La Corte penale internazionale contro Israele

La Corte penale internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » ven feb 12, 2021 9:48 pm

La Corte penale internazionale contro Israele, Corte antisemita internazi comunista e filo nazi maomettana.

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L'ONU internazi comunista e nazi maomettano antisemita e antisionista
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Re: La Corte penale internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » ven feb 12, 2021 9:51 pm

Israele, la Corte penale internazionale ha aperto un'inchiesta per "crimini di guerra" commessi nei territori palestinesi
20 dicembre 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/1 ... 1576867259

Lo ha annunciato la procuratrice capo del tribunale, Fatou Bensouda. Il segretario dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Saeb Erekat, ha parlato di "fine all’impunità per gli autori di crimini", mentre il premier di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu, ha definito questo come "un giorno nero per la verità e la giustizia"

Taglio parlamentari, Berlusconi confessa: "Firme di Forza Italia per referendum? Così si va prima al voto"

La Corte Penale Internazionale de L’Aia ha aperto un’inchiesta per “crimini di guerra” nei territori palestinesi. Lo ha annunciato la procuratrice capo del tribunale, Fatou Bensouda, che si è detta “convinta che vi sia una base ragionevole per avviare un’indagine sulla situazione in Palestina. In sintesi, sono convinta che crimini di guerra sono stati o vengono commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme est, e nella Striscia di Gaza“. Mentre le autorità palestinesi plaudono all’iniziativa della Corte, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, parla di “un giorno nero per la verità e la giustizia”.

Tra le motivazioni che hanno portato alla decisione della Cpi, pubblicate sul sito ufficiale, si legge che “non vi sono ragioni sostanziali per ritenere che un’indagine non servirebbe gli interessi della giustizia – spiega Bensouda – Date le questioni legali e fattuali uniche e altamente controverse legate a questa situazione, vale a dire il territorio in cui può essere svolta l’indagine, ho ritenuto necessario invocare l’articolo 19 -3 dello Statuto per risolvere questo specifico problema”. Il procuratore spiega di aver chiesto, ed è su questo aspetto in particolare che si concentrano le obiezioni del governo israeliano, “alla Sezione preliminare I di pronunciarsi sulla portata della giurisdizione territoriale della Corte Penale Internazionale nella situazione in Palestina, in particolare se include la Cisgiordania, Gerusalemme est, e Gaza”.



Fatou Bensouda
avvocato nera, gambiana e nazi maomettana
https://it.wikipedia.org/wiki/Fatou_Bensouda

L'unica consolazione per Israele, se può esserla, è che oggi in tutto il mondo si indaga più su chi si difende che su chi commette crimini.
Chi lancia missili, fa attentati, usa bambini scuole ed ospedali come scudi, provoca incendi, istiga all'odio, viene tutelato attribuendo loro mille giustificazioni.
Chi reagisce viene subito messo sotto la lente d'ingrandimento trovando colpe inesistenti.
I capitali sottratti da Arafat o da Abu Mazen, dagli aiuti ai palestinesi, non fanno tanto scalpore come i presunti presi da Netanyahu.
Non parliamo poi delle operazioni fatte dai nostri politici coi soldi dei contribuenti.
A costoro le condanne si sono sempre risolte in bolle di sapone, vedremo cosa riserveranno a Salvini.
In Italia abbiamo poi delle regole assurde, per potere reagire ad un'infrazione o ad un furto, senza incorrere nella condanna, si deve essere morti, perché prima ci si deve sincerare che il ladro sia armato, che non sia un'arma giocattolo, che abbia intenzione d'usarla, e contrastarlo solo se è ancora in casa.
Questa è la legge, dire che è manovrata dalla politica è dire poco.

https://www.facebook.com/groups/Fightin ... 837590466/



Inchiesta Cpi su crimini di guerra nei Territori palestinesi. Netanyahu: giorno nero per verità
2° dicembre 2019

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... EaPa_QFWOI

20 dicembre 2019La procuratrice della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, ha annunciato l'apertura di un'inchiesta su "crimini di guerra" nei territori palestinesi. "Sono convinta che esista una ragionevole base a giustificare l'apertura di un'inchiesta sulla situazione in Palestina" e "che crimini di guerra siano stati commessi o vengano commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme Est, e nella Striscia di Gaza", ha dichiarato Bensouda.

Netanyahu: da Cpi giorno nero per verità e giustizia
La decisione del procuratore della corte penale internazionale (Cpi), fatou bensouda, è "un giorno nero per la verità e la giustizia". Lo ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu, secondo cui è "una decisione senza basi e oltraggiosa". Una mossa che "ignora la storia e la verità quando sostiene che l'atto stesso che gli ebrei vivano nella loro patria ancestrale, la terra della bibbia, sia un crimine di guerra". Netanyahu ha ribadito che "la Palestina non è mai stata uno stato". "Non rimarremo in silenzio", ha concluso.

Olp: iniziativa Cpi positiva e incoraggiante
Saeb Erekat, segretario dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), ha definito "positiva e incoraggiante" la decisione del procuratore della Corte Penale Internazionale (Cpi) chiedere l'apertura di un'inchiesta per presunti crimini di guerra commessi nei Territori palestinesi. Inoltre, ha affermato Erekat, l'iniziativa rappresenta un ulteriore passo verso un'indagine che potrebbe "porre fine all'impunità dei responsabili" e che simboleggia "un messaggio di speranza" nel fatto che "la giustizia è possibile".


La Corte Penale Internazionale e il suo pregiudizio contro Israele
20 dicembre 2019

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... _MXajOI1vg

Dopo cinque anni dall’esame preliminare a seguito della richiesta fatta dall’Autorità Palestinese, la Corte Internazionale dell’Aia, nella persona del suo Procuratore Capo, Fatou Bensouda, ha deciso che c’è una “base” per indagare supposti crimini di guerra commessi da Israele durante l’ultimo conflitto con Hamas nell’estate del 2014.

Secondo il parere della Bensouda vi sarebbe “Una ragionevole base per credere che crimini di guerra siano stati commessi nel contesto delle ostilità del 2014 a Gaza da parte dell’IDF“.

Siamo al solito copione. Quando Israele si difende e reagisce all’offensiva del nemico, siano essi attacchi di razzi come i 4844 lanciati su Israele da Hamas nel corso delle sette settimane del 2014, o più recentemente quando jihadisti tentano di introdursi in Israele sabotando la barriera di confine con Gaza facendosi scudo di una cosiddetta Marcia per la Pace e vengono poi uccisi, si tratta sempre di “uso sproporzionato della forza”.

Nel 2009, a seguito di un altro conflitto tra Hamas e Israele, l’Operazione Piombo Fuso, il Consiglio ONU per i Diritti Umani istituì una apposita commissione per verificare se Israele avesse commesso crimini di guerra. Seguì un rapporto chiamato con il nome del presidente della commissione, Richard Goldstone, il quale addossava interamente a Israele la responsabilità del conflitto. Sennonché, nel 2011, fu lo stesso giudice Goldstone a disconoscere quel rapporto dichiarando:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

Tuttavia, Israele deve essere colpevole, a prescindere. Così, nel 2004, un altro organo, la Corte Internazionale di Giustizia, emise un parere consultivo scandaloso, qualificando la barriera difensiva di Israele “illegale”. Nessuna considerazione cogente venne fornita della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno Stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa.

Nell’ottobre del 2018, la stessa Fatou Bensouda dichiarò, relativamente al contenzioso che aveva come oggetto il villaggio beduino di Khan al’Ahmar, sito nell’Area C della Cisgiordania che se fosse stato demolito, si sarebbe trattato di un “crimine di guerra”.

Non è un caso naturalmente che né Israele né gli Stati Uniti abbiano firmato il Trattato di Roma a cui la Corte si ispira, non riconoscendo alla Corte alcun potere giurisdizionale sul proprio territorio.

In questo senso, la posizione espressa dal Procuratore di Stato Avichai Mandelblit in merito alle dichiarazioni della Bensouda non possono essere più chiare:

“La posizione legale dello Stato di Israele, che non fa parte dell’CPI, è che la Corte non abbia giurisdizione relativamente a Israele e che qualsiasi azione palestinese rivolta alla Corte non sia legalmente valida”.

La stessa adesione dello Stato Palestinese alla Corte, avvenuta nel 2015, con l’evidente scopo di trovarvi una accoglienza alle proprie istanze, pone il problema su come la Corte possa affermare la propria giurisdizione nei confronti uno Stato inesistente secondo i criteri base del Diritto Internazionale.

La Corte, dunque, non può intervenire in merito a una questione che interpella due attori, da una parte lo Stato di Israele, sul quale essa non ha alcuna giurisdizione non facendo esso parte dell’ICC, dall’altro l’entità conosciuta come “Stato palestinese”, che non essendo uno Stato non può in alcun modo rientrare nella giurisdizione della Corte.

Di cosa si tratta allora? Evidentemente di una decisione la quale evidenzia la natura squisitamente politica della Corte, ben lontana dall’imparzialità che dovrebbe connotarne l’operatività, ragione per la quale, né Israele né gli Stati Uniti le riconoscono, alcuna legittimità.


Alberto Pento
Questo pregiudizio ha un nome preciso: razzismo antisemita nella sua declinazione antisionista/antisraeliana (di cui sono affetti e infetti alcuni cristiani, tutti i social sinistri dai fascio-nazisti ai comunisti e tutti i nazi maomettani che sono i peggiori a cominciare dai nazi palestinesi).




Sinistra americana anti-israeliana: insulti a Netanyahu e politica filo-palestinese
Maurizia De Groot Vos
20 dicembre 2019

https://www.rightsreporter.org/sinistra ... pv_inKimAw

Sembrerebbe che la sinistra americana non abbia capito bene la lezione inglese. Sebbene le condizioni siano oggettivamente diverse, l’odio anti-israeliano che emerge ogni volta che parlano di politica in Medio Oriente è così evidente che anche chi non apprezza Donald Trump finisce comunque per preferirlo a qualsiasi candidato democratico.

Il più accanito anti-israeliano è paradossalmente un ebreo, Bernie Sanders, che anche ieri parlando a Los Angeles durante un dibattito tra i candidati democratici alle primarie, ha attaccato duramente la politica israeliana e in particolare quella di Benjamin Netanyahu.

«Israele ha – e lo dico come qualcuno che ha vissuto in Israele da bambino, orgogliosamente ebreo – il diritto di esistere, non solo per esistere ma per esistere in pace e sicurezza. Ma ciò che deve essere la politica estera degli Stati Uniti non è solo essere pro-Israele. Anche noi dobbiamo essere filo-palestinesi» ha detto Sanders dal palco democratico.

Poi è passato agli insulti verso Netanyahu definendolo “un razzista”. «Dobbiamo capire che proprio ora in Israele abbiamo una leadership sotto Netanyahu, che recentemente, come sapete, è stato incriminato per corruzione e che, a mio avviso, è un razzista» ha detto Sanders.

Poi ha detto che la politica americana in Medio Oriente dovrebbe essere più equa e pensare anche a Gaza dove c’è una disoccupazione giovanile pari al 60/70% come se la colpa di questa situazione sia di Israele e non dei mafiosi di Hamas che tengono deliberatamente la popolazione al limite della povertà nonostante le decine di miliardi di dollari ricevuti come aiuti umanitari e spesi in armi o trasferiti sui conti miliardari dei loro capi.

Bernie Sanders ha poi insistito ancora una volta sul fatto che gli Stati Uniti dovrebbero condizionare gli aiuti militari a Israele al fatto che Gerusalemme dovrebbe piegarsi alle richieste palestinesi sulla soluzione a due stati basata sui confini del 1967 e quindi evacuare gli insediamenti in Giudea e Samaria.

Ma non è solo Sanders ad avanzare tali ipotesi. Altri due candidati democratici, Elizabeth Warren e Pete Buttigieg, hanno espresso gli stessi concetti pur con qualche distinguo e meno insulti al governo israeliano.

Pete Buttigieg ha attaccato Trump definendo la sua politica in Medio Oriente come «incentrata a interferire efficacemente nella politica interna israeliana».

Ad insistere sulla soluzione a due stati basata sui confini del 67 è stato anche l’ex vice-Presidente, Joe Biden, pure lui in corsa per sfidare Donald Trump.

«Non c’è soluzione per Israele al di fuori della soluzione a due stati», ha detto Biden. «Dobbiamo esercitare costantemente pressioni sugli israeliani affinché si muovano verso una soluzione a due stati, a costo di usare gli aiuti per la sicurezza come arma di pressione».

Alla fine sembra che tutti i candidati repubblicani alla presidenza abbiano una linea comune per quanto riguarda la politica americana in Medio Oriente, una politica palesemente filo-palestinese e quindi anti-israeliana.

E così anche il più accanito oppositore di Donald Trump si trova nelle condizioni di non poter votare chi vorrebbe tornare alla politica filo-araba di Obama che tanti danni ha creato in Medio Oriente, danni di cui ancora ne stiamo pagando il prezzo.



Crimini di guerra: il castello di menzogne su Israele spiegato bene
Maurizia De Groot Vos
23 dicembre 2019

https://www.rightsreporter.org/crimini- ... FMItv4ZuFE

Quando venerdì scorso il Tribunale Penale Internazionale (ICC/TPI) ha annunciato l’avvio di una inchiesta per crimini di guerra contro Israele, sin da subito la stampa internazionale e ogni movimento antisemita della terra ha esultato.

Amnesty International è arrivata a scrivere che «la decisione odierna del procuratore della Corte penale internazionale è un passo storico verso la giustizia dopo decenni di crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale commessi nei territori palestinesi occupati (da Israele n.d.r.)».

In realtà il Tribunale Penale Internazionale non ha aperto alcuna inchiesta, non ancora, ma ha dichiarato di avere elementi per poterla aprire e ha delegato tre giudici della Corte (Péter Kovács, ungherese, Marc Perrin de Brichambaut, francese, e Reine Adélaïde Sophie Alapini-Gansou, del Benin) di valutare se il Tribunale Penale Internazionale ha giurisdizione per poterlo fare.

Il problema della giurisdizione non è secondario. La Palestina non è uno Stato e anche se ha aderito allo Statuto di Roma tecnicamente non può rivolgersi al Tribunale Penale Internazionale per avanzare accuse contro un altro Stato come Israele che, per di più, non ha aderito al TPI e quindi nemmeno lo riconosce.

Ma non è nemmeno questo il punto focale sulla giurisdizione del TPI su Israele. Il vero punto lo spiega bene un parere legale pubblicato dal Procuratore Generale di Israele, Avichai Mandelblit, il quale in 34 pagine spiega con dovizia di particolari perché il TPI non ha alcuna giurisdizione né su Israele né sulla cosiddetta “Palestina”.

Tra le altre cose il Procuratore Generale di Israele spiega che «anche nel caso in cui lo Statuto di Roma dovesse essere male interpretato in modo da consentire alle entità non sovrane di conferire giurisdizione alla Corte, gli accordi israelo-palestinesi esistenti chiariscono che i palestinesi non hanno giurisdizione penale né di diritto né di fatto sull’area C, Gerusalemme e sui cittadini israeliani – e quindi non possono validamente delegare tale giurisdizione alla Corte».

In sostanza è proprio lo Statuto di Roma ha stabilire che l’assenza di uno Stato sovrano palestinese interdice la Corte ad esercitare giurisdizione su quei territori indicati nell’annuncio emesso dal Tribunale Penale Internazionale, che per altro sono soggetti ad accordi riconosciuti internazionalmente i quali indicano espressamente che qualsiasi contenzioso tra le parti deve essere risolto attraverso negoziati diretti.

Le organizzazioni internazionali, tra le quali il Movimento BDS, Amnesty International e altre, affermano che l’adesione della cosiddetta “Palestina” allo Statuto di Roma nei fatti sarebbe un vero e proprio riconoscimento e che quindi i palestinesi hanno ogni Diritto a chiedere l’intervento del Tribunale Penale Internazionale.

È un’altra bugia. Proprio lo Statuto di Roma prevede che la Corte abbia giurisdizione sul “territorio di…” ovvero su uno Stato riconosciuto e con confini ben definiti. La cosiddetta “Palestina” non soddisfa nessuno di questi requisiti.

Il Procuratore Generale di Israele spiega ancora che «se il Tribunale Penale Internazionale conducesse una solida valutazione della documentazione legale e fattuale, la sua inevitabile conclusione dovrebbe essere che uno Stato sovrano palestinese non esiste e che quindi il presupposto per una sua giurisdizione su quei territori verrebbe a mancare ai sensi del Diritto Internazionale».

C’è poi un altro punto importante da valutare. Sempre secondo lo Statuto di Roma la Corte Penale Internazionale può avviare un procedimento solo se il governo di un paese non riesce a indagare adeguatamente sulle accuse ad esso rivolete. Non è il caso di Israele, una democrazia perfettamente in grado di mettere sotto accusa e giudicare i propri militari e politici nel caso compiano qualsivoglia reato, compreso quello di crimini di guerra. Gli israeliani lo hanno già ampiamente dimostrato in passato.

Fino a qui la “parte legale” che smonta il castello di menzogne messo in piedi da odiatori seriali e media in cerca di visibilità. Ora parliamo tranquillamente delle accuse rivolte a Israele.

Secondo il Tribunale Penale Internazionale l’IDF avrebbe commesso crimini di guerra a Gaza e in Giudea e Samaria. Nel primo caso i militari israeliani sono accusati di aver “deliberatamente ucciso civili palestinesi”, di “aver colpito ambulanze” e altre accuse, nel secondo caso invece l’accusa è quella di aver “deportato” la popolazione araba per costruire insediamenti il che, secondo il Diritto Internazionale, sarebbe un crimine di guerra in quanto Israele è considerato “potenza occupante”.

Ora, nel caso di Gaza l’accusa è inventata di sana pianta. L’esercito israeliano è riconosciuto dai più alti livelli militari mondiali come il più “eticamente corretto”, quello cioè che più di tutti tra gli eserciti regolamentari mette in primo piano la salvezza dei civili. Ma la cosa diventa difficile da fare se i terroristi palestinesi usano i civili come scudi umani o se posizionano le loro basi sotto gli ospedali, se posizionano le batterie di missili in mezzo alle case o se, ancora, trasportano uomini armati e armi all’interno di ambulanze.

L’uccisione accidentale di civili da parte israeliana è quindi la conseguenza di una deliberata strategia portata avanti in maniera conscia dai terroristi palestinesi e non di una deliberata decisione dei vertici militari o politici israeliani.

Per quanto riguarda invece la “deportazione” di popolazione araba per costruire insediamenti è davvero una balla colossale. Nessun cittadino arabo è stato forzato a lasciare la propria terra per costruire insediamenti che invece sono costruiti in zone non abitate e spesso aride, non adatte nemmeno alla pastorizia. Se poi gli israeliani sono bravi nel trasformare il deserto in verdi oasi non è certo un crimine.

Concludendo, si mettano il cuore in pace i giudici strumentalizzati e gli odiatori seriali. Nessuno può accusare Israele di crimini di guerra, sia dal lato del Diritto Internazionale che da quello dei fatti oggettivi. Basta solo informarsi un pochino in maniera oggettiva.



La Corte Penale Internazionale e il retroscena

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... UVBuEXAm_c

È di questi giorni la notizia che la Corte Penale Internazionale, attraverso il parere di un suo giudice, il Procuratore Capo Fatou Bensouda, possa aprire un procedimento contro Israele per crimini di guerra. Se, dalla fase dell’esame preliminare si passerà al procedimento effettivo, esso avrà pesanti ripercussioni per numerosi politici e militari israeliani. E’ utile ricordare che i procedimenti della Corte Penale Internazionale sono rivolti contro le persone e non contro gli Stati.

In passato, per tre volte, il Procuratore Capo Bensouda ha respinto, perché non vi erano gli estremi, un procedimento contro Israele sempre per “crimini di guerra”. E’ accaduto relativamente alla vicenda della Mavi Marmara del 2010, la nave che faceva parte di una flottiglia allestita da un’organizzazione terroristica turca, la IHH, “mascherata” da organizzazione umanitaria, con l’intenzione di rompere il blocco navale, legittimo, che Israele aveva imposto a Gaza per prevenire il traffico di armi gestito da Hamas. La presa di controllo della nave da parte di Israele costò la vita a 10 cittadini turchi. La richiesta di procedimento fu richiesta dalle Isole Comore nel maggio del 2013. Richiesta respinta dal giudice Bensouda. La richiesta fu, nuovamente, ripresentata da una camera pre-processuale della stessa Corte Penale Internazionale su insistenza delle Comore nel luglio 2015 e nuovamente rigettata dal giudice Bensouda. Infine – caso unico al mondo – ripresentata per la terza volta nel settembre del 2019 e cassata definitivamente il 2 dicembre. In che cosa di diversifica l’atteggiamento del giudice in merito al caso della Mavi Marmara e quello attuale dei presunti “crimini di guerra” di Israele in Giudea, Samaria, Gerusalemme e Striscia di Gaza?

Nel primo caso si è trattato di un “semplice” caso di verifica del rispetto o meno del diritto internazionale in una azione di autodifesa. Nel secondo si stratta di un “difficile” caso dove il diritto internazionale è completamente soppiantato da una logica politica, portata avanti in maniera maniacale da ONU, UE e dagli USA – cominciando co l’Amministrazione Carter e proseguendo fino all’Amministrazione Obama– che vede in Israele una “forza occupante” di “territori palestinesi” a prescindere della validità storica e giuridica di questo assunto.

I presupposti per individuare supposti “crimini di guerra”, sono essenzialmente due: la costruzione di abitazioni in Giudea, Samaria (Cisgiordania o West Bank) compresa Gerusalemme, e l’uso “sproporzionato” della forza nella Striscia di Gaza. Il primo presupposto si fonda sul Memorandum Hansell scritto da un giurista americano tra il 1978-1979 per volontà dell’allora presidente americano Jimmy Carter.

Nel suo memorandum, Hansell sostenne l’idea che Israele violasse il diritto internazionale e più precisamente l’art. 49 comma VI della IV convenzione di Ginevra del 1949, permettendo l’insediamento di civili in Giudea, Samaria e Gerusalemme. Il testo dell’articolo è il seguente:

Art. 49 Comma VI:

“La Potenza occupante non potrà procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato.”

Sull’interpretazione data da Hansell a questo comma dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra si è costruita tutta intera la tesi dell’illegalità della presenza ebraica in Giudea, Samaria e Gerusalemme.

E’ opportuno ribadire che questa tesi non ha fondamento per due semplici ragioni:

Non si può parlare di “territori occupati” perché questi territori furono assegnati al popolo ebraico con il Mandato britannico di Palestina del 1922. Inoltre con gli accordi di Oslo del 1995 le aree dove sorgono i così detti “insediamenti” sono state riconosciute, dai palestinesi stessi, come di pertinenza esclusiva israeliana (area C) e di amministrazione mista area B. Quindi pienamente legali.
Considerare la presenza di civili ebrei in Giudea, Samaria e Gerusalemme come conseguenza di “deportazione o trasferimento” coatto non ha basi giuridiche (e di buon senso). Nel commentario della Croce Rossa Internazionale del 1958 sul terzo paragrafo della IV Convenzione di Ginevra (utilizzato in tutto il mondo giuridico sul tema dell’occupazione) si ribadisce in modo inequivocabile che per “ deportazione o trasferimento” si intende un’azione coatta sotto la minaccia delle armi, e si riferisce all’opera di deportazione e colonizzazione che fece la Germania nazista durante la Seconda Guerra mondiale quando invase i paesi dell’Est Europa. Cosa evidentemente non applicabile a Israele e ai “territori”, in quanto, in questo caso, la popolazione civile è tornata, in taluni casi, dopo essere stata cacciata dai giordani, in altri casi acquistando un terreno ed edificando, in altri ancora, andando a vivere in zone diverse e sparse sul territorio e mai in un luogo unico e concentrato, cioè in modo indipendente e senza imposizioni governative. Lo evidenzia anche il fatto che in diverse circostanze sono state demolite abitazioni costruite abusivamente e senza autorizzazioni con sentenza della stessa Corte Suprema israeliana.

La tesi di Hansel venne disconosciuta dall’Amministrazione Reagan ma è rimasta in voga in ambito internazionale. La sua flagrante pretestuosità è dimostrata dal fatto che in nessun caso al mondo – di reale occupazione – il comma 6 dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra sia mai stato applicato. Per di più non fu mai applicato neanche ai territori stessi di Giudea e Samaria durante l’illegale occupazione giordana durata del 1948 al 1967. Si è iniziato ad applicarlo politicamente, esclusivamente, a Israele, a partire dal 1978.

Il memorandum Hansell prevedeva la fine dell’”illegalità”, della presenza ebraica nei territori, nel momento in cui si fosse trovato un accordo con la Giordania. Cosa che è avvenuta nel 1994 con il trattato di pace tra i due paesi con il quale, la Giordania ha rinunciato definitivamente a ogni rivendicazione sopra i territori ad ovest del fiume Giordano.

Alla luce di ciò, se non è applicabile il comma 6 dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra, e il memorandum Hansell è di fatto terminato con il trattato di pace tra Giordania e Israele, come ha fatto la presenza ebraica in Giudea e Samaria a diventare addirittura un “crimine di guerra”?

In virtù di quello che è uno degli organismi internazionali più politicizzati assieme al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e all’Assemblea Generale – il Tribunale Penale Internazionale. Ciò accadde con il Trattato di Roma del 1998 con cui si decise di far diventare crimini di guerra i divieti, imposti ad un paese occupante, sanciti dalla IV Convenzione di Ginevra.

Nello Statuto della Corte Penale Internazionale, approvato con il Trattato di Roma del 1998 e diventato operativo a partire dal 2002 dopo la ratifica di Istanbul del 2002, al suo articolo 8 comma VIII si legge:

“Il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio”.

Questo articolo è praticamente identico all’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra con la fondamentale aggiunta dell’inciso, diretto o indiretto, relativo al trasferimento della popolazione. E’ una aggiunta di estrema importanza per due motivi:

1) Da conferma che l’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra prevedeva solo il trasferimento o la deportazione coatta di popolazione altrimenti non ci sarebbe stata necessità di questa aggiunta. E questo sconfessa la “dottrina Hansell” se c’erano dei dubbi.

2) La lettura dei verbali di stesura dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale, ci fa capire in modo inequivocabile che furono i paesi dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica a volere fortemente l’inserimento di questo inciso con il chiaro intento di poterlo utilizzare un giorno contro Israele.

Il Tribunale Penale Internazionale è stato creato con modalità politiche del tutto simili a quelle relative all’Assemblea Generale. I paesi che vi hanno aderito sono 122 su 193 riconosciuti dall’ONU. Non vi hanno aderito tra gli altri Israele e gli USA. L’Amministrazione Clinton aveva firmato il trattato di Roma con molte riserve poi però il Congresso non lo ha ratificato rendendo nulla la firma. Nel 2002, il presidente George W. Bush, su indicazione di John Bolton, firmò una legge l’ “American Service Members’ Protection Act”, con la quale di fatto si autorizzano i presidenti USA ad utilizzare “tutti i mezzi” per liberare i soldati e il personale americano all’estero che, eventualmente, venisse condannato dal Tribunale Penale. Questa legge sancisce l’illegalità, per gli USA, dei provvedimenti del tribunale.

Dal 2015 è subentrato un centoventitreesimo Stato firmatario che uno Stato non è: la Palestina il cui ingresso contravviene lo stesso Statuto del tribunale. Per suo Statuto il Tribunale prevede, come tutti gli altri organismi internazionali riconosciuti dall’ONU, che vi possano aderite solo gli Stati riconosciuti cioè quelli con le caratteristiche legali previste dalla Convenzione di Montevideo. Lo “Stato di Palestina” non ha nessun requisito minimo per essere riconosciuto come tale, tanto è vero che non è riconosciuto come Stato dall’ONU, in quanto è necessario il riconoscimento da parte del Consiglio di Sicurezza che è l’unico organismo legale deputato a farlo. Si è trovato però il modo di aggirare l’ostacolo facendolo diventare “Stato Osservatore” tramite la decisione politica di un organismo squisitamente politico: l’Assemblea Generale dell’ONU. Questo sotterfugio ha permesso allo “Stato di Palestina” di venir accettato, presso il Tribunale Penale Internazionale nel 2015, ingresso a cui ha fatto immediatamente seguito da parte del suo rappresentante una denuncia nei confronti di Israele per “crimini di guerra”.

Va altresì sottolineato che la Corte Penale Internazionale agisce quando, in un Stato indipendente o in uno soggetto ad occupazione, avvengono dei presunti crimini e il sistema giudiziario dello Stato denunciato, per le più svariate ragioni, non ha l’autonomia o le capacità di giudicare i presunti colpevoli. Quindi, il tribunale si sostituisce all’autorità giudiziaria locale. In pratica si riconosce l’incapacità di uno Stato di poter garantire giustizia per dei crimini commessi al proprio interno. Applicando questo principio ad uno Stato di diritto come Israele con il suo sistema giudiziario altamente autonomo e garantista, ad iniziare dalla Corte Suprema, se ne delegittima completamente la legalità. Ed è questa, in ultima analisi, la finalità: delegittimare Israele come Stato di diritto oltre che come “forza occupante illegale” che non sarebbe in grado di perseguire i responsabili dei “crimini di guerra”.

Le motivazioni squisitamente “politiche” e non di diritto che hanno portato il giudice Fatou Bensouda a intravedere le basi di un procedimento contro Israele sono le seguenti:

L’accettazione della denuncia dello “Stato di Palestina” è un atto politico e non ha basi giuridiche, perché come evidenziato, si tratta di un “Stato” che ha solo i requisiti politici (decisione Assemblea Generale) e non giuridici (Consiglio di Sicurezza) per essere considerato tale.

Per fare degli esempi è come se un giorno, politicamente e non legalmente, si accettassero le istanze dei catalani, dei baschi, dei nord irlandesi o dei lombardi per denunciare i governi centrali dei paesi di cui fanno parte.

Seconda considerazione: il giudice asserisce nella sua motivazione a procedere, che ci sono delle basi in quanto si tratta di “territori occupati palestinesi” in base unicamente al fatto che così sono descritti da “numerose risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU” che però è un organo politico e non giuridico, e non entra mai in merito se dal punto di vista del diritto internazionale, li si possa considerare tali. Si tratta dunque di una considerazione politica e non legale, esattamente come, nel 2004, si espresse la Corte di Giustizia Internazionale in merito alla barriera difensiva di Israele.

Terza considerazione: il giudice non esprime un’opinione sul fatto che Israele abbia un sistema legale che possa autonomamente ravvisare violazioni dei diritti umani o “crimini di guerra”. Quindi se ritiene necessaria un’azione del Tribunale Penale Internazionale cio vuol dire che Israele non ha un sistema giudiziario all’altezza e implicitamente ne delegittima il sistema.

Quarta considerazione: nessun altro caso simile è mai stato aperto. In nessun caso di reale occupazione, per citare solo le più note: Cipro, Cambogia, Timor Est, Libano, Crimea, Sahara Occidentale, Nagorno Karabach, sono mai state ravvisati gli estremi per aprire procedure in base all’art. l’art. 49 comma VI della IV convenzione di Ginevra del 1949 o per “crimini di guerra” in base all’art. 8 comma VIII dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale.

Il diritto per essere tale deve essere universale e applicabile a tutti i casi in egual modo e non una volta si e dieci no altrimenti è meramente un fatto politico e non giuridico.

Si può affermare senza ombra di dubbio che il voler vedere un “crimine di guerra”, nella costruzione di case e nel permettere a dei comuni cittadini che lo desiderano di risiedere in un territorio non occupato, non ha nulla a che fare con il diritto ma ha solo a che spartire con la politica.

In merito al presunto uso sproporzionato della forza, il diritto internazionale è molto vago e suscettibile di varie interpretazioni. Diventa assai difficile poterlo applicare in casi di conflitto “standard” cioè tra due eserciti e relative azioni militari che colpiscono la popolazione civile durante gli avvenimenti bellici ma diventa quasi impossibile in casi di guerra “asimmetrica” cioè tra uno Stato e un’organizzazione terroristica che fa uso della popolazione civile come scudo umano. Di questi casi negli ultimi anni se ne sono verificati molti: Hamas a Gaza, ISIS in Siria e Iraq, i Talebani in Afganistan per citare i più noti. In questo momento nessun organismo internazionale ha provato a definire e codificare situazioni di questo genere per capire dove si trova il confine legale tra un’azione militare e un uso “sproporzionato” della forza. Sicuramente si può affermare che Israele, di tutti gli Stati, oggi, coinvolti in guerre asimmetriche è quello che ha posto le maggiori attenzioni per ridurre le vittime civili.

Comunemente si pensa, perché cosi lasciano intendere i politici e gli “esperti”, che se una delle due parti in guerra subisce più vittime civili è la vittima, mentre l’altro diventa inevitabilmente, colpevole di uso “spropositato” della forza a prescindere dalle ragioni o dai torti, ma non è così per il diritto internazionale, perché bisogna tenere in considerazione i molti fattori (non il mero numero dei morti), adottati dagli eserciti per ridurre al minimo le vittime civili durante gli scontri tra cui tutti i dispositivi per assicurare la difesa dei civili.

Per il diritto internazionale l’uso proporzionato della forza è la forza militare necessaria per raggiungere un obiettivo militare che non deve essere superiore all’obiettivo posto. Se riduciamo la legalità dell’intervento militare al solo numero di vittime di una parte o dell’altra dicendo che ha “legalmente ragione” chi ha subito più morti a prescindere dal fatto di chi è l’aggressore o l’aggredito o se ha utilizzato dei civili come scudi o ha fatto di tutto per proteggerli, possiamo affermare senza tema di smentita che la Germania di Hitler e il Giappone di Hirohito avevano ragione e gli USA e gli alleati torto.

La qualifica “uso sproporzionato della forza” relativamente alla reazione di Israele ai lanci di razzi da parte di Hamas durante l’ultimo conflitto nella Striscia, quello del 2014, o durante la risposta di Israele ai tentativi di penetrazione all’interno dello Stato da parte di miliziani di Hamas e della Jihad Islamica, durante la cosiddetta Marcia della Pace del 2018, non solo è estremamente problematica, considerata la modalità dell’aggressore di utilizzare i civili come scudi umani o di farsi schermo della popolazione, ma viene abitualmente usata in modo del tutto strumentale.
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Re: La Corte Penale Internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » ven feb 12, 2021 9:53 pm

Le ignobili accuse della Corte Penale Internazionale contro Israele
Niram Ferretti
21 Ottobre 2018

https://www.progettodreyfus.com/corte-p ... e-israele/

Ci dice Fatou Bensouda, procuratore capo della Corte Penale internazionale, l’organizzazione che recentemente John Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, ha platealmente sconfessato come un’organizzazione di parte, che se il villaggio beduino di Khan al’Ahmar sito nell’Area C della cosiddetta Cisgiordania, verrà demolito, si tratterà di un “crimine di guerra”. Non solo, la Bensouda, allarmata, avverte che terrà gli occhi bene aperti, non wide shut, su quello che succede ai confini di Gaza e Israele dove, la violenza è perpetrata “dagli attori di ambo le parti”. Quando si dice l’equanimità.

La violenza è violenza, naturalmente, e anche durante la seconda guerra mondiale i nazisti e gli angloamericani esercitavano violenza da ambo le parti, poi tocca intendersi su cosa rappresentavano e cosa rappresentano le due parti in contesa. Da una parte, per tornare all’attualità, Hamas che organizza una finta marcia per la pace e sguinzaglia miliziani il cui scopo è quello di introdursi oltre confine e non per portare ceste di fiori e frutta, dall’altra l’esercito regolare di uno stato democratico che spara e uccide soprattutto questi miliziani. Ma lasciamo a San Tommaso D’Aquino simili sottili distinzioni.

La Corte Penale Internazionale dell’Aia è la medesima che nel 2004 ha qualificato la barriera difensiva di Israele come illegale. Nessuna considerazione cogente venne data nel dispositivo della sentenza della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa. Non a caso né Israele né gli stati Uniti hanno firmato il Trattato di Roma a cui la corte si ispira.

Ma Fatou Bensouda terrà gli occhi bene aperti su quello che accadrà in “Cisgiordania”, dopo che l’Alta Corte di Israele, ha rigettato l’appello contro la demolizione del villaggio, assurto a simbolo della “resistenza” araba contro la protervia sionista. Conta poco che secondo la legge israeliana il villaggio sia abusivo. Come possono gli israeliani decretare che qualcosa è abusivo se sono abusivi essi stessi? Così ci dicono, non Fatou Bensouda, che, non abbiamo dubbi, è giudice imparziale come Cassio era uomo d’onore, ma i paladini dei Diritti Umani, per i quali probabilmente, è giusto ciò che è scritto nello Statuto di Hamas del 1988, dove tutta la Palestina è considerata un waqf (dotazione perenne) islamica.

D’altro canto Israele è abituata a essere accusata di crimini di guerra, è una costante. Dalla fantomatica pulizia etnica del 1948-49 che ha moltiplicato negli anni la popolazione araba (unico caso al mondo), alle altre nefandezze compiute, come a Jenin nel 2002, quando dopo il virulento scontro tra esercito israeliano e arabi-palestinesi, Yasser Arafat decretò che il “massacro di Jenin” poteva essere paragonato solo all’assedio di Stalingrado, seguito a stretto giro di posta da Saeb Erekat, il capo negoziatore palestinese che dichiarò alla stampa: “Il numero di morti si aggira sui 500”, aggiungendo: “Il campo profughi di Jenin non esiste più, e abbiamo notizia che vi avvengono esecuzioni di massa”.

Il numero effettivo dei morti a Jenin fu di 53 palestinesi e 23 soldati israeliani. Ci fu poi il rapporto Goldstone del 2009 quando Israele venne ancora accusata di crimini di guerra dopo l’Operazione Piombo Fuso, sennonché fu lo stesso Goldstone, nel 2011, a disconoscere l’impianto accusatorio del suo rapporto come scrisse sul Washington Post:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

E si potrebbe andare avanti ancora a lungo, ma per brevità arriveremo ai giorni nostri, e alla Marcia per il Ritorno, durante la quale sarebbero stati uccisi dagli spietati cecchini israeliani “ragazzi inermi” (Massimo D’Alema), o “pacifici manifestanti”, così qualificati da buona parte della stampa, i quali, Hamas stesso annunciò, erano propri miliziani.

Sì, vanno davvero tenuti gli occhi bene aperti su Israele e i suoi crimini di guerra. A Berlino dicono ci sia un giudice, pardon, all’Aia.


La Corte Penale Internazionale e il suo pregiudizio contro Israele
Niram Ferretti
20 Dicembre 2019

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... o-israele/

Dopo cinque anni dall’esame preliminare a seguito della richiesta fatta dall’Autorità Palestinese, la Corte Internazionale dell’Aia, nella persona del suo Procuratore Capo, Fatou Bensouda, ha deciso che c’è una “base” per indagare supposti crimini di guerra commessi da Israele durante l’ultimo conflitto con Hamas nell’estate del 2014.

Secondo il parere della Bensouda vi sarebbe “Una ragionevole base per credere che crimini di guerra siano stati commessi nel contesto delle ostilità del 2014 a Gaza da parte dell’IDF“.

Siamo al solito copione. Quando Israele si difende e reagisce all’offensiva del nemico, siano essi attacchi di razzi come i 4844 lanciati su Israele da Hamas nel corso delle sette settimane del 2014, o più recentemente quando jihadisti tentano di introdursi in Israele sabotando la barriera di confine con Gaza facendosi scudo di una cosiddetta Marcia per la Pace e vengono poi uccisi, si tratta sempre di “uso sproporzionato della forza”.

Nel 2009, a seguito di un altro conflitto tra Hamas e Israele, l’Operazione Piombo Fuso, il Consiglio ONU per i Diritti Umani istituì una apposita commissione per verificare se Israele avesse commesso crimini di guerra. Seguì un rapporto chiamato con il nome del presidente della commissione, Richard Goldstone, il quale addossava interamente a Israele la responsabilità del conflitto. Sennonché, nel 2011, fu lo stesso giudice Goldstone a disconoscere quel rapporto dichiarando:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

Tuttavia, Israele deve essere colpevole, a prescindere. Così, nel 2004, un altro organo, la Corte Internazionale di Giustizia, emise un parere consultivo scandaloso, qualificando la barriera difensiva di Israele “illegale”. Nessuna considerazione cogente venne fornita della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno Stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa.

Nell’ottobre del 2018, la stessa Fatou Bensouda dichiarò, relativamente al contenzioso che aveva come oggetto il villaggio beduino di Khan al’Ahmar, sito nell’Area C della Cisgiordania che se fosse stato demolito, si sarebbe trattato di un “crimine di guerra”.

Non è un caso naturalmente che né Israele né gli Stati Uniti abbiano firmato il Trattato di Roma a cui la Corte si ispira, non riconoscendo alla Corte alcun potere giurisdizionale sul proprio territorio.

In questo senso, la posizione espressa dal Procuratore di Stato Avichai Mandelblit in merito alle dichiarazioni della Bensouda non possono essere più chiare:

“La posizione legale dello Stato di Israele, che non fa parte dell’CPI, è che la Corte non abbia giurisdizione relativamente a Israele e che qualsiasi azione palestinese rivolta alla Corte non sia legalmente valida”.

La stessa adesione dello Stato Palestinese alla Corte, avvenuta nel 2015, con l’evidente scopo di trovarvi una accoglienza alle proprie istanze, pone il problema su come la Corte possa affermare la propria giurisdizione nei confronti uno Stato inesistente secondo i criteri base del Diritto Internazionale.

La Corte, dunque, non può intervenire in merito a una questione che interpella due attori, da una parte lo Stato di Israele, sul quale essa non ha alcuna giurisdizione non facendo esso parte dell’ICC, dall’altro l’entità conosciuta come “Stato palestinese”, che non essendo uno Stato non può in alcun modo rientrare nella giurisdizione della Corte.

Di cosa si tratta allora? Evidentemente di una decisione la quale evidenzia la natura squisitamente politica della Corte, ben lontana dall’imparzialità che dovrebbe connotarne l’operatività, ragione per la quale, né Israele né gli Stati Uniti le riconoscono, alcuna legittimità.







Gravissima persecuzione della Corte Penale Internazionale contro Israele
Franco Londei
Febbraio 6, 2021

https://www.rightsreporter.org/gravissi ... o-israele/

Ieri la Corte Penale Internazionale ha stabilito in maniera assolutamente autonoma e arbitraria che Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza rientrano nella sua giurisdizione.

La mossa è chiaramente mirata ad esporre funzionari e militari israeliani a procedimenti penali per ipotetiche violazioni dei Diritti Umani e apre la strada a una pioggia di denunce da parte dei palestinesi e dei loro supporter.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha condannato fermamente la decisione della Corte penale internazionale e ha ordinato al suo gabinetto di non commentare pubblicamente la questione.

“Oggi, la corte ha dimostrato ancora una volta di essere un organo politico e non un’istituzione giudiziaria”
Benjamin Netanyahu

“Oggi, la corte ha dimostrato ancora una volta di essere un organo politico e non un’istituzione giudiziaria”, ha detto Netanyahu in una nota.

“Il tribunale sta ignorando i veri crimini di guerra e sta perseguitando invece lo Stato di Israele, un paese con un forte regime democratico, che santifica lo stato di diritto e non è nemmeno un membro della corte” ha poi concluso il Premier israeliano.

“Con questa decisione, il tribunale ha violato il diritto delle democrazie di difendersi dal terrorismo. Continueremo a proteggere i nostri cittadini e soldati in ogni modo dalla persecuzione”.

Già la Corte Penale Internazionale aveva violato la legge quando nel 2015 aveva accettato di farvi entrare uno Stato che non esiste, la Palestina. E anche allora si pensò che il motivo per cui si violava così palesemente la legge internazionale fosse solo ed esclusivamente quello di perseguitare Israele.

Oggi, purtroppo, abbiamo la conferma di quanto a suo tempo si sospettava.

Adesso ci aspettiamo una forte presa di posizione, prima di tutto dagli Stati Uniti e poi anche dalle altre grandi potenze mondiali.

Poi ci aspettiamo un immediato passo indietro della Corte Penale Internazionale che non può ergersi a legislatore di se stessa auto-attribuendosi competenze che non può avere.

E se la Corte Penale Internazionale volesse proseguire su questa strada e se fosse una struttura onesta e imparziale, dovrebbe prima di tutto indagare sui crimini commessi da Hamas e dagli altri gruppi terroristici, a partire dal lancio premeditato di migliaia di missili contro la popolazione civile israeliana.

Ma sarebbe chiedere troppo a un organismo che – ormai è sempre più chiaro – è fortemente politicizzato e sempre più parziale nelle sue decisioni.



Natanyahu risposponde alla decisione della Corte penale internazionale della Corte penale internazionale) https://www.facebook.com/LikudherutUK/v ... 224138094/



Il Dipartimento di Stato americano si oppone alla decisione della Corte penale internazionale dell'#Aia
Un portavoce del Dipartimento di Stato ha detto che gli Stati Uniti si sono opposti a una decisione secondo cui la Corte penale internazionale ha giurisdizione sui presunti crimini di guerra commessi nei territori palestinesi.
Israele respinge la decisione e intende difendere i propri funzionari da qualunque persecuzione.
È importante precisare che la responsabilità penale è individuale e mai collettiva, chi crede che Israele smetterà di difendersi è un illuso e rimarrà deluso.


La Corte penale internazionale dell' Aia ha riconosciuto la Palestina come Stato.
https://www.facebook.com/photo?fbid=366 ... 1301468018








Il Procuratore capo della Corte Penale Internazionale, la gambiana Fatou Bensouda, che sin dal suo insediamento nel 2012 ha dimostrato una evidente avversione ideologica verso Israele

https://it.wikipedia.org/wiki/Fatou_Bensouda
La sua famiglia di origine è poligamica, avendo il padre due mogli. Fatou Bensouda è sposata e ha tre figli. Suo marito è un uomo d'affari.
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Re: La Corte Penale Internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » ven feb 12, 2021 9:53 pm

VERGOGNOSA DECISIONE DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE DELL'AJA CONTRO ISRAELE
Per la Corte penale internazionale de L’Aja Israele va processato: una decisione a senso unico contro Gerusalemme sotto la spinta di Ong, gruppi terroristi e “amici europei”
di Davide Racca
7 febbraio 2021

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 8414625160

Secondo la sentenza emessa ieri dalla Corte penale internazionale de L’Aja Israele va processato. La decisione autorizza il procuratore capo, Pato Bensuda, ad aprire un’indagine sui “crimini di guerra israeliani” e ha stabilito, violando i principi di sovranità, che l’indagine possa svolgersi in Giudea e Samaria oltre che nei territori governati dall’Autorità nazionale palestinese.
La decisione dei giudici de L’Aja, oltre che condizionata fortemente dalla spinta di varie ong che agiscono deliberatamente in funzione anti-israeliana, è in palese contrasto con la mancata ratifica di Israele degli accordi che furono alla base della costituzione della corte penale internazionale. Infatti, i paesi che aderiscono allo Statuto di Roma sono 123 (stima dell’ottobre 2017) mentre altri 32 paesi hanno firmato ma non ratificato il trattato e fra questi, Israele, Russia, Stati Uniti e Sudan.
Nelle intenzioni dell’organismo de L’Aja, la delega al magistrato con la possibilità di svolgere investigazioni sui luoghi teatro dei presunti crimini, potendo coinvolgere nelle indagini anche membri dei governi competenti per territorialità e, potenzialmente, di emettere ordini di fermo/arresto anche nei confronti delle autorità delegate a imporre il rispetto delle leggi sul territorio nazionale.
A seguito di tale deliberazione, appare chiaro l’intento di indurre le presunte vittime a proporre denunce a raffica contro le autorità israeliane e le forze di difesa dello Stato ebraico, nella speranza di ottenere anche lauti rimborsi.
A parere dei giudici della corte penale internazionale, la cui decisione è stata approvata a maggioranza, la “Palestina”, i cui confini risalgono al 1967 e comprendono Gerusalemme est, è uno Stato membro della Corte internazionale di giustizia. Questo “particolare” è stato sottolineato dalla Corte dietro richiesta del magistrato delegato alle indagini che ha chiesto al tribunale di determinare i confini territoriali entro i quali deve essere condotta l’indagine sulla commissione di presunti crimini di guerra.
Ma non è certo questo il primo caso nel quale gli organismi internazionali vengono strumentalizzati e utilizzati per i fini dei nemici di Israele, anche in forza di “patti segreti” stipulati da vari Governi europei con le varie entità terroriste che operano in funzione antisionista per evitare il compimento di azioni violente sul territorio Continentale.
E neanche stupisce l’arbitrarietà con la quale la “decisione” è stata determinata sotto la continua spinta di varie entità che, nel corso degli ultimi anni, hanno inteso produrre il massimo sforzo allo scopo di tutelare le vittime di una violenza dagli stessi profusa e condannare coloro i quali sono delegati a prevenire e reprimere ogni tipo di aggressione.
Tra gli emeriti soggetti dediti al sostegno delle presunte “vittime”, il procuratore della Corte Fatou Bensouda che da anni insiste per poter svolgere indagini in merito ad eventi avvenuti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, sostenendo la sussistenza di “basi ragionevoli” per credere alla commissione di crimini di guerra, ed indicando come possibili indagati sia l’esercito israeliano, che gruppi palestinesi come Hamas.


NETANYAHU: "INDAGINE L'AJA CONTRO ISRAELE E' ANTISEMITISMO RAFFINATO"
A proposito della ignobile decisione della Corte Penale Internazionale contro Israele, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו ha rilasciato un’aspra dichiarazione:
“Quando la Corte internazionale di giustizia de L’Aja indaga su Israele per crimini di guerra completamente falsi, è un antisemitismo raffinato. Questo tribunale è stato istituito per prevenire atrocità come l’Olocausto nazista contro il popolo ebraico, ora sta attaccando l’unico Stato del popolo ebraico. In primo luogo, afferma scandalosamente che quando gli ebrei vivono nella loro patria, a Shiloh, Hebron, Beit El, persino nella nostra capitale Gerusalemme, questo è un crimine di guerra. Secondo, sostiene che quando i nostri eroici soldati ci difendono dai terroristi che vengono ad uccidere i nostri figli, lanciano missili nelle nostre città, anche loro stanno commettendo un crimine di guerra. Ovviamente questo tribunale di tendenza, che fa queste accuse deliranti contro l’unica democrazia in Medio Oriente chiamata Israele – si rifiuta di indagare sui veri crimini di guerra commessi da dittature crudeli come Iran e Siria quasi ogni giorno”.
E conclude rivolgendosi agli israeliani: “State uniti, difendete i nostri soldati che ci proteggono, difendete la nostra patria con tutte le nostre forze. Questa palese ingiustizia grida al cielo, non ci arrenderemo mai “.


Tribunale politico
David Elber
6 Febbraio 2021

http://www.linformale.eu/tribunale-politico/

Nel giugno del 2020, l’allora Segretario di Stato americano Mike Pompeo dichiarò la Corte Penale Internazionale un “tribunale illegale” privo di alcuna giurisdizione nei confronti degli Stati Uniti e annunciò sanzioni economiche nei confronti dei membri della corte impegnati a investigare funzionari o soldati americani.

Ieri, dopo solo due settimane dall’insediamento della nuova amministrazione USA, la Corte Internazionale che avrebbe dovuto pronunciarsi già in estate su Israele per presunti crimini di guerra, ha, in Camera pre-processuale, ritenuto di procedere contro Israele per fatti relativi al conflitto del 2014 e alla sua azione in Giudea e Samaria. Un’accusa fino ad oggi riservata a pochissimi casi nel mondo. Ma prima di entrare in merito alle accuse e su che cosa poggino è opportuno fare qualche considerazione.

Non sembra casuale il tempismo di questa decisione presa dopo che Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca. L’istruttoria nei confronti di Israele era stata incardinata alla fine del 2019 dal procuratore capo, giudice Fatouh Bensouda, su richiesta dell’inesistente Stato di Palestina.

La decisione della Corte Penale Internazionale va vista con chiarezza alla luce della sua ragione d’essere, che è esclusivamente politica e non giuridica. Per adesso il portavoce della Casa Bianca si è limitato a manifestare “preoccupazione”, alla quale si vedrà se seguiranno fatti concreti.

Dopo quattro anni di amministrazione Trump, riprende vigore la “guerra pseudo legale” contro Israele che aveva contraddistinto i due mandati obamiani culminati con la famigerata Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza del dicembre 2016. Questa risoluzione, assieme ad altre risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU, è uno dei puntelli non legali ma politici che sono alla base del procedimento messo in atto contro Israele.

Non ci possono essere dubbi sul fatto che l’ICC sia un organismo tra i più politicizzati – assieme al Consiglio per i diritti umani dell’ONU – a livello mondiale, è la stessa Camera che lo dichiara candidamente citando esclusivamente fonti politiche e non giuridiche per la decisione presa.

Per capire come si è potuti arrivare a questo punto, è opportuno ricostruire il clima politico che ne ha permesso lo svolgimento.

I fatti

Tutto è iniziato nel 2015 quando il non Stato di Palestina è stato ammesso in seno all’ICC. Cosa già di per se illegale in base allo Statuto della stessa ICC. Ma al tempo si era in pieno della seconda amministrazione Obama e in dirittura d’arrivo per l’accordo sul nucleare iraniano che vedeva gli USA e la UE non ammettere divergenze, mentre Israele era in prima linea contro tale l’accordo. Poi, come detto in precedenza, arriva nel 2016 la Risoluzione 2334 (fortemente voluta da Obama) che fornisce un “randello politico” senza precedenti che sarà subito utilizzato dal procuratore capo Bensouda per avviare le indagini e in modo particolare sugli “insediamenti illegali” (anche se non c’è una sola norma del diritto internazionale che li qualifichi come tali). Il procedimento è così avviato ma rimane in “sospeso” per le forti pressioni dell’amministrazione Trump. Rimpiazzati Trump e il suo Segretario di Stato Mike Pompeo, la procedura è ripartita con la decisione di venerdì 5 febbraio della Camera pre processuale. Che ci fosse di mezzo la politica e non la giustizia era chiaro fin dal 2015 con l’ammissione del non Stato di Palestina.

Si immagini cosa potrebbe accadere se l’ICC, andando contro il suo stesso Statuto, ammettesse come paese membro, la provincia autonoma cinese dello Xinjiang abitata dal popolo degli Uiguri (dove, li si che avvengono dei crimini contro l’umanità) e iniziasse un procedimento contro la Cina. Basti pensare a cosa è accaduto al Capo dell’Interpol, e non a un vigile urbano, Meng Hongwei, il quale, letteralmente, scomparve in Cina nel 2018 per poi ricomparire più di un anno dopo davanti ad una corte cinese giusto il tempo per prendere una condanna a 13 anni di carcere per corruzione nel silenzio più totale del mondo intero. Cosa accadrebbe ai giudici che iniziassero un procedimento con la Cina è facilmente intuibile.

Per Statuto il Tribunale Penale Internazionale non persegue gli “Stati” responsabili di presunti crimini contro l’umanità ma persegue i singoli individui (capi di Stato, ministri, militari ecc) ritenuti responsabili di crimini. E quando avviene che questo procedimento si mette in moto? Quando lo Stato di cui fanno parte questi individui è giudicato dall’ICC non possedere un sistema di diritto in grado di giudicare gli eventuali crimini commessi. In pratica, i giudici dell’ICC sono dell’opinione che Israele non abbia un sistema legale che possa autonomamente ravvisare violazioni dei diritti umani o “crimini di guerra”. Quindi, se si ritiene necessaria un’azione del Tribunale Penale Internazionale ciò vuol dire che Israele non ha un sistema giudiziario all’altezza e implicitamente ne delegittima il sistema legale. In pratica la Corte ha deciso che Israele non è uno Stato di diritto e che ci vuole l’intervento internazionale per riportare giustizia e diritto.

Entrando, molto brevemente, nelle motivazioni della decisione (sono ben 60 pagine complessive), la cosa che balza subito all’occhio è che tutte le fonti utilizzate per giustificare la decisione sono esclusivamente politiche e non giuridiche. Dall’ammissione del non Stato di Palestina in avanti si citano solo risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU che è un organismo politico e non giuridico. Viene citato anche l’immancabile parere consultivo del Corte di Giustizia Internazionale sulla barriera difensiva di Israele che è bene ricordare non ha nessun valore giuridico (di questo L’Informale si è occupato con un articolo il 25 febbraio 2020)http://www.linformale.eu/la-corte-penale-internazionale-e-il-caso-israele/

In pratica è come se un giudice facesse una sentenza basandosi non sul Codice Penale o Civile, ma sulle dichiarazioni di un partito politico. Infatti, la Corte non cita mai un solo trattato di diritto internazionale o una norma di consuetudine internazionale, come prova di una pratica generale accettata come diritto che sono le uniche fonti di diritto internazionale. È sufficiente scoprire quali sono gli Stati promotori delle numerose risoluzioni contro Israele citate dai giudici per rendersi subito conto che loro “consuetudine” del rispetto dei più elementari diritti civili è totalmente inesistente. In pratica accusano falsamente Israele di fare ciò che loro stessi fanno e praticano da decenni a cominciare dal non Stato di Palestina.

Ci troviamo al cospetto di una mossa squisitamente politica da parte di un organismo che non ha alcuna giurisdizione su Israele e che Israele, come gli stati Uniti, non ha mai riconosciuto. Si tratterà ora di vedere nel concreto quali saranno, dopo la “preoccupazione” espressa, le azioni della nuova amministrazione americana.
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Re: La Corte Penale Internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » ven feb 12, 2021 9:53 pm

LA CORTE STRABICA DELL'AJA
11 febbraio 2021

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 6363572365

La Corte penale internazionale dell'Aia ha deliberato di avere la giustificazione legale per aprire un'indagine su crimini di guerra a carico di Israele. Dopo un riesame di sei anni da parte del procuratore capo, i giudici del tribunale hanno deciso che "la giurisdizione territoriale della Corte sulla situazione in Palestina si estende ai territori occupati da Israele dal 1967, vale a dire Gaza e Cisgiordania, compresa Gerusalemme est". Tali "crimini" potrebbero includere le operazioni militari israeliane a Gaza e le attività edilizie negli insediamenti in Cisgiordania.
"Oggi - ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו
- la Corte penale internazionale ha dimostrato ancora una volta di essere un organismo politico e non un'istituzione giudiziaria. Un tribunale creato per prevenire orrori come la Shoah nazista contro il popolo ebraico sta ora attaccando selettivamente l'unico stato del popolo ebraico". Negli Stati Uniti, il portavoce del Dipartimento di stato Ned Price ha ribadito che l'Amministrazione Biden è impegnata per la sicurezza di Israele e si oppone alla decisione della Corte.
Dunque, l'unica democrazia del medio oriente e il solo stato al mondo che da quando è nato vive sotto perenne minaccia terroristica per questi soloni dell'Aia è sullo stesso piano di gruppi terroristici come Hamas e Jihad islamico, che ne perseguono la distruzione. Quanto agli insediamenti, la Corte non ha mai ritenuto di dover intervenire né giudicare sulla Crimea annessa dalla Russia, sul Sahara occidentale annesso dal Marocco, sulla parte di Cipro occupata dalla Turchia, per non parlare del Tibet. Già, la Cina. Un mese fa, la stessa Corte ha detto che non avrebbe indagato Pechino per i crimini commessi contro gli uiguri: deportazione, reclusione in "centri di rieducazione", estirpazione della loro lingua, cultura e religione, sterilizzazioni, aborti forzati... Che vuoi che siano, c'è Israele da processare.



Interessante commento di Alan Dershowitz, ancora sul Tribunale internazionale dell’Aja così mal presieduto...
Emanuel Segre Amar
12 febbraio 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 5655378855

La Corte Penale Internazionale altamente politicizzata ha appena proclamato lo Stato dei Palestinesi. Lo hanno fatto senza alcun negoziato con Israele, senza alcun compromesso e senza confini riconosciuti. Lo hanno fatto anche senza alcuna autorità legale, perché il Trattato di Roma, che ha istituito la Corte Penale Internazionale, non prevede che questo tribunale penale riconosca nuovi Stati. Inoltre, né Israele né gli Stati Uniti hanno ratificato quel trattato, quindi le decisioni della Corte Penale Internazionale non sono vincolanti per loro. Né questa decisione divisiva è vincolante per i firmatari, poiché eccede l'autorità del cosiddetto tribunale. Dico "cosiddetto" tribunale, perché la Corte Penale Internazionale non è un (vero) tribunale nel vero senso di questa parola. A differenza dei tribunali reali, che hanno statuti e diritto comune da interpretare, la Corte Penale Internazionale si limita a inventare. Come ha giustamente sottolineato il giudice dissenziente, la decisione sulla Palestina non si basa su una legge esistente. Si basa sulla pura politica. E la politica della decisione della maggioranza si basa a sua volta sull'applicazione di un doppio standard per Israele, come hanno fatto da tempo le Nazioni Unite, la Corte Internazionale di Giustizia e altri organismi internazionali. Ci sono numerosi altri gruppi, tra cui curdi, ceceni e tibetani, che rivendicano un certo grado di indipendenza. Tuttavia né la Corte Penale Internazionale né altre organizzazioni internazionali hanno dato loro alcun riconoscimento. Con questa decisione invece, i palestinesi - sia in Cisgiordania che a Gaza - che hanno rifiutato di negoziare in buona fede e hanno usato il terrorismo come loro principale pretesa di riconoscimento, sono stati ricompensati per la loro violenza. Israele, che in diverse occasioni aveva offerto ai palestinesi la statualità in cambio della pace, è stato punito per la sua disponibilità a negoziare e per la sua determinazione a proteggere i suoi cittadini dal terrorismo palestinese.
Ci sono così tanti gravi crimini di guerra e altre violazioni delle leggi umanitarie che si verificano in tutto il mondo che la Corte Penale Internazionale ignora deliberatamente. Il Procuratore capo considera uno dei suoi ruoli quello di focalizzare l'attenzione non sui Paesi del terzo mondo, dove si verificano molti di questi crimini, ma sulle democrazie occidentali. Quale potrebbe essere un bersaglio migliore per questa forma perversa di “azione affermativa dell’accusa” se non Israele? Uso l’aggettivo “ perverso” perché le vere vittime di un processo così selettivo, sono i cittadini di questi Paesi del terzo mondo i cui leader stanno uccidendo e mutilando. Israele, al contrario, ha i migliori risultati in materia di diritti umani, stato di diritto e riguardo nei confronti dei civili nemici, rispetto a qualsiasi nazione costretta ad affrontare simili minacce. Secondo l'esperto militare britannico Richard Kemp, “Nessun altro Paese nella storia della guerra ha fatto di più per evitare vittime civili di quanto abbia fatto Israele nell'operazione ‘Piombo fuso’”. La Corte Suprema israeliana ha imposto restrizioni spaventose ai suoi militari e ha istituito significativi provvedimenti per atti criminali commessi da singoli soldati israeliani. Il ruolo della Corte Penale Internazionale, secondo il trattato di Roma, è di intromettersi nella sovranità delle nazioni solo se quelle nazioni non sono in grado di amministrare la giustizia. Il principio di “complementarità” è concepito per consentire ai tribunali delle nazioni democratiche, come Israele, di affrontare i propri problemi nell'ambito dello stato di diritto. Il tribunale ha giurisdizione solo se la magistratura non riuscisse ad affrontare in toto questi problemi, persino nei casi che coinvolgono i Paesi firmatari del trattato, ma Israele non rientra tra questi. Gli Stati Uniti dovrebbero respingere la decisione della Corte Penale Internazionale non solo perché è ingiusta nei confronti del suo alleato Israele, ma perché stabilisce un pericoloso precedente che potrebbe essere applicato contro gli Stati Uniti e altre nazioni che operano secondo lo stato di diritto. Israele dovrebbe contestare la decisione ma dovrebbe cooperare a qualsiasi indagine, perché la verità è la sua migliore difesa. Se un'indagine condotta dalla Corte Penale Internazionale possa ottenere la verità è discutibile, ma le prove - inclusi video e audio in tempo reale - renderanno più difficile per gli investigatori della stessa Corte distorcere la realtà. Tutto sommato, la decisione della Corte Penale Internazionale sulla Palestina è una battuta d'arresto per un singolo standard di diritti umani. È una vittoria per il terrorismo e la non volontà a negoziare la pace. Ed è un forte argomento contro l'adesione di Stati Uniti e Israele a questo "tribunale" di parte e che gli conferirebbe legittimità.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La Corte Penale Internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » ven feb 12, 2021 9:55 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo maomettano palestinese
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2756

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0187198759



David Ben Gurion - al Congresso Sionista di Basilea nel 1937

"Nessun ebreo ha il diritto di rinunciare ai diritti del Popolo d'Israele in Terra d'Israele. Nessun ebreo ha l'autorità di farlo. Nessuna entità ebraica ha l'autorità di farlo. Neppure l'intero Popolo d'Israele vivo oggi ha il diritto a rinunciare a qualsiasi parte d'Israele.
È il diritto del Popolo d'Israele di tutte le generazioni, un diritto che sotto nessuna condizione può essere cancellato. Anche se degli ebrei in un certo periodo proclamano che rinunciano a questo diritto, non hanno né il potere né l'autorità di negarlo a future generazioni.
Nessuna concessione di questo tipo è vincolante o obbliga il Popolo d'Israele.
Il nostro diritto alla Terra d'Israele - l'intera Terra - è un diritto eterno, e non rinunceremo a questo diritto storico fino a che la sua completa redenzione non sia realizzata"


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 68x444.jpg



Il sionismo non è invasione degli ebrei e nemmeno colonialismo ebraico ma un recupero per gli ebrei rimasti in Israele e un ritorno per gli ebrei perseguitati della diaspora
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2124

Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e occupato alcuna terra altrui e non opprimono nessuno
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2825
Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato nessuna terra altrui, nessuna terra palestinese poiché tutta Israele è la loro terra da 3mila anni e la Palestina è Israele e i veri palestinesi sono gli ebrei più che quel miscuglio di etnie legate dalla matrice nazi maomettana abusivamente definito "palestinesi" e tenute insieme dall'odio per gli ebrei e dai finanziamenti internazionali antisemiti.

Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e occupato alcuna terra altrui e non opprimono nessuno
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2825
Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato nessuna terra altrui, nessuna terra palestinese poiché tutta Israele è la loro terra da 3mila anni e la Palestina è Israele e i veri palestinesi sono gli ebrei più che quel miscuglio di etnie legate dalla matrice nazi maomettana abusivamente definito "palestinesi" e tenute insieme dall'odio per gli ebrei e dai finanziamenti internazionali antisemiti.

Gerusalemme capitale storica sacra e santa di Israele, terra degli ebrei da almeno 3 mila anni.
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https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1317729634
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674

Demografia storica ed etnica in Giudea, Palestina, Israele lungo i millenni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2774
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Re: La Corte Penale Internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » sab feb 13, 2021 11:12 am

La Corte Penale Internazionale riapre il fronte contro Israele
Ugo Volli
11 febbraio 2021

https://www.progettodreyfus.com/corte-p ... lestinesi/

La Corte Penale Internazionale riapre il fronte contro Israele. Le conseguenze della caduta dell’amministrazione Trump, la più vicina a Israele dalla fondazione dello stato ebraico, si incominciano a vedere. Innanzitutto nella politica americana, che ha richiamato in servizio la vecchia guardia dei collaboratori di Obama, e soprattutto il loro progetto strategico “multilaterale” di rinuncia a tutelare gli interessi degli Usa e dei loro alleati, per dare soddisfazione alle pretese dei nemici. Nel Medio Oriente questo significa riprovare a ottenere dall’Iran il rinvio del suo armamento nucleare in cambio di ingenti finanziamenti e di una legittimazione del ruolo cui ambisce di potenza egemone sulla regione più delicata del mondo. Questi funzionari americani, di cui fa parte John Kerry (che oggi è formalmente responsabile delle politiche ecologiche, ma ha voce in capitolo su tutta la politica estera) e Robert Malley (già membro eminente della delegazione che trattò con gli ayatollah l’accordo JCPOA e oggi responsabile per Biden di Siria, Iran, Stati del Golfo), ha in mente un progetto in tre stadi.

Innanzitutto gli Usa rientrano nel trattato JCPOA, che vincolava fino al 2025 l’Iran a non arricchire l’uranio oltre al 3%, ma che è stato largamente violato da Teheran dopo l’abbandono americano, con l’accumulo di tonnellate di uranio al 20%, tanto che lo stesso Segretario di Stato americano Blinken ha parlato della possibilità che il materiale necessario a costruire la bomba sia accumulato in “qualche settimana”. Fatto questo e pagato il prezzo non certo basso che gli iraniani richiedono agli Usa per il privilegio di rientrare in un accordo che essi stessi stanno violando, si penserà a fare, si tratterà per un secondo accordo destinato a “rafforzare” questo (non si capisce bene se comprendendo anche l’armamento missilistico) e un altro ancora per frenare l’imperislismo dell’Iran, che ha i propri soldati o quelli dei propri burattini e le proprie armi oggi in Iraq, Siria, Libano, Gaza, Yemen. Peccato che gli ayatollah abbiano detto in maniera chiarissima che su queste cose non solo non sono disposti a fare accordi, ma non ne vogliono neppure parlare. E perché dovrebbero, se l’amministrazione Biden ha chiarito platealmente che vuole rinunciare alla “massima pressione” di Trump e tornare a favorire l’Iran sui “vecchi alleati” come l’Arabia e perfino Israele?

Ma le conseguenze del cambio di amministrazione si sono estese ben al di là del cambio di politica nei palazzi di Whashington. A 8000 chilometri di distanza, nella bella città olandese di Den Haag (in italiano L’Aia) si è avvertita l’aria nuova nella Corte di Giustizia Internazionale (conosciuta anche come Corte Penale Internazionale, CPI). Un comitato di tre giudici teneva in sospeso una decisione importante da circa un anno. Si trattava di rispondere alla richiesta del pubblico ministero della corte, la gambiana Fatou Bensouda, che chiedeva di poter aprire un’inchiesta su Israele per crimini di guerra che sarebbero stati commessi nella campagna “Piombo Fuso” a Gaza nel 2015 e in generale nella realizzazione degli insediamenti. Prima che fattuale, il problema è giuridico. La Corte Penale Internazionale è stata costituita con un trattato e dunque ha competenza solo su azioni commesse negli stati che lo hanno firmato (Israele, come gli Usa, non è fra questi). Inoltre la corte può muoversi solo su richiesta di uno stato e agisce solo quando non vi è un sistema giuridico che provvede a indagare sui reati segnalati, che sono azioni individuali di singole persone, non “colpe” politiche degli stati. Tutte e tre queste condizioni escludono un’indagine su Israele, che non aderisce alla CPI, ha un sistema di giustizia autonomo e attivo che ha indagato sulle denunce rispetto a “Piombo fuso” e gli insediamenti; inoltre l’Autorità Palestinese non è uno stato, in senso giuridico. Le ragioni di questo carattere non statale sono evidenti: l’AP non è davvero indipendente, non controlla un territorio in maniera autonoma, non ha un popolo ben definito. Rimando a questo articolo del grande giurista americano Alan Dershowitz per un’analisi più approfondita.

Queste considerazioni, e in particolare il carattere non statale dell’AP avevano bloccato le indagini durante il mandato del procuratore precedente a Bensouda, l’argentino Ocampo, come egli stesso conferma qui. Ma poi è successo che l’assemblea generale dell’Onu ha cambiato lo stato dell’AP da “stato osservatore” a “stato membro” e questo è stato sufficiente a trovare un pretesto giuridico a Bensouda, che ha cercato anche di indagare gli Usa per la campagna in Afghanistan. Quel che ha bloccato la Corte è stata la ferma reazione di Trump, che è arrivato al punto di applicare sanzioni a Bensouda e al suo vice Phakiso Mochochoko per aver ecceduto ai loro poteri e minacciato la sicurezza degli USA, cercando di indagare i militari americani. Ma ora c’è Biden e la situazione è del tutto diversa. Non sul piano giuridico: l’autorizzazione all’indagine, che comporta la competenza della Corte Penale Internazionale sui territori rivendicati dall’Autorità Palestinese, anche se non vi è base giuridica per questa rivendicazione ed essa non li controlla di fatto, è stata concessa con un voto controverso, due a uno nella commissione di tre, contro il parere del suo presidente, l’ungherese Péter Kovács, che ha anche scritto una relazione di minoranza, in cui si smonta la base giuridiuca del provvedimento. La potete leggere qui. Anche alcuni stati membri della corte, come Germania, Ungheria, Repubblica Ceca avevano mandato alla commissione dei pareri contrari alla decisione che poi è stata presa, mettendola in guardia dal rischio di eccedere i suoi poteri.

In effetti nella decisione della Corte Penale Internazionale si mescola l’interventismo giudiziario, che in tutto il mondo supera i limiti tradizionali, cercando di occupare gli spazi che secondo la divisione dei poteri sono riservati al processo democratico di direzione politica. E dall’altra parte la CPI fa parte dei quelle istituzioni internazionali in cui funziona una maggioranza automatica anti-israeliana e antiamericana. Non si tratta di un’accusa generica: la stessa Bensouda che vuole fortissimamente l’inchiesta contro Israele si è rifiutata di aprire un’indagine contro la Cina per il genocidio degli Uiguri e naturalmente non si è occupata di quel che la Turchia fa contro i curdi e gli armeni, l’Iran e la Siria contro i propri cittadini. Del resto lei stessa ha iniziato la propria carriera giuridica facendo da consulente e ministro della giustizia per Yayah Jammeh, il sanguinoso dittatore del Gambia, tanto che molti nel suo paese chiedono che sia indagata per la sua accondiscendenza alla tortura e agli omicidi di quel periodo.

Insomma è evidente che un’indagine contro Israele è un atto politico e non di giustizia, l’ennesimo attacco al diritto del popolo ebraico all’autoderminazione nazionale e all’autodifesa. Non è detto che l’inchiesta si apra davvero, anche perché essa non dipenderà più da Bensouda ma dal suo successore, che sarà eletto in questi giorni. Comunque essa durerà almeno un paio d’anni prima di giungere a una decisione che non potrà riguardare Israele come stato, ma i militari e i politici che hanno condotto di persona le azioni contestate: comandanti militari, ufficiali, politici, rispetto a cui la solidarietà in Israele è generale. Ma certamente si tratta di un atto grave, di un momento importante di quella guerra legale (lawfare) contro Israele che era stata sospesa durante la presidenza Trump e oggi riprende forza con Biden e i democratici.
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Re: La Corte Penale Internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » mer mar 03, 2021 9:10 pm

La Palestina è uno Stato?
Alan M. Dershowitz
14 febbraio 2021

https://it.gatestoneinstitute.org/17065 ... -uno-stato

La Corte Penale Internazionale (CPI) altamente politicizzata non è vero tribunale in qualsiasi modo si intenda questo termine. A differenza dei tribunali reali, che hanno statuti e un diritto consuetudinario da interpretare, la Corte Penale Internazionale prende decisioni. Fatou Bensouda, procuratore capo della CPI, tiene una conferenza stampa, il 3 maggio 2018, a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. (Foto di John Wessels / AFP tramite Getty Images)

La Corte Penale Internazionale altamente politicizzata ha appena dichiarato di riconoscere la Palestina come Stato. Lo ha fatto senza alcun negoziato con Israele, senza alcun compromesso e senza confini riconosciuti. Lo ha anche fatto senza alcuna autorità giuridica, perché lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte Penale Internazionale, non prevede che questa corte penale riconosca nuovi Stati. Inoltre, né Israele né gli Stati Uniti hanno ratificato quel trattato, pertanto, le decisioni della CPI non sono vincolanti per loro. Né questa decisione divergente è vincolante per i firmatari, poiché eccede l'autorità del sedicente tribunale.

Lo definisco "sedicente" tribunale, perché la Corte Penale Internazionale non è un vero tribunale in qualsiasi modo si intenda questo termine. A differenza dei tribunali reali, che hanno statuti e un diritto consuetudinario da interpretare, la Corte Penale Internazionale prende decisioni. Come il giudice dissenziente ha così giustamente rilevato, la decisione sulla Palestina non è basata sulla legge esistente. Si basa sulla politica pura. E la politica della decisione della maggiorana si basa a sua volta sull'applicazione di due pesi e due misure nei confronti di Israele, come fanno da tempo la Corte di Giustizia Internazionale e altri organismi internazionali.

Ci sono anche numerosi altri gruppi, come i curdi, i ceceni e i tibetani, che rivendicano un certo grado di indipendenza. Tuttavia, né la Corte Penale Internazionale né altre organizzazioni internazionali hanno mai dato loro qualche speranza. Ma i palestinesi – sia in Cisgiordania sia a Gaza – che si sono rifiutati di negoziare in buona fede e hanno utilizzato il terrorismo come loro principale pretesa di riconoscimento, sono stati ricompensati da questa decisione per la loro violenza.

Israele, che ha offerto ai palestinesi in diverse occasioni la statualità in cambio della pace, è stato punito per la sua disponibilità a negoziare e per la sua determinazione a proteggere i propri cittadini dal terrorismo palestinese.

Nel mondo si commettono così tanti gravi crimini di guerra e altre violazioni delle leggi umanitarie che la CPI ignora deliberatamente. Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale ritiene che uno dei suoi ruoli sia quello di distogliere l'attenzione dai Paesi del Terzo mondo, dove vengono commessi molti di questi crimini, e di dirigerla verso le democrazie occidentali. Chi meglio di Israele potrebbe essere un obiettivo di questa forma perversa di "azione affermativa della pubblica accusa". Scrivo "perversa" perché le vere vittime di un procedimento così selettivo sono i cittadini di questi Paesi del Terzo mondo i cui leader li stanno uccidendo e mutilando.

Israele, d'altra parte, ha raggiunto i migliori risultati in materia di diritti umani, Stato di diritto e attenzione per i civili nemici rispetto a qualsiasi nazione che deve far fronte a minacce simili.

Secondo l'esperto militare britannico Richard Kemp, "nessun altro Paese nella storia della guerra ha fatto di più per evitare vittime civili di quanto abbia fatto Israele nell' Operazione 'Piombo fuso'". La Corte Suprema israeliana ha imposto enormi restrizioni al proprio esercito e ha offerto rimedi significativi per gli atti criminali commessi da singoli soldati israeliani. Il ruolo della CPI, secondo il trattato, è quello di intromettersi nella sovranità delle nazioni solo se tali nazioni non sono in grado di amministrare la giustizia. Il principio di "complementarità" è concepito per consentire ai tribunali delle nazioni democratiche, come Israele, di affrontare i propri problemi nell'ambito dello Stato di diritto. Solo se la magistratura non riuscirà ad affrontare tali problemi, la CPI avrà giurisdizione, perfino nei casi che coinvolgono le parti del trattato, ed Israele non lo è.

Gli Stati Uniti dovrebbero respingere la decisione della Corte Penale Internazionale non solo perché è ingiusta nei confronti del suo alleato Israele, ma anche perché stabilisce un pericoloso precedente che potrebbe essere applicato contro gli Stati Uniti e altre nazioni che agiscono conformemente allo Stato di diritto. Israele dovrebbe contestare la decisione, ma dovrebbe cooperare a qualsiasi indagine, perché la verità è la sua migliore difesa. Se un'indagine condotta dalla Corte Penale Internazionale possa produrre la verità è discutibile, ma le prove – compresi i video e gli audio in tempo reale – renderanno più difficile per gli investigatori della CPI distorcere la realtà.

In definitiva, la decisione della CPI sulla Palestina è una battuta d'arresto per un unico standard dei diritti umani. È una vittoria per il terrorismo e una riluttanza a negoziare la pace. Ed è un valido argomento a sfavore dell'adesione di Stati Uniti e Israele a questo "tribunale" di parte e che gli conferisce qualsiasi legittimità.

Alan M. Dershowitz è Felix Frankfurter Professor of Law Emeritus alla Harvard Law School e autore di "The Case against the Democratic House Impeaching Trump" e di "Guilt by Accusation". È Jack Roth Charitable Foundation Fellow al Gatestone Institute.




???
La Palestina senza pace potrebbe ora ottenere un po’ di giustizia
Catherine Cornet
16 febbraio 2021

https://www.internazionale.it/opinione/ ... mini-corte

La richiesta palestinese è stata accolta dalla Corte penale internazionale (Cpi): il tribunale con sede all’Aja potrà indagare nei territori occupati da Israele dal 1967. La giustizia internazionale è l’ultima speranza per un popolo che subisce quotidianamente violazioni dei propri diritti. Questa decisione è anche la conferma che gli Stati Uniti non sono più interlocutori dei palestinesi, e l’ultima possibilità per la Corte – e per i 123 paesi che la sostengono – di dimostrare che può lavorare con indipendenza, nonostante le enormi pressioni politiche.

Venerdì 4 febbraio Fatou Bensouda, la procuratrice capo della Cpi, ha confermato, dopo avere ricevuto la notifica positiva della prima camera preliminare, che il tribunale può avvalersi della piena giurisdizione per indagare la “situazione in Palestina”, cioè i possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nei territori occupati da Israele dal 1967: Striscia di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est. La coraggiosa procuratrice gambiana è finita così sulla copertina di molti giornali arabi.

Per l’esercito israeliano e per il governo di Benjamin Netanyahu è una notizia bomba. Lo racconta Gideon Levy in un articolo pubblicato su Haaretz e tradotto sul sito di Internazionale, e lo conferma il fatto che Netanyahu, in pieno shabat, ha pubblicato un video in cui definisce la decisione della Corte un atto di “puro antisemitismo”, equiparando così una notifica di diritto internazionale pronunciata da tre giudici internazionali all’incitazione all’odio razziale.

Per i palestinesi che lavorano da anni per questo obiettivo è una vittoria amara, ma importante: senza prospettive di pace, i palestinesi scommettono sulla giustizia internazionale e confermano che non si aspettano più nulla dagli Stati Uniti, il loro interlocutore privilegiato per decenni.

Per la Cpi, nata con il Trattato di Roma entrato in vigore nel 2002, questa mossa della procuratrice Bensouda è un salto nel vuoto: se il tribunale non riuscirà a portare a termine le indagini annunciate, la sua credibilità, indebolita dalla pesante accusa di perseguire solo presunti crimini nei paesi africani, potrebbe risultare definitivamente incrinata.

Un sollievo per i palestinesi
L’ong Al Haq a Ramallah è la più longeva organizzazione palestinese che si occupa di diritti umani. Dal 1979 indaga e documenta violazioni e abusi. Al telefono, uno dei suoi ricercatori più esperti e specialista di giustizia internazionale, Michael Kearney, commenta la decisione della Cpi: “La Corte ha sempre risposto alle sollecitazioni degli stati membri, e non poteva ignorare la richiesta palestinese. Già nel 2009 i palestinesi, con Al Haq in testa, hanno chiesto un’indagine. Nel 2015 l’assemblea dell’Onu ha riconosciuto la Palestina come stato osservatore, e dal nostro punto di vista non c’era neanche bisogno di chiedere un’ulteriore notifica”.

La questione della giurisdizione della Cpi rilancia de facto il dibattito sullo stato palestinese e le sue frontiere. Tuttavia, continua Kearney: “Essere palestinese significa vivere continue violazioni dei diritti, e questa decisione, anche se tardiva, non può che rappresentare un sollievo per i palestinesi. Se al momento non abbiamo sufficienti assicurazioni che la Corte sarà in grado di indagare veramente, è certamente una grande notizia sul lungo periodo”.

La questione della giurisdizione della Cpi rilancia de facto il dibattito sullo stato palestinese e le sue frontiere

Tutti i rappresentanti politici palestinesi in Cisgiordania e a Gaza hanno accolto la notizia come un passo storico. Il primo ministro dell’Autorità palestinese, Mohammed Shtayyeh, la considera un “messaggio per i responsabili dei crimini di guerra, che non la faranno franca”.

Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ha dichiarato in un comunicato che “il passo è importante” aggiungendo che il prossimo sarà quello di “portare veramente i criminali di guerra israeliani davanti ai tribunali internazionali”. Questa posizione di Hamas potrebbe essere a doppio taglio, secondo il professore di giustizia criminale della Soas, Kevin John Heller: “Da un punto di vista giuridico, Fatou Bensouda potrebbe anche perseguire gli attacchi deliberati di Hamas contro i civili israeliani”. Questi attacchi sono più facili da documentare e costituiscono crimini di guerra secondo la giurisprudenza della Corte.

I crimini dell’occupazione
La principale indagine nei confronti di Israele riguarda l’offensiva militare contro Gaza del 2014. Nel 2015 era stata avviata un’indagine preliminare riguardante le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi durante l’operazione Margine di protezione, lanciata da Israele sulla Striscia. La guerra aveva causato 2.200 morti tra i palestinesi, di cui 1.500 civili secondo le Nazioni Unite, e 73 morti tra gli israeliani, di cui 67 soldati.

Gli altri punti riguardano i crimini dovuti all’occupazione. Per le organizzazioni che lavorano sul campo, come il gruppo di prigionieri palestinesi Al Asir, la decisione della Cpi permette di affrontare la questione della tortura dei palestinesi nelle carceri israeliane, inclusi i maltrattamenti dei prigionieri e delle loro famiglie, e la negligenza medica che ha portato alla morte di alcuni di loro. Ma soprattutto, ricorda Al Awsat, si potranno indagare i crimini legati alle attività degli insediamenti, comprese le costruzioni illegali in terra palestinese, e il terrore esercitato dai coloni, che ha causato la morte di numerosi civili palestinesi.

Il ruolo dell’Unione europea
Il 4 febbraio la Corte ha anche riconosciuto l’ugandese Dominic Ongwen colpevole di crimini di guerra e contro l’umanità, commessi quando era un comandante dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra), la milizia guidata da Joseph Kony. A differenza della notizia relativa alla Palestina, questa è stata accolta favorevolmente dagli Stati Uniti, sottolinea Michael Kearney: “Perché quando i palestinesi si rivolgono al diritto internazionale, e si muovono pacificamente per ottenere giustizia, i grandi paesi liberali li condannano?”. Nei giorni successivi all’annuncio della Cpi, Canada, Germania e Australia hanno fatto dichiarazioni con cui si dissociano dalla decisione.

“Sono membri della Corte fin dall’inizio”, commenta Kearney, “ciò significa che se la procuratrice lancia un mandato d’arresto contro un criminale israeliano o palestinese questi paesi hanno l’obbligo di detenere ed estradare” il sospetto all’Aja. I loro commenti vanno anche contro il principio che i paesi della Corte devono “rispettare l’indipendenza del procuratore”.

Quando a marzo dello scorso anno Fatou Bensouda ha lanciato un’investigazione sul comportamento dei soldati statunitensi in Afghanistan, l’amministrazione Trump ha imposto pesanti sanzioni contro di lei e un componente della sua squadra, congelando i loro averi negli Stati Uniti e vietandogli l’ingresso nel paese. Se 123 paesi hanno ratificato il trattato di Roma, rifiutano la sua giurisdizione Israele e Stati Uniti, così come Cina, India, Iraq, Qatar, Libia e Russia.

L’Unione europea, che ha fortemente sostenuto la Corte e ha accolto favorevolmente l’annuncio di Bensouda, deve fare di più per assicurare l’indipendenza della procuratrice, o abbandonare definitivamente qualsiasi retorica legata al suo attaccamento alla giustizia internazionale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: La Corte Penale Internazionale contro Israele

Messaggioda Berto » mer mar 03, 2021 9:10 pm

Tribunale politico atto secondo
David Elber
il 3 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/tribunale-poli ... o-secondo/

Come già riferito sulle pagine de l’Informale il 6 febbraio scorso (http://www.linformale.eu/tribunale-politico/ ) la Corte Penale Internazionale si è messa in moto per attaccare Israele accusandolo di crimini di guerra. È di oggi la notizia, che, con velocità davvero inusuale, il procuratore capo, giudice Fatouh Bensouda ha ufficialmente aperto un fascicolo contro militari e politici israeliani con la pesantissima accusa di crimini di guerra.

La strada era già stata aperta il 5 febbraio quando la Camera pre-processuale aveva deciso (con voto non unanime per la verità) di ritenere ammissibile il procedimento contro i militari e i politici dello Stato ebraico. Ma la decisione di oggi è davvero un caso senza precedenti in quanto mancano – come da noi riferito il 6 febbraio – i minimi requisiti legali per poter procedere secondo i parametri consoni ad un tribunale di giustizia internazionale. A questo punto è chiaro l’intento squisitamente politico di tutta la vicenda.

La prima cosa da sottolineare è che il procuratore capo, giudice Fatouh Bensouda sia alla fine del suo mandato (scade a giugno) e quindi aprire un caso molto delicato e tutto da costruire a soli tre mesi di distanza dalla cessazione delle sua attività istruttoria sembra essere più una questione personale che di buon senso. Sarebbe stato molto più appropriato far decidere la questione al giudice che l’avrebbe sostituita a breve, se non altro per non metterlo in una situazione più imbarazzante di quella che è già. Infatti, indossando i panni di un giudice appena arrivato e messo nella condizione di dover decidere se chiudere il caso o proseguire appare poco probabile che scelga la prima strada. E qui si capisce la trappola orchestrata da Fatouh Bensouda.

È bene ricordare che sul suo tavolo è incagliata, ad esempio, da almeno sei mesi prima della richiesta di apertura del caso contro Israele, il caso intentato contro la Turchia di Erdogan per l’occupazione turca di Cipro Nord e la conseguente pulizia etnica della popolazione greca. Ma questo caso da sei anni è chiuso in un cassetto senza che nessuno si sia scandalizzato (tranne ovviamente Cipro e la Grecia) e non vi è il minimo sentore che verrà mai aperto un caso in cui sono ben presenti tutti i crismi legali per procedere.

Sarebbe molto interessante che il giudice Bensouda fornisse degli elementi per chiarire perché in un caso (inesistente) si possa procedere mentre per un caso indubbio di violazione del diritto internazionale non lo si prenda neanche in considerazione dopo sei anni.

Sono i misteri di una giustizia che procede selettivamente con una attenzione molto particolare, sempre con un occhio di riguardo nei confronti di Israele.

Se le cose andranno avanti come la politica impone, nell’eventualità in cui Israele venisse condannato si potrà arrivare a possibili mandati di cattura internazionali nei confronti di politici e di militari (Primo ministro, ministro della Difesa, oltre che per i “responsabili urbanistici” di Giudea e Samaria). Israele non ha aderito allo Statuto di Roma quindi non è tenuto alla loro estradizione ma gli Stati aderenti (tutta la UE e la Gran Bretagna ad esempio) sono obbligati a farlo.

La decisione avversa ad Israele era attesa da tempo. Non sorprende che sia arrivata, soprattutto ora che negli Stati Uniti, Donald Trump non è più alla Casa Bianca.


Alberto Pento
Che Tribunale mostruoso, peggio dell'ONU e di Amnesty International! Complici dei criminali nazi maomettani antisemiti. Speriamo che Salvini prenda le distanze e avverta Draghi di fare altrettanto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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