Celebrare gli ebrei morti e maltrattare i vivi, no grazie!

Ricordare o negare gli ebrei morti e maltrattare quelli vivi

Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:31 am

A quegli ebrei d'Israele che sono contro il progetto di pace di Trump e di Netanyahu

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 4002231024

Daniel Haviv
Il sondaggio di oggi di Reshet Bet: 61% di Israeliani contro la proposta di Trump e 10% a favore.
Fra Bibi e Gantz: 48% per Gantz e 37% per Bibi.

Gino Quarelo
Lei Daniel Haviv pensa che gli ebrei dopo aver patito e subito di tutto lungo le migliaia di anni della diaspora, fino allo sterminio del 900 chiamato Shoà, cosa mai vista prima sulla faccia della terra, ebrei della disapora che nell'800 dopo tanto dolore hanno ideato e dato vita al sionismo per ritornare nella loro terra di Sion, aggiungendosi agli ebrei rimastivi nei secoli come dhimmi degli invasori nazi maomettani, lei forse pensa che lo abbiano fatto e abbiano lottato con le unghie e con i denti per ricostruire lo stato di Israele nato dopo la Shoà e la II guerra mondiale, trasformando con immenso amore un'area semiabbandonata e semidesertica in un giardino paradisiaco e nel luogo più sicuro per loro dotandolo di uno dei migliori eserciti della terra e di tutti i tempi per potersi difendere dalle aggressioni provenienti da ogni dove, lei pensa che abbiano fatto tutto questo per consegnarsi come dhmmi e consegnare il loro paese ai nazi maomettani che li vorrebbero cacciare, ridurre ìn dhimmitudine o sterminare distruggendo Israele, ma forse lei pensa che gli ebrei di Israele abbiano perso la ragione e la memoria e siano divenuti tutti degli irresponsabili, degli insensati e dei dementi?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:32 am

Ora che è finita la settimana della Memoria
Questo articolo di Michael Sfaradi corrisponde in pieno al mio pensiero:
Emanuel Segre Amar
30 gennaio 2020

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 1645517593


Ora che è finita la settimana della Memoria, con tutti gli eventi che l’hanno caratterizzata, vorrei, da nipote della Shoah, scrivere quello che penso a proposito di questa ricorrenza. Il Giorno della Memoria è stato istituito con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1º novembre 2005 durante la 42ª riunione plenaria. Si stabilì di celebrarlo ogni 27 gennaio perché proprio in quella data del 1945, le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz.

Detto in questo modo, e a prima vista, sembra tutto perfetto. Invece, basta scavare oltre il sottile strato di intonaco e si scoprono tanti, forse troppi, particolari che, almeno in linea teorica, dovrebbero essere rivisti. Ma che in pratica non lo saranno mai. Particolari che rimarranno per sempre a testimoniare che, la decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite oltre ad essere il minimo sindacale che il mondo doveva a tutte le vittime della Shoah e oltre a essere arrivata con cinquantotto anni di ritardo, nasconde nelle sue pieghe particolari che ai più potrebbero sembrare una questione di lana caprina, ma che per chi ancora sente sulla pelle e nell’anima il lutto di ciò che fu fatto al proprio popolo, assumono un’importanza superiore.

La prima contestazione riguarda la data scelta. Israele, nazione degli ebrei, per onorare i propri morti non ha certo aspettato l’ONU e, fin dalla sua fondazione, ha ricordato le vittime della Shoah in una giornata particolare che si chiama Yom HaShoah (Giorno della Shoah). Questa triste ricorrenza cade ogni anno a dieci giorni esatti dalla festa di Indipendenza dello Stato di Israele, che cade fra la fine di aprile e l’inizio di maggio secondo il calendario ebraico, e, oltre a ricordo delle vittime, questa distanza di dieci giorni fra i due eventi, è un monito a tenere presente che se allora Israele fosse esistita, tutto questo, forse, non sarebbe accaduto.

Era così difficile adottare per il Giorno della Memoria la stessa data già in uso in Israele? No, non era difficile, ma a quanto pare per l’ONU era impossibile. Perché gli ebrei morti sono da ricordare e piangere, ma guai ad avvicinarli a quelli vivi, indipendenti, che si difendono da soli e che non sono più minoranza in casa altrui. Si è scelto Auschwitz come sinonimo di Shoah e la data per la sua celebrazione diventa il 27 gennaio giorno della sua liberazione. Ma Auschwitz non può passare alla memoria collettiva come sinonimo dello sterminio perché non era l’unico campo costruito a questo scopo. Per citare i più importanti bisogna ricordare anche Chełmno, Bełżec, Sobibór, Treblinka, Majdanek, Mauthausen e, questi erano solo i più tristemente famosi.

Ce ne sono stati tanti altri dove si moriva per fame, per stenti o di fatica. Poi, per rimanere in Italia, è doveroso citare la Risiera di San Sabba. La data del 27 gennaio è legata ad Auschwitz, ma fu Majdanek il primo campo liberato di tutto il sistema concentrazionario nazista. L’Armata Rossa lo raggiunse del 22 luglio del 1944, circa sei mesi prima.

Alla liberazione di Auschwitz seguirono quelle di Groß-Rosen (dai sovietici, 13 febbraio), Stutthof (dai sovietici, 9 maggio, ma era stato già evacuato da gennaio), Mittelbau-Dora e Buchenwald (dagli americani, 11 aprile), Bergen-Belsen (dagli inglesi, 15 aprile), Flossenbürg (dagli americani, 23 aprile), Sachsenhausen (dai sovietici, 22-23 aprile), Dachau (dagli americani, 29 aprile), Ravensbrück (dai sovietici, 30 aprile), Neuengamme (dagli inglesi, 2 maggio) e Mauthausen (dagli americani, 5 maggio 1945).

La ricorrenza decisa per il 27 gennaio agli occhi di chi, come dicevo prima, sente ancora sulla pelle e nell’anima il lutto di ciò che fu fatto al proprio popolo, è uno schiaffo. Uno schiaffo anche a tutti coloro che dal 27 gennaio al 5 maggio del 1945, continuarono a morire in quei campi di sterminio, che non si fermarono nella loro opera di distruzione, fino all’arrivo delle truppe alleate. Uno schiaffo a loro, a coloro che internati in quei campi riuscirono a sopravvivere e alle famiglie che persero persone care. Se proprio non si voleva adottare la data scelta da Israele, non sia mai, un minimo di delicatezza sarebbe stata comunque obbligatoria.

Il Giorno della Memoria è stato poi continuamente e sistematicamente sporcato da destra e da sinistra, in un ignobile ping pong di frasi ripetute da esponenti politici o rappresentanti di organizzazioni, che non hanno provato nessuna vergogna a paragonare ciò che accadde allora a quello che accade oggi nel contenzioso che c’è fra Israele e il mondo arabo, in particolare fra Israele e i palestinesi. Troppe volte in tutto il mondo, e in Europa in particolare, è stato ripetuto il concetto, ed è successo sia con esponenti della destra che della sinistra, che gli israeliani trattano i palestinesi come i nazisti trattavano gli ebrei. Si tratta di un falso assoluto, ma la ripetizione di concetti di questo tipo, proprio in un giorno come quello della memoria, è infame e tende ad insudiciare quello che, almeno nelle intenzioni, doveva essere un momento di riflessione.

Invece, da quando è stata istituita, questa Giornata è strumentalizzata e usata come trampolino di lancio di nuove accuse, anche le più assurde, nei confronti di Israele, nei confronti dello Stato degli ebrei. In un cortocircuito che unisce gli antisemitismi di tutti i tipi in un’unica grande fogna il cui puzzo incomincia nei giorni precedenti la ricorrenza e continua, senza interruzione, per quasi tutto il resto dell’anno. Uno degli esempi più eclatanti del 2020, ma non è l’unico, non mancano mai, si è verificato durante il discorso del Presidente del Consiglio Comunale di Torino, Francesco Sicari che ha dichiarato, proprio durante la Giornata della Memoria, davanti alla sindaca Appendino che non ha battuto ciglio, frasi di accusa a Israele per crimini di guerra contro i palestinesi.
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Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:33 am

"LA PALESTINA L'HANNO CONQUISTATA I MUSULMANI E L'HANNO CONSACRATA ALL'ISLAM, PER QUESTO MOTIVO È TERRA ISLAMICA" (?) -
Riflettendo a voce alta sull'ambizioso Piano di Pace... il Deal of the Century
Ale Tzu
29 gennaio 2020

https://www.facebook.com/alessio.tramat ... nt_mention

A mio avviso è impossibile che i "palestinesi" accettino il piano di pace. Gli era stato regalato un loro stato nel territorio assegnato a Israele (Palestina ebraica), dal mandato britannico del 1922, e l'hanno rifiutato preferendo dichiarare guerra a Israele insieme a diversi paesi della Lega Araba. Il loro rifiuto è un rifiuto contro gli odiati ebrei per cultura religiosa e non per questioni prettamente territoriali. Non accettano, in quanto musulmani, la presenza ebraica in ex territori conquistati dai musulmani e "consacrati fino al giorno del giudizio all'Islam" (dal Corano).

L'unica soluzione di pace, e lo dicono e lo scrivono nei loro statuti, sarebbe cancellare Israele e creare una sola Palestina in tutto il territorio che il mandato del 1922 assegnava ad Israele.

L'unica soluzione che potrebbe portare alla pace non è proporre un piano ai "palestinesi" ma è proporlo a livello internazionale, all'Onu, alle istituzioni e all'opinione pubblica. Finché anche il Mondo sarà diviso sulla questione israelo-palestinese, non si arriverà mai ad una soluzione pacifica per sbrogliare questa ingarbugliata matassa.

Serve un piano condiviso su 1) verità storiche territoriali, 2) verità storiche di chi sia veramente il "popolo palestinese, 3) verità sul piano di spartizione del Mandato britannico del 1922, 4) verità sul regalo fatto agli arabi con la risoluzione 181/1947 e il loro tassativo rifiuto, 5) verità sul fatto che col rifiuto arabo della 181/"47, secondo il diritto internazionale, rimane in vigore il Mandato britannico del 1922 per suddividere la Palestina mandatario tra arabi a est del Giordano (77% del territorio), e ebrei a ovest fino al Mediterraneo (23% del territorio), 6) far comprendere che la 181/1947 era solo un ulteriore regalo agli arabi per far cessare le loro violenze contro gli ebrei e arrivare ad un compromesso e alla pace ma che, come noto, rifiutarono.

Solo dopo aver messo d'accordo istituzioni e opinione pubblica internazionale si può proporre un Piano di Pace ai "palestinesi" e fare pressioni perché venga accettato.

Art.11 dello Statuto di Hamas:

"Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un sacro deposito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell’islam fino al giorno della resurrezione. ... Questa è la regola nella legge islamica (shari’a), e la stessa regola si applica a ogni terra che i musulmani abbiano conquistato con la forza, perché al tempo della conquista i musulmani la hanno consacrata per tutte le generazioni dell’islam fino al giorno del giudizio."

Per questi motivi, religiosi, hanno sempre rifiutato, e continueranno a rifiutare, qualsiasi soluzione per la pace. Serve un intervento condiviso internazionalmente. Ambizioso? Impossibile? Più realista di quanto lo sia il pensare che i "palestinesi" accettino una convivenza pacifica con gli esseri viventi che loro considerano, secondo il Corano, gli animali più infimi e il "male assoluto" da estirpare.

O tutto o niente e jihad: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno..." (dal Corano).

"LA pace arriverà quando gli arabi ameranno più i loro figli di quanto odino noi". (Golda Meir)

(Mio umile e personale pensiero).


Gino Quarelo
I motivi religiosi dei nazi mamettani sono come i motivi razziali dei nazi hitleriani, crimini contro l'umanità e come tali vanno trattati, banditi e combattuti fini all'ultima goccia di sangue.
E nell'attesa che si faccia e accada tutto ciò (che l'ONU, che la comunità e l'opinione pubblica internazionale, ...), è bene che intanto vi sia questo piano di Trump e che Isarele si consolidi e che gli ebrei si difendano con ogni mezzo per continuare a esistere come persone, come popolo e come stato.


Ale Tzu
Gino Quarelo il piano per la pace di Trump è molto importante ed è stato studiato in maniera molto astuta. Qui una analisi di F. Londei e L. Udler:
https://www.facebook.com/secondo.protoc ... cation=ufi

Ciò che intendo nel post è che parallelamente bisognerebbe lavorare tutti insieme, filo-palestinesi e filo-israeliani, per il bene di tutti, "palestinesi" e israeliani, se si vuole veramente arrivare ad un compromesso e ad una semi-pace. Israele fin dal regalo della 181/47 ha dimostrato di voler vivere in pace e più volte ha concesso terre in cambio di pace (vedi Gaza lasciata nel 2005 ma a nulla è servito, anzi!). Terre in cambio di pace con Egitto e Giordania ha funzionato, con i "palestinesi" mai e mai funzionerà.

Finché anche l'opinione pubblica internazionale sarà divisa in schieramenti, e ci si farà guerra, quei territori e quelle popolazioni non avranno mai pace.

L'opinione pubblica internazionale è fondamentale per le decisioni e risoluzioni "eque" in sede Onu e sono sicuro che con la pace tra le due tifoserie, filo-pall e filo-Israel, ci sarebbe un cambiamento di rotta soprattutto per quanto riguarda i continui attacchi dei "palestinesi" con missili e attentati contro i civili israeliani (pena pesanti sanzioni che i leader abusivi non saranno felici di ricevere), che è il primo passo, poi dal punto di vista della presa di coscienza del "popolo palestinese" che è arrivata l'ora di crescere e fare una vita normale senza infinita e inutile guerra (già parte dei "palestinesi" ha capito che per aspirare ad una vita normale bisogna in primis liberarsi dei guerrafondai leader abusivi come Abu Mazen, dieci anni che governa senza essere stato eletto, e dei terroristi di Hamas che si sono insediati a Gaza con un colpo di stato nel 2007).

Non dico che poi si scambieranno i fluidi come due amanti innamorati, ma sono sicuro che se le tifoserie la smetessero di farsi la guerra ci sarebbe un enorme cambiamento di rotta e a guadagnarci sarebbero tutti.


Gino Quarelo
Leggendola gentile Ale Tzu mi sembra che lei si culli in quella che per me è solo un'illusione e che non abbia ben chiaro cosa sia stato e cosa sia ancora l'Islam a cominciare da Maometto che per primo ha sterminato gli ebrei, che cosa prescriva il Corano e cosa sia il loro idolo tribale Allah.

Per quanto mi riguarda Maometto era peggiore di Hitler, il Corano è assolutamente peggiore del Mein Kampf e il nazismo maomettano è mille volte peggio del nazismo hitleriano.

Per me esistono solo due possibilità:
1) che Israele cessi di esistere e che gli ebrei si facciano dhimmi
2) che il Mondo, Israele e i suoi ebrei bandiscano il nazismo Maomettano, Maometto e il Corano, lo combattano e lo sconfiggano costringendo i nazi maomettani ad abbandonare la loro mostruosa ideologia politico religiosa pena la loro completa distruzione.

Vie intermedie non ne vedo, la soluzione della integrazione e della convivenza nel reciproco riconoscimento e rispetto, intrapresa dall'Europa demosinistra e dal Papa cristiano cattolico romano porta esclusivamente alla dhimmitudine.
Mi dica lei quale potrebbe essere la sua ipotesi alternativa.
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Ricordare o negare gli ebrei morti e maltrattare quelli vivi

Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:33 am

Un'altra manipolazione assurda degli antisemiti/antisioni/antisraeliani è paragonare l'antisemitismo a l'antislamismo e servirsi della lotta all'antisemitismo per far tacere le critiche e le condanne al e del nazismo maomettano


Approvata risoluzione Onu che condanna islamofobia e antisemitismo
3 aprile 2019

http://www.italiaisraeletoday.it/approv ... ImbRNlXrmI

L’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato all’unanimità, martedì sera, una risoluzione che condanna islamofobia e antisemitismo, a seguito del recente attacco terroristico a due moschee neozelandesi (50 morti).

L’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, ha condotto uno sforzo diplomatico per modificare la formulazione della risoluzione, che inizialmente conteneva la condanna dell’islamofobia senza menzionare l’antisemitismo. Danon ha convinto alcuni stati a non sostenere la risoluzione se non avesse menzionato anche l’antisemitismo.

“Condanniamo fermamente quell’orribile atto di terrorismo (in Nuova Zelanda) – ha detto Noa Forman, che ha rappresentato Israele nella discussione – È fondamentale che l’Assemblea Generale invii un messaggio forte contro odio e crimini di odio basati sulla religione, ma dobbiamo farlo in un modo che ci unisca tutti”.

Dopo il dibattito, Danon ha affermato che “la memoria storica sembra sbiadirsi col tempo, ma i nostri sforzi diplomatici dimostrano che non permetteremo alla comunità internazionale di rimanere in silenzio mentre si diffonde in tutto il mondo una nuova ondata di antisemitismo”.
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Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:35 am

E a Milano esplode la propaganda antisemita
1 febbraio 2020

http://www.italiaisraeletoday.it/e-a-mi ... Vx7_27SUdo

L’Associazione dei palestinesi in Italia insieme alla Comunità dei palestinesi in Lombardia hanno organizzato una manifestazione a Milano contro il piano di Pace di Trump. Propal di nuovo in strada, Milano di nuovo ferita e sfregiata da una violenta propaganda antisemita

“Da giorni – ha detto Raffaele Besso già co-presidente della Comunità ebraica di Milano.- il Sud di Israele è sotto una pioggia di razzi e se non fosse per il sistema di sicurezza Iron Dome assisteremmo ad una strage di civili Israeliani. Famiglie costrette nel cuore della notte a fuggire nei rifugi antimissili mentre si chiede nell’indifferenza generale un Israele priva di ebrei, una pulizia etnica.”

“Oggi a Milano ha continuato Besso – è andata in scena la peggior propaganda antisemita e che avvalora i deliri della dipendente del Comune di Milano Paola Bucci Buccianti e tutti quelli che dietro all’odio per Israele nascondono il loro antisemitismo. I nostri fratelli sono morti nel silenzio, noi diciamo Mai più e pretendiamo che la nostra Milano antifascista non si sporchi di odio a pochi giorni dal Giorno della Memoria”



Il "Piano del secolo", l'anno zero per i Palestinesi. E Abu Mazen gioca la carta della rottura
1 febbraio 2020

https://globalist.it/world/2020/02/01/i ... 52375.html

Lo “tsunami Trump” si abbatte sulla Palestina. E cancella decenni di negoziati, seppellisce gli accordi di Oslo-Washington, spazza via la soluzione a due Stati, straccia le risoluzioni Onu, e fa strame del diritto internazionale. Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen annuncia la rottura di ogni relazione con Israele e la sospensione di tutti gli accordi all'indomani della presentazione del Piano di Pace Usa. "Non accetterò l'annessione di Gerusalemme e non voglio passare alla storia come colui che ha venduto Gerusalemme", ha tuonato Abu Mazen citato dall'agenzia Maan, aggiungendo che l'Anp "non accetterà mai gli Usa come unico mediatore al tavolo dei negoziati con Israele.

Anno zero

Il presidente dell’Anp è intervenuto alla riunione straordinaria convocata dalla Lega Araba al Cairo per discutere del piano di pace per il Medio Oriente elaborato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. ''Gli Stati Uniti non sono più un Paese amico dei palestinesi'', ha detto, affermando che gli americani, con questa amministrazione, non possono più svolgere il ruolo di ''arbitro'' nella crisi tra israeliani e palestinesi. "Non avremo più rapporti con loro, nemmeno nell'ambito della sicurezza'', ha precisato Abbas, annunciando che si recherà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per spiegare ''la nostra posizione''. ''Mi sono anche rifiutato di parlare con Trump'', ha aggiunto Abbas riferendosi al rifiuto del colloquio telefonico chiesto dal presidente americano. Nel piano Trump la Città Santa è riconosciuta come la capitale indivisibile di Israele, anche se Trump ha spiegato che i palestinesi potranno stabilire la capitale del loro Stato futuro nella periferia orientale della città.

E Abu Mazen ha respinto categoricamente la proposta: ha ricordato che il piano concede loro solo l'area di Abu Dis, un quartiere depresso di Gerusalemme Est, e non l'intera parte orientale della città, occupata nel 1967 e annessa nel 1980 da Israele. Non solo. Ha aggiunto che i territori di un futuro Stato palestinese, come previsto dal piano di Trump, rappresentano solo il 22% della "storica Palestina". E ha rivelato ai ministri degli Esteri dei Paesi membri della Lega araba di non aver voluto neppure ricevere una copia del piano di pace né rispondere alla telefonata di Trump." Combatteremo per evitare che il piano diventi una formula legittima adottata dalla comunità internazionale", ha insistito il leader palestinese, aggiungendo tra l'altro di "aver incontrato Trump quattro volte" e che questi incontri non hanno prodotto "alcun progresso". Da qui, la decisione di rivolgersi al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per spiegare il suo rifiuto del cosiddetto 'Accordo del Secolo'. Abu Mazen ha anche reso noto che il re saudita, Salman bin Abdulaziz Al Saud, gli ha assicurato che "l'Arabia Saudita sta sempre con i palestinesi" .

Al termine del summit straordinario dei ministri degli Esteri, la Lega araba ha annunciato rifiuto del Piano Per la Lega araba il piano di Trump è "ingiusto" nei confronti dei palestinesi. L'organizzazione, riunita a livello di ministri degli Esteri, ha dichiarato in una nota di avere "respinto l'accordo americano-israeliano poiché non rispetta i diritti e le aspirazioni fondamentali del popolo palestinese". Ha aggiunto che i leader arabi avevano promesso "di non collaborare con l'amministrazione americana per attuare questo piano".

Annota Gwynne Dyer su Internazionale: “A ogni rilancio, si riducono le dimensioni dello stato immaginario offerto ai palestinesi. Con Israele che si appresta ad annettere formalmente gli insediamenti ebraici nella Cisgiordania occupata, la sua superficie è all’incirca il 10 per cento della Palestina storica, e non vedrà mai davvero la luce. Eppure l’obiettivo fittizio di uno stato palestinese deve comunque essere conservato. Ma perché? Quando il genero di Trump, Jared Kushner, ha svelato la sua “idea” di stato palestinese, fatta di varie dozzine di piccole enclave collegate da trafori e sopraelevate, in molti non hanno potuto fare a meno di pensare ai bantustan del Sudafrica. I bantustan erano stati creati dal regime di apartheid per dare l’illusione di libertà e autodeterminazione alle popolazioni nere oppresse in Sudafrica. Non hanno mai ingannato nessuno, ma hanno permesso al regime di sostenere che rispettava i diritti democratici dei neri. Semplicemente non potevano votare in Sudafrica, che rimaneva un paese per bianchi. La mappa di Kushner sta cercando di replicare lo stesso trucco....Ma i palestinesi non scompariranno, e sono circa cinque milioni. Hanno già vissuto sotto il regime militare israeliano per oltre cinquant’anni. Davvero si può giustificare l’idea di lasciarli per altri cinquant’anni sotto il giogo di un’occupazione militare? Se la risposta è no, le alternative rimaste sono una soluzione dei due stati o una monostato, nella quale Israele annetterebbe tutti i territori occupati. Ma se Israele lo farà davvero, cinque milioni di arabi palestinesi potranno votare alle elezioni israeliane: Israele smetterà di essere uno “stato ebraico”, anche se resterà democratico. Oppure si deciderà di non farli votare, e in tal caso Israele diventerà uno stato d’apartheid. È per questo che la soluzione zombi dei due stati continua a tornare dall’oltretomba. Israele in realtà non ha bisogno dell’assenso dei palestinesi, ma deve continuare a parlare di una specie di stato palestinese oppure semplicemente rassegnarsi a essere essenzialmente una tirannia etnica”.

Gerusalemme, la bramosia del possesso

I palestinesi gerosolimitani sono essenzialmente apolidi, bloccati in un limbo legale – non sono cittadini di Israele, né cittadini di Giordania o Palestina. Coloro che non possono dimostrare che il “centro della loro vita” è a Gerusalemme e che vi hanno vissuto ininterrottamente, perdono il loro diritto di vivere nella loro città di nascita. Devono presentare decine di documenti, tra cui titoli di proprietà, contratti di affitto e buste paga. Anche l’ottenimento della cittadinanza di un altro paese porta alla revoca del loro status. Ad oggi almeno 570mila cittadini israeliani vivono in oltre 100 insediamenti costruiti da Israele a partire dal 1967, data di inizio dell’occupazione dei Territori in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.Segnata nel tempo da una bramosia di possesso assoluto che ha prodotto guerre, odi secolari, tingendo di sangue le sue pietre millenarie. Gerusalemme. “Il problema di Gerusalemme consiste nel fatto che è oggetto di una competizione aspra, crudele e nazionalistica tra gli ebrei d’Israele e gli arabi palestinesi. Per entrambe le parti vincere la competizione significa acquistare una sovranità incontrastata sulla città”. Così Avishai Margalit, tra i più acuti analisti politici israeliani, professore di Filosofia all’Università ebraica di Gerusalemme, riflette sulla Città Contesa nel suo libro “Volti d’Israele”. Margalit ci aiuta a cogliere fino in fondo la complessità del nodo-Gerusalemme. “Ciò che rende il problema di Gerusalemme tanto complesso – annota è che l’attuale competizione nazionalistica per la città si svolge sullo sfondo di un’antica e sanguinosa competizione religiosa tra ebraismo, cristianesimo e Islam. Per comprendere la profondità del conflitto nazionalistico bisogna afferrare il carattere di quello religioso…”. Per questo Gerusalemme è il simbolo di un conflitto, dai caratteri carsici, che non ha eguali al mondo. Perché nessun altro conflitto al mondo racchiude in esso interessi, sentimenti, geopolitica e simbologia, in una dimensione atemporale. Sono dunque gli scrittori coloro che meglio sono riusciti a cogliere e a raccontare la natura del problema. E tra gli scrittori ce ne è uno che più di chiunque altro ha scavato in quel groviglio di sentimenti, ambizioni, paure, speranze, odio che da sempre caratterizza l’affaire-Jerusalem. Quello scrittore, scomparso alcuni anni fa, è Amos Elon. “Gerusalemme – rimarca Elon nel suo libro ‘Gerusalemme. I conflitti della memoria’- conserva uno straordinario fascino sulla fantasia e genera, per tre fedi ostili che si esprimono con parole perfettamente interscambiabili, la paura e la speranza dell’Apocalisse. Qui il territorialismo religioso è un’antica forma di culto. A Gerusalemme, nazionalismo e religione furono sempre intrecciati tra loro; qui l’idea dii una terra promessa e di un popolo eletto fu brevettata per la prima volta, a nome degli ebrei, quasi tremila anni fa. Da allora – prosegue Elon – il concetto del nazionalismo come religione ha trovato emuli anche altrove…Oggi, a Gerusalemme, religione e politica territoriale sono una cosa sola. Per i palestinesi come per gli israeliani, religione e nazionalismo si sovrappongono, e combaciano. Da entrambe le parti si fondono. Da entrambe le parti si fondono: e ciò che nasce è, potenzialmente, esplosivo”. I sentimenti che (Gerusalemme) suscita – avverte ancora lo scrittore – hanno origine nella geografia e nella storia; e trascendono la politica e la religione”. E’ così. Tutto a Gerusalemme, su Gerusalemme, rimanda a una visione assolutistica che non conosce né concede l’esistenza di aree “grigie”, di incontri a metà strada tra le rispettive ragioni. Ora il “Piano del secolo” ha risolto, sulla carta, il problema. Gerusalemme è israeliana, sancisce Trump. Ma la storia insegna che per Gerusalemme si combatte da sempre. E per sempre.



Delirio antisemita a 5 stelle
Deborah Fait
01.02.2020
Informazione Corretta

http://www.informazionecorretta.com/mai ... I.facebook

Il Movimento 5 stelle si è ormai cristallizzato nel suo essere il peggio della politica antisemita italiana. Lo hanno dimostrato quando erano ancora agli albori e il loro capo comico tesseva le lodi del regime assassino degli ayatollah. Hanno continuato con le esternazioni contro Israele di alcuni dei loro capigruppo, tipo Manlio Di Stefano e Di Battista e hanno raggiunto il delirio con Elio Lannutti che ha sciaguratamente citato i "Protocolli del Savi di Sion" per parlare di banche.
Nel Movimento 5 stelle, che sta ormai evaporando per il bene dell'Italia, esiste un serio problema di antisemitismo e lo dimostrano anche in modo violento come è successo nel novembre scorso quando, a Torino, sono andati in piazza a manifestare con tanto di kefia e bandiere israeliane date alle fiamme contro il protocollo d'intesa fra Torino City Lab e Israel Innovation Authority che promuove ricerca e sviluppo per conto dello stato, il più innovativo del mondo. Questo non andava bene ai grillini che si sono messi a urlare che Israele maltratta i palestinesi quindi nessun accordo poteva andar bene. Credo che il massimo dell'oscurantismo e dell'odio che li rode lo abbiano raggiunto durante le celebrazioni del Giorno della Memoria quando il presidente grillino del Consiglio Comunale, Francesco Sicari, ha fatto il discorso più disgustoso, vergognoso e abietto che un essere dotato di coscienza e intelligenza avrebbe potuto fare proprio quel giorno. Sicari che, ripeto, non è il signor nessuno antisemita che passa sotto casa, ma è il presidente del Consiglio Comunale di Torino che, mentre la maggior parte dei programmi TV mostrava i milioni di cadaveri della Shoah, mentre nelle scuole e nelle piazze si ricordava l'inferno nazista, l'orrore dei campi di sterminio, ha avuto la sfrontatezza di citare le parole della procuratrice della Corte Internazionale dell'Aja, Fatou Bensouda che ha dichiarato di aver aperto un'inchiesta sui crimini di guerra imputati all'esercito di Israele.

Sicari si è detto preoccupato che vengano accertati crimini compiuti sempre a scapito di vite umane. Ecco, uno schifo solenne, dunque, e non riesco davvero a farmene una ragione, non posso pensare che mentre il mondo ricordava l'orrore degli orrori, l'uccisione scientifica e programmata di un'intera etnia, quella ebraica, di un intero popolo, quello ebraico, questo signore, che dalle foto sembra proprio uno sbarbatello, abbia potuto essere così meschino, così privo di pietà e di coscienza da mettersi a parlare di politica mediorientale come se nulla fosse, e di imputare agli ebrei vivi e che vivi vogliono restare, crimini di cui ancora nessuno ha le prove e, se non le inventeranno, mai le avrà.
Premesso tutto questo, cosa dovrebbe pensare una persona normale? Che le parole di Francesco Sicari avrebbero scatenato un gran vespaio, che sarebbe insorta la Comunità ebraica di Torino, perbacco, che la presidente dell'UCEI, avrebbe severamente criticato, che tutti i media si sarebbero scandalizzati per quello che, in quel giorno e in un'occasione così profondamente umana e dolorosa, risultava essere una bestemmia vera e propria. Invece niente, zero, silenzio assoluto. Un grillino aveva voluto offendere gli ebrei morti condannando quelli vivi che si difendono? Un grillino aveva parlato di "crimini" di un paese, Israele, che si difende dal terrorismo arabo-palestinese mentre ognuno di noi aveva negli occhi le immagini di bambini sbranati dai cani dei tedeschi? Il presidente del Consiglio comunale di Torino, nel Giorno della Memoria della Shoah, aveva voluto offendere il paese che quei 6 milioni li avrebbe salvati se fosse esistito in quell'epoca? "Lasciamo stare, meglio non far polemiche", avranno pensato i più. Ma che bravi, bene! State sempre in silenzio quando si calpestano gli ebrei, sia che siano vivi o morti. Secondo l'Eurobarometro della Commissione europea diffuso alcuni giorni fa, l'antisemitismo è salito in modo esponenziale, un europeo su due odia gli ebrei. In testa troviamo Svezia, 81%; Francia, 72%; Germania, 66%. Odiatori, negazionisti sono in aumento, e questo accade a causa dell'indifferenza che regna sovrana, alle scuole dove non si insegna la Shoah, al gran numero di musulmani che ormai vive in Europa. Una cosa è certa, le parole indegne di Francesco Sicari, hanno provocato la reazione di una sola persona, Fabrizio Ricca, capogruppo della Lega in Comune a Torino, “Francamente ritengo inopportune le parole proferite dal presidente del Consiglio Comunale di Torino che, nel corso degli interventi sul Giorno della Memoria, ha deciso di attaccare lo Stato di Israele parlando non della persecuzione degli ebrei ma di presunti ‘crimini di guerra’ commessi da Israele stesso. Ci sono luoghi in cui si può parlare di geopolitica e luoghi e momenti in cui ha più senso tacere invece che attaccate uno Stato democratico che ha dato rifugio a tantissime vittime degli orrori che dovevamo ricordare oggi”. Se la reazione alle parole infami di Sicari è stata solo quella, molto apprezzata, di Ricca allora siamo messi male e non dobbiamo meravigliarci se più della metà degli europei odia gli ebrei e Israele.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ricordare o negare gli ebrei morti e maltrattare quelli vivi

Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:36 am

Il caso di Feltri che difende gli ebrei vivi e Israele ma che è contro l'uso strumentale della Shoà da parte della sinistra, dei demo sinistri e dei social internazi comunisti, per dare contro alla destra e al centro destra che in maggioranza non sono antisemiti nella versione classica e antisraeliani nella versione moderna antisionista. antiamericana, anticapitalista e filonazimaomettana.


Vittorio Feltri: "Gli ebrei? Sono decenni che rompono i coglioni con la Shoah"
2019/02/15

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... O5GEVnBpkk

“E Madonna, sono decenni che rompono i coglioni con la Shoah, ma basta. Per l’amor di Dio. Non se ne può più”. Il direttore di Libero Vittorio Feltri in collegamento con La Zanzara su Radio 24 parla così degli ebrei al termine di un battibecco con uno dei due conduttori, David Parenzo. Poco più di tre settimana fa proprio il quotidiano diretto da Feltri aveva fatto clamore per il titolo: “Calano fatturato e Pil, ma aumentano i gay”. E in occhiello: “C’è poco da stare allegri”. Una prima pagina arrivata a dieci giorni di distanza da un’altra apertura molto discussa: “Comandano i terroni”. Ora le frasi contro gli ebrei e la Shoah.

Feltri comincia il collegamento bevendo una coppa di champagne e viene attaccato da Parenzo: “Ma ti pare che uno dice che i meridionali sono pigri e poi alle otto di sera si mette a bere champagne?”. Il direttore di Libero replica: “Ho lavorato da stamattina alle dieci fino alle venti, dov’è il problema? Non sarò libero di andare a mangiarmi un boccone e bere un po’ di champagne? Alla faccia di Parenzo. Ma che te frega, Parenzo, perché voi ebrei non bevete lo champagne? Bevetelo sto champagne, così sareste un po’ più allegri e non mi rompereste i coglioni con la Shoah. E Madonna, sono decenni che rompono i coglioni con la Shoah, ma basta. Per l’amor di Dio. Non se ne può più”.

Feltri ne ha anche per Silvio Berlusconi quando dice che gli italiani sono fuori di testa perché non lo votano: “Qualcuno invece dice che gli italiani erano rincoglioniti quando votavano Berlusconi. È tutto da discutere. Sto dicendo che erano più rincoglioniti quando votavano lui. Berlusconi alla fine con tutti gli anni di governo non ha fatto un cazzo, poveraccio. Lui era anche pieno di buona volontà, voleva fare la rivoluzione liberale e poi l’ha affidata ad un socialista, cioè a Tremonti (ex ministro dell’Economia, ndr). Che sarebbe come affidare l’Avis a Dracula”.

Nel corso del suo intervento nella trasmissione condotta da Giuseppe Cruciani, Feltri difende invece il consigliere di Fratelli d’Italia che voleva distribuire frittelle solo a bimbi italiani: “Uno non può nemmeno distribuire le frittelle a chi cazzo vuole? L’anno scorso questo signore diede le frittelle pure ai bambini stranieri. Quest’anno no, non mi sembra il caso di aggredirlo”. Per Feltri ha ragione anche il parlamentare belga Guy Verhofstadt quando chiama ‘burattino’ il premier Giuseppe Conte: “Lo condivido, non mi sembra una cosa così drammatica. Un po’ burattino lo è, perché sappiamo che dipende sia da Salvini che da Di Maio. Direi che è fattuale. E poi io non mi sono sentito offeso perché a me dell’Italia non frega nulla, assolutamente nulla. Prima dell’Italia per me viene Bergamo che poi è una dependance della Svizzera. Quindi non c’entriamo niente noi con l’Italia, con questo Paese cialtrone”.

La difesa di Feltri continua con il ministro Bussetti, dopo la polemica per aver detto che al Sud devono impegnarsi di più: “Ma dov’è l’offesa? Ormai tutti si offendono se usi un termine, se ne usi un altro. Ma porca miseria, dire che al Sud bisogna impegnarsi di più non mi sembra così drammatico. D’altronde non risulta che nell’ospedale di Bergamo ci siano le blatte, sinceramente io a Bergamo non ho mai visto uno scarafaggio. Al Sud c’è una pigrizia organizzativa, non di tipo intellettuale. L’organizzazione ce l’ha solo la ‘ndrangheta che è molto ben organizzata. Ed è il motivo per cui lo Stato non riesce a sconfiggerla. Se lo Stato fosse organizzato come la ‘ndrangheta, sconfiggerebbe la ‘ndrangheta. Non mi sembra così difficile da capire”. Intanto in Veneto qualcuno suggerisce di istituire l’albo delle prostitute: “Questa è un’ottima idea. Se c’è l’albo dei giornalisti, ci deve essere anche l’albo delle puttane”, conclude Feltri.



Lettera aperta a Vittorio Feltri - Non solo Israele è oltre misura!
Jivis Tegno
Jivis Tegno è Editore, Scrittore, Editorialista e documentarista. Diplomato in regia cinematografica alla scuola internazionale di cinema “Maldoror” a Roma. Ha due Lauree conseguite all’università di Perugia.
2 giugno 2010

https://www.facebook.com/notes/informar ... 992851266/

Egregio Direttore,

ho il piacere di scriverle questa lettera per sottolineare il mio totale dissenso in seguito al suo articolo pubblicato nel suo quotidiano “Il Giornale” di Martedì 1 giugno 2010. Fedele al suo stile provocatorio e controcorrente, il suo giornale intitolava: “ DIECI MORTI TRA GLI AMICI DEI TERRORISTI - ISRAELE HA FATTO BENE A SPARARE”. Mi chiedo dove andiamo con un titolo del genere? Oggi in tutto il mondo, cerchiamo di vivere in pace, tra popoli e tra le nazioni! Sono molto lontani i tempi delle crociate! Nel suo editoriale pubblicato in prima pagina, oltre a sviare intenzionalmente il tema principale del giorno che è l’attacco alle navi dei pacifisti con una decina di morti, lei parla dei terroristi e del diritto di Israele ad esistere, questo nessuno lo contesta, ma mi permetta di dirle che non è l’ordine del giorno! Poi se la prende con gli stessi pacifisti, affermando che costoro sostengono i terroristi. Ma di quale terroristi sta parlando? Forse del popolo di Gaza al quale erano destinate le 10.000 tonnellate di viveri, alimenti che sarebbero serviti a sfamare una popolazione che vive sotto embargo navale da tre anni e, che vive solo esclusivamente di questi aiuti internazionali? Capisco senza condividere che per molti come lei, fare giornalismo significa fare il tifo per un gruppo, una persona o una nazione. Il giornalismo non è una partita di calcio, è semplicemente un mestiere che consiste nel raccontare i fatti senza fare alcuna strumentalizzazione o manipolazione. Lei ha una grande responsabilità verso i suoi lettori che hanno il diritto di sapere la verità e non l’alterazione dei fatti. Forse non lo sa, oppure non vuole sentire, che questo attacco condotto dal comando israeliano è stato condannato non solo dalla maggior parte delle nazioni del pianeta, ma anche da quasi tutte le organizzazioni internazionali. Anche i sostenitori di Israele – UE e Stati Uniti – hanno disapprovato e condannato l’atto ignobile dell’esercito israeliano. Allora perché lei si ostina a non vedere l’evidente? Nemmeno la stampa israeliana che di natura difende il suo esercito, si è complimentata questa volta con l’esercito come l’ha fatto lei nel suo giornale. Il quotidiano “Maariv” scriveva nel suo numero di martedì 1 giungo che “Israele ha già perso la battaglia delle opinioni pubbliche”, mentre un altro quotidiano “Yedjot Aharonot” sottolineava che: “Ancora un disastro per l’immagine d’Israele”. L’editorialista Reuven Pedatzur del quotidiano “Haaretz” sottolineava nel suo articolo: “In qualunque modo verrà valutato questo attacco, l’operazione in sé è gia una sconfitta”. Nello stesso tempo, l’ex deputato israeliano Uri Avnery, in una dichiarazione ripresa dal sito di informazione palestinese Amin dichiarava: “Un giorno triste dove il governo israeliano si è impegnato a sporcare il nome del paese in tutto il mondo, con prove convincenti di aggressività e brutalità che danneggiano già l’immagine non bella d’Israele nel mondo e comportandosi in quel modo, il governo scoraggia ed allontana i pochi amici ch’egli sono rimasti” .
Come vede, caro Feltri, queste sono solo alcune delle numerose opinioni che in Israele hanno condannato il “fattaccio”. Purtroppo devo constatare che lei predilige la difesa incondizionata dello stato ebraico. Criticare Israele non significa essere necessariamente antisionista. Chiunque sia dotato di un minimo di buon senso ed è intellettualmente corretto, vuole in Palestina la coabitazione di due nazioni indipendenti. È giusto e doveroso condannare senza eccezioni e riserve gli attacchi suicidi dei kamikaze palestinesi quando essi colpiscono i civili o i militari in Israele, ma la stessa condanna dovrebbe avvenire anche quando l’aviazione israeliana bombarda i villaggi palestinesi oppure come questa volta, i soldati israeliani assalgono le navi dei pacifisti facendo diversi morti. Non vogliamo più vedere guerre, massacri, attentati, sangue. Il mondo vuole la pace.
Caro Feltri, potrebbe scrivere pure lei per la pace, senza insinuare o volere a tutti i costi la divisione e l’odio. Sono comportamenti, a mio modesto avviso, che non onorano e non facilitano il senso civico della convivenza tra i popoli. Spero che saprà comprendere la mia preoccupazione!!!

Distinti saluti

Jivis Tegno


https://www.facebook.com/mariateresa.an ... ment_reply

Gino Quarelo
La Shoà è una immane e terribile tragedia umana a danno degli ebrei di ieri, il cui ricordo non è monopolio degli ebrei di sinistra e delle sinistre (che si credono e che si fanno passare per campioni della lotta all'antisemitismo perché la sinistrità del passato era per lo più antisemita e ancora oggi lo è nella sua versione moderna di antisionismo/antisraelismo dove si concentrano e vivono la maggior parte degli ebrei del Mondo) e non può essere da loro strumentalizzata per dare contro alle destre (che in maggioranza non sono antisemite, antisioniste e antisraeliane) e per dare contro agli italiani, agli europei e agli statunitensi che difendono i loro diritti umani naturali e universali e i loro diritti civili e politici.
Oggi a difendere gli ebrei vivi del Mondo e di Israele sono più le destre che le sinistre, anche se vi sono impropriamente tra loro delle frange minoritarie però di origine sinistra come quelle fascista e nazista (la cosidetta destra sociale, social nazionalista) che sono demenzialmente, tradizionalmente profondamente antisemite e antisraeliane come lo sono anche le sinistre e le demo sinistre.


Mariateresa Anfossi
la SHOAH', deve essere sempre presente perché é un monito che deve far riflettere ,lasciando perdere la destra o la sinistra!!

Gino Quarelo
Certo ma deve essere usata a proposito e non a sproposito magari con paragoni inappropriati come quelli con i "migranti invasori clandestini" , con gli "zingari criminali (che compiono crimini)" che per questo e solo per questo vengono giustamente avversati e con i "nazi maomettani palestinesi" che vorrebbero cacciare e sterminare gli ebrei e distruggere Israele e che ogni santo giorno aggrediscono gli ebrei di Israele cercando di ammazzarne qualcuno siano essi uomini o donne, vecchi o giovani, adulti o bambini, sani o disabili.
Aspetto ancora più stridente e vergognoso la Shoà non può essere usata per promuovere politiche che violano i diritti umani, civili e politici dei cittadini italiani, europei e statunitensi e per impedire loro di difenderli.


Shoah: i problemi della sinistra con la memoria
Caratteri Liberi
di Davide Cavaliere
4 febbraio 2020

http://caratteriliberi.eu/2020/02/04/cu ... KG3W4Je89Y

Roger Garaudy, noto anche come «Raja» dopo la conversione all’Islam, è stato un filosofo e militante del Partito Comunista Francese. Nel 1979 viene folgorato dalla Rivoluzione islamica iraniana e dalla figura dell’Ayatollah Khomeini. Il suo comunismo si sposa benissimo col discorso anti-imperialista e anti-occidentale dell’Islam rivoluzionario e fondamentalista.

Nel 1983, dalla Francia, si trasferisce a Córdoba per dirigere il Centro Internazionale Islamico. Nel 1995 pubblica il suo libro più celebre I miti fondatori della politica israeliana. La tesi principale del libro è semplice e aberrante: la Shoah è una menzogna propagandata dai sionisti per legittimare la creazione e l’esistenza dello Stato d’Israele.

Per Garaudy-Raja, Hitler non avrebbe né ordinato né voluto lo sterminio degli ebrei, ma si sarebbe limitato a «espellerli» dalla Germania. A suffragare le sue oscenità storiche, Garaudy si rifà alle teorie dello storico Robert Faurisson. Faurisson è lo studioso che diffuse il famigerato Rapporto Leuchter, uno strampalato documento pseudoscientifico con cui si tentò di dimostrare, chimicamente, l’inesistenza delle camere a gas.

Il viscerale antisionismo di Garaudy, lo spinse su posizioni negazioniste e antisemite. Stando all’ultimo rapporto Eurispes in Italia, la sinistra del Bel Paese sta ripercorrendo collettivamente il percorso intellettuale e politico di Roger «Raja» Garaudy. Il 23,5% di quanti si dichiarano «elettori di sinistra» si riconosce «molto» o «abbastanza» nell’idea che la Shoah non abbia mai avuto luogo; per il 23,3% degli stessi, la Shoah è avvenuta realmente ma ha prodotto meno vittime di quanto si affermi correntemente.

Stando al rapporto, tali posizioni allignano soprattutto a sinistra. Un dato che non dovrebbe sorprendere troppo, tutti sanno che la sinistra ha un rapporto quantomeno ambiguo con gli ebrei. L’antisionismo confina e sconfina nell’antisemitismo, del quale ricicla stereotipi e argomentazioni. La sinistra politica non è nuova al discorso negazionista né a forme più o meno esplicite di antisemitismo. I post-comunisti del presente mantengono il tic «anti-imperialista» e appena sentono parlare di Israele o degli Stati Uniti d’America ritornano alla lotta in favore degli «oppressi», veri o presunti che siano.

L’antisionismo è una via che conduce sempre all’odio verso gli ebrei in quanto tali, ne sono una prova, tra gli altri, anche intellettuali di sinistra come Norman Finkelstein, Serge Thion e Noam Chomsky, quest’ultimo scrisse anche la prefazione a un testo negazionista di Faurisson. Un altro caso eclatante è quello di Paul Rassinier, socialista francese ed ex deportato a Buchenwald. Nel 1955 pubblica un libro negazionista intitolato La menzogna di Ulisse. Secondo Rassinier, la Shoah è una menzogna necessaria al «fascismo sionista» per legittimare Israele e spillare soldi ai tedeschi.

Le tesi di Rassinier e Faurisson furono pubblicate e diffuse da Pierre Guillaume, un sessantottino di estrema sinistra. Come spiega Alexandre Del Valle nel suo magistrale Verdi, Rossi, Neri. La convergenza degli estremismi antioccidentali: islamismo, comunismo neonazismo, Rassinier apparteneva alla corrente «bordighista» del marxismo, che considerava l’antifascismo un errore e sosteneva la necessità di una comune lotta anticapitalista.

La casa editrice di Rassinier pubblicherà anche i testi negazionisti e antisionisti di autori di estrema destra quali Bardèche e von Leers. Il ragionamento della sinistra radicale è semplicistico: «noi siamo contro il capitalismo, gli USA incarnano il capitalismo, gli USA sostengono Israele quindi, Israele è un prodotto dell’imperialismo americano che è a suo volta figlio del capitalismo».

Israele diviene il prodotto di una macchinazione sionista-imperialista a danno dei popoli arabo-musulmani poveri. Tale dispositivo ideologico è ancora ampiamente diffuso nella parte sinistra dello spettro politico e alimenta il pregiudizio anti-israeliano e, in definitiva, quello antiebraico. Le posizioni della sinistra radicale su Israele sono completamente sganciate dalla realtà della storia, intellettuali seri come Georges Bensoussan, Benny Morris o Luigi Compagna hanno raccontato le peripezie del sionismo senza pregiudizi ideologici di sorta, consegnandoci un susseguirsi di vicende ben lontano dalla perversa narrazione marxista.

La sinistra, dunque, dato il suo passato, non può avanzare alcuna pretesa di superiorità morale sulla destra nel rapporto con gli ebrei anzi, spesso le posizioni dell’estrema sinistra coincidono con quelle della destra neonazista. L’antisionismo, in quanto negazione del diritto del popolo ebraico ad esistere nella forma dello Stato-Nazione, diviene cieco odio antisemita e negatore dell’Olocausto. Con la scusa dell’inesistente «genocidio palestinese» diventa possibile negare la Shoah, misconoscere il ruolo della Brigata Ebraica durante la Resistenza e riaprire il vaso di Pandora dei veleni antisemiti. La sinistra, oggi, sta giocando un ruolo pericoloso, legittimando esplicitamente e implicitamente il nuovo antisemitismo, soprattutto di matrice islamica, che attraversa l’Europa.


Ebrei clandestini e zingari odierni accostamenti impossibili
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2780

Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e nazi cristiano)
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2804
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ricordare o negare gli ebrei morti e maltrattare quelli vivi

Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:39 am

Il caso di Giulio Meotti, un intellettuale giornalista di "destra liberale" che difende gli ebrei vivi e Israele e che viene demonizzato dagli ebrei di sinistra che credono di avere il monopolio della Shoà e che difendono solo gli ebrei morti ma non quelli vivi di Israele; Shoà da loro strumentalizzata a danno delle destre, degli ebrei di destra e dei cittadini italiani, europei e statunitensi che difendono oltre agli ebrei vivi del Mondo e di Israele anche i loro diritti naturali e universali, civili e politici.


Intervengo sulle polemiche nazionali in merito al mio articolo uscito ieri sul Foglio sul dottor Mengele.
Giulio Meotti
2 febbraio 2020

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 5545828532

Intervengo sulle polemiche nazionali in merito al mio articolo uscito ieri sul Foglio sul dottor Mengele. Contro ha parlato persino il sindaco di Roma, Virginia Raggi. Mi hanno accusato di aver “elogiato”, “giustificato” e “scusato” Mengele, come se nell'articolo non avessi spiegato che il suo era l'inferno in terra. Cosa rispondere a simili offese folli e diffamanti? Mai vista una cosa del genere. Come è nata dunque la vicenda? E' in uscita un libro di Marwell, che ha dato la caccia al medico di Auschwitz e già direttore del Museo del patrimonio ebraico di Washington. Vi racconta come il dottore che decideva chi dovesse vivere e morire avesse non soltanto due lauree (medicina e antropologia), ma che avesse studiato con il Nobel Frisch, che era il primo allievo del maggiore genetista tedesco del tempo (Verschuer), che Mengele si stava preparando alla docenza universitaria, che venne pubblicato dalle maggiori riviste sull'ereditarietà del tempo, che una volta ad Auschwitz continuò a collaborare con l'Istituto Kaiser Wilhelm da cui uscirono tanti Nobel, che inviava loro campioni di “materiale” preso ad Auschwitz durante la sua opera di morte, che collaborò perfino con il Nobel Butenandt, che fu insomma un ricercatore importante uscito dal ventre di una medicina malata ed eugenetica. Non era il solo, Mengele. Chi ha scoperto l'autismo, il dottor Asperger, collaborò con i nazisti per mandare a morte i bambini malati. Il manuale di anatomia ancora in uso lo ha scritto il dottor Pernkopf, che fece esperimento sulle vittime del nazismo. E qualche anno fa, lo Spiegel pubblicò un articolo con questo titolo: “Mengele era un ricercatore di punta nel campo della genetica? Il medico delle SS ha condotto esperimenti ad Auschwitz per conto dei laboratori tedeschi”. L'ho giudicata una storia agghiacciante e molto importante e ne ho scritto, perché sì Mengele fu un “mostro”, ma fu mostruosa anche la scienza di cui era rappresentante. Scienza e cultura non sono di per sé espressioni positive, possono diventare scienza di morte. Mi duole se l'articolo ha ferito qualcuno, ma non ci saranno le mie scuse anche a fronte delle aggressioni che ho ricevuto, anche di parte ebraica. Evidentemente ho rotto un tabù. Pubblico qui il mio articolo. Ai posteri l'ardua sentenza.

Un album di fotografie fu spedito al Museo dell'Olocausto di Washington nel 2007 da un anonimo che lo aveva ritrovato in un appartamento di Francoforte. Erano immagini che, per la prima volta, raffiguravano Auschwitz non solo come un centro di sterminio, ma anche come un luogo dove si viveva. L'album era di Karl Höcker, l'aiutante di Richard Baer, ultimo comandante del campo. Tra le 116 fotografie in bianco e nero scattate nel 1944 ve ne erano un certo numero che raffigurano ufficiali delle SS a Solahütte, un sottocampo di Auschwitz a trenta chilometri da Birkenau e che funzionò da rifugio ameno per il personale addetto allo sterminio. Il dottor Josef Mengele, sorridente e rilassato, compare in otto fotografie. Nell'immaginazione popolare, Mengele è arrivato a personificare la Shoah. Tutti gli altri, da Hitler a Himmler passando per Eichmann, vi presero parte da dietro a una scrivania a Berlino. Mengele lo fece sul campo, o meglio, sulla "rampa" di Auschwitz. Nessuno più di lui incarna la frase di George Steiner secondo cui i nazisti crearono l'inferno sulla terra che per secoli i poeti e pittori europei avevano immaginato e raffigurato. Con una rotazione del pollice, il dottore decideva chi sarebbe vissuto, anche se solo brevemente, e chi sarebbe andato alla camera a gas. Ci si domanda chi Il più famoso genetista tedesco Verschuer scrisse: "La tesi del dottor Mengele è un'opera accademica originale" Alla fine della guerra chi lo aveva aiutato al Kaiser Wilhelm (da cui uscirono ventiNobel) distrusse ogni traccia della ricerca di Mengele fosse quel medico con una laurea in medicina e una in antropologia, un uomo di grande cultura, nato in una famiglia cattolica, entrato molto tardi nelle SS, che prese parte alla selezione di centinaia di migliaia di esseri umani e che, quando nel 1944 scoppiò il tifo nel "campo ceco" di Auschwitz, mandò alla morte col gas tutti i detenuti, risolvendo così il problema. David Marwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York, è dal 1985 che pensa a Mengele, da quando lavorava all'ufficio che si occupava dei criminali nazisti al Dipartimento di stato e che gli diede la caccia fino in Brasile, dove Mengele è morto nel 1979. Adesso, in un libro per W. W. Norton e Company e in uscita questa settimana, "Mengele: Unmasking the Angel of Death", Marwell ci racconta non il mostro mitologico, ma lo scienziato. "Ciò che si sa del tempo di Mengele ad Auschwitz è più cliché che verità", scrive Marwell. "La reputazione fuori misura come mostro medico è inversamente proporzionale a ciò che si sa su quello che ha effettivamente fatto". No, Mengele non era un "bel Sigfrido", ma basso e scuro, con un goffo spazio tra i denti anteriori. No, non indossava guanti bianchi e monocolo che Elie Wiesel ricordava. No, non canticchiava Wagner mentre mandava a morte donne e bambini. No, non era un uomo di "insondabile perversione”, Mengele si considerava un serio uomo di scienza, che scandagliava i misteri dell'eredità per perfezionare il Volk. Auschwitz era il suo laboratorio, gli offriva soggetti infiniti e lo aveva liberato da fastidiose inibizioni etiche. "Dove più di un milione di persone hanno perso la vita, Mengele ha trovato la sua". E' questa la storia terribile raccontata da Marwell. E' la storia di un ricercatore che lavorava al Kaiser Wilhelm Institute per l'Antropologia, il miglior istituto scientifico in Europa all'epoca. Racconta Marwell che l'apprendistato del dottore ebbe inizio a lezione dell'etologo austriaco Karl von Frisch, che verrà insignito del Nobel per la Medicina nel 1973. Allora era il capo dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Monaco ed era diventato famoso per il suo studio delle api. "Era qualcosa che non avevo mai provato prima in vita mia, Von Frisch accese la mia `fiamma zoologica', ma in modo così duraturo che ho tenuto questo fuoco per tutta la vita e ne sono stato troppo spesso riscaldato", scriverà Mengele. I suoi insegnanti erano fra i maggiori ricercatori del tempo, da Nikolaus von Jagic, capo della clinica medica dell'Università di Vienna, a Wolfgang Denk, capo della clinica chirurgica della stessa. Mengele studiò anche con Leopold Arzt, capo della clinica di dermatologia e malattie veneree, che venne cacciato dai nazisti nel 1939 per essersi opposto all'Anchluss. Poi a Monaco, dove assieme a Medicina, Mengele sceglie Antropologia sotto la guida del famoso Theodor Mollison, che divenne il suo "Doktorvater", supervisore. Poi l'Università di Francoforte, dove insegnava il mentore del dottore nazista, Otmar von Verschuer, il più famoso genetista del tempo. Era la "Oxford tedesca", un paradiso di conoscenza e ricerca. "A settembre 1937, Mengele aveva soddisfatto tutti i requisiti per la sua laurea in Medicina e aveva ricevuto la sua nomina come medico. Mengele ha iniziato il suo secondo dottorato, non ne aveva bisogno per esercitare, ma era necessario per una carriera accademica...". Mengele ambiva alla docenza universitaria.

Per la sua tesi sull'ereditarietà delle malformazioni al labbro, Mengele identificò 110 bambini che erano stati curati per una palatoschisi dal dipartimento chirurgico della clinica universitaria di Francoforte tra il 1925 e il 1935. Da questi ha ridotto il numero a diciassette, selezionando quelli che vivevano a Francoforte e che avevano sia il labbro leporino sia la palatoschisi. Parlando con i genitori di questi bambini, Mengele ricostruì la genealogia delle diciassette famiglie. E presentò e difese la sua tesi nell'estate del 1938. Nella sua valutazione ufficiale, Verschuer scrisse: "La tesi del dottor Mengele è un'opera accademica originale, eseguita in modo indipendente, che ha richiesto non solo grande tenacia per superare tutti gli ostacoli ma anche acute capacità di osservazione e cura nell'esecuzione degli esami". Il lavoro di Mengele sarebbe stato pubblicato un anno dopo in un rispettato giornale, Zeitschrift für Menschliche Vererbungs und Konstitutionslehre (la rivista degli studi sull'ereditarietà umana) e avrebbe ricevuto la dovuta attenzione nel Handbuch der Erbbiologie des Menschen (Manuale di biologia genetica umana), che lo ha descritto come "un progresso nello studio della patologia genetica del labbro leporino". Una fotografia degli scienziati riuniti all'università rivela un giovane Mengele in posa sui gradini con i giganti della scienza: Eugen Fischer, Otmar von Verschuer, Alfred Ploetz e Theodor Mollison. Era nato un promettente scienziato. Verschuer scrisse la sua lettera di raccomandazione: "Dopo la mia esperienza degli ultimi due anni, sono diventato convinto che il dottor Mengele sia adatto per una carriera accademica". La guerra e la Shoah ne complicano il percorso. Mengele è assegnato ad Auschwitz. "Se fosse stato possibile osservarlo nella sua mente, immagino che rivelerebbe un'enorme soddisfazione nel percorso intrapreso dalla sua vita" scrive Marwell. "In giovane età - a soli trentatré anni - Mengele si trovò sulla cuspide del grande successo. Il suo studio, la preparazione e il duro lavoro lo avevano portato in un posto senza precedenti nella ricerca della scienza che era la sua passione consumante. Nessuno nella storia aveva avuto accesso alla materia prima che gli stava di fronte o era stato così liberato dalle restrizioni che domavano l'ambizione e limitavano il progresso scientifico". Ad Auschwitz Mengele andò di propria iniziativa o su invito di Verschuer? Il figlio di Mengele, Rolf, a un intervistatore nel 1985 disse che sua madre gli aveva detto che Verschuer aveva "motivato" Mengele ad andare ad Auschwitz e che gli aveva chiesto di farlo. Hans Sedlmeier, dirigente della società Mengele di Günzburg e amico di famiglia, ha riferito ai pubblici ministeri tedeschi nel 1984 che Mengele aveva affermato che Verschuer contribuì a organizzarne il trasferimento. "Mengele stava progettando di usare la sua ricerca di Auschwitz come base per la sua Habilitationschrçft, la tesi post-dottorato, che era un prerequisito per una carriera accademica" scrive Marwell. Ad Auschwitz, Mengele avrebbe costruito un vero e proprio centro di ricerca, arruolando anche fra i prigionieri scienziati, come il pediatra di fama mondiale Berthold Epstein. Mengele continuò la sua ricerca sul labbro leporino e la nascita dei gemelli. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, nel giugno del 1939, Otmar von Verschuer aveva tenuto una conferenza alla Royal Society di Londra, intitolata "Ricerca sui gemelli dal tempo di Galton ai giorni nostri". Il mentore di Mengele era molto interessato a quanto avveniva ad Auschwitz. Indubbio è che von Verschuer, autorità mondiale sui gemelli, ricevette da Mengele moltissimi "preparati umani", dagli occhi ai campioni di sangue di persone di diversa origine razziale. Hans Münch, medico nel campo, ha ricordato che "Mengele affermò che non utilizzare le possibilità offerte da Auschwitz sarebbe `un peccato' e `un crimine irresponsabile nei confronti della scienza". Secondo Horst Fischer, un altro medico di Auschwitz, Mengele parlava spesso "con entusiasmo" del suo lavoro scientifico e del "materiale" che aveva davanti, descrivendo "un'opportunità unica che non sarebbe mai stata più offerta". Un altro antropologo detenuto ad Auschwitz e che Mengele reclutò nel suo laboratorio, Erzsebet Fleischmann, dirà che il lavoro di Mengele, seppur moralmente aberrante, era "scientificamente legittimo". Lo storico Massin scrive: "A volte Mengele è rappresentato come l'incarnazione del medico pseudoscientifico delle SS, che, in completo isolamento, esegue i suoi esperimenti astrusi. In effetti, Mengele era strettamente legato alla comunità scientifica". Il dottore per tutto il tempo ad Auschwitz mantenne un legame molto stretto con i suoi superiori accademici. "La prima cosa che ogni coppia di gemelli ad Auschwitz ha dovuto fare è compilare un questionario dettagliato dell'Istituto Kaiser Wilhelm", ha ricordato il detenuto Zvi Spiegel. Alla fine del 1943, Mengele, fu invitato privatamente dai Verschuer per una cena. "Che succede ad Auschwitz?", chiese la moglie del professore. "Non posso parlarne, è orribile", rispose Mengele. Quando i sovietici si avvicinarono a Berlino nella primavera del 1945, il professor Verschuer diede l'ordine di distruggere tutti i "file segreti". Non rimase nulla della ricerca svolta da Mengele ad Auschwitz. Più tardi, quando Verschuer assunse la cattedra di Genetica umana a Münster nella neonata Repubblica Federale tedesca, non riuscì a ricordare nulla. "Auschwitz? Non so". Sospetti sono sarebbero stati sollevati anche sui legami di Mengele con Adolf Butenandt (1903-95), uno dei pionieri della ricerca genetica europea, premio Nobel e uno degli studiosi più influenti del suo tempo. La trasformazione di Mengele in un "angelo della morte" aveva la funzione di sollievo. La vera scienza doveva essere rimasta pura, soltanto dei pazzi sadici e criminali si compromisero col nazismo. Ma dal Kaiser Wilhelm in quegli anni non usci soltanto il medico di Auschwitz, ma anche venti Premi Nobel. Fu un ricercatore di grande talento e fu aiutato dai migliori scienziati del tempo. Ma per attenuare l'orrore di tanto "progresso" abbiamo dovuto trasformare il dottor Mengele in un dottor Mabuse.



Polemiche su Il Foglio e Mengele ‘brillante scienziato’, Giuliano Ferrara: “Chi parla di riabilitazione è un idiota”
2 febbraio 2020

https://globalist.it/life/2020/02/02/po ... 52402.html

L’articolo comparso ieri sul Foglio su Mengele, il medico di Auschwitz che si macchiò di orrendi crimini e che morì in Brasile nel 1979 senza aver mai scontato una condanna per i suoi orrori, sta ancora suscitando polemiche.

L’articolo di Giulio Meotti riguardava una nuova biografia di Mengele (Unmasking the Angel of Death) scritta da David Maxwell, che al Dottor Morte diede la caccia fino in Brasile, senza riuscire a consegnarlo alla giustizia.

Il titolo scelto ("Il Professor Mengele. Non solo un assassino. Un brillante ricercatore al fianco dei grandi scienziati del tempo. Una nuova biografia”.) aveva suscitato parecchie polemiche online, specie su twitter dove in molti avevano attaccato il direttore de Il Foglio Cerasa.

Molti hanno accusato il giornale di riabilitazione di un criminale nazista e su Globalist avevamo scritto come il pezzo, in realtà, di veramente infelice avesse solo il titolo. In ogni caso, le accuse sono state ripetute anche da Virginia Raggi, che ha scritto un tweet contro il direttore: “Mentre a Roma abbiamo cambiato nomi a strade dedicate a chi ha firmato Manifesto della Razza, Claudio Cerasa e il Foglio provano a riabilitare un assassino come il medico nazista Josef Mengele l' ''angelo della morte" di Auschwitz, che usava bambini come cavie. Vergogna!”.

Tweet cui ha risposto un piccato Cerasa: “Caro sindaco, questo tweet puzza più delle strade della città che lei non governa. Ma capisco che dopo aver devastato Roma manipolare la realtà è l’unico modo che le resta per andare avanti. Si legga l’articolo e quando vuole le facciamo una lezione gratuita di antisemitismo”.

Ma più di tutti è Giuliano Ferrara che ha reagito con violenza agli attacchi, scrivendo sempre su twitter: “Meotti ha scritto che Mengele non era diabolico per suo conto ma la perfetta incarnazione di uno scientismo eugenetico che trovava nell'inferno di Auschwitz il laboratorio delle sue idee progressiste. Chi parla di riabilitazione è un cretino ignorante, inutile discutere”.








IN MERITO A UNA POLEMICA IDIOTA
Niram Ferretti
2 febbraio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Le polemiche sorte intorno intorno all'articolo di Giulio Meotti su Joseph Mengele, che prende spunto da un libro di prossima pubblicazione "Mengele Unmasking the angel of death" sono a dir poco demenziali e dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, il grado di idiozia a cui siamo giunti.

Per chiunque sia alfabetizzato e non abbia seri problemi con l'italiano, l'articolo è di una chiarezza abbacinante ed evidenzia come Mengele, il mostro Mengele, non fosse un caso isolato, una aberrazione della natura come Gilles de Rais, ma facesse parte integrante di un sistema, quello medico-scientifico tedesco durante il Terzo Reich.

Era un uomo dotato di talento scientifico (eh sì anche i mostri possono essere dotati di intelligenze sopra la media), un uomo che mise la sua intelligenza al servizio di una causa aberrante. Come lui lo fecero molti altri.

No, non era un freak da esibizione circense.

Qualcuno magari scoprirà che uno dei più grandi scrittori del Novecento, Louis-Ferdinand Céline era anche un antisemita, e che uno dei maggiori giuristi e pensatori politici sempre del Novecento, Carl Schmitt, faceva parte del partito nazista, che uno dei maggiori filosofi sempre del Novecento, Martin Heidegger ebbe con il nazismo un rapporto assai ambiguo.

Le animucce belle saranno forse scandalizzate, ma l'intelligenza anche superiore di alcuni individui può subire profonde alterazioni e sprofondare nella melma e nell'abiezione lasciando tuttavia il talento intatto.




La scienza del male
di Giulio Meotti
3 febbraio 2020

https://www.ilfoglio.it/scienza/2020/02 ... le-299828/

Un album di fotografie fu spedito al Museo dell’Olocausto di Washington nel 2007 da un anonimo che lo aveva ritrovato in un appartamento di Francoforte. Erano immagini che, per la prima volta, raffiguravano Auschwitz non solo come un centro di sterminio, ma anche come un luogo dove si viveva. L’album era di Karl Höcker, l’aiutante di Richard Baer, ultimo comandante del campo. Tra le 116 fotografie in bianco e nero scattate nel 1944 ve ne erano un certo numero che raffigurano ufficiali delle SS a Solahütte, un sottocampo di Auschwitz a trenta chilometri da Birkenau e che funzionò da rifugio ameno per il personale addetto allo sterminio. Il dottor Josef Mengele, sorridente e rilassato, compare in otto fotografie.

Nell’immaginazione popolare, Mengele è arrivato a personificare la Shoah. Tutti gli altri, da Hitler a Himmler passando per Eichmann, vi presero parte da dietro a una scrivania a Berlino. Mengele lo fece sul campo, o meglio, sulla “rampa” di Auschwitz. Nessuno più di lui incarna la frase di George Steiner secondo cui i nazisti crearono l’inferno sulla terra che per secoli i poeti e pittori europei avevano immaginato e raffigurato. Con una rotazione del pollice, il dottore decideva chi sarebbe vissuto, anche se solo brevemente, e chi sarebbe andato alla camera a gas. Ci si domanda chi fosse quel medico con una laurea in medicina e una in antropologia, un uomo di grande cultura, nato in una famiglia cattolica, entrato molto tardi nelle SS, che prese parte alla selezione di centinaia di migliaia di esseri umani e che, quando nel 1944 scoppiò il tifo nel “campo ceco” di Auschwitz, mandò alla morte col gas tutti i detenuti, risolvendo così il problema.

Non era un “bel Sigfrido” e non portava guanti bianchi. “Si vedeva come un uomo di scienza”, scrive Marwell, che gli diede la caccia. Il più famoso genetista tedesco Verschuer scrisse: “La tesi del dottor Mengele è un’opera accademica originale”

David Marwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York, è dal 1985 che pensa a Mengele, da quando lavorava all’ufficio che si occupava dei criminali nazisti al Dipartimento di stato e che gli diede la caccia fino in Brasile, dove Mengele è morto nel 1979. Adesso, in un libro per W. W. Norton & Company e in uscita questa settimana, “Mengele: Unmasking the Angel of Death”, Marwell ci racconta non il mostro mitologico, ma lo scienziato.

“Ciò che si sa del tempo di Mengele ad Auschwitz è più cliché che verità”, scrive Marwell. “La reputazione fuori misura come mostro medico è inversamente proporzionale a ciò che si sa su quello che ha effettivamente fatto”. No, Mengele non era un “bel Sigfrido”, ma basso e scuro, con un goffo spazio tra i denti anteriori. No, non indossava guanti bianchi e monocolo che Elie Wiesel ricordava. No, non canticchiava Wagner mentre mandava a morte donne e bambini. No, non era un uomo di “insondabile perversità”. Mengele si considerava un serio uomo di scienza, che scandagliava i misteri dell’eredità per perfezionare il Volk. Auschwitz era il suo laboratorio, gli offriva soggetti infiniti e lo aveva liberato da fastidiose inibizioni etiche. “Dove più di un milione di persone hanno perso la vita, Mengele ha trovato la sua”. E’ questa la storia terribile raccontata da Marwell.

E’ la storia di un ricercatore che lavorava al Kaiser Wilhelm Institute per l’Antropologia, il miglior istituto scientifico in Europa all’epoca. Racconta Marwell che l’apprendistato del dottore ebbe inizio a lezione dell’etologo austriaco Karl von Frisch, che verrà insignito del Nobel per la Medicina nel 1973. Allora era il capo dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Monaco ed era diventato famoso per il suo studio delle api. “Era qualcosa che non avevo mai provato prima in vita mia, Von Frisch accese la mia ‘fiamma zoologica’, ma in modo così duraturo che ho tenuto questo fuoco per tutta la vita e ne sono stato troppo spesso riscaldato”, scriverà Mengele. I suoi insegnanti erano fra i maggiori ricercatori del tempo, da Nikolaus von Jagic, capo della clinica medica dell’Università di Vienna, a Wolfgang Denk, capo della clinica chirurgica della stessa. Mengele studiò anche con Leopold Arzt, capo della clinica di dermatologia e malattie veneree, che venne cacciato dai nazisti nel 1939 per essersi opposto all’Anchluss. Poi a Monaco, dove assieme a Medicina, Mengele sceglie Antropologia sotto la guida del famoso Theodor Mollison, che divenne il suo “Doktorvater”, supervisore. Poi l’Università di Francoforte, dove insegnava il mentore del dottore nazista, Otmar von Verschuer, il più famoso genetista del tempo.

Era la “Oxford tedesca”, un paradiso di conoscenza e ricerca. “A settembre 1937, Mengele aveva soddisfatto tutti i requisiti per la sua laurea in Medicina e aveva ricevuto la sua nomina come medico. Mengele ha iniziato il suo secondo dottorato, non ne aveva bisogno per esercitare, ma era necessario per una carriera accademica...”. Mengele ambiva alla docenza universitaria. Per la sua tesi sull’ereditarietà delle malformazioni al labbro, Mengele identificò 110 bambini che erano stati curati per una palatoschisi dal dipartimento chirurgico della clinica universitaria di Francoforte tra il 1925 e il 1935. Da questi ha ridotto il numero a diciassette, selezionando quelli che vivevano a Francoforte e che avevano sia il labbro leporino sia la palatoschisi. Parlando con i genitori di questi bambini, Mengele ricostruì la genealogia delle diciassette famiglie. E presentò e difese la sua tesi nell’estate del 1938. Nella sua valutazione ufficiale, Verschuer scrisse: “La tesi del dottor Mengele è un’opera accademica originale, eseguita in modo indipendente, che ha richiesto non solo grande tenacia per superare tutti gli ostacoli ma anche acute capacità di osservazione e cura nell’esecuzione degli esami”. Il lavoro di Mengele sarebbe stato pubblicato un anno dopo in un rispettato giornale, Zeitschrift für Menschliche Vererbungs und Konstitutionslehre (la rivista degli studi sull’ereditarietà umana) e avrebbe ricevuto la dovuta attenzione nel Handbuch der Erbbiologie des Menschen (Manuale di biologia genetica umana), che lo ha descritto come “un progresso nello studio della patologia genetica del labbro leporino”.

Una fotografia degli scienziati riuniti all’università rivela un giovane Mengele in posa sui gradini con i giganti della scienza: Eugen Fischer, Otmar von Verschuer, Alfred Ploetz e Theodor Mollison. Era nato un promettente scienziato. Verschuer scrisse la sua lettera di raccomandazione: “Dopo la mia esperienza degli ultimi due anni, sono diventato convinto che il dottor Mengele sia adatto per una carriera accademica”. La guerra e la Shoah ne complicano il percorso.

Mengele è assegnato ad Auschwitz. “Se fosse stato possibile osservarlo nella sua mente, immagino che rivelerebbe un’enorme soddisfazione nel percorso intrapreso dalla sua vita” scrive Marwell. “In giovane età – a soli trentatré anni – Mengele si trovò sulla cuspide del grande successo. Il suo studio, la preparazione e il duro lavoro lo avevano portato in un posto senza precedenti nella ricerca della scienza che era la sua passione consumante. Nessuno nella storia aveva avuto accesso alla materia prima che gli stava di fronte o era stato così liberato dalle restrizioni che domavano l’ambizione e limitavano il progresso scientifico”. Ad Auschwitz Mengele andò di propria iniziativa o su invito di Verschuer?

Alla fine della guerra chi lo aveva aiutato al Kaiser Wilhelm (da cui uscirono venti Nobel) distrusse ogni traccia della ricerca di Mengele. “Usò il tempo ad Auschwitz per prepararsi alla carriera accademica. Nessuno prima di lui aveva avuto davanti tanto materiale umano”

Il figlio di Mengele, Rolf, a un intervistatore nel 1985 disse che sua madre gli aveva detto che Verschuer aveva “motivato” Mengele ad andare ad Auschwitz e che gli aveva chiesto di farlo. Hans Sedlmeier, dirigente della società Mengele di Günzburg e amico di famiglia, ha riferito ai pubblici ministeri tedeschi nel 1984 che Mengele aveva affermato che Verschuer contribuì a organizzarne il trasferimento. “Mengele stava progettando di usare la sua ricerca di Auschwitz come base per la sua Habilitationschrift, la tesi post-dottorato, che era un prerequisito per una carriera accademica” scrive Marwell. Ad Auschwitz, Mengele avrebbe costruito un vero e proprio centro di ricerca, arruolando anche fra i prigionieri scienziati, come il pediatra di fama mondiale Berthold Epstein. Mengele continuò la sua ricerca sul labbro leporino e la nascita dei gemelli. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, nel giugno del 1939, Otmar von Verschuer aveva tenuto una conferenza alla Royal Society di Londra, intitolata “Ricerca sui gemelli dal tempo di Galton ai giorni nostri”. Il mentore di Mengele era molto interessato a quanto avveniva ad Auschwitz. Indubbio è che von Verschuer, autorità mondiale sui gemelli, ricevette da Mengele moltissimi “preparati umani”, dagli occhi ai campioni di sangue di persone di diversa origine razziale.

Hans Münch, medico nel campo, ha ricordato che “Mengele affermò che non utilizzare le possibilità offerte da Auschwitz sarebbe ‘un peccato’ e ‘un crimine irresponsabile nei confronti della scienza”. Secondo Horst Fischer, un altro medico di Auschwitz, Mengele parlava spesso “con entusiasmo” del suo lavoro scientifico e del “materiale” che aveva davanti, descrivendo “un’opportunità unica che non sarebbe mai stata più offerta”. Un altro antropologo detenuto ad Auschwitz e che Mengele reclutò nel suo laboratorio, Erzsebet Fleischmann, dirà che il lavoro di Mengele, seppur moralmente aberrante, era “scientificamente legittimo”. Lo storico Massin scrive: “A volte Mengele è rappresentato come l’incarnazione del medico pseudoscientifico delle SS, che, in completo isolamento, esegue i suoi esperimenti astrusi. In effetti, Mengele era strettamente legato alla comunità scientifica”.

Il dottore per tutto il tempo ad Auschwitz mantenne un legame molto stretto con i suoi superiori accademici. “La prima cosa che ogni coppia di gemelli ad Auschwitz ha dovuto fare è compilare un questionario dettagliato dell’Istituto Kaiser Wilhelm”, ha ricordato il detenuto Zvi Spiegel. Alla fine del 1943, Mengele, fu invitato privatamente dai Verschuer per una cena. “Che succede ad Auschwitz?”, chiese la moglie del professore. “Non posso parlarne, è orribile”, rispose Mengele. Quando i sovietici si avvicinarono a Berlino nella primavera del 1945, il professor Verschuer diede l’ordine di distruggere tutti i “file segreti”. Non rimase nulla della ricerca svolta da Mengele ad Auschwitz. Più tardi, quando Verschuer assunse la cattedra di Genetica umana a Münster nella neonata Repubblica Federale tedesca, non riuscì a ricordare nulla. “Auschwitz? Non so”. Sospetti sono sarebbero stati sollevati anche sui legami di Mengele con Adolf Butenandt (1903-95), uno dei pionieri della ricerca genetica europea, premio Nobel e uno degli studiosi più influenti del suo tempo.

La trasformazione di Mengele in un “angelo della morte” aveva la funzione di sollievo. La vera scienza doveva essere rimasta pura, soltanto dei pazzi sadici e criminali si compromisero col nazismo. Ma dal Kaiser Wilhelm in quegli anni non uscì soltanto il medico di Auschwitz, ma anche venti Premi Nobel. Fu un ricercatore di grande talento e fu aiutato dai migliori scienziati del tempo. Ma per attenuare l’orrore di tanto “progresso” abbiamo dovuto trasformare il dottor Mengele in un dottor Mabuse.





Se è vietato parlare (male) pure del boia Mengele
Luigi Mascheroni - Lun, 03/02/2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 20327.html

Ci risiamo. Tutte le lezioni sulla libertà di parola; tutte le prediche sulla necessità di ascoltare «l'altro», soprattutto se dice cose su cui non siamo d'accordo; tutte le raccomandazioni sui pericoli della censura e del pensiero unico, alla fine servono a nulla.

È da due giorni che sui social si trascina l'ultimo esempio di controllo preventivo, neppure delle idee (che si possono o non si possono diffondere), ma degli argomenti che si possono o non si possono toccare. Il caso: sabato il Foglio ha pubblicato una paginata di Giulio Meotti su una nuova biografia del medico nazista Josef Mengele in uscita negli Usa dal titolo Unmasking the Angel of Death, firmata non da un neonazista negazionista, ma da David Maxwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York (e che diede la caccia al famigerato «Angelo della morte» di Auschwitz). Ora, la titolazione del pezzo - in effetti - è al limite: «Professor Mengele. Non solo un assassino: i grandi scienziati del tempo facevano a gara per lavorare al suo fianco», e riprende, a volte letteralmente, una recensione del libro uscita sul Wall Street Journal (fatto che semmai dovrebbe elevare il tutto al di sopra di ogni ambiguità). Ma l'articolo di Meotti rimane molto interessante, dando conto di una biografia che «rilegge» (si chiama revisionismo storiografico, basato su nuovi documenti o diverse interpretazioni delle informazioni esistenti) la figura di Mengele, la quale molto ha ancora da dirci sull'humus in cui fiorì il nazionalsocialismo. Eppure, tanto è bastato. Haters, politici e noti intellettuali hanno attaccato pesantemente l'articolo del Foglio (senza leggerlo nella maggioranza dei casi) accusando l'autore, la testata e il direttore Claudio Cerasa di voler riabilitare - niente meno! - il medico nazista (figuriamoci, il Foglio e Meotti sono la prima fila della battaglia contro l'antisemitismo...). Di fatto l'articolo (ripetiamo: titolato in maniera infelice) racconta che Mengele studiò con due Nobel e i più grandi genetisti del tempo, che non era «uno scienziato pazzo» spuntato dal nulla ma un medico, figlio della «migliore» accademia tedesca, il quale usò la scienza in modo criminale e aberrante. L'articolo non riabilita e non fa sconti al boia Mengele. Ma niente. Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, twitta che «Il Foglio ha sbagliato. Mengele era un assassino e nient'altro. Scusarsi è la cosa migliore da fare». La sindaca Virginia Raggi grida: «Vergogna!», e taciamo degli altri... Si chiama #shitstorm. È intervenuto anche Giuliano Ferrara, a difesa del suo giornale («Meotti ha scritto che Mengele non era diabolico per suo conto ma la perfetta incarnazione di uno scientismo eugenetico che trovava nell'inferno di Auschwitz il laboratorio delle sue idee progressiste»), tagliando alla sua maniera la testa agli #idiots digitali: «Chi parla di riabilitazione è un cretino ignorante». Ma non basta. Il Foglio ormai è filo nazista, e Meotti peggio di Pansa... Niente da fare. Di certe cose, anche se male, non si può parlare.




Joseph Mengele è stato uno dei peggiori assassini della storia, punto. Ogni azione volta a riqualificare la sua figura è un errore, chiunque ci provi.
Progetto Dreyfus
1 febbraio 2020

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... on_generic

Mauro Asara
Io ho letto l'articolo e non c'è nessuna riabilitazione. Al contrario sono rimasto sconcertato dalla "normalità" della figura di Mengele prima di diventare il dottor Morte. Ed è ciò che mi spaventa di più del nazismo.

Gino Quarelo
Miotti è un ottimo giornalista che non si lascia spaventare dagli stereotipi e prende la realtà per quello che è; inoltre difende a spada tratta Israele e i suoi ebrei e ciò è quello che conta di più, da preferire mille volte a quelli che demenziamente ricordano e piangono gli ebrei morti ma sono radicalmente contro quelli vivi di Israele al punto da sostenere chi gli ammazza e vorrebbe sterminarli come i nazi maomettani di Gaza e dell'Iran.





LA GRATITUDINE E GLI INDIGNATI
Niram Ferretti
5 febbraio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

La campagna di delegittimazione contro Giulio Meotti è cominciata con un tweet di Virgina Raggi apparso il primo febbraio.
Quella che, nella gara tra i peggiori sindaci di Roma, si posiziona senza alcuna difficoltà ai primi posti, scrive "Mentre a Roma abbiamo cambiato nomi a strade dedicate a chi ha firmato il Manifesto della Razza, Claudio Cerasa e Il Foglio provano a riabilitare un assassino come il medico nazista Josef Mengele".
Ora tre sono le possibilità, o la Raggi è affetta da una seria forma di disfunzione cognitiva, o non ha letto l'articolo, o lo ha letto e non lo ha capito.
In questo tweet Giulio Meotti non è nominato. L'intento politico è quello di colpire Il Foglio, che non ha mai risparmiato al sindaco di Roma aspre critiche. Poi sarà il turno del giornalista autore dell'articolo incriminato.
In questa polemica creata ad arte l'acme si è raggounto con il vergognoso e pretestuoso attacco nei confronti di Meotti venuto da una parte ebraica.
Sugli attestati di benemerenza, chiamiamoli così, conquistati in questi anni da Meotti, nella sua strenua difesa di Israele, parla il suo lavoro, la sua passione, la sua dedizione.
Il resto è solo odio ideologico mascherato da pelosa indignazione.
Nei confronti di costoro si possono solo usare le parole che pronunciò anni orsono il grande banchiere ebreo Antonie Bernheim,
"La gratitudine è una malattia dei cani trasmessa per contagio agli uomini”.


Gino Quarelo

Ho notato che i sinistri demo-grillo-social-internazi comunisti più sono contro i vivi ebrei sionisti e il loro Israele e pro nazimaomettani palestinesi e iraniani, più sentono la necessità di manifestarsi al Mondo intero come difensori degli ebrei morti della Shoà e di scagliarsi contro le minoritarie frange antisemite delle destre sociali, estendendo le accuse di antismitismo a tutte le destre anche a quelle non antisemite e filo israeliane che poi sono la maggioranza, per demonizzarle con la calunnia estensiva come hanno fatto con Meotti che è uno dei giornalisti e intellettuali più pro ebrei, pro sinonisti e pro Israele che si possa trovare in Occidente.
In altre parole cercano di mascherare il loro antisemitismo per gli ebrei vivi di Israele con la difesa degli ebrei morti della Shoà inventandosi antisemiti di destra anche laddove non esistono.


Se è vietato parlare (male) pure del boia Mengele
Giulio Meotti
3 febbraio 2020

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 7361483916

Un articolo di prima pagina uscito oggi su Il Giornale rende conto un po’ della campagna di diffamazione e demonizzazione contro il sottoscritto per la mia pagina su Mengele (su cui ha scritto anche Aldo Grasso sul Corriere della Sera). La mia capacità di assorbimento dei colpi ha superato la soglia di sopportazione.

Ci risiamo. Tutte le lezioni sulla libertà di parola; tutte le prediche sulla necessità di ascoltare «l'altro», soprattutto se dice cose su cui non siamo d'accordo; tutte le raccomandazioni sui pericoli della censura e del pensiero unico, alla fine servono a nulla. È da due giorni che sui social si trascina l'ultimo esempio di controllo preventivo, neppure delle idee (che si possono o non si possono diffondere), ma degli argomenti che si possono o non si possono toccare.
Il caso: sabato il Foglio ha pubblicato una paginata di Giulio Meotti su una nuova biografia del medico nazista Josef Mengele in uscita negli Usa dal titolo Unmasking the Angel of Death, firmata non da un neonazista negazionista, ma da David Maxwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York (e che diede la caccia al famigerato «Angelo della morte» di Auschwitz).
Ora, la titolazione del pezzo - in effetti - è al limite: «Professor Mengele. Non solo un assassino: i grandi scienziati del tempo facevano a gara per lavorare al suo fianco», e riprende, a volte letteralmente, una recensione del libro uscita sul Wall Street Journal (fatto che semmai dovrebbe elevare il tutto al di sopra di ogni ambiguità). Ma l'articolo di Meotti rimane molto interessante, dando conto di una biografia che «rilegge» (si chiama revisionismo storiografico, basato su nuovi documenti o diverse interpretazioni delle informazioni esistenti) la figura di Mengele, la quale molto ha ancora da dirci sull'humus in cui fiorì il nazionalsocialismo. Eppure, tanto è bastato. Haters, politici e noti intellettuali hanno attaccato pesantemente l'articolo del Foglio (senza leggerlo nella maggioranza dei casi) accusando l'autore, la testata e il direttore Claudio Cerasa di voler riabilitare - niente meno! - il medico nazista (figuriamoci, il Foglio e Meotti sono la prima fila della battaglia contro l'antisemitismo...).
Di fatto l'articolo (ripetiamo: titolato in maniera infelice) racconta che Mengele studiò con due Nobel e i più grandi genetisti del tempo, che non era «uno scienziato pazzo» spuntato dal nulla ma un medico, figlio della «migliore» accademia tedesca, il quale usò la scienza in modo criminale e aberrante. L'articolo non riabilita e non fa sconti al boia Mengele. Ma niente. Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, twitta che «Il Foglio ha sbagliato. Mengele era un assassino e nient'altro. Scusarsi è la cosa migliore da fare». La sindaca Virginia Raggi grida: «Vergogna!», e taciamo degli altri... Si chiama shitstorm. È intervenuto anche Giuliano Ferrara, a difesa del suo giornale («Meotti ha scritto che Mengele non era diabolico per suo conto ma la perfetta incarnazione di uno scientismo eugenetico che trovava nell'inferno di Auschwitz il laboratorio delle sue idee progressiste»), tagliando alla sua maniera la testa agli idiots digitali: «Chi parla di riabilitazione è un cretino ignorante». Ma non basta. Il Foglio ormai è filo nazista, e Meotti peggio di Pansa... Niente da fare. Di certe cose, anche se male, non si può parlare.


Giulio Meotti
4 febbraio 2020

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 4928113077

Un clima fetido da manzoniano “dagli all'untore”, di istigazione a odiare, di surreale smarrimento, di diffamazione umana martellante, di disprezzo che fa godere molti, di branco che sbava, di calunnia che ti sopravvive, di piccole forche digitali costruite sulle parole, di gruppi diversi che si coalizzano per denigrare, di freddo tradimento degli amici e di calda eccitazione dei nemici, di ribaltamento totale della verità per colpire, per fare le scarpe, per una resa dei conti. E per un articolo... Ce n'è da che farsi vedere meno in giro per un po'.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 9505837618

Ariel Akiva
Nessuno ha voluto capire che l'analisi storica di Giulio Meotti invece di "allegerire" la posizione di mengele al contrario rivelava come tutta la buona società scientifica fosse marcia al pari del mostro. Che non era così mostro (figura rassicurante perché rara) bensì era il riuscito prodotto di una intera società! Oltretutto non è da storici guardare ai fatti 80 anni dopo senza immergerci nel momento storico stesso. Hitler,mengele,pol pot stalin etc etc come mostri ci "rassicurano" in fondo quanti mostri mai può avere il mondo? Sono rai e irripetibili ci diciamo per dormire sereni. Se invece guardiamo a questi esseri in quanto uomini, risultati eccellenti delle società che li hanno prodotti,iniziamo a leggere il mondo per ciò che è. E non dormiamo più sereni... giustamente! Invece i mostri erano vicini di xasa,i professori nelle scuole,i medici negli ospedali,i ricercatori nelle università....nessuno era innocente! La Società tedesca nel suo insieme era MOSTRUOSA e questo spiega la buona riuscita del suo progetto. Presta un alibi formidabile a tutti quei laboriosi ed onesti cittadini che abitavano vicino ai lager e non sentiva o l'odore dei corpi cremati...quelli che dopo si sono difesi dicendo" noi non sapevamo". Attaccare Meotti serve anche a questo, esorcizzare ciò che è COSÌ mostruoso e che può facilmente abitare in ogni società umana,ascrivendone la SOLA RESPONSABILITÀ ad un mostro,uno soltanto,forse due o tre di certo non tutti,non noi,non il professore di nostro figlio,non il primario così preparato che ha curato un nostro parente . L'articolo di Giulio Meotti ci svela QUANTO più orrida sia stata la Storia...e questo ci disturba,ci fa sentire fragili.... perché può succedere ancora.



Gino Quarelo
L'Occidente, l'America USA e l'Europa ai tempi del nazismo hiteriano e del dr. Mendele erano in buona parte antisemiti perché erano innanzi tutto cristianamente antigiudei, antiebrei considerati figli/creature del demonio anticristiano, un'etnia dalla cultura e dalla religione mostruose che non avevano saputo/voluto riconoscere la divinità di Cristo messia e slavatore e il suo sommo bene e che anzi l'avevano fatto satanicamente uccidere dai romani.
A questo Mondo diffusamente e profondamente antigiudeo, antiebreo e antisemita apparteneva anche il nazismo hitleriano con il suo Mendele, ed è per questo odio viscerale che i nazisti hanno potuto umanamente concepire e compiere la Shoà e adoperare gli ebrei internati nei lagher come cavie per i loro disumani esperimenti scientifici, perché consideravano gli ebrei una sottospecie umana malvagia e la loro "aberrante etica/non etica" li faceva sentire dalla parte del bene e li giustificava completamente.
Per loro il male fatto agli ebrei non era un male ma un bene fatto all'umanità intera.
Erano questi "valori/disvalori inumani" che hanno consentito loro di fare quello che hanno fatto, altrimenti non sarebbe stato possibile, nessun uomo può fare normalmente e naturalmente queste cose se non è posseduto da un demone, da uno spirito malvagio, da una fede demenziale e disumana che stravolge la naturale umanità universale.
È questa "aberrante cultura/non cultura" con il suo "demenziale e scriteriato criterio del bene e del male" che va indagata per capire come sia stato possibile e per evitare che ciò accada anora.
Erano tutti convinti che gli ebrei fossero non solo inferiori e submani ma anche demoni malvagi, tanto malvagi e che fossero un grave danno per l'umanità da cui liberarla una buona volta e definitivamente e loro si sentivano degli eroici campioni che lottavano contro il male planetario e storico.
Non si tratta di inventarsi delle scuse per attenuare la tragedia, la gravità, la responsabilità, la condanna di chichessia che pur legittmi, doverosi e necessari in ogni caso non servono a resuscitare i morti
ma ciò che è più importante è il riconoscere l'aberrante piega culturale/ideologica/religiosa/mitica che ha potuto generare l'inimmaginabile Shoà, affinché ciò non accada più e si possa contrastare la bestia che ancora non è stata definitivamente sconfitta e che continua ad agitarsi.
È l'eresia giudaico cristiana la fonte del male antigiudeo, antiebreo e antisemita.
Bisogna riebraicizzare Gesù Cristo, riumanizzarlo e toglierlo dall'altare della divinità dove l'hanno imprigionato i cristiani.
Io ho smesso di guardare storto gli ebrei solo dopo che mi sono liberato della divinità cristiana e ho incominciato a trattare Cristo come un semplice uomo ebreo con le sue fisime e presunzioni religiose e con i suoi miracoli che non stanno né in cielo né in terra a cui non posso credere minimamente.

Lo stesso vale per l'antigiudaismo, antiebraismo, antisionismo mussulmano che è motivato dall'odio religioso nazi maoemettano.



STORIA. L’Olocausto? Ha le sue radici nell’Ottocento
Anna Foa giovedì 9 giugno 2011
https://www.avvenire.it/agora/pagine/lo ... 4057070000

Un’indagine sulla cultura alta europea della seconda metà dell’Ottocento e sull’ideologia antisemita che esprime, questo il tema dell’ultimo volume di Francesco Germinario, importante studioso dell’antisemitismo e della cultura di destra.
Argomenti per lo sterminio.
L’antisemitismo e i suoi stereotipi nella cultura europea (1850-1920), Einaudi (386 pp. 32 euro) è un volume significativo fin dal titolo: sugli argomenti cioè che questa cultura alta, scrittori, scienziati, psichiatri, studiosi della politica, giornalisti, offrono alla "bassa macelleria", come la definisce Germinario, che successivamente metterà in atto lo sterminio degli ebrei. Diciamo subito che il volume di Germinario, quasi quattrocento pagine fitte di citazioni e di richiami, organizzato per temi più che contestualizzato nel tempo e nello spazio, esprime un’immagine al tempo stesso innovativa e "forte" dell’antisemitismo di quei decenni e del suo rapporto con il nazismo. L’antisemitismo della seconda metà dell’Ottocento vi appare come già molto vicino alle tesi che saranno espresse dai teorici del nazismo, da Hitler a Rosenberg, già organizzato intorno ad alcuni nuclei essenziali, tali da avviare nella direzione dello sterminio degli ebrei.
In primis, la radicale differenza degli ebrei, analizzata attraverso due aspetti particolarmente significativi, quello della femminilizzazione dell’ebreo, e quella della sua animalizzazione. Attraverso la prima immagine, quella ebraica appare come una "razza" effeminata, più vicina alle donne che agli uomini, debole, seduttiva, forte in definitiva della sua stessa debolezza. Un’immagine a cui concorrono sia il mito della bella ebrea, che dà vita a tante pagine della letteratura di quegli anni, sia quello dell’ebreo che associa femminilità e mascolinità, seduzione e avviamento alla prostituzione, prosseneta come la donna ebrea è per natura prostituta. La seconda immagine è se possibile più inquietante ancora di questa prima, ed è quella della non appartenenza dell’ebreo al genere umano: parassita, topo, o un altro animale altrettanto ripugnante, l’ebreo si fa tramite di una trasformazione dell’universo umano in animale. La lotta che più tardi i nazisti porteranno contro di lui è lotta, appunto, per la sopravvivenza dell’umanità contro tale processo di deumanizzazione.Come più volte l’autore sottolinea nel testo, l’antisemitismo della seconda metà dell’Ottocento è volto essenzialmente a colpire, attraverso l’ebreo, la società moderna, la società borghese dei traffici, della produzione, del commercio e del denaro. Quella che prende forma politica nel liberalismo e che, nell’ottica degli antisemiti, ha avuto il risultato di abbattere i confini stabiliti dalla natura fra i ceti e i generi, introducendo un’uguaglianza funesta che è in realtà confusione dei ruoli e rovesciamento dell’ordine naturale. È una società profondamente ebraizzata, in cui gli ebrei sono molto più di quelli che tali si dichiarano. E non solo perché con l’emancipazione l’ebreo ha abbandonato i suoi stili di vita particolari ed ha assunto una maschera che lo nasconde, ma soprattutto perché, come un bacillo, l’ebreo ha ebraizzato il mondo intorno a lui, spiritualmente oltre che materialmente. L’ebreo non può, nell’ottica di questi teorici, né convertirsi né assimilarsi, può solo, entrando nel mondo, assimilare il mondo ai suoi valori, renderlo ebreo. Di qui il valore radicalmente eversivo dell’antisemitismo di questi decenni, volto a distruggere una società già ebraizzata in profondità, non a difenderla dalle "razze inferiori". E questa è per Germinario la radicale, incolmabile, differenza fra il razzismo e l’antisemitismo, che pure hanno radici comuni e condividono argomentazioni e cultura: il razzismo vuole difendere il mondo borghese da razze non ancora assurte alla civiltà, e sostanzialmente mantenere in vita la società esistente. L’antisemitismo parte dall’idea che il nemico è all’interno, è già vittorioso, ha conquistato la cittadella. Che solo abbattendo questa società, che ha aperto con i suoi valori borghesi e liberali le braccia all’ebreo che se ne è così impadronito, si potrà costruire un mondo in cui natura e cultura riprendano il loro posto. Conservazione da una parte, quindi, rivoluzione ed eversione dall’altra.Nell’analisi di Germinario, il conflitto tra i valori portati dagli ebrei e quelli esistenti è incolmabile. Gli ebrei hanno introdotto la storia nel mondo retto dalle leggi naturali, una storia che riguarda però solo gli altri, perché l’ebraismo ne resta fuori, eterno, immutabile sia nella "razza" che nello spirito, destinato a sopravvivere e quasi impossibile da vincere, come inattaccabile risulta, in questo immaginario, alle persecuzioni e fin alle stesse malattie. Non è forse l’ebraismo sopravvissuto nei secoli, vedendo crollare intorno a sé gli imperi e le culture? Nulla può trasformare un ebreo in un non ebreo, né la conversione, né i matrimoni misti, né l’assimilazione. Nel contatto, sono gli altri ad essere assimilati, ebraizzati. Questa resistenza fa dell’ebreo non l’anello debole della catena della sopravvivenza, ma il più forte. Questo spiega, secondo l’autore, le difficoltà che ha l’antisemitismo a far davvero proprie le idee del darwinismo sociale, che invece così bene si adattano al razzismo di tipo coloniale. In quest’ottica, il conflitto tra l’antisemita e l’ebreo è, ancor prima di Hitler, un conflitto epico per la sopravvivenza stessa dell’umanità, una lotta che non ha uguale nella storia. E la Shoah trova, in tale prospettiva, la sua spiegazione.Un libro, come gli altri scritti di Germinario, fortemente a tesi, dunque, in cui il puzzle alla fine si ricompone e tutto torna al suo posto. Un po’ troppo, forse? Molti sono infatti gli spazi inesplorati di questo studio, ad esempio il rapporto tra antigiudaismo e antisemitismo razziale. Le fonti sono, come sempre in un lavoro di questo genere, selettive. Primeggiano Drumont con i suoi seguaci, ma molto spazio hanno anche Léon Daudet, Barrès, il medico greco Kimon. Ridimensionati, come scarsamente originali, Weininger e lo stesso Céline. Ma. anche in questo quadro di riferimento, il panorama è forse più sfumato di quanto non emerga dai testi citati. Nonostante questi limiti, il lavoro resta innovativo, importante, ricco di spunti di riflessione.
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Ricordare o negare gli ebrei morti e maltrattare quelli vivi

Messaggioda Berto » sab mag 30, 2020 7:40 am

La normalità dell’odio antiebraico e il silenzio dei “buoni”
Franco Londei
https://www.rightsreporter.org/la-norma ... dei-buoni/

Edmund Burke diceva che “perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”. In realtà perché il male trionfi è sufficiente il silenzio, l’accettazione dell’odio come normalità.

Il silenzio del mondo sulle dichiarazioni del leader supremo iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei, reiterate anche nelle ultime ore, stupisce più delle stesse parole d’odio.

È come se fosse normale minacciare un genocidio, come se fosse normale minacciare di distruggere un intero paese, un intero popolo.

Ci siamo talmente assuefatti all’odio antiebraico che anche le lezioni impartiteci dalla storia non sono sufficienti per far scattare in noi quella repulsione che invece si, sarebbe naturale.

La sottovalutazione e la generalizzazione di quelle parole d’odio sono l’anticamera dell’indifferenza.

“Ma si, dicono sempre così poi non fanno nulla”, sostengono i grandi della terra per giustificare il loro silenzio.

E invece no. L’Iran lavora da anni al genocidio ebraico, all’annientamento di Israele. E lo fa apertamente proprio perché tutti generalizzano e sottovalutano quelle che invece sono minacce reali.

Oggi persino il New York Times, non certo una testata amica dello Stato Ebraico, fa notare che per la prima volta il Grande Ayatollah Ali Khamenei ha ammesso apertamente che da anni l’Iran finanzia il terrorismo contro Israele.

Un qualsiasi altro Stato del mondo che ammettesse di finanziare il terrorismo contro un altro Stato subirebbe gravissime conseguenze, le condanne da tutto il mando sarebbero implacabili, così come le sanzioni.

Invece tutto tace. È tutto normale, tutto lecito, come se minacciare Israele di estinzione non fosse uguale a minacciare un qualsiasi altro Stato del mondo.

Per intenderci, Israele non ha bisogno del sostegno di nessuno. I suoi nemici li combatte quotidianamente ovunque nel mondo e con ogni mezzo.

Però qualcuno dovrebbe spiegare come mai quando Israele viene minacciato e persino attaccato nessuno fiata, mentre quando Israele si difende fioccano le condanne.

Ed è questo silenzio, questa indifferenza di fronte a così gravi minacce che dimostra come se Israele vuole sopravvivere deve difendersi da solo.

Con molta probabilità presto Gerusalemme annetterà la Valle del Giordano e lo farà perché lasciarla agli arabi vorrebbe dire mettere lo Stato Ebraico in gravissimo pericolo.

E vedrete come le condanne fioccheranno, vedrete come nessuno terrà conto che Israele non può fare altrimenti, pena la sua distruzione. Sarà il festival dell’ipocrisia.

Vuoi vedere che ha ragione chi sostiene che gli ebrei sono amati solo quando sono morti, ma che se provano a difendersi e a rimanere vivi subito scatta la normalità dell’odio antiebraico?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ricordare o negare gli ebrei morti e maltrattare quelli vivi

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2020 4:37 am

.
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Ricordare o negare gli ebrei morti e maltrattare quelli vivi

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2020 4:39 am

Dare del fascista e del razzista a sproposito per demonizzare, squalificare, screditare il prossimo, specialmente se di destra è operazione menzognera e criminale delle sinistre demenziali, totalitarie e antidemocratiche che queste sì sono il male assoluto.



L'illimitata coperta del fascismo
18 dicembre 2020

http://www.linformale.eu/lillimitata-co ... -fascismo/


Ieri sera era in programma, su piattaforma digitale come impongono le regole di distanziamento sociale, un incontro sul tema “Shoah, identità e universalità”. L’evento è stato organizzato dell’Associazione Sionistica Piemontese nella persona del suo presidente Emanuel Segre Amar. Al moderatore scelto per l’occasione, Davide Cavaliere, era stato dato il compito di introdurre e moderare gli interventi dei quattro relatori scelti per l’incontro: Anna Foa, Niram Ferretti, Vittorio Robiati Bendaud e Gabriele Nissim.

Una prima sorpresa si è avuta quando è stato comunicato che uno dei relatori, Gabriele Nissim, non sarebbe intervenuto per un “leggero malore” (sono le parole utilizzate da Anna Foa) cosa che ha colto di sorpresa anche gli organizzatori che non erano stati informati dell’impedimento del relatore.

Dopo che sono stati fatti i saluti di rito, il moderatore ha dato subito la parola ad Anna Foa per entrare in merito al tema della serata. E qui si è avuta la vera sorpresa della serata: la relatrice ha esordito dicendo “che il suo intervento sarebbe durato solo pochi minuti perché non se la sentiva di parlare in un dibattito con dei conclamati fascisti”, ovvero Niram Ferretti e Davide Cavaliere.

Le motivazioni addotte per accusare di “fascismo” Davide Cavaliere sono state delle frasi estrapolate da un suo post Facebook, che subito dopo l’autore ha definito fuori contesto e prese a casaccio. Mentre l’accusa di “fascismo” rivolta a Niram Ferretti è stata quella che in un suo post scritto sulla sua pagina sempre di Facebook, un utente avesse lasciato un commento sessista rivoltole senza che Ferretti avesse provveduto a cancellarlo o a scrivere una risposta adeguata. Niram Ferretti ha risposto che non ha la possibilità di verificare i numerosi commenti che accompagnano i suoi molteplici post. Non c’è stato un contradditorio perché la professoressa Foa ha immediatamente lasciato il collegamento senza consentire alcuna replica.

Ora, qui non si vuole entrare in merito al caso specifico, che saranno i soggetti in questione a dirimere nelle opportune sedi, ma si vuole fare un commento generale sul dove la dialettica politica è giunta.

E già da numerosi anni che una parte politica (l’auto proclamata “sinistra progressista”), in entrambe le sponde dell’oceano, ha smesso di utilizzare la dialettica politica per sostenere le proprie tesi in un dibattito aperto, franco che può essere anche duro ma sempre nell’alveo del dibattito civile dove l’ascoltatore o il lettore può formarsi un’opinione e stare da una parte o dall’altra. Cioè un dibattito dove le idee, i pensieri e i principi sono al centro del dibattito e vengono espressi e sostenuti con contenuti, ragionamenti e riflessioni.

Oggi tutto questo è sempre più raro, anzi, è sempre più frequente assistere a commenti o a scritti dove l’interlocutore non è più tale ma diventa nel migliore dei casi un “avversario”, nel peggiore un “fascista” e di conseguenza lo si delegittima ancora prima che possa esprimere la propria opinione.

Il termine “fascista”, ormai, non ha più il suo vero e storico significato ma è diventato un “arnese”, uno “strumento” per etichettare e per non dare valore all’interlocutore se non proprio per squalificarlo. Non ci si rende più conto che il vero significato di questo termine, così inflazionato, ne perde la sua portata a favore di una sua banalizzazione che ne fa scomparire il senso. In pratica è diventato solo un modo di offendere.

La stessa dinamica si è riscontrata con il termine “resistenza”. Il quale è spesso e volentieri utilizzato a sproposito. In ambito politico è ormai una prassi utilizzarlo, ma anche in ambito culturale è sempre più in voga. Oggi, dopo una qualsiasi tornata elettorale, da quella locale a quella nazionale, la compagine sconfitta non fa più “opposizione” come prevede la dialettica politica democratica, ma “resistenza”. Cioè di fatto non si riconosce legittimità al vincitore ma lo si demonizza e gli si promette una “battaglia” senza quartiere. Questo cambiamento lessicale è ormai passato senza destare clamore e biasimo.

Si tratta di una forma dialettica che si è sviluppata ed è cresciuta negli USA a partire dal 2000 con la sconfitta del candidato democratico Al Gore ad opera di George W. Bush. Ed è stata utilizzata da molti rappresentanti democratici e amplificata (e non condannata) dai media liberal. Da allora si è ripetuta e si è radicata ad ogni tornata elettorale per raggiungere il suo culmine nel 2016 con la vittoria di Donald Trump e per essere superata alle ultime elezioni.

Questo modo di intendere il dibattito ha, come si è visto, lambito anche un tema così importante, per i suoi contenuti e per le sue riflessioni, come la Shoah. Mala tempora currunt sed peiora parantur.




FASCISTI E ANTIFASCISTI
Niram Ferretti
19 dicembre 2020

Pubblico il commento di Davide Cavaliere riferito al post in base al quale la professoressa Anna Foa, dalle ineccepibili credenziali antifasciste, lo ha accusato, insieme a me, (per motivi che renderà noti nelle debite sedi), di essere "un fascista conclamato".
Dobbiamo ringraziare sempre, chi, come la professoressa Foa, è vigilantemente a presidio della tenuta della nostra democrazia e sa con ferma determinazione indicare i suoi nemici, tutti, ovviamente a destra. Da Junio Valerio Borghese a Pietro Valpreda, da Francesca Mambro a Valerio Fioravanti, a Davide Cavaliere.
In data sei novembre, sul mio profilo Facebook, scrissi un post dal tono provocatorio e iperbolico:
"Sono convinto che dal totalitarismo 'morbido' posto in essere dai progressisti non si esca con gli strumenti della democrazia liberale.
Ci vorrebbe un colpo di mano come quello di Franco nel 1936 o di Pinochet nel 1973.
Ai tempi, furono i militari a ripulire le spelonche socialiste, ma oggi su chi possiamo contare?"
Quel giorno era scattata la nuova "zona rossa" in Piemonte, dove vivo, che per un mese avrebbe costretto tutti dentro casa e limitato anche gli spostamenti nel proprio comune.
Adirato per il fatto, che giudicavo lesivo delle libertà individuali e che nel post definisco "totalitarismo morbido", evocavo il colpo di stato e i fantasmi di Franco e Pinochet. Fu una reazione spontanea, uno sfogo e come tale deve essere considerato.
Nei miei articoli seri, come in altri post, ho sempre espresso posizioni antifasciste. In quanto liberale di destra non posso che avere orrore di apparati statali liberticidi come quelli posti in essere dai due dittatori né posso augurarmi davvero la sovversione armata dei regimi democratici.
Dunque, usare quel post per accusare lo scrivente di fascismo significa compiere una generalizzazione arbitraria e scambiare una parte per il tutto.
Il contenuto del suddetto post va collocato in un contesto particolare, politico ed emotivo, e non dovrebbe in alcun modo diventare strumento per accusarmi di simpatie autoritarie. Citare Franco e Pinochet non fa del sottoscritto un fascista. Non stavo scrivendo un articolo né un saggio, dunque mi sono abbandonato a una provocazione caustica. Essa non riflette alcun pensiero politico.
Mi dispiace se qualcuno, leggendolo, se ne sia risentito, mi dispiace ancora di più il mondo in cui è stato impiegato.
Davide Cavaliere




ABAT-JOUR
Oggi, su "Moked", Anna Foa ci spiega quale sia il confine del dialogo. Il titolo del suo breve intervento è appunto questo. Il CONFINE DEL DIALOGO.

Niram Ferretti
21 dicembre 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Dopo averci spiegato che esistono varie categorie di ebrei (e noi che pensavamo che gli ebrei facessero eccezione nel genere umano...), ci dice che ve ne sono di quelli (senza fare i nomi...) che danno il loro appoggio a chi "sostiene il rifiuto della democrazia liberale" (perbacco!), e ai "regimi autoritari" (quali?, quello iraniano, coreano, cinese, russo, venezuelano, turco?), no, non scherziamo, la Foa pensa ai regimi autoritari che "ancora son ben presenti fin in Europa". Giustamente, vivendo in Europa, pensa ad essa. Ma, a chi precisamente, pensa? Forse al feroce autoritarismo ungherese? (e dovrebbe chiedersi come mai gli ebrei ungheresi non lasciano in massa il paese. Che siano impediti a farlo, o sono forse solidali con il regime?), o al feroce autoritarismo polacco? Forse entrambi.
Non parliamo poi della vicinanza di questi ebrei a "una destra vicinissima a posizioni antisemite". Quale? Non pervenuto.
Poco importa. Il pezzo fa della genercità il proprio topos principale. Quello che importa, l'unica cosa davvero di sostanza, se vi sembra poco, è che con costoro non può esservi dialogo, ovvero con "chi in vari modi" (quali?) rifiuta la democrazia.
Ora sappiamo tutto quello che c'è da sapere. Possiamo spegnere la luce.




Non posso nemmeno lontanamente immaginare di far concorrenza allo splendido post che Niram Ferretti
ha pubblicato a commento dell’articolo che la storica Anna Foa pubblica ogni settimana su Moked, il quotidiano dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Leggetelo, perché ne vale la pena.
Emanuel Segre Amar
22 dcembre 2020

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 6286436459

Ma desidero qui riportare le frasi conclusive di questo articolo (e scusate il ritardo di questo mio post, ma non sono un lettore fedele di Moked): “Ma che oggi alcuni sostengano, o appoggino chi sostiene, il rifiuto della democrazia liberale, i regimi autoritari che ancora sono ben presenti fin in Europa, e una destra estrema vicinissima a formulazioni antisemite, con la scusa di preferire gli ebrei vivi a quelli morti (e in questo caso i morti sono la nostra storia e i nostri sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo): beh, questo lo considero paradossale e inaccettabile. Se non fosse bastata la lezione delle leggi razziste, c’è comunque quella delle leggi di Verona della Repubblica di Salò, con cui i militi repubblichini hanno dato la caccia agli ebrei per consegnarli alla deportazione. Penso che in quel punto stia il confine che rende impossibile ogni dialogo fra chi sostiene la democrazia e chi, in vari modi, la rifiuta.”
A parte il fatto che la nota storica in questo capoverso mescola molti argomenti del tutto distinti tra di loro, beh, sapete che vi dico? Anche se una mia nonna è finita nelle camere a gas appena giunta ad Auschwitz, a parte il fatto che mi è stato sempre insegnato che “i paragoni sono odiosi”, io oggi cerco di difendere proprio gli ebrei vivi; per quelli morti ritengo che la nostra tradizione ci raccomandi la memoria. Dobbiamo sempre fare in modo tutti che non si aggiungano altre memorie, oltre quelle tragiche della nostra storia.
Quanto alla impossibilità di dialogare, altro argomento infilato nello stesso capoverso dalla storica Anna Foa, beh, tanto per cambiare la penso diversamente da lei: io sono aperto al confronto con chiunque, perché solo col confronto si può cercare un avvicinamento tra posizioni distanti.
Ma, a leggere con attenzione le parole della nostra storica, se “è impossibile ogni dialogo fra chi sostiene la democrazia e chi, in vari modi, la rifiuta”, ciò significa che per Anna Foa non è possibile dialogare con personaggi con Abu Mazen che la democrazia, come è ben noto, la rifiuta.
Ottimo, Anna, ho trovato finalmente un punto di intesa con te.




Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2802

Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane, razziste, antisraeliane e antisemite, antidemocratiche e castuali, che violano e calpestano i diritti umani naturali e universali, civili e politici dei nativi e cittadini italiani ed europei.
L'orrore degli ebrei di sinistra che sostengono e promuovono il nazismo maomettano.


Ebrei e non più ebrei che odiano gli ebrei e Israele
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2469
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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