE RIFONDÒ ISRAELE
Limes
Mattia Toaldo
4/06/2013

https://www.limesonline.com/cartaceo/bi ... e?prv=true

Lo Stato ebraico è oggi quello che l’attuale primo ministro ha voluto fosse. La sua biografia geopolitica scandisce la vittoria del sionismo di destra, grazie anche al gemellaggio con neoconservatori e fondamentalisti evangelici americani. L’influenza del padre.

LA STORIA DI BINYAMIN NETANYAHU È la storia della sua famiglia. Il nonno Nathan Mileikowsky, il padre Benzion recentemente scomparso, il fratello Yoni ucciso in uno scontro a fuoco con dei dirottatori nel 1976 hanno tutti giocato un ruolo importante nella sua formazione culturale e politica nonché, in maniera e gradi diversi, anche nello sviluppo della destra israeliana odierna.

Raccontare la storia di Binyamin Netanyahu è però anche un modo per indagare il rapporto speciale tra Stato ebraico e Stati Uniti, non solo per l’importanza che in questo rapporto ha avuto Bibi (come viene chiamato sia in famiglia che nella vita pubblica) quale leader di partito, primo ministro e uomo di governo negli ultimi vent’anni, ma anche e soprattutto perché lui stesso è un uomo a metà tra i due mondi: è andato a scuola e all’università in America; da quel paese ha ricevuto anche la cittadinanza che ha conservato per vent’anni prima di entrare in politica; lì è cominciata, come diplomatico israeliano e commentatore televisivo, la sua ascesa ai vertici del partito conservatore Likud negli anni Ottanta.

Qui si vuole sostenere che quel rapporto speciale, così importante per la politica americana in Medio Oriente, non è solo il risultato di un’efficiente pressione da parte di alcune organizzazioni su Congresso e Casa Bianca ma anche il frutto di una sofisticata operazione intellettuale che ha portato le destre dei due paesi a costruire un’analisi della realtà e una cultura politica comuni. Binyamin Netanyahu, un israeliano dalle forti radici americane, è stato una figura chiave nella costruzione di questa consapevolezza comune.

Anche come figura di politico, Netanyahu è a metà tra due mondi: un po’ «politico di progetto», figlio di uno dei padri della destra sionista e, a suo modo, anch’egli un intellettuale con una chiara visione dell’esistente; un po’ «politico di business» che nel mondo degli affari americano e israeliano ha studiato, lavorato e tratto importanti finanziamenti1. Da quell’ambiente, Bibi ha anche imparato alcune tecniche e un modo di interpretare l’americanizzazione e la personalizzazione della politica che ne hanno fatto l’uomo giusto per la società israeliana degli ultimi decenni.

Netanyahu ha avuto successo negli Stati Uniti perché la sua versione del sionismo aveva molto da dire agli americani: perché, come alcuni intellettuali neoconservatori Usa, i Netanyahu e una parte del Likud rappresentavano un gruppo emarginato dall’élite liberal del loro paese, e che intendeva parlare alla parte antielitaria della popolazione; perché, anche grazie al pensiero del padre, Binyamin aveva verso gli arabi quelle posizioni «orientaliste» tanto popolari tra gli americani (gli arabi non saranno mai democratici, faranno sempre la guerra, vanno solo dominati…)2; perché, anche qui grazie all’interpretazione del sionismo operata dal padre e dal leader revisionista Jabotinsky, di cui fu assistente, Netanyahu vede la pace come il risultato della superiorità militare, quella «peace through strength» propugnata dai repubblicani da Reagan in poi; perché, infine, come molti suoi omologhi conservatori americani ha fondato una parte del suo successo politico sulla galvanizzazione e mobilitazione di una base radicale e spesso religiosa pur partendo da una posizione laica e pragmatica – nel senso di ben conscia degli equilibri di potere.

Infine, ma non meno importante, scrivere la storia di Binyamin Netanyahu è anche un modo per raccontare l’ascesa e il fallimento del cosiddetto processo di pace israelo-palestinese attraverso uno dei suoi protagonisti, sebbene forse uno dei più riluttanti.

La situazione del conflitto attuale è molto più vicina ai progetti che egli stesso scrisse in A Place among the Nations nel 1993 che ai propositi di Clinton o di Rabin. Spesso, in Netanyahu, l’elaborazione intellettuale – sua o più spesso del padre – ha preceduto l’azione politica.

Binyamin Netanyahu è ad oggi uno dei primi ministri israeliani che ha passato più tempo in carica. Questo tempo al potere, che pochi avrebbero previsto all’indomani della morte di Rabin nel 1995, gli ha permesso di costruire un Israele molto più simile a lui di quanto non lo fosse ai tempi degli accordi di pace con i palestinesi. Anche grazie a questi cambiamenti, Netanyahu ha vinto tre elezioni nell’arco di 17 anni e, soprattutto, ha potuto realizzare il suo progetto geopolitico: consolidare la presenza israeliana sulla sponda occidentale del Giordano (che lui, come gran parte della destra, chiama Giudea e Samaria); confinare i palestinesi in un arcipelago di zone formalmente autonome ma circondate da territori sotto controllo dello Stato ebraico; concentrare l’attenzione degli occidentali verso la minaccia iraniana e lontano da quel processo di pace con i palestinesi contro il quale lui combatté importanti battaglie a partire dagli anni Novanta.

I critici gli rimproverano un certo isolamento regionale perché la «cintura di sicurezza» creata anche grazie agli accordi di Camp David del 1978-79 è oggi più tenue: dall’Egitto alla Turchia passando per la Giordania, Israele ha pochi veri alleati nella regione e solo alcune paci fredde. Tuttavia, Netanyahu è riuscito finora a navigare con molta astuzia nel mare agitato delle «primavere arabe». Si pensi soltanto all’assalto all’ambasciata israeliana al Cairo oppure agli scontri di confine nel Golan siriano: tutte potenziali occasioni di scontro che sono state disinnescate.

E tuttavia, i rapporti di Israele con l’Occidente sono aumentati di intensità. Negli «anni di Netanyahu» (che sono stati, ovviamente, anche gli anni del rivale Sharon) i rapporti con l’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno fatto passi avanti notevoli. È in questo periodo, per esempio, che l’Italia è passata dal pieno sostegno al mondo arabo a un solido sostegno a Israele 3 . Il nostro paese, sia sotto i governi Berlusconi che con Giulio Terzi alla Farnesina, ha appoggiato politicamente le posizioni della destra israeliana. Basti vedere la dichiarazione congiunta dell’ultimo vertice bilaterale, tenutosi a Gerusalemme il 25 ottobre 2012 alla presenza di Mario Monti. Si sottolineava sì la necessità di arrivare a un accordo di pace basato sulla soluzione dei due Stati, ma «con lo Stato di Israele come Stato ebraico e madrepatria del popolo ebraico»4. Il che secondo i palestinesi, ma non solo, implicherebbe il rifiuto del «diritto al ritorno» in Israele dei profughi e la sanzione che i loro connazionali con passaporto israeliano – circa un milione e settecentomila persone – sono cittadini di serie B in quanto non ebrei.

Le parole sono ovviamente importanti, ma di più contano i fatti. Oggi l’Italia è seconda solo agli Usa nella cooperazione tecnologica e industriale con Israele5. In molti vertici europei, così raccontano in privato diplomatici e funzionari Ue, è stato il veto italiano a bloccare o a moderare risoluzioni di condanna per l’occupazione israeliana della Cisgiordania6.

Questo salto di qualità nei rapporti tra Italia e Israele è emblematico del rafforzato rapporto tra lo Stato ebraico e molti paesi europei ed è avvenuto, ovviamente, grazie a diversi fattori. Tuttavia sarebbe ingeneroso trascurare la capacità di Binyamin Netanyahu di spiegare le ragioni israeliane anche in Europa, parlando un linguaggio e usando argomenti che facevano presa almeno sulle élite del continente. Ecco un al…
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 9:36 am

Benny Ziffer sulla persecuzione giudiziaria di Netanyahu
10 marzo 2018
https://www.facebook.com/groups/5780011 ... 2803397388
Vi siete un po' confusi, poveri sinistri, voi e i media che vi servono: se siete così sicuri che l'era di Netanyahu e il suo destino sia determinato, perché continuate ad attaccarlo e a spargere il veleno del vostro odio? Confidate tanto nell'integrità della polizia e ammirate il suo sovrintendente e le centinaia di investigatori che presto arriveranno da voi (così vi immaginate) la testa di Benjamin Netanyahu su una mosca d'oro. Quindi ha senso che ti riposi un po' dalla mente e aspetti che facciano il loro lavoro. No, sì?
Permettetemi di segnalare: continuate a urlare e a spargere il vostro veleno d'odio contro il Presidente del Consiglio perché semplicemente non credete veramente alle bugie e al bigottismo che avete di cuore. E vuoi rimandare il più possibile il momento del crollo del falso mondo che hai costruito.
E un secondo motivo è che sei già diventato dipendente dall'odio. Riempie già così tanto il tuo mondo che non puoi fare a meno di lei. L'odio ti dà senso alla vita. Il tuo mondo che era vuoto delle tue precedenti ideologie di sinistra in materia di fratellanza delle nazioni e dei lavoratori di tutti i paesi uniti, pieno della nuova ideologia dell'odio verso Benjamin Netanyahu.
Guai: quando vi sveglierete, miserabili sinistri, dalla vostra intossicazione d'odio, e vi guarderete intorno, scoprirete di essere soli. Con Israele tra l'olio il luogo avvelenato dove ti trovi non sboccerà mai fiori in primavera. Ed è stato lontano da te. Piano piano anche alcuni media stanno prendendo le distanze da te. Perché dopo tutto, i consumatori dei media sono la stessa nazione che ama Netanyahu e NetanyahU ama lui. Identificatelo con forse non sa lamentarsi nel linguaggio giuridico della necessità di tutelare i diritti umani dei nostri nemici palestinesi, ma sa nel suo sano istinto che ha anche un diritto umano fondamentale di onorare le sue scelte politiche e non sottovalutarlo per questo.
Questa nazione di rabbini guarda la TV, ascolta la radio e legge i giornali, ma il diavolo lusinghiero da loro gli fa solo il solletico. Il popolo si diverte a guardare le esperienze politiche presentate ai suoi occhi nei pannelli televisivi, ed è felice che abbia un giornalismo vivo e vivo, ma non c'è alcun legame tra ciò che guarda nei media e l'alleanza d'amore tra noi lui e Netanyahu. Il contrario. Più molti perseguitano il premier, più il popolo si identifica con lui. Perché vede che Netanyahu non è più un premier cresciuto dalla nazione, ma una vittima del sistema, proprio come loro. La vittima delle élite residenti è anni sull'interruttore della legge e le fa come proprie. Oh militanti di sinistra: più dichiarate il vostro odio per Netanyahu e le fate la predica di perseguire la giustizia, più il popolo capisce che la giustizia che parlate a suo nome non è davvero giustizia, ed è così che si è concluso il patto amorevole tra Benja min Netanyahu e il popolo si rafforza.
Il vostro tempo è scaduto, miei cari sinistri. Sappiate anche che la polizia non è proprio al vostro fianco. Questa è solo un'illusione ottica. La polizia sta cercando di ripristinare il prestigio ferito negli anni, e quello in testa vuole riuscirci a tutti i costi. E non sai se il suo egoismo non sarà lì per lui ad urlare. Anche il grande Napoleone, che ha iniziato la sua occupazione con la voce di alto livello, si è complicato alla fine, e anche altri compatrioti.
Il tuo tempo è finito, la sinistra è triste e triste. E sai perché soprattutto? Poiché tu getti il tuo Signore sulla legge, e dimentichi che la legge non è preclusione di tutto, e che c'è una giustizia suprema che sta al di sopra di essa. E la stessa giustizia suprema che è al di sopra della legge include in essa lo spirito della nazione, lo stesso sentimento di appartenenza e compartecipazione-destino del popolo, finché esiste, diffonde la vita nelle leggi e dà loro validità. Rispettare le leggi senza credere nello spirito del popolo e nella volontà del popolo che è in esse, è un'opera straniera, è adorare l'idolo della legge e le sculture della giustizia.
È esattamente quello di cui parlavi, Benjamin Netanyahu, nelle tue critiche agli Stati Uniti, quando il popolo indiano ti ha sostenuto e ti ha amato e ha chiesto giustizia vera, e ha attaccato i falsi cercatori di giustizia che usano i mezzi che la w gli dà per inseguirti. Non c'è da stupirsi che la sinistra e i suoi media accumulati stiano ribollendo di rabbia per le tue parole: di nuovo avete criticato il loro piano di tagliare l'alleanza d'amore tra voi e il popolo E questo è un patto che non è scritto in nessuna legge, e non c'è polizia che lo vigila. Questo è lo stesso amore che a causa del quale il terreno del nostro paese sboccia i fiori in primavera.



Israele, Netanyahu sarà incriminato per corruzione
VINCENZO NIGRO
28 febbraio 2019

https://www.repubblica.it/esteri/2019/0 ... 220378488/

Benjamin Netanyahu sarà incriminato per tre casi di corruzione e frode. Lo ha anticipato la tv israeliana confermando che questa sarà la decisione del procuratore generale Avichai Mandelblit. Ma l'udienza in cui l'incriminazione sarà formalizzata dovrebbe tenersi dopo il voto, permettendo quindi al primo ministro di superare il periodo elettorale senza essere costretto a presentari in tribunale da incriminato.

Mandelblit ha deciso quindi di chiedere l'incriminazione per 3 inchieste su casi di corruzione, una richiesta che avrà sicuramente un impatto diretto sulla campagna elettorale.
In Israele si vota il 9 aprile, e per la prima volta da mesi un nuovo leader politico (l'ex capo di Stato maggiore Benny Gantz) e la sua coalizione di partiti potrebbero mettere in difficoltà il "regno" incontrastato di Bibi.

Il premier si difende, da mesi dice di essere innocente anche negli altri casi per i quali viene indagato, e ha lanciato una campagna di delegittimazione prima della polizia, poi della procura e parallelamente della stampa che si sta occupando delle sue vicende giudiziarie. Il premier è stato accusato nei mesi scorsi di aver fatto pressioni su Mandelblit perché l'incriminazione fosse rimandata a dopo il voto. "Una persecuzione politica, una campagna di caccia alle streghe per abbattere il governo della destra", ha detto Netanyahu dopo la notizia dell'incriminazione. L' "obiettivo è quello di influenzare le elezioni. Ogni cittadino deve capire che l'intento è di abbattere la destra e portare su la sinistra con la distribuzione al pubblico di accuse ridicole. State tranquilli, supererò tutto".

Il caso più serio è il "caso 4000", quello in cui Netanyahu è accusato di aver varato regolamenti favorevoli alla compagnia di telecomunicazioni "Bezeq" anche nel suo ruolo di ministro delle Telecomunicazioni ad interim. In cambio, il premier avrebbe chiesto una copertura favorevole da parte del sito internet Walla, di proprietà del milionario Shaul Elovitch che è anche il maggiore azionista della Bezeq.

Altra inchiesta è il "caso 1000": Netanyahu è accusato di aver ricevuto regali (sigari, champagne, vini) per un valore di circa 280 mila dollari da parte di amici milionari in cambio di favori politici.

Ancora accuse di corruzione nel "caso 2000", quello in cui il premier avrebbe chiesto una copertura giornalistica favorevole dal quotidiano Yedioth Ahronoth in cambio di un vero e proprio sabotaggio di un giornale rivale. Il quotidiano danneggiato è Israel Hayom, una free press che è il quotidiano più diffuso di Israele e che era un convinto sostenitore dello stesso primo ministro: Netanyahu in questo caso è anche accusato di aver "tradito" una compagnia editoriale che liberamente lo aveva sostenuto, tramando in segreto per favorire i rivali.

Quando gli avvocati di Netanyahu nelle scorse settimane hanno chiesto a Mandelblit di rinviare le incriminazioni a dopo il voto, il procuratore ha risposto che "bisogna rispettare il principio di uguaglianza di fronte alla legge e anche il diritto dell'opinione pubblica di essere a conoscenza di fatti così importanti".




Israele, Benjamin Netanyahu sarà rinviato a giudizio per frode e corruzione. L'opposizione: "Vergogna, si dimetta"
Huffington Post 123
28 febbraio 2019

https://www.huffingtonpost.it/2019/02/2 ... _23680760/

Corruzione, frode e violazione di obblighi fiduciari. Queste le pesanti accuse con le quali il procuratore generale israeliano ha intenzione rinviare a giudizio il premier Benjamin Netanyahu. La notizia era stata anticipata dai media locali ed è stata confermata dal procuratore.

Le accuse fanno riferimento a tre inchieste. La prima, Caso 1000, riguarda il sospetto di aver accettato regali da imprenditori in cambio di favori. La seconda è il Caso 2000 su contatti con l'editore del quotidiano 'Yediot Ahronot' per una copertura informativa di favore in cambio di una riduzione della tiratura di un giornale rivale. La terza è il Caso 4000 su rapporti tra la compagnia di telecomunicazioni Bezeq proprietaria del sito di informazione Walla per una copertura giornalistica favorevole. Nei primi due casi il premier è sospettato di frode e abuso di ufficio, mentre nell'ultimo anche di corruzione. Netanyahu ha sempre respinto le accuse. La decisione di Mandelblit - che ha stabilito anche l'audizione per permettere al premier di difendersi - è arrivata dopo mesi di indagini da parte della polizia che, al termine, aveva chiesto all'Avvocatura l'incriminazione di Netanyahu. In un ultimo tentativo il Likud aveva chiesto oggi alla Corte suprema di far posporre a Mandelblit l'annuncio della decisione a dopo il voto del 9 aprile.

Al premier sarà data la facoltà di difendersi in un'audizione prima della decisione definitiva. L'opposizione invoca le sue dimissioni: "Gli israeliani non vogliono una leadership corrotta.Allora dimettiti, metti fine a questa vergogna", ha affermato un suo rappresentante, Avi Gabbai. Da parte sua il Likud, il partito di Netanyahu replica che il premier è vittima di una "persecuzione" e che va reputato innocente fino a quando un tribunale non abbia emesso una sentenza nei suoi confronti. Sul web Netanyahu ha intanto postato oggi un breve filmato in cui preannuncia che le accuse nei suoi confronti "cadranno come un castello di carte".

Dall'estrema sinistra il deputato Ayman Odeh sostiene che "il porto di Netanyahu è il carcere". All'estrema destra si replica invece che egli ha il diritto di essere ritenuto innocente fino a prova contraria. "In ogni caso resta il leader più adatto a condurre il Paese".


Israele, Netanyahu incriminato per corruzione: "Contro di me un golpe"
di VINCENZO NIGRO
21 novembre 2019

https://www.repubblica.it/esteri/2019/1 ... 241591876/

TEL AVIV – Per la prima volta nella storia di Israele un primo ministro in carica, Benjamin Netanyahu, è stato formalmente incriminato per tre atti d’accusa: corruzione, frode e abuso d’ufficio. "Un tentato colpo di Stato contro il primo ministro", ha replicato il premier, respingendo le accuse. "Ho dedicato la mia vita allo Stato. Ho combattuto per questo, sono stato ferito". Ed ha puntato poi il dito verso il sistema giudiziario: "E' il momento di investigare sugli investigatori. Contro di me ci sono state indagini inquinate".

Il procuratore generale israeliano Avichai Mandelblit, che era stato nominato in quell’incarico proprio dal premier Benjamin Netanyahu, ha indagato per mesi Bibi in 3 inchieste separate. Le accuse su cui il pool dei procuratori ha lavorato sono per corruzione, frode e abuso d’ufficio. Nell’inchiesta cosiddetta “1000” Bibi è stato indagato per frode e abuso di ufficio per i doni ricevuti da importanti uomini d'affari. Nel caso “2000” Netanyahu era sotto indagine assieme all’uomo d’affari Arnon Mozes. I due avevano stretto un patto: Mozes è il proprietario del giornale free press “Israel Hayom”, il più diffuso di Israele e Netanyahu in cambio di una copertura favorevole gli aveva offerto modifiche legislative che favorivano la sua azienda.

Il caso 4000 è il più complesso: Netanyahu per anni ha mantenuto il Ministero delle Comunicazioni. In quel modo ha favorito l’azienda telefonica Bezeq, che è anche proprietaria del sito di notizie Walla. I procuratori accusano il premier di essersi fatto corrompere per modificare la legislazione a favore di Bezeq. In questo modo Bezeq ha guadagnato milioni di shekel. Gli avvocati difensori dicono: “una copertura mediatica favorevole non è corruzione”.

Il procuratore stasera inoltrerà la documentazione al presidente della Knesset (il parlamento) Yoel Edelstein. Da quel momento il premier avrà 30 giorni per chiedere di avvalersi della immunità parlamentare, ha concluso la emittente.

L’incriminazione arriva in un momento delicatissimo per la politica israeliana. Nelle ultime ore il Likud aveva deciso di avviare una campagna di mobilitazione popolare a sostegno di Netanyahu. Fra l'altro radunando manifestazioni di protesta non sotto casa (perché è proibito) ma nelle strade attorno all’abitazione del procuratore Mandelblit.

Già all’inizio del 2019, quindi prima delle elezioni di aprile e poi di quelle di settembre, Mandelblit aveva reso noto che il premier era sotto inchiesta per frode, corruzione ed abuso di ufficio. In ottobre una decina di avvocati in rappresentanza di Netanyahu avevano presentato in dettaglio a Mandelblit le argomentazioni della difesa, chiedendo la chiusura delle inchieste. Ma evidentemente il procuratore è di un altro parere.






Israele, procura presenta in Tribunale atto di accusa contro Netanyahu

28 gennaio 2020

https://www.rainews.it/dl/rainews/artic ... cc2b4.html

Il Procuratore generale di Israele Avichai Mandelblit ha inviato al Tribunale di Gerusalemme il formale atto di accusa contro il premier Benyamin Netanyahu. L'avvio del procedimento è avvenuto poche ore dopo la decisione del primo ministro di ritirare la sua richiesta di immunità parlamentare.

Non è chiaro quando comincerà il processo a carico del leader del partito conservatore Likud, ma molti commentatori dubitano che ciò possa accadere prima delle elezioni israeliane del 2 marzo. Netanyahu deve rispondere di tre accuse di corruzione, ma la legge non lo costringe a dimettersi.

Ritirata la richiesta di immunità alla Knesset
Il premier ha deciso di ritirare la sua richiesta alla Knesset di immunità parlamentare dopo l'incriminazione a suo carico in tre inchieste giudiziarie. Lo ha reso noto lui stesso su Facebook. "Prenderemo tempo più avanti - ha detto - per mandare in frantumi tutte queste accuse sproporzionate fatte dai miei detrattori. Ma adesso, non permetterò ai miei rivali politici di usare questa faccenda per ostacolare l'opportunità storica che sto conducendo", ha aggiunto riferendosi al Piano di Pace di Trump che sarà presentato oggi.

Nel messaggio, indirizzato ai cittadini israeliani, Netanyahu lamenta di essere vittima di una "persecuzione personale ed ossessiva" da parte dei suoi rivali i quali "continuano ad occuparsi di bassa politica, arrecando così danno in un momento decisivo nella storia del Paese". Denuncia inoltre di non aver potuto beneficiare di "procedure oneste" in Parlamento e di aver dunque deciso - rinunciando alla richiesta di immunità - di"mettere fine al gioco sporco". "Così come ho fatto tutta la mia vita - conclude Netanyahu - continuerò a dedicare tutto me stesso al futuro del nostro Stato a voi, cittadini di Israele".

Gantz: "I cittadini Israele devono fare scelta netta"
"Di fronte ai cittadini israeliani si profila una scelta netta: un premier che lavori per loro, oppure un primo ministro che si deve occupare dei suoi casi". Lo ha detto il leader centrista Benny Gantz - maggiore avversario nelle prossime elezioni politiche del 2 marzo del premier - dopo aver appreso la rinuncia da parte di Netanyahu alla richiesta di immunità parlamentare che la Knesset avrebbe dovuto discutere da oggi. "Nessuna persona - ha spiegato Gantz - può gestire uno stato e al tempo stesso misurarsi con tre gravi incriminazioni penali".



Israele, Netanyahu sarà incriminato per corruzione e frode. Lui: persecuzione
Davide Frattini, corrispondente da Gerusalemme
28 febbraio 2019

https://www.corriere.it/esteri/19_febbr ... 03e9.shtml

Per due anni le urla e gli slogan sotto le finestre di casa si sono sovrapposti alle parole sussurrate nel giorno più sacro, quando Avichai Mandelblit è riunito in preghiera con la famiglia durante il fine settimana. I manifestanti sbraitavano perché il procuratore generale dello Stato prendesse la decisione che è arrivata oggi: stabilire se le prove raccolte dalla polizia in tre casi (denominati 1000, 2000, 4000 come una ascensione piena di insidie verso i vertici del potere) fossero sufficienti a incriminare il premier Benjamin Netanyahu.

Fino alle ultime ore i fedelissimi del primo ministro israeliano hanno cercato di rinviare l’annuncio pubblico a dopo le elezioni del 9 aprile: il Likud ha presentato una petizione alla Corte Suprema – respinta – accusando la sinistra «di complotto e bullismo» e bollando il comunicato di Mandelblit come «interfenza nel voto». Non è bastato: il procuratore ha spiegato di voler incriminare Netanyahu per abuso di fiducia (nei casi 1000 e 2000) e corruzione più frode per il 4000. Le carte possono essere formalizzate solo dopo il 9 aprile perché prima deve essere ascoltato (di nuovo) il premier, un faccia a faccia con il magistrato considerato impossibile da organizzare durante la campagna elettorale. «Queste inchieste sono un castello di carte destinato a crollare», reagisce il capo del governo, il primo nella Storia di Israele a rischiare di essere incriminato mentre è ancora in carica.

Il caso 4000 ruota attorno alla presunta intesa tra Netanyahu (anche ministro delle Telecomunicazioni tra il 2014 e il 2017) e Shaul Elovitch, allora proprietario del gigante Bezeq. Elovitch avrebbe ottenuto il passaggio di leggi che gli hanno garantito oltre 200 milioni di dollari in cambio di articoli favorevoli pubblicati dal sito Walla, sotto il suo controllo. Il portale avrebbe impacchettato (dalle parole alle foto) servizi compiacenti dedicati al premier e alla famiglia: nelle carte dell’inchiesta ci sono le telefonate tra la moglie Sarah e l’amministratore delegato del gruppo.

L’abuso di fiducia e la frode (quella che gli hanno accordato gli elettori con il mandato a servire il pubblico interesse) sono legati nel caso 1000 a regali da uomini di affari (tra loro il produttore hollywoodiano Arnon Milchan), comprese consegne frequenti di costosi sigari accompagnati da bottiglie di champagne rosé, per un totale — calcolano gli investigatori — di un milione di shekel in nove anni (oltre 220 mila euro), doni che gli avvocati della difesa hanno continuato a ripetere erano volontari, senza scambi di favori, offerte di amici e ammiratori del leader.

Il caso 2000 è costruito su una registrazione del 2014 in cui Netanyahu e Arnon Mozes (proprietario del colosso editoriale che pubblica Yedioth Ahronoth, il giornale più letto) provano a mettersi d’accordo: il premier offre al magnate di ridimensionare il principale concorrente — quell’Israel Hayom lanciato sul mercato proprio per sostenerlo politicamente — in cambio di articoli ed editoriali superbenevoli da pubblicare su Yedioth.

Gli analisti stanno cercando di capire quanto la decisione di incriminare il premier influirà sul voto che potrebbe dare a Netanyahu il quarto mandato consecutivo, è al potere dal dieci anni ed è in corsa per batter e il record di David Ben-Gurion, il padre fondatore della patria. Un sondaggio effettuato prima dell’annuncio indica che la maggioranza degli elettori di destra è sicura del complotto: la polizia, Mandelblit e le istituzioni giudiziarie – sobillate dai media e dalla sinistra – opererebbero per rimuovere Bibi, com’è soprannominato il premier.

Il partito Kahol Lavan (Blu Bianco come i colori della bandiera nazionale) fondato dall’ex capo di Stato Maggiore Benny Gantz e da Yair Lapid, celebre giornalista, spera di attrarre i conservatori moderati, come gli predice una ricerca del giornale online Times of Israel: il Likud perderebbe quattro seggi e soprattutto a cedere sarebbero le piccole formazioni di destra, togliendo a Netanyahu i numeri necessari a formare una coalizione.



Israele: la difesa di Netanyahu insinua dubbi sulla magistratura
Massimo Caviglia
25 maggio 2020

https://www.sanmarinortv.sm/news/mondo- ... ra-a188939

Nessuno sa quale sia stata l’espressione del premier israeliano Netanyahu quando ieri, dal banco degli imputati, con la mascherina sul viso e la telecamera alle spalle, ha dichiarato alla giuria di aver letto e compreso le tre accuse contro di lui. Nel caso 1000 Netanyahu è sospettato di aver ottenuto sigari, champagne e regali per duecentomila dollari in cambio di favori. Nel caso 2000 è accusato di aver chiesto ad un quotidiano una copertura mediatica positiva in cambio di una legge che avrebbe svantaggiato un giornale concorrente. Nel caso 4000, l'accusa di corruzione riguarda la richiesta di una copertura mediatica favorevole su un sito web in cambio di favori all'azienda proprietaria.

Netanyahu ha dichiarato che non accetterà alcun patteggiamento: “Siamo qui per arrivare alla verità” ha detto. Il Presidente del Consiglio ha sempre sostenuto che il processo sia una congiura della sinistra e dei magistrati per annientarlo giuridicamente, non riuscendovi tramite elezioni politiche. “L'obiettivo – ha affermato – è estromettere un Primo ministro forte e bandire la destra dalla guida del Paese per molti anni”. Il premier aveva chiesto alla Corte di far trasmettere in diretta tv l'intero dibattimento per dare a chiunque la possibilità di conoscere la verità: “Il pubblico deve poter ascoltare tutto – ha dichiarato – e non attraverso il filtro distorto dei giornalisti”. Ma l’istanza non è stata accolta.

Il Capo del governo aveva chiesto anche la pubblicazione del protocollo degli interrogatori, ritenendo che il Procuratore generale avesse utilizzato pressioni e ricatti per ottenere deposizioni atte a incriminarlo con false testimonianze. Il co-premier Gantz ha invece espresso piena fiducia nei giudici, affermando che Netanyahu avrà un processo equo e sarà ritenuto innocente fino a prova contraria. Intanto fuori dal tribunale si fronteggiavano gli schieramenti pro e contro: i detrattori aprivano bottiglie di champagne, mentre i sostenitori gridavano “Bibi siamo con te”. Una dicotomia che ha spaccato il Paese in due, con la metà degli israeliani che ritiene il premier innocente o pensa che la sua forza di leader superi qualsiasi accusa.



Netanyahu alla sbarra si proclama innocente e chiede rinvio udienze
Michele Giorgio
09.02.2021

https://ilmanifesto.it/netanyahu-alla-s ... o-udienze/

Israele/Territori occupati. Ieri seconda udienza del procedimento per corruzione, frode e abuso di potere che vede al banco degli imputati il premier israeliano. Processo, presso una corte militare, anche per il difensore dei diritti umani Issa Amro: «I palestinesi non si sottometteranno all'occupazione»

Il divieto di assembramento non li ha scoraggiati, così ieri mattina 150 militanti del partito Likud, si sono radunati davanti alla corte distrettuale di Gerusalemme, nella zona palestinese della città, a urlare slogan contro i giudici e di incoraggiamento per il loro leader Benyamin Netanyahu. Non li ha delusi il premier di destra entrando in aula per la seconda udienza del processo in cui è chiamato a difendersi dalle accuse di corruzione, frode e abuso di potere in tre diverse indagini conosciute come i casi 1000, 2000 e 4000. L’ultimo è il più grave. Netanyahu è accusato di aver negoziato con Shaul Elovitch, principale azionista del gigante delle telecomunicazioni Bezeq, per assicurarsi una copertura mediatica amica da parte dell’importante sito di informazione Walla in cambio di decisioni favorevoli agli interessi dell’azienda.

Al suo arrivo, tra imponenti misure di sicurezza, con cecchini appostati sui tetti, Netanyahu si è mostrato scuro in volto per rimarcare l’irritazione per un procedimento penale che ha sempre definito «una persecuzione», «un complotto». Il premier è stato attento a non farsi inquadrare il volto. Si è dichiarato innocente, estraneo alle accuse presentate dalla procura, quindi ha chiesto il permesso di lasciare il tribunale e, circondato dalla scorta, è andato via mentre i suoi sostenitori issavano lo striscione: «Lo Stato contro Netanyahu». A contrastarli con slogan di segno contrario decine di attivisti contro il premier, rappresentanti le migliaia di persone che ogni settimana da mesi manifestano per chiedere le sue dimissioni. Sabato scorso, per la prima volta, agli israeliani si sono uniti nel raduno a Gerusalemme ovest (la zona ebraica) decine di palestinesi, giunti dal quartiere di Silwan dove poco prima avevano tenuto una protesta congiunta contro i piani di demolizione di case arabe.

Non è successo molto di più ieri. L’attenzione verso Netanyahu alla sbarra sta scemando. Era inevitabile con la pandemia che, con il suo bilancio quotidiano di contagiati e decessi, e la crisi economica sempre più profonda tengono occupata l’opinione pubblica e anche gli innumerevoli avversari di ogni colore politico del primo ministro. Chi a novembre 2019, all’annuncio del rinvio a giudizio di Netanyahu, aveva previsto in tempi brevi la fine del suo lungo potere, oggi fa i conti con una situazione ben diversa. Il leader del Likud ha vinto il voto di 11 mesi fa, ha annientato il suo più temibile avversario per tre elezioni consecutive, Benny Gantz, e si prepara ad arrivare primo il prossimo 23 marzo quando gli israeliani andranno alle urne per la quarta volta in due anni. Dai sondaggi appare chiaro che la vicenda giudiziaria del premier non ha avuto un impatto sul consenso di cui gode il Likud destinato a confermarsi il partito di maggioranza relativa. I legali di Netanyahu ieri hanno chiesto ai giudici un rinvio, di tre-quattro mesi, della prossima fase del processo, quando il premier si confronterà con alcuni dei testimoni. Se la richiesta sarà accolta, ma è improbabile, la prossima udienza avrà inizio ben dopo il voto di marzo.

Nelle stesse ore, a una dozzina di chilometri di distanza da Gerusalemme, al tribunale militare israeliano di Ofer, sotto processo c’era un difensore palestinese dei diritti umani, Issa Amro, di Hebron dove, a capo della ong «Giovani contro gli insediamenti» conduce da anni una battaglia pacifica contro la colonizzazione israeliana della città. Non violento, conosciuto e sostenuto da organizzazioni della società civile di molti paesi, Amro era accusato tra le varie cose di aver tenuto «manifestazioni non autorizzate» e di aver ostacolato militari israeliani. Rivolgendosi ai giudici, l’attivista palestinese ha ribadito il suo impegno non violento e spiegato che i palestinesi non intendono «sottomettersi al regime di occupazione» e che continueranno «a denunciare l’occupazione pur sapendo di dover pagare dure conseguenze». I giudici militari lo hanno assolto da 12 capi d’accusa e condannato «solo» per tre. Hanno testimoniato a suo favore quattro israeliani: Ebrum Borg, il professore Hillel Cohen, Hagit Ofran e Yehuda Shaul. Presto si conoscerà la pena.


Netanyahu, contro me bugie, persecuzione

'Israeliani, continuerò a guidare il Paese con responsabilità'
20 febbraio 2018

https://www.lanuovasardegna.it/italia-m ... 1.16502656

(ANSA) - TEL AVIV, 20 FEB - "Quanto è avvenuto negli ultimi due giorni è semplicemente una follia generale, uno scandalo.

Nei miei confronti sono state lanciate accuse assurde e menzognere nel contesto di una campagna di persecuzione contro di me e la mia famiglia che continua da anni". Con queste parole Benyamin Netanyahu si è rivolto direttamente agli israeliani, da Facebook, commentando le informazioni giunte dalla polizia secondo cui potrebbe adesso essere coinvolto in due scandali: una vicenda che collega benefici alla società telefonica Bezeq a una copertura a lui favorevole del sito web 'Walla' ed un tentativo di corruzione di una giudice, non materializzato.

"L'obiettivo è di creare a forza sulla mia testa una nuvola di sospetto. Incredibile!", ha detto il premier. Netanyahu ha concluso rassicurando gli israeliani: "Continuerò a guidare il Paese con responsabilità e ponderatezza".


Israele: Netanyahu, persecuzione politica contro me e la destra
Benyamin Netanyahu si dice convinto che "il castello di carte crollerà".
28 febbraio 2019

https://www.swissinfo.ch/ita/israele--n ... a/44792430

"Una persecuzione politica, una campagna di caccia alle streghe per abbattere il governo della destra". Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu rispondendo all'annuncio dell'Avvocato generale Avichai Mandelblit che ha dato parere favorevole alla sua incriminazione.

"Obiettivo - ha spiegato il premier - è quello di influenzare le elezioni. Ogni cittadino deve capire che l'intento è di abbattere la destra e portare su la sinistra con la distribuzione al pubblico di accuse ridicole. State tranquilli, supererò tutto".

"Si distribuiscono al pubblico - ha continuato il leader del Likud in un discorso trasmesso dalla tv - ricostruzioni ridicole. Anche se sanno che questo castello di carte crollerà. Ci sono state pressioni interminabili su Mandelblit perché dicesse che sta considerando di incriminarmi". "Oggi - ha continuato - è successa una cosa grave: per la prima volta nella storia di Israele si avvia un'audizione prima delle elezioni".

Il premier ha poi denunciato - mentre la voce si incrinava - che "in questa campagna di caccia non hanno avuto remore di nessun tipo: hanno versato il sangue di mia moglie, perseguitato mio figlio. Abbiamo trascorso tre anni infernali".

"State tranquilli - ha proseguito - ho intenzione di restare al vostro servizio ancora a lungo come primo ministro". Infine ha detto che quando si misurerà con "i collaboratori di giustizia, il castello di carte crollerà. Non ci sarà nulla, perché non c'è nulla".




Israele, Netanyahu incriminato per corruzione
menotti
21 novembre 2019

https://www.adnkronos.com/israele-netan ... uzs1gNwD7k

Il procuratore generale israeliano, Avichai Mandelblit, ha annunciato l'incriminazione del primo ministro Benjamin Netanyahu per corruzione. Il procuratore ha deciso di procedere per tutti i tre casi che vengono contestati al leader del Likud, per accuse che comprendono tangenti, frodi ed abuso di fiducia.
L'incriminazione è un duro colpo alle speranze di rimanere in carica di Netanyahu che ha sempre definito le accuse come parte di una caccia alle streghe contro di lui, attaccando media, polizia, procuratori e sistema giudiziario.

Netanyahu ha definito le incriminazioni "un tentativo di golpe". "Stiamo assistendo ad un tentativo di portare avanti una rivoluzione giudiziaria", ha detto nella dichiarazione fatta dopo l'annuncio del procuratore generale, denunciando un "processo corrotto da interessi stranieri teso a rovesciare un primo ministro di destra". Nel discorso trasmesso in televisione, Netanyahu, che è il primo premier in carica ad essere incriminato per corruzione in Israele, si è detto vittima di un vero complotto di cui sarebbero partecipi magistratura e polizia. "Bisogna essere ciechi per non vedere che qualcosa di cattivo sta avvenendo con la polizia e i procuratori - ha detto - perché questa sera stiamo assistendo ad un tentativo di golpe contro il primo ministro attraverso menzogne e indagini di parte". "Io non permetterò che le bugie vincano, io continuerò a guidare il Paese, secondo la lettera della legge", ha poi affermato riferendosi al fatto che la legge non gli impone di dimettersi perché incriminato. E poi ha lanciato accuse alla sinistra: "Io, a differenza dei miei avversari di sinistra, voglio il libero mercato ed ampiezza di opinioni sui media - ha affermato Netanyahu - io sono un primo ministro che crede in un Israele forte e non in un Paese piccolo e debole che si inchina davanti agli altri".

La decisione di Mandelblit arriva dopo due settimane di audizioni dei legali dei primo ministro per discutere le accuse di corruzione per tre distinte vicende. Nel cosiddetto caso 1000, Netanyahu è accusato di avere ricevuto regali sotto forma di casse di sigari e champagne da amici miliardari in cambio di favori politici. Nel caso 4000, l'accusa è di aver varato regolamenti favorevoli alla compagnia di telecomunicazioni Bezeq, in cambio di una copertura a lui favorevole da parte del sito Walla, il cui editore Shaul Elovitch è anche maggiore azionista della Bezeq. Infine, nel caso 2000, Netanyahu avrebbe chiesto una copertura giornalistica a lui favorevole sul quotidiano Yedioth Ahronot, in cambio di misure economicamente dannose per un giornale rivale.

La legge israeliana non richiede che il premier incriminato si dimetta fino all'eventuale condanna. Il fatto è che la decisione del procuratore arriva dopo che sia Netanyahu che il suo rivale Benny Gantz hanno fallito nel tentativo di formare una coalizione di governo dopo le elezioni di settembre.

E dopo la rinuncia di ieri del leader del partito Blu e Bianco, il ora tempo fino all'11 dicembre per qualunque dei 120 parlamentari della Knesset per ottenere l'appoggio di almeno 61 colleghi ad una nomina all'incarico di premier. Ora Netanyahu ha ora 30 giorni per chiedere l'immunità alla Knesset. In passato i suoi alleati hanno assicurato che si sarebbero battuti per questa, ma in questa situazione di grande incertezza politica non è chiaro se questo sarà possibile.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 9:37 am

Netanyahu va all’attacco e vince
Aluf Benn
4 marzo 2020

https://www.internazionale.it/opinione/ ... u-elezioni

Gli elettori israeliani hanno preferito i partiti e le coalizioni con un chiaro messaggio ideologico, punendo quanti hanno preferito posizioni e linguaggio ambigui. Il Likud – il partito di centrodestra del premier Benjamin Netanyahu – e la Lista araba unita, che secondo gli exit poll avrebbero guadagnato seggi, hanno portato avanti delle campagne elettorali con un messaggio chiaro, che esprimeva la volontà di cambiamento. Hanno conservato una coesione interna e mantenuto la propria linea dall’inizio alla fine.

Al contrario il partito di centro Blu e bianco, di Benny Gantz, e la coalizione di centro sinistra Laburisti-Gesher-Meretz hanno faticato a superare le loro divisioni interne e a lanciare un messaggio interessante o determinato, mentre Avigdor Lieberman, leader del partito di destra Israeli Beiteinu, ha modificato il suo messaggio nel tentativo di mantenere un minimo di credibilità. Tutti questi partiti perderanno seggi nella ventitreesima knesset.

Idee chiare
Cominciamo con la destra. A differenza delle due precedenti campagne elettorali, nelle quali il Likud si era concentrato sulla battaglia di Netanyahu contro polizia e magistratura, stavolta il blocco di destra ha messo avanti due posizioni chiare e ponderate, tanto in politica estera quanto in politica interna: annettere i Territori occupati e la valle del Giordano, in linea col piano per il Medio Oriente presentato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e cancellare l’indipendenza del sistema giudiziario, subordinandolo alle gerarchie politiche. Tutti i partiti di destra e ultra-ortodossi si sono compattati su queste posizioni. Tutti vogliono la sovranità sugli insediamenti, senza dover rendere conto in alcun modo alla corte suprema.

Questi chiari messaggi hanno reso più semplice, per Netanyahu, recuperare una posizione di leadership e controllo. Invece di dipingersi come vittima di forze più potenti di lui, come la polizia e la magistratura, come ha fatto nelle precedenti elezioni, stavolta il premier ha trasmesso l’immagine del vincente, del leader onnipotente che sa come parlare con lo stesso grado di serietà e determinazione ai leader mondiali e agli attivisti di sperdute sezioni del Likud. La sua rielezione, ha fatto capire, non ha per obiettivo solo quello di salvarlo dal suo imminente processo, ma gli permetterà di portare a termine le sue due missioni di vita: stabilire i confini del paese e “sostituire le élite”. I suoi sostenitori hanno di gran lunga preferito il leader determinato e concentrato al criminale in fuga delle precedenti campagne elettorali.

Negli undici anni da quando ha ripreso l’incarico di primo ministro, Netanyahu ha generalmente evitato di esprimere posizioni ideologiche. Ha preferito essere visto come un pragmatico, anche quando questo gli è valso gli attacchi della destra. È stato anche felice di nascondersi dietro a ministri dominanti come Naftali Bennett, Ayelet Shaked e Miri Regev, lasciando che fossero loro a combattere con istituzioni accademiche, militari e culturali. Stavolta, tuttavia, invece che comandare dalle retroguardie, è tornato alle sue radici e ha chiarito che questa è la sua battaglia. E la cosa ha pagato.

Blu e bianco si è concentrato sull’unico messaggio sul quale tutti i suoi aderenti potevano concordare, ovvero “tutto tranne Bibi”

Netanyahu ha rafforzato il fervore ideologico e i successi diplomatici tramite una delle sue più importanti nomine ministeriali: quella di Amir Ohana come ministro della giustizia. Facendo di Ohana il comandante dell’enclave di destra all’interno del quartier generale del ministero della giustizia, Netanyahu ha dimostrato di essere determinato a combattere fino alla fine, senza concessioni. Ohana, da parte sua, ha lottato per nominare Dan Eldad procuratore della repubblica. Questi ha ordinato un’indagine sulle attività e il successivo fallimento di The fifth dimension, un’azienda tecnologica in passato guidata da Benny Gantz. È stato a quel punto che Gantz e il suo partito, Blu e bianco, hanno cominciato a calare nei sondaggi. Il colpo di grazia è stato, naturalmente, la registrazione in cui lo stratega politico di Gantz, Israel Bachar, descriveva lo stesso Gantz come un perdente di poco valore.

Blu e bianco si è concentrato sull’unico messaggio sul quale tutti i suoi aderenti potevano concordare, ovvero “tutto tranne Bibi”, ma poi ha fatto fatica a trovare un accordo su praticamente tutto il resto. Gantz ha risposto al piano di Trump con un sì e no. Ne ha sostenuto l’impianto legale, ma poi lo ha accusato di persecuzione politica, proprio come aveva fatto Netanyahu. Ha provato ad avvicinarsi alla Lista araba unita, un attore fondamentale nel blocco di sinistra, salvo poi abbandonarla. In mancanza di un’ideologia concordata, la campagna elettorale del partito si è concentrata sulle differenze personali tra Gantz e Netanyahu. Ma non è stato abbastanza.

A sinistra la Lista araba unita è riuscita a superare gli screzi e le rivalità tra i partiti che la compongono e i suoi dirigenti, presentandosi come un partito di protesta e di alternativa. Il boicottaggio del partito da parte delle formazioni sioniste e la proposta di trasferire la regione del Triangolo (la zona a maggioranza araba lungo la linea verde) allo stato palestinese, come suggerito nel piano Trump, le hanno permesso di ottenere un risultato senza precedenti e, a quanto pare, di aumentare i consensi nella sinistra ebraica. Non è stato un compito difficile, dal momento che l’alternativa, per gli elettori di sinistra, era la coalizione Laburisti-Gesher-Meretz, che ha portato avanti una campagna elettorale molle e svagata, nella quale ha perlopiù sottolineato quali ministeri desiderassero i suoi dirigenti, e concentrandosi troppo su questioni marginali.

Il Likud e la Lista araba unita rappresentano ormai due estremi ideologici in Israele: annessione dei territori contro divisione della terra, supremazia ebraica contro uguaglianza civica. Questi scontri saranno al cuore del dibattito politico degli anni a venire, indipendentemente dagli sviluppi del processo per corruzione contro Netanyahu.

(Traduzione di Federico Ferrone)


Attenzione ai padroni del web che diventano censori
Ugo Volli
31-01-2021

https://www.shalom.it/blog/editoriali-b ... i-b1090511

Nei giorni scorsi Facebook ha sospeso parzialmente l’account ufficiale di Netanyahu in seguito a un post in cui il Primo Ministro di Israele invitava chi avesse dei dubbi sul vaccino anti-Covid a fargli avere il suo numero di telefono, dicendo di essere disposto a chiamare i perplessi e a cercare di convincerli. Si trattava di un gesto politico, che rientra nella campagna del governo israeliano per diffondere al massimo e in fretta la vaccinazione anti-Covid: una campagna che in tutto il mondo è stata lodata come esemplare. Ma a Facebook il post non è piaciuto perché, a giudizio di qualche anonimo suo funzionario, invitava a comunicare contenuti sensibili. O forse era giudicata una “fake news”. E Netanyahu, si sa, ai funzionari del “politically correct” non piace affatto. E’ un piccolo episodio, in rapporto a quel che è accaduto in America con il “deplatforming” completo di Trump e dei suoi principali collaboratori, ma merita di essere una riflessione. Si è diffusa negli oligopolisti della rete (Twitter, Amazon, Google, Apple, Facebook) la convinzione di potere o addirittura di dover essere giudici del pensiero e dell’espressione, giudici naturalmente dediti al vero, al giusto, e al buono, ma da nessuno nominati, senza leggi da rispettare se non quelle eventualmente stabilite da loro, senza revisioni possibili o gradi ulteriori di giudizio se non quelle che abbiano autonomamente istituito. Val la pena di ricordare che la funzione giudiziaria è il primo potere statuale, anche perché è immediatamente esecutiva e si applica agli individui. Viviamo dunque in una situazione in cui si è stabilito un potere sovrano internazionale, priva di alcuna legittimazione democratica, fondato solo sul successo commerciale. Che le loro intenzioni siano “buone”, naturalmente, è solo un’aggravante, perché non riconosce ai censurati la libertà del dissenso: le loro opinioni sono solo “fake news”. Che queste decisioni si applichino sulla loro proprietà non cambia poi per nulla le cose, perché questa proprietà comanda in regime oligopolistico la risorsa più preziosa del nostro tempo, cioè la comunicazione. Del resto in tutti i paesi democratici vi sono leggi che impediscono ai commercianti e a chi offre servizi pubblici di discriminare prodotti e clienti sulla base di opinioni, appartenenze etniche o religiose. Insomma l’episodio di Netanyahu è un sintomo di un problema molto grave che riguarda tutti ma in particolare gli ebrei. Noi sappiamo infatti molto bene per esperienza come la discriminazione commerciale e delle idee, l’espulsione dalla sfera pubblica, il boicottaggio, il rogo dei libri “cattivi” e dunque anche il deplatforming, possono essere la premessa per la violenza fisica e la distruzione totale di chi è portatore delle idee sbagliate o delle identità proibite. E’ importante pensarci e prendere posizione prima che questi metodi di “difesa della verità” e del “bene” si generalizzano e siano usati magari di nuovo anche contro di noi.



Israele al voto su Netanyahu per la quarta volta in due anni
Gwynne Dyer
23 marzo 2021

https://www.internazionale.it/opinione/ ... -netanyahu

Il 23 marzo gli israeliani votano per la quarta volta in due anni, e già si parla di un quinto voto nei prossimi mesi. A quanto pare la popolazione dovrà continuare a votare fino a quando non riuscirà a sbloccare la situazione.

“Sbloccare la situazione”, in questo contesto, significa eleggere un governo di coalizione stabile guidato da Benjamin Netanyahu e disposto ad approvare una legge che conceda al primo ministro l’immunità dal processo per corruzione.

“Bibi” è stato primo ministro di Israele per un totale di quindici anni, e ininterrottamente negli ultimi dodici. Dal 2016 è indagato per abuso di ufficio, corruzione e frode. Il processo a suo carico è cominciato nel 2019 e potrebbe protrarsi fino alla fine dell’anno.

In base alla legge israeliana un primo ministro può restare in carica anche se sotto processo. Tuttavia le prove contro Bibi sembrano abbastanza schiaccianti: se fosse condannato sarebbe costretto a dimettersi e potrebbe finire direttamente in galera.

In bilico
La speranza di Netanyahu è quella di convincere il parlamento (la knesset) ad approvare una legge che gli garantisca l’immunità fino a quando resterà in carica. A quel punto la sentenza del tribunale non avrebbe alcun rilievo, perché a Bibi basterebbe conservare l’incarico (e ha appena 71 anni).

Se Netanyahu potesse imporre il suo volere alla coalizione di governo, la knesset voterebbe immediatamente l’immunità e i problemi legali di Bibi sparirebbero. Purtroppo per lui, però, diversi esponenti della coalizione, pur sostenendo il suo governo in generale, non sono disposti a votare l’immunità.

Il sistema elettorale israeliano spinge all’estremo il principio della rappresentanza proporzionale: qualsiasi partito che superi il 3,25 per cento partecipa alla spartizione dei 120 seggi del parlamento. Dopo il voto è probabile che tredici partiti ottengano almeno quattro seggi. Il primo partito, il Likud guidato da Netanyahu, non dovrebbe andare oltre i 32 seggi.

Per Netanyahu il voto parlamentare sull’immunità resta imprescindibile, dunque la caccia alla coalizione magica continua

Questo significa che per formare una coalizione servirà un intenso lavoro di cucito, con ogni potenziale partner che avanzerà le proprie richieste. Nelle tre elezioni che si sono susseguite dall’aprile del 2019 Netanyahu è riuscito a formare una coalizione per tre volte, ma è sempre stato costretto a includere un partito che non intende concedergli l’immunità.

Perfino i raggruppamenti centristi come il Partito blu e bianco di Benny Gantz potrebbero finire nella coalizione di Netanyahu. Nell’ultima coalizione Gantz era addirittura “primo ministro alternativo” e avrebbe dovuto assumere il controllo del governo a novembre del 2021, ricoprendo la carica di primo ministro per la seconda parte del mandato della coalizione. Ma Netanyahu ha mandato tutto all’aria convocando nuove elezioni perché non poteva permettersi di cedere il passo.

“È facile esautorare il procuratore generale e cancellare il processo”, ha scritto Gantz su Twitter la sera del 20 marzo. “Questo è il piano di Netanyahu, e solo io e il Partito blu e bianco alla knesset potremo impedirgli di realizzarlo”. Ma il partito di Gantz non è più un attore di primo piano (nella politica israeliana i partiti minori sono spesso meteore), e tra l’altro l’accusa di Gantz secondo cui Netanyahu vorrebbe emarginare il procuratore generale e cancellare il processo è probabilmente infondata.

Per Netanyahu il voto parlamentare sull’immunità resta imprescindibile, dunque la caccia alla coalizione magica continua. Probabilmente servirà una quinta elezione entro la fine dell’anno, l’ennesimo lancio di dadi prima del verdetto del tribunale.

Gli ultimi sondaggi indicano che stavolta il risultato delle urne complicherà la formazione di una coalizione pro o contro Netanyahu. Il partito di destra Yamina guidato da Naftali Bennett otterrà probabilmente i seggi decisivi, ma il desiderio di Bennett di sostituire Netanyahu ha più peso della sua voglia di vedere una coalizione di destra al governo.

Il risultato migliore per Netanyahu sarebbe certamente una coalizione in cui tutti fossero disposti a garantirgli l’immunità, ma questo scenario è sostanzialmente irrealizzabile. Molto più probabile che il primo ministro riesca a formare una coalizione simile alle ultime tre, disposta a sostenerlo in parlamento ma non a risparmiargli la prigione.

Naturalmente esiste anche la possibilità che Netanyahu perda il posto di primo ministro, e per lui sarebbe una pessima notizia. Negli ultimi dodici anni l’ex ministro Ehud Olmert ha passato sedici mesi in carcere per un’accusa simile, mentre l’ex presidente Moshe Katsav ha scontato cinque anni (su un totale di sette) per stupro. La politica israeliana è un caos totale, ma il sistema giudiziario funziona perfettamente.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

•Il 23 marzo in Israele si svolgono le quarte elezioni legislative in due anni.
•Dal 2019 né il primo ministro Benjamin Netanyahu – al governo dal 2009 – né i suoi oppositori sono stati in grado di ottenere abbastanza seggi in parlamento per formare un governo di coalizione con una maggioranza stabile. Netanyahu è rimasto in carica o come primo ministro provvisorio o alla guida di una fragile coalizione.
•La coalizione, nata dopo le terze elezioni per garantire al paese una guida durante la pandemia, prevedeva un accordo di condivisione del potere in base al quale la carica di premier sarebbe passata da Netanyahu a Benny Gantz, rivale e partner centrista, nel novembre del 2021. Una serie di conflitti tra i due, culminati nel dicembre del 2020 nel loro mancato accordo sul bilancio statale, ha indotto il parlamento a sciogliersi e a indire nuove elezioni.
Netanyahu è in corsa per la rielezione mentre è sotto processo con accuse di corruzione. Il successo della campagna di vaccinazione potrebbe garantire voti in più a lui e alla sua coalizione di destra.
•I sondaggi mostrano che nessuno dei blocchi ha un percorso chiaro verso la maggioranza, lasciando presagire un risultato inconcludente e dunque una probabile quinta elezione nel corso dell’anno: il partito di Netanyahu, il Likud, dovrebbe emergere come il più grande partito con circa 30 seggi, ma i suoi alleati potrebbero non ottenere abbastanza posti per raggiungere la maggioranza di 61.
Due dei principali sfidanti di Netanyahu provengono dallo stesso schieramento di destra: l’ex ministro dell’interno Gideon Saar e Naftali Bennett, più volte ministro ed ex capo dello staff di Netanyahu. Il terzo rivale è Yair Lapid, ex giornalista televisivo centrista. Gantz non è più considerato una minaccia.
Sembra sempre più decisiva la conquista dell’elettorato arabo d’Israele, circa il 20 per cento della popolazione, una volta emarginato e adesso elemento chiave della campagna elettorale.
•Per ora, Netanyahu rimarrà primo ministro provvisorio. Se in qualche modo la situazione di stallo continua fino a novembre 2021, Gantz potrebbe comunque succedergli secondo il precedente accordo di condivisione del potere. –The New York Times
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 9:45 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 9:45 am

Un altro colpo alla procura, un altro colpo allo staff dei giudici nel processo al premier, un altro colpo al pubblico
11 aprile 2021

https://www.facebook.com/groups/5780011 ... 9265465410

Pochi minuti fa, il giudice della Corte Suprema Alex Stein ha stabilito che la procura dovrebbe smettere di fallire gli avvocati di Netanyahu e consentire loro di accedere ai materiali che sostengono l'innocenza del premier.
Questa volta la sentenza si riferisce alle trascrizioni che la procura nera, e la Corte Suprema hanno deciso contro la posizione della procura e il tribunale distrettuale secondo cui al procuratore di Netanyahu dovrebbe essere consentito l'accesso agli stessi materiali neri (che comprendono, tra l'altro, la testimonianza di Ben Caspit) a causa del suo grande valore per la squadra di difesa
Giusto per capire quanto sia folle, la procura impedisce di fatto al primo ministro dei materiali israele che lei stessa comprende che porterà a dimostrare l'innocenza di Netanyahu. In questo insegna di nuovo che non l'esplorazione della verità la interessa ma solo la convinzione a tutti i costi.
La cosa ancora più sorprendente è che non è la prima volta - solo circa due settimane fa gli avvocati di Netanyahu sono riusciti a localizzare una registrazione sul dispositivo telefonico dell'amministratore delegato di Walla Ilan Yeshua che distrugge la custodia del 4000 a pezzi.
Anche nel caso della registrazione, la Procura ha impedito l'accesso al dispositivo in ogni modo possibile, il tribunale distrettuale ha ricevuto la posizione della procura e solo dopo l'intervento della Corte Suprema gli avvocati hanno accesso al telefono sotto controllo.
Nel giro di pochi minuti hanno rilevato una registrazione che la procura ′′ non è riuscita ′′ a localizzare, anche se aveva il dispositivo per diversi anni, prova a sembrare sorpreso.
Vorrei che queste fossero le uniche due volte, ma se torniamo un po ' più in là ricordiamo che la procura ha fatto anche trascrizioni pigre agli avvocati di Netanyahu pur sapendo che erano sbagliate e fuorviando la difesa.
Questo è quanto ha detto un altro giudice della Corte Suprema - Joseph Elron: ′′ Questo tipo di comportamento confina con l'inganno dell'imputato, può nuocere alla sua difesa, e certamente non si compone con il dovere di correttezza generale imposto alle autorità giudiziarie ".
Nel senso che già ora sappiamo di un gran numero di casi in cui la procura ha cercato a tutti i costi di ledere consapevolmente i diritti del primo ministro a un giusto processo, il tribunale distrettuale ha sostenuto la posizione della procura e solo dopo l'intervento della Corte Suprema costretto a piegarsi e a permettere al primo ministro israele di ricevere materiali in loro possesso indicando che i casi contro di lui sono cuciti e fatti capolino dal dito.
A questo aggiungeremo le bugie della procura e del procuratore generale Avichai Mandelblit che sosteneva che le credenziali per aprire un'inchiesta erano state date dalla legge, e infine si è scoperto che non solo non c'è alcun record di questi permessi, ma che è una bugia completa - prima è stata aperta un'indagine e solo dopo sono stati dati i permessi voglio dire che tutta l'indagine è stata aperta contro la legge fondamentale.
E se torniamo un po ' più indietro troveremo indagini, minacce estorsioni, esercizi illeciti, un giudice che estende gli arresti attraverso testi, conflitti di interesse da parte degli investigatori della polizia e esigente esecuzione su steroidi.
E tutto questo per cosa? Tre accuse precedenti, due delle quali non compaiono nel libro di legge dello stato israele, ma Shai Nitzan ha deciso di fare per la prima volta nella storia moderna del mondo intero - un esperimento di strumenti specifico sul primo ministro Benjamin Netanyahu.
È giunto il momento di capire, così come c'è un'unità di sicurezza del personale il cui compito è impedire ad un armata di raggiungere il primo ministro, un'unità dovrebbe alzarsi per far sì che anche una persona con un mantello o un martello di legno non riesca danneggia la sua funzione.
La quantità di inadempienze è scandalosa e imperdonabile, questa farsa va fermata e gli inquirenti vanno indagati. E se non fermarsi, allora almeno indagate in parallelo.



Mani pulite, coscienza sporca: analisi della rivoluzione per via giudiziaria
Giovanni Fiandaca
19 novembre 2021

https://www.ilfoglio.it/giustizia/2021/ ... a-3381092/

La presunzione di potere rivoluzionare un paese intero per via giudiziaria si è rivelata uno zibaldone di errori e giudizi sommari. Il gran libro di Goffredo Buccini, entusiasta della prima ora convertito al realismo

È ancora diffusa una narrazione, alimentata non a caso da alcuni esponenti della magistratura, noti anche per la loro esposizione mediatica, che somiglia a una favola e che può essere sintetizzata così. Ci sono stati negli ultimi decenni, e ci sono tuttora nel nostro paese, pubblici ministeri coraggiosi che hanno tentato e tentano di esercitare un controllo di legalità esteso al potere politico-amministrativo e a quello economico-finanziario. Ma gli appartenenti agli ambienti che temono questo controllo, simili ai cattivi delle favole che si coalizzano contro i buoni, fanno di tutto per bloccare le indagini giudiziarie, in combutta con criminali di varia specie e con la collaborazione di settori istituzionali “deviati” (a riprova della persistente attualità di questa vulgata si veda, ad esempio, l’intervista rilasciata da Nino Di Matteo al Fatto del 1° novembre scorso).

Che le cose possono essere abbastanza più complicate di quanto vorrebbero far credere i narratori della favoletta moralisticamente semplificatrice di cui sopra ce lo dicono però la storia e la stessa esperienza umana, da cui traiamo l’insegnamento che quasi mai il bene sta tutto da una parte e il male dall’altra. Di questa vecchia verità fornisce significative conferme il recente libro “Il tempo delle Mani Pulite”, scritto da Goffredo Buccini ed edito da Laterza (ne ha già parlato su questo giornale, definendolo bellissimo e prezioso, Salvatore Merlo in un articolo del 2 novembre). In effetti, si tratta di un libro ben fatto e la cui lettura risulta utile sotto più angolazioni. Non solo cioè in chiave di importante testimonianza, essendo stato Buccini trent’anni fa un componente di primo piano del pool di “giornalisti ragazzini” addetti a seguire le indagini su Tangentopoli della procura milanese, capeggiata allora da Saverio Borrelli e simbolicamente rappresentata soprattutto da Antonio Di Pietro. Il maggiore valore del libro risiede, anche a mio avviso, nell’avere Buccini sottoposto a revisione critica, con lucidità e onestà intellettuale, un’esperienza giovanile di lavoro giornalistico che lo aveva entusiasmato e profondamente coinvolto, anche in termini di piena condivisione ideale di una “rivoluzione giudiziaria” che appariva – almeno nei primi tempi – davvero volta e idonea a promuovere quel rinnovamento politico e quella rigenerazione morale di cui un’Italia percepita come sempre più marcia e corrotta avrebbe avuto bisogno. Solo che, riconsiderando a tre decenni di distanza quella straordinaria stagione di grandi aspettative (destinate però a rivelarsi in gran parte illusorie), Buccini prende realisticamente atto che tentare di “raddrizzare per via giudiziaria il legno storto dell’umanità è sempre una pratica che rischia di sfuggire al controllo di chi la applica”. Ma vi è di più. Anche se nel libro lo si adombra o accenna più di quanto non lo si riconosca espressamente, l’analisi che vi è sviluppata finisce anche col suffragare la fondatezza della tesi che fa risalire all’esperienza di Mani Pulite la genesi o l’aggravamento di alcune delle principali patologie di cui il sistema giudiziario e, più in generale, il nostro complessivo sistema democratico continuano a soffrire. Di quali patologie si tratti è facilmente intuibile, ma forse non è superfluo esplicitarle ancora una volta.

Come primo fenomeno patologico consideriamo i danni o pericoli prodotti dal circuito mediatico-giudiziario, che la lettura del libro qui in discussione pone in evidenza in maniera difficilmente eguagliabile. La lucida e onesta narrazione di Buccini fornisce, infatti, un’emblematica riprova di come la cosiddetta rivoluzione giudiziaria di Mani Pulite non si sarebbe potuta realizzare senza il complice sostegno sistematico di un gruppo di giovani giornalisti: per lo più, e non a caso, con formazione politica di sinistra, in qualche modo pregiudizialmente convinti che l’inchiesta milanese potesse confermare diffusi sospetti preesistenti su malaffari e malefatte – per dirla con le parole del libro – di certi socialisti traditori della causa, di certi andreottiani maleolenti e di certi imprenditori tentacolari (un pregiudizio, questo, che – come oggi Buccini riconosce – rischiava di inficiare l’obiettività del lavoro giornalistico nei suoi successivi sviluppi). Ma Mani Pulite ha anche fortemente contribuito a quella mediatizzazione del processo penale, soprattutto per via televisiva, che ha determinato il duplice effetto, da un lato, di proiettare fuori dall’aula di tribunale lo scenario giudiziario e, dall’altro, di rendere i magistrati d’accusa personaggi sempre più simili a tribuni del popolo che impersonano ruoli politico-mediatici che si sovrappongono confusivamente ai ruoli giuridico-istituzionali. In particolare poi la trasmissione televisiva del processo Cusani, riletta in una prospettiva sociologica e semiologica, ha dato esemplare dimostrazione dell’attitudine di un processo mediatizzato gestito con abilità scenica a fungere da “rituale di degradazione” in grado di discreditare agli occhi del pubblico, al di là dei singoli imputati coinvolti, un’intera classe politica simbolicamente additata come corrotta e imbelle (come notato nel libro di Pier Paolo Giglioli e altri, “Rituali di degradazione. Anatomia del processo Cusani”, il Mulino, 1997).

Un secondo fenomeno sotto diversi aspetti patologico, strettamente connesso al primo, è costituito dalla tendenza a concepire e utilizzare il processo penale non solo come mezzo di lotta contro fenomeni di criminalità sistemica, ma al tempo stesso come strumento di rinnovamento politico e moralizzazione collettiva (anche di questa tendenza o tentazione, il libro di Buccini offre numerosi riscontri concreti, sia espliciti sia impliciti o per facta concludentia). Sappiamo che in proposito, specie sul versante magistratuale, si suole ricorrere a un ben noto argomento autodifensivo: è lo stesso potere politico a delegare di fatto ai giudici la gestione dei mali sociali che esso non riesce ad affrontare e i problemi che non riesce a risolvere; per cui non è la magistratura a compiere invasioni di campo, bensì una politica debole e inetta a non avere la capacità di assolvere i propri compiti, e meno ancora di rinnovarsi e recuperare credibilità anche morale. E, quanto alla lamentata ispirazione politica di alcune inchieste, si obietta che le ripercussioni politiche rappresentano un inevitabile effetto oggettivo delle indagini che vertono sull’operato dei politici indagati, mentre i magistrati inquirenti non perseguirebbero intenzionalmente alcuno scopo politico trascendente il doveroso controllo di legalità spettante al potere giudiziario. Ora, a parte l’indeterminatezza e l’ambiguità del concetto di controllo di legalità (vuol dire che le procure dovrebbero attivarsi pure in via preventiva, per andare alla ricerca di eventuali ipotesi di reato, e non già soltanto quando se ne siano in concreto profilati i possibili presupposti, così trasformando l’attività giurisdizionale in attività amministrativa di polizia?), anche queste autogiustificazioni, a ben vedere, rischiano di somigliare a favole. Non perché non sia vero che vi è stata e continua a esserci una certa tendenza della politica a scaricare sui magistrati responsabilità che non riesce ad assumersi o compiti che non è in grado di svolgere. Ma perché è un’ipocrita bugia che non vi sia stata e non vi sia, a maggior ragione nei settori più militanti della magistratura, la volontà soggettiva di orientare anche politicamente l’azione giudiziaria: intendendo per orientazione politica sia l’obiettivo (in teoria censurabile) di influire su dinamiche e scelte politico-partitiche contingenti, sia una mirata valorizzazione (in teoria ammissibile o comunque meno censurabile) delle accresciute dimensioni di politicità intrinseche a un’attività giurisdizionale esplicata nell’orizzonte della democrazia costituzionale contemporanea.

Riportando il discorso su Mani Pulite, sarebbe da ingenui o da sprovveduti interpretare lo stile operativo di un pm come Di Pietro e dei colleghi al suo fianco come del tutto circoscritto nei limiti di una rigorosa e asettica ortodossia tecnico-giuridica, riluttante a farsi carico di valutazioni e preoccupazioni politiche in realtà anche esterne rispetto al momento investigativo-processuale in sé considerato: riferite cioè alla concreta incidenza che lo sviluppo e la direzione delle indagini giudiziarie avrebbero potuto esercitare allora sui partiti politici in profonda crisi e sul loro possibile destino. In realtà, funge da spia abbastanza sintomatica del fatto che Mani Pulite perseguiva obiettivi di rinnovamento politico (trascendenti, appunto, la funzione istituzionale di perseguire reati e condannarne gli autori) lo stesso linguaggio usato dai magistrati protagonisti, come emerge ad esempio persino dalle parole di un gip come Italo Ghitti, che Buccini riporta come emblematiche altresì di un ruolo di giudice vissuto in rapporto più di stretta contiguità che non di distanza critica rispetto ai colleghi pubblici ministeri: “(…) il nostro obiettivo non è rappresentato da singole persone, ma da un sistema che cerchiamo di ripulire”. Affermazione, questa, che in bocca a un giudice avrebbe in teoria dovuto sollevare reazioni pubbliche (in realtà mancate) ancora più vivaci di quelle che si sarebbero dovute levare contro il proposito, ancora più esplicito e drastico, di “rivoltare l’Italia come un calzino”, più volte com’è noto enunciato dal pubblico accusatore Piercamillo Davigo.

Considerato nell’insieme, il libro di Buccini potrebbe costituire una fonte preziosa di riferimenti, dati, informazioni e spunti di analisi potenzialmente valorizzabili anche in vista delle più volte auspicate (ma finora compiute soltanto in piccola parte) indagini scientifiche a carattere multidisciplinare (giuridico, economico, politologico, sociologico e psicologico) su Mani Pulite come terreno privilegiato di osservazione e studio dei rapporti di scambio e delle relazioni ambigue tra – per dirla con Pierre Bourdieu – il campo della giustizia penale e gli altri campi con esso interagenti. Infatti, Buccini ben ricostruisce le situazioni e occasioni in cui i diversi componenti del pool milanese, agendo in gruppo o come singoli, hanno in formale veste giudiziaria svolto funzioni e realizzato condotte (anche extrafunzionali) dotate di una sostanziale valenza politica in vari sensi e in varie direzioni. Si considerino – oltre alle performance investigative o processuali con le quali in particolare Tonino Di Pietro si atteggiava a tribuno del popolo o a eroico vendicatore delle ingiustizie e dei soprusi compiuti dai politici corrotti, assurgendo così a simbolo di una sperata palingenesi – le spettacolari reazioni pubbliche o alle forme meno eclatanti di intervento di cui lo stesso Di Pietro da solo, o più spesso insieme ad altri colleghi, si è reso protagonista per bloccare riforme governative considerate inaccettabili o per promuovere invece riforme gradite allo stesso pool milanese: si allude al comunicato stampa contro il pacchetto di modifiche abbozzato dal neo guardasigilli Conso per depenalizzare il finanziamento illecito ai partiti; al successivo pronunciamento televisivo contro il decreto Biondi volto a ridurre la possibilità di ricorrere alla custodia cautelare in carcere; e, in forma questa volta propositiva, alla presentazione da parte di Di Pietro all’annuale forum di Cernobbio di una proposta (destinata in realtà a rimanere tale) di un disegno di legge di riforma dei reati di concussione e corruzione, recante altresì innovazioni in materia di benefici premiali per la collaborazione giudiziaria, elaborato dalla procura milanese insieme a un gruppo di professori universitari e avvocati e finalizzato ad agevolare la chiusura dei conti con gli episodi corruttivi del passato. A ben vedere, non è difficile individuare in queste prese di posizione del pool di Mani Pulite, miranti a interdire riforme avversate oppure a sollecitare riforme auspicate, significativi precedenti di una tendenza, successivamente consolidatasi nel potere giudiziario, a pretendere di sindacare in via preventiva il merito delle scelte politiche in materia penale, in teoria di esclusiva competenza del Parlamento e del governo, con conseguente (ma di fatto prevalentemente tollerata!) violazione del principio costituzionale della divisione dei poteri.

Ma, come bene emerge anche dal libro di Buccini, una confusa sovrapposizione di ruoli giudiziari e ruoli sostanzialmente politici dipendeva anche dal fatto che in particolare Di Pietro e Davigo mantenevano rapporti sotterranei di vicinanza, non esenti da inevitabile ambiguità, con settori e personaggi del mondo politico di allora, perché in qualche modo e in qualche misura tentati di lasciare la toga per transitare in politica, cedendo alle offerte (a loro volta tutt’altro che disinteressate) di parti politiche desiderose di sfruttare a proprio vantaggio l’ampio consenso popolare acquisito dai due pubblici ministeri grazie alla guerra contro Tangentopoli. Così stando le cose, non solo si incrementava la sostanziale valenza politica dell’azione del pool, ma finivano con l’esserne corresponsabili anche quei settori politici che cercavano di attrarre nelle loro file i magistrati più in vista e più idolatrati. Com’è comprensibile, rispetto alla tentatrice scesa in politica hanno giocato un ruolo ancora più determinante le diverse caratteristiche psico-antropologiche dei singoli componenti del pool, e ciò è comprovato dalla scelta di lasciare la toga infine compiuta dall’eroe molisano e dal successivo andamento della sua non certo luminosa e gloriosa carriera politica.

Quanto alla funzione di moralizzazione pubblica (complementare a quella di presunto rinnovamento politico), che non pochi magistrati specie dopo Mani Pulite ritengono rientrare nel loro ambito di competenze, tanto più se impegnati nel contrasto della corruzione o delle mafie, merita di essere ricordato un libretto di Alessandro Pizzorno dal titolo emblematico: “Il potere dei giudici. Stato democratico e controllo della virtù”, edito da Laterza nel 1998. Da sociologo, Pizzorno non affronta il problema giuridico-costituzionale relativo al senso e ai limiti di una moralizzazione collettiva da perseguire con gli strumenti della giustizia penale, perché ciò che più gli interessa non è il piano deontologico: quel che più lo intriga è indagare il crescente spazio che i giudici sono di fatto andati conquistando nella sfera pubblica esterna alle aule giudiziarie, e nella comunicazione mediatica, quali autorità beneficiarie di consenso da parte della pubblica opinione anche nel ruolo di custodi o controllori delle virtù morali degli uomini politici e, più in generale, degli esponenti del ceto dirigente. Senonché, a Pizzorno è facile rivolgere – a maggior ragione oggi – più di una obiezione. Sullo stesso piano sociologico, è pressoché scontato obiettare che è quantomeno dubbio che il ceto giudiziario visto nel suo insieme si distingua per un livello di moralità superiore rispetto a quello della media dei cittadini (sembrerebbero confermarlo proprio certi comportamenti moralmente discutibili o deontologicamente scorretti dello stesso magistrato-simbolo della rivoluzione giudiziaria milanese, di cui ben riferisce Buccini), per cui non è detto neppure che un magistrato abbia sempre una capacità di giudizio morale comparativamente più elevata (e ciò va rilevato anche a prescindere da recenti fenomeni di grave decadimento culturale e degrado morale registratisi in seno alla nostra magistratura). Premesso questo, rimane l’ulteriore problema – di natura appunto giuridico-costituzionale – di capire e specificare cosa significhi “virtù morale” di un politico nella prospettiva di un magistrato: vuol dire semplicemente che il politico deve essere onesto, non deve rubare e non deve corrompere e farsi corrompere, o significa qualcosa di più impegnativo? Se la risposta dovesse essere nel secondo senso, dubito che un giudice possegga una speciale legittimazione e una speciale competenza per formulare nuove regole morali nell’ambito di una società pluralistica come la nostra.

Come sappiamo, tra i rilievi critici mossi all’esperienza di Mani Pulite ve ne sono alcuni che attengono più direttamente alle modalità di utilizzazione degli strumenti penalistici, sul duplice terreno sostanziale e processuale: ci si riferisce a una certa tendenza a forzare o manipolare l’interpretazione-applicazione di classiche figure di reato come la concussione e la corruzione, a un uso spregiudicato o ricattatorio a fini confessori della custodia cautelare in carcere, a un’insufficiente attenzione alle reazioni psicologiche e al conseguente rischio suicidiario di alcuni indagati e imputati (come sarebbe dimostrato dai non pochi suicidi effettivamente verificatisi). Anche di tutto questo troviamo più di una eco nella rivisitazione critica di Buccini, il quale fa – tra l’altro – questa osservazione che vale la pena riportare: a Di Pietro interessava “non tanto processare i singoli politici quanto sputtanare il sistema dei partiti”. Quale riprova migliore di questa si potrebbe ottenere di un possibile tradimento degli scopi fisiologici del diritto e del processo penale consumato in nome di eteronome finalità lato sensu politiche? Sempre a proposito di questo uso non canonico della giustizia penale, è il caso di richiamare un passo contenuto in una drammatica e commovente lettera scritta prima di togliersi la vita dal deputato socialista Sergio Moroni (indagato per avere raccolto mazzette non per sé ma per il partito) e indirizzata a Giorgio Napolitano, a quel tempo presidente della Camera: riferendosi all’esigenza da lui stesso condivisa di un diverso modo di operare dei partiti, Moroni rilevava che “non è giusto che ciò avvenga attraverso un processo sommario e violento, per cui la ruota della fortuna assegna a singoli il compito delle ‘decimazioni’ in uso presso alcuni eserciti”. Mi ha colpito, e continua a colpirmi questa idea di una sorta di decimazione realizzata per via di processi sommari e poco individualizzati: vi rinvengo una curiosa e inquietante coincidenza con l’impiego dello stesso termine da parte del presidente della Corte suprema Riches nel celebre dialogo con l’ispettore Rogas inscenato nel romanzo sciasciano “Il contesto”, in cui appunto il presidente della corte azzarda la pessimistica e paradossale previsione che nel futuro “la sola forma di possibile giustizia, di amministrazione della giustizia, potrebbe essere, e sarà, quella che nella guerra si chiama decimazione”. Per fortuna, questa tragica previsione non si è avverata, ma resta il fatto che non è soltanto la pur sempre eccezionale stagione di Tangentopoli ad avere evidenziato in forma macroscopica un approccio molto sommario e affrettato alla questione del come punire. Come ho rilevato in un precedente articolo su questo giornale (il Foglio del 25 ottobre 2021), a tutt’oggi la determinazione concreta della pena da parte degli stessi magistrati giudicanti non è per lo più fatta oggetto di quella scrupolosa ponderazione che sarebbe in teoria auspicabile.

In un precedente articolo su Mani Pulite, a venticinque anni di distanza (sul Foglio del 30 marzo 2017), avevo provato a stilare un bilancio complessivo degli esiti pratici anche di lunga scadenza di una rivoluzione politica tentata per via giudiziaria, che specie all’inizio tante speranze aveva acceso a dispetto della paradossale contraddittorietà insita nel considerare “rivoluzionaria” un’attività repressiva di fatti criminosi, sia pure ritenuti sistemici. Da allora a oggi, quel bilancio mi sembra ulteriormente avvalorato dalle conclusioni che Buccini trae nel suo libro. In sintesi, ribadirei che quella cosiddetta rivoluzione ha prodotto conseguenze fallimentari, o comunque negative su più versanti. E infatti non ha certo eliminato il fenomeno della corruzione, ma ha forse contribuito a determinare un mutamento delle sue modalità di manifestazione (per condivisibili rilievi sulla attuale fisionomia della corruzione in Italia si veda il recente intervento di Giuseppe Pignatone su Repubblica del 30 ottobre scorso); in luogo di promuovere un rinnovamento politico degno di questo nome, ha finito col (con)causare effetti politicamente regressivi, definiti persino “disastrosi”, ad esempio da Sergio Romano (sul Corriere della sera del 19 settembre 2016), alimentando una rozza e velleitaria antipolitica di ispirazione populista; ha inoltre, sul terreno dell’amministrazione della giustizia, fomentato il fenomeno del populismo giudiziario, inducendo parte dei magistrati a ricercare il consenso popolare come fonte di vera legittimazione di un’azione giudiziaria che si vorrebbe pur sempre, e nonostante ogni contraria indicazione, orientata al cambiamento e alla moralizzazione (da qui l’emersione di nuove figure di magistrati d’accusa, imitatori più o meno credibili di Tonino Di Pietro, nell’ambiguo ruolo di ircocervi metà attori giudiziari e metà attori politico-mediatici).

Certo, di questa eredità complessivamente fallimentare la causa unica non può essere ravvisata in un tentativo, invero di problematica idoneità in partenza, di fare la rivoluzione con procure e tribunali. I fattori causali coinvolti nelle complesse dinamiche politiche successive a Mani Pulite sono indubbiamente molteplici e chiamano in causa la responsabilità di diversi attori, non solo politico-istituzionali. Verosimilmente, ha ragione Goffredo Buccini nel rilevare nell’ultimo capitolo del suo libro: “Nessun problema appare risolto trent’anni dopo, perché il problema non erano i partiti, il problema siamo noi”.



Si sono resi conto che non potevano batterlo alle urne e hanno sporto accuse contro di lui e hanno pensato che si sarebbe ritirato. Gli hanno offerto un patteggiamento e solo di ritirarsi. Non hanno tenuto conto del suo amore per la patria e della sua preoccupazione per il popolo Israele. Non hanno considerato l'amore del popolo per questo grande leader. E ora quando i casi cuciti si schiantano e i reati dell'accusa vengono esposti cercano di ferire la sua famiglia quando i suoi familiari sono minacciati da figli senza vergogna. Anche questa volta non considerano l'amore del popolo per la famiglia Netanyahu. Noi sani di mente diventeremo il muro protettivo della famiglia. Condividi!!!

11 dicembre 2021

https://www.facebook.com/groups/5130138 ... 8395848767
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 10:36 am

Intanto, senza che in Italia se ne parli, il processo contro Netanyahu prosegue, e sembra, leggendo questo articolo di Caroline Glick, che le cose si mettano piuttosto male per il procuratore Mandelblit (e quindi bene per Netanyahu). Questo processo non avrebbe, in realtà, niente a che vedere con le leggi: sarebbe interamente politico.
Mandelblit’s shocking statement proved that his case against Netanyahu has nothing to do with the law. It is entirely political.
Emanuel Segre Amar
14 dicembre 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 2813731470

The Ugly Truth Comes Out About Netanyahu's Trial - CarolineGlick.com
14 dicembre 2021
https://carolineglick.com/the-ugly-trut ... hus-trial/

The corruption trial of former Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu in the Jerusalem District Court has been ongoing for the past two months. Things are not going well for the prosecutors.

Israel’s state prosecution submitted a list of 333 witnesses. It frontloaded its best ones. So far, eight have taken the stand. And all of them have obliterated the prosecution’s case. Long-time Israeli jurists and former prosecutors attest that this is the worst presentation of evidence they have ever seen.

For the past three years, Israeli Attorney General Avichai Mandelblit and his colleagues built their case for indicting Netanyahu—a long-serving, successful and popular prime minister—by claiming their star witnesses had given them proof that Netanyahu is corrupt and dangerous.

Through illegal, selective leaks from investigation rooms and prime-time press conferences, the state prosecution insisted that the witnesses had given them incontrovertible evidence that Netanyahu received a bribe, in the form of positive coverage from a news website. Mandelblit claimed that in exchange for the bribe of positive coverage, Netanyahu compelled regulators to provide the owner of the website with a sweetheart deal worth hundreds of millions of dollars.

But over the past two months, as one allegedly “star” witness after another took the stand, each rejected Mandelblit’s contention. Netanyahu, in fact, received hostile coverage from the website in question; his political rivals received supportive coverage.

As for the regulatory favors Netanyahu supposedly afforded the owner of the website in exchange for positive coverage, here too, the witnesses have shattered the narrative. The alleged whistleblower, who purportedly made the claim, testified that Netanyahu had no role in the regulatory apparatus in question. Netanyahu, in short, never asked for anything.

Last week, Netanyahu’s former spokesman and one of his most intimate advisors, Nir Hefetz, took the stand to testify against Netanyahu. When Hefetz signed a deal to become a state witness against Netanyahu in March 2018, Mandelblit and his associates presented the development as nothing short of an earthquake. With Hefetz’s decision to turn on his former boss, they had Netanyahu dead to rights.

After Hefetz turned against Netanyahu, the prosecution’s public campaign against the premier went into high gear. Leaks from interrogation rooms turned into geysers. Friendly journalists were briefed, and they duly reported on Netanyahu’s criminal mindset. The police inspector general weirdly alleged that Netanyahu hired private detectives to tail his police investigators.

As Netanyahu appeared increasingly vulnerable, his government also gradually destabilized.

Hefetz’s testimony last week was a watershed event in the trial for two reasons. First, he laid bare the prosecution’s obsession with “getting” Netanyahu. Under oath, Hefetz described the ill-treatment he received from police investigators at the direction of state prosecutors. Hefetz were arrested in the middle of the night in a Hollywood-type scene, with armed officers nearly breaking down his door. He was held in harsh conditions for two weeks. He was denied food, medicine and sleep. He was placed in a flea-ridden cell. He was housed with violent, convicted criminals and terrorists. Investigators threatened to destroy his family and coerced him into firing his attorney and hiring one they chose for him.

All observers of Hefetz’s testimony have agreed that the treatment he received was illegal. Some have alleged that it was torture. Notably, the prosecutors did not dispute Hefetz’s claims, which he made while he was under direct examination by the very prosecutors his testimony was supposed to assist.

Second, in glaring contrast to the hype that surrounded his testimony, like his fellow “star” witnesses, Hefetz shattered the prosecution’s case. Hefetz said Netanyahu did not intervene with the regulators on behalf of the website owner; that he received hostile coverage from the website; and that he didn’t even consider the website important.

Hefetz’s revelation of his treatment at the hands of the prosecutors showed the public that the prosecutors would stop at nothing to incriminate Netanyahu. Hefetz committed no crime whatsoever, yet prosecutors had him locked up and treated like a terrorist until they broke him. And for their efforts, Hefetz didn’t deliver Netanyahu—he exonerated him.

Even before the prosecution began making its case in court, the legal foundations of the indictments were already flimsy. Mandelblit indicted Netanyahu on four counts in three charges. The most serious count is bribery. As top U.S. attorneys argued in a pre-indictment hearing Mandelblit held for Netanyahu, there is no basis in Israeli law, or in the laws of any other Western democratic legal system, for asserting that positive coverage of a politician by a media outlet is a “bribe.” The assertion itself serves to criminalize both politics and journalism. By defining media coverage as bribery, Israel’s prosecutors arrogated to themselves the power to indict any politician and any journalist whose underlying positions they oppose.

Netanyahu is also charged with breach of trust for allegedly discussing a deal for positive coverage with the owner of Israel’s second-largest circulation newspaper, Yediot Ahronot. Yediot has led public campaigns against Netanyahu since he first entered politics in the 1980s. On the other hand, it has provided lavish coverage to Netanyahu’s political rivals in its long-standing effort to oust him from power.

The deal the two discussed was one in which Yediot would provide Netanyahu with more positive coverage and, in exchange, Netanyahu would appeal to the owner of Israel’s largest circulation newspaper, Israel Hayom, which was supportive of Netanyahu, and convince him to limit his circulation for the benefit of Yediot. (Disclosure: In addition to Newsweek, I also write regularly for Israel Hayom.) But Netanyahu never agreed to the deal. And nothing ever came of it. In the meantime, in 2013, Bennett and 42 other members of the Knesset voted in favor of a bill, prepared by Yediot‘s lawyers, that would force the outright closure of Israel Hayom. All 43 lawmakers received positive coverage from Yediot. In the wake of the vote, Netanyahu dissolved his government and the Knesset, precipitating new elections, in order to block the bill from advancing through the legislative process.

Whereas the prosecution indicted Netanyahu for breach of trust for speaking to Yediot‘s owner, it refused to even open an investigation against the 43 Knesset members.

Finally, Netanyahu was indicted for breach of trust for accepting gifts from his friends. This, despite the fact that Israeli law permits politicians to receive gifts from friends, and simply requires politicians to return the gifts or pay a fine if the attorney general determines that they weren’t actually “gifts” from “friends” under relevant law.

The problem with Mandelblit’s determination of Netanyahu’s relations with his friends, like his other determinations in relation to the criminal probes he ordered against Netanyahu, is that his motives were always suspect. His obsessive hounding of Netanyahu reeked of ulterior motives.

Last Tuesday, Mandelblit revealed his motives to the public with the broadcast on Israeli television of the transcript of a conversation he had a month ago regarding the Netanyahu trial.

Mandelblit maintained that Netanyahu had to be ousted from power because he was “a danger to democracy.”

Netanyahu endangered Israeli democracy, in Mandelblit’s view, because he sought to impose checks and balances on Israel’s legal fraternity—the Supreme Court justices, the attorney general and the state prosecution office. For the past generation, all three arms of the legal fraternity have arrogated to themselves the powers of the executive and the legislature. Through fiat, they effectively canceled all legislative and executive checks on their power. The most powerful means that the justices and lawyers have used to effectuate their power grab has been their seizure of power from the government to appoint themselves.

Netanyahu posed a threat to “democracy,” by Mandelblit’s telling, because he intended to restore the government’s power to appoint justices and the attorney general, and to impose limits on the powers of the state prosecutors.

Mandelblit referred to the legal fraternity’s fight with Netanyahu as a “war”—indeed, as an existential conflict. His decision to indict Netanyahu was necessitated by the exigencies of that war.

In his words, “This [indicting Netanyahu] is a decision I had a difficult time with…we suddenly found ourselves in a war over the legitimacy of the attorney general, the DNA of the Jewish people and the State of Israel.”

By Mandelblit’s telling, in this fateful struggle, God almighty himself carried the day. “The grace of Heaven saved us from Netanyahu.”

Mandelblit’s shocking statement proved that his case against Netanyahu has nothing to do with the law. It is entirely political. Israel’s attorney general led a coup of lawless attorneys whose single-minded goal was to oust a democratically elected prime minister to preserve the extra-legal powers the legal fraternity has seized over the decades.

Perhaps the most notable aspect of Mandelblit’s statement is that outside of Netanyahu’s Likud party, it elicited no meaningful protest. By and large, the politicians received Mandelblit’s statement in silence. The reason for that is clear enough. Hefetz’s testimony laid bare the brutal truth: Israel’s unelected legal fraternity, which in the name of “democracy” accepts no limits on its power, will stop at nothing to preserve that power. Challenge it, even in a limited manner, and it will destroy you and everyone you love.

Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)

La brutta verità sul processo di Netanyahu
CarolineGlick.com
14 dicembre 2021
https://carolineglick.com/the-ugly-trut ... hus-trial/

Il processo per corruzione dell'ex primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu presso il tribunale distrettuale di Gerusalemme è in corso da due mesi. Le cose non stanno andando bene per i procuratori.

L'accusa di stato israeliana ha presentato una lista di 333 testimoni. Ha anticipato i migliori. Finora, otto hanno testimoniato. E tutti loro hanno cancellato il caso dell'accusa. Giuristi israeliani di lunga data ed ex procuratori attestano che questa è la peggiore presentazione di prove che abbiano mai visto.

Negli ultimi tre anni, il procuratore generale israeliano Avichai Mandelblit e i suoi colleghi hanno costruito il loro caso per incriminare Netanyahu - un primo ministro di lunga data, di successo e popolare - sostenendo che i loro testimoni principali avevano dato loro la prova che Netanyahu è corrotto e pericoloso.

Attraverso fughe di notizie illegali e selettive dalle stanze delle indagini e dalle conferenze stampa in prima serata, la procura di stato ha insistito che i testimoni avevano dato loro prove incontrovertibili che Netanyahu aveva ricevuto una tangente, sotto forma di copertura positiva da un sito web di notizie. Mandelblit ha sostenuto che in cambio della tangente della copertura positiva, Netanyahu ha costretto i regolatori a fornire al proprietario del sito web un affare di cuore del valore di centinaia di milioni di dollari.

Ma negli ultimi due mesi, quando un testimone presunto "star" dopo l'altro è salito sul banco dei testimoni, ognuno ha respinto la tesi di Mandelblit. Netanyahu, infatti, ha ricevuto una copertura ostile dal sito web in questione; i suoi rivali politici hanno ricevuto una copertura di sostegno.

Per quanto riguarda i favori normativi che Netanyahu avrebbe concesso al proprietario del sito web in cambio di una copertura positiva, anche qui i testimoni hanno distrutto la narrazione. Il presunto whistleblower, che avrebbe fatto la richiesta, ha testimoniato che Netanyahu non aveva alcun ruolo nell'apparato normativo in questione. Netanyahu, in breve, non ha mai chiesto nulla.

La settimana scorsa, l'ex portavoce di Netanyahu e uno dei suoi più intimi consiglieri, Nir Hefetz, ha testimoniato contro Netanyahu. Quando Hefetz ha firmato un accordo per diventare un testimone di stato contro Netanyahu nel marzo 2018, Mandelblit e i suoi associati hanno presentato lo sviluppo come niente meno che un terremoto. Con la decisione di Hefetz di rivoltarsi contro il suo ex capo, avevano Netanyahu morto per diritto.

Dopo che Hefetz si è rivoltato contro Netanyahu, la campagna pubblica dell'accusa contro il premier ha preso la marcia alta. Le fughe di notizie dalle stanze degli interrogatori si trasformarono in geyser. Giornalisti amichevoli furono informati e riferirono debitamente sulla mentalità criminale di Netanyahu. L'ispettore generale della polizia ha stranamente affermato che Netanyahu ha assunto detective privati per pedinare i suoi investigatori di polizia.

Mentre Netanyahu appariva sempre più vulnerabile, anche il suo governo si destabilizzava gradualmente.

La testimonianza di Hefetz la scorsa settimana è stata un evento spartiacque nel processo per due motivi. Primo, ha messo a nudo l'ossessione dell'accusa di "prendere" Netanyahu. Sotto giuramento, Hefetz ha descritto i maltrattamenti che ha ricevuto dagli investigatori della polizia sotto la direzione dei procuratori statali. Hefetz è stato arrestato nel cuore della notte in una scena tipo Hollywood, con agenti armati che hanno quasi sfondato la sua porta. È stato tenuto in condizioni dure per due settimane. Gli furono negati cibo, medicine e sonno. È stato messo in una cella piena di pulci. Era alloggiato con violenti, criminali condannati e terroristi. Gli investigatori minacciarono di distruggere la sua famiglia e lo costrinsero a licenziare il suo avvocato e ad assumerne uno scelto per lui.

Tutti gli osservatori della testimonianza di Hefetz hanno convenuto che il trattamento che ha ricevuto era illegale. Alcuni hanno affermato che si trattava di tortura. In particolare, i procuratori non hanno contestato le affermazioni di Hefetz, che ha fatto mentre era sotto esame diretto proprio dai procuratori che la sua testimonianza avrebbe dovuto aiutare.

In secondo luogo, in netto contrasto con il clamore che circondava la sua testimonianza, come i suoi colleghi testimoni "star", Hefetz ha distrutto il caso dell'accusa. Hefetz ha detto che Netanyahu non è intervenuto con i regolatori per conto del proprietario del sito web; che ha ricevuto una copertura ostile dal sito web; e che non ha nemmeno considerato il sito importante.

La rivelazione di Hefetz sul suo trattamento da parte dei procuratori ha mostrato al pubblico che i procuratori non si sarebbero fermati davanti a nulla per incriminare Netanyahu. Hefetz non ha commesso alcun crimine, eppure i procuratori lo hanno fatto rinchiudere e trattato come un terrorista finché non lo hanno fatto crollare. E per i loro sforzi, Hefetz non ha consegnato Netanyahu - lo ha scagionato.

Anche prima che l'accusa cominciasse a fare il suo caso in tribunale, le basi legali delle incriminazioni erano già inconsistenti. Mandelblit ha incriminato Netanyahu per quattro capi d'accusa in tre capi d'accusa. L'accusa più grave è quella di corruzione. Come hanno sostenuto i migliori avvocati degli Stati Uniti in un'udienza pre-accusa che Mandelblit ha tenuto per Netanyahu, non c'è alcuna base nella legge israeliana, o nelle leggi di qualsiasi altro sistema giuridico democratico occidentale, per affermare che la copertura positiva di un politico da parte di un media è una "tangente". L'affermazione stessa serve a criminalizzare sia la politica che il giornalismo. Definendo la copertura mediatica come corruzione, i procuratori di Israele si sono arrogati il potere di incriminare qualsiasi politico e qualsiasi giornalista le cui posizioni di fondo sono contrarie.

Netanyahu è anche accusato di violazione della fiducia per aver presumibilmente discusso un accordo per una copertura positiva con il proprietario del secondo giornale più diffuso in Israele, Yediot Ahronot. Yediot ha condotto campagne pubbliche contro Netanyahu da quando è entrato in politica negli anni '80. D'altra parte, ha fornito una ricca copertura ai rivali politici di Netanyahu nel suo sforzo di lunga data per spodestarlo dal potere.

L'accordo che i due hanno discusso era uno in cui Yediot avrebbe fornito a Netanyahu una copertura più positiva e, in cambio, Netanyahu avrebbe fatto appello al proprietario del più grande giornale israeliano, Israel Hayom, che era favorevole a Netanyahu, e lo avrebbe convinto a limitare la sua circolazione a beneficio di Yediot. (Rivelazione: oltre a Newsweek, scrivo regolarmente per Israel Hayom). Ma Netanyahu non ha mai accettato l'accordo. E non se ne fece mai nulla. Nel frattempo, nel 2013, Bennett e altri 42 membri della Knesset hanno votato a favore di un progetto di legge, preparato dagli avvocati di Yediot, che avrebbe costretto la chiusura totale di Israel Hayom. Tutti e 43 i legislatori hanno ricevuto una copertura positiva da Yediot. Sulla scia del voto, Netanyahu ha sciolto il suo governo e la Knesset, precipitando nuove elezioni, al fine di bloccare l'avanzamento del disegno di legge nel processo legislativo.

Mentre l'accusa ha incriminato Netanyahu per violazione della fiducia per aver parlato con il proprietario di Yediot, ha rifiutato persino di aprire un'indagine contro i 43 membri della Knesset.

Infine, Netanyahu è stato accusato di violazione della fiducia per aver accettato regali dai suoi amici. Questo, nonostante il fatto che la legge israeliana permetta ai politici di ricevere regali dagli amici, e richieda semplicemente ai politici di restituire i regali o pagare una multa se il procuratore generale determina che non erano effettivamente "regali" da "amici" secondo la legge pertinente.

Il problema con la determinazione di Mandelblit delle relazioni di Netanyahu con i suoi amici, come le sue altre determinazioni in relazione alle indagini penali che ha ordinato contro Netanyahu, è che le sue motivazioni sono sempre state sospette. Il suo ossessivo perseguitare Netanyahu puzzava di secondi fini.

Martedì scorso, Mandelblit ha rivelato le sue motivazioni al pubblico con la trasmissione alla televisione israeliana della trascrizione di una conversazione avuta un mese fa riguardo al processo Netanyahu.

Mandelblit ha sostenuto che Netanyahu doveva essere estromesso dal potere perché era "un pericolo per la democrazia".

Netanyahu metteva in pericolo la democrazia israeliana, secondo Mandelblit, perché cercava di imporre controlli ed equilibri sulla fraternità legale di Israele - i giudici della Corte Suprema, il procuratore generale e la procura di stato. Nell'ultima generazione, tutti e tre i bracci della fraternità legale si sono arrogati i poteri dell'esecutivo e del legislativo. Attraverso il fiat, hanno effettivamente cancellato tutti i controlli legislativi ed esecutivi sul loro potere. Il mezzo più potente che i giudici e gli avvocati hanno usato per realizzare la loro presa di potere è stato il loro sequestro del potere del governo per nominare se stessi.

Netanyahu rappresentava una minaccia alla "democrazia", secondo Mandelblit, perché intendeva ripristinare il potere del governo di nominare i giudici e il procuratore generale, e imporre limiti ai poteri dei pubblici ministeri.

Mandelblit si è riferito alla lotta della fratellanza legale con Netanyahu come a una "guerra" - in effetti, come un conflitto esistenziale. La sua decisione di incriminare Netanyahu è stata resa necessaria dalle esigenze di questa guerra.

Nelle sue parole, "Questa [incriminare Netanyahu] è una decisione con cui ho avuto difficoltà... ci siamo trovati improvvisamente in una guerra sulla legittimità del procuratore generale, il DNA del popolo ebraico e lo Stato di Israele".

Secondo Mandelblit, in questa fatidica lotta, Dio onnipotente in persona ha avuto la meglio. "La grazia del cielo ci ha salvato da Netanyahu".

La scioccante dichiarazione di Mandelblit ha dimostrato che il suo caso contro Netanyahu non ha nulla a che fare con la legge. È interamente politico. Il procuratore generale d'Israele ha guidato un colpo di stato di avvocati senza legge il cui unico obiettivo era quello di spodestare un primo ministro democraticamente eletto per preservare i poteri extra-legali che la fratellanza legale si è impadronita nel corso dei decenni.

Forse l'aspetto più notevole della dichiarazione di Mandelblit è che al di fuori del partito Likud di Netanyahu, non ha suscitato alcuna protesta significativa. Nel complesso, i politici hanno ricevuto la dichiarazione di Mandelblit in silenzio. La ragione di ciò è abbastanza chiara. La testimonianza di Hefetz ha messo a nudo la brutale verità: la confraternita legale non eletta di Israele, che in nome della "democrazia" non accetta limiti al suo potere, non si fermerà davanti a nulla per preservarlo. Sfidatelo, anche in modo limitato, ed esso distruggerà voi e tutti quelli che amate.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » dom dic 19, 2021 10:37 am

Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו
12 dicembre 2021

https://www.facebook.com/Netanyahu/post ... 4613287076

In risposta alla scandalosa decisione del Comitato dei Ministri:
Questa è una decisione politica, scandalosa e irresponsabile che è stata cucita in anticipo, ed è motivo della moglie del capo del governo Israele ex Netanyahu e dei suoi figli.
Contrariamente a quanto riportato, la commissione ha completamente ignorato l'esperienza di coscienza professionale dell'unità di sicurezza dell'ufficio del premier "difensore", responsabile della sicurezza della moglie e dei figli dell'ex premier, e deman ded la loro continua sicurezza. L'unità "Protettrice" ha stabilito che i venti estremi in alcune parti del pubblico stanno mettendo in pericolo la sicurezza della moglie e dei figli dell'ex primo ministro e ne chiedono la sicurezza continua secondo la decisione originale del comitato sulla securi Ty conta. La decisione professionale di questo comitato è stata abrogantemente annullata dal Comitato dei Ministri guidato da Matan Kahana, pochi giorni dopo aver ricevuto il potere.
Tutti con gli occhi in testa vedono sui social il potere di incitamento e minacce contro la moglie dell'ex primo ministro Sara Netanyahu e i suoi figli Yair e Avner. Tali minacce esplicite di omicidio dei familiari Netanyahu sono state pubblicate solo ieri sui social media.
Neanche un pizzico di queste minacce questo comitato politico ha organizzato per Idit Silman, Matan Kahana, Ayelet Shaked Gideon Saar e persino Tamar Zandberg e Mirav Michaeli un esercito di guardie giurate, ma la famiglia Netanyahu viene buttata sotto le ruote.
L'odio per Netanyahu sta muovendo le persone al punto da essere disposte a mettere in pericolo la vita di sua moglie e dei suoi figli.
Irrequieto. Uno scandalo come nessun altro!
L'indirizzo è sul muro.
E il più assurdo - nel giorno in cui questo governo di sprechi nomina un altro viceministro del nulla a costo di milioni all'anno a spese del pubblico, si predica agli altri. Vergognatevi.
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » lun gen 17, 2022 9:55 pm

Israele: folla seguaci di Netanyahu in piazza contro Bennett
Medio Oriente
(ANSAmed) - TEL AVIV, 08 DIC 2021

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... a9f93.html

Migliaia di israeliani hanno affollato la scorsa notte una piazza centrale di Tel Aviv in una manifestazione indetta da svariate forze di destra, fra cui il Likud, contro la coalizione di governo di Naftali Bennett che si avvale del sostegno di otto partiti di varia colorazione politica.

"Bennett è pericoloso per Israele" hanno scandito i dimostranti, che hanno così rilanciato un messaggio lanciato in precedenza su Facebook da Benyamin Netanyahu.

Questi aveva sostenuto che "Bennett si è venduto agli islamici", dopo aver ottenuto il sostegno parlamentare del partito arabo Ra'am.
I dimostranti hanno esposto un fotomontaggio dal titolo 'Fake minister' (premier fasullo) composto per metà dal volto di Bennett e per metà da quello del leader di Ra'am, l'islamico Mansur Abbas.
Netanyahu non era in piazza, ma ha rilanciato la manifestazione in diretta su Facebook. Mentre il processo nei suoi confronti per corruzione e frode prosegue a Gerusalemme, il deputato Shlomo Karhi (Likud) ha detto alla folla che occorre "chiudere in una gabbia di ferro" il Procuratore generale Avihai Mandelblit reo, a suo parere, di aver incriminato ingiustamente l'ex premier. (ANSAmed).
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Re: I criminali magistrati sinistrati contro Netanyahu

Messaggioda Berto » lun gen 17, 2022 9:56 pm

Israele: 'maggioranza contro patteggiamento Netanyahu'
Agenzia ANSA
ANSA) - TEL AVIV, 17 GEN - 2022

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... fa450.html

(La maggioranza degli israeliani si oppone alla possibilità che ci sia un accordo di patteggiamento tra la Procura Generale e l'ex premier Benyamin Netanyahu per l accuse di corruzione, frode e abuso di potere nei 3 processi a suo carico in Tribunale a Gerusalemme.

Lo indicano vari sondaggi effettuati dai media mentre si infittiscono i contatti tra i legali dell'ex premier e la Procura per giungere ad un accordo che, tuttavia, resta ancora problematico.

Secondo la ricerca della tv Kan, il 49% del campione si è detto convinto che debba essere il Tribunale a raggiungere una decisione sul caso contro un 28% crede che sia diritto di Netanyahu ottenere un patteggiamento. Altri sondaggi di differenti media danno la percentuale dei contrari tra il 46 e il 51%. La difficoltà principale della possibile intesa è legata alla volontà del Procuratore Generale Avichai Mandelblit di prevedere nel patteggiamento il principio della "condotta disonorevole" che impedirebbe a Netanyahu di proseguire l'attività politica. Decisamente contrario invece quest'ultimo che pur dichiarandosi colpevole per frode e abuso di potere non accetterebbe la corruzione e quindi l'ostracismo politico. La mediazione - attuata dall'ex presidente della Corte Suprema Aharon Barak - punta all'accordo, lasciando ad una successiva decisione dei giudici del Tribunale la scelta finale sulla "condotta disonorevole". Intanto prosegue la colletta aperta del web a favore di Netanyahu e le sue spese: ad oggi - secondo i media - si è arrivati a quasi 2 milioni e mezzo di shekel (quasi 750 mila euro) con 13 mila offerte. Somma di cui però l'ex premier non può disporre finchè non sarà autorizzato dalla Knesset. (ANSA).


Israele, Netanyahu verso il patteggiamento nel processo per corruzione
Rossella Tercatin
17 gennaio 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 334204776/

GERUSALEMME – Il prossimo terremoto politico in Israele potrebbe arrivare dalle aule dei tribunali. Benjamin Netanyahu, ex primo ministro e attualmente capo dell’opposizione, nonché del primo partito alla Knesset, con 30 parlamentari su 120, nei prossimi giorni potrebbe accettare un patteggiamento per i casi giudiziari che lo vedono imputato, lasciare la politica e indirettamente innescare una crisi di governo a pochi mesi dalla sua formazione.

Netanyahu è stato il primo premier in carica a essere ufficialmente incriminato per corruzione, a partire dal gennaio 2000 (d’altronde, Israele vanta un altro ex primo ministro che per corruzione ha passato diversi anni in carcere, Ehud Olmert che però si dimise prima che le accuse fossero formalizzate). Attualmente Bibi è imputato in tre processi, due dei quali incentrati su un qui pro quo per ottenere copertura mediatica favorevole. In quello che è noto come il Caso 4000 – considerato il più grave - l’ex primo ministro è accusato di aver favorito gli interessi del potente proprietario del colosso delle comunicazioni Beseq Shaul Elovitch in cambio di un cambio di rotta sul suo conto del sito di informazione Walla.

Nel Caso 2000 invece, Netanyahu avrebbe negoziato un accordo – mai concretizzatosi - con Arnon Mozes, editore di Yediot Ahronot (il più venduto quotidiano israeliano) per indebolire la concorrenza del free press Yisrael Hayom – finanziato dal miliardario americano e sostenitore di Bibi Sheldon Adelson, scomparso un anno fa, sempre finalizzato ad articoli più positivi. Il Caso 1000 infine vede il leader del Likud difendersi dall’accusa di aver ricevuto doni costosi e altri benefici da diversi miliardari in cambio di favori nei loro confronti. Il possibile patteggiamento prevedrebbe la caduta delle accuse più gravi – in particolare quella per corruzione – con Netanyahu che invece si dichiarerebbe colpevole di frode e abuso di potere. Non andrebbe in prigione, ma riceverebbe alcuni mesi di servizi sociali.

A rappresentare però una vera e propria rivoluzione politica sarebbe l’ammissione, da parte di quello che è stato premier più longevo della storia di Israele, di essere colpevole di “turpitudine morale” che gli costerebbe l’interdizione dai pubblici uffici per sette anni. Una pausa forzata da cui a 72 anni, anche un leader di razza come lui farebbe fatica a riprendersi. I tempi per negoziare l’accordo non sono lunghi. L’incarico dell’attuale procuratore generale di Israele Avichai Mandelblit termina il primo febbraio dopo sei anni, e ancora non è chiaro chi sarà il suo successore e quale potrà essere la sua posizione in merito a un eventuale patteggiamento. Mentre Netanyahu si consulta con familiari e consiglieri per decidere il da farsi, alleati e oppositori fremono.

Negli ultimi anni, la figura di Bibi ha rappresentato il cuore dello scontro politico in Israele. La sua indisponibilità a farsi da parte ha spaccato la destra tra coloro – la maggioranza – che gli sono rimasti fedeli a tutti i costi, anche a fronte di processi e accuse, e coloro che invece non hanno accettato di sostenere un leader in tribunale. Nel corso di quattro elezioni in due anni, questa divisione ha impedito la formazione di un governo di destra che poteva contare su una solida maggioranza elettorale, aprendo la via all’attuale coalizione, che conta sul sostegno tre partiti di destra – Yemina, che esprime il premier Naftali Bennett, Nuova Speranza e Yisrael Beytenu – accanto a formazioni centriste e di sinistra, nonché a un partito arabo.

E tuttavia, se Bibi lasciasse la politica, aprendo la via a un nuovo leader per il Likud, gli equilibri potrebbero cambiare, con la possibilità di dare vita a un gruppo meno eterogeneo. Se questo dovesse accadere, sono in molti, analisti e parlamentari, a scommettere che la maggioranza si sfalderebbe subito. “Tutti i vari esperti, con i loro grafici e scenari, possono stare tranquilli,” ha dichiarato Bennett aprendo l’ultimo Consiglio dei ministri, commentando le voci sul possibile accordo di patteggiamento. “Il governo di Israele sta lavorando e continuerà a lavorare in modo silenzioso ed efficace, giorno dopo giorno, per i cittadini di Israele".




Riprendiamo dal FATTO Quotidiano di oggi, 03/10/2019, a pag.19 con il titolo "Netanyahu: niente governo, niente immunità", l'articolo di Fabio Scuto.
Informazione Corretta
19 marzo 2019

https://www.informazionecorretta.com/ma ... 0&id=76155

Quello di oggi di Fabio Scuto è l'ennesimo articolo contro Israele sul quotidiano vicino ai 5 stelle. Il pezzo trasuda risentimento contro Israele e Netanyahu in ogni riga e ricostruisce le accuse contro il leader del Likud dando per scontato che sia colpevole. Il risultato è un articolo-processo, nello stile del quotidiano diretto da Marco Travaglio, in cui Scuto si erge a giudice di Netanyahu e riporta i pettegolezzi più screditati. Ecco di seguito l'analisi dei quattro capi d'accusa pubblicata da IC in data 01/10/2019 (http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=76134):

1. Il leader del Likud avrebbe ricevuto sigari cubani e un gioiello per la moglie (comprato dalla gioielleria Stern all'aeroporto) dal produttore miliardario di Hollywood Arnon Milchan, un vecchio amico dai tempi in cui Bibi era Ambasciatore in America, in cambio di esenzioni fiscali che non si sono in ogni caso realizzate. È una colpa avere per amico un miliardario?

2. Netanyahu avrebbe discusso con il proprietario del giornale Yedioth Aharonoth, Arnon Moses, della possibilità di convincere Sheldon Adelson, proprietario del giornale vicino a Netanyahu Israel Hayom, a ridurre la tiratura in cambio di un trattamento migliore sullo stesso Yedioth Aharonoth. Un dialogo avvenuto pubblicamente, di cui tutti gli israeliani erano al corrente, risoltosi in nulla.

3. Netanyahu avrebbe favorito la fusione tra la rete satellitare Yes e la compagnia di telecomunicazioni Bezeq in cambio di un trattamento di favore sul sito Walla News, dello stesso proprietario di Bezeq, Shaul Elovitch. Come al punto 2, dialoghi pubblici e non segreti, avvenuti ben sapendo che erano a conoscenza di tutti.

4. Netanyahu e la moglie Sara avrebbero compiuto spese private con denaro pubblico (per somme peraltro minime, circa 200 dollari). La denuncia è stata fatta da un cameriere che era stato licenziato.
Tutte queste accuse sono inconsistenti: se si tratta di corruzione, allora sono corrotti tutti quelli che svolgono politica, anche nel modo più onesto. Per questo Netanyahu ha chiesto di trasmettere in tv le accuse, così che tutti gli israeliani possano rendersi conto delle stesse.

Ecco l'articolo:

Gerusalemme Quell'aura di vincitore non c'è più, svanita come l'amicizia personale con i potenti della Terra, a cominciare da Donald Trump. Sta per gettare la spugna nelle trattative di governo mentre è iniziata la procedura per metterlo in stato d'accusa. Ieri, mentre gli avvocati del Primo Ministro Benjamin Netanyahu erano al Ministero della Giustizia per convincere il Procuratore Generale che il premier non ha commesso alcun illecito nei suoi tre casi di corruzione, il leader israeliano stava incontrando i suoi alleati, i capi delle fazioni della destra. Con loro ha fatto il punto della situazione a una settimana dall'incarico di governo. Nessun progresso. La sua coalizione è sempre ferma a 55 seggi, ben lontana dai 61 della maggioranza. Il leader di Kahol Lavan Benny Gantz si è ritirato dai colloqui per formare un governo di unità nazionale, come auspicato dal presidente Reuven Rivlin. Netanyahu ha posto delle condizioni inaccettabili per Gantz e i suoi sostenitori; chiedeva un premierato a rotazione, una legge sull'immunità e mantenere i privilegi peri partiti religiosi suoi alleati. Sono bastati due incontri fra gli "sherpa" dei due schieramenti per capire che il negoziato con Bibi è impossibile. Apparentemente i leader della Destra non hanno deciso se Netanyahu debba restituire il mandato per formare il governo al presidente Reuven Rivlin. Le dichiarazioni sono bellicose. La leader di Yamina, Ayelet Shaked, sostiene che il blocco di destra rimane "resistente come il cemento". Ma lo stallo è evidente, il negoziato è fallito. Di questo fallimento Kahol Lavan incolpa Netanyahu. "Questa non è una trattativa, è un discorso sordo e non ha senso continuare finché le condizioni rimangono le stesse". Per una singolare coincidenza l'orario di appuntamento per il nuovo round negoziale, poi cancellato, era lo stesso in cui la squadra di avvocati di Netanyahu entrava a Palazzo di Giustizia per la prima delle udienze preliminari per i casi 4000, 1000 e 2000. Netanyahu potrebbe essere imputato per frode e violazione della fiducia (punibile fino a 3 anni) e corruzione (punibile fino a 10 anni). Bibi sostiene di essere vittima di una "caccia alle streghe" orchestrata dai media e della sinistra per eliminarlo politicamente. IL CASE4000 sostiene che Netanyahu ha concesso favori alla principale società di telecomunicazioni israeliana privata, Bezeq Telecom Israel, in cambio di una copertura positiva per lui e sua moglie Sara su un sito web di notizie controllato dall'ex presidente della società. Il case 1000 sostiene che Netanyahu e sua moglie hanno ricevuto ricchi doni da Arnon Milchan, un importante produttore di Hollywood e cittadino israeliano, e dal miliardario australiano James Packer: champagne, sigari, soggiorni in hotel superlusso, viaggi aerei. Nel case 2000, il premier è accusato di aver cercato di negoziare un accordo con il proprietario del quotidiano israeliano più venduto, Yedioth Ahronoth, per una migliore copertura sul suo operato di governo. In cambio ha offerto una legge che avrebbe rallentato la crescita di un quotidiano rivale, Israel Hayom, che tutti in Israele chiamano "la Pravda di Bibi", di proprietà del miliardario Usa Sheldon Adelson. Le udienze preliminari offrono alla squadra legale del premier di confutare le potenziali accuse e di convincere il procuratore generale a scartarle o ridurle. Non è chiaro se Netanyahu parteciperà alle prossime audizioni. Il Procuratore dovrebbe decidere entro la fine di dicembre il rinvio a giudizio. Ciò che sembra escluso è un eventuale patteggiamento sulle accuse.
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