Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2020 4:46 am

Dare del fascista e del razzista a sproposito per demonizzare, squalificare, screditare il prossimo, specialmente se di destra è operazione menzognera e criminale delle sinistre demenziali, totalitarie e antidemocratiche che queste sì sono il male assoluto.



L'illimitata coperta del fascismo
18 dicembre 2020

http://www.linformale.eu/lillimitata-co ... -fascismo/

Ieri sera era in programma, su piattaforma digitale come impongono le regole di distanziamento sociale, un incontro sul tema “Shoah, identità e universalità”. L’evento è stato organizzato dell’Associazione Sionistica Piemontese nella persona del suo presidente Emanuel Segre Amar. Al moderatore scelto per l’occasione, Davide Cavaliere, era stato dato il compito di introdurre e moderare gli interventi dei quattro relatori scelti per l’incontro: Anna Foa, Niram Ferretti, Vittorio Robiati Bendaud e Gabriele Nissim.

Una prima sorpresa si è avuta quando è stato comunicato che uno dei relatori, Gabriele Nissim, non sarebbe intervenuto per un “leggero malore” (sono le parole utilizzate da Anna Foa) cosa che ha colto di sorpresa anche gli organizzatori che non erano stati informati dell’impedimento del relatore.

Dopo che sono stati fatti i saluti di rito, il moderatore ha dato subito la parola ad Anna Foa per entrare in merito al tema della serata. E qui si è avuta la vera sorpresa della serata: la relatrice ha esordito dicendo “che il suo intervento sarebbe durato solo pochi minuti perché non se la sentiva di parlare in un dibattito con dei conclamati fascisti”, ovvero Niram Ferretti e Davide Cavaliere.

Le motivazioni addotte per accusare di “fascismo” Davide Cavaliere sono state delle frasi estrapolate da un suo post Facebook, che subito dopo l’autore ha definito fuori contesto e prese a casaccio. Mentre l’accusa di “fascismo” rivolta a Niram Ferretti è stata quella che in un suo post scritto sulla sua pagina sempre di Facebook, un utente avesse lasciato un commento sessista rivoltole senza che Ferretti avesse provveduto a cancellarlo o a scrivere una risposta adeguata. Niram Ferretti ha risposto che non ha la possibilità di verificare i numerosi commenti che accompagnano i suoi molteplici post. Non c’è stato un contradditorio perché la professoressa Foa ha immediatamente lasciato il collegamento senza consentire alcuna replica.

Ora, qui non si vuole entrare in merito al caso specifico, che saranno i soggetti in questione a dirimere nelle opportune sedi, ma si vuole fare un commento generale sul dove la dialettica politica è giunta.

E già da numerosi anni che una parte politica (l’auto proclamata “sinistra progressista”), in entrambe le sponde dell’oceano, ha smesso di utilizzare la dialettica politica per sostenere le proprie tesi in un dibattito aperto, franco che può essere anche duro ma sempre nell’alveo del dibattito civile dove l’ascoltatore o il lettore può formarsi un’opinione e stare da una parte o dall’altra. Cioè un dibattito dove le idee, i pensieri e i principi sono al centro del dibattito e vengono espressi e sostenuti con contenuti, ragionamenti e riflessioni.

Oggi tutto questo è sempre più raro, anzi, è sempre più frequente assistere a commenti o a scritti dove l’interlocutore non è più tale ma diventa nel migliore dei casi un “avversario”, nel peggiore un “fascista” e di conseguenza lo si delegittima ancora prima che possa esprimere la propria opinione.

Il termine “fascista”, ormai, non ha più il suo vero e storico significato ma è diventato un “arnese”, uno “strumento” per etichettare e per non dare valore all’interlocutore se non proprio per squalificarlo. Non ci si rende più conto che il vero significato di questo termine, così inflazionato, ne perde la sua portata a favore di una sua banalizzazione che ne fa scomparire il senso. In pratica è diventato solo un modo di offendere.

La stessa dinamica si è riscontrata con il termine “resistenza”. Il quale è spesso e volentieri utilizzato a sproposito. In ambito politico è ormai una prassi utilizzarlo, ma anche in ambito culturale è sempre più in voga. Oggi, dopo una qualsiasi tornata elettorale, da quella locale a quella nazionale, la compagine sconfitta non fa più “opposizione” come prevede la dialettica politica democratica, ma “resistenza”. Cioè di fatto non si riconosce legittimità al vincitore ma lo si demonizza e gli si promette una “battaglia” senza quartiere. Questo cambiamento lessicale è ormai passato senza destare clamore e biasimo.

Si tratta di una forma dialettica che si è sviluppata ed è cresciuta negli USA a partire dal 2000 con la sconfitta del candidato democratico Al Gore ad opera di George W. Bush. Ed è stata utilizzata da molti rappresentanti democratici e amplificata (e non condannata) dai media liberal. Da allora si è ripetuta e si è radicata ad ogni tornata elettorale per raggiungere il suo culmine nel 2016 con la vittoria di Donald Trump e per essere superata alle ultime elezioni.

Questo modo di intendere il dibattito ha, come si è visto, lambito anche un tema così importante, per i suoi contenuti e per le sue riflessioni, come la Shoah. Mala tempora currunt sed peiora parantur.




FASCISTI E ANTIFASCISTI
Niram Ferretti
19 dicembre 2020

Pubblico il commento di Davide Cavaliere riferito al post in base al quale la professoressa Anna Foa, dalle ineccepibili credenziali antifasciste, lo ha accusato, insieme a me, (per motivi che renderà noti nelle debite sedi), di essere "un fascista conclamato".
Dobbiamo ringraziare sempre, chi, come la professoressa Foa, è vigilantemente a presidio della tenuta della nostra democrazia e sa con ferma determinazione indicare i suoi nemici, tutti, ovviamente a destra. Da Junio Valerio Borghese a Pietro Valpreda, da Francesca Mambro a Valerio Fioravanti, a Davide Cavaliere.
In data sei novembre, sul mio profilo Facebook, scrissi un post dal tono provocatorio e iperbolico:
"Sono convinto che dal totalitarismo 'morbido' posto in essere dai progressisti non si esca con gli strumenti della democrazia liberale.
Ci vorrebbe un colpo di mano come quello di Franco nel 1936 o di Pinochet nel 1973.
Ai tempi, furono i militari a ripulire le spelonche socialiste, ma oggi su chi possiamo contare?"
Quel giorno era scattata la nuova "zona rossa" in Piemonte, dove vivo, che per un mese avrebbe costretto tutti dentro casa e limitato anche gli spostamenti nel proprio comune.
Adirato per il fatto, che giudicavo lesivo delle libertà individuali e che nel post definisco "totalitarismo morbido", evocavo il colpo di stato e i fantasmi di Franco e Pinochet. Fu una reazione spontanea, uno sfogo e come tale deve essere considerato.
Nei miei articoli seri, come in altri post, ho sempre espresso posizioni antifasciste. In quanto liberale di destra non posso che avere orrore di apparati statali liberticidi come quelli posti in essere dai due dittatori né posso augurarmi davvero la sovversione armata dei regimi democratici.
Dunque, usare quel post per accusare lo scrivente di fascismo significa compiere una generalizzazione arbitraria e scambiare una parte per il tutto.
Il contenuto del suddetto post va collocato in un contesto particolare, politico ed emotivo, e non dovrebbe in alcun modo diventare strumento per accusarmi di simpatie autoritarie. Citare Franco e Pinochet non fa del sottoscritto un fascista. Non stavo scrivendo un articolo né un saggio, dunque mi sono abbandonato a una provocazione caustica. Essa non riflette alcun pensiero politico.
Mi dispiace se qualcuno, leggendolo, se ne sia risentito, mi dispiace ancora di più il mondo in cui è stato impiegato.
Davide Cavaliere



ABAT-JOUR
Oggi, su "Moked", Anna Foa ci spiega quale sia il confine del dialogo. Il titolo del suo breve intervento è appunto questo. Il CONFINE DEL DIALOGO.
Niram Ferretti
21 dicembre 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Dopo averci spiegato che esistono varie categorie di ebrei (e noi che pensavamo che gli ebrei facessero eccezione nel genere umano...), ci dice che ve ne sono di quelli (senza fare i nomi...) che danno il loro appoggio a chi "sostiene il rifiuto della democrazia liberale" (perbacco!), e ai "regimi autoritari" (quali?, quello iraniano, coreano, cinese, russo, venezuelano, turco?), no, non scherziamo, la Foa pensa ai regimi autoritari che "ancora son ben presenti fin in Europa". Giustamente, vivendo in Europa, pensa ad essa. Ma, a chi precisamente, pensa? Forse al feroce autoritarismo ungherese? (e dovrebbe chiedersi come mai gli ebrei ungheresi non lasciano in massa il paese. Che siano impediti a farlo, o sono forse solidali con il regime?), o al feroce autoritarismo polacco? Forse entrambi.
Non parliamo poi della vicinanza di questi ebrei a "una destra vicinissima a posizioni antisemite". Quale? Non pervenuto.
Poco importa. Il pezzo fa della genercità il proprio topos principale. Quello che importa, l'unica cosa davvero di sostanza, se vi sembra poco, è che con costoro non può esservi dialogo, ovvero con "chi in vari modi" (quali?) rifiuta la democrazia.
Ora sappiamo tutto quello che c'è da sapere. Possiamo spegnere la luce.



Non posso nemmeno lontanamente immaginare di far concorrenza allo splendido post che Niram Ferretti
ha pubblicato a commento dell’articolo che la storica Anna Foa pubblica ogni settimana su Moked, il quotidiano dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Leggetelo, perché ne vale la pena.
Emanuel Segre Amar
22 dcembre 2020

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 6286436459

Ma desidero qui riportare le frasi conclusive di questo articolo (e scusate il ritardo di questo mio post, ma non sono un lettore fedele di Moked): “Ma che oggi alcuni sostengano, o appoggino chi sostiene, il rifiuto della democrazia liberale, i regimi autoritari che ancora sono ben presenti fin in Europa, e una destra estrema vicinissima a formulazioni antisemite, con la scusa di preferire gli ebrei vivi a quelli morti (e in questo caso i morti sono la nostra storia e i nostri sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo): beh, questo lo considero paradossale e inaccettabile. Se non fosse bastata la lezione delle leggi razziste, c’è comunque quella delle leggi di Verona della Repubblica di Salò, con cui i militi repubblichini hanno dato la caccia agli ebrei per consegnarli alla deportazione. Penso che in quel punto stia il confine che rende impossibile ogni dialogo fra chi sostiene la democrazia e chi, in vari modi, la rifiuta.”
A parte il fatto che la nota storica in questo capoverso mescola molti argomenti del tutto distinti tra di loro, beh, sapete che vi dico? Anche se una mia nonna è finita nelle camere a gas appena giunta ad Auschwitz, a parte il fatto che mi è stato sempre insegnato che “i paragoni sono odiosi”, io oggi cerco di difendere proprio gli ebrei vivi; per quelli morti ritengo che la nostra tradizione ci raccomandi la memoria. Dobbiamo sempre fare in modo tutti che non si aggiungano altre memorie, oltre quelle tragiche della nostra storia.
Quanto alla impossibilità di dialogare, altro argomento infilato nello stesso capoverso dalla storica Anna Foa, beh, tanto per cambiare la penso diversamente da lei: io sono aperto al confronto con chiunque, perché solo col confronto si può cercare un avvicinamento tra posizioni distanti.
Ma, a leggere con attenzione le parole della nostra storica, se “è impossibile ogni dialogo fra chi sostiene la democrazia e chi, in vari modi, la rifiuta”, ciò significa che per Anna Foa non è possibile dialogare con personaggi con Abu Mazen che la democrazia, come è ben noto, la rifiuta.
Ottimo, Anna, ho trovato finalmente un punto di intesa con te.



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https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » lun feb 15, 2021 8:34 pm

???

Scrittore ebreo Marek Halter aggredito nella sua casa a Parigi
Giulia Belardelli
14/02/2021

https://www.huffingtonpost.it/entry/scr ... e_facebook

Lo scrittore ebreo Marek Halter è stato aggredito nella sua casa a Parigi la notte fra venerdì e sabato da due uomini con il passamontagna, che non hanno rubato nulla ma lo hanno colpito e gli hanno intimato di non gridare. Lo ha raccontato lui stesso a Le Figaro, precisando che i due uomini “non hanno rubato nulla”, lasciando anche sul tavolo la sua carta di credito “per mostrare che non era quella che li interessava”.

“Volevano spaventarmi, avvertirmi”, ha detto lo scrittore, che ha presentato una denuncia alla polizia.

“Mi ero appisolato sulla sedia, controllando il mio libro (“Un mondo senza profeti”, in uscita il 4 marzo, ndr), quando ho percepito una presenza e ho visto un uomo incappucciato sopra di me, e un altro sulla porta”, ha raccontato al quotidiano francese aggiungendo che “entrambi indossavano guanti neri e mi sembravano professionisti, agili”. Lo scrittore ha poi riferito che uno dei due uomini “mi ha preso a calci un paio di volte, lasciandomi con lividi e alcune ferite” dicendo poi “se gridi, sei morto”.

L’intellettuale ha subito diverse aggressioni nella sua vita. “Normalmente, vengono dette parole antisemite o razziste, ma in questo caso niente, come se volessero avvertirmi”. Per Halter, l’uscita del suo prossimo libro “Un monde sans prophètes” nel quale attacca “l’intellighenzia religiosa” non sarebbe estraneo a questa aggressione. Anche se del libro i due aggressori non hanno fatto parola, tiene a precisare. L’Imam di Drancy, Hassen Chalghoumi, ha scritto un tweet di appoggio a Halter.




A proposito di Marek Halter
Davide Cavaliere
16 Febbraio 2021

http://www.linformale.eu/a-proposito-di-marek-halter/

Nella notte fra venerdì e sabato, lo scrittore ebreo Marek Halter è stato aggredito nella sua abitazione privata a Parigi in circostanze da chiarire. Come uomo anziano vittima di violenza merita piena solidarietà, ma questo increscioso episodio non deve impedirci di criticare l’intellettuale e le sue iniziative.

Halter, nato in Polonia nel 1936, ha costruito la sua carriera a partire dalla sua esperienza di rifugiato ebreo in Unione Sovietica e, poi, in Francia. Come hanno fatto notare due settimanali – Le Point e Le Nouvel Observateur – la sua autobiografia è colma di anacronismi e contraddizioni, arricchita di eventi eroici e memorabili ma mai avvenuti. Persino lo scamiciato della filosofia francese, Bernard-Henri Lévy, del quale è amico, smentisce la sua versione epica della loro esperienza comune in Afghanistan negli anni Ottanta.

Halter si è imposto al grande pubblico con i suoi libri sulla storia del popolo ebraico e col suo sfrenato attivismo sociale e politico. È tra i fondatori del movimento SOS Racisme, la famosa e controversa associazione “antirazzista” che tentò di portare in tribunale Oriana Fallaci per il suo pamphlet sull’Islam e che ha denunciato il polemista Eric Zemmour e lo storico Georges Bensoussan. In merito alla prassi intimidatoria di SOS Racisme, Halter ha sempre preso le difese dell’organizzazione che ha contribuito a fondare. Per lo studioso Pierre-André Taguieff, lo scrittore polacco è uno dei principali responsabili dell’abuso del termine “razzista”, trasformato in vero e proprio marchio d’infamia con cui bollare ed escludere i propri avversari politici.

Le posizioni di Halter su Israele sono, al pari di quelle di SOS Racisme, un concentrato di retorica pacifista. Il suddetto si attribuisce anche la paternità dei disastrosi Accordi di Oslo del 1993. In una intervista rilasciata a Euronews nel 2019 affermava: “Quando ho visto Arafat per la prima volta non c’erano problemi, abbiamo parlato, lui non capiva molto bene il mio personaggio: un ebreo pro-Israele che viene a cercarlo dopo che ho convinto Shimon Peres a incontrarlo. L’ho chiamato, gli ho detto: ‘Yasser, Shimon Peres vuole incontrarti a casa mia a Parigi’. Lui rispose: ‘Pensi che sia ragionevole?’. E io gli dissi: ‘Nessuno lo saprà, sarà a casa mia’. Ed è così che iniziò la trattativa che ha portato agli Accordi di Oslo”. Verità o finzione? Non lo sapremo mai visto che i protagonisti dell’aneddoto sono defunti.

Halter si era preso una cotta per Arafat – il terrorista a capo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, generosamente creata coi rubli del totalitarismo sovietico -, al punto di andare a incontrarlo a Ramallah, nel 2002, in piena Seconda intifada, il più sanguinoso periodo di terrorismo arabo all’interno dello Stato ebraico.

Come difensore dei diritti umani ha delle simpatie piuttosto discutibili, non solo quella per Arafat, ma anche quella per Vladimir Putin. In un’intervista a La Repubblica nel 2014, Halter dichiarava: “Non sono le sanzioni economiche che cambieranno qualcosa. Anzi, servono solo a coalizzare tutta la popolazione russa intorno a Putin. Da quando è cominciata la crisi in Ucraina è esattamente quello che è successo. È l’America e la Nato che cercano di spingerci in una guerra contro Mosca. Dovremmo invece tendere la mano a Putin”.

Insomma, ripete quello che già in molti hanno sostenuto, a cominciare dallo stalinista Oliver Stone, cioè che l’insurrezione ucraina contro l’aggressione russa sarebbe indotta dal Moloch di tutti i “pacifisti”, ovvero gli Stati Uniti.

Mitomane, fiancheggiatore dell’estrema sinistra “antirazzista”, amico di Arafat, vicino ad ambienti antisionisti, filorusso, Halter non sembra una figura raccomandabile. Eppure, a seguito dell’esecrabile aggressione da lui subita, molti lo hanno dipinto come un intellettuale illuminato, illuminista e tutto dedito alla “Pace” e al “Dialogo” – cioè ai metavalori di una sinistra da salotto in via di decomposizione. Lo scrittore francese di origine polacca appare più come il concentrato di opinioni raffazzonate e molto discutibili.
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razzisti

Messaggioda Berto » mar feb 16, 2021 10:00 pm

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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » mer feb 24, 2021 10:57 pm

Vittorio Arrigoni l'internazi comunista, antisemita e antisraeliano, filo nazi maomettano palestinese e da questi ucciso, viene fatto passare come "giusto" da dei demenziali ebrei di sinistra.



IDENTITARI E IDENTITARI
Niram Ferretti
15 febbraio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Apprendiamo da Gabriele Nissim, gran Cohen di Gariwo, papa laico della religione dell'indistinto umanitario, che lo scrittore ebreo Marek Halter aggredito l'altro giorno a Parigi, non sarebbe stato aggredito in quanto ebreo, no, o meglio sì, in parte, perché soprattutto "è un ebreo che dice determinate cose". Quali? quelle che non piacciono ai "nazionalisti", ecco, "forse anche in una parte del mondo ebraico". Tipo? Mah, forse Netanyahu? Forse Naftali Bennet? Non è dato saperlo con precisione, ma a Nissim, illuminista e universalista, uno per il quale Vittorio Arrigoni è un Giusto come Oscar Schindler, essere troppo identitari, troppo legati a un concetto forte di sè, del proprio paese, delle proprie tradizioni, è qualcosa di sbagliato. Bisognerebbe superare tutto ciò, infondo, come diceva lo stesso Arrigoni, "restiamo umani" o meglio, umanitari.
Dunque Marek Halter "è un intellettuale che da fastidio ai fondamentalisti di tutte le parti". Favolosa equidistanza. Ci sono i fondamentalisti musulmani, quellli che applicano alla lettera le sure medinesi di quel noto universalista di Maometto, e poi ci sono i fondamentalisti ebrei, forse gli Haredim, o forse i "coloni"quegli ebrei che non hanno letto Marx, soprattutto il Marx di "La questione ebraica", e pensano che la Giudea e la Samaria siano un territorio che spetta storicamente e giuridicamente agli ebrei, quelli che credono come il patriarca Abramo, altro noto fondamentalista, che esista un rapporto fecondo tra popolo e terra, un po' quello che pensavano i sionisti, perché dopotutto il sionismo è un ritorno a Sion non a Gubbio.
Dunque, per Nissim, che ci delizia con nuovi Giusti ogniqualvolta ritiene di caninizzarne uno, e sentiamo di dovergli rispettosamente indicare tra i prossimi, Bud Spencer e Fabrizio Frizzi, uomini noti per avere fatto del bene e che non odiavano Israele come alcuni Giusti di Gariwo, Marek Halter sarebbe stato aggredito "perché mette al primo posto la ragione e cerca di unire sempre tutti". Un po' come Maometto, anche lui era unitivo, ma certo non si può accusarlo di fondamentalismo, anche se era identitario, questo sì.
Gabriele Nissim interprete di Marek Halter, forse non sa che purtroppo non basta mettere "al primo posto la ragione" per avviarsi alla concordia. Se così fosse non sarebbero quasi cento anni che in Medioriente, da quando gli ebrei della diaspora decisero di tornarvi progressivamente, contro di loro si è manifestata una ostiilità perdurante, sfociata in violenze, massacri, guerre. È vero, si tratta di una violenza identitaria, a cui però gli ebrei hanno sempre contrapposto una volontà di dialogo, fondata, a sua volta sulla loro identità. Una identità dialogante. Perché, ci sono identità e identità, come ci sono cappotti e cappotti. Identità dialoganti e identità non dialoganti. Concetto non faticosissimo, ma che a Nissim sfugge, perchè per lui l'identità, un ben consolidato senso di appartenenza a un popolo, a una tradizione, a una nazione, è di per sè segno di fondamentalismo.
Confondere nazionalismo e imperialismo è tipico di chi non sa distinguere il bisogno salutare di affermare la propria identità e chi la propria identità vorrebbe imporla agli altri.
Che Marek Halter, utopista, e come tutti gli utopisti, sognatore, sia invece stato aggredito in quanto ebreo, ovvero dotato di una identità specifica, per Nissim è secondario, anche se non era certo secondario nel caso di Ilan Halimi, Sarah Halimi, Mireille Knoll, uccisi in quanto ebrei, solo per il fatto di esserlo.
"Chi vuole le divisioni, le contrapposizioni, vuole imporre la verità di una parte sola, della propria religione, del proprio credo, della propria identità etnica e nazionale non ama le persone come Marek Halter".
Verissimo. Bisognerebbe aggiungere che sono gli stessi che non hanno mai accettato l'esistenza di Israele, ma non ce l'avevano o ce l'hanno con Marek Halter in quanto universalista come Nissim, ma con Marek Halter in quanto ebreo, guarda caso, dialogante.


Gabriele Nissim
Vorrei che gentilmente smentisse la sua affermazione. Gariwo non ha mai proposto Arrigoni in nessun giardino dei giusti. Anzi ha denunciato alla polizia milanese quando alcuni mesi fa il giardino di Milano è stato imbrattato con delle scritte inneggianti ad Arrigoni con scritte antisioniste. È stato un attacco di cui hanno parlato tutti i giornali quando vari gruppi di filo palestinesi hanno imbrattato il giardino con una opera metodica di vandalismo .Gariwo risponde solo alla sua attività e ai giardini che gestisce a Milano e a Roma con l'Ucei e in Polonia nel giardino che con le associazioni ebraiche abbiamo costruito nel ghetto di Varsavia. Quando in alcune situazioni qualcuno prende queste posizioni aberranti invitiamo le scuole o le associazioni a prendere immediatamente le distanze. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo. Per quanto riguarda Halter ribadisco che ha dato fastidio ai fondamentalisti che egli fosse in prima linea con alcuni Iman nel denunciare il fanatismo religioso. In questi giorni gariwo ha subito un pesante attivo da parte dei fondamentalisti turchi con centinaia di lettere per il suo impegno contro il negazionismo turco a sostegno degli armeni e per le sue prese di posizione nette contro Erdogan Quando un ebreo, come il sottoscritto, denuncia il terrorismo e il fondamentalismo è immediatamente posto sotto attacco. Le ricordo che gariwo è stata la prima organizzazione in Italia che ha denunciato il terrorismo fondamentalista e che ha messo nei giardini gli arabi mussulmani che si sono opposti e hanno salvato delle vite. Qui una cosa è discutere su universalismo e nazionalismo. Un altra è fare delle affermazioni che non corrispondo al nostro lavoro e alla nostra impostazione. Marek Halter e un amico e ha partecipato con noi a importanti iniziative sui giusti alla fonadazione del Corriere.


Niram Ferretti
Gabriele Nissim
dunque lei non è responsabile del Giardino dei Giusti di Pistoia e non era al corrente di questa iniziativa? Devo desumere che lei non è nemmeno al corrente di quanto venga pubblicato sul suo sito. Curioso. Come mai non ha mai preso le distanze da questa associazione tra il Giardino dei Giusti, Gariwo e la decisione di non si sa chi, di proclamare Giusto, Vittorio Arrigoni? lo apprende solo oggi? Curioso. Quello che lei aggiunge qui non ha nulla a che vedere con quanto da me scritto. Il fatto che Marek Halter abbia partecipato a iniziative sui Giusti insieme a lei cosa c'entra con le sue affermazioni? https://it.gariwo.net/giardini/giardino ... -9793.html Lei afferma che Marek Halter sarebbe stato aggredito non in quanto ebreo, ma soprattutto per le sue idee, possibile che le idee di Halter c'entrino qualcosa con la sua aggressione, ma lei sospinge di lato il suo ebraismo e fa delle sue discutibilissime idee il fulcro del discorso. È una distinzione del tutto arbitraria e insostenibile.



Un Giardino dei Giusti a Pistoia
20 novembre 2013

https://it.gariwo.net/giardini/giardino ... -9793.html

Un piccolo spazio erboso e un grande ulivo, simbolo della pace, da sabato 16 novembre 2013 custodiscono, in un angolo della Chiesa di Santa Maria Maggiore in Vicofaro, un nuovo Giardino dei Giusti.
La città di Pistoia, su iniziativa del Centro Studi Giuseppe Donati e del Centro di Documentazione e di Progetto Don Lorenzo Milani, ha inaugurato un luogo della memoria del Bene.

Gariwo, la foresta dei Giusti era rappresentata da due dei fondatori, Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia, e Anna Maria Samuelli della sezione didattica. Alla presenza delle autorità cittadine, di alcuni familiari dei Giusti, di ospiti italiani e stranieri e di molti bambini delle scuole primarie, protagonisti attivi dell’iniziativa, è stata scoperta la stele dedicata ai Giusti i cui nomi sono incisi nelle pietre collocate nello spazio erboso del giardino: Giovanni XXIII, Antonino Caponnetto, Giorgio La Pira, Pino Puglisi, Lorenzo Milani, Pio La Torre, Vittorio Bachelet, Giuseppe Dossetti, Vittorio Arrigoni, Liana Millu.

Il presidente del Centro Studi Donati, Giancarlo Niccolai ha ricordato il valore esemplare per le nuove generazioni di una cultura della pace, della solidarietà e dell’accoglienza, mentre Mauro Matteucci del Centro di Documentazione Don Milani ha sottolineato che l’iniziativa propone un percorso etico e educativo, che ha come punto di partenza uno dei pensieri più alti del maestro di Barbiana: “Ogni anima è un universo di dignità infinita”. “I Giusti onorati oggi appartengono ad ognuno di noi, al nostro futuro e “Giusto” non è solo colui che sa dire di no al male ma è anche colui che sa orientare la società al bene”.
I riferimenti alla cultura della pace, della legalità, della solidarietà e soprattutto l’appello alla propria coscienza che ci richiama al valore supremo di ogni persona umana hanno caratterizzato gli interventi dei familiari dei Giusti, in particolare di Elisabetta Baldi, moglie di Antonino Caponnetto, e di Egidia Beretta, mamma di Vittorio Arrigoni.

Era presente alla cerimonia Han Dongfang, attivista dei diritti dei lavoratori in Cina, a cui è stato conferito il premio Internazionale della Pace 2013 in memoria di Giorgio La Pira. Han Dongfang ha sottolineato che chi sacrifica la propria vita per la dignità umana deve essere ricordato, perché i Giusti sono le guide e insieme i guardiani dei nostri cuori. Ha poi auspicato che un giorno possa nascere un Giardino dei Giusti in Cina.

Ha assistito alla cerimonia il prof. Fabio Giannelli, già direttore dell’Istituto storico della Resistenza di Pistoia, che ha ospitato, in città e in molti paesi della provincia, la mostra su Armin Wegner, un Giusto per gli armeni. Il prof. Giannelli con il suo lavoro storico contribuisce a diffondere i temi della resistenza morale a tutti i totalitarismi e a sensibilizzare le nuove generazioni al problema dell’assunzione della responsabilità individuale di fronte alle violazioni dei diritti umani nella nostra contemporaneità.
Il Giardino dei Giusti a Pistoia è un progetto di memoria e di etica che tende ad unire laici e credenti a partire dall’esempio di figure morali che, pur nella loro diversità, sono unite nell’impegno di promuovere gli ideali di giustizia, solidarietà e verità, ideali per i quali siamo chiamati a lottare quotidianamente.
“Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e di agire da uomini liberi e consapevoli” (Antonino Caponnetto)
“Noi dobbiamo essere in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza” (Vittorio Bachelet)
“Restiamo umani” (Vittorio Arrigoni)


Gabriele Nissim
Poiché lei abita a Milano la invito amichevolmente a visitare il giardino dei giusti e così si renderà conto delle perone che da 20 anni abbiamo onorato. Per ovviare a delle posizioni non condivisibile da due anni abbiamo formato un comitato di garanti che esprime pubblicamente il dissenso e il non riconoscimento da parte nostra di queste iniziative. Recentemente una scuola di Trevi aveva proposto di ricordare Arrigoni
abbiamo espresso il nostro totale dissenso.



La necessità della chiarezza: Gariwo e il caso Arrigoni
21 Febbraio 2021

http://www.linformale.eu/la-necessita-d ... -arrigoni/

Qui su L’Informale, nei mesi e nei giorni scorsi abbiamo pubblicato una serie di interventi che avevano come tema l’associazione Gariwo-La Foresta dei Giusti.

Ne abbiamo principalmente criticato l’assunto di base, l’idea che la qualifica di “Giusto”, nata per definire i non ebrei che durante la Seconda guerra mondiale si prodigarono a rischio delle loro vite per salvare gli ebrei perseguitati dal nazi-fascismo, fosse estendibile a chiunque abbia operato a fin di bene. Questo non perchè non ci siano, ovviamente, tante persone che con le loro azioni di grado e ordine diverso, lo abbiano fatto, ma perchè l’idea di un bene così allargato si presta facilmente all’aribitrarietà e può essere piegata a esigenze ideologiche e a partigianerie.

Il concetto ebraico di “Giusto” è invece assai specifico, non ammette ambiguità, simpatie o antipatie radicate soggettivamente. Necessita, come al Memoriale di Yad Vashem, di un severo riscontro empirico, di fatti comprovati. Solo dopo che essi sono stati sottoposti al vaglio di una commissione, si può procedere a onorare chi veramente è stato un Giusto.

Negli anni, Gariwo, ha associato il proprio nome a una serie di iniziative le quali, pur non essendo originate direttamente da esso, gli sono tuttavia riconducibili. Così è avvenuto che a Pistoia, nel 2013, alla presenza di due suoi autorevoli rappresentanti, venisse proclamato Giusto, Vittorio Arrigoni, il pasionario filopalestinese, ucciso a Gaza nel 2011 da un gruppo di estremisti salafiti, per il quale Israele era una entità demoniaca. Ancora nel 2019, a Trevi, venne inaugurato un altro giardino al quale si annunciava l’adesione di Gariwo “una ONLUS che lavora per fare conoscere i Giusti”, e in cui Arrigoni figurava come Giusto.

Dall’iniziativa di Trevi, ma non da quella di Pistoia, Gariwo ha tentato di prendere le distanze con un articolo pubblicato su Moked il 20 marzo del 2019, sostenendo di non ritenersi responsabile delle decisioni di chi “pur ispirandosi al lavoro e al modello di Giardino proposto da Gariwo, gestiscono autonomamente tutte le proprie iniziative…Ciò vale anche per il Giardino dei Giusti di Trevi, i cui promotori hanno scelto in piena autonomia di dare il riconoscimento a Vittorio Arrigoni e a Walter Tobagi, Andrea Riccardi, Vittorio Formentano, tra gli altri onorati quest’anno nella cittadina umbra”.

Una presa di distanza così debole non è nè plausibile nè sufficiente. Una associazione che promuove una iniziativa che prima di essa non era in corso, non può lavarsi le mani da tutte quelle iniziative che ad essa esplicitamente si richiamano. Serve una dissociazione netta e perentoria. Questo sarebbe dovuto accadere nel caso della iniziativa di Trevi e nel caso di quella di Pistoia.

Non si può considerare Giusto chi promuoveva attivamente la causa di coloro che vorrebbero vedere Israele cancellato. Non si può limitarsi a dichiarare, “Noi non siamo responsabili”, quando, come nel caso di Pistoia, a presenziare all’iniziativa, dunque avallandola, c’erano due propri incaricati. Ed è ulteriormente grave che l’UCEI, a cui Gariwo è associata, non abbia sentito il bisogno, attraverso la sua presidente, Noemi Di Segni, di prendere ufficialmente una posizione su questi episodi. In entrambi i casi sarebbe necessario dichiarare senza esitazione “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” in modo da dissipare ogni ambiguità o ipotizzabile connivenza.


https://www.facebook.com/permalink.php? ... &ref=notif

Gino Quarelo
Arrigoni è proprio il contrario, la negazione del giusto come lo sono coloro che lo hanno santificato come giusto. Arrigoni era un ingiusto nemico degli ebrei e di Israele.

Enrico Galli
L'odio che quel ragazzo e la sua famiglia hanno per Israele automaticamente lo fanno entrare nell'elenco degli INGIUSTI.
Ricordo male o l'odio è così radicato e profondo che la madre impedì che la salma uscisse tramite Israele e che passasse per l'Egitto, malgrado con il suo assassinio Israele non c'entrasse per niente?

Emanuel Segre Amar
Spettabile Redazione, mentre concordo totalmente sulla necessità di fare chiarezza su una questione di assolta gravità, mi riservo di tornare prossimamente sull’argomento al termine delle necessarie verifiche.

Yosef Manachem
ci sono i giusti delle nazioni che salvavano ebrei e ci sonoi dei "giusti"per l'islam che sono per annientare gli ebrei, è in mezzo ci sono ebrei buonisti un po confusi che non distinguono tra i giusti....

Massimo Ankor
Vik Arrigoni ucciso dai salafiti palestinesi.
Non capisco come come possa essere possibile che chi sostiene di essere amico e sostenitore della causa palestinese invece di attaccare chi veramente viola i diritti dei palestinesi, da Hamas alla ANP, continui ad incolpare Israele di ogni disgrazia che capita loro.
Eppure sembrano persone intelligenti.
L’unica spiegazione che riesco a darmi è che il palestinesimo oltre ad essere una malattia che offusca la mente sia anche una patologia che rende ciechi. Perché davvero non capisco come non si possa non vedere come Hamas abbia ridotto la Striscia di Gaza, Hamas non Israele. Non capisco come non si possa non vedere come la ANP di Abu Mazen non pensi assolutamente allo sviluppo palestinese e invece che usare le centinaia di milioni di dollari che ricevono ogni anno nello sviluppo palestinese, preferiscano gonfiare i loro conti correnti e lasciare le cose così come stanno.
Io non so se questa gente sia mai stata fisicamente da quelle parti e se c’è stata con chi ha parlato. So per certo che non uno qualsiasi ma Vittorio Arrigoni, con il quale ho interloquito in occasione del suo arresto da parte della marina israeliana, fu ucciso senza tanti fronzoli quando capì veramente come stavano le cose e cosa fosse veramente Hamas e nel suo blog (ora purtroppo scomparso) scrisse “Vaffanculo Hamas. Vaffanculo Israele. Vaffanculo Fatah. Vaffanculo ONU. Vaffanculo UNWRA. Vaffanculo USA”.
Vittorio Arrigoni venne ucciso subito dopo aver scritto quell’articolo, il manifesto GYBO dei giovani di Gaza. Non venne ucciso dagli israeliani come in tanti vogliono far credere, venne ucciso da salafiti agli ordini di Hamas, perché nella Striscia di Gaza nulla avviene senza il consenso dei terroristi. E la farsa del processo ai cosiddetti assassini ne è la riprova.
Come fanno allora queste persone a parlare di “Diritti dei palestinesi violati” e a manifestare il loro sostegno al cosiddetto “popolo palestinese” senza vedere chi sono veramente i carnefici dei loro “amati”?
Temo davvero che il palestinesimo sia una malattia che acceca e che rende insensibili alle vere violazioni subite dagli arabi cosiddetti “palestinesi”. Dicono di amarli ma poi sostengono Hamas e l’Autorità Palestinese, cioè i loro carnefici. Come si può spiegare tutto questo se non con qualcosa di malato?
- Vittorio Arrigoni https://m.facebook.com/permalink.php?st ... 0463280451

Gino Quarelo
Massimo Ankor
Dell'elenco dei vaffa questi non mi piacciono e qualificano Arrigoni in negativo "Vaffanculo Israele, Vaffanculo USA”.



Riceviamo da Emanuel Segre Amar, presidente del Gruppo Sinoistico Piemontese e volentieri pubblichiamo.

Gent. Direttore,

http://www.linformale.eu/su-una-rispost ... ente-ucei/

Faccio seguito alla mia lettera precedente da voi gentilmente pubblicata, sperando di non abusare della sua disponibilità. È diventato impellente farlo a seguito del vostro editoriale, La necessità della chiarezza: Gariwo e il caso Arrigoni, apparso ieri su L’Informale.

A conclusione dell’editoriale è scritto:

“Ed è ulteriormente grave che l’UCEI, a cui Gariwo è associata, non abbia sentito il bisogno, attraverso la sua presidente, Noemi Di Segni, di prendere ufficialmente una posizione su questi episodi. In entrambi i casi sarebbe necessario dichiarare senza esitazione “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” in modo da dissipare ogni ambiguità o ipotizzabile connivenza”.

In realtà, la Presidente Di Segni, a seguito di una email inviatole da un signore che chiedeva lumi sulla decisione presa a Trevi di nominare Vittorio Arrigoni Giusto, aveva già risposto nel 2019. Queste sono le parole della Presidente UCEI:

“Non ho conosciuto Arrigoni che era una persona con le sue opinioni e che non è più tra i vivi e nonostante le sue opinioni su Israele non mi pongo da Giudice altrui, avendo magari svolto altre attività meritevoli sulle quali si è incentrata l’attenzione di chi ha proposto la sua nomina.

Spero questo chiarimento sia riportato a tutti i soggetti con i quali ha condiviso la Sua critica e perplessità”.

Per la presidente UCEI colui il quale considerava gli israeliani “macellai” e il sionismo “un movimento abominevole”, che auspicava che Israele venisse “rimpiazzato” con “uno Stato democratico”, in quanto, a suo giudizio, fondato sulla discriminazione e sul razzismo, aveva le “sue opinioni”. Opinioni condivise da tutti coloro i quali diffamano Israele dalla sua nascita, riversando su di esso odio e menzogne a non finire.

Sono numerose le persone “non più tra i vivi” che avevano le loro opinioni, e molti erano sicuramente antisemiti e tra di loro c’erano anche coloro le cui opinioni sono state agite concretamente contro lo Stato ebraico.

Quali fossero le attività “meritevoli” svolte da Arrigoni a Gaza, dove, nel 2011, è stato ucciso da un gruppo di estremisti salafiti, Noemi Di Segni non se lo è chiesto, anche se avrebbe dovuto sapere che Arrigoni, dopo la sua barbara uccisione, è diventato un’icona del propalestinismo, un simbolo della “resistenza” all’ “entità sionista”. Ma forse tutto ciò è di scarso rilievo per chi non vuole erigersi a giudice altrui.



I Giusti: Uso e abuso
18 Febbraio 2021
Lettere al giornale


http://www.linformale.eu/i-giusti-uso-e-abuso/

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera di Emanuel Segre Amar, presidente del Gruppo Sionistico Piemontese.
Gent. Direttore,
La polemica innescata in questi giorni, molto opportunamente su L’Informale, da alcuni articoli di Niram Ferretti sul tema “Gariwo” merita alcuni approfondimenti, anche alla luce di un nuovo documento non più presente, come in precedenza, su Facebook (dove era possibile esprimere commenti) ma leggibile in questo link: https://it.Gariwo.net/giardini/sulle-sc ... 23071.html
In un recente articolo pubblicato sul sito di Gariwo, la Foresta del Giusti, Gabriele Nissim, presidente e fondatore dell’associazione afferma che Gariwo, sarebbe responsabile solo dei Giusti onorati nel Giardino di Milano, e, “in alcuni casi” (non meglio specificati), di quelli onorati nei Giardini di Roma, Bergamo e Varsavia.
Risulta evidente che Gabriele Nissim non voglia rendersi pienamente conto che “avendo lanciata GariwoNetwork, una rete informale” alla quale ha quindi concesso l’uso del nome Gariwo, non può poi prendere le distanze dalle iniziative che tale “rete informale” assume (e non dimentichiamo che se ne distanzia solo adesso che è stato criticato per il riconoscimento del titolo di Giusto concesso a Vittorio Arrigoni). In che senso poi prende le distanze dall’iniziativa di Pistoia, quando come rappresentanti di Gariwo, vi presenziarono due dei suoi fondatori, Pietro Kuciukian e Anna Maria Samuelli? Non è dato saperlo.
Nell’articolo dichiara di essere “assai perplesso” per il fatto che nei Giardini di Trevi e Pistoia il riconoscimento di Giustosia stato concesso ad Arrigoni; “assai perplesso?” Si sarebbe preferito leggere l’espressione più consona di “totale sconcerto”. Altresì egli afferma di avere “comunicato” la propria perplessità, ma non fa sapere a chi; afferma inoltre di avere “ribadito” il suo dissenso, ma non dice quando e dove lo avrebbe fatto. La sua posizione dissenziente è contenuta unicamente in un articolo pubblicato su Moked nel 2019, cioè sei anni dopo il fatto di Pistoia, che per altro in questo articolo non è affatto nominata, ma questo non significa averlo comunicato e ribadito ai responsabili.
Gabriele Nissim non sembra comprendere che concedere l’uso della sigla Gariwo a chi “è autonomo in tutte le proprie iniziative”; e poi avere “istituito un Comitato dei Garanti, per evitare fraintendimenti, comitato che può essere consultato ogni volta che sorgano dei dubbi” è in totale contrasto con l’autonomia concessa. Se autonomia viene concessa nelle iniziative associabili a Gariwo, sarebbe opportuno che il Comitato dei Garanti esaminasse prima della loro nomina coloro che vengono reputati degni di essere chiamati Giusti, e non intervengano post factum, per esprimere la loro contrarietà, che, lo ribadiamo, nel caso di Pistoia, non c’è stata.
Ma c’è un punto che mi preme fortemente sottolineare, e che ritengo sia quello più importante. A quale titolo Gabriele Nissim e l’associazione da lui presieduta attribuisce l’onorificenza di Giusto a persone che non sono state riconosciute tali dall’Istituto Yad Vashem? Conosco l’attenzione che viene posta dai responsabili dell’Istituzione di Gerusalemme nella ricerca e nell’approfondimento per essere sicuri che chi viene dichiarato Giusto dallo Stato di Israele meriti davvero tale riconoscimento. E invece apprendiamo, dallo stesso Nissim, che non solo in Italia con l’etichetta Gariwo vengono onorati come Giusti personaggi indegni di tale nome, ma addirittura, riferendosi evidentemente a chi viene ricordato per sempre a Gerusalemme, che “il mondo dei giusti (in minuscolo, sic) è pieno di figure controverse”. Un bell’esempio di prosopopea.
Apprendiamo inoltre che, dal 2008, l’Associazione per il Giardino dei Giusti di Milano è composta da Gariwo, Comune di Milano e UCEI.
Come può l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane non accorgersi dell’uso improprio che Gariwo fa del termine Giusto, in contrasto col dettame dell’Istituto dello Yad Vashem, e come può associare la propria sigla a chi onora Vittorio Arrigoni nei Giardini di Trevi e di Pistoia?
Come ebreo italiano, come sionista, con una nonna uccisa ad Auschwitz, e con un nonno morto per non aver trovato nessun Giusto che potesse aiutarlo nella sua Saluzzo, mi sento profondamente offeso.




Lettere al giornale
Una lettera e una replica sul caso Gariwo-Arrigoni
24 Febbraio 2021

http://www.linformale.eu/una-lettera-e- ... -arrigoni/

Da Francesco M. Cataluccio riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente lettera seguita da una nostra replica.

Spettabili signori,

Nelle ultime settimane, sulle pagine del vostro sito ci sono stati ripetuti attacchi a Gariwo, alla Giornata dei giusti e ai giardini che li commemorano. Apprezzo molto le discussioni e lo scambio, anche vivace, di opinioni contrarie, ma voi avete messo in questione il lavoro decennale di Gariwo e la filosofia dei giusti e dei giardini che li onorano.La Giornata dei giusti, com’è noto, è un momento di educazione alla responsabilità democratica del cittadino valorizzando gli esempi migliori del nostro tempo che possiamo prendere come riferimento da diverse parti del mondo.

Questi esempi ci possono aiutare a combattere l’odio, il linguaggio violento, le forme di disprezzo nella politica, la contrapposizione, il razzismo, per la valorizzazione dei valori del pluralismo, dell’inclusione, della ricchezza della vita democratica.È questa una delle grandi missioni morali della comunità europea nel mondo e non ha caso il Parlamento di Bruxelles ha votato nel 2102 la Giornata europea dei giusti. E, dal 20 dicembre 2017, la Giornata dei Giusti è solennità civile anche in Italia: ogni anno, il 6 marzo, si celebra l’esempio dei Giusti del passato e del presente.

Nel testo della legge, firmata dal Presidente Sergio Mattarella, al punto 1, si spiegano gli intenti dei giardini dei giusti che non riguardano solo il ricordo dei giusti della Shoah, ma di tutti i genocidi e crimini contro l’umanità.

Gariwo, che ha promosso questa iniziativa, ha suggerito dei criteri di scelta dei giusti (quelli adottati nel primo giardino sul Monte Stella a Milano, a cura di Gariwo, Amministrazione comunale e UCEI), ma non può essere considerata responsabile se in qualche giardino una figura non sia in sintonia con il progetto.

Importante è sviluppare un percorso di crescita e di maturità culturale che non può avvenire da un giorno all’altro. Ma se si guarda la stragrande maggioranza dei giardini ci si accorgerà che nei giardini sono sempre state scelte persone di alto profilo morale e che la maggioranza delle azioni ricordate sono quelle che riguardano il salvataggio degli ebrei. Ma tutto questo il vostro giornale non lo dice, creando così confusione tra i lettori.

Le vostre aspre critiche a Gariwo, che speriamo non vogliano mettere in questione l’istituzione e lo spirito della Giornata dei giusti, partono dal fatto che nel Giardino dei Giusti di Pistoia, con un scelta in piena autonomia, non condivisa da Gariwo, come fu comunicato agli interessati (accadeva nove anni fa), è stato onorato Vittorio Arrigoni (1975-2011), un attivista, giornalista, ucciso a Gaza in circostanze ancora poco chiare. Le sue idee, su Israele e il suo sacrosanto diritto ad esistere, erano, secondo Gariwo, sbagliate e dannose. Evidentemente non tutti la pensano così ed è importante portare avanti sempre un percorso di educazione come del resto avviene nella costante lotta all’antisemitismo e di fronte ad ogni forma di odio e di prevaricazione. Del resto la tipologia dei giusti è molto complessa e non priva di contraddizioni e sfumature etiche di non univoca definizione (altrimenti non si capirebbe ad esempio, perché un nazista sfruttatore del lavoro di internati ebrei, come Oskar Schidler, sia potuto esser riconosciuto, con ottime motivazioni, giusto nel Giardino di Yad Vashem, come anche la scrittrice polacca Zofia Kossak, che prima della Shoah, e anche dopo il 1945, sostenne campagne per il trasferimento degli ebrei in Madagascar. Eppure le fu dato nonostante il suo antisemitismo conclamato il titolo di giusto per avere salvato molti ebrei organizzando una rete di soccorso, non perché li amasse, ma per umanità e per “difendere l’onore della Polonia”. Se poi si scava a fondo ci si accorgerà che nella stessa commissione dei giusti di Yad Vashem esistono scuole di diverso pensiero che si contrappongono. Torniamo quindi, per favore, a una discussione franca, anche appassionata, ma che escluda attacchi personali e travisamenti strumentali dei fatti, non mettendo in discussione il concetto di Giusti per tutta l’umanità, perché ogni crimine contro l’umanità riguarda anche gli ebrei, come qualsiasi crimine verso gli ebrei riguarda tutta l’umanità.

Francesco M. Cataluccio, Venezia

Egr. Dott. Cataluccio,

La ringraziamo per la sua lettera che ci consente di puntualizzare alcune cose:

1) Il Parlamento di Bruxelles nel 2012 ha votato la Giornata dei Giusti dell’Umanità, dietro sollecitazione della ONLUS Gariwo. Il fatto che questa iniziativa di Gariwo sia stata fatta propria dalla UE, non stupisce. E’, infatti, in perfetta linea di continuità con le istanze universaliste e laiciste dell’istituzione, la quale, nella stesura definitiva della “Costituzione per l’Europa“ ha omesso ogni riferimento alle radici giudaico-cristiane del continente perché ritenute troppo connotanti e identitarie. Il concetto di “Giusto” nasce con una ben precisa connotazione ed è altresì legato a una collocazione identitaria specifica, quella ebraica. Poichè Giusto, per il Memoriale della Shoah a Gerusalemme, è unicamente chi, non ebreo, salvò la vita degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Evidentemente un criterio ritenuto eccessivamente “parrocchiale” da parte di chi guarda all’Umanità nella sua totalità.

2) Lei scrive che la maggioranza dei Giusti presenti nei vari giardini ad essi dedicati sono personaggi di “alto profilo morale” e che noi generiamo confusione nel non ricordarlo. Non abbiamo mai scritto né lo pensiamo, che la maggioranza dei cosiddetti Giusti presenti nei vari giardini siano persone non meritevoli di essere ricordate. La confusione la genera chi estende una qualifica nata con una connotazione ben precisa in modo tale che vi sia incluso chi non ha alcun titolo per meritare questo appellativo.

3) Vittorio Arrigoni venne ucciso a Gaza nel 2011 da estremisti salafiti, i quali vennero condannati a seguito di un processo conclusosi nel 2012. Non corrisponde a verità quanto da lei scritto e getta un dubbio che non ha alcuna ragione di essere sulle cause della sua morte, riconducibili al suo attivismo per la causa omosessuale all’interno dell’enclave e alle sue abitudini sessuali non conformi alla morale pubblica religiosa musulmana.

4) Che la modalità della scelta dei Giusti a Yad Vashem “sia complessa e non priva di contraddizioni” non rende assolutamente tollerabile che un attivista filopalestinese il quale considerava Israele uno Stato canaglia e gli israeliani una sottospecie ebraica, sia fatto Giusto, da chi “evidentemente non la pensa così”. Il problema è proprio questo. A Yad Vashem, le figure dei Giusti devono passare un vaglio rigoroso basato su documenti e testimonianze. Sia Oskar Schindler che Zofia Kossak lo rispettano in pieno. I Giusti non vengono scelti sulla base di opinioni o punti di vista ideologicamente precostituiti.

5) A Pistoia, nel 2013, all’inaugurazione del Giardino dei Giusti in cui figura tra i meritevoli di questa qualifica, Vittorio Arrigoni, erano presenti due figure di rilievo di Gariwo, Pietro Kuciukian e Anna Maria Samuelli. È evidente dunque che Gariwo non ha avuto nulla da eccepire su questa scelta e sicuramente nulla da eccepire lo hanno avuto i summenzionati. Si è dovuto aspettare il 2019 e la decisione di Trevi di replicare la scelta di Pistoia, perché Gariwo, dopo sei anni nel silenzio più completo, prendesse le distanze, in modo goffo e poco convincente.

Non vi è nulla di strumentale nelle nostre critiche basate in modo circoscritto su fatti e non su opinioni. Reputiamo che il pensiero di fondo che anima Gariwo, pur nella nobiltà del suo intento, sia ideologico, e in quanto tale, molto problematico. Abbiamo esposto, in questo senso, le nostre ragioni varie volte e continueremo a farlo qualora lo riterremo necessario.



Alcune domande su Gariwo
27 Febbraio 2021
http://www.linformale.eu/alcune-domande-su-gariwo/

Si fanno scoperte singolari andando a curiosare sul sito di Gariwo, che non è, come può sembrare, dall’attenzione che gli dedichiamo, nostra bestia nera, ma semplicemente oggetto di perplessità e dubbi se non di sconcerti veri e propri.

Non dubitiamo che il suo fondatore, Gabriele Nissim sia persona degna e animata dalle migliori intenzioni, così come lo sono sicuramente coloro che con lui collaborano, ma tutto questo non basta per impedire di vedere cose che, dal nostro punto di vista, giudichiamo poco compatibili con una ONLUS e un sito ad essa associato, che ha esteso ai facitori di bene una qualifica ebraica come quella di Giusto, e poi consente ad un estremista filopalestinese come Vittorio Arrigoni, di essere considerato Giusto mandando alla cerimonia in cui veniva proclamato tale insieme ad altri benefattori dell’umanità, due dei suoi soci fondatori.

Ci sembra altrettanto discutibile che nel Comitato Scientifico dell’organizzazione figuri il Prof. Vittorio Emanuele Parsi, nostra vecchia conoscenza, uno per il quale Israele è sempre dalla parte del torto, mentre bisognerebbe sedersi e dialogare con Hezbollah e con Hamas. Lo stesso Vittorio Emanuele Parsi che in un suo post su Facebook del 9 gennaio scorso sopra un articolo dell’Observer relativo alla campagna vaccinale israeliana, articolo che propagava la menzogna che il vaccino anti Covid-19 non venisse deliberatamente fornito dallo Stato ebraico ai palestinesi (quando è noto che la tutela sanitaria dei palestinesi residenti in Cisgiordania spetta all’Autorità Palestinese), scriveva, “Ah già, ma non si può dire che è come il regime razzista del Sudafrica dell’apartheid”.

Dunque, il Prof. Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore, nonchè facente parte del Gruppo di Riflessione Strategica del Ministero degli Esteri e dilettante di flessioni in rete, ha su Israele le stesse idee del BDS, per il quale esso è uno Stato razzista dove si pratica l’apartheid come avveniva appunto in Sudafrica.

Chiediamo a Grabriele Nissim, presidente di Gariwo, se condivide le posizioni espresse da Parsi su Israele, e se non le condivide, quale è la ragione per la quale un personaggio che diffonde sullo Stato ebraico posizioni palesemente false e fondate sulla propaganda pro-palestinese, figuri nel Comitato scientifico di Gariwo. A cosa è preposto Parsi? Forse a suggerire nuovi Giusti, magari Yasser Arafat o Ahmed Yassin? Quale apporto “scientifico” fornisce alla ONLUS un diffamatore di Israele?

È mai possibile che si effettuino tali scelte del tutto inconsapevolmente? E l’UCEI, che è associata alle iniziative di Gariwo, anch’essa non ha tramite i suoi consiglieri o tramite la sua presidente, Noemi Di Segni, per la quale Vittorio Arrigoni è una “figura controversa”, nulla da dire su questa scelta? Forse anche Parsi è controverso e ha diritto alle sue opinioni filoislamiche e anti-israeliane?

Ci congediamo con questi interrogativi.



Il Giardino, Il Giusto, Il Buono e il Cattivo
1 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/il-giardino-il ... l-cattivo/

Il 28 febbraio Mosaico pubblica una lettera a firma Wellcommunity in cui pone a Gariwo e al suo presidente, Gabriele Nissim, alcuni dei temi da noi posti, nello specifico la decisione di proclamare Vittorio Arrigoni, Giusto, a Pistoia nel 2013. Nella lettera di Wellcommunity viene citato L’Informale.

Nella sua risposta alla lettera di Wellcommunity, Gabriele Nissim, scrive:

“Vi ringrazio per la vostra lettera perché mi offre l’occasione di fare alcune considerazioni. Vi faccio anzitutto notare che vi rifate alla campagna di un sito come l’Informale che mette all’indice gli ebrei che non considera buoni e li indica al pubblico disprezzo nel mondo ebraico, come è capitato recentemente con la demolizione della figura di Marek Halter, proprio il giorno dopo l’attacco antisemita a Parigi”.

Vogliamo rassicurare Gabriele Nissim che no, non siamo una nuova versione del Santo Uffizio, non dividiamo gli ebrei buoni da quelli cattivi, e mai potremmo considerare cattivo lui. Quanto all’accusa di istituire gogne pubbliche, ci riserviamo di tutelare la nostra onorabilità nei modi consentiti dalla legge. Sicuramente non istituiamo Giardini in cui proclamiamo Giusti a nostro insindacabile giudizio, o a giudizio di un Comitato Scientifico (non sappiamo se emanante indicazioni sui futuri Giusti) di cui, tra gli altri, fa parte il Prof. Vittorio Emanuele Parsi, le cui posizioni su Israele sono analoghe a quelle del BDS.

Quanto a Marek Halter, di cui non abbiamo “demolito” la figura, ma sul quale abbiamo semplicemente esposto fatti, ci rallegriamo che Gabriele Nissim abbia, nel frattempo, cambiato idea, e consideri l’agressione che ha subito un “attacco antisemita” e non una agressione causata dalle sue idee universaliste così simili a quelle propugnate da Gariwo.

Per il resto, nella sua risposta a Wellcommunity, Nissim, come suo costume, non entra nel merito delle questioni sollevate, afferma falsamente che Gariwo avrebbe preso le distanze dalla decisione di nominare Giusto, Vittorio Arrigoni a Pistoia nel 2013, quando erano presenti all’inaugurazione del giardino, Pietro Kuciukian e Anna Maria Samuelli, come suoi rappresentanti istituzionali, così come glissa sul fatto che è grazie a noi birbaccioni, che la nomina di Arrigoni nel 2013 è stata portata all’attenzione dei più.

Per il resto, si esibisce in una lunga perorazione sulla Bontà e l’universalismo del Bene, citando a sproposito il Talmud e i “Giusti nascosti”, concetto che non ha nulla a che vedere con i Giusti proclamati nei vari giardini, ma che si riferisce ai cosiddetti 36 Giusti che reggerebbero il mondo, ovvero a una concezione cara al misticismo e all’esoterismo ebraico.

Meno esoteriche ma tuttavia assai singolari, ci paiono invece le scelte di avere Vittorio Emanuele Parsi nel Comitato Scientifico di Gariwo, e Vittorio Arrigoni, Giusto sia a Pistoia che a Trevi.


A seguito dell'intervento di Gabriele Nissim di ieri su Mosaico in cui chiamava in causa L'Informale, è stata pubblicata, in ossequio all'obbligo di rettifica la mia risposta.
Niram Ferretti
2 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

La rettifica dell’Informale (in base alla Legge 8 febbraio 1948, n. 47 – art. 8, Legge sulla stampa; Legge 3 febbraio 1963 n. 69 – art. 2)
Nella sua risposta all’articolo a firma Wellcommunity, “I Giusti, la memoria, i giardini. Una domanda a Gariwo, pubblicato da voi il 28 febbraio, Gabriele Nissim, riferendosi a L’Informale, scrive: “Vi faccio innazitutto notare che vi rifate alla campagna di un sito come l’Informale che mette all’indice gli ebrei che non considera buoni e li indica al pubblico disprezzo nel mondo ebraico, come è capitato recentemente con la demolizione della figura di Marek Halter, proprio il giorno dopo l’attacco antisemita a Parigi”.
L’Informale, non ha la vocazione alle gogne pubbliche, ma quella di fornire analisi e anche, inevitabilmente, critiche. A proposito di Gariwo, della impostazione ideologica che lo sostiene, e in particolare delle scelte, a nostro parere assai discutibili che la ONLUS fa, sia in merito a chi compone il proprio Comitato Scientifico, come il Prof. Vittorio Emanuel Parsi, le cui opinioni su Israele rispecchiano quelle del BDS, sia altre, abbiamo esposto fatti e posto domande. Ci è sembrato e ci sembra inammissibile che un noto attivista antisionista come Vittorio Arrigoni sia stato proclamato Giusto a Pistoia nel 2013 in una iniziativa riferibile a Gariwo e alla presenza di due delle sue figure di riferimento, Pietro Kuciukan e Anna Maria Samuelli. Siamo stati noi che abbiamo portato all’attenzione pubblica questo episodio, sottolineando che in otto anni non vi è stata da parte di Gariwo nessuna dissociazione pubblica da esso. Comprendiamo, in effetti, la difficoltà, come potrebbe, infatti, farlo, visto che all’inaugurazione del Giardino di Pistoia erano presenti due suoi rappresentanti?
Capiamo che avere esposto tutto ciò sia dispiaciuto a Gabriele Nissim, il quale, lui che ci accusa di tale prassi, perde difficilmente l’occasione per distinguere gli ebrei buoni (quelli che condividono le sue idee universaliste) e quelli cattivi (quelli che sono legati al concetto di nazione e patria), ma fare informazione, significa anche, a volte, dovere esporre contraddizioni e porre domande impertinenti. Essere troppo abituati agli effluvi dell’incenso rischia di annebbiare la percezione esatta delle cose.
Quanto a Marek Halter, al quale va la nostra solidarietà per l’aggressione subita, sulla modalità della quale le indagini sono tuttora in corso, abbiamo esposto in un articolo alcuni fatti che possono fornire al lettore, al netto delle agiografie, un quadro più problematico. Che ciò non sia piaciuto a Gabriele Nissim, che della agiografie è un cultore, non rischia di sorprenderci.



VECCHIA SCUOLA
Niram Ferretti
3 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Su Moked del 1 marzo, Anna Foa ci ricorda che il 6 di marzo si celebrerà in Europa la Giornata dei Giusti dell'Umanità,

"L’istituzione di questa giornata è stata l’esito di una lunga battaglia portata avanti dall’associazione Gariwo e dal suo presidente Gabriele Nissim. Da molte parti l’idea stessa di Giusto dell’Umanità è stata contrapposta a quella sostenuta da Yad Vashem dei Giusti delle Nazioni, cioè quei Giusti che hanno salvato almeno un ebreo durante la Shoah. In occasione della giornata dei Giusti Mordecai Paldiel, che è stato dal 1984 al 2007 direttore del Dipartimento dei giusti di Yad Vashem, ha voluto esprimere la sua opinione su questo punto, sostenendo che è giunto il momento di estendere il concetto di giusto ad ogni crimine contro l’umanità ed ha ringraziato l’Unione Europea per aver approvato la legge che istituisce la giornata del 6 marzo:
“Yad Vashem è stata la prima istituzione a creare un giardino dei giusti. E queste migliaia di persone che onoravamo a Yad Vashem noi le usavamo come modello educativo. Ma ora è arrivato il momento di allargare questo messaggio e dobbiamo onorare persone che hanno salvato altre persone, che le hanno aiutate in diversi modi non necessariamente durante la Shoah ma in molti altri casi di regimi tirannici. Persone perseguitate senza ragione che sia in Bosnia, in Birmania, in Cambogia, in Africa, in Paraguay, ovunque. Questo per diffondere il messaggio che le persone possono fare la differenza e le persone possono agire nella migliore tradizione del comportamento umanitario”.
Apprendiamo dunque che per Mordecai Paldiel, ex Direttore dei Dipartimento dei Giusti di Yad Vashem, è giunto il momento di allargare il concetto di Giusto. Ne prendiamo deferentemente atto, così come prendiamo atto che questa è, evidentemente, una sua opinione personale, egli, infatti, non parla a titolo di Yad Vashem, dove non ricopre più alcuna carica da 14 anni.
Sarebbe invece interessante, con il permesso di Anna Foa e di Gabriele Nissim, sapere cosa ne pensa l'attuale direttore del Dipartimento dei Giusti di Yad Vashem, ovvero, se l'opinione di Mordecai Padel, oltre a rispecchiare quella di Gabriele Nissim e di Anna Foa, rispecchi anche quella del Memoriale della Shoah di Gerusalemme. Osiamo dubitarne.
In attesa che anche Yad Vashem si pronunci a favore della Giornata Dei Giusti delle Nazioni, tra i quali anche Vittorio Arrigoni, preferiamo attenerci al tradizionale concetto di Giusto stabilito a Gerusalemme.
Siamo vecchia scuola, lo confessiamo.





COMITATO EQUANIME
Niram Ferretti
5 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Sarebbe interessante sapere se il criterio con cui Gariwo sceglie i membri del suo Comitato Scientifico sia la loro profonda avversione nei confronti di Israele.
Si comincia con Avraham Burg, ex speaker della Knesset, uno per il quale Israele rappresenta "l'ultimo occupante colonialista del mondo occidentale" e che, nel 2007, invitava tutti gli israeliani a ottenere la cittadinanza estera. Più recentemente ha chiesto alla Suprema Corte di fare in modo che il Ministero degli Interni cancelli dai suoi archivi ogni traccia della sua identità ebraica.
Si continua con Vittorio Emanuele Parsi, ordniario di Relazioni Internazionali all'Università Cattolica di Milano, che considera Israele "come il regime razzista del Sudafrica dell'Apartheid", e che in passato, in occasioni diverse, ha spiegato che per l'Occidente è più opportuno avere buoni rapporti con Hezbollah e Hamas piuttosto che con Israele.
C'è poi Riccardo Neury, portavoce italiano di Amnesty International, favorevole al boicottaggio delle merci israeliane provenienti dalla Cisgiordania, propagatore della fola secondo cui nella somministrazione dei vaccini contro il Covid-19 Israele discriminerebbe i palestinesi, omettendo che in base agli Accordi di Oslo del 1993, è l'Autorità Palestinese che si occupa dell'assistenza sanitaria dei palestinesi residenti in Cisgiordania e firmatario di un appello del BDS contro "l'Apartheid" israeliana.
Non si vede, a questo punto, perché non fare presidente onorario del Comitato Scientifico (preposto a cosa? a indicare i nuovi Giusti?), Abu Mazen.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » sab mar 06, 2021 8:32 pm

Radicalismo antisionista
Davide Cavaliere
5 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/radicalismo-antisionista/

Domani ricorre la Giornata dei Giusti dell’Umanità, che la fondazione Gariwo si appresta a celebrare. Possiamo solo intuire i peana ai diritti umani e alla fratellanza universale che faranno capolino in numerosi articoli e messaggi. Ma siamo sicuri che i membri di Gariwo siano tutti integerrimi difensori della democrazia, della pace, dell’amore onnicomprensivo?

La risposta è un secco: no. Nel comitato scientifico di Gariwo siedono figure assai discutibili, con opinioni riprovevoli su Israele, come Avraham Burg.

Burg è un politico israeliano di lungo corso. Dopo aver militato nelle fila del partito laburista, si è trasferito in quelle di Hadash. Quest’ultimo è un partito che, in linea con l’ideologia marxista, si dichiara contrario a ogni forma di nazionalismo e, pertanto, si definisce “non sionista”. Sei anni fa, Hadash ha condannato l’uccisione del terrorista di Hezbollah Samir Kuntar e paragonato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu all’ISIS. Il partito ha anche accusato Israele di fornire assistenza militare alle “forze del terrorismo” in Siria.

Nei suoi libri descrive Israele come un paese paranoico, ossessionato dalla Shoah, militarista, razzista e simile alla Germania degli anni Trenta. Il suo pacifismo ha qualcosa di fanatico, che lo ha portato ad affermare che la disobbedienza civile sarebbe stata preferibile alla rivolta armata nel ghetto di Varsavia e che Israele dovrebbe rinunciare al suo arsenale nucleare in cambio di un non meglio specificato “accordo” con i suoi vicini arabi. Nel 2003, Burg pubblicò un articolo sul quotidiano Yedioth Ahronoth nel quale scrisse: “Israele, avendo smesso di prendersi cura dei bambini dei palestinesi, non dovrebbe sorprendersi quando vengono indottrinati all’odio e si fanno saltare in aria”. Attribuendo, di fatto, la responsabilità degli attentati kamikaze a Israele.

Sebbene animato da un viscerale antisionismo, Burg è molto indulgente con il nazionalismo arabo e la jihad islamica. Con gli odiatori di Israele condivide l’assurda visione di una naziona ebraica colonialista e oppressiva.

Le sue idee sulla politica estera, oltre a essere intrise di un notevole tasso di irenismo, ricalcano anche quelle espresse nel libro farlocco e menzognero di Stephen Walt e John Mearsheimer, “La Israel lobby e la politica estera americana”, secondo cui l’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) avrebbe subordinato la politica americana agli interessi israeliani e radicalizzato l’opinione pubblica del mondo arabo.

Burg è anche molto critico nei confronti delle “Legge del ritorno”, in merito alla quale ha dichiarato: “La legge del ritorno è una legge apologetica. È l’immagine speculare di Hitler. Non voglio che sia Hitler a definire la mia identità. In quanto democratico e umanista, la legge mi mette davanti a una contraddizione. La legge del ritorno dà un taglio netto tra noi e l’ebraismo della diaspora, tra noi e gli arabi”.

Discutibili sono anche le sue opinioni sulla Shoah, che a sentire lui sarebbe stata sacralizzata dagli israeliani e usata come strumento di ricatto morale. In Avraham Burg è possibile ritrovare una visione allucinata della realtà di Israele. Le sue fantasie utopiche, che sono le illusioni della sinistra da cui proviene, lo portano a fiancheggiare gli odiatori religiosi degli ebrei il cui obiettivo non è solo la distruzione di Israele, ma la sottomissione mondiale degli infedeli.

Il politico israeliano sposa la narrativa antisionista e antiamericana di altri ebrei nemici di Israele come Noam Chomsky e Norman Finkelstein. Per Burg l’odio degli arabi verso Israele nasce dall’oppressione e basta. Il fatto che Hamas ed Hezbollah siano organizzazioni antisemite, jihadiste, potenzialmente genocidarie e convinte che gli ebrei complottino per distruggere l’Islam fin dalla notte dei tempi non viene preso in considerazione.

Burg, demonizzando Israele e sostenendo le campagne di boicottaggio delle merci israeliane prodotte nei cosiddetti “territori occupati”, porta acqua al mulino del fanatismo antioccidentale. Come è possibile che un tale propagandista anti-israeliano sia nel comitato scientifico di Gariwo? Quale apporto “scientifico” può dare un mistificatore della realtà? Attendiamo risposte.




Radicalismo antisionista parte due
6 marzo 2021

http://www.linformale.eu/radicalismo-an ... e-seconda/

La fondazione Gariwo, che si batte per conferire la definizione di Giusto – che ricordiamo essere nata in ambito ebraico – un po’ a chiunque, ha nel suo comitato scientifico una serie di individui con idee molto discutibili su Israele. Ci riferiamo a Riccardo Noury e al Prof. Vittorio Emanuele Parsi. Ma vediamo le loro posizioni nel dettaglio.

Riccardo Noury è portavoce di Amnesty International Italia, organizzazione non governativa per i diritti umani che, nel corso della sua attività, ha manifestato un notevole pregiudizio anti-israeliano. Noury risente delle medesime credenze errate dell’associazione di cui è portavoce. Infatti, si è ripetutamente schierato a favore del movimento BDS, una banda internazionale di antisionisti che chiede lo strangolamento economico dello Stato ebraico.

Noury ha ripetutamente denunciato quella che lui chiama “criminalizzazione” del BDS, sorvolando sul palese antisemitismo del movimento in questione che, in passato, ha incassato anche il sostegno di Hamas. Il ricercatore americano Daniel Greenfield ha reso noto che US Campaign for Palestinian Rights (USCPR), il gruppo americano di sostegno al BDS, che collabora con i facinorosi antisemiti noti come Studenti per la giustizia in Palestina (SJP), ha incanalato denaro al Comitato nazionale palestinese BDS (BNC), che opera nei cosiddetti “territori occupati”. BNC è un “gruppo ombrello” che raccoglie sotto di sé membri di Hamas, del FPLP e della Jihad islamica.

Un rapporto pubblicato da Tablet, di Armin Rosen e Liel Leibovitz, ha demolito il mito del BDS come presunto movimento non-violento e impegnato nella ricerca di una soluzione pacifica al conflitto arabo-israeliano. Invece di essere un’alternativa al terrorismo, il BDS è un alleato dei gruppi terroristici islamici, che tentano di integrare la violenza con pressioni economiche e culturali.

In tempi più recenti, Noury, con un articolo su Il Fatto Quotidiano dell’11/01/21, ha sostenuto che su Israele ricadrebbe la responsabilità della vaccinazione contro il COVID-19 dei palestinesi nella Giudea e nella Samaria. Le sue affermazioni contraddicono quanto scritto negli Accordi di Oslo del 1993, che stabiliscono che la tutela sanitaria dei palestinesi è affidata all’Autorità Nazionale Palestinese. In tutto l’articolo, il portavoce di Amnesty International, parla di “territori occupati” e di “coloni”, esercitando una violenza alla realtà e al diritto. Quei territori, sulla base del Mandato Britannico per la Palestina del 1923, e in base al principio dell’uti possidetis iuris consentono a Israele sulla base del diritto internazionale, la rivendicazione più solida su di essi. Non sono mai stati strappati ai palestinesi (inesistenti nel 1948), come è stato spiegato innumerevoli volte qui su L’Informale.

Ora veniamo al Prof. Parsi, che considera Israele uno stato razzista teso ad annettersi la Palestina. In un post su Facebook del 24/11/14, Parsi scrive:

“La decisione del premier israeliano di fare di Israele uno Stato solo per ebrei è allucinante, oltre a costituire un tradimento della parte più nobile della storia di Israele: resta solo da capire se il suo modello è il Sudafrica prima di Mandela o la Serbia ai tempi di Milosevic….. Una democrazia etnicamente ripulita non può esistere in quanto democrazia. Che tristezza per i tanti amici israeliani, a prescindere dalla loro fede religiosa”.

La tristezza più grande è quella che si prova da queste parole che travisano gravemente la realtà, offrendo di essa una caricatura propagandistica. La Legge Base del 19 luglio 2018 procede solo a ratificare una ovvietà senza discriminare nessuno, ovvero che Israele è lo Stato degli ebrei, la sua capitale è Gerusalemme, la sua lingua è l’ebraico. Essa si integra ad altre leggi all’interno di una costituzione in divenire. Leggi che tutelano la minoranza araba e sono specificamente attinenti ai diritti umani. Ma questo, il Prof. Parsi o non lo sa o finge di ignorarlo allo scopo di presentare Israele come uno Stato antidemocratico.

D’altronde Parsi non fa mistero di giudicare Israele come uno Stato oppressore e coloniale, che avrebbe cacciato i palestinesi. In un post su Facebook del maggio 2015 scrive:

“Oggi è il 67° anniversario della Naqba, la cacciata dei Palestinesi dalle loro terre. Ieri era il 67° anniversario della proclamazione dello Stato di Israele. Un popolo trovava un Paese, mentre un altro perdeva il suo. A memoria del tragico intreccio tuttora irrisolto della questione israelo-palestinese. Per non dimenticare che da 67 anni un popolo errante ha preso il posto di un altro… ma il mondo sembra non volerlo più ricordare”.

Assiduo lettore del mistificatore Illan Pappe, Parsi ha letto poco Benny Morris. Ma è sufficiente qui ricordare quanto dichiarò Abba Eban, ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, tenuto il 17 novembre 1958.

“Il problema dei rifugiati arabi è stato causato da una guerra di aggressione, lanciata dagli Stati arabi contro Israele nel 1947 e nel 1948. Che non ci siano errori. Se non ci fosse stata una guerra contro Israele, con il conseguente raccolto di sangue, miseria, panico e fuga, oggi non ci sarebbe alcun problema dei rifugiati arabi. Una volta che venga stabilita la responsabilità di quella guerra, si è determinata la responsabilità in merito al problema dei rifugiati. Nulla nella storia della nostra generazione è più chiaro o meno controverso dell’iniziativa dei governi arabi a favore del conflitto da cui è scaturita la tragedia dei rifugiati. Le origini storiche di quel conflitto sono chiaramente definite dalle confessioni dei governi arabi stessi: ‘Questa sarà una guerra di sterminio’, dichiarò il segretario generale della Lega araba parlando a nome di sei Stati arabi. ‘Sarà un massacro memorabile a cui riferirsi come a quello dei mongoli o alle crociate'”.

Anche su ciò, Parsi è deficitario. Lasciamo ai lettori valutare se lo è per ignoranza o malafede. Ma il punto non è questo. Come è possibile che due personaggi come Parsi e Noury con opinioni simili nei confronti di Israele siano stati scelti (insieme ad Avraham Burg, di cui ci siamo già occupati) per fare parte del Comitato scientifico di Gariwo? Il presidente della fondazione, Gabriele Nissim, condivide le loro posizioni su Israele? E le condivide l’UCEI che a Gariwo è associata?




GIUSTA A LA PAGE
Niram Ferretti
6 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Giornata solenne ieri al Monte Stella di Milano alla presenza del sindaco Giuseppe Sala.
Gabriele Nissim, presidente della Onlus Gariwo ha canonizzato un gruppo di nuovi Giusti. Tra di loro, insieme a Dag Hammarskjöld e all'attivista cinese Liu Xiaobo non poteva mancare Ruth Bader Ginsburg, ex Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, morta l'anno scorso.
La Bader Ginsburg è una icona maxima del progressismo, una donna che ha portato le istanze liberali a vertici di un radicalismo diffiicilmente superabile.
Proveremo a rammentarne alcuni, consapevoli fin da ora che saremo deficitari. Come riferimento prenderemo un suo testo del 1977, una sorta di manifesto delle istanze progressiste e che oggi, a distanza di 44 anni è più attuale che mai. Anzi, si potrebbe dire che questo testo è una sorta di Magna Charta dello Zeitgeist. Si tratta di, "Sex bias in the U.S. code".
Grande paladina dell'eguaglianza dei diritti, probabilmente il motivo principale per cui è entrata nel pantheon secolare di Gariwo, Ruth Bader Ginsburg, partiva dall'idea di eliminare la ripartizione per sessi nei penitenziari, nei Boy Scouts e nelle Girl Scouts, in quanto perpetratori di "ruoli sessuali stereotipati", e, di conseguenza eliminare nei college le associazioni fraternitarie e quelle femminili per rimpiazzarle con "società collegiali".
Naturalmente anche la famiglia tradizionale non poteva non rientrare all'interno della sua prospettiva riformista. Per lei la bigamia era incostituzionale, così come sono indubbiamente discriminatorie, sessiste, parole come "uomo", "donna", "umanità".
"moglie", "madre", "sorella", "fratello", "figlia" e altre che riferite a professioni e tradotte dall'inglese perdono la loro specificità sessista, come "serviceman", "longshoreman", "postmaster", "watchman", "seamanship".
Gli statuti federali dovevano perdere ogni riferimento ai pronomi personali nella terza persona singolare, al loro posto andavano usate costruzioni plurali.
Queste istanze della Giusta, Bader Ginsburg sono state recepite recentemente proprio dal Partito Democratico relativamente ai documenti delle Camere. Si è arrivati al punto che non si dovrà più fare riferimento a "chairman", ma ci si riferirà a lui come a "chair". Il presidente diventato sedia è uno dei lasciti della Bader Ginsburg.
Siamo al cospetto di un egualitarismo utopico direttamente figliato dal marxismo, in cui il futuro che si profila dovrebbe avere il volto neutro di una indistinta umanità che non corrisponde più a categorie, limiti, leggi di natura- Tutto cio, ovviamente, in nome della parità dei diritti e della giustizia sociale.
Come può non piacere a una ONLUS come Gariwo per la quale la Shoah può essere accostata a un maremoto, e un genocidio al Covid-19? Dove regna l'indistinto, tutto si equivale.



Churcmosquagoga, Gariwo: Il futuro che verrà
Niram Ferretti
8 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/churcmosquagog ... che-verra/

Bisogna dire che se Gabriele Nissim, presidente e fondatore di Gariwo, recentemente al centro di motivate critiche, e chi segue L’Informale, conosce bene il tema, doveva secegliersi un difensore non poteva sceglierne uno peggiore.

E così ecco, Antonio Ferrari, scrivere su Il Corriere della Sera un articolo La Giornata dei Giusti fa svanire le critiche, che è persino imbarazzante dovere commentare. L’imbarazzo nasce da due cause, una da ciò che Ferrari scrive, l’altra dal fatto che Ferrari scriva.

“Perché scrive certa gente? Perchè non ha abbastanza carattere per non scrivere”, scriveva Karl Kraus. E sull’assenza di carattere di Ferrari testimonia, implacabilmente, ogni parola da lui scritta. Ma veniamo al dunque.

Per il Nostro, Gabriele Nissim appartiene alla categoria di coloro che profeticamente vedono il futuro, così come vedono sempre profeticamente il futuro gli ebrei buoni. Oltre a loro ci sono, purtroppo, “I resistenti, inchiodati alle certezze e alle prigioni ideologiche del passato”. Fortunatamente, però “Ci sono anche coloro che guardano avanti e rifiutano i più decrepiti luoghi comuni”. Nissim, è uno di loro. Egli è “un uomo ostinato e coraggioso”, avendo creato la Festa, nota come Giornata dei Giusti, così come dobbiamo a Joseph Louis Lagrange, Pierre Simon Laplace ed altri, il calendario rivoluzionario francese. Anche loro erano uomini protesi verso il futuro.

“Da ebreo coraggioso ha denunciato, sin dall’inizio, errori e pregiudizi. Soprattutto nel suo mondo, dove gli ebrei tradizionalisti, nazionalisti, ottusi e bacchettoni non sopportano, anzi odiano l’idea che ci siano altri Giusti nel mondo. Per loro i Giusti sono soltanto i gentili che salvarono la vita agli ebrei durante la Shoah”.

Da una parte c’è la tribù dei trinariciuti, “nazionalisti” come Herzel, Ben Gurion, Jabotinsky, tutti legati all’idea ormai superata di una nazione, anzi una patria per gli ebrei, dall’altra i progressisti, quelli che hanno capito che la categoria di Giusto tra le Nazioni, stabilita a Yad Vashem è parrocchiale, asfittica, tribale. I primi erano e sono privi della gnosis. Essa, appartiene solo ai “pneumatici”, gli ebrei buoni. L’ebreo buono non è, infatti, colui che guarda alla propria identità, al proprio popolo, alla propria storia, no, è colui che guarda innanzitutto all’Umanità. Vino vecchio che proviene dalla cantina di Comte e Marx.

Già nel 1954, nel suo L’Ebreo non ebreo, un solido ebreo marxista come Isaac Deutscher scriveva, “La religione? Sono un ateo. Il nazionalismo ebraico? Sono un internazionalista. In nessuno di questi due sensi sono un ebreo. Sono tuttavia un ebreo per la forza della mia incondizionata solidarietà nei confronti dei perseguitati e degli sterminati”.

Deutscher era sicuramente, per Ferrari, un buon ebreo, nè bacchettone nè ottuso. Schiatta nobile, mica gente come Netanyahu e altri barbari di destra (a destra sono tutti barbari nel mondo di Ferrari), con il loro “codazzo servile“

“Al Giardino dei Giusti di Gerusalemme, l’ostinazione ha vinto per anni. Per chi conosce sufficientemente bene Israele, per esperienza vissuta in decenni, anche allo Yad Vashen, come chi vi parla, è la triste verità”

La grande esperienza su Israele di Antonio Ferrari, nota a tutti, è la garanzia dell’ostinazione e dell’ottusità del Memoriale della Shoah di Gerusalemme. Brutta gente, che si ostina ancora a ritenere Giusti solo i non ebrei che durante la Seconda guerra mondiale salvarono gli ebrei dalla furia del nazi-fascismo. Questi reazionari, “Hanno accusato Nissim di tutto” (non osiamo chiedere di cosa, nello specifico, ma ci fidiamo dello scrivente), “ma lui ha resistito e ha voluto creare il primo Giardino dei Giusti aperto e inclusivo, proprio sul Montestella di Milano”.

Il cupo e torvo sinedrio di Yad Vashem, con le sue anguste certezze, i suoi pregiudizi e i suoi dogmi, e il rivoluzionario, l’emancipatore, un Yeshua, laico, che ha lottato a prezzo di sofferenza e persecuzione, contro le forze delle tenebre ebraiche. Ecco dunque, la nuova religione, l’apertura a tutti, a tutte le genti, della qualifica di Giusto. Il muro di separazione è stato finalmente abbattuto, e il Montsetella è diventato un nuovo Sinai laico. C’è un ulteriore gaudio da celebrare. Dell’evangelion, ci dà notizia l’apostolo. Ed è questa:

“La gigantesca notizia di quest’anno è che tra gli ambasciatori di Gariwo” (tra cui Ferrari stesso) “è entrato Mordecai Paldiel, per 23 anni capo del Dipartimento di Yad Vashem, che ha deciso negli Stati Uniti di sposare la causa dei Giusti, allargando il campo e inneggiando all’inclusione”.

“Inclusione” è parola magica, parola talismano. È il collante principale della religione dell’Umanità. Anche Vittorio Arrigoni è stato incluso. Perché no? Anche lui ha fatto del bene, e, come ha recentemente ricordato la Presidente UCEI, Noemi Di Segni, “non è più tra i vivi”. E quanti morti si potranno quindi riesumare per trasformarli in Giusti?

Includere è fondamentale, soprattutto adesso con l’ingresso in Gariwo di Mordecai Paidel, il quale, peccato che non ricopra più alcun ruolo di rilievo a Yad Vashem da quattordici anni, e si esprima solo a titolo personale. Ma occorre ricordarlo, a Yad Vashem, come i farisei del Secondo Tempo, raffigurati nel Vangelo, sono cupamente chiusi nella loro ostinazione, mica come Mordecai Padel o i promotori dell’iniziativa di costruire “una chiesa per tre fedi, che guarda al futuro, accogliendo insieme, cattolici, (non cristiani?) ebrei e musulmani. La chiesa si chiamerà “churmosquagoga”. Bellissimo. “Churmosquagoga”, una specie di Bouillabaisse confessionale. Uno sguardo sul futuro, al gran mischione, alla notte dalle vacche tutte nere.

Siamo tutti umani, lo diceva anche Vittorio Arrigoni, anzi lui diceva “restiamo umani” nonostante sia gli israeliani che gli ebrei troppo ebrei appartenevano a una categoria distinta, quella che non piace nemmeno all’apostolo dei Giusti Antonio Ferrari.

Il mondo di “churmosquagoga” il mondo dei Giusti di Gariwo è quello che lo riempie di “entusiasmo“. Di questo mondo chi, più di Rula Jebreal, può essere testimone? “Araba israeliana, quindi musulmana, sposata con un ebreo e madre di una ragazza battezzata cattolica. Crediamoci. Il futuro inclusivo e senza più muri sarà sicuramente migliore”.

Dobbiamo crederci. Lasciamoci alle spalle chi difende la propria identità, la propria specificità culturale ed etnica. Soprattutto chi lo fa da ebreo. Gli ebrei cattivi. Altri cattivi. Fuori, nelle tenebre, tra pianto e stridor di denti.



Gli ebrei cattivi di Antonio Ferrari, ambasciatore di Gariwo
9 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/gli-ebrei-catt ... di-gariwo/

Ieri su L’Informale, Niram Ferretti dava conto nel suo editoriale dell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera di ieri a firma Antonio Ferrari, un giornalista da sempre pregiudizialmente avverso a Israele il quale figura tra gli ambasciatori di Gariwo.

Nel suo articolo, Ferrari, prendeva le difese di Gabriele Nissim e di Gariwo, magnificandone le gesta e attaccando in modo grossolano Yad Vashem.

Per Ferrari, da sempre abituato a dividere il mondo in modo manicheo, tra buoni, tutti sempre a sinistra, e cattivi, tutti sempre a destra, il concetto di Giusto elaborato a Yad Vashem come riconoscimento per i gentili che durante la Seconda guerra mondiale salvarono gli ebrei dalla persecuzione nazi-fascista, sarebbe indice di ottusità e di una mentalità angusta.

In questo modo egli ha riproposto un usurato topos antisemita, degli ebrei come un clan tribale, geloso delle proprie prerogative, chiuso all’innovazione e al progresso, a meno che non si tratti della fattispecie dell’ebreo di sinistra, non nazionalista, sempre critico di Israele, se non esplicitamente avverso ad esso.

A proposito dell’articolo di Antonio Ferrari, è intervenuto sulle pagine di Mosaico, Sergio Della Pergola, membro della Commissione di Yad Vashem. Rivolgendosi direttamente a Ferrari, Della Pergola scrive:

“La commissione di cui ho l’onore di fare parte svolge un lavoro di accurata indagine storica, lontana da qualsiasi pregiudizio o venatura ideologica. Il nostro lavoro riflette il dovere morale degli ebrei salvati (fra cui io stesso) nei confronti dei coraggiosi che hanno messo a rischio la propria vita per salvarne un’altra. Il suo collegamento, Ferrari, fra questa attività moralmente doverosa e il fanatismo, è del tutto ingiustificata. Semmai eccita il pregiudizio e l’odio”.

Di rincalzo a Sergio Della Pergola appare un comunicato della Comunità ebraica di Milano.

“La Comunità ebraica di Milano condivide in pieno la sua posizione e condanna fermamente quanto espresso da Antonio Ferrari con parole intrise del più classico e pericoloso pregiudizio antisemita, capaci di generare disprezzo verso gli ebrei, che peraltro, sulla questione oggetto dell’articolo del Corriere, rivendicano il pieno diritto ad avere differenti opinioni, basate su argomenti ben più articolati e profondi di quelli che ci vengono attribuiti dal giornalista”.

Da giorni L’Informale segnala le anomalie e le distorsioni presenti all’interno di Gariwo facendole presenti ai suoi lettori e chiedendo chiarimenti mai giunti. L’articolo di Antonio Ferrari è solo una conferma della nostra linea editoriale sulla questione. Vi si rispecchia, infatti, una evidente pregiudiziale anti-israeliana (che si colora qui di antisemitismo) per altro esplicita nelle posizioni di Avraham Burg, Vittorio Emanuele Parsi, Riccardo Noury, tutti facenti parti del Comitato Scientifico di Gariwo.

A seguito della presa di posizione ufficiale della Comunità Ebraica di Milano, riteniamo che anche il CDEC, quale Osservatorio sull’antisemitismo prenda una posizione in merito, o smentendo la CEM oppure includendo l’articolo di Antonio Ferrari nell’elenco di atti di antisemitismo che annualmente compila.





Giusti, Yad Vashem, Gariwo… Sergio Della Pergola risponde ad Antonio Ferrari
Ester Moscati
9 Marzo 2021

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... io-ferrari

“Ebrei tradizionalisti, nazionalisti, ottusi e bacchettoni”. Così nella sua rubrica sul Corriere.it Voci dal vicino oriente (8 marzo) Antonio Ferrari stigmatizza quegli ebrei che, a suo dire “odiano l’idea che ci siano altri Giusti nel mondo” oltre a quelli che salvarono gli ebrei durante gli anni delle persecuzioni nazifasciste e della Shoah, onorati a Yad Vashem. Un’opinione, la sua, francamente irricevibile nel merito e soprattutto perché espressa in un modo che ha suscitato nella Comunità ebraica un profondo sconcerto. Sergio Della Pergola, professore emerito dell’Università ebraica di Gerusalemme, membro della Commissione di Yad Vashem, risponde a Ferrari nella lettera che segue.

La Comunità ebraica di Milano condivide in pieno la sua posizione e condanna fermamente quanto espresso da Antonio Ferrari con parole intrise del più classico e pericoloso pregiudizio antisemita, capaci di generare disprezzo verso gli ebrei, che peraltro, sulla questione oggetto dell’articolo del Corriere, rivendicano il pieno diritto ad avere differenti opinioni, basate su argomenti ben più articolati e profondi di quelli che ci vengono attribuiti dal giornalista.

Così scrive Sergio Della Pergola:

“Buona sera Ferrari,
ho letto e udito con stupore e rammarico il suo articolo di oggi sui Giusti delle Nazioni.
Essendo io membro da oltre 10 anni della Commissione di Yad Vashem per il riconoscimento dei Giusti, ritengo il suo testo profondamente offensivo, in generale e personalmente nei miei confronti. Lei ha scritto:

“Ci sono i resistenti, inchiodati alle certezze e alle prigioni ideologiche del passato. Ma ci sono anche coloro che guardano avanti e rifiutano i più decrepiti luoghi comuni. Dico questo perché si è appena celebrata la Giornata dei Giusti nel mondo, approvata dall’Unione europea. Una Festa che dobbiamo ad un uomo ostinato e coraggioso, Gabriele Nissim, che ne è stato il vero creatore. Nissim non è stato esaltato da tutti. Da ebreo coraggioso ha denunciato, sin dall’inizio, errori e pregiudizi. *Soprattutto nel suo mondo, dove gli ebrei tradizionalisti, nazionalisti, ottusi e bacchettoni non sopportano, anzi odiano l’idea che ci siano altri Giusti nel mondo*. Per loro i Giusti sono soltanto i gentili che salvarono la vita degli ebrei durante la Shoah, l’Olocausto, la tragedia più terribile del secolo scorso. Nissim sostiene invece che Giusti sono anche coloro che hanno lottato e lottano per la difesa dei diritti umani, contro tutti i totalitarismi. Idea forte, anzi fortissima. *Perché in questo mondo che non ama il coraggio delle proprie idee, vengono invece premiati i quaquaraquà*, come ricordava il grande Leonardo Sciascia. *Insomma si celebrano i reclusi, soprattutto nell’estrema destra, nella prigione delle loro certezze. Al Giardino dei Giusti di Gerusalemme, l’ostinazione ha vinto per anni*. ”

In realtà la commissione di cui ho l’onore di fare parte svolge un lavoro di accurata indagine storica, lontana da qualsiasi pregiudizio o venatura ideologica. Il nostro lavoro riflette il dovere morale degli ebrei salvati (fra cui io stesso) nei confronti dei coraggiosi che hanno messo a rischio la propria vita per salvarne un’altra.
Il suo collegamento, Ferrari, fra questa attività moralmente doverosa e il fanatismo, è del tutto ingiustificata. Semmai eccita il pregiudizio e l’odio.
Sostanzialmente, non esiste nessuna contraddizione fra il riconoscere chi ha salvato degli ebrei e chi ha manifestato atti di coraggio nei confronti di altri. La contraddizione che lei configura è pretestuosa e inaccettabile.
Ritengo che lei oggi abbia tradito la sua professione, e mi attenderei un messaggio di scuse”.



La Giornata dei Giusti fa svanire le critiche
Antonio Ferrari
08 marzo 2021

https://video.corriere.it/esteri/vicino ... d4180eb118

Ora si celebra in mezzo mondo. Le resistenze dei tradizionalisti. Papa Francesco in Iraq per un mondo “inclusivo” senza muri - Antonio Ferrari /CorriereTv

Il mondo è già radicalmente cambiato. Una mutazione inevitabile, accentuata non soltanto dal virus mortale della pandemia, ma dalla necessità di ripensare complessivamente la nostra vita, che non sarà mai più come prima. Ci sono i resistenti, inchiodati alle certezze e alle prigioni ideologiche del passato. Ma ci sono anche coloro che guardano avanti e rifiutano i più decrepiti luoghi comuni. Dico questo perché si è appena celebrata la Giornata dei Giusti nel mondo, approvata dall’Unione europea. Una Festa che dobbiamo ad un uomo ostinato e coraggioso, Gabriele Nissim, che ne è stato il vero creatore. Nissim non è stato esaltato da tutti. Da ebreo coraggioso ha denunciato, sin dall’inizio, errori e pregiudizi. Soprattutto nel suo mondo, dove gli ebrei tradizionalisti, nazionalisti, ottusi e bacchettoni non sopportano, anzi odiano l’idea che ci siano altri Giusti nel mondo. Per loro i Giusti sono soltanto i gentili che salvarono la vita degli ebrei durante la Shoah, l’Olocausto, la tragedia più terribile del secolo scorso. Nissim sostiene invece che Giusti sono anche coloro che hanno lottato e lottano per la difesa dei diritti umani, contro tutti i totalitarismi. Idea forte, anzi fortissima. Perché in questo mondo che non ama il coraggio delle proprie idee, vengono invece premiati i quaquaraquà, come ricordava il grande Leonardo Sciascia. Insomma si celebrano i reclusi, soprattutto nell’estrema destra, nella prigione delle loro certezze. Al Giardino dei Giusti di Gerusalemme, l’ostinazione ha vinto per anni. Per chi conosce sufficientemente bene Israele, per esperienza vissuta in decenni, anche allo Yad Vashem, come chi vi parla, è la triste verità. Hanno accusato Nissim di tutto e di più, ma lui ha resistito e ha voluto creare il primo Giardino dei Giusti aperto e inclusivo, proprio sul Montestella di Milano. Mi è stato facile avvicinarmi a lui e difenderlo fin dove possibile, accettando con gioia di diventare uno degli ambasciatori di Gariwo. Ma la gigantesca notizia di quest’anno è che tra gli ambasciatori è entrato Mordecai Paldiel, per 23 anni capo del dipartimento dei Giusti di Yad Vashem, che ha deciso negli Stati Uniti di sposare la causa dei Giusti, allargando il campo e inneggiando all’inclusione, quindi ben oltre i confini di coloro che hanno salvato gli ebrei durante la persecuzione che si concludeva nei campi di sterminio. È un passo storico e già immagino le critiche dei nazionalisti e dal solito codazzo servile. Ma anche i nuovi Giusti, che sono stati celebrati sul Montestella e che abbiamo scelto per questo 2021 con voto unanime, ci riempiono di gioia. Penso a chi andrà a far compagnia a Nelson Mandela e a Vaclav Havel. E cioè all’ebrea americana Ruth Bader Ginsburg, al cinese Liu Xiaobo e alla moglie Liu Xia, e in particolare allo svedese Dag Hammarskjold, ex segretario generale delle Nazioni Unite, morto in un misterioso incidente aereo nel 1961. E poi a coloro che verranno ricordati nei tanti Giardini virtuali in giro per il mondo. Un mondo che cambia profondamente, come dicevamo. Con un Papa straordinario come Francesco che è arrivato in Iraq, dove incontrerà, a Najaf, il leader spirituale sciita Al Sistani. Siamo alla realizzazione, con poche parole ma con tanti fatti quel “Fratelli tutti”, che riflette alla perfezione la coraggiosa linea del pontefice, molto legato alla Comunità di S.Egidio, che per prima ha voluto sostenere, in decine di incontri, che siamo tutti umani e che non ci sono differenze. So quanto la linea della Comunità di S.Egidio abbia spesso scatenato la rabbia e il profondo fastidio dei tradizionalisti. Ma i risultati sono davvero importanti. A parte qualche diplomatico bacchettone, che rifiuta di riconoscere, per pigrizia o semplice ignoranza, dal verbo ignorare, il lavoro che viene fatto in favore di deboli, diseredati e profughi, l’avanzata inarrestabile del dialogo fra tutte le religioni e i laici non si fermerà. Davvero straordinaria l’iniziativa di tre congregazioni locali, decisa a Berlino, di costruire una chiesa per tre fedi, che guarda al futuro, accogliendo assieme cattolici, ebrei e musulmani. La chiesa si chiamerà “churmosquagoga”, cioè la sigla- sintesi di chiesa, moschea e sinagoga. Fantastica idea. Questo è il nuovo mondo, che mi riempie di entusiasmo. Non ho mai nascosto la mia attrazione per la grande collega Rula Jebreal: araba israeliana, quindi musulmana; sposata con un ebreo, e madre di una ragazza battezzata cattolica. Crediamoci. Il futuro inclusivo e senza più muri sarà sicuramente migliore.



La preziosa risorsa dell'identità: Una risposta ad Antonio Ferrari
10 marzo 2021

http://www.linformale.eu/la-preziosa-ri ... o-ferrari/

Da Rav. David Sciunnach, Rabbino Capo di Ancona e Parma, assistente del Rabbino Capo di Milano, nonchè Presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gent. Direttore,

Sono, per dirla con le parole di Antonio Ferrari, un resistente inchiodato alle certezze e alle prigioni ideologiche del passato. Sì, perché sono un ebreo osservante, come tale “ottuso e bacchettone”.

Ferrari esordisce scrivendo che “la Giornata dei Giusti nel mondo” è una “festa”. Purtroppo, non vedo nulla di festivo nel ricordare persone che non di rado sono state ammazzate per diversi motivi, contingenti al luogo e al tempo in cui sono vissute. L’idea è di mischiare il tutto, ove la sola parola d’ordine è inclusione e tutto il resto è eresia, come da tale da dannare con furia almeno pari a quella di altre inquisizioni e culture. Storie, vite, atti e parole dette, con flebili fili comuni che le uniscono, vengono bollite insieme come exempla contro un male generico, il male genocidario, che, in vero, fu sempre un male specifico, da comprendersi anzitutto come tale. Questo approccio risulta riduttivo per ogni singola vita falciata e ne viene fuori una gran bella macedonia. Tralascio il valore esorcistico che assumerebbe tale erroneo uso delle Memorie, come pure il fatto che, in quanto “festa”, si ricalca, consapevolmente o meno, laicizzandola, l’idea della memoria festiva di alcuni martiri (manca solo la palma) propria della tradizione cristiana: il che è una banalizzazione indebita della tradizione cristiana e una forma mentis estranea all’ebraismo.

L’ebraismo -ovvero una religione nazionale, come ebbe a scrivere Hannah Arendt- nella prima pagina della Torah, ribaltò le sorti del mondo e pose la prima solida base ai successivi concetti di diritti umani individuali e di dignità della singola persona umana, affermando che l’essere umano -non l’ebreo- in quanto tale, chiunque sia e qualsiasi cosa faccia, è creato nell’immagine di Dio. Come pure questa stessa fede, nonostante critiche velenose e crudeltà di ogni genere, non ha smesso mai di affermare, a differenza delle due altre fedi che da essa nacquero e che si strutturarono come universali (e imperiali), che una vita integra e degna di essere vissuta, come pure la salvezza ultraterrena, non riguardano solo gli ebrei né sono loro esclusive, ma ogni singola persona umana, riconoscendo valore provvidenziale peraltro a Islàm e cristianesimo. Per quanto concerne le persone che hanno un atteggiamento misericordioso verso il prossimo, non si distingue fra ebreo e non ebreo, e infatti esiste il concetto religioso di Hassìdè ‘Ummòth ‘Olàm -di pii delle Nazioni del mondo-, ossia chi si adopera con sollecitudine per il povero, la vedova, l’orfano, il malato ecc.

Antonio Ferrari asserisce che il sottoscritto, e con me centinaia di migliaia di ebrei osservanti, addirittura “non sopportiamo, anzi odiamo l’idea che ci siano altri Giusti nel mondo”. Ma come si permette? Solo a titolo esemplificativo, ricordo che l’idea di una mostra sul Genocidio Armeno al Memoriale della Shoah di Milano -la più grande sinora svoltasi in Italia, essendosi trattato di due mostre riunite insieme- fu del rabbino Laras (rabbino ortodosso, non “morbido”, e convinto sionista), sostenuta dal rabbino Arbib e da me, ossia da persone molto critiche dell’attuale “sagra” delle Memorie proposta nella Carta della Memoria di Gariwo.

Le Memorie, i morti e i Giusti sono specifici: vanno affrontate, studiate, comprese e commemorate in maniera specifica, non con un minestrone che nuovamente le decontestualizzi e spersonalizzi, ove peraltro non si capisce chi sia -a che diritto, con quale scientificità e con che garanzie- a definire i “giusti”, come nell’attuale forma di “canonizzazioni laiche” vagliate da Gariwo.

Se la presenza di Arrigoni è una vergogna, lascia comunque molto perplessi la presenza di Laras e Martini, o, ancor più, della recentemente defunta giudice ebrea della Corte Suprema statunitense. Le vite di chi queste persone -alcune delle quali da noi amate e profondamente rispettate- avrebbero salvato, e con che rischi effettivi per loro e le loro famiglie? Un concetto così strattonabile di “giusto” testimonia, in vero, di poca serietà ed è ambiguo: purtroppo, fa passare in modo surrettizio, tra mille non detti, un’equazione subdola e pericolosa: giusto fu chi è progressista o a questo oggi è assimilabile e riducibile.

Indipendentemente da tutto ciò, Ferrari, a fronte delle sue parole, si rende conto di essere un odiatore? Di impiegare un linguaggio violento e discriminatorio e di voler suscitare dal suo pulpito biasimo feroce in lettori ignari di quel che si tratta oppure prevenuti, dato che su tutte queste questioni vi è ignoranza e confusione dilagante? E il Corriere della Sera, nella figura del suo Direttore, non si vergogna nel pubblicare articoli antisemiti, perché non è affatto difficile, per chiunque abbia dimestichezza con l’antisemitismo e i suoi discorsi, decostruire l’architettura argomentativa e ideologica abbozzata da Ferrari, peraltro non originale?

C’è di più: non si indigna, sin da subito, Milena Santerini, anch’ella come il Ferrari ambasciatrice Gariwo, per le parole vergognose di costui, essendo peraltro impegnata -per mandato del Parlamento- contro l’antisemitismo? Gariwo, ieri sera, dopo una giornata di discussioni animatissime in seno alle rappresentanze degli ebrei d’Italia, ha emesso un comunicato di distanza e condanna delle parole di Ferrari. Non è, a mio avviso, in alcun modo sufficiente: o Gariwo fa immediatamente decadere Ferrari da suo ambasciatore oppure le Comunità ebraiche devono cessare, per manifesta incompatibilità e per minimale rispetto degli ebrei italiani a cui debbono rendere conto, ogni collaborazione con questa organizzazione.

Ferrari fa riaffiorare antichi slogan dell’anti-giudaismo, ma con il classico volto nuovo di oggi, quello del “volemose tutti bene, siamo tutti fratelli”. È altamente rischioso e a dir poco fuorviante confondere, anzi manipolare, il concetto nobile e irrinunciabile di apertura e di fratellanza, con il pericolo di reciproco annullamento e irreversibile assimilazione che sta avvenendo nel tanto elogiato centro delle tre grandi religioni a Berlino, giusto per fare un esempio. C’è differenza tra dialogo e sincretismo. Soprattutto, omologazione, diniego delle differenze e generalizzazione con spersonalizzazione e perdita delle specificità sono forme di violenza, peraltro non blanda. Infine, non è ottundendo le differenze e sovrapponendo identità complesse e secolari che si fa luce e chiarezza sui punti critici e pericolosi inerenti ai tre monoteismi: una simile politica sarebbe sono un ulteriore falsante velo.

Ferrari scrive della necessità di cambiamento del mondo. Per noi ebrei osservanti il mondo è in continuo cambiamento e si rinnova ogni giorno (ha-mehaddesh be-tuvò be-kol-yom tamìd ma‘asé Bereshìt, così la liturgia mattutina: che rinnova con il Suo bene ogni giorno l’opera della Creazione…), basandosi sui principi e sulle leggi stabili che il Creatore ha determinato.

Nella macedonia (che è cosa ben diversa da una società plurale), vige la confusione, la superficialità e l’anarchia, ovvero lo scempio sempre più manifesto della società occidentale che ci circonda. Non vi sono più valori etici e morali, anzi vengono denigrati se non rivisitabili da certi soloni; il senso del decoro e del sacro è deriso; il fanatismo religioso serpeggia; tutto cambia molto velocemente in base alle necessità di questa generazione e al consumo finanche delle persone e degli affetti; ciò che prima era pornografia oggi è arte, ciò che era immorale è assurto a modello, il che è ben diverso -ancora una volta- dal rispetto per scelte altrui che non si condividono, dall’empatia e dalla comprensione, da un’idea laica di cittadinanza, dalle sfide positive sollecitate dalle nuove conoscenze e dalla scienza ai pensieri religiosi tradizionali.

Non ho alcuna intenzione né di essere messo alla berlina, né di giustificarmi, né di prendere lezioni etiche da un violento, con buona pace per l’organizzazione di cui è ambasciatore, le cui contraddizioni sono state messe a nudo.


CIÒ CHE È INCOMPATIBILE
Niram Ferretti
10 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Con il suo intervento in forma di lettera aperta inviata oggi a "L'informale", Rav. David Sciunnach, Rabbino Capo di Ancona e Parma, ci ha donato una riflessione limpida e precisa sull'affaire Ferrari e su Gariwo.
Ringraziando personalmente Rav. Sciunnach, per avere scelto "l'Informale" quale luogo ove pubblicare in ateprima il suo testo, e ciò, consentitecelo ci inorgoglisce perché lo consideriamo un attestato di benemerenza, una prova della nostra attendibilità e serietà professionale, colgo l'occasione per ulteriori considerazioni.
Gabriele Nissim, fondatore e presidente di Gariwo, ci ha accusato di denigrare lui e la sua fondazione. Nulla di più lontano dalla realtà. Ci siamo limitati, come attenti osservatori a segnalare anomalie e fatti, a nostro parere sconcertanti che riguardano la sua Onlus.
Su questi fatti, su queste anomalie, Gabriele Nissim ha preferito sorvolare, non entrando mai nel merito, neanche una sola volta sui problemi da noi segnalati.
È una via di fuga assai facile quella di accusare chi solleva domande e mostra problematicità, di fumus persecutionis.
Noi ci siamo chiesti perché, nel 2013, un noto militante antisionista, Vittorio Arrigoni sia stato fatto Gusto a Pistoia alla presenza di due dei principali esponenti di Gariwo, i quali nulla hanno avuto da ridire nè allora nè in seguito su questa scelta. Ci siamo poi chiesti perchè siedono nel Comitato Scientifico della fondazione, Avraham Burg, Vittorio Emanuele Parsi, Riccardo Noury, tutti e tre, in misura maggiore e minore, pregiudizialmente avversi a Israele e propagatori di una strutturata demonnizzazione sul suo conto.
Poi è arrivato il turno di Antonio Ferrari, ambasciatore di Gariwo, e nel passato corrispondente per il Medioriente del "Corriere della Sera", attività che, in merito a Israele, svolgeva basando i suoi articoli sulle veline fornitogli dall'Autorità Palestinese.
L'articolo dal contenuto antisemita che Ferrari ha scritto l'8 marzo sul "Corriere", in difesa di Gabriele Nissim e di Gariwo, non è un incidente di percorso, ma riflette con franchezza il suo pensiero.
Della lettera di Rav. Schiunach desidero riportare qui alcuni passi.
"Le Memorie, i morti e i Giusti sono specifici: vanno affrontate, studiate, comprese e commemorate in maniera specifica, non con un minestrone che nuovamente le decontestualizzi e spersonalizzi, ove peraltro non si capisce chi sia -a che diritto, con quale scientificità e con che garanzie- a definire i “giusti”, come nell’attuale forma di “canonizzazioni laiche” vagliate da Gariwo".
È esattamente la nostra posizione che abbiamo espresso in numerosi articoli sul tema.
"Non si indigna, sin da subito, Milena Santerini, anch’ella come il Ferrari ambasciatrice Gariwo, per le parole vergognose di costui, essendo peraltro impegnata -per mandato del Parlamento- contro l’antisemitismo? Gariwo, ieri sera, dopo una giornata di discussioni animatissime in seno alle rappresentanze degli ebrei d’Italia, ha emesso un comunicato di distanza e condanna delle parole di Ferrari. Non è, a mio avviso, in alcun modo sufficiente: o Gariwo fa immediatamente decadere Ferrari da suo ambasciatore oppure le Comunità ebraiche devono cessare, per manifesta incompatibilità e per minimale rispetto degli ebrei italiani a cui debbono rendere conto, ogni collaborazione con questa organizzazione".
E qui Gabriele Nissim è chiamato a una scelta. Non può pretendere di avere come proprio ambasciatore un giornalista le cui esternazioni sono state già inserite dal CDEC nel novero degli atti antisemiti, e il cui scritto ha suscitato la presa di posizione della Comunità di Milano e dell'UCEI.
Non si possono avere tutte e due le cose. Ma sarebbe anche opportuno per il bene della fondazione che presiede che egli faccia decadere dalla carica di Consiglieri scientifici individui che hanno Israele in odio e che su di esso gettano, appena possono, discredito.
Il bene si fa anche così, liberandosi dai propagatori di menzogna e dagli odiatori custoditi in seno.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razzisti

Messaggioda Berto » mer mar 10, 2021 8:49 pm

Le nostre ragioni, fermamente
10 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/le-nostre-ragioni-fermamente/

A seguito del polverone scatenatosi dopo la pubblicazione l’8 marzo su Il Corriere della Sera dell’articolo di Antonio Ferrari, di cui abbiamo già dato conto, e dopo l’esplicita richiesta rivolta a Gariwo da parte di Noemi Di Segni, presidente UCEI, che la Onlus creata da Gabriele Nissim, prendesse le distanze dal suo articolo, è apparso un comunicato sul sito della fondazione.

In esso si scrive che Ferrari, nel suo pezzo “usa delle espressioni offensive, generalizzanti e distorcenti la realtà nei confronti di un’istituzione prestigiosa come Yad Vashem e verso quegli ebrei che chiama ‘tradizionalisti’, ‘nazonalisti’, ‘ottusi’ e ‘bacchettoni'”.

Ci preme, tuttavia, evidenziare che è lo stesso Gabriele Nissim, uomo pacato e di dialogo che ama fare queste distinzioni. In un suo post su Facebook del 18 febbraio scorso, a proposito dell’aggressione subita dallo scrittore ebreo Marek Halter, Nissim ebbe a scrivere temerariamente che Halter non era stato aggredito in quanto ebreo ma per le sue idee universaliste e che esse non piacciono ai “nazionalisti” e ai “fondamentalisti di tutte le parti”.

È evidente che con queste qualifiche Gabriele Nissim si riferiva anche a quegli ebrei, fortemente legati al concetto di nazione, ovvero a Israele, e a coloro che con esso hanno un forte radicamento. Dunque, una qualche contiguità di vedute con Antonio Ferrari sembra evidente. D’altronde, se così non fosse, perché promuoverlo ad ambasciatore di Gariwo?

Nel comunicato di Gariwo è scritto: “Con il suo articolo, Ferrari è intervenuto contro un clima polemico che da alcuni mesi si è focalizzato in attacchi alla Fondazione Gariwo e ai Giardini dei Giusti. Attacchi che mettono in discussione la Giornata dei Giusti che è stata approvata dal Parlamento Europeo e dal Parlamento Italiano e fraintendono volutamente le nostre posizioni accusandoci di avere una concezione dei Giusti impropria e addirittura anti ‘israeliana…Auspichiamo che si possa ritornare a un sereno dibattito e confronto, superando un clima di denigrazione e di ostilità preconcetta che fa solo male a tutti”.

Essendo L’Informale in prima linea da diverso tempo con articoli critici dedicati a Gariwo, presumiamo che gli attacchi a cui il comunicato fa riferimento senza nominarci, siano soprattutto quelli a noi riconducibili.

No, noi non fraintendiamo volutamente nulla. C’è poco da fraintendere quando in numersosi scritti presenti sul sito di Gariwo la Shoah viene equiparata al Covid-19, i genocidi ai maremoti, si sradica il concetto di Giusto dalla sua specificità, o si scrive per penna della storica Anna Foa, che la memoria non andrebbe difesa, oppure si mandando due propri rappresentanti istituzionali a Pistoia nel 2013 a commemorare nuovi Giusti, tra cui l’estremista filopalestinese Vittorio Arrigoni, per non parlare di altri Giusti.

Sì, confermiamo senza tema di essere smentiti, che le posizioni di almeno tre membri del Comitato Scientifico, Avraham Burg, Vittorio Emanuele Parsi, Riccardo Noury sono esplicitamente e programmaticamente anti-israeliane, così come confermiamo che all’interno del sito in diversi articoli le posizioni espresse su Israele gli sono pregiudizialmente avverse e ricalcano la linea politica dell’ANPI.

Tutto questo è fattuale, documentabile. Non vi è nulla di preconcetto in esso. Quanto al male che ci si fa, sì, siamo d’accordo pienamente, è quello che Gariwo fa a se stessa evitando di affrontare i problemi seri che noi abbiamo sollevato, anzi negando che essi esistano. L’articolo di Antonio Ferrari non è un incidente. È la conseguenza di una deriva ideologica in atto.

Auspichiamo anche noi un dibattito sereno. Sui fatti. Su ciò che indichiamo e riteniamo molto critico. Siamo serenamente disponibili, in questo senso, a qualsiasi confronto pubblico con Gariwo.




Il caso dei Giusti di Gariwo: nella polemica interviene la Nuova Udai 10.0
Ester Moscati
11 marzo 2021

https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-so ... -udai-10-0


Riceviamo e pubblichiamo

di Nuova Udai 10.0

Nell’ambito della molteplice attività di rafforzamento delle relazioni tra Italia e Israele, Nuova Udai 10.0 rende nota la propria preoccupazione e le forti perplessità in merito all’ impianto concettuale ed al modus operandi della Onlus Gariwo fondata da Gabriele Nissim.
Il concetto di “Giusto” è maturato in ambito ebraico per onorare specificamente coloro che durante la Seconda Guerra Mondiale rischiarono la propria vita per salvare quella degli Ebrei.
Gariwo ha ripreso in modo arbitrario il termine “Giusto” estendendolo a chiunque abbia fatto “genericamente” del bene con l’evidente conseguenza che un’estensione così allargata si presta inevitabilmente a scelte soggettive potenzialmente motivate ideologicamente, come infatti si è poi verificato in alcuni casi.

Il termine “Giusto” è proprio ed unico di Yad Vashem l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme, che riconosce questa qualifica unicamente a coloro che hanno salvato ebrei durante la Shoah. A Yad Vashem, la qualifica di Giusto avviene solo dopo uno scrupoloso esame di documenti e testimonianze al fine di rendere giustizia alla memoria e alla storia.
“Ogni vita è importante e non c’è una vita più importante dell’altra” è sicuramente un insegnamento per non rimanere indifferenti davanti alle ingiustizie del mondo, ma la scelta di Yad Vashem è specifica, e questa specificità aiuta a preservare la memoria e a capire la Shoah. Aprire le maglie della memoria rischia la sua relativizzazione e, purtroppo, anche la sua strumentalizzazione come ad esempio nel caso di Vittorio Arrigoni, noto attivista filopalestinese e accanito antisionista, ucciso nel 2011 a Gaza da estremisti salafiti, il quale è stato proclamato Giusto per ben 2 volte (!!!!) nel Giardino dei Giusti inaugurato da Gariwo a Pistoia nel 2013 ed in quello inaugurato a Trevi nel 2017.

Inoltre citiamo anche il recente articolo di Antonio Ferrari sul Corriere della Sera nel quale la mistificazione storica e morale proposta da Gariwo viene sublimata al punto da affermare che “Per loro – ndr. Yad Vashem – i Giusti sono soltanto i gentili che salvarono la vita degli ebrei durante la Shoah”. In quel “soltanto” vi sono due offese profonde: la prima è per i Gentili che salvarono, la seconda è verso gli Ebrei che vissero sulla propria pelle l’orrore della Shoah.
Questo è il frutto avvelenato dell’attività di Gariwo: appropriarsi culturalmente di un valore che appartiene ad un contesto ben chiaro, per distorcerne il significato e farne strumento di propaganda politica proprio contro Israele!

Gariwo afferma di non essere responsabile dei Giardini dei Giusti che vengono istituiti facendo riferimento ad esso, tuttavia, nel 2013 e nel 2017 a presenziare alle cerimonie di inaugurazione dei giardini in cui Arrigoni figura come “Giusto” erano presenti suoi rappresentanti ufficiali, tra cui la Sig.ra Samuelli responsabile della didattica nelle scuole per Gariwo.

Ma le nostre perplessità e preoccupazioni non si fermano qui: riteniamo infatti fortemente problematico e non coerente con il tema dei “Giusti” che Gariwo ospiti nel proprio “Comitato Scientifico” persone che nutrono e promuovono una forte avversione allo Stato di Israele.
E’ il caso di Avraham Burg, ex speaker della Knesset, il cui estremismo lo ha portato a disconoscere la propria identità ebraica ed a dichiarare che appartenere alla comunità ebraica in Israele significa appartenere a “un gruppo di padroni”, affermando inoltre che la Legge Base del 2018 che riconosce Israele come uno Stato Ebraico sancisce di fatto l’apartheid (!!!!).
E’ il caso di Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano, che condivide su Israele le posizioni del BDS, o di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, anch’egli espressosi a favore del boicottaggio e diffusore di fake news che alimentano pregiudizi e odio verso ebrei e Israele, come quella che gli Israeliani non vaccinano i palestinesi.

Non è finita qui: all’interno del sito di Gariwo sono ospitati numerosi articoli il cui orientamento ideologico è pregiudizialmente avverso ad Israele e sembrano ricalcare quella ideologia anti israeliana che troviamo su tanta stampa estremista: simpatia verso Freedom Flotilla, empatia con BDS e Roger Waters, ecc.

Alla luce di questi fatti Nuova Udai 10.0 ritiene necessari provvedimenti e chiarimenti nonché una precisa e netta presa di coscienza da parte di Singoli ed Istituzioni, allo scopo di mettere fine a queste ambiguità e incongruenze che sono fortemente divisive all’interno ed all’esterno del mondo ebraico.
Il Presidente
Prof. Enrico Mairov



Punti imprescindibili
11 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/punti-imprescindibili/

Sulla scorta dell’intervento del rabbino David Sciunnach, del nostro specifico e attento monitoraggio, del comunicato ufficiale della Comunità Ebraica di Milano circa l’affaire Ferrari, nonché delle molte urgenti riflessioni che sappiamo essersi avviate in seno all’UCEI, sottolineiamo quelli che, a nostro avviso, sono i punti imprescindibili per “accomodare” le cose:

come richiesto dal rabbino Sciunnach (ma non solo), le istituzioni ebraiche, con ogni evidenza, a fronte del pezzo di Antonio Ferrari, dovrebbero esigerne l’immediato allontanamento e rimozione dal suo attuale ruolo di ambasciatore di Gariwo (che supponiamo crei, peraltro, non pochi imbarazzi e disappunto a molti altri ambasciatori, persone più che rispettabili e degne);
il prof. Vittorio Emanuele Parsi, che figura nel Comitato Scientifico di Gariwo, ha sostenuto quanto segue in alcuni suoi pubblici post su Facebook: 1. “la decisione del Premier israeliano di fare di Israele uno Stato solo per ebrei è allucinante… Resta solo da capire se il suo modello è il Sud Africa prima di Mandela o la Serbia ai tempi di Milosevic (24.11.2014); 2. “oggi è il 60° anniversario della Nakba, la cacciata dei palestinesi dalle loro terre… Per non dimenticare che da sessantasette anni un popolo errante ha preso il posto di un altro (maggio 2015); 3. in relazione alla campagna vaccinale israeliana, “…ma non lo si può dire che Israele è come un regime razzista del Sud Africa dell’Apartheid” (9.1.2021). Ovviamente il prof. Parsi può sostenere le idee che ritiene, vere o false che siano, con toni accettabili o meno per la nostra sensibilità. Stupisce però che chi si occupa di lotta all’antisemitismo e al razzismo, come pure della memoria dei genocidi, come Gariwo si propone di fare, possa ospitare proprio nel suo C.S. personalità che sostengano posizioni del genere. Ma, ancor più, è intollerabile -e, nel caso, come lo giustificano ai loro iscritti?- che le Comunità Ebraiche Italiane possano avere una partnership siffatta. Vale quindi per il Prof. Parsi il palese problema di incompatibilità -se c’è partnership UCEI/CEM/CDEC- del dott. Ferrari, con la stessa inevitabile necessità di scelta;
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, si è ripetutamente schierato a favore del movimento BDS e, anch’egli, figura nel Comitato Scientifico di Gariwo. Come il sito mosaico-cem.it ha anche recentemente documentato, il movimento BDS è in partnership con l’Iran e Hamas, ossia con realtà tirannico-islamiste (a detrimento in primo luogo della popolazione iraniana) o islamico-terroristiche (con violenze inaudite alla stessa popolazione palestinese musulmana), che alimentano e diffondono verso gli ebrei sentimenti persecutori feroci ovunque nel mondo, finanziano attentati terroristici ovunque nel globo e, nei riguardi di Israele e della suo popolazione, nutrono e finanziano intenti genocidari. Stupisce, anche in questo caso, che personalità legate al BDS possano essere cooptate in seno a un’organizzazione con i propositi di Gariwo. Ma, ancora una volta, lascia allibiti che, a fronte di ciò, le Istutizioni Ebraiche Italiane non abbiano ritenuto o di imporre un veto o di dissociarsi prontamente;
le Istituzione ebraiche italiane (UCEI, la Comunità Ebraica di Milano, il CDEC) hanno una partnership con Gariwo. Sconcerta che, per tutto questo tempo, i loro delegati non si siano accorti di questi “cortocircuiti” o li abbiano sottostimati, né abbiano fatto avviare tempestivamente un sereno e costruttivo dibattito, né abbiano preso le distanze, né -eventualmente- siano riusciti a farsi valere fattivamente. In ragione di tutto ciò, occorrerebbero urgenti sostituzioni per avviare un nuovo e migliore corso, a fronte di manifesta incapacità.

Quelli appena esposti sono i primi, minimi e necessari passi da compiere per evitare una frattura insanabile; per scongiurare -cosa ben più grave- un uso ambiguo e insidioso della Memoria (e non solo di quella ebraica); per evitare il caos più totale a qualsiasi persona in buona coscienza che voglia fare memoria, senza essere a sua insaputa strumentalizzata da movimenti o ammiccamenti poco chiari e sdrucciolevoli; per, infine, garantire dignità agli ebrei italiani (e non solo) -in Italia, nel mondo e, in ampia misura, in Israele-, discendenti dei perseguitati dal nazi-fascismo e oggi potenziali vittime del terrorismo islamista.


Francesco Birardi
A quanto ho capito, “Gariwo” è il progetto di una certa sinistra ebraica che – seguendo la via già tracciata dalla Sinistra in genere - si appropria, stravolgendolo, del concetto morale di “Giusto”, onde attribuirlo poi a sua discrezione a chi gli fa comodo, e farne quindi, paradossalmente, un uso politico in senso anti-israeleiano o anti-Netanyahu.


IL RAGLIO DI DON GIOVANNI E LA SIEPE DEI GIUSTI
Niram Ferretti
12 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Sulla sua pagina Facebook quel gentleman vecchio stampo di Antonio Ferrari, dopo il suo ignobile attacco a Yad Vashem, riproponendo odiosi stereotipi antisemiti, riguardo ai quali, vista la pochezza intellettuale dell'individuo, gli concediamo la buonafede, dà degli imbecilli a tutti coloro che si sono indignati per le sue parole sconce.
La vanagloria esibita è quasi straziante, "Al Corriere della Sera come anzianità e prestigio sono quasi un istituzione", "Le critiche mi hanno sempre fatto solletico", "Mai piegato la schiena, se non per amare una bella donna, comprese molte israeliane" (la volgarità). Viene fuori il ritratto a tutto tondo di un italiano di provincia, pieno di sè, narcisista, pervaso da un gallismo patetico e crepuscolare.
Imbecilli secondo l'anziano Don Giovanni modenese sarebbero Rav. David Schunach, Rav. Giuseppe Momigliano, Sergio Della Pergola, la CEM, L'UCEI, l'UDAI, e tutti coloro che hanno espresso indignazione per le sue parole pubblicate sul Corriere della Sera, dove oggi, questa "istituzione" è ridotta a commentare dallo sgabuzzino di una rubrichetta.
Ma la cosa grave, e non ne dubitavamo, è che Gabriele Nissim abbia messo il suo like a questa espettorazione rancida, confermando, se ce ne era bisogno, che egli non solo è d'accordo con quanto ha scritto Ferrari sul "Corriere", ma che, non ha capito assolutamente nulla delle critiche che gli sono state puntulamente mosse.
Naturalmente, Ferrari resterà ambasciatore di Gariwo, come non decadranno dai loro posti nel Comitato Scientifico, antisionisti professionisti come Avraham Burg, Vittorio Emanuele Parsi, Riccardo Noury.
Occorrerbbe una seria presa di posizione della CEM, del CDEC e del rabbinato, nei confronti di una ONLUS, che sostiene un diffamatore di Yad Vashem, uno che divide il mondo in due, gli israeliani e gli ebrei à la page, quelli che conosce lui, mentre gli altri sono un gruppo di esecrabili.
Occorrerebbe che una ONLUS che mantiene in seno odiatori di Israele, che sul proprio sito pubblica articoli che sembrano dettati dall'ANPI, e testi in cui la Shoah è associata al Covid 19 e al riscaldamento del pianeta, che non ha battuto ciglio quando, nel 2013, Vittorio Arrigoni veniva proclamato Giusto a Pistoia, non godesse dell'appoggio di istituzioni ebraiche. Ne va della credibilità di queste ultime.



EXPERTISE
Niram Ferretti
13 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"Su chi ha inventato Hamas lo confessò Rabin al presidente egiziano Mubarak: 'È il più grave errore che abbiamo commesso'.
".....Mubarak lo ha confessato a me e molti israeliani mi hanno detto: Bah, cose del passato. Hezbollah ha una storia diversa. Ho vissuto anche in Libano per anni. L’ISIS è un capolavoro saudita in riesportati alla guerra contro Saddam Hussein. Se vogliamo parlare di guerre e Medio Oriente credo abbia trovato, cara Mara, la persona giusta".
Chi scrive queste idiozie? Antonio Ferrari, sulla sua pagina, in risposta all'intervento di un altro utente sotto al post in cui dà degli imbecilli a tutti coloro che hanno trovato nel suo grossolano articolo contro Yad Vashem e gli ebrei bacchettoni, ecc. elementi antisemiti.

Hamas, acronimo di Ḥarakat al-Muqāwamah al-ʾIslāmiyyah (Movimento di Resistenza islamica) è la costola palestinese dei Fratelli Musulmani. Venne fondato nel 1987 da Ahmed Yassin, Abdel Aziz al-Rantisi, Mohammad Taha (da non confondere con Mahmoud Mohammed Taha, il pensatore riformista sudanese, giustiziato per apostasia in Sudan nel 1985).
Negli anni '90 Israele appoggiò Hamas a Gaza nella sua lotta per il potere contro l'OLP, in quel periodo, ritenuta giustamente dallo Stato ebraico, il pericolo maggiore.
Hamas, a Gaza, era utile per contrastare la creatura di Arafat. Si chiama realpolitik ed esiste da quando esiste la politica. Ci si allea, o si appoggia un diavolo minore per sconfiggere un diavolo maggiore, purtroppo poi, ci sono sempre conseguenze spiacevoli perché i demoni restano tali, minori o maggiori che essi siano.
Affermare che Israele avrebbe "inventato" la forza islamista può fare presa sugli analfabeti e i complottisti un tanto al chilo. Addirittura si tratterebbe di una "confessione" di Rabin a Mubarak. Non siamo nel grottesco, siamo nel delirio.
"L'ISIS è un capolavoro saudita in risposta alla guerra contro Saddam Hussein".
Il debutto dell'ISIS risale alla guerra civile siriana. Si tratta di una organizzazione rigorista salafita con le caratteristiche di una setta, e con l'esplicito programma di ricreare il Califfato. La sua origine si trova in Al Qaida. Si renderà poi autonoma nel 2013 nel contesto della guerra irachena.
Come la sua casa madre, Al Qaida, l'ISIS si contrappone fin dal suo esordio alla monarchia saudita, e i motivi sono evidenti anche a un troglodita.
La Casa di Saud, era considerara da Osama Bin Laden e da Abu Musab al-Zarqawi come indegna di esistere, corrotta e compromessa con gli Stati Uniti. Nel 2018 Al Baghdadi dichiarò che la Casa di Saud aveva lo scopo di distruggere l'Islam e invitò la popolazione a rovesciare il governo. Ma, per Antonio Ferrari, l'ISIS sarebbe "un capolavoro saudita".
La drammaticità di tutto ciò è che queste cose completamente prive di senso, non le dice una delle tante vittime dell'effetto Dunning–Kruger che pullulano su Facebook, ma uno che per anni ha fatto il corrispondente dal Medioriente su e per Il Corriere della Sera.


I Giardini dove cresce la zizzania
15 marzo 2021

http://www.linformale.eu/i-giardini-dov ... -zizzania/

Da Rav. David Sciunnach, Rabbino Capo di Ancona e Parma, assistente del Rabbino Capo di Milano, nonchè Presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Ad Antonio Ferrari piace lanciare strali, offendendo e denigrando chiunque la pensi diversamente da lui (dato che le critiche, come scrive, gli fanno il solletico) e, nello specifico, non pochi rabbini italiani e tante altre persone. A peggiorare ulteriormente le cose, veniamo qui associati genericamente, dando così a intendere di essere in qualche modo non discontinui, a delatori o a individui che minacciano personalità insigni.

Ancora una volta: ma come si permette? Ovviamente, saremmo dunque noi, oltreché ottusi “e seminatori di zizzania”, gli odiatori (per inciso: colpisce il riferimento, quasi evangelico; ma, si sa, quelle parole cariche di misericordia si sono sempre prestate molto bene per colpire gli ebrei o per fare degli ebrei l’archetipo della chiusura mentale e morale)! Cosa che di sé, invece, il Ferrari non ammette né contempla, nonostante le evidenti parole del suo articolo e del suo post, segno, a nostro avviso, che la colonna del Corriere della Sera soffre di evidenti problemi di scrittura, lettura e comunicazione.

A me sembra che chi semina zizzania e mischi le cose, creando confusione e delegittimando con insulti e aggressività gli altri, sia proprio Antonio Ferrari, araldo di “verità e libertà”. Non diversamente da molti suoi sodali in questa vicenda, il piano delle idee, della puntualità e della forza degli argomenti addotti gli è estraneo, e il confronto, anche se serrato e duro, lo fugge. Insomma: tante accuse, tante volgarità, tanta lesa maestà, tanta vanagloria, ma zero idee! E così il Ferrari fa la vittima, ma lo nega, e sostiene di essere stato aggredito (proprio lui!, a fronte dell’ignominioso pezzo su Il Corriere della Sera), incolpando gli altri a vario titolo. E, infine, il virtuoso autore ricorre alla frase che da secoli sentiamo ripetere e che serve da grimaldello per ogni buon antisemita: “ma io ho tanti amici ebrei”!

C’è un dato curioso e indicativo -su cui noi ebrei italiani dovremmo fare molta attenzione. Nel post di Ferrari è Yad VaShem, delegittimato e aggredito, a essere degradato a generico “Giardino dei Giusti di Gerusalemme” -uno tra i tanti!!!-, e non, viceversa, i nostri giardini a essere copie -talora con scelte più che infelici, come si è appurato- ispiratesi a un’idea israeliana ed ebraica. Purtroppo, anche in proposito, è mirabile il “Like” dell’ineffabile Nissim, che pur professerebbe, come tutti costoro, ampia disponibilità al dialogo! E tutto questo, peraltro, dopo aver preso le distanze dalle parole di Ferrari in un suo recentissimo comunicato ufficiale, il che attesta quindi la sua incongruenza! Mi domando: quando, anziché copiare, riprendere e stravolgere delle idee ebraiche per sedurre gli ebrei e i non ebrei, accreditarsi in forza di queste e poi rivolgerle contro l’ebraismo, certi universalisti à la page riusciranno finalmente a inventarne di personali e autonome?

C’è poi un “capolavoro” finale, che riguarda l’ars amandi del Ferrari, che avrebbe -a suo dire- giaciuto anche con molte israeliane, segno concreto del suo non-antisemitismo. Non riporto, per rispetto di me stesso e del genere femminile, la frase squallida di questo signore, ma spaventa, anche in questo caso, il fatto che costui sarebbe un’ “istituzione al Corriere”. A mio avviso, tuttavia, inquieta e irrita -e molto!- anche qui il “Like” del nostro ineffabile. È mai possibile che uno che pretende, per sensibilità e nobiltà d’animo, di occuparsi di diritti, memoria e discriminazioni, non abbia imbarazzi a mettere “Like” a frasi siffatte? Questo “Like” di Gabriele Nissim decide della questione in maniera clamorosa e pubblica!




Lettera aperta a Gabriele Nissim e agli esponenti delle Comunità ebraiche italiane

Ester Moscati
di Maryan Ismail, Ambasciatrice di Gariwo
15 marzo 2021

https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-so ... e-italiane

Dopo la morte di mio fratello ambasciatore Yusuf Mohamed Ismail Bari-Bari, avvenuta a Mogadiscio il 27 Marzo 2015, per mano dei jihadisti somali di Al Shabaab, iniziai un percorso di racconto e confronto con l’amico Gabriele Nissim, presidente di Gariwo.

Gariwo è l’acronimo di The Righteous Worldwide Onlus, una Fondazione che dal 1999 promuove la conoscenza del coraggio civico dei Giusti, persone che in più parti del mondo hanno protetto e salvato gli ebrei perseguitati dal folle disegno di sterminio dell’ideologia nazi-fascista, ma non solo, ispirandosi a Yad Vashem in Israele.

Il valore che Gabriele Nissim sostiene è che “il Bene sia un potente strumento educativo e serve a prevenire genocidi e crimini contro l’umanità”. Un messaggio potente di fratellanza e sorellanza umana universale che la mia famiglia, con il martirio di mio fratello, ha contribuito a costruire e diffondere con un tributo altissimo e che, ovviamente, ho sposato immediatamente.

Ammiro e voglio bene al fratello Nissim, a cui avevo già espresso le mie perplessità e imbarazzi sulla Carta della Memoria che trovavo molto confusa per la presenza di concetti e indirizzi che includono temi tra loro irriducibili, che per gravità e delicatezza richiedono di essere trattati separatamente e in maniera specifica, il che certamente non esclude rimandi e comparazioni.

Tra questi, in particolare, vi è la questione della Giornata della Memoria, che, pur avendo certamente anche un valore universale, serve anzitutto e fondamentalmente per contrastare l’antisemitismo, non riducibile in alcun modo al solo nazifascismo e oggi in rapida crescita con forme nuove e da parti diverse.

L’antisemitismo è un male specifico, non è razzismo. L’antisemitismo deve essere combattuto per quello che è, con i suoi discorsi, i suoi luoghi comuni, le sue allusioni, i suoi non detti e le sue strategie.

La Giornata della Memoria, se non affrontata specificamente, risulta paradossalmente ambigua ed inefficace proprio sul piano dell’antisemitismo contemporaneo.

Anche il razzismo, crimine orrendo, ha le sue strategie e la sua storia. Per contrastarli e tentare di disattivarli entrambi, devono essere conosciuti senza generalizzazioni o riduzioni dell’uno all’altro; e, se talora i linguaggi e le modalità di odio si sovrappongono, è vitale capire in quale contesto, come, quando e perché.

È per questa e altre ragioni che considero insidiosa, in alcuni suoi punti, la Carta della Memoria.

Non solo: le altre Memorie, come quelle del Genocidio Armeno, oppure, specifica e ancora diversa, quella dell’infame e crudele deportazione sistematica in schiavitù di milioni e milioni di africani, condotta dalle potenze occidentali per oltre due secoli e con perfetta abominevole contabilità, meritano rispetto e ricordi specifici, senza essere indebitamente sussunte nella Giornata della Memoria della Shoah.

Il problema non è la “concorrenza” tra le Memorie o – peggio- l’usarne una perché le altre siano a traino, ma il coinvolgimento reciproco in Memorie diverse, debitamente e distintamente onorate e ricordate.

Cedere proprio su questo punto crea confusione, perché è riduttivo, scientificamente poco serio, politicamente azzardato e, ancor prima, iniquo e devastante.

Di recente, la polemica e la confusione sono state ulteriormente esacerbate da un articolo giornalistico e da un post di Antonio Ferrari.

Anzitutto, in quanto donna, mi ferisce profondamente la misoginia e la volgarità del machismo senescente e ariano del giornalista Antonio Ferrari, anch’egli come me, ambasciatore Gariwo. Credo che, solo per questa sua odiosa uscita, oltre alle scuse a noi signore di ogni etnia e fede, sia inconciliabile la sua presenza con quella di ogni ambasciatrice e sostenitrice Gariwo. Ne va della nostra dignità e pari opportunità riconosciute dalla Costituzione Italiana e dallo stesso statuto di Gariwo.

In questi mesi di letture delle critiche alla Carta della Memoria -mosse da molti esponenti dell’ebraismo italiano, ma non solo- e successivamente alle reazioni suscitate dal già citato articolo di Ferrari, faccio mie le considerazioni di Rav David Sciunnach, del rabbino Giuseppe Momigliano, nonché del Rav Alfonso Arbib presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana e Rabbino Capo di Milano, che ho sentito personalmente più volte.

È per me inaccettabile come somala mussulmana che cerca di dialogare, confrontarsi e collaborare in maniera credibile con il mondo ebraico, che, proprio tra le personalità interne o vicine a Gariwo, segnalate sul quel sito istituzionale, vi siano persone contigue al movimento e all’ideologia che promuove il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele), storicamente legato alla Fratellanza Islamica, Hamas e Hezbollah.

Stupisce che su tutte queste commistioni e non detti, ostacolo a qualsiasi forma di chiarezza per la costruzione della pace in Medio Oriente, Africa e sempre più nelle nostre società plurietniche e plurireligiose europee, Gariwo non si tuteli da forme insidiose di pensiero o da persone che fanno dichiarazioni quantomeno problematiche.

Al riguardo, non posso che condividere l’amara sorpresa del rabbino Sciunnach circa il pubblico silenzio di Milena Santerini, specie a fronte dell’articolo di Ferrari e delle accuse vergognose da costui rivolte indistintamente alle comunità ebraiche e a molti loro rispettabili esponenti e membri, anzitutto in ragione, come è stato osservato, del suo mandato governativo di coordinatrice per la lotta all’antisemitismo, nonché a fronte del suo passato impegno parlamentare proprio nella Commissione europea uguaglianza e non discriminazione.

Non solo. Stupisce assai che le comunità ebraiche abbiano sottovalutato la pericolosa incidenza di certe prospettive ambigue e confuse della Carta della Memoria, come pure di certe personalità coinvolte in questa importante istituzione, non solo per se stesse ma per tutta la collettività civica e civile.

Come ambasciatrice di Gariwo auspico che venga avviata fattivamente una profonda e significativa rivisitazione di certe posizioni e pratiche sinora invalse, in maniera che Gariwo possa rafforzarsi, non entrare in contraddizione con se stessa, come sta accadendo, e non perdere il sostegno, oltreché mio, del principale e “naturale” partner e riferimento, ossia le comunità ebraiche, che hanno inevitabilmente rinvenuto nell’amalgama insidie, talune surrettizie altre dichiarate.

A vent’anni dalla nascita di Gariwo, e per consegnarla al meglio al futuro, suggerisco all’amico Gabriele di trarre un bilancio franco degli obiettivi conseguiti, come pure di individuare e prontamente correggere, dando segnali tangibili e inequivocabili, le inevitabili storture che il tempo, gli impegni e il non risparmiarsi talora possono ingenerare senza che ce ne si sia resi conto.

Salam, Shalom, Pace,

Maryan Ismail



Alberto Pento
L'autrice ricorda che nella Carta della Memoria si menzionano i milioni di africani schiavizzati e deportati nelle americhe dai trafficanti europei ma sia la Carta che Lei hanno dimenticato i milioni di africani schiavizzati e deportati dai maomettani, specialmente arabi, asiatici e africani stessi.


CI SAREBBE BASTATO
Niram Ferretti
16 marzo 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Se non avessero onorato Arrigoni, ci sarebbe bastato.
Se Moni Ovadia non avesse firmato la Carta della Memoria, dopo avere scritto che "Se gli ebrei del tempo di Hitler fossero stati come gli israeliani alla Netanyahu, i nazisti avrebbero progettato la Endlösung? La mia risposta è, non credo", ci sarebbe bastato.
Se non avessero arruolato Antonio Ferrari finito sotto la lente dell'Osservatorio antisemitismo, ci sarebbe bastato.
Se non avessero scritto che chi è per la specificità della Shoah rischia di allontanare la questione ebraica dalla condizione umana, ci sarebbe bastato.
Ora che, dopo avere fatto frmare la Carta della Memoria, l'hanno cambiata senza il consenso dei firmatari, siamo rimasti privi di parole.


TOUT SE TIENT
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Ci sono falsari e falsari. Alcuni sublimi, altri veri e propri pataccari. Alla prima categoria appartengono Han van Meegeren che vendette un falso Veermer a Göring, o Icilio Federico Joni, specializzato in falsi del Trecento, alla seconda chi ha modificato nella notte la "Carta della Memoria di Gariwo" all'insaputa dei firmatari. Un lavoro fatto con i piedi.
È avvenuto dopo le numerose critiche alla fondazione creata da Gabriele Nissim. "La Carta della Memoria" originale era un pezzo unico, e come tutto ciò che è autentico, va salvaguardato.
Invece di una ammissione di respiscienza, che sarebbe stata onorevole, si è provveduto a un ritocco qua e uno là, per modificare i passaggi più problematici.
D'altronde, dopo un like al post di Antonio Ferrari, in cui, lui vero hombre vertical, rincarava la dose contro tutti gli "imbecilli" che avevano osato scrivere che il suo osceno articolo dell'8 marzo conteneva vere grossolanità dal sapore antisemita, il presidente di Gariwo, lo ha poi tolto.
I ritocchi alla Carta della Memoria, Magna Charta di Gariwo, sono occorsi dopo.



E così il prof. Sergio Della Pergola risponde al vergognoso articolo di Antonio Ferrari ospitato dal Corriere della sera che fu il giornale più autorevole in Italia:
15 marzo 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 8059501281

“Buona sera Ferrari,
ho letto e udito con stupore e rammarico il suo articolo di oggi sui Giusti delle Nazioni.
Essendo io membro da oltre 10 anni della Commissione di Yad Vashem per il riconoscimento dei Giusti, ritengo il suo testo profondamente offensivo, in generale e personalmente nei miei confronti. Lei ha scritto:
“Ci sono i resistenti, inchiodati alle certezze e alle prigioni ideologiche del passato. Ma ci sono anche coloro che guardano avanti e rifiutano i più decrepiti luoghi comuni. Dico questo perché si è appena celebrata la Giornata dei Giusti nel mondo, approvata dall’Unione europea. Una Festa che dobbiamo ad un uomo ostinato e coraggioso, Gabriele Nissim, che ne è stato il vero creatore. Nissim non è stato esaltato da tutti. Da ebreo coraggioso ha denunciato, sin dall’inizio, errori e pregiudizi. *Soprattutto nel suo mondo, dove gli ebrei tradizionalisti, nazionalisti, ottusi e bacchettoni non sopportano, anzi odiano l’idea che ci siano altri Giusti nel mondo*. Per loro i Giusti sono soltanto i gentili che salvarono la vita degli ebrei durante la Shoah, l’Olocausto, la tragedia più terribile del secolo scorso. Nissim sostiene invece che Giusti sono anche coloro che hanno lottato e lottano per la difesa dei diritti umani, contro tutti i totalitarismi. Idea forte, anzi fortissima. *Perché in questo mondo che non ama il coraggio delle proprie idee, vengono invece premiati i quaquaraquà*, come ricordava il grande Leonardo Sciascia. *Insomma si celebrano i reclusi, soprattutto nell’estrema destra, nella prigione delle loro certezze. Al Giardino dei Giusti di Gerusalemme, l’ostinazione ha vinto per anni*. ”
In realtà la commissione di cui ho l’onore di fare parte svolge un lavoro di accurata indagine storica, lontana da qualsiasi pregiudizio o venatura ideologica. Il nostro lavoro riflette il dovere morale degli ebrei salvati (fra cui io stesso) nei confronti dei coraggiosi che hanno messo a rischio la propria vita per salvarne un’altra.
Il suo collegamento, Ferrari, fra questa attività moralmente doverosa e il fanatismo, è del tutto ingiustificata. Semmai eccita il pregiudizio e l’odio.
Sostanzialmente, non esiste nessuna contraddizione fra il riconoscere chi ha salvato degli ebrei e chi ha manifestato atti di coraggio nei confronti di altri. La contraddizione che lei configura è pretestuosa e inaccettabile.
Ritengo che lei oggi abbia tradito la sua professione, e mi attenderei un messaggio di scuse”.




Disputa sui miracoli
Vittorio Robiati Bendaud
18 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/disputa-sui-miracoli/

Con buona pace del mio amato David Hume -da cui ho tratto il titolo di questo pezzo, per vicende ove egli certamente non avrebbe amato confondersi-, scrivere di Gariwo, “giusti” e “santi laici”-con relativo ufficio per le cause dei santi-, fissa l’attenzione (e dunque le polemiche) su Gabriele Nissim, con cui ora sono -circa la Carta della Memoria– in vibrante disaccordo, ma che, a mio avviso, non è il principale bersaglio polemico.

In vero, il principale bersaglio polemico dovrebbero essere le Istituzioni ebraiche italiane, con l’unica eccezione del Rabbinato che, indipendentemente dalle posizioni diverse che lo attraversano e informano, ha dato un importante ed essenziale segnale agli iscritti di dignità, puntualità e capacità critica su un tema estremamente serio e vitale, ossia quello della Memoria e delle “politiche” (termine purtroppo degradato) della Memoria. Perché è agli iscritti che le Comunità ebraiche, le loro Istituzioni e i loro legali esponenti anzitutto e fondamentalmente devono rendere conto!

La Carta della Memoria è stata sottoscritta da alcuni amici (e lo scrivo nel pieno rispetto di questa meravigliosa parola) che vi figurano con il titolo ufficiale dell’istituzione ebraica che legittimamente rappresentano, cosa già di per sé estremamente problematica, che dà adito a gravi equivoci e sovrapposizioni, travalicando l’espressione personale. Qualsiasi cambio istituzionale di orientamento e sensibilità nei riguardi della Shoah, infatti, deve essere frutto di posizioni e valutazioni ampiamente discusse, studiate e condivise, di delibere ufficiali degli organi preposti, previo il coinvolgimento degli iscritti.

A fronte dello scorso recentissimo Consiglio allargato dell’UCEI su questa questione, nonché a fronte di posizioni a stragrande maggioranza trasversalmente fortemente critiche delle prospettive e posizioni assunte per l’appunto da Gariwo almeno nell’ultimo anno, mi domando perché questi stessi amici non siano intervenuti con critiche specifiche, puntuali e probanti alle ferme obiezioni sinora mosse da più parti e ai fatti che le suffragano. Dato che è ben possibile che le nostre voci critiche siano in errore, sarebbe stato allora doveroso metterlo in luce con argomentazioni inequivocabili, pertinenti e stringenti, cosa non avvenuta.

Circa le collaborazioni, a vario livello, con Gariwo, le Istituzioni ebraiche hanno un’immensa responsabilità in vigilando. Perché non è stata fatta recepire a Gariwo, a fronte della collaborazione UCEI/CEM/CER/CDEC e di firmatari che firmano facendo valere la propria carica in Istituzioni ebraiche, la Dichiarazione IRHA?

E, per converso, come è possibile che si sieda -in veste ufficiale- con chi è su posizioni opposte, quando già non compromesso addirittura con il BDS?

Quanto disorientamento e confusione, a nostro stesso danno, alimentiamo con una simile prassi schizofrenica, a fronte della simultanea richiesta di adozione della Dichiarazione IRHA, con un iter che sappiamo contrastato in vario modo, da parte delle Istituzioni della Repubblica?

Come ha potuto l’UCEI nei suoi rappresentanti e nei suoi organi non controllare tutto questo? Lo stesso dicasi, per esempio, per il duplice caso Arrigoni o per l’appena segnalato (dall’amico Marco Ascoli Marchetti di Ancona) albero (un cactus?) a Dag Hammarskjoeld, svedese, ex segretario dell’ONU, al Giardino dei Giusti di Milano!

E, ancora, come è stato possibile che tutto il materiale critico (circa idee, personalità coinvolte e, persino, “giusti” canonizzati) sia stato portato alla luce solo da una pubblicazione esterna alle nostre, che ha, per così dire, sfondato il muro del suono, dopo mesi e mesi, dati su dati, cortocircuiti su cortocircuiti, nell’imbarazzo e nel fastidio del nostro establishment, salvo poi arrivare al Consiglio allargato dell’altra sera, in cui si è appurato che “il re è nudo”?

Che genere di informazione è stata offerta ai nostri iscritti e, sul tema così caro e vitale della Memoria, che è anzitutto la loro e la nostra Memoria, come sono stati tutelati dalle nostre Istituzioni? Non possiamo che tristemente constatare che l’indispensabile opera di controllo e di coordinazione da parte nostra nei fatti si è dimostrata drammaticamente carente e inadeguata, con tutti i paradossi e le brutture che sono state appurate. Qualsiasi posizione si prenderà, credo che sia di solare evidenza (altrimenti entreremmo nel paradossale) che le persone che verranno nominate non debbano essere quelle sinora agenti.

Ciò premesso, il vero problema, quello centrale, è un altro: abbiamo toccato con mano la problematicità e il pericolo di quando le Istituzioni ebraiche (Unione, singole Comunità, CDEC etc etc), per quello che compete loro, appaltano (in parte o in toto) la gestione della Memoria (e delle politiche della Memoria) a partner esterni, senza controllo e non rigorosi, che appaiono -o de facto persino divengono (o vengono percepiti all’esterno, anche dalle Istituzioni nazionali)- suppletivi e addirittura sostitutivi delle Istituzioni ebraiche stesse; oppure le fagocitano, offuscano o “neutralizzano” se in qualche modo risultano “scomode”; o, ancora, le rendono paradossalmente concorrenti a sé tanto nella Memoria che nelle “etiche/politiche della Memoria”, sì che gli ebrei che acconsentono a ciò o vi si sottomettono sono applauditi come “universalisti e buoni”, mentre gli altri, come abbiamo letto tutti, vengono squalificati in quanto “identitari, oltranzisti e cattivi” (e, come si è appena visto, non di rado con accenti antisemiti). Il che, peraltro, neutralizza o addirittura mina la forza e la rappresentatività legittima degli ebrei italiani in maniera surrettizia!

Per finire, torniamo a Nissim (che in ebraico significa “miracoli”), che, seppur a proprio nome sollecita al Parlamento, al Comune di Milano e chissà a chi altri, nuovi organi da istituire, osservatori da creare, riconoscimenti vari, via libera istituzionali, collaborazioni con ONU e quant’altro.

Ho appreso con sconcerto in queste ore che la Carta della Memoria ha subito delle variazioni tra la stesura originaria, che le valse le varie sottoscrizioni, e l’attuale formulazione. Ho altresì appreso, con sorpresa, che i firmatari non sono stati nemmeno consultati circa le modifiche apportate unilateralmente. Il che si commenta da sé! Lascia esterrefatti che tutto questo avvenga proprio in un contesto che pretende, sbandierandolo, di essere dialogico, plurale, polifonico e inclusivo… Può essere autentico dialogo quello che così inficia, rende impossibile e dunque squalifica ogni critica?

L’esito di questa entropica e confusa vicenda porta nei fatti allo svuotamento progressivo delle funzioni istituzionali delle Comunità e dell’UCEI che derivano dallo Statuto e dalle Intese con lo Stato italiano, ed è quello che deve importare a noi. Lavorare stanca -scriveva Cesare Pavese-, ma l’inerzia produce esiti ancor più sfibranti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » sab mar 13, 2021 9:10 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » dom mar 21, 2021 9:19 am

Ancora una volta, ma non è strano per me, mi trovo in disaccordo con il pensiero di Gad Lerner che trovate qui di seguito riportato.
Emanuel Segre Amar
20 marzo 2121

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 2062338214

Per coloro che non fossero interessati a leggerlo interamente, eccone alcune frasi:

“Fra classe e nazione vince sempre la nazione”. Già, anche nell’URSS, vero? Ma Lerner lo dimentica.
“internazionalismo planetario”: ma ci crede ancora?
“ONG militanti dei diritti umani come B’Tselem e Breaking the silence”: militanti dei diritti umani o falsificatori della realtà? Ne ho incontrato alcuni dirigenti, ma con loro il dialogo è impossibile perché non ammettono di sbagliare mai.
“La sinistra israeliana, disgustata dal movimento dei coloni, s’è autoimposta un limite nel contrastarli”: o non è piuttosto stata abbandonata dai suoi elettori?
“Il labour ha preferito occuparsi di altro”: come nascondere la sconfitta...
“La lista araba unita avrebbe in Ayman Odeh un leader aperto al dialogo”: sicuramente, pur di eliminare dalla faccia della terra l’odiato e inaccettabile stato degli ebrei.
Ma questa verità a Gad Lerner non andrà mai giù.

Una regola fatale avvilisce la sinistra mondiale fin dai tempi della Grande guerra: fra classe e nazione, vince sempre la nazione. Solo rare volte la fratellanza degli oppressi è riuscita a smentirla. La mancata soluzione dei conflitti fra gli Stati finisce per averla vinta sull'internazionalismo proletario. Un caso di scuola, a tal proposito, è la dissoluzione della sinistra israeliana. Merita di venir esaminato perché - nonostante la specificità del quadro mediorientale - presenta caratteristiche che potrebbero ripetersi altrove. Anche in casa nostra.

Martedì prossimo si voterà in Israele per la quarta volta in due anni. Il sistema della rappresentanza politica si è frantumato. Sempre meglio votare che non votare, ma non è certo un bel segnale per la tenuta della democrazia. Tanto più che neppure stavolta emerge un'alternativa all"uomo forte" Netanyahu che ha interrotto la legislatura per restare aggrappato al potere. Ebbene, quand'anche Netanyahu non ce la facesse (improbabile), l'unica cosa sicura è che la sinistra israeliana resterà tagliata fuori dai giochi. Ridotta all'irrilevanza dal perpetuarsi del conflitto con i palestinesi e con il mondo islamico circostante.
Il Labour, erede del partito socialista che riuniva i fondatori dello Stato d'Israele, da anni non raggiunge il 6% dei voti. Alla sua sinistra, il Meretz oscilla intorno alla soglia minima del 3,5%. Irrilevanti, appunto. Eppure in Israele non mancano un'opinione pubblica progressista, una gioventù libertaria, autorevoli voci intellettuali laiche e pacifiste conosciute in tutto il mondo, Ong militanti dei diritti umani come B'Tselem e Breaking the Silence attive nella solidarietà con i palestinesi. Di più: nei suoi primi decenni di vita, lo Stato ebraico era permeato da esperienze comunitarie di modello socialista: forte presenza pubblica in economia, la realtà dei kibbutz, un'organizzazione sindacale potente, la sobrietà imposta come stile di vita della classe dirigente.

Com'è potuto accadere che tutto ciò non trovi più traduzione in politica? Un peso decisivo, certo, l'hanno avuto le trasformazioni economiche e sociali, uno sviluppo capitalistico impetuoso, l'immigrazione dall'este europeo e dagli Usa, l'espansione del sionismo religioso messianico che ispira il movimento dei coloni nei territori occupati. Resta il fatto che la sinistra israeliana, intimorita e perfino disgustata da questi fenomeni, s'è autoimposta un limite nel contrastarli: non potendo condividere la visione aggressiva della sicurezza nazionale della destra (basta dialogo coi palestinesi, da tenere a bada grazie alla supremazia militare, economica e tecnologica), è come se la sinistra avesse rinunciato a un suo progetto alternativo di soluzione pacifica del conflitto.

Dopo aver subito il trauma dell'assassinio di Rabin nel 1995, il fallimento degli accordi di Oslo con l'Anp, la scia di sangue del terrorismo islamista, il Labour ha preferito occuparsi d'altro, lasciando alla destra di gestire con la sua brutalità i destini del paese. Perfino il ritiro israeliano da Gaza, ultimo tentativo di distensione con i palestinesi, fu attuato nel 2005 dal "falco" Sharon. Alle elezioni successive, nel 2009, i laburisti guidati da Ehud Barak precipitarono per la prima volta sotto il 10%. E da allora a sinistra è stato tutto un succedersi di leader sempre più deboli, caratterizzati da quell'unico tratto comune: occuparsi di politica interna, di questioni economiche e sociali, lasciando alla destra le scelte strategiche. L'ultimo episodio di questa parabola discendente è stato addirittura spettacolare. Prima delle elezioni del marzo 2020 il candidato laburista Amir Peretz si fece tagliare i celebri baffoni davanti alle telecamere. Spiegò che lo faceva perché si vedessero meglio le labbra mentre pronunciava le parole: "Non andrò mai al governo con Netanyahu". Difatti, poco dopo, ne divenne il ministro dell'Economia. Ma il Labour nel frattempo era ridotto a tre seggi alla Knesset. Adesso gli è subentrata la giornalista femminista Merav Michaeli, meno screditata di Peretz, la quale preannuncia di essere pronta perfino ad alleanze innaturali con l'estrema destra se ciò consentisse la formazione di una maggioranza contro Netanyahu. Tutto è possibile? No. Un'ipotesi la sinistra israeliana l'ha proprio esclusa: quella di formare un'alleanza elettorale con la lista araba progressista, che pure avrebbe in Ayman Odeh un leader aperto al dialogo. Fra classe e nazione, vince sempre la nazione. La barriera etnica resta insuperabile e la sinistra arretra fin quasi a dissolversi.
Certo, in Italia, come del resto in Francia e in altri Paesi europei, l'elettorato non vive il medesimo clima di guerra permanente. Ma la lezione israeliana ci ricorda che la sinistra può anche scomparire. Dalla politica, se non dalla società.



ISRAELE DI NUOVO ALLE URNE: TUTTI CONTRO NETANYAHU
Ugo Volli
18 marzo 2021

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 4767134857

Mancano ormai pochi giorni alle quarte elezioni anticipate che Israele celebra in poco meno di due anni, e molti parlano di fallimento per questa incapacità del sistema politico israeliano di costituire un governo stabile, soprattutto in un contesto di crisi sanitaria e anche politica, con la perdita del grande alleato Donald J. Trump
alla guida degli Stati Uniti e l’avvento di un’amministrazione americana che cerca di riprodurre le politiche di Barack Obama , pericolosissime per Israele.
È chiaro che il problema esiste, sottolineato anche dal fatto che i sondaggi prevedono l’ingresso alla prossima Knesset (il parlamento monocamerale israeliano) di ben tredici partiti: quattro più o meno di sinistra (nell’ordine di estremismo: Meretz, i laburisti di Avodà, Yesh Atid di Yair Lapid, Kachol Lavan di בני גנץ - Benny Gantz , orfano di Yaalon e Askenazi, suoi soci delle elezioni precedenti) due arabi (la “Lista unita”, che a sua volta raggruppa tre partiti e gli islamisti moderati di Raam), due partiti caratterizzati dalla loro identità religiosa (Shaas, sefardita, e Utj, askenazita); tre che dalla destra si sono separati contro Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו (Israel Beytenu di Libermnan, Yamima di Bennett e Tikva Chadasha di Saar) un partito maggioritario di destra (il Likud di Netanyahu) e il partito nazional religioso di Smotrich.
Spesso è difficile precisare le sfumature politiche che dividono questi schieramenti, mentre è evidente che essi sono modellati sulla personalità e le insofferenze dei loro leader. Una delle caratteristiche che mostrano lo scarso senso politico di questa molteplicità è un gesto comune a Liberman, Saar e probabilmente anche Bennett, in passato anche a Olmert, Tzipi Livni e perfino ad Ariel Sharon, cioè lo scivolamento a sinistra, quasi sempre fallimentare, degli scissionisti della destra. Il fatto è che le posizioni politiche della destra liberale e nazionale sono solidamente presidiate fin dai tempi di Begin dal Likud e non vi è un grande spazio alla sua destra. Per spodestarlo e in particolare eliminare politicamente Netanyahu, com’è l’obiettivo di tutti i leader che hanno subito la sua egemonia negli ultimi trent’anni, la mossa più semplice è cercare alleanze a sinistra.
La sinistra in Israele è da molti anni sotto il 30% dei voti; anche unendosi ai partiti antisionisti prevalentemente arabi, che è operazione certamente non indolore, arriva a stento al 40%. Per governare ha bisogno degli scissionisti della destra. La maggior parte del paese non si fida della sinistra, dopo i disastri combinati dalla sua trasformazione in “campo della pace”, ed è contenta invece dei successi ottenuti dalle politiche della destra, che hanno portato il paese al successo economico e tecnologico; e anche a uno status diplomatico e militare di grandissimo successo. Chi avrebbe sperato, quarant’anni fa, nel riconoscimento di Gerusalemme capitale, che oggi si diffonde progressivamente? O nella normalizzazione con i paesi arabi? O nell’esportazione di energia e di acqua - le più preziose risorse attuali? O in una delle economie più sane del pianeta, in uno sviluppo tecnologico straordinario e in una gestione esemplare dell’epidemia in corso? I meriti sono di molti, ma è chiaro che questo processo è stato promosso e guidato soprattutto da governi del Likud diretti da Netanyahu.
E però lo spazio politico disponibile è a sinistra, e soprattutto a sinistra sono schierati i media, gli intellettuali e gli apparati giuridico e militare dello stato, il cosiddetto Deep State, che ha fatto tutto quel che poteva per insidiare l’egemonia della destra. Di qui le quattro elezioni a fila, cui è stato tolto il compito naturale di decidere l’orientamento politico (cioè economico, militare, diplomatico) dello stato, che avrebbe di nuovo premiato facilmente il Likud, per trasformarle in referendum per la detronizzazione di Natanyahu. Per tre vole questa operazione non ha funzionato e non è detto che abbia successo neppure ora. Certamente però ha paralizzato l’azione dello stato, il che è molto preoccupante. Per esempio,di recente, il progetto di Netanyahu di usare il surplus dei vaccini per rifornire alcuni paesi amici, un gesto diplomatico da un lato, dall’altro profondamente coerente con l’azione umanitaria che Israele compie sempre in tutto il mondo in occasioni di disastri e catastrofi naturali, è stato bloccato per l’azione congiunta di Gantz, nella sua qualità di vice primo ministro e del procuratore generale Avichai Mandelblit, che oltre a essere il titolare dell’accusa contro Netanyahu comprende nella sua carica anche la “consulenza legale” sugli atti di governo, con la possibilità di bloccarli se gli paiono per qualche ragione scorretta. Sarebbe stato un altro successo di Netanyahu, e allora è meglio evitare una bella figura per Israele. Ancora più grave è il caso, che forse è stato un sabotaggio, del principe giordano bloccato alla frontiera, con il risultato di bloccare per rappresaglia la visita di Netanyahu negli emirati, che l’avrebbe forse portato a un incontro decisivo con l’uomo forte dell’Arabia saudita, Mohammed bin Salman. Ho spiegato la vicenda in questo articolo: https://www.shalom.it/.../giordania-ter ... odo-tra....
Nessuno conosce naturalmente il risultato elettorale, anche perché gli incerti sono tanti (i sondaggi dicono oltre il 30%) e almeno tre partiti navigano sul bordo del limite minimo per entrare alla Knesset, che è del 3,25% su base nazionale. Una cosa è certa: il sistema politico necessita di riforme che gli permettano di non incantarsi com’è accaduto in questi anni. Occorrerebbe introdurre qualche dispositivo elettorale che sottragga potere ai partiti e ai loro leader per restituire all’elettorato la decisione su chi deve governare; alcuni parlano di elementi di sistema maggioritario, altri di elezioni basate su collegi locali. E bisognerà rimettere ordine nell’equilibrio dei poteri dello stato, dove vi sono state numerose invasioni di campo da parte del giudiziario sul legislativo. Un esempio è stata la recente sentenza della corte suprema sulla validità ai fini della cittadinanza di conversioni non ortodosse fatte in Israele; altre hanno paralizzato certi aspetti della lotta al terrorismo, come l’abbattimento delle case dei terroristi colpevoli di crimini gravissimi. E sul prossimo governo incombe anche il problema della leva degli charedim, su cui la Corte ha emesso un ultimatum.
Senza entrare nel merito di questi problemi, è chiaro che si tratta di scelte politiche, che in democrazia spettano all’elettorato e ai suoi rappresentanti, non a giudici non eletti. È vero che questo spazio di decisione è stato conquistato dai giudici ai danni di un sistema politico paralizzato, che non aveva preso decisioni richieste dalla Corte; ma anche la scelta di non decidere su certi temi e di continuare con lo status quo è politica e legittima. E non bisogna dimenticare che l’apparato giudiziario e in particolare Mandelblit hanno una responsabilità molto grande nella paralisi attuale. Il procuratore generale per esempio sta perseguendo Netanyahu (almeno in due casi su tre) sulla base di una definizione di corruzione del tutto inedita e forzata: il primo ministro è stato incriminato per corruzione col sospetto di aver cercato di ottenere una posizione positiva di certi giornali, promettendo di assumere certe posizioni politiche. È un modo di far politica diffuso in tutte le democrazie occidentali, che da nessuna parte è considerato un reato. Vale la pena di notare che queste trattative, ammesse che ci siano state, non si sono tradotte in nessuna azione di governo, mentre gli avversari di Netanyahu, fra cui Lapid, che non sono mai stati sottoposti a indagine, hanno presentato a suo tempo alla Knesset esattamente la proposta di legge per cui si vuole incriminare Netanyahu, il quale vi si è opposto fino allo scioglimento della legislatura.
Insomma, è abbastanza chiaro che a Gerusalemme come in buona parte del mondo e anche in Italia la magistratura gioca un ruolo politico. Dirlo e ragionarci sopra non vuol dire amare di meno Israele, ma cercare di contribuire con la discussione al miglioramento della situazione esistente. Naturalmente le decisioni in queste materie spettano solo ai cittadini israeliani, ma anche gli ebrei della diaspora, proprio per amore di Israele, possono sperare che finalmente i nodi politici dello sato ebraico si sciolgano e la dialettica parlamentare rispecchi il chiaro orientamento dell’elettorato.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » dom mag 09, 2021 8:32 pm

Lerner un demente ebreo antisemita nella sua versione moderna antisraeliana e filo nazi maomettana


PARAGONI IMPROPONIBILI
Niram Ferretti
9 maggio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Gad Lerner, quando parla di Israele, tocca un argomento che gli si ritorce sempre contro. Il motivo è semplice. Come tutti i parlati, Lerner usa solo stereotipi, un prontuario già confezionato a cui attingere senza grosso sforzo. Israele è troppo reazionario per questo stagionato ex lottatore continuo. Non gli piace proprio. Non gli piace il nazionalismo, non gli piace Netanyahu, non gli piace un ebraismo ben radicato nella terra, troppo mosaico, troppo arcaico. Un ebreo diasporico come lui ha altri orizzonti, quelli del mondo, non quelli angusti di un piccolo stato in Medio Oriente.
Ma con cosa ci ha deliziato Lerner ultimamente? Con uno dei suoi pensosi Tweet.
"Lo sfratto di 4 case abitate da palestinesi nel quartiere Sheikh Jarrah a Gerusalemme giustificato come restituzione perchè 73 anni fa avevano proprietari ebrei è un caso di pulizia etnica. In base a questo principio quante case andrebbero restituite ai palestinesi"?
Potere dire che Israele pratica la pulizia etnica non è una meraviglia? Certo è un topos un po' usurato, ma è sempre efficace. Illan Pappe, il ciarlatano Pappe, ci ha costruito su un libro pieno zeppi di omissioni, una patacca smascherata puntualmente da Benny Morris. Ma qui non è necessario Morris.
Esiste una legge del 1970, secondo la quale è possibile per ebrei israeliani a cui vennero confiscate le abitazioni dalla Giordania quando occupò abusivamente la Cisgiordania e Gerusalemme Est, di chiederne la restituzione. Perchè questo Lerner non lo dice, che dal 1948 al 1967 la Giordania occupò del tutto illegalmente un territorio che il Mandato Britannico per la Palestina del 1922, unico documento di pregnanza giuridica sotto il profilo del diritto internazionale, aveva assegnato agli ebrei. Non conviene dirlo. Come non conviene dire che nel 1950 si annesse i territori.
Il paragone con le abitazioni che gli arabi, non i "palestinesi" Lerner, non i palestinesi, nel 1948 dei palestinesi come pueblo, in Palestina non c'era ancora traccia, è pura demagogia.
Proveremo a ricordare a Lerner cosa accadde, molto in sintesi. Quando venne proclamata la nascita di Israele nel maggio del 1948 il nascituro stato venne attaccato dagli eserciti arabi con lo scopo di annientarlo. Non ci riuscirono. Gli arabi che abbandonarono le loro case e divennero poi rifugiati, lo fecero 1) sollecitati dai comandi arabi, 2) perchè vennero cacciati, 3) perchè scapparono per la paura. C'era infatti una guerra. Guerra di aggressione. Come conseguenza di questa guerra la Giordania occupò la Cisgiordania destinata agli ebrei e Gerusalemme Est. Cacciò tutti gli ebrei ivi residenti, e che erano riusciti a permanerci anche durante il dominio turco, e confiscò ogni loro proprietà. A Gerusalemme Est distrusse le sinagoghe e al loro posto edificò delle latrine.
Però, mi raccomando, i discendenti di quegli ebrei cacciati nel 1948 da un paese che aveva partecipato all'aggressione di Israele sono la stessa cosa degli arabi che a causa della decisione musulmana di aggredire ed eliminare Israele furono costretti a lasciare le loro abitazioni.
Certo anche i secondi sono vittime, ma non degli israeliani, ma degli arabi che provocarono la guerra.



I FATTI E I TRAVESTIMENTI
Niram Ferretti
11 maggio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"La Corte Suprema ha rinviato la decisione sul possibile sfratto di una ventina di famiglie che vivono nelle zone di Sheikh Jarrah e Silwan dopo che alcune organizzazioni di coloni oltranzisti hanno ottenuto dal tribunale la conferma del diritto di proprietà sugli edifici: appartenevano a ebrei prima della nascita dello Stato d’Israele nel 1948, i palestinesi ci abitano da almeno sessant’anni".
Così l'imparziale, neutro, oggettivo Davide Frattini, il corrispondente in Israele non de "Il Manifesto" ma de "Il Corriere della Sera".
"Coloni oltranzisti" è un abbinamento che fa un certo effetto. Già c'è il "colono", brutta specie, poi, quando è oltranzista è addirittura feccia umana. Dall'altra parte ci sono i buoni. I palestinesi che nelle case di Sheikh Jarah ci abitano da "almeno sessant'anni".
I coloni oltranzisti vogliono cacciarli. Siamo in piena telenovela. Va avanti dal 1967, e non ha mai smesso un giorno. Pulizie etniche, genocidi, eccidi, israeliani con le mani grondanti di sangue raffigurati come nazisti, ecc. ecc.
Ieri Progetto Dreyfus ha elencato in modo protocollare i fatti.
"Secondo la Corte Suprema, la terra in questione, era di proprietà del rabbino capo (Hacham Bashi) Avraham Ashkenazi e del rabbino capo Meir Orbach. Fu acquistata nel 1875 da cittadini arabi, all’epoca Gerusalemme era sotto l’occupazione Turca (1872-1917).
Dopo l’acquisto, la terra rimase sotto la proprietà di Avraham Ashkenazi e Meir Orbach, fino alla prima guerra d’indipendenza dello Stato di Israele avvenuta nel 1948.
Due anni prima, nel 1946, le organizzazioni ebraiche, Va’ad Eidat HaSfaradim e Va’ad HaKlali L’Knesset Yisrael, durante il Governo del Mandato Britannico (1920-1948), si attivarono per la registrazione di questo terreno.
Nel 1973, le proprietà sono state registrate presso le autorità israeliane sotto queste due organizzazioni. Le stesse organizzazioni, nel 2003 hanno venduto le proprietà all’organizzazione Nahalat Shimon.
Secondo una decisione dell’Alta Corte del 1979, e riaffermata ripetutamente nei casi successivi, come nel caso di qualsiasi inquilino che vive sulla proprietà di qualcun altro, i residenti che vivevano sul terreno di proprietà delle due organizzazioni sopra citate erano tenuti a pagare l’affitto alle stesse organizzazioni , visto che possedevano la titolarità delle proprietà.
La loro incapacità di farlo, insieme a casi di costruzione illegale e affitto illegale di proprietà ad altri, ha portato all’attuale procedimento legale contro di loro, culminato nella decisione del Tribunale Distrettuale.
Nel 1982, un certo numero di residenti, compresi quelli i cui discendenti si appellarono al Tribunale Distrettuale, concordarono con la Corte che le due organizzazioni no profit israeliane erano i proprietari legali della terra".
Vuoi però mettere i fatti, nudi, crudi, poveri di attrattiva, con il travestimento sgargiante della propaganda? Con l'irresistibile romanzo nero su Israele?


IL CONTENZIOSO SULLE CASE DI SHEIKH JARRAH: INNANZITUTTO I FATTI
Progetto Dreyfus si trova presso Jerusalem, Capital of Israel.
11 maggio 2021

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 3097880689

“Le proteste palestinesi sono state innescate dal fatto che diverse famiglie palestinesi rischiano di essere sfrattate dalle loro case a Sheikh Jarrah, un quartiere di Gerusalemme est, che sono state assegnate a coloni israeliani” (così la Reuters il 9.5.21). Quante volte si sono lette frasi come questa sulla stampa internazionale? Ebbene, le cose non stanno così. E prima di formulare qualunque giudizio politico, è necessario conoscere i fatti.
La causa su cui si sono dovuti pronunciare i tribunali israeliani, e che ora è sul tavolo della Corte Suprema, riguarda il tentativo da parte di proprietari israeliani di rientrare in possesso di alcuni terreni e immobili a Sheikh Jarrah di cui hanno dimostrato d’essere i legali proprietari.
Sheik Jarrah è un quartiere arabo fondato nel 1865 poco a nord delle mura della Città Vecchia di Gerusalemme. Dal 1875 fino al 1948 è esistito al suo interno anche un settore ebraico. Da secoli, infatti, quest’area è conosciuta anche con il nome di Shimon HaTzadik” (Simone il Giusto), dal nome del famoso saggio rabbinico del periodo del Secondo Tempio la cui tomba si trova nel quartiere. Proprio per la presenza della venerata sepoltura, nel 1875 i rabbini Avraham Ashkenazi e Meir Auerbach acquistarono da venditori arabi la tomba e il terreno circostante (4,5 acri, circa 1.82 ettari) per conto delle comunità sefardita e ashkenazita in Terra d’Israele, allora sotto dominazione turco-ottomana. Poco tempo dopo in quell’area, così come a Kfar Hashiloah, un altro quartiere di Gerusalemme chiamato anche Silwan, vennero ad abitare parecchi ebrei per lo più yemeniti, “saliti a Sion” nel 1881. Va ricordato che sin dal 1844 gli ebrei costituivano il più numeroso gruppo etnico della variegata popolazione di Gerusalemme. Tra il 1936 e il 1938, a fronte delle crescenti violenze arabe, per disposizione delle autorità britanniche la comunità ebraica yemenita venne sgomberata da Silwan. Rimasero invece diversi ebrei a Sheik Jarrah, almeno fino al 1948.
Nel 1946, le organizzazioni non governative ebraiche Va’ad Eidat HaSfaradim e Va’ad HaKlali L’Knesset Yisrael si adoperarono per far registrare l’atto di proprietà presso le autorità di quella che allora era la Palestina Mandataria britannica. Due anni dopo, nel 1948, la Transgiordania (oggi Giordania) attaccava lo stato d’Israele appena fondato, nel quadro del dichiarato intento dell’intera Lega Araba di impedire con la forza l’applicazione della risoluzione 181/47 delle Nazioni Uniti (che prevedeva la nascita di due stati palestinesi, uno ebraico e uno arabo), di distruggere sul nascere lo stato ebraico e di “buttare a mare gli ebrei”. Con quella aggressione, la Legione Araba di Transgiordania occupò illegalmente Giudea e Samaria (da allora rinominate West Bank o Cisgiordania), tutta la Città Vecchia di Gerusalemme e diversi quartieri circostanti, compreso il quartiere Shimon HaTzadik/Sheikh Jarrah. La Legione Araba impose la totale “pulizia etnica” in tutte le aree conquistate: a nessuno ebreo venne permesso di rimanere, neanche a quelli le cui famiglie avevano vissuto nella regione per secoli, sin da prima dell’invasione araba nel VII secolo. Nelle case rimaste vuote a Sheikh Jarrah, la Giordania insediò nel 1956 una trentina di famiglie di profughi palestinesi ai quali aveva nel frattempo conferito la cittadinanza giordana. A quanto risulta, costoro iniziarono a pagare un affitto alla Custodia Giordana delle Proprietà del Nemico.
Nel 1967 Israele, di nuovo aggredito dai paesi arabi (guerra dei sei giorni), tolse alla Giordania il controllo su Cisgiordania e parte est di Gerusalemme...



Fiano un demente ebreo antisemita nella sua versione moderna antisraeliana e filo nazi maomettana
Mentre scrivo Hamas ha chiesto all’Egitto di trattare una tregua.
Emanuele Fiano
10 maggio 2021

https://www.facebook.com/emanuele.fiano ... 4536131430

Morti, feriti, missili da Gaza alla cieca su insediamenti residenziali israeliani, 150 missili, rifugi antiaerei aperti a Tel Aviv e altre città, operazioni militari israeliane su Gaza su obiettivi militari. Prima, nella mattinata, manifestazioni a Gerusalemme. Stamattina gli scontri alla spianata delle moschee. Evacuato il Muro del Pianto. Lanci di pietre e granate assordanti nel Giorno di Gerusalemme: tra i feriti 300 palestinesi e 21 agenti.
Ora, appena avrò finito di scrivere questo post sarò sommerso di critiche. Da parte ebraica e israeliana perché non avrò difeso abbastanza Israele e non avrò attaccato abbastanza i palestinesi. Da parte palestinese o filo palestinese perché non avrò attaccato abbastanza Israele. Sto aspettando ma sono sicuro che arriveranno.
Dirò la mia e poi attaccatemi pure.
Tirare missili verso Israele alla cieca su centri residenziali è un atto di guerra terroristica, quale che sia la motivazione, si tratta di un atto incivile e spietato, la risposta non potrà che essere militare verso Gaza, una striscia di terra densamente popolata da civili. Dunque drammaticamente magari ci saranno morti civili stanotte a Gaza, speriamo di no ma è drammatico e facile prevederlo. Anche perché quasi sempre le strutture militari di Hamas e Jihad sono mescolate agli insediamenti civili, come è noto a tutti.
Una tragedia continua.
D’altra parte far finta di non vedere, che come ultimo episodio, nel quartiere di Sheikh Jarrah nella parte araba di Gerusalemme, si sia infiammata la città nell’ultimo mese per via del possibile sfratto di alcune famiglie palestinesi in favore di nuovi inquilini ebrei, vuol dire giocare a fare i ciechi, e permettere la visita programmata di alcuni parlamentari del partito di estrema destra “Sionismo religioso” vuol dire di nuovo giocare con il fuoco e provocare una reazione.
In più io penso che vi siano opposti estremismi che fanno a gara per impedire un possibile governo israeliano a guida Lapid e non Nethaniau e che i disordini, i feriti e i morti siano purtroppo funzionali a non trovare una soluzione di governo alternativo in Israele, magari con l’appoggio di parlamentari arabi, dopo anni di Nethaniau. Non so se qualcuno abbia studiato a tavolino questa conseguenza ma l’effetto ci sarà.
Ora attaccatemi pure ma io continuerò a pensare quello che ho sempre pensato.
In quella terra insanguinata si scontrano due diritti e non un diritto ed un torto.
Io difendo il diritto dello Stato di Israele ad esistere e a difendere la propria popolazione e insieme difendo il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio stato democratico accanto a quello di Israele. Non ci sono altre strade, anche se io ho perso quasi tutta la speranza. Ma comunque pensare che gli opposti estremismi di chi nega uno di questi due diritti potrà mai raggiungere il proprio obiettivo è follia.
Nel frattempo in Israele una frammentazione politica perpetua porta a coalizioni eterogenee ed espone alla divisione permanente.
E anche il rinvio delle elezioni palestinesi è la conferma di una crisi di leadership che si trascina da anni senza trovare sbocco.
In uno scenario cosi prevedere una soluzione di pace è arduo.
La pace appare una parola espunta dal dizionario in quella terra. Vivere in pace in quella terra è molto più difficile che morire purtroppo, e la speranza la pianta più difficile da coltivare.


Ovadia un demente ebreo antisemita nella sua versione moderna antisraeliana e filo nazi maomettana

L'attacco di Moni Ovadia: "La politica di Israele è infame, strumentalizza la shoah"
11 maggio 2021

https://www.globalist.it/culture/2021/0 ... 80170.html

In una intervista Moni Ovadia, commenta l'escalation di violenza in Medio Oriente che è sfociata in una lunga notte di bombardamenti tra Israele e la Striscia di Gaza: "La politica di questo governo israeliano è il peggio del peggio. Non ha giustificazioni, è infame e senza pari. Vogliono cacciare i palestinesi da Gerusalemme est, ci provano in tutti i modi e con ogni sorta di trucco, di arbitrio, di manipolazione della legge. E' una vessazione ininterrotta che ogni tanto fa esplodere la protesta dei palestinesi, che sono soverchiamente le vittime, perché poi muoiono loro, vengono massacrati loro".

"La politica di Israele è segregazionista, razzista, colonialista -scandisce l'attore, musicista e scrittore di origine ebraica- E la comunità internazionale è di una parzialità ripugnante. Tranne qualche rara eccezione, paesi come la Svezia e qualche paese sudamericano, non si ha lo sguardo per vedere che la condizione del popolo palestinese è quella del popolo più solo, più abbandonato che ci sia sulla terra perché tutti cedono al ricatto della strumentalizzazione infame della shoah". Moni Ovadia spiega ancora meglio: "Tutto questo con lo sterminio degli ebrei non c'entra niente, è pura strumentalizzazione. Oggi Israele è uno stato potentissimo, armatissimo, che ha per alleati i paesi più potenti della terra e che appena fa una piccola protesta tutti i Paesi si prostrano, a partire dalla Germania con i suoi terrificanti sensi di colpa".

"Io sono ebreo, anch'io vengo da quel popolo -incalza l'artista- Ma la risposta all'orrore dello sterminio invece che quella di cercare a pace, la convivenza, l'accoglienza reciproca, è questa? Dove porta tutto questo? Il popolo palestinese esiste, che piaccia o non piaccia a Nethanyau. C'è una gente che ha diritto ad avere la propria terra e la propria dignità, e i bambini hanno diritto ad avere il loro futuro, e invece sono trattati come nemici".
E sulle reazioni della comunità politica internazionale e in particolare dell'Italia, Ovadia è netto: "Ci sono israeliani coraggiosi che parlano, denunciano -affonda- Ma la comunità internazionale no, ad esempio l'Italia si nasconde dietro la sua pavidità, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ci dovrebbe essere una posizione ferma, un boicottaggio, a cominciare dalle merci che gli israeliani producono in territori che non sono loro".

La pace "si fa fra eguali, non è un diktat come vorrebbero gli israeliani -conclude Moni Ovadia- Io non sono sul foglio paga di nessuno, rappresento me stesso e mi batto contro qualsiasi forma di oppressione, è il mio piccolo magistero. Sono con tutti quelli che patiscono soprusi, sopraffazioni e persecuzioni e questo me l'ha insegnato proprio la storia degli ebrei. Io sono molto ebreo, ma non sono per niente sionista".


Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2802
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste

Messaggioda Berto » dom dic 26, 2021 7:17 am

AH, RABIN, LUI SI'
Yitzhak Rabin, si sa, è un santino della sinistra che ne ha fatto l'icona del progressista illuminato ucciso dal torvo estremista di destra ebreo Yigal Amir.

Niram Ferretti
25 dicembre 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

In questa favoletta buona per i gonzi, Rabin è uomo di pace e virtù, impareggiabile statista lucido e coraggioso. Tuttavia, malgrado il disastro degli Accordi di Oslo, da lui appoggiati, si dimentica opportunamente,ciò che disse nel suo ultimo discorso pronunciato alla Knesset il 5 ottobre del 1995, un mese prima di essere ucciso e che può essere considerato il suo testamento:
"Nel quadro della soluzione permanente, ciò che aspiriamo a raggiungere è, in primo luogo, lo Stato di Israele come stato ebraico, di cui almeno l'80% dei cittadini saranno ebrei...Abbiamo optato per uno Stato ebraico perchè siamo convinti che uno stato binazionale con milioni di arabi palestinesi non sarebbe in grado di adempiere al ruolo ebraico dello Stato di Israele, che è lo stato degli ebrei".
Insomma, per Rabin in uno Stato ebraico, la maggioranza dei cittadini doveva essere ebrea. Un idea originalissima e sconcertante, che la Legge Base varata nell'estate del 2018 dalla Knesset, ha ratificato suscitando reazioni indignate per il suo presunto etnonazionalismo, il suo razzismo, ecc. Naturalmente, il problema vero è che questa legge venne varata dal governo di Benjamin Netanyahu.
Ma torniamo a Rabin e al suo ultimo discorso in parlamento prima di essere assassinato.
"I confini dello Stato di Israele, nel contesto della soluzione permanente, saranno oltre le linee che esistevano prima della Guerra dei Sei Giorni. Non torneremo alle linee del 4 giugno 1967...Ciò che prospettiamo e vogliamo nel contesto della soluzione permanente è, in primo luogo, una Gerusalemme unita, che includerà sia Ma'ale Adumim che Givat Ze'ev - come capitale di Israele, sotto la sovranità israeliana, pur preservando i diritti dei membri delle altre fedi, cristianesimo e islam, alla libertà di accesso e alla libertà di culto nei loro luoghi santi, secondo le usanze delle loro fedi".
Un attimo. Gerusalemme unita, sotto la sovranità israeliana? Ma, Donald Trump ha forse voluto rendere omaggio alla volontà di Rabin, dichiarando il 6 dicembre del 2017, Gerusalemme capitale dello Stato ebraico? Con una riserva, Rabin andò oltre Trump, parlò infatti di Gerusalemme unita, dunque nessuna concessione a una divisione della città con i palestinesi, mentre Trump, nella sua dichiarazione non fece cenno a ciò. Ma erano Trump e Netanyahu gli oltranzisti.
Proseguiamo.
"Il confine di sicurezza dello Stato di Israele sarà situato nella Valle del Giordano, nel senso più ampio del termine". Non contento, la colomba, il Ghandi ebreo, dichiarò che nella cornice della soluzione permanente dovessero essere costruiti "Blocchi di insediamenti in Giudea e Samaria, come quello di Gush Katif" (Gush Katif, che si trovava a Gaza, venne smobilitato nel 2005).
Però Rabin, ah Rabin! lui sì che era un uomo di pace, mica Netanyahu il quale grazie a Trump (va sempre ricordato) ha ottenuto ciò che premeva a Rabin, in attesa di sistemare la questione relativa alla Valle del Giordano.


A seguito di un mio commento sul profilo di Emanuele Fiano, ho avuto il raro “onore” di una risposta, che però non ho potuto apprezzare, sia per il tono, sia per l’accusa di scrivere falsità.
Emanuel Segre Amar
25 dicembre 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 5236175561

Ecco quindi anche per voi la mia spiegazione di quelle che, per Fiano, sarebbero delle falsità:
Emanuele Fiano
Rispondo al suo commento ma, prima di entrare nel merito della figura di Rabin, le faccio osservare che, anziché giudicare l’altrui “morale ebraica”, dovrebbe riflettere sulla sua: le sembra infatti accettabile che nel suo profilo si insulti chi esprime le proprie opinioni, seppur diverse dalla sua (e, chiarisco, non sono io ad essere stato insultato dai suoi sostenitori)?
Quanto all’accusarmi di dire falsità, vorrei ricordarle alcune verità che forse avrà cercato di dimenticare dopo la tragica fine di Rabin:
- durante la prima intifada il colonnello Yehuda Meir accusò in tribunale il proprio superiore Rabin di aver ordinato nel 1988 di spezzare le ossa ai rivoltosi, cosa che Rabin negò, dicendo di aver soltanto detto di colpirli.
- Rabin, se lei ricorda, stava al governo col “fascista” Shamir, e non credo che questo facesse molto piacere a lei, signor Fiano, e nemmeno ai suoi compagni dell’Hashomer Hatzair.
- Rabin venne tuttavia idolatrato dopo la firma di Oslo (che, come non può non ricordare, causò in breve tempo oltre 2000 morti in Israele).
- ma nel suo ultimo discorso alla Knesset pronunciato il 5 ottobre 1995 Rabin chiarì che Israele avrebbe dovuto avere almeno l’80% dei suoi cittadini di fede ebraica, perché Israele è lo Stato degli ebrei, che non si sarebbe ritornati alle linee di cessate il fuoco esistenti prima del 1967, che Gerusalemme sarebbe rimasta per sempre unita, comprese le “colonie” di Ma’ale Adumim e di Givat Ze’ev, che la valle del Giordano doveva restare israeliana, e che si dovessero costruire blocchi di insediamenti in Giudea e Samaria.
A queste verità, che non sono “falsità”, come lei mi accusa di scrivere, alludevo, signor Fiano, e, come vede, sono verità non propriamente in linea con quanto lei ed i suoi compagni dell’Hashomer Hatzair e del PD sostenete, ma, forse, essendo oramai un ebreo morto, oggi preferite esaltare la sua figura e criticare chi, oggi, propugna alla Knesset le stesse idee (tranne che colpire i rivoltosi, cosa assolutamente vietata dalla Corte Suprema israeliana).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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