L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » dom mar 28, 2021 5:59 pm

L'ONU internazi comunista e nazi maomettano antisemita e antisionista
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La Corte Penale Internazionale contro Israele, Corte antisemita internazi comunista e filo nazi maomettana.
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Demenziali e fanatici ebrei antisionisti
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Soros l'ex ebreo e altri ebrei infami che odiano Israele
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Ebrei e non più ebrei che odiano gli ebrei e Israele
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane, razziste, antisraeliane e antisemite, antidemocratiche e castuali, che violano e calpestano i diritti umani naturali e universali, civili e politici dei nativi e cittadini italiani ed europei.
L'orrore degli ebrei di sinistra che sostengono e promuovono il nazismo maomettano.

Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e nazi cristiano)
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L'orrore dei cristiani antiebrei e pronazismo islamico
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L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » dom mar 28, 2021 6:01 pm

I danni della risoluzione "antisionista" 3379 dell'Onu e della propaganda sovietica
L'Informale
Niram Ferretti
18 Dicembre 2015

http://www.linformale.eu/i-danni-della- ... vietica-2/

Il 19 maggio 2015 moriva improvvisamente a Roma, dove era in visita, Robert Wistrich, uno dei massimi studiosi mondiali di antisemitismo. Wistrich, tra libri e articoli, ha dedicato migliaia di pagine al fenomeno in tutte le sue ramificazioni. Riguardo ad esso aveva una visione del futuro improntata al massimo realismo. Vedeva con lucidità il profondo legame tra radicalismo islamico e antisemitismo, così come sottolineava che il nuovo antisemitismo avesse assunto il volto dell’antisionismo, soprattutto dopo il 1975, quando le Nazioni Uniti bollarono il sionismo come una forma di razzismo. Purtroppo questa risoluzione, anche se revocata nel 1991, ha provocato danni giganteschi imponendo a Israele un’immagine radicalmente distorta che ancora oggi, in buona parte delle’opinione pubblica, è collegata allo stato ebraico.

La storia e il retroscena della risoluzione 3379 ci aiutano a comprendere il ruolo dell’antisemitismo nell’ambito della politica internazionale. Chi operò affinché la risoluzione passasse? L’Unione Sovietica in amorevole combutta con gli stati arabi. La vittoria di Israele durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967 fu un duro colpo per l’Unione Sovietica, la quale aveva preso sotto la sua egida l’OLP confidando di potere usare la causa palestinese per condurre gli stati arabi nella propria sfera di influenza, cosa che effettivamente avvenne in parte, in modo particolare con la Siria e l’Egitto.

L’espulsione dei consiglieri sovietici dall’Egitto, gli accordi tra Israele ed Egitto del 1973 e quelli tra Israele e Siria nel 1974 furono tra le cause che spinsero l’Unione Sovietica e l’OLP a pianificare l’espulsione di Israele dalle Nazioni Unite per rimpiazzarlo con l’organizzazione palestinese.
I simili attirano i simili, e tra i promotori dell’iniziativa di espulsione ci fu anche l’allora dittatore ugandese Idi Amin, il quale, all’assemblea generale del 1 ottobre 1975 invitò gli Stati Uniti a liberarsi dai sionisti e creare le condizioni affinché i “veri cittadini” della Palestina potessero autodeterminarsi. Un po’ come aveva fatto lui con gli ugandesi.

In buona compagnia di Amin, l’Unione Sovietica (insieme all’OLP) si adoperò affinché il sionismo venisse condannato. Il primo passo venne compiuto con la risoluzione del dicembre del ’73 durante un’assemblea generale il cui focus era l’apartheid sudafricano, e si stigmatizzava “L’indecente alleanza tra il colonialismo portoghese, il razzismo sudafricano, il sionismo e l’imperialismo israeliano”.

Il trucco è, come sempre, linguistico. Si mischiano a dovere le carte, si stigmatizzano il razzismo sudafricano e il colonialismo portoghese e inserendovi nel mezzo Israele lo si rende partecipe sia dell’uno, sia dell’altro.

Ma la condanna vera e propria avvenne più tardi, nel luglio del ’75 a Città del Messico durante la conferenza internazionale dell’Anno delle Donne indetta dalle Nazioni Unite. Il testo redatto proclamava stentoreamente che la pace richiedeva “L’eliminazione del colonialismo, del neocolonialismo, l’occupazione straniera, il sionismo, l’apartheid e la discriminazione razziale in tutte le sue forme”. Nell’agosto dello stesso anno, a Kampala, l’organizzazione dell’Unità Africana rincarò la dose associando il regime razzista in Zimbabwe al “regime” israeliano, entrambi originati dall’imperialismo. Il termine “Imperialismo” era , insieme a “capitalista”, “sfruttatore dei lavoratori”, “nemico del popolo” ecc. uno dei feticci lessicali preferiti della formidabile macchina propagandistica sovietica.

Grazie alla ferma opposizione americana, Israele non venne né espulso né sospeso dalle Nazioni Uniti ma ciò non impedì che il 16 ottobre del 1975 e il 10 novembre successivo, l’Assemblea generale passasse la risoluzione 3379 la quale dichiarava che “Il sionismo è una forma di razzismo e discriminazione razziale”. Risoluzione appoggiata a maggioranza di 75 contro 35 dall’Unione Sovietica e dagli stati arabi.

Ora qui c’è da fare una parentesi non a favore di Israele né del mondo ebraico e che riguarda la sottovalutazione della risoluzione. L’atteggiamento generale fu quello di dire, “Sì, è accaduto un fatto grave ma non qualcosa di così compromettente”. Quanto questa sottovalutazione sia stata miope lo hanno poi mostrato gli anni a venire. La risoluzione 3379 sarebbe diventata una potente arma di propaganda contro lo stato ebraico usata a più non posso dai suoi detrattori. Già nel 1976 e nel 1977, in Gran Bretagna, otto unioni studentesche avevano fatto propria l’equiparazione sionismo=razzismo partorita dalla risoluzione. Questa equiparazione sarebbe penetrata rapidamente all’interno del mondo accademico. Il suo effetto deleterio dura ancora ai nostri giorni. Va notato come, a seguito dell’approvazione della risoluzione, l’ONU con passo spedito inizio a produrre altre risoluzioni contro Israele. Nel periodo dal 1969 al 1972 il ritmo fu di quattro risoluzioni all’anno. Durante il periodo dal 1973 al 1978 si arrivò a sedici all’anno e nel 1982 ci fu un balzo in avanti deciso, con quarantaquattro risoluzioni. All’interno dell’ONU, dove era riuscito a rimanere nonostante il progetto iniziale di espulsione arabo-sovietico, Israele veniva considerato una sorta di stato paria.

Questo effetto domino determinò il progressivo mutamento di atteggiamento da parte di Israele nei confronti della risoluzione e la decisione di agire per la sua rimozione, cosa che non fu facile e che accadde in virtù dell’intervento decisivo degli Stati Uniti da parte dell’amministrazione Bush. Nel settembre del 1991 George H. W. Bush, rivolgendosi all’Assemblea Generale dell’ONU, affermò perentoriamente la necessità di abrogare la risoluzione 3379, sottolineando come il sionismo non fosse una dottrina politica ma l’idea che aveva condotto alla creazione dello stato di Israele. Sottolineò altresì la flagrante contraddizione in cui si trovava coinvolto l’ONU, il quale non poteva da una parte dichiarare di cercare la pace e dall’altra mettere in discussione lo stesso diritto all’esistenza di Israele. Ma non fu certo l’esortazione etica di Bush a determinare l’abrogazione della risoluzione, quanto l’istruzione data a tutti gli ambasciatori statunitensi di fare presente agli stati facenti parte dell’ONU che una loro mancata adesione all’abrogazione della risoluzione avrebbe potuto compromettere i legami con gli Stati Uniti. Questa fu la ragione che determinò il successo dell’abrogazione.

Purtroppo, dopo sedici anni, la risoluzione 3379 aveva abbondantemente determinato i suoi effetti perniciosi. Il potere dello stigma è grande, penetra in profondità nelle coscienze e lascia effetti duraturi. Nonostante la riabilitazione successiva, Israele era stato collettivamente marchiato, e di nuovo attraverso un numero di protocollo, come quelli timbrati sulle braccia dei deportati nei campi di concentramento. Ai nostri giorni l’equiparazione di sionismo e razzismo continua, a dimostrazione del grande successo conseguito dalla risoluzione.

Robert Wistrich non ha mai smesso, nel corso di una vita dedicata allo studio dell’antisemitismo nelle sue molteplici forme, di sottolineare come l’antisionismo sia una forma aggiornata di antisemitismo e come l’odio per Israele nasca soprattutto dall’odio per gli ebrei. La scellerata alleanza della Unione Sovietica con l’OLP e gli stati arabi per demonizzare Israele non nasceva da parte sovietica dall’antisemitismo, ma trovava, nell’ampio credito che esso aveva all’interno del mondo arabo, una fortissima e perdurante adesione. La stessa che permane oggi.




La Risoluzione 2334. Israele come bersaglio
Progetto Dreyfus
Niram Ferretti
29 Dicembre 2016


https://www.progettodreyfus.com/la-riso ... bersaglio/

L’imboscata fatta dall’Amministrazione Obama a Israele è l’ultimo atto di una lunga ostilità. La nuova scandalosa risoluzione, un regalo all’Autorità Palestinese dopo la risoluzione Unesco del 13 ottobre, certifica, tra le altre cose, che il quartiere ebraico di Gerusalemme e il Muro del Pianto sono territorio occupato. Basterebbe questo obbrobrio per rigettarne in blocco e con fermezza l’intero impianto. Quando si afferma che la presenza degli ebrei in un quartiere dove hanno dimorato per più di mille anni è abusiva, ed è abusiva anche là dove vi è il luogo più sacro dell’ebraismo, cosa c’è ancora da aggiungere?

D’altronde una cosa va subito detta. Trattasi di premessa fondamentale. Fin dagli anni ’60, l’ONU, sotto l’influenza compatta dell’allora blocco arabo-sovietico con l’aggiunta del NAM (gli stati non allineati) e della quarantina di stati africani tra cui pescare con successo adesioni alla comune causa antisionista, si è trasformato progressivamente in un potente (per risonanza mediatica) tribunale il cui più assiduo e principale accusato è stato persistentemente Israele. E se Daniel Patrick Moynihan, divenuto ambasciatore degli Stati Uniti all’ONU negli anni ‘80 avrebbe scritto nelle sue memorie del proprio stupore nell’appurare che lo Stato ebraico “fosse il fulcro della vita politica delle Nazioni Unite”, non c’è poi da stupirsi se questo fulcro sia stato mantenuto fisso negli anni, anche dopo la scomparsa dell’antisionismo di matrice sovietica. In scena, infatti, nonostante il venire meno di uno degli agenti principali e più virulenti della propaganda antiisraeliana insieme all’ampia compagine di stati arabi, è rimasto intatto e si è ulteriormente incrementato un apparato che continua a funzionare a pieno ritmo.

La risoluzione 2334 approvata venerdì dal Consiglio di Sicurezza, e che gli Stati Uniti hanno vergognosamente avallato è, sotto questo aspetto, solo una di una lunga serie. Di fatto mette nuovamente Israele con le spalle al muro e lo fa, da parte americana, nel corso delle ultime tre settimane di una Amministrazione uscente la quale non avendo più nulla da perdere, invece di muoversi con cautela e tatto, agisce in modo vile e spregiudicato.

Barack Obama ha fatto degli insediamenti nella West Bank la sua personale ossessione relativamente al conflitto più lungo del dopoguerra. La scelta americana di non porre il veto al Consiglio di Sicurezza è l’ultimo tassello in ordine di tempo di una lunga e fallimentare strategia politica mediorientale, iniziata nel 2009 con il celebre discorso tenuto al Cairo, in cui il neoeletto presidente americano dichiarava già la necessità di un congelamento degli insediamenti come prerequisito per la pace. Da allora la questione è diventato un vero e proprio feticcio ideologico fondato sulla irrealistica convinzione che il loro congelamento totale sia il prerequisito necessario a una negoziazione che possa produrre quella pace che non è mai arrivata. Che ciò sia palesemente falso lo dimostrano tutti i tentativi di negoziazione precedenti, come ha recentemente ricordato in un lungo articolo su Middle East Forum, Steven J. Rosen. Rosen sottolinea come Mahmoud Abbas abbia partecipato a diciotto anni di negoziazioni con sette diversi governi israeliani senza che il congelamento degli insediamenti fosse stato mai richiesto come precondizione necessaria al loro avvio. Il fallimento di tutte queste negoziazioni non dipese mai dalla questione degli insediamenti ma dalla indisponibilità palestinese ad accettare le proposte avanzate da Israele, fino alla più vantaggiosa di tutte, il “pacchetto” Olmert del 2008, quando l’allora Primo Ministro israeliano offrì alla controparte un ritiro pressoché completo dalla West Bank consentendo a Israele di tenersi il 6.3 % dei territori, da compensarsi con un 5.8 % di terreni israeliani. A questa offerta, venne aggiunto il ritiro israeliano dai quartieri arabi di Gerusalemme Est e la disponibilità a cedere il controllo della Città Vecchia a una apposita autorità internazionale.

La Risoluzione 2334 mina alle fondamenta ogni possibilità di pace, radicalizzando la questione su un aspetto del tutto secondario rispetto a quello fondamentale, il principale ostacolo a ogni tentativo di pace, precedente la guerra di Indipendenza del 1948 ad oggi, la ferma indisponibilità araba a riconoscere la legittimità dello Stato ebraico, il suo diritto all’esistenza. Non vi sono altre precondizioni necessarie a una negoziazione autentica se non questa, che Israele ha sempre avanzato e non ha mai ottenuto. Senza di essa tutto il resto è vacillante.

Con la sua scelta, Barack Obama conferma ulteriormente la profonda cecità politica che ha caratterizzato nelle sue strategie mediorientali la sua Amministrazione. Essa ha operato attivamente per disarticolare la principale alleanza americana nella regione portando acqua alle “ragioni” del terrorismo palestinese, a cui, l’ultima risoluzione ONU, offre su un piatto d’argento rinnovati e perenni alibi.




La bancarotta morale dell'ONU
Niram Ferretti
14 Giugno 2018

http://www.linformale.eu/lonu-e-la-sua- ... ta-morale/

Come da copione l’assemblea plenaria dell’Onu ha approvato ieri una risoluzione che condanna Israele per “uso eccessivo, sproporzionato e indiscriminato della forza”, in merito ai fatti avvenuti al confine tra Israele e Gaza dal 30 di marzo scorso a oggi. Hanno votato compatti contro Israele 120 paesi. Solo 8 hanno rigettato il documento. Si è trattato degli Stati Uniti, di Israele, dell’Australia, delle isole Marshall, della Micronesia, del Nauru, del Togo e delle isole Solomon.

Non deve suscitare sarcasmo eccessivo il fatto che a presentare la risoluzione siano stati due paesi islamici, di cui uno, campione di diritti umani, la Turchia, e l’altro l’Algeria. Dopotutto è ordinaria amministrazione all’Onu dal 1967 che Israele sia preso di mira da dittature, satrapie, regimi genocidi, soprattutto arabi e allora alleati con l’ex Unione Sovietica. E’, appunto, una vecchia e consolidata storia. La bancarotta morale dell’Onu è così platealmente grottesca da evocare immediatamente Aristofane o Jonathan Swift come i più adatti per poterne raccontare i fasti.

“Di tutte le guerre dell’ONU quella che esercitata contro Israele è stata sotto molti aspetti la più persistente, insidiosa e nociva…incarnando un vergognoso doppiopesismo il quale ha manifestato uno sfrenato odio che non lascia alcun posto per un giudizio equilibrato o per la ricerca di una soluzione equa” affermava nel 1986 Alan Keyes assistente del Segretario di Stato americano per le organizzazioni internazionali. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma per quanto riguarda Israele, si tratta sempre della stessa morta gora.

E così, anche questa volta abbiamo assistito al medesimo spettacolo, con l’aggravante che l’emendamento alla Risoluzione proposto dagli Stati Uniti, in cui Hamas veniva chiamato in causa, non è passato a causa di espedienti procedurali.

L’ONU ha così stabilito che Israele non ha il diritto di difendersi dai terroristi camuffati da manifestanti, i quali, il 30 di marzo, e in modo particolare il 14 di maggio, data in cui la risposta di Israele è stata la più massiccia, con 62 morti palestinesi, di cui 52 rivendicati da Hamas come propri membri, hanno tentato di introdursi nel suo territorio. La loro morte sarebbe dovuta a un uso “eccessivo e indiscriminato della forza”, come recita la risoluzione in spregio a ogni logica. Se su 40,000 manifestanti Israele ne uccide 62, di cui la maggior parte sono dichiarati da Hamas stesso come appartenenti all’organizzazione, ciò non può che evidenziare l’estrema precisione della risposta israeliana. Ma per la risoluzione confezionata dalla Turchia la quale può massacrare impunemente i civili curdi ad Afrin senza che l’Onu batta ciglio e dalla liberale Algeria e fatta propria dal plenum dell’assemblea generale, si tratterebbe invece di uso “indiscriminato” della forza.

All’Onu, la logica e la verità, quando in ballo è Israele, si inabissano come il Titanic. “La sessione di oggi riguarda il nostro diritto di difendere il nostro popolo” ha dichiarato Danny Danon, l’ambasciatore israeliano all’ONU, “La risoluzione che avete davanti a voi non protegge i palestinesi innocenti, non protegge gli israeliani innocenti, non condanna e non menziona neppure Hamas, l’organizzazione terroristica internazionalmente riconosciuta e direttamente responsabile della violenza nella nostra regione”.

Certo, è così. L’automatismo di condanna contro Israele che gli sottrae il diritto alla difesa che nessuno degli stati che hanno votato la risoluzione, compresi quelli che si sono astenuti, negherebbe mai a se stesso, è nuovamente, se ce ne fosse ancora bisogno, l’enunciazione della completa mancanza di credibilità politica e di autorevolezza morale di una istituzione la cui logica intrinseca è, da cinquanta anni, di accanirsi senza sosta contro lo Stato ebraico.

L’Onu è questa baracca monumentale, inutile, palcoscenico di lestofanti genocidi che danno lezione di morale, di terroristi che vengono invitati ad arringare folle plaudenti, come Arafat nel lontano 1974 quando si presentò con la pistola, travestito da guerrigliero, e l’allora segretario Onu, Kurt Waldheim si prese la briga di custodirgli lui l’arma. La guerra di Yom Kippur c’era appena stata, e Israele era riuscito a farcela anche quella volta. Una serie di vittorie imperdonabili. Non si perdona ai vincitori, soprattutto quando si ha la possibilità di riscrivere la storia, di confezionare un interminabile romanzo criminale su di loro accusandoli di ogni nefandezza. E ora di nuovo si condanna Israele per non avere ammesso al proprio interno la stessa feccia che ha massacrato la folla al Bataclan, che ha sparato sui vignettisti di Charlie Hebdo, che ha ammazzato adolescenti inglesi a un concerto a Manchester e così via. “Uso eccessivo, sproporzionato e smisurato della forza”. Gente per cui, la vita di un ebreo, specialmente se israeliano, vale meno di quella di un cane, (e bisognerebbe sapere quale considerazione hanno i musulmani per i cani). E 120 paesi votano a favore e 45 si astengono. Non c’è bisogno di un emetico.





Israele: “Le risoluzioni Onu non fanno che perpetuare il conflitto israelo-palestinese”
Israele.net
Approvata di nuovo alle Nazioni Unite una risoluzione che cerca di cancellare il millenario legame fra ebrei e Monte del Tempio di Gerusalemme
L’ambasciatore d’Israele all’Onu Gilad Erdan
(Da: Israel HaYom, Jerusalem Post, 5.11.20)
6 Novembre 2020

https://www.israele.net/israele-le-riso ... alestinese

Tra mercoledì e giovedì, 139 paesi delle Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione che parla del Monte del Tempio di Gerusalemme esclusivamente come di un luogo sacro islamico, facendovi riferimento con il solo nome musulmano di al-Haram al-Sharif. Si tratta di una delle sette risoluzioni anti-Israele promosse dall’Autorità Palestinese e paesi come Cuba e Indonesia, e automaticamente approvate dalla Quarta Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York.

L’ambasciatore d’Israele all’Onu Gilad Erdan ha criticato con forza gli organismi delle Nazioni Unite che approvano costantemente numerose risoluzioni anti-israeliane, dicendo che esse non cambiano la realtà e non fanno che perpetuare il conflitto israelo-palestinese. “Qual è lo scopo di queste risoluzioni? – si è chiesto Erdan – Approvando queste risoluzioni non state solo sprecando le risorse dell’Onu. State anche sabotando qualsiasi cambiamento verso una futura pace. Invece di persuadere i palestinesi a scegliere la via dei negoziati e della pace, queste risoluzioni non fanno che incoraggiarli ad arroccarsi nelle loro posizioni intransigenti. Ogni voto a favore di queste risoluzioni rappresenta un ulteriore passo verso la trasformazione delle Nazioni Unite in un organismo irrilevante”.

Erdan ha attaccato le Nazioni Unite per aver sostenuto una risoluzione relativa all’agenzia Onu per i profughi palestinesi Unrwa, spiegando che “uno dei motivi principali del fallimento delle Nazioni Unite nel porre fine al conflitto è proprio il suo continuo sostegno all’Unrwa: in parole povere, l’esistenza stessa dell’Unrwa rende il conflitto israelo-palestinese irrisolvibile, e noi non abbiamo intenzione di lasciare che le cose vadano avanti come al solito. Invece di aiutare i profughi a integrarsi nei paesi di residenza, l’Unrwa gonfia il numero di ‘profughi’ riconoscendo automaticamente come tali tutti i discendenti palestinesi, anche quelli che sono già residenti permanenti di altri paesi”.

Per quanto riguarda la risoluzione che fa riferimento al Monte del Tempio solo con il termine musulmano (e che definisce “occupata” la parte di Gerusalemme dove si trovano sia il Monte del Tempio che il Muro Occidentale), Erdan ha denunciato il fatto che la risoluzione “ignora completamente qualsiasi legame tra il popolo ebraico e il Monte del Tempio, e questa è una vergogna”, e l’ha definita “uno sfrontato tentativo di riscrivere la storia” cancellando il millenario legame degli ebrei con Gerusalemme. “Nessuna risoluzione qui approvata cambierà l’eterno legame tra il popolo ebraico e il luogo più sacro della nostra fede: l’Har HaBayit, il Monte del Tempio. Né cambierà il fatto che il legame ebraico con la città di Gerusalemme risale a migliaia di anni fa e che oggi è più forte che mai. Per anni i palestinesi hanno promosso un linguaggio che prevede solo il termine musulmano Haram al-Sharif escludendo di proposito il termine ebraico per negare la connessione fra l’ebraismo e questi siti. Appoggiando queste risoluzioni, voi condividete la responsabilità di questo comportamento. Ma a differenza di quest’aula che è staccata dalla realtà – ha concluso l’ambasciatore israeliano – un numero crescente di paesi riconosce che Gerusalemme è inconfutabilmente la capitale del popolo ebraico e dello stato ebraico”.

Oltre a Israele, otto paesi hanno votato contro la risoluzione su Gerusalemme (Australia, Canada, Guatemala, Ungheria, Isole Marshall, Micronesia, Nauru e Stati Uniti). Altri 16 si sono astenuti (Austria, Bielorussia, Camerun, Colombia, Repubblica Ceca, Honduras, Kiribati, Malawi, Papua Nuova Guinea, Sao Tome Principe, Serbia, Slovacchia, Isole Salomone, Togo, Uruguay e Vanuatu). I paesi europei che hanno approvato la risoluzione sono Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito.





L'eterna ipocrisia delle Nazioni Unite su Israele
Israele.net
Pretendere da Israele comportamenti che non si chiedono a nessun altro paese è una forma di antisemitismo, secondo la definizione adottata anche da vari paesi europei. Quando lo fanno all’Onu, non c’è motivo per non dirlo
Di Ben-Dror Yemini
(Da: YnetNews, 15.12.20)
17 Dicembre 2020

https://www.israele.net/leterna-ipocris ... su-israele


Lo stesso giorno in cui Israele riceveva la lieta notizia della normalizzazione dei rapporti con il Marocco, tutto era business as usual per il resto della comunità internazionale, con l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che adottava sette risoluzioni contro lo stato ebraico (un trattamento che non viene riservato a nessun altro stato membro ndr). È vero, ci sono molti altri paesi nel mondo. Ed è vero che in un elenco di paesi che vìolano i diritti umani, Israele non figurerebbe di certo tra i primi 10 e nemmeno tra i primi 20 o più. Milioni di persone nel mondo sono state chiuse in “campi di rieducazione”, vasti territori sono stati occupati, migliaia di civili sono stati uccisi, centinaia di giornalisti sono imprigionati e molto altro ancora. Ma niente di tutto ciò sembra interessare la comunità internazionale. Solo Israele.

Una delle risoluzioni ribadisce la Risoluzione 194 dell’Assemblea Generale del 1948 che si occupava dei profughi arabi dalla Palestina, in seguito diventati “palestinesi”. La decisione ricorda al mondo che ogni persona ha diritto a non essere espulsa dalla propria terra e che ogni profugo palestinese (e ogni suo discendente ndr) ha diritto alla sua proprietà. Davvero? Decine di milioni di europei divennero profughi nella prima metà del secolo scorso. Decine di milioni vennero espulsi dalla loro terra dopo la seconda guerra mondiale, esattamente negli stessi anni della nakba palestinese. Chi di loro ha goduto di un diritto al ritorno? Chi ha riavuto le sua proprietà?

Come tutta la pubblicistica irredentista palestinese, anche i poster per la “marcia del ritorno” (rappresentato dal simbolo della chiave) riportano la mappa delle rivendicazioni palestinesi: Israele è cancellato dalla carta geografica. “Non c’è alcuna possibilità al mondo che i palestinesi abbandonino la pretesa di eliminare lo stato ebraico quando viene appoggiata dagli amici d’Israele in Europa”.

Di tutti i paesi occidentali solo il Canada e gli Stati Uniti, oltre naturalmente Israele, hanno votato contro questa risoluzione. La Germania, purtroppo, ha votato a favore. Il che è interessante, visto che tra le decine di milioni di profughi creati in quegli anni, almeno 12 milioni erano persone di lingua tedesca espulse dopo la seconda guerra mondiale dalla Repubblica Ceca, dalla Polonia e da altri paesi. Pagavano il prezzo dell’aggressione tedesca. In Germania venne anche creata un’organizzazione per rappresentarli chiamata BdV (Bund der Vertriebenen). C’è qualche differenza tra i profughi dalla Palestina e i profughi dalla Polonia o dalla Repubblica Ceca? No, non c’è. Entrambi i gruppi si identificarono con gli aggressori ed entrambi ne pagarono il prezzo, sebbene non facessero parte personalmente della macchina da guerra. La differenza è che BdV è considerata un’organizzazione marginale di estrema destra, in passato anche un po’ neonazista, trascurata dallo stesso governo tedesco che non prende in considerazione le sue pretese di restituzione delle proprietà. È chiaro che se ai tedeschi e a decine di milioni di altri fosse stato riconosciuto il “diritto al ritorno” e alla riappropriazione delle loro proprietà, l’Europa si sarebbe trovata nel mezzo della terza guerra mondiale.

Ma quando si parla del conflitto arabo-israeliano la Germania, come tutti gli altri paesi europei, sostiene automaticamente la pretesa palestinese del “diritto al ritorno” nelle antiche case. E stando agli stessi che insistono con questa richiesta, si tratta in realtà di un’istanza per l’eliminazione dello stato ebraico. Che non è verosimilmente l’intenzione della Germania, della Danimarca o della Francia. Ma quando questi paesi votano più e più volte in modo così vergognoso e ipocrita, non aiutano di certo i palestinesi a uscire dal vicolo cieco in cui si sono cacciati. Al contrario. Non c’è alcuna possibilità al mondo che i palestinesi abbandonino la pretesa di eliminare lo stato ebraico quando viene appoggiata dagli amici d’Israele in Europa.

C’è da chiedersi come mai Israele non abbia posto una semplice domanda alla Germania: perché sostenete il “diritto al ritorno” quando si tratta dei palestinesi, ma vi guardate bene dal farlo quando si tratta dell’Europa? E quando continuate a parlare della nakba palestinese, perché diavolo dimenticate o vi rifiutate di riconoscere la nakba ebraica? I profughi ebrei non avevano dichiarato guerra ai paesi arabi in cui vivevano. Eppure vennero espulsi o costretti a fuggire, e alla maggior parte di loro fu sequestrato e confiscato ogni bene e ogni proprietà. La definizione operativa di antisemitismo dell’IHRA, adottata da molti paesi inclusa la Germania, lo indica tra l’altro come “applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele, richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico”. Quindi sì, quando vota in questo modo all’Onu, la Germania (e l’Europa ndr) si comporta in modo antisemita e non c’è motivo per non dirlo.





Il pregiudizio anti-Sionista delle Nazioni Unite
La Voce Repubblicana
Barbara Pontecorvo
18 novembre 2021

https://www.vocerepubblicana.it/2020/11 ... oni-unite/

In piena emergenza Covid-19, in uno stato di prostrazione globale, in cui tutti i Paesi del mondo si sono trovati a fronteggiare un nemico sconosciuto, capace di mettere in ginocchio la vita delle persone che hanno avuto la fortuna di sopravvivere al virus, le Nazioni Unite, fondate con lo scopo di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, di promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, riunite in Assemblea Generale il 4 novembre scorso, si sono concentrate su una attività in particolare: condannare lo Stato d’Israele per ben 7 volte.

Le tematiche oggetto delle risoluzioni di condanna vanno dall’assistenza ai rifugiati palestinesi (per i quali vengono chieste maggiori donazioni, nonostante sia la popolazione più finanziata al mondo), alle presunte violazioni dei diritti umani nei cosiddetti “territori occupati”, fino alla restituzione delle alture del Golan alla Siria (senza considerare in quale stato versi la Siria in questo momento storico).

Ma la più grave delle risoluzioni, pur senza privare di gravità tutte le altre, è rappresentata dalla risoluzione “Work of the Special Committee to Investigate Israeli Practices Affecting the Human Rights of the Palestinian People and Other Arabs of the Occupied Territories”, in cui si chiede che venga istituita una Commissione (l’ennesima) per investigare su ipotetiche violazioni dei diritti umani di Israele nei confronti dei palestinesi e delle popolazioni arabe, risoluzione nella quale il Monte del Tempio (il luogo più sacro per l’ebraismo) viene indicato con il solo nome arabo “Al-Haram al-Sharif” e nella quale lo Stato ebraico viene accusato di violare le quattro Convenzioni di Ginevra (che pur si applicano alle persone fisiche e non agli Stati).

Lo Stato d’Israele non viene nemmeno nominato, ma indicato con l’epiteto dispregiativo di “potenza occupante, occupying power”.

Se non fosse tragico sarebbe comico.

Sarebbe comico che un Paese come l’Italia non si unisca al no di Stati Uniti e Israele, in nome dell’alleanza atlantica che li lega, ma si sottometta alle richieste di Stati promotori, quelli sì sistematici violatori dei diritti umani.

In realtà l’Italia l’ha sempre fatto, quando si è trattato di Israele.

Ha sempre votato in favore delle 96 condanne da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dal 2015 ad oggi (negli stessi anni la Siria ne ha ricevute 7, la Corea del Nord 5 e l’Iran 4).

Ha poi votato si alle 90 condanne da parte del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite dal 2006 ad oggi (negli stessi anni la Siria ne riceveva 25, la Corea del Nord 13 e l’Iran appena 10).

Ha, infine votato in favore delle 4 condanne allo Stato d’Israele per la violazione della condizione femminile, senza che nessun altro stato al mondo abbia mai ricevuto una simile condanna.

Eppure, molti di noi hanno visitato Israele e ne hanno potuto apprezzare la libertà, la democrazia il rispetto delle minoranze, la capacità di crescere ed innovare, la cultura.

Lo Stato d’Israele è una democrazia compiuta, ove la condizione femminile è compiutamente realizzata, anche in termini di occupazione.

Questo stato della realtà non viene mai riflesso nella condotta delle Nazioni Unite e degli Stati (tra cui l’Italia) che ne fanno parte.

E allora sarebbe necessario capire le ragioni di questo cortocircuito e provare a dargli un nome.

Un nome che sia diverso da pregiudizio anti-Sionista.
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Messaggioda Berto » dom mar 28, 2021 6:02 pm

L’Antisionismo militante dell’ONU e il discorso di Nikki Haley
Progetto Dreyfus
Niram Ferretti
21 febbraio 2017

https://www.progettodreyfus.com/lantisi ... kki-haley/

Non può essere più netta la sconfessione della credibilità dell’ONU di quella che si è sentita pronunciare da Nikki Haley, il nuovo ambasciatore presso le Nazioni Unite designato dall’amministrazione Trump al posto di Samantha Power della quale ci ricordiamo la difesa d’ufficio di quel vero e proprio obbrobrio giuridico che è la risoluzione 2334 votata il 23 dicembre 2016, il pacco avariato fatto recapitare da Barack Obama a Israele negli ultimi giorni della sua permanenza alla Casa Bianca.

Al termine della riunione mensile del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Nikki Haley si è presentata in sala stampa dichiarando:

“Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU dovrebbe discutere su come mantenere la pace internazionale e la sicurezza, ma nel nostro meeting sul Medioriente la discussione non è stata sull’incremento di missili di Hezbollah in Libano, non è stata sul quantitativo di denaro e armi che l’Iran fornisce ai terroristi, non è stato sul modo in cui è possibile sconfiggere l’Isis, non è stato su come portare in giudizio Bashar Al Assad per il massacro di centinaia di civili. No. Il fulcro dell’incontro è stato di concentrarsi su Israele, l’unica vera democrazia in Medioriente”.

La Haley ha così preso coscienza di quella ossessione per Israele e contro Israele che domina le Nazioni Unite dalla fine della Guerra dei Sei Giorni a oggi, e che faceva scrivere con sconcerto nelle sue memorie, a uno dei suoi predecessori, l’ambasciatore David Patrick Moynihanm, di come lo stato ebraico fosse “il fulcro politico delle Nazioni Unite”.

Il fatto che il numero complessivo di risoluzioni ONU contro Israele abbia superato di gran lunga il numero di risoluzioni contro qualsiasi altro stato è un dato oggettivamente incontrovertibile e grottesco nella sua sproporzione, ma è solo la conseguenza inevitabile del sistema di voto dell’ONU e del suo assetto politico. Da quando Arafat venne invitato a parlarvi attraverso un plebiscito nel 1974 (105 voti a favore e 4 contrari, nessuno stato europeo contrario, la maggioranza astenuti e altri votanti insieme alla maggioranza) la “causa palestinese”, e di conseguenza la presa di mira sistematica di Israele, sarebbe diventata prassi abituale.

Fu quello un momento emblematico del tracollo morale dell’istituzione, quando il leader conclamato dell’OLP varcò la soglia del palazzo accompagnato da Ali Hassan Salameh, conosciuto anche come Abu Hasan, l’uomo che era stato a capo del commando terrorista di Settembre Nero responsabile del Massacro di Monaco del ‘72.

Altro momento emblematico fu la risoluzione 3379 del 1975 che equiparava il sionismo al razzismo. A seguito dell’approvazione della Risoluzione 3379, l’ONU, con passo spedito, iniziò a produrre altre risoluzioni contro Israele. Nel periodo dal 1969 al 1972 il ritmo fu di quattro risoluzioni all’anno. Durante il periodo dal 1973 al 1978 si arrivò a sedici all’anno e nel 1982 ci fu un balzo in avanti deciso, con quarantaquattro risoluzioni. Solo nel 1991, dopo sedici anni, grazie all’intervento degli Stati Uniti, si giunse finalmente alla sua abrogazione.

La Haley ha preso di petto la risoluzione 2334 definendola un “terribile errore” e ribadendo il pieno sostegno degli USA a Israele e il fermo impegno a “opporsi al pregiudizio delle Nazioni Unite nei suoi confronti”.

Ha poi proseguito rimarcando un altro aspetto grottesco:

“Incredibilmente, il dipartimento dell’ONU per gli affari politici ha una divisione dedicata interamente agli affari palestinesi. Provate a immaginarlo. Non esiste alcuna divisione dedicate al lancio illegale dei missili dalla Corea del Nord, non c’è alcuna divisione dedicata al principale stato mondiale sponsor del terrorismo, l’Iran. L’approccio pregiudizievole nei confronti delle questioni israeliane-palestinesi non aiuta in nulla il processo di pace e non ha alcuna relazione con la realtà del mondo circostante. I doppi pesi hanno dell’incredibile”.

Sì, questo incredibile doppiopesismo riguardo a Israele è a favore di stati criminali, teocrazie, satrapie, dittature sanguinarie è da cinquanta anni una delle caratteristiche più salienti delle Nazioni Unite. “Di tutte le guerre dell’ONU quella che esercitata contro Israele è stata sotto molti aspetti la più persistente, insidiosa e nociva…incarnando un vergognoso doppiopesismo il quale ha manifestato uno sfrenato odio che non lascia alcun posto per un giudizio equilibrato o per la ricerca di una soluzione equa” affermava nel 1986 Alan Keyes assistente del Segretario di Stato americano per le organizzazioni internazionali.

Tocca ora alla amministrazione Trump, dopo otto anni di connivenza obamiana, sottolineare manifeste e oscene evidenze che gridano vendetta. Con ferma e sorridente precisione Nikki Haley non ha avuto alcuna remora a farlo.
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Messaggioda Berto » dom mar 28, 2021 6:02 pm

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Messaggioda Berto » dom mar 28, 2021 6:03 pm

Da una pagina dei danzi maomettani detti impropriamente palestinesi

Le Risoluzioni dell'ONU contro Israele

Risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite mai rispettate dallo Stato di Israele.

https://www.forumpalestina.org/informaz ... sraele.htm

1) RISOLUZIONE N. 93 (18 MAGGIO 1951)

Il CS decide che ai civili arabi che sono stati trasferiti dalla zona smilitarizzata dal governo di Israele deve essere consentito di tornare immediatamente nelle loro case e che la Mixed Armistice Commission deve supervisionare il loro ritorno e la loro reintegrazione nelle modalita' decise dalla Commissione stessa.

2) RISOLUZIONE N. 101 (24 NOVEMBRE 1953)

Il CS ritiene che l'azione delle forze armate israeliane a Qibya del 14-15 ottobre 1953 e tutte le azioni simili costituiscano una violazione del cessate-il-fuoco (risoluzione 54 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU); esprime la più forte censura per questa azione, che può pregiudicare le possibilità di soluzione pacifica; chiama Israele a prendere misure effettive per prevenire tali azioni.

3) RISOLUZIONE N. 106 (29 MARZO 1955)

Il CS osserva che un attacco premeditato e pianificato ordinato dalle autorità israeliane e' stato commesso dalle forze armate israeliane contro le forze armate egiziane nella Striscia di Gaza il 28 febbraio 1955 e condanna questo attacco come una violazione del cessate-il-fuoco disposto dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

4) RISOLUZIONE N. 111 (19 GENNAIO 1956)

Il CS ricorda al governo israeliano che il Consiglio ha già condannato le azioni militari che hanno rotto i Trattati dell'Armistizio Generale e ha chiamato Israele a prendere misure effettive per prevenire simili azioni; condanna l'attacco dell'11 dicembre 1955 sul territorio siriano come una flagrante violazione dei provvedimenti di cessate-il-fuoco della risoluzione 54 (1948) e degli obblighi di Israele rispetto alla Carta delle Nazioni Unite; esprime grave preoccupazione per il venire meno ai propri obblighi da parte del governo israeliano.

5) RISOLUZIONE N. 127 (22 GENNAIO 1958)

Il CS raccomanda ad Israele di sospendere la "zona di nessuno" a Gerusalemme

6) RISOLUZIONE N. 162 (11 APRILE 1961)

Il CS chiede urgentemente ad Israele di rispettare le decisioni delle Nazioni Unite.

7) RISOLUZIONE N. 171 (9 APRILE 1962)

Il CS riscontra le flagranti violazioni operate da Israele nel suo attacco alla Siria.

8) RISOLUZIONE N. 228 (25 NOVEMBRE 1966)

Il CS censura Israele per il suo attacco a Samu, in Cisgiordania, sotto il controllo giordano.

9) RISOLUZIONE N. 237 (14 GIUGNO 1967)

Il CS chiede urgentemente a Israele di consentire il ritorno dei nuovi profughi palestinesi del 1967.

10) RISOLUZIONE N. 248 (24 MARZO 1968)

Il CS condanna Israele per il suo attacco massiccio contro Karameh, in Giordania.

11) RISOLUZIONE N. 250 (27 APRILE 1968)

Il CS ingiunge a Israele di astenersi dal tenere una parata militare a Gerusalemme.

12) RISOLUZIONE N. 251 (2 MAGGIO 1968)

Il CS deplora profondamente la parata militare israeliana a Gerusalemme, in spregio alla risoluzione 250.

13) RISOLUZIONE N. 252 (21 MAGGIO 1968)

Il CS dichiara non valido l'atto di Israele di unificazione di Gerusalemme come capitale ebraica.

14) RISOLUZIONE N. 256 (16 AGOSTO 1968)

Il CS condanna gli attacchi israeliani contro la Giordania come flagranti violazioni.

15) RISOLUZIONE N. 259 (27 SETTEMBRE 1968)

Il CS deplora il rifiuto israeliano di accettare una missione dell'ONU che verifichi lo stato di occupazione.

16) RISOLUZIONE N. 262 (31 DICEMBRE 1968)

Il CS condanna Israele per l'attacco all'aeroporto di Beirut.

17) RISOLUZIONE N. 265 (1 APRILE 1969)

Il CS condanna Israele per gli attacchi aerei su Salt in Giordania.

18) RISOLUZIONE N. 267 (3 LUGLIO 1969)

Il CS censura Israele per gli atti amministrativi tesi a cambiare lo status di Gerusalemme.

19) RISOLUZIONE N. 270 (26 AGOSTO 1969)

Il CS condanna Israele per gli attacchi aerei sui villaggi del Sud del Libano.

20) RISOLUZIONE N. 271 (15 SETTEMBRE 1969)

Il CS condanna Israele per non aver obbedito alle risoluzioni dell'ONU su Gerusalemme.

21) RISOLUZIONE N. 279 (12 MAGGIO 1969)

Il CS chiede il ritiro delle forze israeliane dal Libano.

22) RISOLUZIONE N. 280 (19 MAGGIO 1969)

Il CS condanna gli attacchi israeliani contro il Libano.

23) RISOLUZIONE N. 285 (5 SETTEMBRE 1970)

Il Cs chiede l'immediato ritiro israeliano dal Libano.

24) RISOLUZIONE N. 298 (25 SETTEMBRE 1971)

Il CS deplora che Israele abbia cambiato lo status di Gerusalemme.

25) RISOLUZIONE N. 313 (28 FEBBRAIO 1972)

Il CS chiede che Israele ponga fine agli attacchi contro il Libano.

26) RISOLUZIONE N. 316 (26 GIUGNO 1972)

Il CS condanna Israele per i ripetuti attacchi sul Libano.

27) RISOLUZIONE N. 317 (21 LUGLIO 1972)

Il CS deplora il rifiuto di Israele di rilasciare gli Arabi rapiti in Libano

28) RISOLUZIONE N. 332 (21 APRILE 1973)

Il CS condanna i ripetuti attacchi israeliani contro il Libano.

29) RISOLUZIONE N. 337 (15 AGOSTO 1973)

Il CS condanna Israele per aver violato la sovranità del Libano.

30) RISOLUZIONE N. 347 (24 APRILE 1974)

Il CS condanna gli attacchi israeliani sul Libano.

31) RISOLUZIONE N. 425 (19 MARZO 1978)

Il CS ingiunge a Israele di ritirare le sue forze dal Libano.

32) RISOLUZIONE N. 427 (3 MAGGIO 1979)

Il CS chiama Israele al completo ritiro delle proprie forze dal Libano.

33) RISOLUZIONE N. 444 (19 GENNAIO 1979)

Il CS deplora la mancanza di cooperazione di Israele con il contingente di peacekeeping dell'ONU.

34) RISOLUZIONE N. 446 (22 MARZO 1979)

Il CS determina che gli insediamenti israeliani sono un grave ostacolo alla pace e chiama Israele al rispetto della Quarta Convenzione di Ginevra.

35) RISOLUZIONE N. 450 (14 GIUGNO 1979)

Il CS ingiunge a Israele di porre fine agli attacchi contro il Libano.

36) RISOLUZIONE N. 452 (20 LUGLIO 1979)

Il CS ingiunge a Israele di smettere di costruire insediamenti nei territori occupati.

37) RISOLUZIONE N. 465 (1 MARZO 1980)

Il CS deplora gli insediamenti israeliani e chiede a tutti gli stati membri di non sostenere il programma di insediamenti di Israele.

38) RISOLUZIONE N. 467 (24 APRILE 1980)

Il CS deplora con forza l'intervento militare israeliano in Libano.

39) RISOLUZIONE N. 468 (8 MAGGIO 1980)

Il CS ingiunge a Israele di annullare le espulsioni illegali di due sindaci e un giudice palestinesi, e di facilitare il loro ritorno.

40) RISOLUZIONE N. 469 (20 MAGGIO 1980)

Il CS deplora con forza la non osservanza da parte di Israele dell'ordine di non deportare Palestinesi.

41) RISOLUZIONE N. 471 (5 GIUGNO 1980)

Il CS esprime grave preoccupazione per il non rispetto da parte di Israele della Quarta Convenzione di Ginevra.

42) RISOLUZIONE N. 476 (30 GIUGNO 1980)

Il CS ribadisce che le rivendicazioni israeliane su Gerusalemme sono nulle.

43) RISOLUZIONE N. 478 (20 AGOSTO 1980)

Il CS censura con la massima forza Israele per le rivendicazioni su Gerusalemme contenute nella sua "Legge Fondamentale".

44) RISOLUZIONE N. 484 (19 DICEMBRE 1980)

Il CS formula l'imperativo che Israele riammetta i due sindaci palestinesi deportati.

45) RISOLUZIONE N. 487 (19 GIUGNO 1981)

Il CS condanna con forza Israele per l'attacco alle strutture nucleari dell Iraq.

46) RISOLUZIONE N. 497 (17 DICEMBRE 1981)

Il CS dichiara nulla l'annessione israeliana delle Alture del Golan e chiede ad Israele di annullare immediatamente la propria decisione.

47) RISOLUZIONE N. 498 (18 DICEMBRE 1981)

Il CS ingiunge a Israele di ritirarsi dal Libano.

48) RISOLUZIONE N. 501 (25 FEBBRAIO 1982)

Il CS ingiunge a Israele di interrompere gli attacchi contro il Libano e di ritirare le sue truppe.

49) RISOLUZIONE N. 509 (6 GIUGNO 1982)

Il CS chiede che Israele ritiri immediatamente e incondizionatamente le sue forze dal Libano.

50) RISOLUZIONE N. 515 (19 GIUGNO 1982)

Il CS chiede che Israele tolga l'assedio a Beirut e consenta l'entrata di rifornimenti alimentari.

51) RISOLUZIONE N. 517 (4 AGOSTO 1982)

Il CS censura Israele per non aver ubbidito alle risoluzioni dell'ONU e chiede ad Israele di ritirare le sue forze dal Libano.

52) RISOLUZIONE N. 518 (12 AGOSTO 1982)

Il CS chiede ad Israele piena cooperazione con le forze dell'ONU in Libano.

53) RISOLUZIONE N. 520 (17 SETTEMBRE 1982)

Il CS condanna l'attacco israeliano a Beirut Ovest.

54) RISOLUZIONE N. 573 (4 OTTOBRE 19859 Il Cs condanna vigorosamente Israele per i bombardamenti su Tunisi durante l attacco al quartier generale dell'OLP.

55) RISOLUZIONE N. 587 (23 SETTEMBRE 1986)

Il CS ricorda le precedenti richieste affinché Israele ritirasse le sue forze dal Libano e chiede con urgenza a tutte le parti di ritirarsi.

56) RISOLUZIONE N. 592 (8 DICEMBRE 1986)

Il CS deplora con forza l'uccisione di studenti palestinesi dell'Università' di Birzeit ad opera delle truppe israeliane.

57) RISOLUZIONE N. 605 (22 DICEMBRE 1987)

Il CS deplora con forza le politiche e le pratiche israeliane che negano i diritti umani dei Palestinesi.

58) RISOLUZIONE N. 607 (5 GENNAIO 1988)

Il CS ingiunge a Israele di non deportare i Palestinesi e gli chiede con forza di rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra.

59) RISOLUZIONE N. 608 (14 GENNAIO 1988)

Il CS si rammarica profondamente che Israele abbia sfidato l'ONU e deportato civili palestinesi.

60) RISOLUZIONE N. 636 (14 GIUGNO 1989)

Il CS si rammarica profondamente della deportazione di civili palestinesi da parte di Israele.

61) RISOLUZIONE N. 641 (30 AGOSTO 1989)

Il CS deplora che Israele continui nelle deportazioni di Palestinesi.

62) RISOLUZIONE N. 672 (12 OTTOBRE 1990)

Il CS condanna Israele per violenza contro i Palestinesi a Haram al-Sharif/Tempio della Montagna.

63) RISOLUZIONE N. 673 (24 OTTOBRE 1990)

Il CS deplora il rifiuto israeliano di cooperare con l'Onu.

64) RISOLUZIONE N. 681 (20 DICEMBRE 1990)

Il CS deplora che Israele abbia ripreso le deportazioni di Palestinesi.

65) RISOLUZIONE N. 694 (24 MAGGIO 1991)

Il CS deplora la deportazione di Palestinesi ad opera di Israele e ingiunge ad Israele di assicurare loro un sicuro e immediato ritorno.

66) RISOLUZIONE N. 726 (6 GENNAIO 1992)

Il CS condanna con forza la deportazione di Palestinesi ad opera di Israele.

67) RISOLUZIONE N. 799 (18 DICEMBRE 1992)

Il CS condanna con forza la deportazione di 413 Palestinesi da parte di Israele e chiede il loro immediato ritorno.

68) RISOLUZIONE N. 904 (18 MARZO 1994)

Il CS: sconcertato dallo spaventoso massacro commesso contro fedeli palestinesi nella Moschea Ibrahim di Hebron il 25 febbraio 1994, durante il Ramadan; gravemente preoccupato dai conseguenti incidenti nei territori palestinesi occupati come risultato del massacro, che evidenzia la necessità di assicurare protezione e sicurezza al popolo palestinese; prendendo atto della condanna di questo massacro da parte della comunità internazionale; riaffermando le importanti risoluzioni sulla applicabilità della Quarta Convenzione di Ginevra ai territori occupati da Israele nel giugno 1967, compresa Gerusalemme, e le conseguenti responsabilità israeliane. Condanna con forza il massacro di Hebron e le sue conseguenze, che hanno causato la morte di oltre 50 civili palestinesi e il ferimento di altre centinaia e ingiunge ad Israele, la potenza occupante, di applicare misure che prevengano atti illegali di violenza da parte di coloni israeliani, come tra gli altri la confisca delle armi.

69) RISOLUZIONE N. 1402 (30 MARZO 2002)

Il CS alle truppe israeliane di ritirarsi dalle città palestinesi, compresa Ramallah.

70) RISOLUZIONE N. 1403 (4 APRILE 2002)

Il CS chiede che la risoluzione 1402 (2002) sia applicata senza ulteriori ritardi.

72) RISOLUZIONE N. 1405 (19 APRILE 2002)

Il CS chiede che siano tolte le restrizioni imposte, soprattutto a Jenin, alle operazioni delle organizzazioni umanitarie, compreso il Comitato Internazionale della Croce Rossa e l'Agenzia dell'ONU per l'Assistenza e il Lavoro per i Profughi Palestinesi in Medio Oriente (Unrwa).

73) RISOLUZIONE N. 1435 (24 SETTEMBRE 2002)

Il CS chiede che Israele ponga immediatamente fine alle misure prese nella città di Ramallah e nei dintorni, che comprendono la distruzione delle infrastrutture civili e di sicurezza palestinesi; chiede anche il rapido ritiro delle forze di occupazione israeliane dalle città palestinesi e il loro ritorno alle posizioni tenute prima di settembre 2000.
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Messaggioda Berto » dom mar 28, 2021 6:19 pm

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Messaggioda Berto » sab apr 10, 2021 7:56 pm

Questa è una organizzazione criminale antisemita che istiga all'odio e al razzismo verso gli ebrei e Israele


L'ultimo rapporto sui diritti umani di Amnesty International è una vergogna
10 aprile 2021

https://www.islamnograzie.com/lultimo-r ... -vergogna/

Amnesty International ha appena pubblicato il suo rapporto annuale, documentando “gravi violazioni dei diritti umani nel 2020 in 149 paesi”. E ci crediate o no, Israele non valuta una menzione nella sua pagina di riepilogo.

Ma non fatevi ingannare. Se leggete la relazione vera e propria, Israele viene citato di più, molto più dei veri violatorii dei diritti umani del mondo. Ecco un’analisi del numero di volte in cui i paesi sono menzionati in esso:

Nemmeno una gara ravvicinata. È chiaro che è in mostra la parzialità di Amnesty International.

Nella sua sezione su “Israele e i territori palestinesi occupati”, Israele è chiamato a rispondere degli arabi palestinesi, comprese cose come uccisioni illegali e uso eccessivo della forza, detenzione arbitraria, processi ingiusti, tortura, mancanza di libertà di espressione e violenza di genere. Nonostante gli arabi palestinesi perpetrino tutte queste cose (contro il loro stesso popolo o gli israeliani o entrambi), la loro condotta non viene affatto menzionata. Per quanto riguarda la sezione sulla violenza di genere

La violenza contro le donne persiste in Israele, soprattutto contro i cittadini palestinesi.
Almeno 21 donne sono state uccise a causa della violenza di genere.

Oltre al fatto che si riferiscono agli arabi israeliani come “cittadini palestinesi”, la maggior parte di questi casi sono stati perpetrati da arabi contro arabi!

In una sezione di separazione su “Palestina (Stato di)” – sì, è così che la chiamano – si riferiscono eufemisticamente al terrorismo come “Abusi da parte di gruppi armati”. Il lancio di razzi è descritto come “indiscriminato” – anche quando si prendono di mira luoghi particolari – e rivendicano anche “la maggior parte dei palestinesi responsabili di accoltellamento, sparatoria e altri attacchi contro israeliani in Cisgiordania e Israele … non erano membri di gruppi armati palestinesi.

Amnesty International si è sempre dimostrata tutt’altro che un’organizzazione obiettiva ed equa per i diritti umani veramente interessata ai diritti umani di tutti. Questa relazione ne è l’ennesimo esempio.



ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2404


La Corte Penale Internazionale contro Israele, Corte antisemita internazi comunista e filo nazi maomettana.
viewtopic.php?f=197&t=2946
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Messaggioda Berto » gio mag 27, 2021 9:35 pm

Questo dicono al palazzo di vetro (ricordiamoci che il vetro può essere rotto più facilmente del cemento armato; chiudiamo una volta per tutte l’ONU e distruggiamo questo mostro di vetro
Emanuel Segre Amar
16 maggio 2021
https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 2131017540


Occupied Palestinian Territory
https://www.facebook.com/watch/?ref=sav ... 9427150014
We are deeply concerned at the escalation of violence in occupied #Palestine, including #EastJerusalem, and #Israel. We condemn ALL violence and ALL incitement to violence.
No force should be used against those exercising their rights peacefully.


I terroristi nazi maomettani palestinesi di Gaza stanno bombardando Israele
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2779
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Messaggioda Berto » gio mag 27, 2021 9:36 pm

SENZA PUDORE
Niram Ferretti
27 maggio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Tra le istituzioni più farsesche del pianeta c'è ne è una che va segnalata in modo particolare, si tratta del Consiglio per i Diritti Umani dell'ONU con sede a Ginevra.
Ne fanno parte, e basterebbe solo questo per suscitare una incontenibile ilarità, Arabia Saudita, Cuba, Venezuela, Cina, Burundi, Somalia, Qatar, Pakistan, Libia, Eritrea.
In questo splendido consesso di paladini della giustizia è stato creato all'uopo un articolo, il cosiddetto Articolo 7 che, indovinate, ha come scopo quello di occuparsi di Israele che viene ciclicamente condannato.
Nel 2017 l'allora ambasciatrice americana all'ONU, l'indimenticabile Nikki Haley, dichiarò:
“L’articolo 7 del Consiglio deve essere rimosso. Questo è, ovviamente, lo scandaloso meccanismo che seleziona Israele in mondo che sia automaticamente criticato. Non esiste alcuna ragione fondata sui diritti umani perché tale articolo esista. Esso costituisce la carenza principale del Consiglio per i Diritti Umani, trasformandolo da una organizzazione che potrebbe servire il bene universale in un organismo soverchiato dalla propria agenda politica. Dalla sua istituzione, il Consiglio ha passato più di settanta risoluzioni aventi come mira Israele. Ne ha passate solo sette che hanno preso di mira l’Iran. Questa costante campagna patologica contro un paese che detiene un robusto record a favore dei diritti umani non rende Israele motivo di derisione, ma il Consiglio stesso”.
Nel 2018, Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dal consesso. Oggi, due anni dopo arriva, risum teneatis, la condanna del medesimo nei confronti degli USA per avere ordinato l'uccisione del mastermind iraniano del terrore, Qassem Soleimani, avvenuta il 3 gennaio scorso. Sarebbe, udite, udite, "illegale" e "arbitrario" e gli Stati Uniti secondo il la relatrice speciale dell'Onu per le esecuzioni extragiudiziali nominata dal Consiglio per i diritti Umani, non avrebbero fornito "alcuna prova del fatto che il generale Soleimani stesse pianificando un attacco imminente contro gli interessi degli Stati Uniti, in particolare in Iraq, per il quale erano necessarie azioni immediate" e "non è stata fornita alcuna prova che fosse necessario un attacco di droni in un Paese terzo o che il danno causato a quel Paese fosse proporzionato al danno presumibilmente evitato".
Insomma, questi Stati Uniti che ordinano nella persona del Commander in Chief, Donald Trump, l'uccisione di un criminale sanguinario, sono proprio perfidi.
A breve giro di posta è arrivata la risposta di Washington da parte della portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus: "Ci vuole una certa disonestà intellettuale per pubblicare un rapporto che condanna gli Stati Uniti per aver agito per autodifesa nascondendo il famigerato noto passato del generale Soleimani, uno dei peggiori terroristi del mondo".
Vorremmo correggere Mrs. Ortagus. Non si tratta di "disonestà intellettuale", ma di bancarotta morale irreversibile.
Scrissi questo post nel luglio del 2020. Oggi apprendiamo che questa organizzazione, non contenta, ha deciso di sottoporre Israele, unico paese del pianeta, a una investigazione permanente per presunti crimini commessi in Cisgiordania e a Gaza.
Ed esiste ancora qualcuno che pretenderebbe che l'ONU e le sue diramazioni sia qualcosa di diverso da un osceno insulto alla decenza e alla realtà dei fatti?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'ONU int-nazicomunista, nazislamico antisemita-antisionista

Messaggioda Berto » dom ott 31, 2021 10:12 pm

A proposito dell'antisemitismo -antisarelismo di Human Rights Watch (HRW) e di Amnesty International


IL MODO "GIUSTO" DI ESSERE ANTISEMITI SECONDO HUMAN RIGHTS WATCH
Ben Cohen
Progetto Dreyfus
28 giugno 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Solo una ONG generosamente finanziata e sostenuta da celebrità, totalmente convinta della propria rettitudine, avrebbe la faccia tosta di offrire consigli sulla lotta all'antisemitismo, poche settimane dopo aver etichettato l'unico Stato ebraico del mondo, come la fedele reincarnazione del regime di apartheid in Sudafrica della minoranza bianca.
Come al solito, questo è esattamente ciò che Human Rights Watch (HRW) ha fatto la scorsa settimana. Non tutto nell'analisi di HRW sull' “ondata di attacchi antisemiti” contro degli ebrei americani scoppiata in tandem con il rinnovato conflitto di maggio tra Israele e Hamas, era discutibile. Gli assalti hanno ricordato che “l'estrema destra non ha il monopolio dell'antisemitismo”, ha scritto Eric Goldstein, l'autore dell'analisi. “Una cosa è chiara”, ha concluso. “Attaccare o usare insulti razzisti contro un ebreo a causa di ciò che il governo di Israele può star facendo, è antisemitismo.”
Anche se questo potrebbe far sembrare che HRW tenda un ramoscello d'ulivo alla comunità ebraica, dopo anni in cui si incolpavano le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi per l’insorgere dell’antisemitismo in tutto il mondo, purtroppo non è così. A un esame più attento, la visione istituzionale di HRW su cosa sia l'antisemitismo e come dovrebbe essere contrastato, si rivela essere un dito medio brutalmente puntato nella nostra direzione, tanto che è difficile sapere da dove cominciare. La scelta di Goldstein di esporre il concetto di antisemitismo contemporaneo secondo HRW è probabilmente un’ occasione buona come un'altra. Perché un individuo, il cui titolo professionale è “direttore esecutivo ad interim, Divisione Medio Oriente e Nord Africa di HRW”, esprime opinioni sui crimini d'odio (sebbene non li classifichi mai come tali) prendendo di mira una comunità di minoranza relativamente piccola negli Stati Uniti? In che modo esattamente, uno specialista del Medio Oriente è qualificato per fornire informazioni sulle migliori pratiche per garantire sicurezza alle nostre sinagoghe e scuole, o combattere l'incitamento all'odio antisemita online, o proteggere ebrei visibilmente identificabili che sono particolarmente vulnerabili alla violenza di strada, o educare le forze dell'ordine sulle tendenze dell’antisemitismo? o una qualsiasi delle altre sfide pratiche reali e dolorose che la nostra comunità sta attualmente affrontando? Questo è il nocciolo del problema. Come nel caso di altre recenti iniziative di contrasto all’antisemitismo di cui ho già scritto, il beneficiario designato di questi interventi non è la comunità ebraica, ma il movimento di lotta nazionale palestinese e la sua lobby, che ha un’influenza a livello globale. In questo senso, Goldstein, che ha un nome ebraico ed è un difensore dei diritti dei palestinesi, è la persona ideale per far fronte al tentativo di HRW di svincolare l'ultimo round di demonizzazione di Israele dall'antisemitismo in cui è radicato, che è l'obiettivo principale della sua analisi. Ma se il proprio obiettivo è aiutare la comunità ebraica arrestando l'attuale marea antisemita, non si può fare a meno di rimanere sbalorditi dalle questioni che Goldstein ignora e, a loro volta, da quelle che affronta.
Per cominciare, cita due delle tante violenze antisemite registrate a maggio in tutto il Paese: l'assalto a commensali ebrei in un ristorante di Los Angeles e il selvaggio pestaggio di un ebreo a Midtown Manhattan. Quando si denunciano crimini d'odio, è consuetudine identificare i responsabili con il maggior numero di informazioni accurate possibili, e se Goldstein scrivesse di un assalto agli ebrei commesso da suprematisti bianchi o skinhead neonazisti, probabilmente non avrebbe scrupoli a rivelare questi elementi fondamentali al fine di migliorare la comprensione dell'episodio da parte dei lettori. Invece l'analisi di Goldstein degli eventi di maggio dà l'impressione che gli autori di questi assalti fossero senza nome e senza volto, motivati solo da un'idea sbagliata di ciò che implica la solidarietà con il popolo palestinese. Gli assalitori a Los Angeles sono stati indicati semplicemente come “un gruppo”, mentre gli aggressori a New York erano semplici “assalitori.” Non sono stati forniti ulteriori dettagli. Da un'ampia copertura nei media ebraici e in quelli generalisti sappiamo che la stragrande maggioranza delle persone arrestate durante i recenti attacchi, compresi quelli a Los Angeles ed a Manhattan, erano maschi arabo-americani, principalmente nella tarda adolescenza o nei primi vent'anni. Per un mix di ragioni ideologiche e istituzionali, questo fatto è troppo sgradevole perché HRW lo possa combattere. L'organizzazione teme di essere accusata di fomentare il razzismo anti-arabo e anti-musulmano, ed è riluttante a criticare gli "oppressi" nella loro lotta contro l'"oppressore", e quindi questo aspetto del problema viene puntualmente sepolto. Ancora una volta, questo perché lo scopo ultimo dell'analisi di HRW è salvare l'antisionismo dalla fogna dell'antisemitismo. Realtà scomode che minano quella netta divisione - come gli attacchi di cui sopra, o gli islamisti in auto, che hanno attraversato i quartieri ebraici di Londra, minacciando attraverso un megafono di “stuprare le vostre figlie”, o i manifestanti musulmani nella città tedesca di Gelsenkirchen che hanno cantato "ebrei di m…!” in estatico unisono - sono solo d’intralcio. Per Goldstein e HRW destano di gran lunga maggiore preoccupazione le iniziative esistenti per combattere l'antisemitismo, che in realtà godono del sostegno della maggioranza della comunità ebraica.
Goldstein concorda sul fatto che la nomina da parte dell'amministrazione Biden dell'inviato speciale del Dipartimento di Stato per combattere l'antisemitismo – un incarico originariamente creato nel 2004 dall'amministrazione di George W. Bush – sia una questione urgente, ma non perché l'antisemitismo stia terrorizzando le comunità ebraiche all'estero. “Biden dovrebbe garantire che l'inviato che nomina sia anche impegnato a ridurre gli sforzi fatti dall'amministrazione Trump per bollare vaste aree delle critiche israeliane come antisemite, perché hanno mal servito alla causa della lotta all'antisemitismo reale”, ha scritto Goldstein. "Il vero antisemitismo", sembrerebbe, è limitato a quegli incidenti in cui gli ebrei sono aggrediti fisicamente e subiscono abusi razzisti. Qualsiasi cosa di più sottile, come negare il diritto del popolo ebraico ad avere uno Stato, o isolare lo Stato ebraico con il tipo di distanziamento sociale che tutti noi abbiamo sperimentato personalmente nell'ultimo anno, non è affatto antisemitismo. In realtà, il vero problema è costituito da coloro che nella comunità ebraica dicono il contrario, insieme alla definizione operativa dell'antisemitismo approvato dall'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) che include inutilmente espressioni antisioniste come parte della definizione. Alla fine di maggio, il capo di Goldstein in HRW, Ken Roth, ha twittato che era “SBAGLIATO mettere sullo stesso piano il popolo ebraico con l'apartheid e con il bombardamento mortale del governo del Primo Ministro [Benjamin] Netanyahu.” Non bisogna fraintendere, questo è il vecchio screditato messaggio che la sinistra antisionista ha lanciato per decenni: “ Se Israele è cattivo, non lo sono necessariamente gli ebrei.” Ora lo porta avanti HRW, in nome della difesa dei diritti umani.



Israele e Territori Palestinesi Occupati: le violazioni dei diritti umani accertate nel 2016
STATO D’ISRAELE
Capo di stato: Reuven Rivlin
Capo di governo: Benjamin Netanyahu
Israele ha continuato a imporre una discriminazione istituzionalizzata contro i palestinesi che vivono sotto il suo controllo in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati (Occupied Palestinian Territories – Opt).

https://www.amnesty.it/rapporti-annuali ... -occupati/

Le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso 38 palestinesi, tra cui 11 minori, durante le manifestazioni lungo la Striscia di Gaza e in Cisgiordania; molti di loro sono stati uccisi illegalmente, perché non stavano rappresentando alcuna minaccia. Israele ha fallito nell’assicurare le responsabilità e risarcimenti per le vittime di questa gravissima violazione del diritto umanitario internazionale e della legislazione internazionale sui diritti umani. Attacchi aerei israeliani e bombardamenti nella Striscia di Gaza hanno ucciso 28 civili palestinesi che non partecipavano direttamente alle ostilità, tra cui 10 minori. Israele ha mantenuto il suo blocco illegale sulla Striscia di Gaza, sottoponendo i suoi abitanti a punizioni collettive e intensificando la crisi umanitaria. Ha continuato a limitare la libera circolazione dei palestinesi negli Opt attraverso posti di blocco e blocchi stradali. Le autorità israeliane hanno arrestato illegalmente in Israele migliaia di palestinesi degli Opt, trattenendone centinaia in detenzione amministrativa senza accuse né processo. La tortura e altri maltrattamenti dei detenuti, tra cui minori, sono stati commessi con impunità.

Israele ha sfollato oltre 900 palestinesi in Cisgiordania a seguito di demolizioni abitative. Le autorità hanno impiegato una serie di misure atte a colpire i difensori dei diritti umani, giornalisti e altri che hanno criticato il proseguimento dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e delle alture del Golan siriane. Le autorità hanno negato ai richiedenti asilo l’accesso a un processo di determinazione dello status di rifugiato equo o rapido. Gli obiettori di coscienza al servizio militare sono stati incarcerati.

Contesto

Il 9 aprile hanno avuto luogo le elezioni legislative, ma nessun leader del partito è stato in grado di formare una coalizione di governo. Di conseguenza, nuove elezioni sono state necessarie e si sono svolte il 17 settembre. Non è stato formato alcun governo, pertanto sono state programmate terze elezioni per marzo 2020. Il 21 novembre, il primo ministro Benjamin Netanyahu è stato incriminato con l’accusa di corruzione, frode e abuso d’ufficio.

Israele ha continuato a espandere insediamenti illegali e le relative infrastrutture nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme est, legalizzando gli avamposti costruiti senza autorizzazione statale israeliana, anche su terre private palestinesi. Il 19 novembre, il governo degli Usa ha annunciato che non avrebbe considerato gli insediamenti israeliani in Cisgiordania illegali ai sensi del diritto internazionale. Il 25 marzo, il presidente degli Usa Donald Trump aveva riconosciuto la sovranità di Israele sulle alture del Golan occupate, contravvenendo alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che dichiaravano illegale l’annessione compiuta da Israele.

Il 20 dicembre, la procuratrice del Tribunale penale internazionale ha annunciato che l’esame preliminare della “Situazione in Palestina” aveva concluso che erano stati commessi crimini di guerra nell’Opt e che “tutti i criteri legali… per l’apertura delle indagini erano stati soddisfatti“. Tuttavia, prima di procedere con un’indagine, la procuratrice ha deciso di chiedere conferma ai giudici del Tribunale penale internazionale che il territorio sul quale il tribunale può esercitare la propria giurisdizione comprenda la Cisgiordania, incluse Gerusalemme est e la Striscia di Gaza.

A marzo, gruppi armati palestinesi hanno lanciato un razzo dalla Striscia di Gaza verso il centro di Israele, ferendo sette civili. Israele ha reagito colpendo gli obiettivi di Hamas a Gaza. Tra il 3 e il 6 maggio, le forze israeliane hanno sferrato centinaia di attacchi aerei e proiettili di artiglieria a Gaza, uccidendo 25 persone; i gruppi armati palestinesi hanno lanciato centinaia di missili contro Israele, uccidendo quattro persone. Tra il 12 e il 16 novembre, dopo che Israele ha ucciso un membro di spicco del gruppo armato della Jihad islamica palestinese in un attacco aereo, le ostilità sono divampate nuovamente. Israele ha lanciato attacchi aerei uccidendo 33 persone, tra cui 15 civili, mentre gruppi armati palestinesi hanno lanciato missili contro Israele, provocando feriti.

Israele ha anche scagliato attacchi aerei contro obiettivi iraniani e degli Hezbollah in Siria, Libano e Iraq.

Uccisioni illegali

Le forze militari e di sicurezza israeliane hanno ucciso almeno 38 palestinesi, tra cui 11 minori, durante le manifestazioni nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs – Ocha). Molti sono stati uccisi illegalmente con munizioni vere o facendo ricorso a uso eccessivo della forza quando non rappresentavano una minaccia imminente alla vita. Molte delle uccisioni illegali sono apparse intenzionali, il che costituirebbe un crimine di guerra.

I palestinesi nella Striscia di Gaza hanno continuato per settimane con proteste della “Grande marcia del ritorno”, iniziata nel marzo 2018. Secondo il Centro palestinese per i diritti umani, al 27 dicembre erano stati uccisi 215 palestinesi, tra cui 47 minori, quattro paramedici e due giornalisti. Alcuni manifestanti palestinesi hanno commesso violenze, lanciando pietre e bombe molotov contro i soldati israeliani.

Il 28 febbraio, la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni commesse nel contesto delle proteste a Gaza tra marzo e dicembre 2018 ha determinato che le forze israeliane potrebbero aver commesso crimini di guerra, anche sparando deliberatamente contro civili palestinesi. A luglio, la stampa israeliana ha riferito che le forze armate israeliane avevano deciso di modificare i loro regolamenti sulle armi da fuoco, che avevano permesso ai cecchini di sparare agli arti inferiori dei manifestanti sopra il ginocchio, quindi dopo oltre un anno dal riconoscimento che tali regole provocavano inutilmente morti e ferite devastanti, i cecchini sono stati istruiti, per il futuro, a sparare sotto il ginocchio.

Il 16 maggio l’esercito israeliano ha chiuso senza formalizzare accuse le indagini sulla morte di Ibrahim Abu Thuraya, che utilizzava una sedia a rotelle, durante le proteste di Gaza del dicembre 2018.

Il 30 ottobre, l’esercito ha condannato ai lavori socialmente utili un soldato israeliano che ha sparato a Othman Halas, palestinese di 15 anni morto durante una protesta a Gaza nel luglio 2018, e ha ridotto il suo grado per “aver messo in pericolo una vita deviando dagli ordini“.

Attacchi aerei israeliani e bombardamenti nella Striscia di Gaza hanno ucciso 28 civili palestinesi che non partecipavano direttamente alle ostilità, tra cui 10 minori; 13 civili sono stati uccisi nelle ostilità del 3-6 maggio, e altri 15 in quelle del 12-16 novembre. Alcuni degli attacchi in cui i civili sono stati uccisi o feriti sembrano essere stati indiscriminati o sproporzionati, o sono stati eseguiti senza adeguate precauzioni per risparmiare i civili. Gli attacchi dei coloni israeliani contro i palestinesi in Cisgiordania hanno provocato l’uccisione di due palestinesi e il ferimento di 112, secondo l’Ocha. Da un lato, le forze israeliane non sono riuscite a intervenire per fermare tali attacchi, e dall’altro la magistratura israeliana non è riuscita ad assicurare i responsabili alla giustizia.


Libertà di movimento, diritto alla salute

Il blocco illegale aereo, terrestre e marittimo di Israele nella Striscia di Gaza, che ha limitato il movimento di persone e merci dentro e fuori l’area, ha continuato ad avere un impatto devastante sui diritti umani dei due milioni di abitanti di Gaza per il dodicesimo anno consecutivo. Queste misure hanno costituito una forma di punizione collettiva. A gennaio, l’Organizzazione mondiale della sanità ha denunciato che il blocco israeliano del carburante a Gaza stava gravemente colpendo ospedali e altri servizi sanitari. Tra il 26 agosto e il 1 settembre, a seguito di attacchi missilistici in Israele, le autorità israeliane hanno dimezzato la fornitura di carburante a Gaza, arrivando al risultato di fornire un massimo giornaliero di quattro ore di elettricità.

A giugno, il Centro palestinese per i diritti umani ha segnalato una grave carenza di medicinali per i pazienti con cancro e malattie croniche a Gaza. Israele ha continuato a negare arbitrariamente i permessi medici ai residenti di Gaza per consentire loro di entrare in Israele o in Cisgiordania per le cure. A gennaio, Israele ha esteso i limiti di pesca al largo della costa di Gaza a 12 miglia nautiche, ancora al di sotto delle 20 miglia nautiche concordate negli accordi di Oslo firmati da Israele e dalla Organizzazione per la liberazione della Palestina negli anni Novanta. In Cisgiordania, almeno 100 posti di blocco e blocchi stradali israeliani hanno continuato a limitare pesantemente il movimento dei palestinesi, ed essere in possesso di una carta di identità palestinese rappresenta un ostacolo all’uso delle strade costruite per i coloni israeliani.
Detenzioni

Arresti e detenzioni arbitrarie

Le autorità israeliane hanno condotto centinaia di incursioni in Cisgiordania per arrestare i palestinesi, di solito di notte, nelle loro case. Sono stati detenuti nelle carceri in Israele, insieme a migliaia di altri palestinesi dell’Opt arrestati negli anni precedenti. Ciò viola il diritto internazionale umanitario, che vieta il trasferimento dei detenuti nel territorio della potenza occupante.

Il 31 ottobre, le forze israeliane hanno arrestato Khalida Jarrar, ex membro del Consiglio legislativo palestinese del Consiglio direttivo dell’Associazione Addameer per il sostegno ai prigionieri e per i diritti umani. È stata accusata di “detenere una posizione in un’associazione illegale” ed è rimasta in detenzione a partire dalla fine dell’anno.

Le autorità israeliane hanno usato ordini di detenzione amministrativa rinnovabili per trattenere i palestinesi senza accuse, né processo.

Secondo il Servizio penitenziario israeliano, circa 4638 palestinesi provenienti dagli Opt, tra cui 458 detenuti amministrativi, sono stati trattenuti nelle carceri israeliane a partire dal 30 novembre. Molte famiglie di detenuti palestinesi in Israele, in particolare quelli di Gaza, non avevano il permesso di entrare in Israele per visitare i loro parenti. I civili palestinesi degli Opt, inclusi i minori, sono stati processati in tribunali militari che non soddisfacevano gli standard internazionali per un processo equo.

Minori in custodia

Israele ha tenuto in prigione 182 minori palestinesi, di cui due in detenzione amministrativa, a partire dal 30 novembre. Difesa dei bambini internazionale-Palestina ha affermato che i minori sono stati interrogati senza i genitori presenti e messi in prigione con adulti. Secondo il diritto internazionale, la detenzione di minori dovrebbe essere una misura di ultima istanza e per il tempo più breve possibile.

Il 22 gennaio, le forze israeliane hanno arrestato il quattordicenne Suleiman Abu Ghosh del campo profughi di Qalandia, e lo hanno tenuto in detenzione amministrativa per quattro mesi.

Discriminazione

A settembre, il Servizio penitenziario israeliano ha rifiutato una richiesta di traduzione delle norme carcerarie in arabo, presentata dall’Associazione per i diritti civili in Israele. Ha sostenuto che non era tenuto a farlo secondo la legge dello stato-nazione, una legge di natura costituzionale che rende l’autodeterminazione un diritto riservato agli ebrei e discrimina i civili palestinesi, anche declassando lo status della lingua araba.

Torture e altri maltrattamenti, morti in custodia

I soldati israeliani, la polizia e gli ufficiali della Agenzia di sicurezza israeliana hanno continuato a torturare e maltrattare i detenuti palestinesi, compresi i minori, impunemente. I metodi segnalati includevano percosse, schiaffi, incatenamenti dolorosi, privazione del sonno, posizioni di stress e minacce. L’isolamento prolungato, a volte per mesi, è stato comunemente usato come punizione.

Il 29 settembre, il ministero della Giustizia ha avviato un’indagine dopo che Samir Arbeed è stato ricoverato in ospedale con costole rotte e insufficienza renale a seguito di torture da parte delle forze israeliane durante gli interrogatori.

Quattro palestinesi sono morti in custodia a causa di torture o altri maltrattamenti da parte delle forze israeliane. Uno di loro, Nassar Taqatqa, interrogato dall’Agenzia di sicurezza israeliana, è morto il 16 luglio in prigione, a un mese dall’arresto. Il Servizio penitenziario israeliano ha dichiarato che sta indagando sulla sua morte. Le autorità hanno rifiutato di restituire i corpi di tre dei prigionieri.
Diritto alla casa, sgomberi forzati

Israele ha demolito 621 strutture residenziali e di sostentamento palestinesi nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme est, sfollando 914 persone, in base a quanto riportato dall’Ocha. Le autorità israeliane hanno affermato che molti degli edifici demoliti non avevano permessi rilasciati da Israele; questi sono praticamente impossibili da ottenere per i palestinesi. La legge di occupazione proibisce tali demolizioni, a meno che non siano assolutamente necessarie per le operazioni militari. Il 22 luglio, le forze israeliane hanno demolito fino a 16 edifici residenziali nel villaggio di Sur Baher in Cisgiordania a causa della loro vicinanza al recinto che Israele ha in gran parte costruito su terra palestinese.

Israele ha demolito in modo punitivo almeno 14 case palestinesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est, lasciando 36 persone, tra cui 15 bambini, senzatetto, secondo B’selem, un’organizzazione israeliana per i diritti umani. Le demolizioni punitive costituiscono una punizione collettiva e sono proibite dal diritto internazionale.

Organizzazioni di coloni israeliane hanno avviato, con il sostegno delle autorità israeliane, sgomberi forzati di palestinesi dalle loro case a Gerusalemme est. L’Ocha ha stimato che a gennaio circa 200 famiglie palestinesi hanno sfratti in corso, situazione che mette 877 tra adulti e bambini a rischio di sfollamento.

Il 10 luglio, le autorità israeliane hanno sgomberato con la forza il palestinese Ilham Siyam e la sua famiglia dalla loro casa a Silwan, Gerusalemme est.

Il tribunale distrettuale si era pronunciato a favore dell’associazione di coloni israeliani Elad sulla proprietà della casa, ponendo fine a una battaglia legale che durava da quasi 30 anni.

Il 28 gennaio, le autorità israeliane hanno annunciato un piano per trasferire forzatamente 36.000 cittadini beduini palestinesi che vivono in villaggi “non riconosciuti” nel Negev / Naqab in Israele in quartieri pianificati dal governo; Israele rifiuta di riconoscere quei villaggi come legali o di fornire loro servizi comunali. A dicembre, le autorità israeliane hanno demolito il villaggio beduino palestinese di alAraqib per la 169esima volta.
Libertà di parola e associazione

Le autorità hanno utilizzato una serie di misure, tra cui incursioni, campagne di incitamento, restrizioni di movimento e persecuzioni giudiziarie, per colpire difensori dei diritti umani, giornalisti e altri che hanno criticato il proseguimento dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e delle alture siriane del Golan.

A febbraio, il ministero degli Affari strategici ha pubblicato un rapporto che elencava operatori palestinesi per i diritti umani e attivisti per boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, etichettandoli come “terroristi in giacca e cravatta”. Tra questi c’erano Shawan Jabarin, direttore generale del Gruppo palestinese per i diritti umani Al-Haq; Raja Sourani, direttore del Centro palestinese per i diritti umani; e Salah Hamouri, ricercatore franco-palestinese di Addameer. Il 19 settembre, le forze israeliane hanno fatto irruzione nell’ufficio di Addameer a Ramallah e hanno sequestrato l’attrezzatura.

Israele ha continuato a negare l’ingresso agli organismi dei diritti umani negli Opt, incluso il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani negli Opt. A ottobre, Israele ha impedito al campaigner di Amnesty International su Israele e Opt, Laith Abu Zeyad, di uscire dalla Cisgiordania per “motivi di sicurezza”, apparentemente come misura punitiva contro il lavoro sui diritti umani dell’organizzazione.

Nella notte tra il 21 e il 22 luglio, le autorità israeliane hanno tentato di espellere con la forza il fotoreporter palestinese Mustafa al-Kharouf verso la Giordania, dove non ha diritti di cittadinanza o di residenza, apparentemente perché aveva documentato violazioni dei diritti umani da parte delle autorità israeliane a Gerusalemme est. La Giordania ha bloccato il tentativo, che sarebbe stato un crimine di guerra. È stato trattenuto in detenzione arbitraria dal 22 gennaio fino alla sua liberazione condizionale il 24 ottobre. La legge anti-boicottaggio è stata utilizzata per colpire attivisti e organizzazioni critiche verso le politiche israeliane. A novembre, la Corte suprema israeliana ha confermato un ordine di espulsione contro il direttore di Human Rights Watch Israele e Palestina, Omar Shakir, che era stato avviato ai sensi di legge. Il 25 novembre è stato espulso. A giugno, la compagnia energetica statale Energix ha usato la legge per citare in giudizio Al-Marsad – Centro arabo sui diritti umani delle alture del Golan, per aver pubblicato un rapporto sul grande progetto di energia eolica della compagnia su terreni privati di siriani nel Golan occupato.
Violenze di genere

Le violenze contro le donne persistono in Israele, soprattutto contro le donne palestinesi israeliane. Almeno 13 donne sono state uccise a causa della violenza di genere.
Rifugiati, richiedenti asilo politico e lavoratori migranti

Israele ha continuato a negare ai richiedenti asilo l’accesso a un processo equo e rapido di determinazione dello status di rifugiato, lasciando molti senza accesso ai servizi di base. Circa 30.000 richiedenti asilo vivevano in Israele. Al 30 giugno, non erano state concessioni di asilo, mentre sono rimaste in sospeso circa 15.000 domande.

A settembre, la Corte suprema ha respinto una petizione per bloccare l’espulsione di figli di lavoratori migranti nati in Israele e residenti senza uno status giuridico.
Obiettori di coscienza

Almeno tre obiettori di coscienza israeliani al servizio militare sono stati incarcerati. Ad agosto, l’obiettore di coscienza Roman Levin è stato rilasciato dopo 82 giorni in isolamento.


Arresti, torture, forza illegale contro i palestinesi: Amnesty International accusa la polizia israeliana - Amnesty International Italia
24 giugno 2021

https://www.amnesty.it/arresti-torture- ... sraeliana/

In una dichiarazione diffusa il 24 giugno, Amnesty International ha accusato la polizia israeliana di aver commesso, durante e dopo il confitto in Israele e a Gaza, una lunga serie di violazioni dei diritti umani ai danni dei palestinesi in Israele e a Gerusalemme Est occupata, attraverso una campagna repressiva basata su arresti di massa, uso illegale della forza contro manifestanti pacifici, maltrattamenti e torture.

Inoltre, la polizia israeliana non ha protetto i cittadini palestinesi di Israele da attacchi premeditati di gruppi di suprematisti ebraici armati, persino quando tali attacchi erano stati resi noti in anticipo e la polizia ne era o avrebbe dovuto esserne a conoscenza.

“Le prove raccolte da Amnesty International compongono un drammatico quadro di discriminazione e di uso spietato della forza da parte della polizia israeliana contro i palestinesi in Israele e a Gerusalemme Est occupata. La polizia dovrebbe proteggere tutte le persone che si trovano sotto il controllo di Israele, ebrei o palestinesi che siano. Invece, gran parte degli arresti seguiti agli scontri intercomunitari hanno riguardato palestinesi e i pochi cittadini ebrei di Israele arrestati sono stati trattati con maggiore indulgenza. I suprematisti ebraici continuano a organizzare manifestazioni e i palestinesi continuano a subire repressione”, ha dichiarato Saleh Higazi, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

I ricercatori di Amnesty International hanno incontrato 11 testimoni e il Crisis Evidence Lab dell’organizzazione per i diritti umani ha esaminato 45 tra video e altri contenuti digitali per documentare oltre 20 casi di violazioni dei diritti umani commesse dalla polizia israeliana tra il 9 maggio e il 12 giugno 2021, in cui centinaia di palestinesi sono stati feriti e un ragazzo palestinese di 17 anni è stato ucciso.

Repressione discriminatoria

Dal 10 maggio, con l’inizio delle proteste nelle città israeliane con popolazione palestinese, sono cominciate anche le violenze fra comunità. Decine di persone sono rimaste ferite, due cittadini ebrei di Israele e uno palestinese sono stati uccisi, sinagoghe e cimiteri musulmani sono stati vandalizzati. Ad Haifa sono state distrutte 90 automobili appartenenti a palestinesi e sono state lanciate pietre contro le abitazioni di questi ultimi. A Gerusalemme Est i coloni israeliani hanno continuato a minacciare con la violenza i residenti palestinesi.

La risposta delle autorità israeliane è stata, il 24 maggio, il lancio dell’Operazione legge e ordine per, come l’hanno descritta gli organi d’informazione israeliani, “regolare i conti” con i manifestanti palestinesi e “dissuaderli” dall’organizzare ulteriori proteste.

Secondo il gruppo palestinese per i diritti umani “Mossawa”, fino al 10 giugno la polizia israeliana aveva arrestato oltre 2150 persone, più del 90 per cento delle quali erano cittadini palestinesi di Israele o residenti a Gerusalemme Est, ed erano state aperte 184 indagini nei confronti di 285 persone. Un’altra organizzazione per i diritti umani, “Adalah”, ha riportato una dichiarazione rilasciata il 27 maggio da un rappresentante della procura israeliana, secondo il quale i cittadini ebrei di Israele sotto indagine erano solo 30.

Nella maggior parte dei casi, secondo il Comitato per i cittadini arabi di Israele, i palestinesi sono stati arrestati per reati quali “offesa o aggressione a un agente di polizia” o “partecipazione a un raduno illegale” più che per atti di violenza contro persone o proprietà private.

Uso illegale della forza contro i manifestanti

Amnesty International ha documentato l’uso non necessario ed eccessivo della forza da parte della polizia israeliana per disperdere le manifestazioni palestinesi contro gli sgomberi forzati previsti a Gerusalemme Est occupata e contro l’offensiva su Gaza. Le proteste sono state per lo più pacifiche, anche se una minoranza ha attaccato la polizia lanciando pietre.

Le testimonianze oculari raccolte e i video verificati da Amnesty International hanno confermato che il 9 maggio, nel quartiere di Haifa denominato Colonia tedesca, circa 50 persone che stavano manifestando pacificamente e senza mettere in atto la minima provocazione sono state attaccate e in alcuni casi picchiate da agenti della polizia israeliana.

Il 12 maggio a Umm el-Fahem, nel nord d’Israele, il 17enne Muhammad Mahmoud Kiwan è stato colpito da un proiettile esploso da un agente di polizia israeliano mentre era seduto all’interno di un’automobile a poca distanza da una manifestazione. È deceduto una settimana dopo. Quello stesso giorno a Nazareth la polizia ha disperso senza preavviso una protesta pacifica di circa 40 palestinesi, aggredendone alcuni.

Il 18 maggio la 15enne Jana Kiswani è stata raggiunta da un colpo di pistola alla schiena mentre stava entrando a casa, nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est occupata. Poche ore prima si era svolta una manifestazione proprio davanti alla sua abitazione. Ha riportato fratture alle vertebre e non è certo se potrà riprendere a camminare. Le immagini verificate da Amnesty International mostrano la ragazza cadere in terra dopo essere stata colpita alla schiena.

Invece, le manifestazioni dei suprematisti ebraici sono andate e vanno avanti senza problemi. Il 15 giugno migliaia di israeliani hanno marciato provocatoriamente attraverso i quartieri palestinesi di Gerusalemme Est.

Violenze, maltrattamenti e torture

Tra le storie descritte da Amnesty International c’è quella di Ibrahim Souri, raggiunto da un proiettile al volto – probabilmente un KIP di 40 millimetri di calibro – il 9 maggio mentre, dal balcone di casa, stava riprendendo un pattugliamento della polizia nella città di Jaffa. Ha riportato fratture alle ossa facciali.

Amnesty International ha anche documentato casi di torture, come quelle praticate il 12 maggio nella stazione di polizia del Russian Compound di Nazareth. Secondo le testimonianze raccolte, un gruppo di agenti delle forze speciali ha preso a bastonate e a calci otto prigionieri che erano stati arrestati nel corso di una protesta.

L’avvocato di Ziyad Taha, un manifestante palestinese arrestato il 14 maggio vicino Haifa, ha riferito che, all’interno del centro di detenzione di Kishon, il suo cliente è stato legato braccia e gambe a una sedia e privato del sonno per nove giorni.

Mancata protezione dagli attacchi dei suprematisti ebraici

La polizia israeliana non ha protetto i palestinesi dagli attacchi organizzati da parte di gruppi di suprematisti ebraici armati, i cui progetti erano stati spesso resi noti anzitempo.

Amnesty International ha verificato 29 messaggi testuali e vocali su canali pubblici di Telegram e WhatsApp, dai quali è emerso come queste applicazioni siano state utilizzate per reclutare uomini armati e organizzare attacchi contro i palestinesi, tra il 10 e il 21 maggio, nelle città con popolazione ebraica e araba come Haifa, Acri, Nazareth e Lod.

I messaggi comprendevano istruzioni su dove e quando radunarsi e sulle armi da portare e persino dettagli sull’abbigliamento in modo da evitare di confondere ebrei di origine mediorientale con arabi palestinesi. I membri delle applicazioni si scambiavano selfie con le armi in pugno e messaggi come “Stanotte non siamo ebrei, stanotte siamo nazisti”.

Il 12 maggio centinaia di suprematisti ebraici si sono riuniti sulla passeggiata di Bat Yam dopo aver ricevuto messaggi dal partito politico “Potere ebraico” e da altri gruppi. Le immagini verificate da Amnesty International mostrano decine di persone mentre assaltano negozi di palestinesi e incoraggiano altri ad attaccare. Un palestinese di nome Said Musa è stato picchiato e investito da con un motorino. Per questo episodio, solo sei israeliani sono sotto inchiesta.

Anche rappresentanti politici e del governo hanno incitato alla violenza. Tra questi il deputato Itamar Ben-Gvir, di “Potere ebraico”, che ha incitato i suoi sostenitori a recarsi a Lod e in altre città e invocato l’uccisione di chi lanciava pietre, e il sindaco di Lod, Yair Revivo, che ha descritto gli eventi in corso in città come un pogrom contro gli ebrei. Gli arresti di quattro sospetti per l’uccisione di un palestinese di nome Musa Hassuna sono stati descritti dal ministro per la Sicurezza pubblica Amir Ohana “un fatto terribile”: dopo tre giorni sono stati rimessi in libertà su cauzione.

“Il fatto che cittadini ebrei di Israele, anche noti, abbiano potuto incitare apertamente alla violenza contro i palestinesi senza subire conseguenze descrive il livello di discriminazione istituzionalizzata ai danni dei palestinesi ed evidenzia l’urgente bisogno di protezione da parte di questa comunità”, ha dichiarato Molly Malekar, direttrice di Amnesty International Israele.
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