Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » mer dic 18, 2019 8:05 pm

Nel 1970, Jacques Maritain, uno dei maggiori filosofi cattolici del Novecento, aveva già capito tutto.
Ripropongo un estratto da "L'iniqua sorte riservata agli Ebrei nella Cristianità" dedicato a Israele, l'antisemitismo e l'antisionismo.
Niram Ferretti
18 dicembre 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"Lo Stato di Israele, in quanto Stato, non è che uno Stato come gli altri. Ma il ritorno d'una porzione del popolo ebreo e il suo radunarsi in Terrasanta (di cui l'esistenza di questo Stato è segno e garanzia), ecco il ricompimento, sotto i nostri occhi, della promessa divina che è senza pentimento. Insomma mi sono ricordato di ciò che è stato detto a Abramo, a Giacobbe e a Mosé, e di ciò che ha annunciato Ezechiele: ma io non ho giudicato la fondazione dello Stato di Israele come una specie di preliminare alla realizzazione di tale promessa (di questo non so assolutamente nulla, anche se è possibile); ma ciò allo scopo di conservare nel mio spirito il rispetto delle vie di Dio. E non dubito che l'evento, per enigmatico che sia per gli Ebrei come per i cristiani, abbia in sé il segno dell'amore fedele e della pietà di Dio verso quel popolo che è sempre il suo. Mi sembra, quindi, che una volta che il popolo ebreo ha rimesso il piede nella terra che Dio gli ha data, nessuno potrà più strappargliela; e che la scomparsa dello Stato d'Israele è volere ricacciare nel nulla quel ritorno che finalmente è stato accordato al popolo ebreo, e che gli consente di avere un asilo suo nel mondo. È in altri termini, in maniera diversa ma altrettanto grave che quella del normale antisemitismo, volere che la disgrazia si accanisca ancora su questo popolo, e che una volta di più esso sia vittima di un'aggressione iniqua. L'"anti-israelismo", oggi si preferisce dire "anti-sionismo", non è meglio dell'antisemitismo.

Del resto, l'antisemitismo razzista, l'ho già notato, continua ad accecare molti cuori, anche, e forse soprattutto, dietro la cortina di ferro-senza dubbio a causa del misterioso (e perciò inquietante) passato che l'Ebreo porta con sé, ed anche perché egli è in genere più intelligente dei goyim, perciò più temibile per la gente che nell'intelligenza vede soltanto uno strumento di potere e di dominio. E nell'antisemitismo razzista che così sussiste possiamo temere, come ho già accennato, che si unisca d'ora in poi (o si sostituisca anche in certi cristiani che non si credono antisemiti) un anti-israelismo politico ben condizionato. Per il popolo ebreo le sofferenze non sono finite.

Nota: I cristiani che si dichiarano anti-sionisti possono dichiarare al tempo stesso, in perfetta buona fede, di non essere antisemiti, e che, del resto, ne hanno dato prova durante l'occupazione. Non vedono che i miti come il "Sionismo" in questione sono le vie attraverso cui l'antisemitismo penetra più insidiosamente nell'immaginazione e nei cuori della gente. La propaganda anti-sionista oggi all'opera, e le cui origini politiche sono facilmente individuabili, è di fatto, una propaganda antisemita ben orchestrata.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » sab dic 21, 2019 8:49 am

L'OMISSIS E LA REALTA' DEI FATTI
Scrive Guy Milliere nel suo ultimo articolo pubblicato sul "Gatestone Institute":
Niram Ferretti
20 dicembre 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"I leader politici francesi dichiarano spesso che la lotta all'antisemitismo è della massima importanza; lo dicono ogni volta che un ebreo viene assassinato nel paese. L'unico antisemitismo che sembrano pronti a combattere, tuttavia, è l'antisemitismo di destra. Apparentemente si rifiutano di vedere che tutti gli ebrei uccisi o aggrediti in Francia dal 2006 sono stati vittime di antisemiti musulmani - e i leader politici francesi non hanno mai pronunciato una parola al riguardo. Sembrano nascondere l'antisemitismo islamico - incorporato nel Corano e negli Hadith e rafforzato negli anni '30 dall'amicizia dei nazisti con il Grand Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini - sotto l'odio musulmano per gli ebrei basato su un presunto "legittimo" odio musulmano verso i 'crimini sionisti'

Apparentemente i leader politici francesi rifiutano anche di vedere un'altra forma di antisemitismo in aumento: l'antisemitismo di sinistra. È proprio questo antisemitismo di sinistra che usa la maschera dell'antisionismo per diffondere l'odio antiebraico".

Tutto incontestabile, ma alla sinistra conviene a puro scopo di propaganda fare credere che oggi il pericolo maggiore per gli ebrei venga da destra, o meglio dall'estrema destra, il che non significa, come è ovvio, che gruppi di estremisti di destra, neofascisti o neonazisti che siano non vadano monitorati, ma significa semplicemente che oggi l'odio per Israele e l'avere fatto dell'antisionismo una vera e propria ideologia lo si deve soprattutto alla sinistra.

Dunque non può sorprendere che la Commissione Segre contro l'odio non elenchi tra le forme di odio da combattere l'antisionismo. È un omissis indicativo.


L'uso improprio e criminale o abuso dell'Olocausto per colpevolizzare e demonizzare l'Europa e gli europei
viewtopic.php?f=205&t=2888
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6124104303
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » lun dic 23, 2019 6:45 pm

???


Israele, la Corte Penale Internazionale ha aperto un'inchiesta per "crimini di guerra" commessi nei territori palestinesi
20 dicembre 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/1 ... 1576867259

Lo ha annunciato la procuratrice capo del tribunale, Fatou Bensouda. Il segretario dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Saeb Erekat, ha parlato di "fine all’impunità per gli autori di crimini", mentre il premier di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu, ha definito questo come "un giorno nero per la verità e la giustizia"

Taglio parlamentari, Berlusconi confessa: "Firme di Forza Italia per referendum? Così si va prima al voto"

La Corte Penale Internazionale de L’Aia ha aperto un’inchiesta per “crimini di guerra” nei territori palestinesi. Lo ha annunciato la procuratrice capo del tribunale, Fatou Bensouda, che si è detta “convinta che vi sia una base ragionevole per avviare un’indagine sulla situazione in Palestina. In sintesi, sono convinta che crimini di guerra sono stati o vengono commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme est, e nella Striscia di Gaza“. Mentre le autorità palestinesi plaudono all’iniziativa della Corte, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, parla di “un giorno nero per la verità e la giustizia”.

Tra le motivazioni che hanno portato alla decisione della Cpi, pubblicate sul sito ufficiale, si legge che “non vi sono ragioni sostanziali per ritenere che un’indagine non servirebbe gli interessi della giustizia – spiega Bensouda – Date le questioni legali e fattuali uniche e altamente controverse legate a questa situazione, vale a dire il territorio in cui può essere svolta l’indagine, ho ritenuto necessario invocare l’articolo 19 -3 dello Statuto per risolvere questo specifico problema”. Il procuratore spiega di aver chiesto, ed è su questo aspetto in particolare che si concentrano le obiezioni del governo israeliano, “alla Sezione preliminare I di pronunciarsi sulla portata della giurisdizione territoriale della Corte Penale Internazionale nella situazione in Palestina, in particolare se include la Cisgiordania, Gerusalemme est, e Gaza”.



Fatou Bensouda
avvocato nera, gambiana e nazi maomettana
https://it.wikipedia.org/wiki/Fatou_Bensouda

L'unica consolazione per Israele, se può esserla, è che oggi in tutto il mondo si indaga più su chi si difende che su chi commette crimini.
Chi lancia missili, fa attentati, usa bambini scuole ed ospedali come scudi, provoca incendi, istiga all'odio, viene tutelato attribuendo loro mille giustificazioni.
Chi reagisce viene subito messo sotto la lente d'ingrandimento trovando colpe inesistenti.
I capitali sottratti da Arafat o da Abu Mazen, dagli aiuti ai palestinesi, non fanno tanto scalpore come i presunti presi da Netanyahu.
Non parliamo poi delle operazioni fatte dai nostri politici coi soldi dei contribuenti.
A costoro le condanne si sono sempre risolte in bolle di sapone, vedremo cosa riserveranno a Salvini.
In Italia abbiamo poi delle regole assurde, per potere reagire ad un'infrazione o ad un furto, senza incorrere nella condanna, si deve essere morti, perché prima ci si deve sincerare che il ladro sia armato, che non sia un'arma giocattolo, che abbia intenzione d'usarla, e contrastarlo solo se è ancora in casa.
Questa è la legge, dire che è manovrata dalla politica è dire poco.

https://www.facebook.com/groups/Fightin ... 837590466/



Inchiesta Cpi su crimini di guerra nei Territori palestinesi. Netanyahu: giorno nero per verità
2° dicembre 2019

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... EaPa_QFWOI

20 dicembre 2019La procuratrice della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, ha annunciato l'apertura di un'inchiesta su "crimini di guerra" nei territori palestinesi. "Sono convinta che esista una ragionevole base a giustificare l'apertura di un'inchiesta sulla situazione in Palestina" e "che crimini di guerra siano stati commessi o vengano commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme Est, e nella Striscia di Gaza", ha dichiarato Bensouda.

Netanyahu: da Cpi giorno nero per verità e giustizia
La decisione del procuratore della corte penale internazionale (Cpi), fatou bensouda, è "un giorno nero per la verità e la giustizia". Lo ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu, secondo cui è "una decisione senza basi e oltraggiosa". Una mossa che "ignora la storia e la verità quando sostiene che l'atto stesso che gli ebrei vivano nella loro patria ancestrale, la terra della bibbia, sia un crimine di guerra". Netanyahu ha ribadito che "la Palestina non è mai stata uno stato". "Non rimarremo in silenzio", ha concluso.

Olp: iniziativa Cpi positiva e incoraggiante
Saeb Erekat, segretario dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), ha definito "positiva e incoraggiante" la decisione del procuratore della Corte Penale Internazionale (Cpi) chiedere l'apertura di un'inchiesta per presunti crimini di guerra commessi nei Territori palestinesi. Inoltre, ha affermato Erekat, l'iniziativa rappresenta un ulteriore passo verso un'indagine che potrebbe "porre fine all'impunità dei responsabili" e che simboleggia "un messaggio di speranza" nel fatto che "la giustizia è possibile".


La Corte Penale Internazionale e il suo pregiudizio contro Israele
20 dicembre 2019

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... _MXajOI1vg

Dopo cinque anni dall’esame preliminare a seguito della richiesta fatta dall’Autorità Palestinese, la Corte Internazionale dell’Aia, nella persona del suo Procuratore Capo, Fatou Bensouda, ha deciso che c’è una “base” per indagare supposti crimini di guerra commessi da Israele durante l’ultimo conflitto con Hamas nell’estate del 2014.

Secondo il parere della Bensouda vi sarebbe “Una ragionevole base per credere che crimini di guerra siano stati commessi nel contesto delle ostilità del 2014 a Gaza da parte dell’IDF“.

Siamo al solito copione. Quando Israele si difende e reagisce all’offensiva del nemico, siano essi attacchi di razzi come i 4844 lanciati su Israele da Hamas nel corso delle sette settimane del 2014, o più recentemente quando jihadisti tentano di introdursi in Israele sabotando la barriera di confine con Gaza facendosi scudo di una cosiddetta Marcia per la Pace e vengono poi uccisi, si tratta sempre di “uso sproporzionato della forza”.

Nel 2009, a seguito di un altro conflitto tra Hamas e Israele, l’Operazione Piombo Fuso, il Consiglio ONU per i Diritti Umani istituì una apposita commissione per verificare se Israele avesse commesso crimini di guerra. Seguì un rapporto chiamato con il nome del presidente della commissione, Richard Goldstone, il quale addossava interamente a Israele la responsabilità del conflitto. Sennonché, nel 2011, fu lo stesso giudice Goldstone a disconoscere quel rapporto dichiarando:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

Tuttavia, Israele deve essere colpevole, a prescindere. Così, nel 2004, un altro organo, la Corte Internazionale di Giustizia, emise un parere consultivo scandaloso, qualificando la barriera difensiva di Israele “illegale”. Nessuna considerazione cogente venne fornita della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno Stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa.

Nell’ottobre del 2018, la stessa Fatou Bensouda dichiarò, relativamente al contenzioso che aveva come oggetto il villaggio beduino di Khan al’Ahmar, sito nell’Area C della Cisgiordania che se fosse stato demolito, si sarebbe trattato di un “crimine di guerra”.

Non è un caso naturalmente che né Israele né gli Stati Uniti abbiano firmato il Trattato di Roma a cui la Corte si ispira, non riconoscendo alla Corte alcun potere giurisdizionale sul proprio territorio.

In questo senso, la posizione espressa dal Procuratore di Stato Avichai Mandelblit in merito alle dichiarazioni della Bensouda non possono essere più chiare:

“La posizione legale dello Stato di Israele, che non fa parte dell’CPI, è che la Corte non abbia giurisdizione relativamente a Israele e che qualsiasi azione palestinese rivolta alla Corte non sia legalmente valida”.

La stessa adesione dello Stato Palestinese alla Corte, avvenuta nel 2015, con l’evidente scopo di trovarvi una accoglienza alle proprie istanze, pone il problema su come la Corte possa affermare la propria giurisdizione nei confronti uno Stato inesistente secondo i criteri base del Diritto Internazionale.

La Corte, dunque, non può intervenire in merito a una questione che interpella due attori, da una parte lo Stato di Israele, sul quale essa non ha alcuna giurisdizione non facendo esso parte dell’ICC, dall’altro l’entità conosciuta come “Stato palestinese”, che non essendo uno Stato non può in alcun modo rientrare nella giurisdizione della Corte.

Di cosa si tratta allora? Evidentemente di una decisione la quale evidenzia la natura squisitamente politica della Corte, ben lontana dall’imparzialità che dovrebbe connotarne l’operatività, ragione per la quale, né Israele né gli Stati Uniti le riconoscono, alcuna legittimità.


Alberto Pento
Questo pregiudizio ha un nome preciso: razzismo antisemita nella sua declinazione antisionista/antisraeliana (di cui sono affetti e infetti alcuni cristiani, tutti i social sinistri dai fascio-nazisti ai comunisti e tutti i nazi maomettani che sono i peggiori a cominciare dai nazi palestinesi).




Sinistra americana anti-israeliana: insulti a Netanyahu e politica filo-palestinese
Maurizia De Groot Vos
20 dicembre 2019

https://www.rightsreporter.org/sinistra ... pv_inKimAw

Sembrerebbe che la sinistra americana non abbia capito bene la lezione inglese. Sebbene le condizioni siano oggettivamente diverse, l’odio anti-israeliano che emerge ogni volta che parlano di politica in Medio Oriente è così evidente che anche chi non apprezza Donald Trump finisce comunque per preferirlo a qualsiasi candidato democratico.

Il più accanito anti-israeliano è paradossalmente un ebreo, Bernie Sanders, che anche ieri parlando a Los Angeles durante un dibattito tra i candidati democratici alle primarie, ha attaccato duramente la politica israeliana e in particolare quella di Benjamin Netanyahu.

«Israele ha – e lo dico come qualcuno che ha vissuto in Israele da bambino, orgogliosamente ebreo – il diritto di esistere, non solo per esistere ma per esistere in pace e sicurezza. Ma ciò che deve essere la politica estera degli Stati Uniti non è solo essere pro-Israele. Anche noi dobbiamo essere filo-palestinesi» ha detto Sanders dal palco democratico.

Poi è passato agli insulti verso Netanyahu definendolo “un razzista”. «Dobbiamo capire che proprio ora in Israele abbiamo una leadership sotto Netanyahu, che recentemente, come sapete, è stato incriminato per corruzione e che, a mio avviso, è un razzista» ha detto Sanders.

Poi ha detto che la politica americana in Medio Oriente dovrebbe essere più equa e pensare anche a Gaza dove c’è una disoccupazione giovanile pari al 60/70% come se la colpa di questa situazione sia di Israele e non dei mafiosi di Hamas che tengono deliberatamente la popolazione al limite della povertà nonostante le decine di miliardi di dollari ricevuti come aiuti umanitari e spesi in armi o trasferiti sui conti miliardari dei loro capi.

Bernie Sanders ha poi insistito ancora una volta sul fatto che gli Stati Uniti dovrebbero condizionare gli aiuti militari a Israele al fatto che Gerusalemme dovrebbe piegarsi alle richieste palestinesi sulla soluzione a due stati basata sui confini del 1967 e quindi evacuare gli insediamenti in Giudea e Samaria.

Ma non è solo Sanders ad avanzare tali ipotesi. Altri due candidati democratici, Elizabeth Warren e Pete Buttigieg, hanno espresso gli stessi concetti pur con qualche distinguo e meno insulti al governo israeliano.

Pete Buttigieg ha attaccato Trump definendo la sua politica in Medio Oriente come «incentrata a interferire efficacemente nella politica interna israeliana».

Ad insistere sulla soluzione a due stati basata sui confini del 67 è stato anche l’ex vice-Presidente, Joe Biden, pure lui in corsa per sfidare Donald Trump.

«Non c’è soluzione per Israele al di fuori della soluzione a due stati», ha detto Biden. «Dobbiamo esercitare costantemente pressioni sugli israeliani affinché si muovano verso una soluzione a due stati, a costo di usare gli aiuti per la sicurezza come arma di pressione».

Alla fine sembra che tutti i candidati repubblicani alla presidenza abbiano una linea comune per quanto riguarda la politica americana in Medio Oriente, una politica palesemente filo-palestinese e quindi anti-israeliana.

E così anche il più accanito oppositore di Donald Trump si trova nelle condizioni di non poter votare chi vorrebbe tornare alla politica filo-araba di Obama che tanti danni ha creato in Medio Oriente, danni di cui ancora ne stiamo pagando il prezzo.



Crimini di guerra: il castello di menzogne su Israele spiegato bene
Maurizia De Groot Vos
23 dicembre 2019

https://www.rightsreporter.org/crimini- ... FMItv4ZuFE

Quando venerdì scorso il Tribunale Penale Internazionale (ICC/TPI) ha annunciato l’avvio di una inchiesta per crimini di guerra contro Israele, sin da subito la stampa internazionale e ogni movimento antisemita della terra ha esultato.

Amnesty International è arrivata a scrivere che «la decisione odierna del procuratore della Corte penale internazionale è un passo storico verso la giustizia dopo decenni di crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale commessi nei territori palestinesi occupati (da Israele n.d.r.)».

In realtà il Tribunale Penale Internazionale non ha aperto alcuna inchiesta, non ancora, ma ha dichiarato di avere elementi per poterla aprire e ha delegato tre giudici della Corte (Péter Kovács, ungherese, Marc Perrin de Brichambaut, francese, e Reine Adélaïde Sophie Alapini-Gansou, del Benin) di valutare se il Tribunale Penale Internazionale ha giurisdizione per poterlo fare.

Il problema della giurisdizione non è secondario. La Palestina non è uno Stato e anche se ha aderito allo Statuto di Roma tecnicamente non può rivolgersi al Tribunale Penale Internazionale per avanzare accuse contro un altro Stato come Israele che, per di più, non ha aderito al TPI e quindi nemmeno lo riconosce.

Ma non è nemmeno questo il punto focale sulla giurisdizione del TPI su Israele. Il vero punto lo spiega bene un parere legale pubblicato dal Procuratore Generale di Israele, Avichai Mandelblit, il quale in 34 pagine spiega con dovizia di particolari perché il TPI non ha alcuna giurisdizione né su Israele né sulla cosiddetta “Palestina”.

Tra le altre cose il Procuratore Generale di Israele spiega che «anche nel caso in cui lo Statuto di Roma dovesse essere male interpretato in modo da consentire alle entità non sovrane di conferire giurisdizione alla Corte, gli accordi israelo-palestinesi esistenti chiariscono che i palestinesi non hanno giurisdizione penale né di diritto né di fatto sull’area C, Gerusalemme e sui cittadini israeliani – e quindi non possono validamente delegare tale giurisdizione alla Corte».

In sostanza è proprio lo Statuto di Roma ha stabilire che l’assenza di uno Stato sovrano palestinese interdice la Corte ad esercitare giurisdizione su quei territori indicati nell’annuncio emesso dal Tribunale Penale Internazionale, che per altro sono soggetti ad accordi riconosciuti internazionalmente i quali indicano espressamente che qualsiasi contenzioso tra le parti deve essere risolto attraverso negoziati diretti.

Le organizzazioni internazionali, tra le quali il Movimento BDS, Amnesty International e altre, affermano che l’adesione della cosiddetta “Palestina” allo Statuto di Roma nei fatti sarebbe un vero e proprio riconoscimento e che quindi i palestinesi hanno ogni Diritto a chiedere l’intervento del Tribunale Penale Internazionale.

È un’altra bugia. Proprio lo Statuto di Roma prevede che la Corte abbia giurisdizione sul “territorio di…” ovvero su uno Stato riconosciuto e con confini ben definiti. La cosiddetta “Palestina” non soddisfa nessuno di questi requisiti.

Il Procuratore Generale di Israele spiega ancora che «se il Tribunale Penale Internazionale conducesse una solida valutazione della documentazione legale e fattuale, la sua inevitabile conclusione dovrebbe essere che uno Stato sovrano palestinese non esiste e che quindi il presupposto per una sua giurisdizione su quei territori verrebbe a mancare ai sensi del Diritto Internazionale».

C’è poi un altro punto importante da valutare. Sempre secondo lo Statuto di Roma la Corte Penale Internazionale può avviare un procedimento solo se il governo di un paese non riesce a indagare adeguatamente sulle accuse ad esso rivolete. Non è il caso di Israele, una democrazia perfettamente in grado di mettere sotto accusa e giudicare i propri militari e politici nel caso compiano qualsivoglia reato, compreso quello di crimini di guerra. Gli israeliani lo hanno già ampiamente dimostrato in passato.

Fino a qui la “parte legale” che smonta il castello di menzogne messo in piedi da odiatori seriali e media in cerca di visibilità. Ora parliamo tranquillamente delle accuse rivolte a Israele.

Secondo il Tribunale Penale Internazionale l’IDF avrebbe commesso crimini di guerra a Gaza e in Giudea e Samaria. Nel primo caso i militari israeliani sono accusati di aver “deliberatamente ucciso civili palestinesi”, di “aver colpito ambulanze” e altre accuse, nel secondo caso invece l’accusa è quella di aver “deportato” la popolazione araba per costruire insediamenti il che, secondo il Diritto Internazionale, sarebbe un crimine di guerra in quanto Israele è considerato “potenza occupante”.

Ora, nel caso di Gaza l’accusa è inventata di sana pianta. L’esercito israeliano è riconosciuto dai più alti livelli militari mondiali come il più “eticamente corretto”, quello cioè che più di tutti tra gli eserciti regolamentari mette in primo piano la salvezza dei civili. Ma la cosa diventa difficile da fare se i terroristi palestinesi usano i civili come scudi umani o se posizionano le loro basi sotto gli ospedali, se posizionano le batterie di missili in mezzo alle case o se, ancora, trasportano uomini armati e armi all’interno di ambulanze.

L’uccisione accidentale di civili da parte israeliana è quindi la conseguenza di una deliberata strategia portata avanti in maniera conscia dai terroristi palestinesi e non di una deliberata decisione dei vertici militari o politici israeliani.

Per quanto riguarda invece la “deportazione” di popolazione araba per costruire insediamenti è davvero una balla colossale. Nessun cittadino arabo è stato forzato a lasciare la propria terra per costruire insediamenti che invece sono costruiti in zone non abitate e spesso aride, non adatte nemmeno alla pastorizia. Se poi gli israeliani sono bravi nel trasformare il deserto in verdi oasi non è certo un crimine.

Concludendo, si mettano il cuore in pace i giudici strumentalizzati e gli odiatori seriali. Nessuno può accusare Israele di crimini di guerra, sia dal lato del Diritto Internazionale che da quello dei fatti oggettivi. Basta solo informarsi un pochino in maniera oggettiva.



La Corte Penale Internazionale e il retroscena

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... UVBuEXAm_c

È di questi giorni la notizia che la Corte Penale Internazionale, attraverso il parere di un suo giudice, il Procuratore Capo Fatou Bensouda, possa aprire un procedimento contro Israele per crimini di guerra. Se, dalla fase dell’esame preliminare si passerà al procedimento effettivo, esso avrà pesanti ripercussioni per numerosi politici e militari israeliani. E’ utile ricordare che i procedimenti della Corte Penale Internazionale sono rivolti contro le persone e non contro gli Stati.

In passato, per tre volte, il Procuratore Capo Bensouda ha respinto, perché non vi erano gli estremi, un procedimento contro Israele sempre per “crimini di guerra”. E’ accaduto relativamente alla vicenda della Mavi Marmara del 2010, la nave che faceva parte di una flottiglia allestita da un’organizzazione terroristica turca, la IHH, “mascherata” da organizzazione umanitaria, con l’intenzione di rompere il blocco navale, legittimo, che Israele aveva imposto a Gaza per prevenire il traffico di armi gestito da Hamas. La presa di controllo della nave da parte di Israele costò la vita a 10 cittadini turchi. La richiesta di procedimento fu richiesta dalle Isole Comore nel maggio del 2013. Richiesta respinta dal giudice Bensouda. La richiesta fu, nuovamente, ripresentata da una camera pre-processuale della stessa Corte Penale Internazionale su insistenza delle Comore nel luglio 2015 e nuovamente rigettata dal giudice Bensouda. Infine – caso unico al mondo – ripresentata per la terza volta nel settembre del 2019 e cassata definitivamente il 2 dicembre. In che cosa di diversifica l’atteggiamento del giudice in merito al caso della Mavi Marmara e quello attuale dei presunti “crimini di guerra” di Israele in Giudea, Samaria, Gerusalemme e Striscia di Gaza?

Nel primo caso si è trattato di un “semplice” caso di verifica del rispetto o meno del diritto internazionale in una azione di autodifesa. Nel secondo si stratta di un “difficile” caso dove il diritto internazionale è completamente soppiantato da una logica politica, portata avanti in maniera maniacale da ONU, UE e dagli USA – cominciando co l’Amministrazione Carter e proseguendo fino all’Amministrazione Obama– che vede in Israele una “forza occupante” di “territori palestinesi” a prescindere della validità storica e giuridica di questo assunto.

I presupposti per individuare supposti “crimini di guerra”, sono essenzialmente due: la costruzione di abitazioni in Giudea, Samaria (Cisgiordania o West Bank) compresa Gerusalemme, e l’uso “sproporzionato” della forza nella Striscia di Gaza. Il primo presupposto si fonda sul Memorandum Hansell scritto da un giurista americano tra il 1978-1979 per volontà dell’allora presidente americano Jimmy Carter.

Nel suo memorandum, Hansell sostenne l’idea che Israele violasse il diritto internazionale e più precisamente l’art. 49 comma VI della IV convenzione di Ginevra del 1949, permettendo l’insediamento di civili in Giudea, Samaria e Gerusalemme. Il testo dell’articolo è il seguente:

Art. 49 Comma VI:

“La Potenza occupante non potrà procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato.”

Sull’interpretazione data da Hansell a questo comma dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra si è costruita tutta intera la tesi dell’illegalità della presenza ebraica in Giudea, Samaria e Gerusalemme.

E’ opportuno ribadire che questa tesi non ha fondamento per due semplici ragioni:

Non si può parlare di “territori occupati” perché questi territori furono assegnati al popolo ebraico con il Mandato britannico di Palestina del 1922. Inoltre con gli accordi di Oslo del 1995 le aree dove sorgono i così detti “insediamenti” sono state riconosciute, dai palestinesi stessi, come di pertinenza esclusiva israeliana (area C) e di amministrazione mista area B. Quindi pienamente legali.
Considerare la presenza di civili ebrei in Giudea, Samaria e Gerusalemme come conseguenza di “deportazione o trasferimento” coatto non ha basi giuridiche (e di buon senso). Nel commentario della Croce Rossa Internazionale del 1958 sul terzo paragrafo della IV Convenzione di Ginevra (utilizzato in tutto il mondo giuridico sul tema dell’occupazione) si ribadisce in modo inequivocabile che per “ deportazione o trasferimento” si intende un’azione coatta sotto la minaccia delle armi, e si riferisce all’opera di deportazione e colonizzazione che fece la Germania nazista durante la Seconda Guerra mondiale quando invase i paesi dell’Est Europa. Cosa evidentemente non applicabile a Israele e ai “territori”, in quanto, in questo caso, la popolazione civile è tornata, in taluni casi, dopo essere stata cacciata dai giordani, in altri casi acquistando un terreno ed edificando, in altri ancora, andando a vivere in zone diverse e sparse sul territorio e mai in un luogo unico e concentrato, cioè in modo indipendente e senza imposizioni governative. Lo evidenzia anche il fatto che in diverse circostanze sono state demolite abitazioni costruite abusivamente e senza autorizzazioni con sentenza della stessa Corte Suprema israeliana.

La tesi di Hansel venne disconosciuta dall’Amministrazione Reagan ma è rimasta in voga in ambito internazionale. La sua flagrante pretestuosità è dimostrata dal fatto che in nessun caso al mondo – di reale occupazione – il comma 6 dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra sia mai stato applicato. Per di più non fu mai applicato neanche ai territori stessi di Giudea e Samaria durante l’illegale occupazione giordana durata del 1948 al 1967. Si è iniziato ad applicarlo politicamente, esclusivamente, a Israele, a partire dal 1978.

Il memorandum Hansell prevedeva la fine dell’”illegalità”, della presenza ebraica nei territori, nel momento in cui si fosse trovato un accordo con la Giordania. Cosa che è avvenuta nel 1994 con il trattato di pace tra i due paesi con il quale, la Giordania ha rinunciato definitivamente a ogni rivendicazione sopra i territori ad ovest del fiume Giordano.

Alla luce di ciò, se non è applicabile il comma 6 dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra, e il memorandum Hansell è di fatto terminato con il trattato di pace tra Giordania e Israele, come ha fatto la presenza ebraica in Giudea e Samaria a diventare addirittura un “crimine di guerra”?

In virtù di quello che è uno degli organismi internazionali più politicizzati assieme al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e all’Assemblea Generale – il Tribunale Penale Internazionale. Ciò accadde con il Trattato di Roma del 1998 con cui si decise di far diventare crimini di guerra i divieti, imposti ad un paese occupante, sanciti dalla IV Convenzione di Ginevra.

Nello Statuto della Corte Penale Internazionale, approvato con il Trattato di Roma del 1998 e diventato operativo a partire dal 2002 dopo la ratifica di Istanbul del 2002, al suo articolo 8 comma VIII si legge:

“Il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio”.

Questo articolo è praticamente identico all’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra con la fondamentale aggiunta dell’inciso, diretto o indiretto, relativo al trasferimento della popolazione. E’ una aggiunta di estrema importanza per due motivi:

1) Da conferma che l’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra prevedeva solo il trasferimento o la deportazione coatta di popolazione altrimenti non ci sarebbe stata necessità di questa aggiunta. E questo sconfessa la “dottrina Hansell” se c’erano dei dubbi.

2) La lettura dei verbali di stesura dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale, ci fa capire in modo inequivocabile che furono i paesi dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica a volere fortemente l’inserimento di questo inciso con il chiaro intento di poterlo utilizzare un giorno contro Israele.

Il Tribunale Penale Internazionale è stato creato con modalità politiche del tutto simili a quelle relative all’Assemblea Generale. I paesi che vi hanno aderito sono 122 su 193 riconosciuti dall’ONU. Non vi hanno aderito tra gli altri Israele e gli USA. L’Amministrazione Clinton aveva firmato il trattato di Roma con molte riserve poi però il Congresso non lo ha ratificato rendendo nulla la firma. Nel 2002, il presidente George W. Bush, su indicazione di John Bolton, firmò una legge l’ “American Service Members’ Protection Act”, con la quale di fatto si autorizzano i presidenti USA ad utilizzare “tutti i mezzi” per liberare i soldati e il personale americano all’estero che, eventualmente, venisse condannato dal Tribunale Penale. Questa legge sancisce l’illegalità, per gli USA, dei provvedimenti del tribunale.

Dal 2015 è subentrato un centoventitreesimo Stato firmatario che uno Stato non è: la Palestina il cui ingresso contravviene lo stesso Statuto del tribunale. Per suo Statuto il Tribunale prevede, come tutti gli altri organismi internazionali riconosciuti dall’ONU, che vi possano aderite solo gli Stati riconosciuti cioè quelli con le caratteristiche legali previste dalla Convenzione di Montevideo. Lo “Stato di Palestina” non ha nessun requisito minimo per essere riconosciuto come tale, tanto è vero che non è riconosciuto come Stato dall’ONU, in quanto è necessario il riconoscimento da parte del Consiglio di Sicurezza che è l’unico organismo legale deputato a farlo. Si è trovato però il modo di aggirare l’ostacolo facendolo diventare “Stato Osservatore” tramite la decisione politica di un organismo squisitamente politico: l’Assemblea Generale dell’ONU. Questo sotterfugio ha permesso allo “Stato di Palestina” di venir accettato, presso il Tribunale Penale Internazionale nel 2015, ingresso a cui ha fatto immediatamente seguito da parte del suo rappresentante una denuncia nei confronti di Israele per “crimini di guerra”.

Va altresì sottolineato che la Corte Penale Internazionale agisce quando, in un Stato indipendente o in uno soggetto ad occupazione, avvengono dei presunti crimini e il sistema giudiziario dello Stato denunciato, per le più svariate ragioni, non ha l’autonomia o le capacità di giudicare i presunti colpevoli. Quindi, il tribunale si sostituisce all’autorità giudiziaria locale. In pratica si riconosce l’incapacità di uno Stato di poter garantire giustizia per dei crimini commessi al proprio interno. Applicando questo principio ad uno Stato di diritto come Israele con il suo sistema giudiziario altamente autonomo e garantista, ad iniziare dalla Corte Suprema, se ne delegittima completamente la legalità. Ed è questa, in ultima analisi, la finalità: delegittimare Israele come Stato di diritto oltre che come “forza occupante illegale” che non sarebbe in grado di perseguire i responsabili dei “crimini di guerra”.

Le motivazioni squisitamente “politiche” e non di diritto che hanno portato il giudice Fatou Bensouda a intravedere le basi di un procedimento contro Israele sono le seguenti:

L’accettazione della denuncia dello “Stato di Palestina” è un atto politico e non ha basi giuridiche, perché come evidenziato, si tratta di un “Stato” che ha solo i requisiti politici (decisione Assemblea Generale) e non giuridici (Consiglio di Sicurezza) per essere considerato tale.

Per fare degli esempi è come se un giorno, politicamente e non legalmente, si accettassero le istanze dei catalani, dei baschi, dei nord irlandesi o dei lombardi per denunciare i governi centrali dei paesi di cui fanno parte.

Seconda considerazione: il giudice asserisce nella sua motivazione a procedere, che ci sono delle basi in quanto si tratta di “territori occupati palestinesi” in base unicamente al fatto che così sono descritti da “numerose risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU” che però è un organo politico e non giuridico, e non entra mai in merito se dal punto di vista del diritto internazionale, li si possa considerare tali. Si tratta dunque di una considerazione politica e non legale, esattamente come, nel 2004, si espresse la Corte di Giustizia Internazionale in merito alla barriera difensiva di Israele.

Terza considerazione: il giudice non esprime un’opinione sul fatto che Israele abbia un sistema legale che possa autonomamente ravvisare violazioni dei diritti umani o “crimini di guerra”. Quindi se ritiene necessaria un’azione del Tribunale Penale Internazionale cio vuol dire che Israele non ha un sistema giudiziario all’altezza e implicitamente ne delegittima il sistema.

Quarta considerazione: nessun altro caso simile è mai stato aperto. In nessun caso di reale occupazione, per citare solo le più note: Cipro, Cambogia, Timor Est, Libano, Crimea, Sahara Occidentale, Nagorno Karabach, sono mai state ravvisati gli estremi per aprire procedure in base all’art. l’art. 49 comma VI della IV convenzione di Ginevra del 1949 o per “crimini di guerra” in base all’art. 8 comma VIII dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale.

Il diritto per essere tale deve essere universale e applicabile a tutti i casi in egual modo e non una volta si e dieci no altrimenti è meramente un fatto politico e non giuridico.

Si può affermare senza ombra di dubbio che il voler vedere un “crimine di guerra”, nella costruzione di case e nel permettere a dei comuni cittadini che lo desiderano di risiedere in un territorio non occupato, non ha nulla a che fare con il diritto ma ha solo a che spartire con la politica.

In merito al presunto uso sproporzionato della forza, il diritto internazionale è molto vago e suscettibile di varie interpretazioni. Diventa assai difficile poterlo applicare in casi di conflitto “standard” cioè tra due eserciti e relative azioni militari che colpiscono la popolazione civile durante gli avvenimenti bellici ma diventa quasi impossibile in casi di guerra “asimmetrica” cioè tra uno Stato e un’organizzazione terroristica che fa uso della popolazione civile come scudo umano. Di questi casi negli ultimi anni se ne sono verificati molti: Hamas a Gaza, ISIS in Siria e Iraq, i Talebani in Afganistan per citare i più noti. In questo momento nessun organismo internazionale ha provato a definire e codificare situazioni di questo genere per capire dove si trova il confine legale tra un’azione militare e un uso “sproporzionato” della forza. Sicuramente si può affermare che Israele, di tutti gli Stati, oggi, coinvolti in guerre asimmetriche è quello che ha posto le maggiori attenzioni per ridurre le vittime civili.

Comunemente si pensa, perché cosi lasciano intendere i politici e gli “esperti”, che se una delle due parti in guerra subisce più vittime civili è la vittima, mentre l’altro diventa inevitabilmente, colpevole di uso “spropositato” della forza a prescindere dalle ragioni o dai torti, ma non è così per il diritto internazionale, perché bisogna tenere in considerazione i molti fattori (non il mero numero dei morti), adottati dagli eserciti per ridurre al minimo le vittime civili durante gli scontri tra cui tutti i dispositivi per assicurare la difesa dei civili.

Per il diritto internazionale l’uso proporzionato della forza è la forza militare necessaria per raggiungere un obiettivo militare che non deve essere superiore all’obiettivo posto. Se riduciamo la legalità dell’intervento militare al solo numero di vittime di una parte o dell’altra dicendo che ha “legalmente ragione” chi ha subito più morti a prescindere dal fatto di chi è l’aggressore o l’aggredito o se ha utilizzato dei civili come scudi o ha fatto di tutto per proteggerli, possiamo affermare senza tema di smentita che la Germania di Hitler e il Giappone di Hirohito avevano ragione e gli USA e gli alleati torto.

La qualifica “uso sproporzionato della forza” relativamente alla reazione di Israele ai lanci di razzi da parte di Hamas durante l’ultimo conflitto nella Striscia, quello del 2014, o durante la risposta di Israele ai tentativi di penetrazione all’interno dello Stato da parte di miliziani di Hamas e della Jihad Islamica, durante la cosiddetta Marcia della Pace del 2018, non solo è estremamente problematica, considerata la modalità dell’aggressore di utilizzare i civili come scudi umani o di farsi schermo della popolazione, ma viene abitualmente usata in modo del tutto strumentale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » mar dic 24, 2019 10:10 pm

La nuova voglia di idealismo
Dacia Maraini
23 dicembre 2019

https://www.corriere.it/opinioni/19_dic ... 1aa6.shtml

Mi capita di scrivere queste poche righe proprio sotto Natale. Un giorno in cui si festeggia la nascita di un bambino straordinario che ha cambiato le sorti di una grande parte del mondo. Un giovane uomo che ha riformato la severa e vendicativa religione dei padri, introducendo per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, del rispetto per le donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra.

In nome di Cristo sono state fatte delle orribili nefandezze. La scissione fra etica e politica è accaduta nel momento in cui la Chiesa, da idealistica e innovativa forza rivoluzionaria si è trasformata in un impero che ha subito costruito il suo esercito, le sue prigioni, i suoi tribunali, la sua pena di morte. Ma molti, proprio dentro la Chiesa, hanno rifiutato i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), la sua profonda misoginia, l’intolleranza e la passione per la guerra. Oggi la novità del movimento delle Sardine ricorda alla lontana le parole di un pastore povero che a piedi nudi portava a pascolare le pecore. I movimenti che abbiamo conosciuto finora, perfino il grande Sessantotto, usavano le parole Lotta, Guerra, Appropriazione, Distruzione, Nemico da abbattere, ecc. Mentre le piccole sardine , (che spero tanto non si facciano trasformare dai media in tonni pronti per la mattanza), rifiutano l’insulto e l’aggressività. Non pretendono di cambiare il mondo, ma di introdurre in una società sfiduciata e cinica, una nuova voglia di idealismo. Non hanno sbagliato simbolo secondo me, perché la sardina da sola non esiste, ma in una massa di corpi volanti, aiuta il mare a compiere i suoi cicli vitali. Inoltre possiamo dire che la sardina è ormai il solo pesce che non provenga da allevamenti intensivi, non si nutre di farine sintetiche, e non viene rimpinzata di antibiotici. Il fatto che riescano a smuovere tante persone, soprattutto giovani, è segno di una richiesta di nuove idealità, ovvero fiducia nel futuro, progetti comuni, spirito di solidarietà e collaborazione. Certuni li ridicolizzano, ma non si accorgono che fanno del male prima di tutto a se stessi. Con il sarcasmo perpetuano il vizio tutto italiano di disprezzare tutto ciò che è comunitario, di sentirsi superiore a ogni manifestazione di indignazione civica, di criticare tutto e tutti in nome di una conoscenza del mondo più antica e superiore.




La risposta del Rabbino Di Segni all’articolo di Dacia Maraini
24 dicembre 2019

https://www.shalom.it/blog/news-in-ital ... Gcvb_V05uY

“Capisco che in questi giorni festivi si esaltino i buoni sentimenti e la non violenza. Capisco che si cerchi di sottolineare che il nuovo movimento politico che riempie le piazze porti una ventata di freschezza. Quello che mi riesce più difficile da capire è che si debba per forza trovare nelle complesse anime di questo movimento un afflato religioso natalizio. E ancora di meno capisco che si debba trovare in tutto questo una opposizione religiosa. Da una parte il vecchio testamento violento e misogino, dall'altra la rivoluzione cristiana pacifica e le sardine. Perché se è innegabile la presenza di violenza e di un atteggiamento maschilista nelle antiche pagine della Bibbia, è anche vero che le stesse pagine parlano di pace, perdòno e amore, esaltando ruoli femminili. E che tutto questo si trascina e cresce nella tradizione successiva. E che la rivoluzione cristiana è tutt'altra cosa. Oggi un cristiano informato sa evitare le banalità e le menzogne di questa antica opposizione (che ha un nome preciso: marcionismo), che è rimasta però in mente e in bocca ai laici più o meno credenti ma quasi sempre ignoranti. Bisogna diffidare di chi predica una bontà stucchevole condita di false informazioni. È normale che un nuovo movimento politico cerchi di ispirarsi agli insegnamenti antichi, ma dovrebbe essere cauto nelle semplificazioni. Dopo il Gesù socialista, rivoluzionario più o meno armato, femminista ecc., oggi abbiamo anche, grazie a Dacia Maraini, il Gesù sardina. A me pare quasi una bestemmia, ma fate voi.” Lo scrive il rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, nella sua pagina di Facebook, in risposta all’articolo di Dacia Maraini.

Marcionismo
https://it.wikipedia.org/wiki/Marcionismo
Sebbene il marcionismo venga molto spesso classificato come una dottrina gnostica, in realtà era un movimento a sé stante, lontano da tutte le altre correnti cristiane dei primi secoli, e come tale non può essere ricollegato a nessun'altra tradizione.
La premessa necessaria per comprendere il marcionismo è il fatto che per Marcione gli insegnamenti di Cristo sono incompatibili con le azioni del Dio dell'Antico Testamento. Marcione, concentrandosi soprattutto sulle lettere paoline, percepiva che tutte le altre concezioni del Vangelo e qualunque associazione all'ebraismo fossero fallimentari e lontane dalla verità del cristianesimo. In seguito Marcione considerò i discorsi di Paolo su legge e Vangelo, rabbia e grazia, opere e fede, carne e spirito, peccato e giustizia, morte e vita come l'essenza della verità religiosa. Egli attribuiva questi aspetti e caratteristiche a due principi: un primo Dio giustiziere e iracondo dell'Antico Testamento, che è allo stesso tempo il creatore dell'universo, mentre il secondo Dio del Vangelo, sconosciuto prima dell'arrivo di Gesù, è solo amore e pietà.
Marcione rifiutava completamente la tradizione ebraica e l'Antico Testamento, interpretandolo alla lettera e identificando nel Dio d'Israele una divinità malvagia e progenitrice del male, che si limita ad applicare punizioni severe per ogni mancanza da parte dell'uomo, che ha creato pieno di difetti e capace di qualsivoglia ripugnanza. Egli considerava quindi un Dio crudele e dispotico quello della vecchia Alleanza, mentre interpretava in maniera del tutto originale gli insegnamenti di Gesù, ritenendo che il Dio predicato da quest'ultimo sia un Dio straniero, lo stesso (secondo l'idea di Marcione) a cui si riferiva Paolo parlando con gli ateniesi nell'agorà, il quale, essendo un Dio d'amore e pace, incline alla misericordia e al perdono, dev'essere per forza una divinità diversa da quella d'Israele. Marcione non riusciva a conciliare le personalità di questi due personaggi, arrivando perciò a considerarli divinità opposte: la prima, ingiusta, è il creatore, cui si contrappone il Dio d'Amore predicato da Gesù (il salvatore secondo Marcione), che libera l'uomo dal peccato tramite la nuova Alleanza. Oltre tutto Marcione vedeva in Paolo la salvezza della cristianità, essendo quest'ultimo l'unico apostolo ad aver accantonato la legge mosaica per sottolineare l'universalità del messaggio di Cristo.

I marcioniti sostenevano che il Dio ebraico (conosciuto da alcuni gruppi gnostici come Yaldabaoth) è inconsistente, geloso, rabbioso e perpetratore di massacri, e che il mondo materiale creato da lui è difettoso, un luogo pieno di sola sofferenza. Il creatore, per i marcioniti, doveva essere necessariamente un incompetente o un maligno demiurgo.

Fin dall'inizio Marcione è stato aspramente criticato dagli altri vescovi per le sue teorie, al punto di essere scomunicato. I marcioniti hanno mostrato una notevole capacità di diffusione e di resistenza alle dure repressioni cui sono stati soggetti. Per la Chiesa primitiva Marcione ha rappresentato un gravissimo pericolo, dal momento che, con la sua teologia e interpretazione del Vangelo, rischiava di minare la coesione e le basi stesse della Chiesa. Nulla rimane dei libri dei marcioniti e la loro memoria è stata a lungo offuscata attribuendo loro posizione manichee e comportamenti antisociali.




IL CORRIERE DELLA SERA REGALA AGLI STEREOTIPI ANTISEMITI LA DIGNITA' DELLA PRIMA PAGINA. ED E' SUBITO MEDIOEVO
Alex Zarfati
24 dicembre 2019

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 6052651740

Grazie a Dacia Maraini per averci riproposto un bel carico di stereotipi antisemiti di matrice religiosa alle soglie del #Natale. Eravamo così impegnati a difenderci dalle accuse di barbarie verso i palestinesi, di essere i detentori del capitalismo, di propugnare il meticciato, di farci scudo della Shoah per ricattare il mondo, che quasi ci eravamo dimenticati delle buone, vecchie radici cristiane dell’antisemitismo politico.

A nulla vale la verità vera nell’epoca in cui la post-verità si salda alla tradizionale giudeofobia. Non è semplicemente desolante doversi ancora una volta difendere dall’accusa di “popolo vendicativo” quando l’"occhio per occhio dente per dente” piuttosto fu quello che introdusse un principio giuridico fondamentale che ancora guida ogni sistema legale della società civile, ovvero che la sanzione debba essere commisurata al danno e non moltiplicata. Ma è semplicemente disgustoso, così come a nulla varrebbe anche ricordare il ruolo della donna nell’ebraismo, che la Maraini riduce a 'misoginia'. La donna piuttosto è così centrale da determinare l’appartenenza all’ebraismo, trasmesso per via matrilineare. E la donna, perno della famiglia ebraica, si esprime prima di tutto nelle figure femminili della Torah - oggi nuovamente vilipesa e derubricata a testo primitivo, schiavista e intollerante -. Le donne con la loro sapienza, sensibilità, senso pratico e saggezza, nell’Antico Testamento vengono indicate come un esempio per tutte le generazioni. Servirebbe ricordarlo?

Che dire poi dell’accusa rivolta agli israeliti di avere “una passione per la guerra”? Quando se c’è stato un popolo bandito, scacciato, umiliato e convertito a forza sono stati proprio i giudei, costretti a difendersi da quando il primo ebreo ha calcato le orme in Mesopotamia. Rivolgere al popolo ebraico la calunnia di indulgere nelle arti della guerra fa il paio con le moderne accuse israelofobe verso il moderno Stato, al centro di una campagna di diffamazione teso a dipingerlo come armato fino ai denti e responsabile dei conflitti che infiammano il mondo.

Ma grazie anche al Corriere della Sera per averci scosso dall’illusione che una certa visione fosse morta e sepolta scaraventandola in prima pagina e regalandogli la dignità di una riflessione “normale”. Ce ne ricorderemo quando altri intellettuali del cazzo ci propugneranno le loro arrampicate sugli specchi per spiegarci il perché, nel XXI secolo ancora si abbiano croci uncinate nei cimiteri ebraici, sinagoghe profanate, sfregi ai reduci della #Shoah, stelle gialle sui negozi, aggressioni verbali e fisiche e “schizzi di letame ideologico” da parte di gilet gialli, populisti, sovranisti, sardine e altri idioti dei miei coglioni.



Per elogiare le sardine, Dacia Maraini sul Corriere propala menzogne sull'ebraismo
Ester Moscati
24 dicembre 2019

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... llebraismo

“Che c’azzecca?”, verrebbe da dire, citando Di Pietro, leggendo lo sconclusionato, falso, vergognoso articolo di Dacia Maraini pubblicato sul Corriere della sera di oggi, 24 dicembre. Per sponsorizzare l’idealismo delle “sardine”, cita Gesù, “Un giovane uomo che ha riformato la severa e vendicativa religione dei padri, introducendo per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, del rispetto per le donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra. (…) i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), la sua profonda misoginia, l’intolleranza e la passione per la guerra”. Una sequela di falsità, menzogne da catechismo preconciliare da terza elementare. Dacia Maraini non è nuova a queste tiritere antigiudaiche. Lo aveva fatto già nel 2016, quando il “Vecchio testamento” era già stato bersaglio dei suoi strali: “Da noi c’è stato Gesù Cristo che ha sconvolto e rovesciato le prescrizioni della Bibbia: le parole «amore» e «perdono» hanno sostituito il «dente per dente» e l’odio di religione”.

Già allora le si era risposto che «Ama per il prossimo tuo come per te stesso» è una espressione biblica (Levitico 19,18) che è da sempre considerata nell’ebraismo come l’essenza della Torah. Che la donna è stata creata da materia già infusa del soffio divino e non dall’argilla, e che il Talmud dice: “State molto attenti a far piangere una donna, che poi Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai piedi perché dovesse essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale… un po’ più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del cuore per essere Amata”. E la schiavitù? L’unico popolo antico che prevede il riposo dello schiavo, nel giorno del Sabato, il risarcimento per danni procurati allo schiavo, e la liberazione dopo sette anni.

Niente, refrattaria come uno schiacciasassi, impermeabile al dubbio, Dacia Maraini reitera le sue accuse. Sembra particolarmente affezionata all’Occhio per occhio, dente per dente.

Inutile spiegare alla scrittrice che la legge “occhio per occhio” non autorizzava né sanciva il diritto a farsi giustizia da soli. Tutt’altro. Permetteva ai giudici designati di infliggere pene giuste, commisurate al danno subito dalla vittima, non troppo dure, né troppo leggere, a chi aveva commesso un crimine. E non pene corporali, ma il risarcimento pecuniario.

La legge serviva anche come deterrente. La Legge mosaica infatti dice: “Gli altri [quelli che vedevano come veniva applicata la giustizia di Dio] lo verranno a sapere e avranno paura, e non faranno mai più una cosa malvagia come questa in mezzo a te”.

Insomma, dopo oltre cinquant’anni dal Concilio Vaticano II sembra davvero incredibile leggere sul Corriere un articolo così infarcito di ideologia cristiana della “sostituzione”, di falsità, superficiali menzogne. Una vergogna, davvero. E quel Bambino, che disse, con buona pace della Maraini, “Non cambierò una yud (la più piccola lettera dell’alfabeto ebraico) della Legge di mio Padre” si vergognerebbe della scrittrice.

Il commento della Comunità di Milano

La lettura dell’articolo di Dacia Maraini ha indignato moltissime persone della Comunità ebraica di Milano. “Gli ebrei e i cristiani – ha detto il Presidente Milo Hasbani – festeggiano contemporaneamente Chanukkà e Natale e Dacia Maraini se ne esce oggi sul Corriere della sera con un articolo classicamente antisemita. Offende il popolo del Libro e non fa onore a quei cristiani che in questi anni hanno compiuto un cammino di verità e rispetto!”




La sardina e il cardinale: la Chiesa-cucina passa in salotto
Andrea Zambrano
23 dicembre 2019

https://lanuovabq.it/it/la-sardina-e-il ... 0So_mUYdak

Non bastavano le profanazioni nelle chiese trasformate in ristoranti con la scusa dei poveri. A Bologna al pranzo nella chiesa dei Servi il più acclamato è stato il leader delle Sardine Santori. Sotto lo sguardo di un compiaciuto arcivescovo Zuppi attorniato da una corte di comici e scrittori, tra selfie, abbuffate e pacche sulle spalle va in scena il sacrilegio di usare la chiesa come passerella per il nuovo "salvatore della Sinistra", con la spocchia salottiera di chi dice di agire per il popolo. Quel popolo che invece è a casa e non entrerebbe mai in una chiesa per farsi un selfie mentre mangia.

E con la sardina in chiesa abbiamo chiuso il cerchio. L’immagine di Mattia Santori che stringe la mano al cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi in una chiesa bolognese per un pranzo coi poveri sant’Egidio style, è l’emblema di come si possa ridurre la Chiesa quando si sdraia a pancia a terra con le ideologie mondane. Verrebbe da dire «che tristezza» e non pensarci più. Invece c'è da ribellarsi perché quanto accaduto nella chiesa dei Servi sabato si ripeterà altrove dato che sia le sardine sia Zuppi-Sant’Egidio sono due formidabili esportatori di format.

A Bologna, dire i Servi significa dire una chiesa simbolo, Santa Maria dei Servi, amata da tutti, anche da Guccini in Eskimo, coi suoi portici che a Natale si illuminano.

E il pranzo organizzato in chiesa per i poveri non è certo una novità. Dopo l’abbuffata in San Petronio a Bologna alla presenza del Papa, in tutt’Italia è stata tutta una locanda. Ma con il pranzo di sabato dai Servi la scusa dei poveri è diventata qualche cosa di più: dalla chiesa-cucina e sala da pranzo, ci si è spostati anche in salotto.

Con l’Arcivescovo infatti – per l’evento promosso dalle Cucine popolari – c’erano anche personaggi noti come il comico Alessandro Bergonzoni che ormai segue Zuppi ovunque, manco fosse Polibio con Scipione l’Emiliano e lo scrittore Stefano Benni. E poi l’assessore comunale Matteo Lepore. Vipperie varie, ovviamente intente a partecipare all’evento benefico in favor dei poveri e dell’obiettivo di Repubblica e di Rai Regione Emilia Romagna. Mondanità, ma politicamente corretta dietro il comodo paravento dei poveretti.

Ad un certo punto, come uno special guest atteso da lontano, arriva anche Mattia Santori, l’acclamato leader della Sardine. E qui – stando al servizio fotografico scodellato domenica mattina da Repubblica Bologna – abbiamo toccato vette di autoreferenzialità e di uso politico della chiesa e dei poveri davvero sorprendenti. Foto, sorrisi, selfie con le cuoche, pacche sulle spalle con l’arcivescovo che sembrava un comprimario di fronte a cotanto ospite.

Ovviamente in pochi, nessuno stando agli sguardi ridanciani delle foto sembravano ricordarsi non solo dei poveri, ma soprattutto del fatto che fossero in chiesa sotto lo sguardo severo della Madonna col bambino di Cimabue. In quel momento la chiesa non era un luogo sacro, ma il contenitore di una passerella politico-mondana.

Che poi, verrebbe da chiedersi: ma Santori in qualità di che cosa era ai Servi? C’era per caso l’anno scorso a servire ai tavoli quando era un Carneade assoluto? Che cosa c'entrano le Sardine con quanto avvenuto sabato? Non è per caso che qualcuno stia sfruttando politicamente la sua improvvisa notorietà e qualcun'altro gli stia dando la possibilità di farlo?

La profanazione, compiuta su mandato preciso dell’arcivescovo, certifica che non c’è niente di più insopportabile dei radical chic che dicono di fare le cose per il popolo. Sabato a quel pranzo non c’erano i bolognesi, la gente semplice che percorre affannata i portici dell’Archiginnasio, ma attori con una parte da recitare: il santo arcivescovo con la sua claque di intellettuali, il salvatore del mondo con la sardina di cartone, le vipperie belle che si muovono in chiesa con la stessa sguaiata arroganza con cui alla sera devono scappare in un capannone per il party di Natale dell'associazione caccia & pesca. “Ma l'abbiamo fatto per il popolo”. Balle. Non si sono mossi per il popolo, ma per la loro narcisistica pretesa di sentirsi dalla parte giusta, pronti col ditino puntato a insegnare agli altri come si fa a stare al mondo: i poveri da sbandierare, la chiesa a uso e consumo, il servizio ai tavoli, il fotoracconto di Rep. Oh yeah...

Con questa pagliacciata spocchiosa, compiuta in un luogo consacrato a Dio per la quale non ci sarà mai riparazione, sua eminenza, ovviamente, dall’alto della sua bontà sancita da docufilm agiografico, considererà le critiche come questa e quelle che si sono sollevate sul web ieri mattina, robetta di cui non tener conto perché frutto di élite dalla dura cervice che non ha capito la rivoluzione della teneressa.

Invece sono il segnale che è grazie a pastori come questi che si allontana il popolo, il quale per queste pagliacciate nella casa di Dio, con annesso spot politico per il movimento amico di turno, soffre e si indigna. Se soffre – e soffre, basterebbe ascoltarlo per accorgersene – vuol dire che una frattura c’è stata e questa frattura qualcuno deve averla prodotta quando ha deciso di portare la chiesa nell’agone politico. Dandole anche già un indirizzo ben preciso. Rosso come la porpora.



La bestemmia delle Sardine Il duro attacco del rabbino Di Segni L’accorata difesa di Dacia Maraini
26 dicembre 2019

http://www.italiaisraeletoday.it/la-bes ... XdNgcH0W2k

Capisco che in questi giorni festivi – ha scritto il rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, nella sua pagina di Facebook, in risposta all’articolo di Dacia Maraini – si esaltino i buoni sentimenti e la non violenza. Capisco che si cerchi di sottolineare che il nuovo movimento politico che riempie le piazze porti una ventata di freschezza. Quello che mi riesce più difficile da capire è che si debba per forza trovare nelle complesse anime di questo movimento un afflato religioso natalizio. E ancora di meno capisco che si debba trovare in tutto questo una opposizione religiosa.

Da una parte il vecchio testamento violento e misogino, dall’altra la rivoluzione cristiana pacifica e le sardine. Perché se è innegabile la presenza di violenza e di un atteggiamento maschilista nelle antiche pagine della Bibbia, è anche vero che le stesse pagine parlano di pace, perdono e amore, esaltando ruoli femminili. E che tutto questo si trascina e cresce nella tradizione successiva. E che la rivoluzione cristiana è tutt’altra cosa.

Oggi un cristiano informato sa evitare le banalità e le menzogne di questa antica opposizione (che ha un nome preciso: marcionismo), che è rimasta però in mente e in bocca ai laici più o meno credenti ma quasi sempre ignoranti. Bisogna diffidare di chi predica una bontà stucchevole condita di false informazioni. È normale che un nuovo movimento politico cerchi di ispirarsi agli insegnamenti antichi, ma dovrebbe essere cauto nelle semplificazioni. Dopo il Gesù socialista, rivoluzionario più o meno armato, femminista ecc., oggi abbiamo anche, grazie a Dacia Maraini, il Gesù sardina. A me pare quasi una bestemmia, ma fate voi…

Un duro atto d’accusa all’articolo pubblicato dal Corriere della Sera. Al quale la Maraini ha risposto con una dichiarazione all’agenzia Agi.

“Non intendevo parlare della religione ebraica, ma solo riferirmi alla Chiesa cattolica che certamente è stata nella storia misogina e vendicativa. Mi dispiace di avere sollevato questo vespaio. Ma non ho scritto un saggio sulla Bibbia solo un breve articolo di venti righe, semplificando per forza di cose tanti concetti che andrebbero approfonditi. Ma sui giornali lo spazio è sempre minimo. Comunque non intendevo parlare della religione ebraica, ma solo riferirmi alla Chiesa cattolica che certamente è stata nella storia misogina e vendicativa. Tanto è vero che molti mistici che si riferivano alle parole di Cristo, sono stati bruciati vivi proprio da una Chiesa intollerante e violenta.”

“La Bibbia – ha sempre detto la Maraini – è un meraviglioso testo, di grande profondità e di grande poeticità. Ma certamente non può essere preso alla lettera. Le religioni intelligenti storicizzano. E credo che lo abbia fatto anche la religione ebraica. Per quanto riguarda le Sardine e l’accostamento che a qualcuno è sembrata blasfemo, vorrei ricordare che per molti secoli Cristo veniva raffigurato con un pesce. Come scrive il dizionario Italiano: “Il pesce, essendo un animale che vive sott’acqua senza annegare, simboleggiava il Cristo che può entrare nella morte, pur restando vivo”. Con un grande affetto per il popolo di Israele e la sua religione.”
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » lun dic 30, 2019 9:19 pm

L'antisemitismo che conviene e quello scomodo
Niram Ferretti
2019/12/30

http://caratteriliberi.eu/2019/12/30/ag ... E0-UQ-OA-8

Dobbiamo in questi nostri tempi, che una volta, sapienti sociologi ci descrivevano come post-ideologici (ma dove?, quando?), la nozione che esiste un solo tipo di razzismo ed è quello del bianco nei confronti di chiunque abbia la pelle di colore diversa.

L’uomo bianco, ci è stato insegnato da decenni, ha la responsabilità di grandi crimini e come tale deve espiare.

Pascal Bruckner, in un libro seminale, “Il singhiozzo dell’uomo bianco”, ha brillantemente spiegato come l’Occidente, attraverso la sua cedevolezza alla narrativa della colpa, ha istituito al proprio interno un tribunale implacabile il cui scopo è quello dell’autoflagellazione permanente.

Gli Stati Uniti, sono teatro emblematico di questo tribunale, a causa di una storia in cui il razzismo dei bianchi nei confronti dei neri è stato a lungo perdurante e non si è mai del tutto sopito, ma da qui a istituire ontologicamente la categoria della colpa per il bianco in quanto bianco ce ne corre. Eppure è ciò che accade.

Così, se gli ebrei vengono fatto oggetto di insulti e aggressioni antisemite da parte di cosidetti “suprematisti” bianchi, allora va tutto bene, e va bene nel senso che per i media progressisti tutto ciò non rappresenta altro che una conferma della narrativa egemone. Se sei razzista e antisemita devi essere bianco e maschio (le donne razziste, sono più nell’ombra).

C’è un aggiunta, naturalmente. Se sei maschio, bianco, razzista e antisemita devi avere votato Trump, nonostante il fatto che Trump abbia una figlia convertita all’ebraismo, un genero ebreo e nipoti ebrei. Questo è irrilevante. Perché Trump è, ovviamente bianco, maschio, razzista e probabilmente, segretamente antisemita, nonostante nessun altro presidente americano abbia fatto quello che lui ha fatto per lo Stato degli ebrei, cioè Israele.

Ma l’ideologia ha lo scopo di frantumare la realtà, è la sua ragione d’essere.

Quindi, se i perpetratori della violenza antisemita e razzista non sono i bianchi, ma sono i neri, si crea un cortocircuito e si cercherà di voltarsi dall’altra parte e di minimizzare, perché una volta che i neri sono stati tutti indistintamente catalogati nella categoria delle vittime del razzismo e i bianchi tutti indistintamente nella categoria dei perpetratori del razzismo, il dogma non puo essere rimosso pena la caduta della Chiesa che lo ha istituito.

A New York, ultimamente, gli ebrei sono stati vittime dell’antisemitismo nero. È successo per esempio a Jersey City, dove, all’inizio di dicembre, tre persone sono state uccise in un supermercato kosher.

Gli assassini appartenevano a un gruppo di fanatici di colore che si definiscono Black Hebrew Israelites. In altre parole sarebbero loro i veri ebrei, perchè i veri ebrei sono tutti di colore, mentre gli ebrei bianchi non sarebbero ebrei veri. E siccome non sono ebrei veri, gli va data una lezione.

Di questo episodio si è parlato poco o niente, perchè gli assalitori non erano bianchi e biondi e non portavano vistose croci uncinate tatuate su i bicipiti o sul collo.

D’altronde, come ha eloquentemente scritto Seth Frantzman in un suo articolo di oggi apparso sul Jerusalem Post:

“Nella società americana c’è generalmente solo posto per un solo tipo di razzismo. Ci sono i suprematisti bianchi di estrema destra e tutti gli altri. Questa visione del mondo manichea dell’antisemitismo e del razzismo significa che siamo a nostro agio con un solo tipo di autore.

Un uomo bianco arrabbiato. Quelli sono i razzisti. Dylann Roof, il razzista che ha ucciso i neri in una chiesa nel 2015 è il tipo più normale di razzista americano. Il killer di El Paso o l’aggressore della Sinagoga dell’Albero della Vita sono anche loro il tipo di assassini che si inseriscono in una narrazione facile. Ma quando gli autori si allontanano da ciò abbiamo un problema a gestire la cosa.

A New York City, secondo un post della giornalista Laura Adkins, i dati mostrano che su 69 crimini antiebraici nel 2018, quaranta degli autori sono stati etichettati “bianchi” e 25 sono stati etichettati ‘neri’, gli altri sono stati classificati come ispanici o asiatici”.

L’aspettativa è che gli attacchi antisemiti debbano essere perpetrati da bianchi di estrema destra, punto. Nonostante ciò, Rav. Areyh Spero, in un suo articolo su Frontpage Magazine, scrive che:

“Praticamente ogni recente accoltellamento o attacco agli ebrei nell città di New York e nell’area metropolitana è stato perpetrato da un nero, un ispanico o un simpatizzante della jihad”.

Il problema è, che non si può dire, perché i neri sono vittime per antonomasia e gli ispanici sono una minoranza.

È naturalmente, assai comodo tenere i riflettori sempre accesi sull’antisemitismo dell’estrema destra bianca, conferma la convinzione egemone, ed è del tutto strumentale alla narrativa progressista, quella che ci spiega che se è un nero a commettere un crimine antisemita, come il recente attacco con machete avvenuto a Monsey, si tratta di un disagiato sociale, esattamente come, tutti gli estremisti islamici non sono tali perché la fonte del loro estremismo si trova nel Corano, ma perchè la società non ha favorito la loro integrazione.

Quando l’antisemitismo è nero, islamico, afroamericano o tutte queste tre cose congiunte, come nel caso di Louis Farrakhan, (il successore di Malcom X alla guida di Nation of Islam), le anime belle si dileguano, non ci sono vibranti proteste o manifestazioni nelle strade.

I colpevoli non possono essere mai veramente colpevoli se sono stati vittime e lo saranno sempre.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2020 10:29 am

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Re: Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristi

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2020 10:29 am

La fine della presenza ebraica in Europa?
Guy Millière
11 gennaio 2020

https://it.gatestoneinstitute.org/15420 ... za-ebraica

Il 3 dicembre, l'Assemblea nazionale francese ha approvato una risoluzione che adotta la definizione di antisemitismo formulata dall'Alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto (IHRA). Il testo rileva che la definizione "comprende le manifestazioni di odio verso lo Stato di Israele giustificate dalla mera percezione di quest'ultimo come collettività ebraica". Il deputato Meyer Habib, che ha appoggiato la risoluzione, ha pronunciato un discorso appassionato e toccante, nel quale ha sottolineato l'entità della minaccia antisemita nella Francia odierna e gli stretti legami tra l'odio contro gli ebrei e l'odio per Israele:

"Dal 2006, dodici francesi sono stati assassinati in Francia perché ebrei. Sebbene gli ebrei rappresentino meno dell'uno per cento della popolazione, metà degli atti di razzismo compiuti in Francia vengono perpetrati contro gli ebrei. L'antisionismo è una demonizzazione ossessiva di Israele e un abuso della retorica antirazzista e anticoloniale per privare gli ebrei della loro identità".

E Habib ha aggiunto che è stato molto difficile ottenere i voti necessari per approvare la risoluzione, e questo a causa di una generale mancanza di "coraggio politico" – purtroppo, una qualità spesso assente in Francia, quando si tratta di antisemitismo e di Israele.

I leader politici francesi dichiarano spesso che la lotta all'antisemitismo è della massima importanza; lo dicono ogni volta che nel Paese viene ucciso un ebreo. L'unica forma di antisemitismo che sembrano però pronti a combattere è l'antisemitismo di destra. Essi si rifiutano di vedere che tutti gli ebrei uccisi o aggrediti in Francia dal 2006 sono stati vittime di antisemiti musulmani – e non hanno mai detto una parola a riguardo. Sembrano voler nascondere l'antisemitismo radicato nel Corano e negli Hadith, rafforzato negli anni Trenta dall'amicizia dei nazisti con il Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, sotto un odio musulmano nei confronti degli ebrei basato su una presunta avversione musulmana "legittima" verso i "crimini sionisti".

I leader politici francesi pare che si rifiutino di vedere anche un'altra forma di antisemitismo che è in aumento: l'antisemitismo di sinistra. Ed è proprio questo tipo di antisemitismo che utilizza la maschera dell'antisionismo per diffondere l'odio antiebraico.

I leader politici francesi non menzionano mai il modo in cui i media mainstream francesi parlano di Israele o le conseguenze di quegli articoli e reportage che descrivono costantemente – e falsamente – Israele come un Paese malvagio, i cui soldati quotidianamente uccidono con disprezzo gli arabi e i cui cittadini "occupano illegalmente" dei territori (nonostante gli ebrei siano lì da più di 3000 anni) che potrebbero appartenere a un altro popolo che privano crudelmente di tutto.

I leader politici francesi non criticano gli articoli e i reportage anti-israeliani: il modo in cui la maggior parte di loro parla di Israele è non meno anti-israeliano dei peggiori articoli anti-Israele. Lo stesso governo francese non fa di meglio. Quando gli ebrei israeliani vengono uccisi in un attacco terroristico, il governo francese pubblica una dichiarazione "condannando" l'attacco ed esortando Israele a "dare prova di moderazione" e ad evitare di "innescare un ciclo di violenza". Quando un attacco ha luogo nella parte orientale di Gerusalemme o in Cisgiordania, la dichiarazione aggiunge che "Gerusalemme Est" e la Cisgiordania sono "Territori palestinesi occupati illegalmente da Israele". È un modo per dire che gli ebrei non dovrebbero essere lì, che le vittime sono i colpevoli e che coloro che li attaccano avevano delle buone ragioni per farlo.

Il 12 novembre, quando il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato che le comunità ebraiche nei territori contesi non violano il diritto internazionale, il governo francese ha immediatamente emesso un comunicato affermando che "la politica israeliana di colonizzazione nei Territori palestinesi occupati è illegale ai sensi del diritto internazionale, in particolare, secondo il diritto internazionale umanitario".

Questa reazione è in linea con le posizioni assunte dal governo francese negli ultimi anni: quando il presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e ha trasferito lì l'ambasciata americana, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che il trasferimento è stato un "grave errore" e ha sottolineato che l'ambasciata francese sarebbe rimasta a Tel Aviv, la pseudo-capitale di Israele. Un comunicato ufficiale ha aggiunto che la Francia è "amica della Palestina" e appoggia "la creazione di uno Stato palestinese, con Gerusalemme come sua capitale". La Francia non riconosce Gerusalemme come parte del territorio di Israele: il consolato francese a Gerusalemme viene definito nei documenti ufficiali francesi come "il consolato francese a Gerusalemme"; il termine "Israele" è omesso. Quando i cittadini francesi residenti in Israele si recano alle urne, i voti di quelli che vivono a Gerusalemme vengono conteggiati separatamente dai voti di coloro che risiedono altrove in Israele.

L'Institut du Monde Arabe, finanziato dal governo francese e dai Paesi arabi, ha aperto i battenti nel cuore di Parigi, nel 1987: i convegni e le mostre lì organizzati sono spesso intrisi di odio anti-israeliano. Attualmente, a una mostra intitolata "AlUla, meraviglia dell'Arabia", i visitatori potevano vedere una carta geografica in cui l'intera terra di Israele era coperta dall'espressione "Territori palestinesi". In seguito alle proteste delle organizzazioni ebraiche, il termine Israele è stato finalmente aggiunto accanto all'espressione "Territori palestinesi".

Quasi tutti gli omicidi degli ebrei in Francia non sono stati commessi da antisemiti musulmani, ma per mano di musulmani che identificano ingiustamente gli ebrei francesi con "Israele, considerato come uno Stato criminale". Mohamed Merah, l'assassino degli alunni ebrei di Tolosa, ha detto a un poliziotto di aver ucciso i bambini ebrei perché "gli ebrei uccidono i bambini palestinesi" e che aveva visto "numerosi reportage trasmessi dalla televisione francese che mostravano ciò". Le sue parole non hanno indotto il governo francese a chiedere alle emittenti tv francesi di fare più attenzione per evitare tutto ciò che potrebbe essere considerato come un incitamento all'odio e all'omicidio.

Oggi, Meyer Habib è uno dei pochi parlamentari a denunciare l'antisemitismo, l'antisionismo, i pregiudizi anti-israeliani nei media francesi e le posizioni anti-israeliane del governo francese e di molti politici. Habib riceve spesso minacce di morte, pertanto, la sua famiglia e lui devono vivere sotto costante protezione della polizia. Egli rappresenta i cittadini francesi che vivono all'estero – in Israele, in Italia e in Turchia. Non poteva essere eletto in nessuna parte del territorio francese.

Habib ha inoltre dichiarato che la risoluzione del 3 dicembre è solo una risoluzione. Soltanto una minoranza di deputati ha votato a favore della proposta. L'unico motivo per cui è stata approvata è che molti parlamentari hanno deciso di astenersi. Diversi deputati hanno votato contro e hanno ribadito di essere orgogliosamente "antisionisti". Ad ogni modo, non essendo la risoluzione una legge, non avrà conseguenze.

I media francesi, i leader politici e il governo non cambieranno le loro posizioni ostili nei confronti di Israele. Nessun leader politico appoggia Meyer Habib od osa contraddire le dichiarazioni del governo francese riguardanti Israele, se non per dire che il governo francese è ancora troppo pro-Israele.

Mentre in Francia ha luogo un rapido cambiamento, i media del Paese, i leader politici e il governo si comportano di conseguenza. La popolazione ebraica francese diminuisce – costituisce lo 0,6 per cento della popolazione totale – e non ha alcun peso politico. La popolazione musulmana francese sta rapidamente crescendo – e rappresenta più del 12 per cento della popolazione complessiva del Paese. È diventato praticamente impossibile vincere un'elezione in Francia senza contare sul voto musulmano.

Le poche persone che ancora criticano l'Islam e l'antisemitismo musulmano in Francia vengono vessate impietosamente dalle organizzazioni islamiche e soprattutto vengono duramente condannate dai tribunali. Il 4 dicembre scorso, un procuratore ha chiesto alla Corte di condannare Christine Tasin, presidente del movimento anti-islamico, Résistance républicaine. Nel giugno del 2017, la Tasin scrisse un articolo in cui affermava: "Gli atti anti-musulmani di rabbia saranno inevitabili a breve o a medio termine in tutti i Paesi europei, compresa la Francia, che stanno subendo un'invasione musulmana" e "l'Islam può essere incompatibile con la civiltà occidentale". La Tasin è stata accusata dal Collectif contre l'islamophobie en France (CCIF) di incitamento al "terrorismo anti-musulmano". Il CCIF, è un'organizzazione creata dai musulmani di Francia, il ramo francese dei Fratelli Musulmani. Il procuratore ha dichiarato che l'accusa mossa dal CCIF era "perfettamente valida" e che la Tasin aveva "bisogno di una lezione". Potrebbe essere la prima persona in Francia a finire in prigione per il "reato" di "islamofobia".

Numerosi partecipanti alla manifestazione islamica e di sinistra contro "l'islamofobia", tenutasi a Parigi il 10 novembre, hanno scandito esplicitamente slogan antisionisti, come "Israele assassino" e "La Palestina vincerà". Diversi manifestanti portavano bandiere palestinesi e di Hamas. Al contrario, a una manifestazione inscenata una settimana dopo per denunciare il terrorismo islamico hanno partecipato meno di duemila persone.

Il 30 ottobre, a Parigi, quando il presidente Macron ha inaugurato il Centre européen du judaïsme, ha citato tutti gli ebrei uccisi di recente in Francia. Non ha però ricordato i nomi degli assassini. Si è limitato a denunciare la "bestia immonda", un'espressione coniata da Bertolt Brecht e ora utilizzata spesso in Francia per incriminare i simpatizzanti nazisti. Ha menzionato le minacce poste da "coloro che vogliono seminare l'odio e la divisione" e ha espresso il suo sostegno ai musulmani feriti in un fallito attentato alla moschea di Bayonne, nel sud-ovest della Francia. Ha parlato positivamente di un'epoca in cui gran parte della Spagna era musulmana, e ha affermato che lì, in Andalusia, "gli ebrei, nonostante il loro status di dhimmi, svilupparono una cultura straordinaria".

La saggista Barbara Lefebvre ha ravvisato in queste parole una forma di necrologio degli ebrei – un'accettazione della dhimmitudine [essere governati sotto l'Islam come cittadini "tollerati" di terza classe, talvolta pagando un'imposta "di protezione"] e della sottomissione che ne deriva. Ha scritto che "evocare la peste bruna e le ore buie della nostra storia per ricordare che la minaccia cui sono esposti gli ebrei che vivono in Francia è un insulto storico, commemorativo e politico", e che il discorso di Macron ha spianato la strada alla condanna degli ebrei francesi a " lasciare il Paese o a chiudersi in una bolla comunitaria, come i dhimmi nella terra dell'Islam".

In Europa, la Francia non fa eccezione. L'antisemitismo sta avanzando in tutto il continente, e spesso assume una colorazione mediorientale. Tuttavia, le autorità parlano solo dell'"antisemitismo di destra".

In Germania, l'Ufficio federale della Protezione della Costituzione ha condotto uno studio che analizza gli attacchi musulmani perpetrati nel Paese, nel 2017, contro gli ebrei – ma ha esplicitamente rifiutato di dire che questi attacchi erano antisemiti, per attribuirli piuttosto alle "convinzioni culturali e religiose che gli immigrati musulmani portano con loro" in Germania.

Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha aggiunto, come se fosse una scusa, che i musulmani che arrivano in Germania "provengono da Paesi in cui i potenti incitano all'odio nei confronti degli ebrei e di Israele". Uno studio condotto nel Regno Unito dall'Institute for Jewish Policy Research ha mostrato che l'antisemitismo è molto più diffuso tra i musulmani britannici che fra gli altri cittadini del Paese – ma lo studio è stato segnalato solo sulla stampa ebraica britannica.

L'antisemitismo di sinistra è presente in tutta Europa. I suoi adepti, come in Francia, fanno del loro meglio per nascondere e proteggere l'antisemitismo mediorientale.

Nel Regno Unito, gli antisemiti sono entrati nel Partito Laburista attraverso la Sinistra. Il leader del Labour Party, Jeremy Corbyn, è stato di recente accusato dal rabbino capo britannico Ephraim Mirvis di "razzismo antiebraico".

Anche la maggior parte dei più importanti media europei è anti-israeliana, come i grandi media francesi. A luglio, Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, ha dichiarato che un articolo pubblicato dalla rivista Spiegel ha utilizzato dei "cliché antisemiti" per diffamare Israele. E questo non è l'unico articolo del suo genere nella stampa tedesca. Shuli Davidovich, addetto stampa dell'ambasciata di Israele a Londra, affermava una decina di anni fa:

"Senza dubbio, alcuni giornali non attribuiscono mai alcun credito a Israele (...) per alcune persone, soprattutto in quotidiani come il Guardian, il volto umano degli israeliani non esiste. Quando si tratta di Israele, è sempre l'elmetto, il fucile, l'aggressore, l'occupante".

Oggi, non è cambiato nulla. Il Guardian pubblica spesso articoli a sostegno del boicottaggio economico e culturale di Israele. L'analista Manfred Gerstenfeld ha notato la crescente abbondanza di vignette antisemite che ora accompagnano gli articoli anti-israeliani pubblicati dalla stampa europea. Tali vignette, egli ha rilevato, abbondano in Norvegia, un Paese dove vivono soltanto 700 ebrei. Molte caricature norvegesi, ha spiegato Gerstenfeld, raffigurano gli ebrei come "parassiti", esattamente come avviene nella stampa dei Paesi musulmani.

La maggior parte dei leader politici europei è ostile a Israele come lo sono i leader politici francesi. L'Unione Europea difende ostinatamente l'idea che Israele debba tornare alla linea armistiziale del 1949, spesso definita come "i confini del 1967". L'UE afferma che Israele occupa illegalmente "i Territori palestinesi". Ogni volta che Federica Mogherini, vicepresidente della Commissione europea fino a novembre scorso, parla del Medio Oriente, definisce Israele una "potenza occupante". Il suo successore, Josep Borrell, si esprime a favore del riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese da parte dell'Unione Europea. "L'Iran vuole spazzare via Israele;" egli ha dichiarato, "non c'è nulla di nuovo in questo. Dobbiamo conviverci". Nove dei 28 Stati membri dell'Unione Europea – Svezia, Cipro, Malta, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Romania – riconoscono uno "Stato di Palestina", ma ignorano il fatto che l'Autorità Palestinese non ha mai rinunciato al proprio piano di annientare Israele e prendere il suo posto, e non ha mai smesso di compiere atti di terrorismo.

La trasformazione demografica che ha luogo in Francia si registra altresì in tutta l'Europa occidentale e la crescente sottomissione all'Islam viene silenziosamente accettata quasi ovunque dalle autorità di governo. I partiti politici contrari all'islamizzazione sono spinti ai margini. Alcuni leader dell'Europa centrale – il primo ministro ungherese Viktor Orbán, il premier polacco Mateusz Morawiecki e il presidente della Repubblica Ceca, Miloš Zeman – sono gli unici a rifiutare esplicitamente l'islamizzazione dei loro Paesi e ad adottare delle misure per frenare l'immigrazione musulmana. Costoro vengono spesso condannati dai leader dell'Europa occidentale che vogliono costringerli ad accogliere migliaia di immigrati.

I report mostrano, senza sorprese, che l'aumento del numero di immigrati musulmani ha portato a una forte crescita dell'antisemitismo.

Nel 2018, l'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali ha condotto un sondaggio sugli ebrei di 12 Paesi europei in cui si registra la maggiore presenza ebraica. I dati raccolti hanno mostrato che "il 28 per cento degli intervistati ha subìto qualche forma di molestia perché ebreo"; "il 47 per cento teme di subire insulti o molestie antisemite e il 40 per cento si preoccupa delle aggressioni fisiche"; "negli ultimi cinque anni, il 38 per cento ha considerato l'idea di emigrare per motivi di sicurezza".

Un altro studio, condotto nel 2011 dall'Università di Bielefeld, in Germania, ha mostrato che il 40 per cento degli europei adulti era d'accordo con questa affermazione: "Israele si comporta con i palestinesi come i nazisti con gli ebrei".

In un articolo titolato "Judenrein Europe", il commentatore politico americano Joel Kotkin ha scritto che tutti i dati disponibili mostrano che l'odio anti-ebraico e i pregiudizi anti-israeliani continueranno a diffondersi in tutta Europa e che ciò potrebbe significare la fine della presenza ebraica nel continente:

"Per millenni, dopo la distruzione del Secondo Tempio e l'inizio della diaspora, l'Europa ha ospitato la maggior parte degli ebrei del mondo. Questo capitolo della storia è chiuso. Gli ebrei continuano a fuggire dal continente e alla fine del secolo tutto ciò che resterà della loro presenza saranno i cimiteri ebraici".

Guy Millière, insegna all'Università di Parigi ed è autore di 27 libri sulla Francia e l'Europa.
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Messaggioda Berto » dom gen 12, 2020 10:38 pm

PATRIOTI
Niram Ferretti
12 gennaio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

L'erede al trono che non ci fu mai di Bettino Craxi, a cui recentemente Gianni Amelio ha dedicato un film e Marcello Veneziani articoli sperticatamente apologetici, Bobo Craxi, ha dichiarato che Abu Abbas, fondatore del gruppo Fronte Della Liberazione per la Palestina, era un "patriota".

Buon sangue non mente, in quanto, il di lui augusto padre, nei giorni della crisi di Sigonella, arrivò a paragonare Yasser Arafat a Mazzini, dopo averlo fatto entrare tempo prima in parlamento con cinturone e pistola. Il patriota Yasser.

Se Arafat era Mazzini, Abu Abbas forse era Gioberti o Cattaneo. Non è dato saperlo.

Quello che è dato sapere è che Abu Abbas fu responsabile del dirottamento dell'Achille Lauro, sulla quale venne assassinato dai miliziani arabi palestinesi alle sue dipendenze, il turista ebreo disabile Leon Klinghoffer. Lo ammazzarono a sangue freddo e poi lo gettarono in mare.

In virtù dei fatti dell'Achille Lauro si venne a creare una crisi senza precedenti tra gli USA e l'Italia, quando l'aereo che grazie all'attivismo di Craxi pater avrebbe dovuto portare in salvo a Tunisi i quattro dirottatori dell'Achille Lauro insieme ad Abbas venne fatto atterrare a forza nella base NATO di Sigonella, dove i militari statunitensi della Delta Force pretesero la consegna dei terroristi. Bettino Craxi si impose su Ronald Reagan convincendo il presidente USA che i dirottatori sarebbero stati presi in carico dai militari italiani e giudicati in Italia, in quanto Sigonella era territorio italiano. E fin qui ci siamo. Reagan acconsentì.

Come è andata è noto. Il patriota Abu Abbas riusci, in virtù della protezione italiana e della vigorosa difesa delle prerogative nazionali (Ah Benito!, cioè Bettino!), a fuggire in Jugoslavia e da lì si rifugiò in Iraq dove lo accolse a braccia aperte Saddam Hussein.

Stupendo. Il patriota Abbas consegnato al patriota Hussein.

Quanti patrioti. Non si può evitare qui un accenno all'ultimo della serie, il "patriota" sciita Soleimani, anche se lui, effettivamente, con Craxi pater et filius c'entra poco.


Antonio Eduardo Favale
lo dico senza esitazioni e da socialista convinto: l'Errore più grande di Craxi fu l'avere rifiutato le chiarissime origini ebraiche del Socialismo Storico - che conducono dritti al moderno Stato di Israele, e che partono proprio dal netto rifiuto, da parte del Popolo Ebraico, di sottomettersi ad alcun potere terreno (fin dai tempi più remoti) poichè l'unico Signore di Israele è D-O il Creatore.

Questo principio trascendente, attraverso la Rivelazione, è alla base di tutta la costruzione storica dell'attuale socialismo, è parte integrante del Sionismo (e quindi di tutta l'esperienza comunitaria del moderno Stato di Israele), e non ha nulla a che vedere con i sentimenti pan-arabisti e filo-islamisti delle socialdemocrazie moderne nei confronti delle guerre anti-israeliane, foraggiate sostanzialmente dall'Unione Sovietica finchè è vissuta, e dopo di che dai post comunisti.

Fu l'errore spirituale e politico che ne pregiudicò il corso, e a cui non tutti i Socialisti (affatto) intesero dar ragione. Molti dei vertici anche dell'allora partito furono e sono tuttora chiaramente filo-semiti, quando non semiti essi stessi per primi. Le origini del primo socialismo italiano nazionale, non da ultimo, sono chiaramente espressione della Matrice Ebraica.
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Messaggioda Berto » mar gen 21, 2020 7:38 pm

BOBO CRAXI: POCHE IDEE MA DECISAMENTE CONFUSE

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Non si finisce mai di imparare: oggi scopriamo grazie a Bobo Craxi che il terrorista palestinese Abu Abbas era un "patriota" così come lo era Yasser Arafat .

Se dirottare una nave da crociera, uccidere un disabile su sedia a rotelle solo perchè ebreo, buttare a mare il suo corpo, lasciare una scia di sangue sulla chiglia della nave come avvertimento agli altri ostaggi per poi godere della protezione di Bettino Craxi per sfuggire alla giustizia italiana ed internazionale da Sigonella e rifugiarsi in Jugoslavia, da dove poi potè proseguire la sua attività terroristica agendo dalla Libia di Gheddafi all'Iraq di Saddam Hussein (dove morì), significa essere un patriota....beh, non ci siamo proprio.

Abu Abbas era un terrorista, nient'altro che un terrorista, con le mani sporche di sangue e centinaia (se non di più) di morti sulla propria coscienza. Esattamente come Yasser Arafat.

La propaganda può far molto è vero, ma non può cambiare la storia. Con buona pace del signor Bobo Craxi e dei suoi seguaci.

Piccola nota storica: Abu Abbas il 12 Ottobre 1985 fece una prima tappa a Belgrado nella ex Jugoslavia dove secondo alcune voci erano presenti dei campi di addestramento in cui passarono anche terroristi neri italiani. Sempre da Belgrado alcuni mesi più tardi transitarono i terroristi palestinesi (ça va sans dire...) responsabili dell'attentato del 27 Dicembre 1985 all'aeroporto internazionale di Fiumicino (Grazie a Giordana per la segnalazione).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e cristiano)

Messaggioda Berto » mar gen 21, 2020 7:39 pm

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/01/2020, a pag.II, con il titolo "Bruckner: 'Le difese immunitarie della Francia stanno cedendo, l'islamismo vince' ", l'articolo tratto dal Figaro.
Pascal Bruckner
13/01/2020
Informazione Corretta

http://www.informazionecorretta.com/mai ... A.facebook

Nonostante la spettacolare manifestazione in reazione all'attentato contro Charlie Hebdo dell'11 gennaio 2015, la società francese ha interiorizzato i divieti che l'islamismo voleva imporle, secondo il filosofo e scrittore Pascal Bruckner. Le Figaro - Cinque anni dopo l'attentato di Charlie Hebdo come giudica il rapporto di forza tra la République e l'islamismo? Nel complesso, siamo usciti dalla negazione della realtà? Pascal Bruckner - Ho piuttosto l'impressione che le nostre difese immunitarie siano crollate e che l'islamismo stia vincendo. Le sue principali rivendicazioni sono state soddisfatte: più nessuno osa pubblicare caricature di Maometto. Il "correttismo politico" richiede di sorvegliare il nostro linguaggio con una rinnovata precauzione. Prevale l'autocensura. L'antirazzismo è più che mai l'alibi della negazione della realtà. L'11 gennaio 2015 è andato in scena l'ultimo atto di resistenza: poco a poco sono tornati i pudori. Le grandi scuole e le università sono infiltrate dagli indigenisti e dai decolonialisti. Le espressioni di odio vengono dirette contro quelli che resistono all'oscurantismo e non contro quest'ultimo.

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Per non parlare della psichiatrizzazione del terrorismo per scagionare meglio l'islam: "Allah Akbar" è diventato, a detta degli specialisti, il grido di battaglia di tutti gli schizofrenici e di tutti i bipolari col coltello. Ora, ogni volta che un folle di Dio commette un assassinio, come è accaduto alla prefettura di polizia di Parigi lo scorso ottobre, viene organizzata una grande manifestazione contro l'islamofobia. Perché la "comunità musulmana" si sente umiliata! Si possono dire meno cose rispetto a cinque anni fa? Ci si è abituati all'intollerabile. Se agli inizi degli anni Duemila ci avessero detto che una ventina di vignettisti e intellettuali francesi avrebbe dovuto vivere sotto scorta, nessuno ci avrebbe creduto. La soglia di sottomissione è aumentata. Ogni mese vengo insultato per strada, apostrofato con ogni sorta di epiteto offensivo e mi viene chiesto: "Quanti ebrei ti hanno pagato?". Nel 2019, un editore britannico ha stracciato uno dei miei contratti in ragione delle mie opinioni sull'islam radicale. Non ero mai stato oggetto di una tale censura. Secondo lei la sinistra ha preso coscienza della posta in gioco? Assistiamo all'estensione del dominio dell'islamosfera a sinistra, in particolare nella France insoumise (il partito della sinistra radicale, ndr). La traiettoria di Jean-Luc Mélenchon è significativa: dall'elogio funebre di Charb, è passato alla difesa dell'antisemitismo di Corbyn (...). Sono state fatte molte cose nel campo della sicurezza La questione più profonda, quella del modello di civiltà, è stata affrontata in maniera adeguata? La guerra contro il terrorismo è allo stesso tempo una necessità e un'illusione. Mentre affrontiamo i jihadisti, i salafiti muovono le loro pedine, impongono le loro visioni e i loro costumi, moltiplicano le provocazioni, disgregano l'islam moderato. Le due armi del Terrore e della Predicazione vanno di pari passo perseguendo lo stesso obiettivo: la reislamizzazione della umma, e in seguito quella dell'Europa. Come disse il mentore dei Fratelli musulmani, Yusuf al-Qaradawi, "la conquista non avverrà con la spada, ma con il proselitismo e l'ideologia". Terrorismo e integralismo sono fratelli gemelli che hanno lo stesso obiettivo: instaurare una contro-società nelle nostre periferie. Quando è uscito il libro di Houellebecq, "Sottomissione", nel gennaio 2015, Emmanuel Carrère ha scritto un bell'articolo di elogio, ma ha sostenuto una tesi che non condivido: a suo avviso, così come il mondo romano ha ceduto dinanzi alla rivelazione cristiana, il nostro mondo occidentale moderno finirà per soccombere alle attrattive della civiltà islamica. Non è impossibile, ha scritto, che "l'islam sia più o meno nel lungo periodo non il disastro, ma il futuro dell'Europa, allo stesso modo in cui il giudeo-cristianesimo è stato il futuro dell'Antichità". Temo che si sbagli: l'islam che si diffonde oggi non è più quella grande civiltà che suscitava l'ammirazione di Voltaire, Montesquieu e Bonaparte in Egitto. E' una religione malata, come diceva il tunisino Abdelwahab Meddeb, una fede in agonia, come si spingerà a scrivere il poeta siriano Adonis. L'islamismo agisce con la ferocia di una bestia ferita che vuole imporre la sua patologia al mondo intero. I suoi primi nemici sono i musulmani moderati. Non è vero dunque che gli attentati del 2015 hanno agito come un ago risvegliando le nostre coscienze occidentali? Per alcuni mesi, nel 2015-2016, abbiamo visto apparire bandiere francesi alla finestra. Ma rapidamente, l'odio di sé, caratteristico della nostra epoca, ha preso il sopravvento. L'America ha commesso errori enormi in reazione al terrorismo, ma ha il patriottismo e la religione. Noi abbiamo soltanto il debole riparo della laicità per resistere al fanatismo. Penso tuttavia che la Francia sia il solo paese che offre ai musulmani la possibilità di emanciparsi dalla loro tradizione, il diritto di credere o non credere, di vivere con una certa indifferenza religiosa. Il comunitarismo può essere il terreno fertile di una radicalità guerriera. Nel nostro paese, si sviluppa in maniera inquietante. Cosa fare per riconquistare i territori perduti? Si è troppo ossessionati dai simboli come il velo e le uscite scolastiche, si opprimono troppo i musulmani e non abbastanza gli islamisti. Bisogna lavorare per distinguere i primi dai secondi. Invece di moltiplicare i discorsi marziali, i politici dovrebbero utilizzare la tattica della taqiya (la dissimulazione) dei salafiti: parlare meno e fare di più. Chiudere le moschee radicali, espellere gli imam che predicano odio, dissolvere alcune associazioni indigeniste e comunitariste. E perché non vietare i Fratelli musulmani, diffusori del jihadismo? Il ministero del verbo e della trasparenza sono le due piaghe della République: per smantellare le strutture salafite vicine ai Fratelli musulmani, la discrezione è la migliore garanzia di efficacia. I nostri pudori democratici ci paralizzano.

(Traduzione di Mauro Zanon)
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