I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » dom mag 23, 2021 10:08 pm

Le tre menzogne che alimentano l'odio per Israele e la nuova ondata di antisemitismo
Fabrizio Baldi
18 maggio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... semitismo/

Ci sono costanti che si ripetono regolari, ostinate, con una certezza granitica che nessuna pandemia può scalfire. Una di queste è la ripresa degli scontri tra fazioni palestinesi e israeliani, col corollario di odio a senso unico vomitato nei mass e social media contro Israele, quello Stato pecora nera di ebrei che non ci stanno a farsi sterminare una seconda volta, andando tranquilli al macello come ordinarie e rassicuranti pecore bianche.

L’antisemitismo è oggi più vivo che mai. Ai rivoli di acqua nera dell’estrema destra si sono aggiunti da tempo i torrenti di odio che sgorgano da sinistra. Immancabili le accuse più improbabili contro Israele, in cui si cerca di coprire la puzza di razzismo anti-ebraico con un alibi ormai impossibile da sostenere persino con le stampelle: “Io sono antisionista, non antisemita”.

L’analisi dozzinale degli odiatori professionisti dello Stato ebraico si regge su una serie di luoghi comuni, tanto comuni e dati per scontati quanto falsi e storicamente assurdi. Tre in particolare fanno presa nell’immaginario comune: l’idea che in passato gli ebrei abbiano cacciato l’originaria popolazione palestinese; l’equiparazione tra israeliani di oggi e nazisti di ieri; la lotta indomita e pura dei palestinesi per la loro libertà.

Sono ovviamente accuse e affermazioni senza fondamento, ma che vale la pena analizzare nuovamente, per capire come, soprattutto a sinistra (ma non solo), si sia disposti a sacrificare la verità in nome di prese di posizione puramente ideologiche.

Una terra da sempre palestinese? – Quante volte ci siamo sentiti dire che in quelle terre abitavano da secoli i palestinesi, fino all’arrivo dei malvagi coloni sionisti (non a caso spesso definiti banchieri ed usurai, altro classico stereotipo dell’antisemitismo) che li avrebbero espropriati delle loro terre ancestrali. La realtà è molto, ma molto diversa.

Vale la pena ricordare che, prima ancora dell’insediamento dei primi coloni sionisti nel 1884, Gerusalemme era già a maggioranza ebraica. Così come c’erano altre comunità ebraiche stanziate da secoli, in quella che in effetti è da secoli una terra ebraica, ad esempio quella di Hebron.

I palestinesi (che non esistono in quanto tali come popolo, essendo arabi, di lingua araba, di religione in massima parte musulmano sunnita) altro non sono che i discendenti degli arabi immigrati in primis dai territori circostanti, e poi da altri Paesi di cultura islamica, attratti dalle opportunità lavorative create dai coloni sionisti. Joan Peters, nel libro “Da Tempo Immemorabile”, spiega come a cavallo tra il XIX ed il XX secolo la popolazione araba in Terrasanta aumentò di due volte dove non c’erano insediamenti ebraici, e di ben cinque volte dove invece venivano fondati kibbutz e comuni agricole.

Ancora oggi al-Masri (ossia l’egiziano) è uno dei cognomi più diffusi tra i palestinesi, soprattutto a Gaza. Ulteriore conferma dunque che non si tratta affatto di “indigeni”.

Questa menzogna è strettamente collegata ad un’altra: i buoni palestinesi sarebbero stati cacciati con la forza dai cattivi israeliani. La realtà però è completamente differente.

Bernard Lewis, uno dei più grandi studiosi dell’islam, recentemente scomparso, testimone oculare degli eventi nel 1950, raccontava che la gran parte dei palestinesi non fu cacciata, ma abbandonò volontariamente le proprie case e le proprie terre, sia perché sobillata dai propri capi che non volevano alcun accordo con gli ebrei, sia perché spaventata dall’andamento del conflitto (aperto dagli Stati arabi della regione).

Un fatto confermato da Emanuele Ottolenghi, ex docente di Politica israeliana e Storia del conflitto arabo-israeliano all’Università di Oxford, che a proposito della presunta espulsione dei palestinesi parla di mito non suffragato dalla storia, ma usato per fini politici dalla leadership palestinese. Numerose anche le prove documentarie in proposito:

“Non bisogna dimenticare che l’Alto Comando arabo ha incoraggiato gli arabi a fuggire dalle loro case a Jaffa, Haifa e Gerusalemme e che alcuni leader arabi hanno tentato di trarre vantaggio politico dalla miserabile condizione dei fuggiaschi”.
(Radio Near East di Cipro, 3 aprile 1948)

“Gli Stati arabi, che hanno incoraggiato gli arabi di Palestina ad abbandonare le loro case temporaneamente per non ostacolare gli eserciti invasori, non hanno mantenuto le promesse di aiutare questi profughi”.
(dal quotidiano giordano Falastin, 19 febbraio 1949)

“Il fatto che vi siano questi rifugiati è una diretta conseguenza delle azioni degli Stati arabi contro la spartizione e lo Stato ebraico. Gli Stati arabi concordano con questa politica unanimemente e devono condividere l’onere della soluzione del problema”.
(Emile Ghoury, segretario dell’Alto Comitato Arabo Palestinese in un’intervista al Beirut Telegraph, 6 settembre 1948)

“Il 15 maggio 1948 arrivò… Quel giorno il muftì di Gerusalemme si appellò agli arabi di Palestina affinché lasciassero il paese perché gli eserciti arabi stavano per arrivare e combattere per loro”.
(dal quotidiano cairota Akhbar el Yom, 12 ottobre 1963)

“Per la fuga e la caduta degli altri villaggi sono i nostri capi ad essere responsabili a causa della loro propaganda di voci che esageravano i crimini degli ebrei e li descrivevano come atrocità per infiammare gli arabi. Diffondendo le voci di atrocità ebraiche, uccisioni di donne e bambini ecc., hanno indotto paura e terrore nei cuori degli arabi di Palestina fino a farli fuggire lasciando le loro case e proprietà al nemico”.
(dal quotidiano giordano Al Urdun, 9 aprile 1953).

Un’altra prova è costituita dalla stessa Dichiarazione d’Indipendenza di Israele, che contiene un invito agli arabi a partecipare pacificamente alla costruzione del nuovo Stato. D’altra parte, non si capisce come gli ebrei avrebbero potuto “rubare” le terre agli arabi, visto che la Terrasanta era stata prima sotto controllo ottomano e poi britannico.

Ci sono infine un paio di altre considerazioni da fare: se davvero gli arabo-palestinesi furono cacciati dalle loro case, come si spiega la presenza oggi di oltre un milione e mezzo di arabo-israeliani, che sono a tutti gli effetti cittadini dello Stato di Israele, con i loro partiti alla Knesset e giudici alla Corte Suprema? Arabo-israeliani che, vale la pena ricordarlo, ben si guardano dal passare da minoranza in Israele a maggioranza nei territori controllati da ANP o Hamas, e che mai rinuncerebbero alla loro cittadinanza.

E ancora, se cacciata ci fu, perché non risulta alcuna espulsione di massa da Gaza e Cisgiordania, dopo la loro occupazione da parte israeliana in seguito alla Guerra dei Sei Giorni?

La verità, invece, è che i coloni sionisti procedettero ad acquistare (non rubare) le terre su cui poi sarebbe sorto lo Stato ebraico, tramite l’istituzione nel 1920 del Keren Hayesod, il fondo nazionale di costruzione d’Israele, che si occupava per l’appunto di raccogliere fondi per comprare terre nel Mandato di Palestina.

Si tratta di considerazioni fondamentali, soprattutto per il fatto che gli antisemiti odierni negano alla radice la legittimità dello Stato di Israele. È la posizione ad esempio dell’ex leader del partito spagnolo Podemos, Pablo Iglesias, che ha definito Israele un Paese illegale.

Iglesias evidentemente ignora che Israele è invece pienamente legittimo secondo il diritto internazionale, grazie alla Dichiarazione Balfour del 1917, ad una risoluzione vincolante del 1922 della Società delle Nazioni, ed alla risoluzione non vincolante numero 181 dell’Onu del 29 novembre 1947 (quella che spartiva il territorio in uno Stato arabo ed uno ebraico, accettata dagli ebrei e respinta dagli Stati arabi vicini che iniziarono la guerra).

Israeliani come nazisti? – La seconda grande menzogna su cui si fonda l’odio per Israele e l’antisemitismo organizzato è più recente e grossolana nella sua assurdità, ma non per questo meno pericolosa.

Viene da sinistra il paragone infamante tra Israele e Germania nazista. Secondo i paladini a corrente alternata dei diritti umani (sempre silenziosi quando palestinesi vengono uccisi da altri palestinesi), gli israeliani oggi si starebbero comportando come nazisti. La calunnia è talmente grande che stupisce come si possa crederla vera.

Come noto i nazisti praticarono un genocidio contro gli ebrei europei, uccidendone oltre 5 milioni. Si può forse dire lo stesso dei palestinesi? Un semplice controllo su Wikipedia ci informa che oggi ci sono circa 13 milioni di palestinesi (di cui quasi cinque milioni tra Gaza e Cisgiordania), a fronte dei 750 mila arabi che lasciarono i territori dove poi sorse Israele nel corso della guerra del 1948-49. In sostanza, nel giro di 70 anni i palestinesi sono aumentati di 13 volte.

Nessuno a sinistra sembra fino ad ora essere stato in grado di spiegare il miracolo demografico di un popolo che soggetto a genocidio, anziché diminuire si moltiplica. Sulla stessa falsariga, si sprecano le accuse che considerano Gaza e Cisgiordania come campi di concentramento.

Una versione più edulcorata sostiene che Israele stia praticando una politica di apartheid contro gli arabi. L’accusa non può che apparire insultante a chi ha subito per davvero la discriminazione in Sudafrica, ed infatti c’è chi ha criticato con forza ogni accostamento. È il caso di Kenneth Meshoe, parlamentare sudafricano e leader dell’African Christian Democratic Party. Meshoe, che ha avuto modo di visitare Israele più volte, considera le accuse di apartheid contro Israele delle assurdità, bugie su cioè che è realmente Israele e su cosa fu realmente l’apartheid.

Gli arabo-israeliani da parte loro si sentono talmente discriminati che, quando anni fa gli israeliani proposero all’ANP la cessione di alcuni villaggi a maggioranza arabo-israeliana in cambio dell’annessione di alcune colonie sul confine, furono proprio gli abitanti di quei villaggi a protestare, esibendo con orgoglio il loro passaporto israeliano.

E che dire degli arabi che vivono a Gaza e in Cisgiordania? Uno studio del 1999 su 3.617 adulti tra i 18 e i 64 anni di età aveva evidenziato un terzo del campione in sovrappeso. Secondo l’Oms (basta una semplice ricerca online per scoprirlo) oltre un quarto dei palestinesi può essere considerato obeso. Numeri che male si accordano con quelli che ti aspetteresti in un campo di concentramento.

Il giornalista israeliano Ben-Dror Yemini riporta a sua volta statistiche che, ancora una volta, sono un pugno nello stomaco ai sostenitori del presunto apartheid israeliano: i palestinesi (perlomeno quelli a Gaza e in Cisgiordania) hanno una aspettativa di vita di 74-75 anni (la media globale è di 72 anni), la mortalità infantile più bassa del Medio Oriente (13 per mille ed in costante diminuzione), il più alto tasso di laureati del mondo arabo (il 49 per cento della popolazione scolarizzata).

Impossibile a questo punto credere alla propaganda che vede nei soldati con la stella di David tanti piccoli SS. Soprattutto quando si considera che migliaia di palestinesi si recano ogni giorno in Israele a lavorare e che a migliaia hanno già ricevuto assistenza medica direttamente negli ospedali israeliani. Non risulta invece che i nazisti curassero bambini ebrei negli ospedali tedeschi.

Il mito della “liberazione” – C’è infine il sempreverde mito della guerra di liberazione, dove al basco di Che Guevara si sostituisce la keffiah a scacchi, che fa tanto esotico e profuma di lotta anti-coloniale. Mito caro alla sinistra che ama cavalcare le onde del ribellismo, finendo per annegare in un mare di conformismo. Tuttavia, porsi e porre certe domande è necessario per capire.

Se davvero i palestinesi lottano per uno Stato tutto loro, perché colpiscono i civili in Israele anziché i militari in Cisgiordania? Perché lo statuto di Hamas parla della distruzione dello Stato di Israele?

E soprattutto, la domanda da sempre inevasa a sinistra: perché i palestinesi mai presero le armi contro Egitto e Giordania che, in barba alle risoluzioni Onu, occuparono i territori spettanti agli arabi di Palestina per ben 19 anni? Forse che alcune occupazioni siano più occupazioni di altre, per parafrasare George Orwell?

Ci sarebbe poi da chiedere conto alla sinistra filo-araba della sua distrazione durante l’occupazione siriana del Libano, ma l’imbarazzo per un eventuale interlocutore sarebbe forse troppo.

A questo punto sarebbe persino retorico chiedere perché, soprattutto a sinistra, non ci si scaldi particolarmente per altre cause (i tibetani o più recentemente gli uiguri oppressi dai cinesi, per fare degli esempi), o per rimanere in ambito mediorientale, per il modo in cui i palestinesi sono stati e vengono tutt’ora trattati dai loro fratelli arabi (la loro espulsione dal Kuwait dopo la I Guerra del Golfo, le discriminazioni legali cui sono soggetti in Libano, gli eventi del 1970 noti come Settembre Nero).

In tutti questi casi non è possibile nemmeno con un notevole sforzo creativo far ricadere in qualche modo la colpa su Israele e su quello che rappresenta: un modello di sviluppo basato sulla civiltà capitalista-liberale, unico esempio nell’area, in grado di portare a livelli inimmaginabili di prosperità e libertà individuali uno Stato che non ha petrolio ed è ancora in parte oggetto di odio dei vicini, sui quali non può contare.

Un successo che rappresenta un’onta imperdonabile per chi ha fatto sua la retorica del mondo occidentale sempre e invariabilmente sfruttatore, così da avere un comodo capro espiatorio da una parte ed una scusa (auto)assolutoria per le sue presunte vittime dall’altra.

Una retorica che accomuna gli antisemiti, tanto dell’Occidente quanto del Medio Oriente, uniti nel comune odio contro Israele e ciechi di fronte alle responsabilità oggettive della leadership palestinese.




Jihad, bambini usati come scudi umani e negazione dell’Olocausto: il vero volto di Hamas, i nemici di Israele
Alessandro Ranieri
21 maggio 2021

https://www.informazioneitalia.it/2021/ ... i-israele/

A seguito dell’allucinante escalation militare tra Israele e Palestina, numerose sono state le polemiche diffusesi sul conflitto.
Polemiche, come di consueto, pervase da quella convinzione ideologica di chi, in preda ad un completo obnubilamento, continua a difendere i terroristi di Hamas, a dispetto delle brutture di cui questi ultimi si fanno promotori: dalla negazione della Shoah all’utilizzo di bambini per difendersi dal fuoco nemico.

Chi sono i militanti Hamas, terroristi a piede libero difesi dalla sinistra internazionale

Braccio operativo dei Fratelli Musulmani, Hamas – letteralmente ‘Movimento Islamico di Resistenza’ – è un’organizzazione paramilitare, integralista, iscritta nei database terroristici di Unione Europea, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Israele e Giappone, tra le altre.
Specializzata in attentati suicidi e tristemente nota per l’utilizzo di bambini come scudi umani per disincentivare il fuoco avversario, Hamas – nata durante la prima intifada del 1987 – è, al giorno d’oggi, un gruppo terroristico coccolato dalla sinistra internazionale.
La stessa sinistra che – come suo solito – manipola la storia e la capovolge a suo favore, ignorando che la presenza ebrea, in Terra Santa, ha radici ultramillenarie: basti pensare agli aschenaziti, gruppo etnico maggioritario tra le comunità ebraiche.
Attiva a livello militare con il ramo armato delle Brigate Ezzedin al-Qassam, Hamas propugna idee cospirazioniste, antisemite e negazioniste nel suo statuto: tra le altre follie, si segnala l’obiettivo di ‘sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice della Palestina’, sostituendo così lo Stato di Israele con una Repubblica Islamica.

Tra la Jihad e la negazione dell’Olocausto: un delirio ideologico all’insegna del fondamentalismo islamico

Oltre che perorare la causa palestinese, i militanti dell’organizzazione si fanno promotori di una nuova guerra santa, una Jihad da condurre non generalmente contro l’Occidente, ma, nello specifico, contro Israele.
È proprio il diffusissimo antisemitismo a rappresentare il trait d’union tra i guerriglieri di Hamas: Abd al-Aziz al-Rantissi, uno dei co-fondatori, in un articolo rilasciato sul settimanale del gruppo ha definito la Shoah ‘la più grande delle menzogne’, giungendo persino a delirare su una presunta inesistenza di campi di concentramento e camere a gas.

Alessandro Ranieri

Responsabile organizzativo provinciale per Gioventù Nazionale. Studente di giurisprudenza presso l'Università Bocconi di Milano. Tesserato per Fratelli d'Italia.




La demenziale estrema destra italiana antisemita e filo nazimaomettana

Gaza, una tregua fragile dopo la carneficina
Eugenio Palazzini
21 maggio 2021

https://www.ilprimatonazionale.it/ester ... na-194406/

Roma, 21 mag – L’accordo di cessate il fuoco tra israeliani e palestinesi – mediato da Onu ed Egitto – ha prodotto lo stop a razzi e bombe dalle 2 ora locale (l’una in Italia). Una tregua promessa che per ora regge, ma è fragile e potrebbe essere stracciata d’un tratto da una qualsiasi scintilla. Dopo 11 giorni di guerra la tensione resta insomma altissima, anche perché Israele ha sospeso gli attacchi ma non ha assunto nessun altro impegno specifico, come ribadito dalla stessa radio militare di Tel Aviv. Un tentativo di rafforzare la tregua verrà comunque fatto in giornata da emissari egiziani, attesi a Gaza e in Israele per discuterne.

Gaza una tregua fragile. E un bilancio drammatico

A Gaza intanto il bilancio è drammatico, tra morti, feriti ed edifici distrutti. Secondo il ministero della Sanità della Striscia le vittime palestinesi sarebbero 230, tra cui 65 bambini, 39 donne e 17 anziani. Mentre i feriti, riferisce il ministero, sono saliti a 1710. Una carneficina. I razzi lanciati da Hamas hanno provocato 12 morti in Israele.
Khalil al-Hayya, numero due dell’ufficio politico di Hamas a Gaza, ha comunque rivendicato la vittoria nel conflitto con Israele. In un discorso pronunciato davanti a migliaia di persone che nel martoriato lembo di terra festeggiavano l’entrata in vigore del cessate il fuoco, l’esponente del movimento ha poi assicurato che le case distrutte dalle bombe dell’aviazione israeliana verranno ricostruite. Lanciando però un avvertimento: “I nostri razzi non sono finiti”.

Le reazioni e un ruolo chiave per la tregua

Nel frattempo si è alzata anche la flebile voce della Commissione europea, con Ursula von der Leyen che ha accolto “con favore” la tregua raggiunta. “Esorto entrambe le parti a consolidarlo e a stabilizzare la situazione a lungo termine. Solo una soluzione politica porterà a tutti pace e sicurezza durature”, cinguetta la von der Leyen su Twitter. Mentre Antonio Guterres, segretario delle Nazioni Unite, “plaude” al cessate il fuoco, chiedendo “a entrambe le parti di osservare la tregua”. Un ruolo decisivo lo ha d’altronde svolto Tom Wennesland, che si è recato in Qatar per negoziare la tregua con i dirigenti di Hamas, tra cui Ismail Haniyeh, che vive a Doha.

Piuttosto ottimistico il commento che arriva invece dalla Casa Bianca. Il presidente Usa, Joe Biden, dopo aver ringraziato telefonicamente il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi per l’importante ruolo di mediazione tra le parti svolto, ha parlato di “vera opportunità” per fare progressi nei rapporti tra israeliani e palestinesi. Più cauto il Regno Unito. “Tutte le parti devono lavorare per rendere il cessate il fuoco sostenibile e porre fine all’inaccettabile ciclo di violenza e perdita di vite umane”, twitta il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, specificando che il governo di Londra sostiene tutti “gli sforzi per raggiungere la pace”.




Estrema destra sociale come la sinistra


A Gaza Israele cancella intere famiglie palestinesi
Amira Hass
20 maggio 2021

https://www.internazionale.it/opinione/ ... i-famiglie

Quindici famiglie palestinesi, di uno o più nuclei, hanno perso almeno tre, e anche di più, dei loro componenti sotto i bombardamenti sulla Striscia di Gaza compiuti da Israele, nella settimana compresa tra il 10 maggio e il pomeriggio del 17. Genitori e figli, neonati, nonni, fratelli, nipoti sono morti insieme quando Israele ha bombardato le loro case, che gli sono crollate addosso. A quanto si sa oggi, non gli era stato dato alcun preavviso che gli avrebbe permesso di scappare dalle abitazioni prese di mira.

Sabato 15 maggio un rappresentante del ministero della salute palestinese ha elencato i nomi di 12 famiglie uccise, ciascuna in casa propria, ciascuna in un singolo bombardamento. Da allora, in un attacco aereo avvenuto prima dell’alba di domenica 16 maggio, durato settanta minuti e diretto contro tre case di via Al Wehda nel quartiere Rimal di Gaza, sono state uccise tre famiglie composte in tutto da 38 persone. Alcuni dei corpi sono stati ritrovati la mattina di domenica. Le squadre di soccorso palestinesi sono riuscite a trovare altri corpi e a portarli fuori dalle macerie solo la domenica sera.

Cancellare intere famiglie durante i bombardamenti israeliani è stata una delle caratteristiche della guerra del 2014. Le statistiche dell’Onu riferiscono che, durante i circa cinquanta giorni di guerra, sono state uccise 142 famiglie palestinesi (742 persone in tutto). I numerosi episodi di questo tipo, allora come oggi, dimostrano che non si è trattato di errori, e che il bombardamento di un’abitazione, quando tutti i suoi residenti sono all’interno, arriva dopo decisioni prese dall’alto, sostenute dall’approvazione di giuristi militari.

Un’indagine dell’associazione di difesa dei diritti umani B’Tselem, che si è concentrata su 70 famiglie cancellate nel 2014, fornisce tre spiegazioni per l’uccisione di tante persone, tutte insieme, nel bombardamento condotto dall’esercito israeliano sulla casa di ciascuna famiglia.

Una delle ragioni è che l’esercito israeliano non aveva avvertito in anticipo i proprietari o gli inquilini delle case, o l’avviso non era stato recapitato all’indirizzo esatto o non era stato recapitato in tempo.

Emerge qui una differenza tra la sorte di quegli edifici bombardati quando i loro residenti erano all’interno, e quella delle “torri”, gli alti edifici colpiti a partire dal secondo giorno del conflitto attuale, di giorno o al tramonto.

In base a quanto riferito, i proprietari o i portieri delle torri hanno ricevuto l’avvertimento, al massimo con un’ora di preavviso, di lasciare l’edificio, tramite una telefonata dell’esercito o dei servizi di sicurezza dello Shin Bet, poi sono stati lanciati dei “missili d’avvertimento” con i droni. Queste persone dovevano avvertire i residenti nel poco tempo rimanente.

Non sono stati colpiti solo edifici di più piani. La sera del 13 maggio è stata bombardata la casa di Omar Shurabji, a ovest di Khan Yunis. Sulla strada si è formato un cratere e una stanza di questo edificio a due piani, dove vivono due famiglie, sette persone in tutto, è stata distrutta.

Circa venti minuti prima dell’esplosione, l’esercito ha chiamato Khaled Shurabji e gli ha detto di dire a suo zio Omar di lasciare la casa, a quanto riferisce un rapporto del Centro palestinese per i diritti umani. Non è chiaro se Omar fosse sul posto, ma i residenti della casa si sono tutti affrettati a uscire, e quindi non ci sono state vittime.

Il registro della popolazione palestinese, compreso quello di Gaza, è nelle mani del ministero dell’interno israeliano

Il fatto stesso che l’esercito israeliano e lo Shin Bet si siano preoccupati di chiamare e ordinare l’evacuazione delle case dimostra che le autorità israeliane hanno i numeri di telefono aggiornati delle persone che si trovano in ognuno degli edifici destinati alla distruzione. Hanno i numeri di telefono dei parenti delle persone sospettate o note come attivisti di Hamas o della Jihad islamica.

Il registro della popolazione palestinese, compreso quello di Gaza, è nelle mani del ministero dell’interno israeliano. E include dati come nomi, età, parenti e indirizzi.

Come richiesto dagli accordi di Oslo, il ministero dell’interno palestinese, attraverso il ministero degli affari civili, trasferisce regolarmente informazioni aggiornate a Israele, soprattutto quelle relative alle nascite e alla presenza di neonati. I dati registrati devono essere approvati da Israele: altrimenti i palestinesi non possono ricevere una carta d’identità quando arriva il momento o, nel caso dei minori, non possono viaggiare da soli o con i loro genitori attraverso i valichi di frontiera controllati da Israele.

È chiaro quindi che l’esercito conosce il numero e i nomi di bambini, donne e anziani che vivono in ogni edificio residenziale che per un qualsiasi motivo decide di bombardare.

La seconda spiegazione di B’Tselem sul perché intere famiglie siano state annientate nel 2014 è che la definizione dell’esercito di “obiettivo militare” attaccabile era molto ampia, e comprendeva le case di esponenti di Hamas e della Jihad islamica. Queste case erano descritte come infrastrutture operative o infrastrutture di comando e controllo dell’organizzazione, o ancora infrastrutture terroristiche, anche semplicemente perché al loro interno si trovava un telefono, o si era tenuta una riunione.

La terza spiegazione, nell’analisi di B’Tselem del 2014, è che l’interpretazione dell’esercito di “danni collaterali” fosse molto flessibile e ampia. L’esercito sosteneva e sostiene di agire secondo il principio di “proporzionalità” tra danni ai civili non coinvolti nel conflitto e raggiungimento del legittimo obiettivo militare. Agisce, cioè, in modo che in ogni eventualità il “danno collaterale” causato ai palestinesi sia contenuto e ragionevole.

Ma quando l’“importanza” di un esponente di Hamas è considerata alta e la sua residenza è definita come un obiettivo legittimo per un bombardamento, i danni collaterali “ammissibili”– ovvero il numero di persone non coinvolte che possono essere uccise, compresi bambini e neonati – sono molto elevati.

Nel bombardamento intensivo di tre edifici residenziali in via Al Wehda a Gaza, prima dell’alba del 16 maggio 2021, sono state uccise le famiglie Abu al Ouf, Al Qolaq e Ashkontana. Nell’immediato, quando il numero di morti di una famiglia è così grande, è difficile trovare un sopravvissuto e chiedergli di parlare di ogni persona della famiglia, e dei suoi ultimi giorni.

I nomi e l’età
Ci si deve quindi accontentare dei loro nomi e della loro età, come vengono elencati nei rapporti quotidiani delle organizzazioni per i diritti umani che raccolgono le informazioni e riferiscono, quando ne sono al corrente, se qualcuno della famiglia apparteneva a un’organizzazione militare. Finora non è chiaro se, e quale, tra i residenti degli edifici di Al Wehda fosse considerato un obiettivo così importante da “permettere” la cancellazione di intere famiglie.

Della famiglia Abu al Ouf sono stati uccisi: il padre Ayman, un medico di medicina interna dell’ospedale Shifa, e i suoi due figli: Tawfiq, 17 anni, e Tala, 13. Altre due loro parenti: Rim, 41 anni, e Rawan, 19. I loro cinque corpi sono stati trovati poco dopo il bombardamento. I corpi di altre otto persone della famiglia Abu al Ouf sono stati estratti dalle macerie solo in serata. Si tratta di Subhiya, 73 anni, Amin, 90, Tawfiq, 80, sua moglie Majdiya, 82, della loro parente Raja (sposata con un uomo della famiglia Afranji) e dei suoi tre figli: Mira, 12 anni, Yazen, 13, e Mir, 9.

Durante l’incursione aerea su questi edifici, sono stati uccisi anche Abir Ashkontana, 30 anni, e i suoi tre figli: Yahya, 5, Dana, 9, e Zin, 2. In serata, sono stati trovati i corpi di altre due bambine: Rula, 6 anni, e Lana, 10. Il rapporto del Centro palestinese per i diritti umani non chiarisce se queste due bambine siano o meno figlie di Abir.

Nei due edifici vicini sono stati uccisi 19 persone della famiglia Al Qolaq: Fuaz, 63 anni, e i suoi quattro figli, Abd al Hamid, 23, Riham, 33, Bahaa, 49, e Sameh, 28, insieme a sua moglie Iyat, 19. Anche il loro bambino Qusay, di sei mesi, è rimasto ucciso. Un’altra donna della famiglia allargata, Amal al Qolaq, 42 anni, è stata uccisa, così come tre dei suoi figli: Taher, 23 anni, Ahmad, 16, e Hanaa, 15. Sono stati uccisi anche i fratelli Mohammed al Qolaq, 42, e Izzat, 44, e i figli di Izzat: Ziad, 8 anni, e Adam, di 3 anni. Altre due donne sono state uccise: Doaa al Qolaq, 39 anni, e Saadia al Qolaq, 83. In serata i corpi di Hala al Qolaq, 13 anni, e di sua sorella Yara, 10, sono stati estratti da sotto le macerie. Il rapporto del Centro palestinese per i diritti umani non chiarisce chi siano i loro genitori e se anche loro siano state uccise nel bombardamento.

(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul quotidiano israeliano Haaretz.
Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Medio Oriente. Ci si iscrive qui.


Roberto Pesolillo
"" In Siria sono morte 387.000 persone e la metà della sua popolazione è dovuta scappare dal paese. Questo numero non include 205.300 spariti e 12.000 bambini morti. Nessuno di voi ha detto un cazzo.
Nello Yemen ci sono stati 233.000 morti per la guerra o per cause indirette come mancanza di cibo o di sanità . Nessuno di voi ha detto un cazzo.
Nel Sudan/Darfur ci sono stati oltre 400.000 di morti per malattie e carestie più 300.000 morti per violenza e 2 milioni di sfollati. Nessuno di voi ha detto un cazzo.
In Cina c’è un programma di sterminio degli Uiguri e nessuno di voi ha detto un cazzo.
In Afganistan sono morti 147.000 persone, Pakistan 65.000 e in Iraq 295.000 e voi zitti, neanche una parola.
Lo ripeto perché mi sembra molto grave. La settimana scorsa a Kabul hanno lanciato due razzi direttamente su una scuola di bambine e fatto esplodere un auto con esplosivi. 53 bambine sono morte e oltre 150 ferite molte gravemente. Nessuno di voi ha detto un cazzo neanche le anime pie del gruppo sempre pronte a difendere i poveri mussulmani.
SEMBRA CHE L’UNICA COSA CHE VI INDIGNA SIANO GLI ATTACCHI DI ISRAELE A GAZA IN RISPOSTA ALL' AVER RICEVUTO UNA PIOGGIA DI 3000 MISSILI,
È MOLTO CURIOSO QUESTO ATTEGGIAMENTO" (cit.)

Carolina Fioravanti
Roberto Pesolillo mi viene da pensare che nn si tratti di amore per La Palestina ma di odio verso Israele...

Gio Mel
Roberto Pesolillo si chiama antisemitismo

Ema Bolo
Vero, a Yarnouk e Handarat i palestinesi sono stati massacrati a centinaia, forse a migliaia, dai fratelli arabi, ma visto che non si è trattato degli israeliani non fa notizia.

Gianluca Sonnino
Ma non è che forse erano dei terroristi di Hamas?

Fabrizio Brogi
Chi è cagion del suo mal pianga se stesso

Piment Encolere
Beh si, potevano scegliere tra il nascondere i cittadini nei tunnel in cemento armato, o nasconderci i missili. Brutta scelta han fatto.

Gabriella Greco
Piment Encolere potevano anche scegliere di comprare vaccini ed altro invece di missili

Laura Worms
Sono vittime del loro regime folle chiamato Hamas!

Lucilla Franzo
E lo farà finché Hamas continuerà con i razzi

Manuela Carboni
Caro Internazionale..mai caduto cosi in basso...questo non e giornalismo!


COLOSSALE IDIOZIA
Giovanni Bernardini
19 maggio 2021

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 9563541919

La si può pensare come si vuole su tante cose, compreso il conflitto israeliano palestinese, oggi in realtà conflitto fra Israele ed Hamas. Si può discutere della storia di Israele ed avere idee diverse in proposito, però bisognerebbe evitare di sparare idiozie troppo grosse.
Invece no, c’è chi sembra divertirsi a sparare idiozie di portata cosmica. Una di queste, forse la più grossa, è la seguente:
Il conflitto è sbilanciato quindi (QUINDI!!!) gli israeliani sono aggressori, imperialisti, massacratori eccetera.
La guerra come un incontro di pugilato o una partita di calcio insomma, anzi, neppure quello perché alla fin fine né partite di calcio né incontri di pugilato sono davvero “bilanciati”, visto che certe partite finiscono 5 a 0 e certi incontri di boxe per KO alla prima ripresa…
A parte i paragoni sportivi, chi lo ha detto che il più debole debba aver ragione ed il più forte torto?
Quando nel dicembre del 1941 si forma contro la Germania nazista una coalizione comprendente USA, URSS e Gran Bretagna la guerra diventa nettamente sbilanciata a sfavore della Germania. In quel momento Hitler la perde anche se nella prima parte del 42 le sue armate conducono ancora notevoli offensive.
Quando l’armata rossa arriva alle porte di Berlino lo scontro è enormemente sbilanciato a favore dei sovietici. Hitler manda a combattere contro i panzer di Stalin vecchi e bambini armati dei panzerfaust, una sorta di rudimentale bazooka. Questo trasforma la Germania hitleriana in povera, innocente aggredita? Solo delle persone molto "diversamente intelligenti " possono pensarlo.
Né lo sbilancio delle forze in campo né il numero dei caduti determinano i torti e le ragioni di un conflitto. Tra le altre cose, Israele ha un numero molto ridotto di morti perché si è dotato di un efficientissimo, e assai costoso, sistema anti missilistico. Se non lo avesse i morti fra i civili israeliani si conterebbero a centinaia, forse a migliaia, visto che gli angioletti di Hamas, a differenza degli israeliani, indirizzano volutamente i loro razzi contro obiettivi civili.
Gli israeliani ci tengono a salvaguardare la vita di vecchi, donne e bambini, non intendono moltiplicare i loro morti civili per usarli a fini propagandistici e strappare qualche lacrimuccia agli occidentali “buoni”
Anche di questo sono colpevoli, per i Di Battista ed i Bersani di turno!



Jihad, bambini usati come scudi umani e negazione dell’Olocausto: il vero volto di Hamas, i nemici di Israele
Alessandro Ranieri
21 maggio 2021

https://www.informazioneitalia.it/2021/ ... i-israele/

A seguito dell’allucinante escalation militare tra Israele e Palestina, numerose sono state le polemiche diffusesi sul conflitto.
Polemiche, come di consueto, pervase da quella convinzione ideologica di chi, in preda ad un completo obnubilamento, continua a difendere i terroristi di Hamas, a dispetto delle brutture di cui questi ultimi si fanno promotori: dalla negazione della Shoah all’utilizzo di bambini per difendersi dal fuoco nemico.

Chi sono i militanti Hamas, terroristi a piede libero difesi dalla sinistra internazionale

Braccio operativo dei Fratelli Musulmani, Hamas – letteralmente ‘Movimento Islamico di Resistenza’ – è un’organizzazione paramilitare, integralista, iscritta nei database terroristici di Unione Europea, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Israele e Giappone, tra le altre.
Specializzata in attentati suicidi e tristemente nota per l’utilizzo di bambini come scudi umani per disincentivare il fuoco avversario, Hamas – nata durante la prima intifada del 1987 – è, al giorno d’oggi, un gruppo terroristico coccolato dalla sinistra internazionale.
La stessa sinistra che – come suo solito – manipola la storia e la capovolge a suo favore, ignorando che la presenza ebrea, in Terra Santa, ha radici ultramillenarie: basti pensare agli aschenaziti, gruppo etnico maggioritario tra le comunità ebraiche.
Attiva a livello militare con il ramo armato delle Brigate Ezzedin al-Qassam, Hamas propugna idee cospirazioniste, antisemite e negazioniste nel suo statuto: tra le altre follie, si segnala l’obiettivo di ‘sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice della Palestina’, sostituendo così lo Stato di Israele con una Repubblica Islamica.

Tra la Jihad e la negazione dell’Olocausto: un delirio ideologico all’insegna del fondamentalismo islamico

Oltre che perorare la causa palestinese, i militanti dell’organizzazione si fanno promotori di una nuova guerra santa, una Jihad da condurre non generalmente contro l’Occidente, ma, nello specifico, contro Israele.
È proprio il diffusissimo antisemitismo a rappresentare il trait d’union tra i guerriglieri di Hamas: Abd al-Aziz al-Rantissi, uno dei co-fondatori, in un articolo rilasciato sul settimanale del gruppo ha definito la Shoah ‘la più grande delle menzogne’, giungendo persino a delirare su una presunta inesistenza di campi di concentramento e camere a gas.


Sfatiamo un'altra fandonia storica ricircolata ampiamente in questi giorni: Israele aggredisce i poveri arabi pacifici e indifesi perché vuole espandere il proprio territorio dal Nilo all'Eufrate.
Max Ferrari
21 maggio 2021

https://www.facebook.com/fsorrenti3/pos ... 7867433224

Cazzata. Israele aggredita nel 1967 da una coalizione di 5 paesi arabi, vinse la cosiddetta "guerra dei 6 giorni" e conquistò la penisola del Sinai. Quindi GIÀ nel 1967 gli ebrei erano sul Nilo e nel 1973 con la guerra del Kippur, che pareva persa, il comandante Sharon riuscì addirittura a contrattaccare, attraversare il Canale di Suez e giungere alle porte del Cairo, fermato solo dall'intervento americano. Fu una cosa epica perché Israele in solitudine si scontrava contro Egitto, Siria, Giordania, Iraq, Libano e corpi di spedizione algerini, tunisini, marocchini, libici, kuwaitiani, sauditi e persino cubani. Avrebbe avuto tutto il diritto di tenersi le terre "occupate" difendendosi, come sempre accade (vedi seconda guerra mondiale) ma restitui' l'intero Sinai nel 1982 all'Egitto. "Poca roba" scrivono, ma non è vero. La superficie del Sinai è di 60.000 km quadrati, il triplo di Israele! Pensate che dopo la guerra dei 6 giorni Israele passò da una superficie di 21.000 km quadrati ad una di 102.000. E oggi è a 22.000. È evidente che non c'è nessuna ingordigia e quei pochi km di terre acquisite (circa 1000 km quadrati, a fronte di 7000 della provincia di Foggia o i 7.500 di Trento per rendere l'idea) sono state acquisite per creare contrafforti indispensabili ad evitare altre aggressioni. Per quel che riguarda Gaza, tutti sanno che ci sono stati tentativi di restituirla all'Egitto, ma Il Cairo non vuole farne una sua provincia e non da' nemmeno la cittadinanza ai cosiddetti palestinesi. Come gli altri stati arabi, d'altra parte. Evidentemente la memoria del tentato colpo di stato dei profughi palestinesi in Giordania (Settembre Nero) è ancora fresca e nessuno si fida. Meglio lasciarli a creare grane a Israele. Questa, in brevissimo, è la storia. Il resto è invenzione.


Lui e' Mosab Hassan Yousef ,figlio del leader di Hamas in Cisgiordania Hassan Yosef, piu' conosciuto col nome il Principe verde.
Noi che amiamo Israele
20 maggio 2021

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 4394383593

Mosab ha disertato dai ranghi di Hamas e ha collaborato con le forze di sicurezza israeliane, dal 1997 al 2007.
Shin Bet lo considerava la sua fonte più preziosa all'interno della leadership di Hamas. Le informazioni fornite da Yousef impedirono decine di attacchi suicidi e omicidi di israeliani, e aiutarono Israele a dare la caccia a molti terroristi e a incarcerare suo padre, il leader di Hamas Sheikh Hassan Yousef. Inoltre ha raccontato di essere stato testimone quando una mamma ha inviato cinque dei suoi figli a morire in attacchi suicidi. "Lei stessa ha messo loro la cintura esplosiva, li ha salutati dicendo: andate a uccidere gli ebrei".
"Io amo Israele , ha detto Mosab Hassan Yousef con enfasi, "Mi piace quello che Israele rappresenta - la sua morale, i suoi valori, la sua democrazia. Una Nazione che è riuscita a sopravvivere alla Shoah e invece di entrare nel ruolo di vittima e dare la colpa a tutti, e' stata in grado di stabilire uno stato democratico - un giovane paese sviluppato in pochi anni. Questo è un esempio ".



GLI UTILI IDIOTI PROGRESSISTI
Niram Ferretti
18 maggio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Centocinquanta jihadisti sono stati uccisi dall'IDF durante gli ultimi bombardamenti. La maggioranza appartenenti a Hamas.
L'operazione "Guardiani delle Mura" continua con bombardamenti su Gaza contro le infrastrutture sotterranee e gli obbiettivi sensibili di Hamas e della Jihad islamica.
Intanto, il moderato Abu Mazen, leader ormai al crepuscolo, invita i palestinesi in Cisgiordania a scontrarsi con le forze di sicurezza israeliane. Tenta così, messo all'angolo da Hamas, di riaccreditarsi come "combattente".
Piccolo schemino ad uso dei meno edotti: Da una parte abbiamo Israele, unico Stato democratico in Medio Oriente, e dove i sostenitori liberal del DDL Zan, possono plaudire al Gay Pride che si organizza ogni anno a Tel Aviv, e dove gli omosessuali possono godere di libertà e visibilità complete, sposarsi e addottare figli, dall'altra Hamas e la Jihad islamica che gli omosessuali li eliminano fisicamente in nome del rigorismo coranico, appoggiati da Iran, Turchia e Qatar, paesi noti per il loro liberalismo e per la tutela dei diritti individuali.
Chi, a sinistra, (lasciamo stare l'estrema destra antisemita, i rossobruni) vorrebbe che Israele soccombesse, chi tifa Hamas, è per l'instaurazione di uno Stato islamico omofobico, misogino, in cui le minoranze religiose sarebbero sottomesse o perseguitate. Però non lo dicono, dichiarano invece di stare dalla parte dei palestinesi "oppressi", da Israele, mi raccomando, l'unico paese in Medio Oriente dove gli arabi possono usufruire di tutti i vantaggi rappresentati dal vvere in una democrazia.
Utili idioti che non sono mai stati in Israele, che non hanno la più pallida idea della realtà sul posto, che pensano che a Gaza gli abitanti siano liberi di fare quello che credono e vogliono, e che se le condizioni di vita lì, per loro, sono pessime (salvo per la mafia di Hamas) lo si deve a Israele.
Accecati dall'ignoranza, dall'ideologia, dalla propaganda, marciano uniti a favore di chi disprezza profondamente tutte le loro idee progressiste, ma sa usarli cinicamente per la propria causa.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » lun mag 24, 2021 6:55 am

La questione della proprietà della terra non può essere distinta dal conflitto. A chi appartiene la Terra di Israele?
Alcuni arabi ritengono che gli ebrei d’Europa siano andati in Israele.
Essi ritengono che Israele sia un’impresa colonialista. Ecco qui alcuni punti da tenere ben in mente:

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0472419360

1. 2000 anni fa, vi era una sovranità ebraica nella terra di Israele. Siamo chiamati ebrei (“giudei”) perché l’ultima tribù esiliata dalla Terra di Israele era la tribù di Giuda.
2. Gli ebrei hanno continuato a vivere nella Terra di Israele da tempo immemore. Gli ebrei hanno sempre vissuto nella Terra di Israele. Ciò non è vero per gli arabi. Gli arabi sono arrivati nel Medio Oriente con la Conquista Araba nel 7settimo secolo D.C. in questo senso, sono loro ad essere i colonialisti. Gli ebrei sono gli indigeni della Terra di Israele.
3. Fin dalla distruzione del regno sovrano ebraico da parte dei Romani 2000 anni fa, nessun’altra sovranità ha presieduto la terra di Israele. Solo Imperi: romani, bizantini, mammalucchi, ottomani e infine gli inglesi che hanno ricevuto un Mandato sulla Palestina per creare una patria ebraica in Israele.
4. Il nome Palestina è stato dato all’area (che includeva la Siria) per eliminare la memoria degli ebrei da quell’area. Non vi era alcuna connessione tra il nome Palestina e gli Arabi. Ricordiamo ancora - in quegli anni gli Arabi si trovavano nella Penisola Arabica e neanche lontanamente vicino al Medio Oriente.
5. Ancora sotto il mandato Britannico, gli ebrei venivano chiamati palestinesi, e gli arabi venivano chiamati “Arabi”. Non vi è niente nel nome “Palestina”, prima del 1948, che non apparteneva agli ebrei.
a.Quello prima chiamato “Palestine Post” è oggi il “Jerusalem Post”. Il nome è stato cambiato nel 1951. Il proprietario voleva spostarsi a Tel Aviv, e l’Editore voleva rimanere a Gerusalemme. Nel 1951 nessuno pensava si riferisse agli arabi.
b. La filarmonica palestinese è l’Orchestra filarmonica ebraica.
c. la Palestine Bank è la Banca del movimento sionista. Oggi chiamata “Bank Leumi”. E chi più ne ha più ne metta. Potete notarlo nei simboli della Bandiera (che è molto più affine alla bandiera israeliana che a quella degli arabi), squadre sportive con la stella di David e così via.
6. La Terra di Israele era quasi completamente vuota. Come possiamo notare nelle descrizioni di Mark Twain. Molti ebrei ed arabi sono immigrati nella terra nel 19esimo secolo.
7. Quando degli arabi mal istruiti caricano foto di cose con il nome “Palestina”, come una moneta (nelle cui parentesi è scritto Eretz Israel, terra di Israele), non sanno che il produttore di quella valuta è la Banca Anglo-Palestinese - ancora una volta, la banca del Movimento Sionista.
8. La forma a “Shnitzel” (cotoletta) dello Stato di Israele è dovuta ad accordi di Pace, guerre, ancora accordi pace, ancora guerre, ed altri accordi di pace. Si tratta di una strana forma. Ciò che è ancora più bizzarro, è che questa è la forma reclamata dagli arabi. Si tratta di una forma venuta fuori assolutamente “per caso”. Non vi era questa forma prima di 100 anni fa. Israele sarebbe dovuta essere molto più grande. Perché allora essi reclamano questa forma? Questo è perché la loro non una “narrativa” storica bensì “negativa”.
9. Meno di un secolo fa, quando le persone richiedevano la liberazione della Palestina, si richiedeva agli inglesi di restituirla agli ebrei. Questo era il significato. Agli inglesi era stato un Mandato per stabilire una “casa nazionale” per il popolo Ebraico nella terra di Israele da parte della Società delle Nazioni, e loro non erano affatto di fretta nel farlo. Invece, hanno dato circa il 70% della Terra a quella che sarebbe diventata la Giordania costituita da Arabi che non sono realmente “giordani” ed hanno lasciato che un re beduino del Regno degli Hashemite li governi. Del restante 30% l’ONU, sorto dopo il fallimento della Società delle Nazioni, ha cercato di suddividere il territorio in ebrei ed arabi. Gli Ebrei hanno accettato la suddivisione, gli Arabi no e questo ha portato ad una sanguinosa guerra per eliminare gli ebrei che ha fallito, e dalla quale è stato fondato poi lo Stato di Israele.
10. La Giordania ha illegalmente occupato Giudea e Samaria nel 1947 (durante la Guerra di Indipendenza di Israele, un anno prima della sua fondazione) e Gaza vi ha lí istituito una forza militare.
11. L’organizzazione terroristica OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) è stata istituita nel 1964. In quegli anni, Israele non aveva il controllo né della Giudea e della Samaria, né tantomeno di Gaza. Il fatto interessante è che in quegli anni nessuno ha reclamato per l’esistenza di uno Stato Arabo in quelle aree - lo Statuto dell’OLP dichiarava di voler eliminare Israele. Non molto diverso dalla situazione corrente.
12. Alcuni altri aspetti da menzionare. Metà della popolazione israeliana non è “Bianca” dall’Europa. Gli ebrei non sono “bianchi” ma questa è tutt’altra questione. Gli Ebrei esistono in ogni tipo di colore. Metà Sfaradim e metà Ashkenazim. Tutti sono originari dalla Terra di Israele. Molti di loro sono stati semplicemente deportati, e non è stato loro permesso di tornare al proprio paese.
13. Gli Arabi, esattamente come gli Ebrei, racchiudono nel loro cognome molta della loro identità. Per esempio i cognomi al-Hurani, al-Masri, al-Iraqi, mostrano il loro luogo di origine, che come potete notare, non è Israele.
14. La ragione per la quale essi reclamano di essere nativi della Terra di Israele è quella di trovare una giustificazione morale per la loro guerra. Se Israele “avesse occupato” la regione, allora è sbagliato. Ma gli Ebrei erano in questa terra prima. Gli Ebrei sono proprietari di quella Terra. Non vi è mai stato realmente un popolo palestinese, e mai vi è stato uno Stato del genere.
15. Volete una dimostrazione alle mie affermazioni? Semplice - per favore ditemi quando questo stato “Palestinese” è stato istituito. In che anno? Non potrete dimostrarlo, perché mai è esistito uno Stato del genere.
Grazie a Ran Bario Bar-Yoshafat per aver ricostruito secoli di storia, in un solo post!


Demografia storica ed etnica in Giudea, Palestina, Israele lungo i millenni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2774
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » lun mag 24, 2021 6:42 pm

Il mio nome è Amin - Sono un arabo musulmano israeliano
Servo nell'IDF e sono orgoglioso del mio paese. Continuerò a proteggere il popolo di Israele, la Terra d'Israele e la bandiera e non ho paura di dirlo e non mi zittiranno.
Auguro a tutti una buona settimana e una settimana tranquilla
Ed è importante che i miei fratelli ebrei sappiano che ci sono arabi come me.
23 maggio 2021
https://www.facebook.com/groups/1664767 ... 6379837515

Alberto Pento
Mussulmano? Non direi proprio!
Diciamo che è un mussulmano non maomettano ossia un non islamico, in ultima analisi un non mussulmano di origine mussulmana.





BERLINO: AGGRESSIONE ANTISEMITA CONTRO EBREO
23 maggio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Cresce l'allarme antisemitismo in Germania. Un cittadino di religione ebraica è stato vittima di un'aggressione di matrice antisemita a Berlino. L'uomo di 41 anni, che indossava una kippah, ha riferito alla polizia di essere stato avvicinato nella notte tra venerdì e sabato da tre uomini nel quartiere di Schoeneberg: prima lo hanno insultato pesantemente, poi uno dei tre la colpito con forza con il pugno contro il volto, tanto da farlo cadere con forza contro la vetrina di un negozio. Dopodiché i tre uomini sono riusciti a fuggire, mentre il 41enne e' stato portato in ospedale a causa delle ferite riportate sul viso, per poi essere rilasciato dopo un trattamento ambulatoriale.
Con la deflagrazione del conflitto tra Israele e i terroristi palestinesi della Striscia di Gaza, ci sono stati diversi episodi di antisemitismo in varie citta' tedesche: in particolare bandiere israeliane date alle fiamme davanti alle sinagoghe e manifestazioni apertamente anti-ebraiche. Episodi che hanno indotto le autorità (compreso il presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier e la stessa cancelliera Angela Merkel) a condannare con forza la nuova ondata di atti di antisemitismo.
A detta del responsabile della Polizia di Berlino, Wolfram Pemp, l'antisemitismo è stato "sottovalutato troppo a lungo, dalla politica e dalla societa'". In un'intervista al Tagesspiegel, Pemp ha affermato che "non solo l'antisemitismo di matrice islamica, ma l'antisemitismo nel suo insieme non e' stato considerato nelle proporzioni in cui andava considerato".


Le parole di Moni Ovadia (Pagina Ufficiale) oggi su il manifesto sono un macigno, chiare e inequivocabili nella loro semplicità.
20 maggio 2021
https://www.facebook.com/Fratoianni/pos ... 4383791897

Non posso che essere d'accordo. Dalla pressoché nulla copertura mediatica, all'evidente e crudele discriminazione sistematica operata dallo stato di Israele sulla pelle di cittadine e cittadine Palestinesi.
Mettendo anche a nudo tutta l'ipocrisia della politica italiana ed europea, che invece di prendere posizione si limita a frasi di circostanza e superficiale retorica.
Si abbia il coraggio e l'onestà di dire le cose come stanno: l'oppressione israeliana non ha alcuna giustificazione. Riconoscere lo Stato di #Palestina e liberare i territori occupati sono l'unico modo per avere #pace e sicurezza in quelle terre.
Nei commenti l'articolo di Moni Ovadia su Il Manifesto.


“Israele ci liberi da Hamas e dalla dittatura di Abbas”: l’appello di un attivista palestinese
Nathan Greppi
21 maggio 2021

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... mas-abbas/

Mohammed Massad, ex-terrorista di Fatah divenuto attivista per la pace che già nel novembre 2020 si era lanciato in un duro attacco contro la classe dirigente palestinese, è nuovamente intervenuto sulla questione domenica 16 maggio, stavolta con un video postato su Facebook e ripreso dal sito del MEMRI.

Massad, che nel video si rivolge agli israeliani parlando in ebraico (con sottotitoli in inglese), ha affermato: “La potenza d’Israele è incredibile, e la sua unità senza precedenti ma, come sempre, avete torto perché sbagliate obiettivo. Finché il vostro obiettivo non sarà quello di liberare il popolo palestinese dall’occupazione di Hamas e dalla dittatura di Abbas, non potrete mai avere ragione né vincere. Voi difendete solo i vostri cittadini. Non siamo esseri umani anche noi?”

Secondo lui gli israeliani devono avere come scopo rovesciare la leadership palestinese, e ha rimproverato la loro mancanza di decisione in tal senso: “Ho ascoltato tutti i vostri leader politici, i vostri comandanti dell’esercito e dell’intelligence, tutti gli analisti dei media israeliani, e nessuno di loro proponeva delle soluzioni. Nessuno di loro sa qual è la soluzione, perché nessuno di loro ha il coraggio di dire qual è la causa, e se non si conosce la causa non si può trovare una soluzione. Le cause sono il corrotto dittatore Mahmoud Abbas e l’occupazione di Hamas.” Fino a quando Israele non cercherà di spodestare questi regimi, ha dichiarato, “avremo una fase di scontri dopo l’altra, e rimarremo intrappolati in questo disastro per sempre.”

Parlando nello specifico degli attuali scontri, ha spiegato che “il problema è iniziato con i soldi giunti dal Mukataa (tipo di proprietà pubblica, eredità dell’Impero Ottomano, ndr) di Abbas a Ramallah, attraverso i vostri checkpoint, fino a Gerusalemme. L’incitamento (degli arabi) è iniziato su ordine di Abbas.” Sempre rivolgendosi direttamente al popolo israeliano, ha concluso dicendo che “il vostro obiettivo numero uno dev’essere quello di liberare il popolo palestinese da Abbas e da Fatah. Se non raggiungerete questo obiettivo, non avrete mai né sicurezza né pace. Grazie.”
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » lun mag 24, 2021 7:28 pm

La leggenda nera degli insediamenti
24 maggio 2021

http://www.linformale.eu/la-leggenda-ne ... ediamenti/

L’annoso conflitto tra arabi ed israeliani è stato, nel corso degli anni, talmente deformato, travisato e distorto da mass media, politici e sedicenti esperti che anche il lessico comune ha subito una autentica alterazione. Si pensi ad esempio al comunissimo termine “insediamenti”.

Questo è il significato che ne riporta la Treccani: “In antropogeografia, termine generico con il quale si indicano tutte le possibili forme di abitazione umana, dal semplice riparo alla grande città moderna, che ne è l’espressione più complessa: i. temporaneo, utilizzato occasionalmente o temporaneamente, frequente presso i popoli raccoglitori, cacciatori o pastori nomadi; i. permanente, proprio dei popoli stabili, dediti all’agricoltura, a occupazioni industriali, ecc.; con riferimento alla distribuzione: i. sparso; i. accentrato rurale; i. accentrato urbano; o all’epoca storica: i. preistorico, i. magnogreco.”

Se al termine generico “insediamenti” ci aggiungiamo l’aggettivo “ebraici” si entra immediatamente in una sorta di “leggenda nera” che evoca sopraffazione, ingiustizia, colonialismo e persino apartheid. Ma prima di addentrarci nella questione specifica degli “insediamenti ebraici” proviamo a capire se queste “possibili forme di abitazione umana” come li definisce la Treccani, sono, o sono stati, degli ostacoli per raggiungere un accordo di pace tra nazioni o popolazioni in guerra e soprattutto come la comunità internazionale si è comportata davanti a questo “ostacolo”. Perché è così che sono definiti, nel caso del conflitto arabo-israeliano, dalla UE, dagli USA e dall’ONU. Questa visione delle cose ha avuto il suo suggello con la Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza del dicembre 2016.

Per prima cosa si cercherà di capire se gli “insediamenti” possono essere in contrasto con il diritto internazionale e come la comunità internazionale si è sempre comportata difronte a degli insediamenti in territori occupati, contesi o altrimenti disciplinati.

Per sgomberare ogni dubbio iniziale possiamo subito affermare che nel diritto internazionale non esiste il termine “insediamenti”, cioè non c’è un trattato o una convenzione internazionale che riporti questo termine. Di conseguenza non possono essere illegali. Cosa dice, invece, la consuetudine internazionale, come prova di una pratica generale accettata come diritto, che è l’altra fonte riconosciuta del diritto internazionale?

Vediamone sinteticamente solo i casi principali.

Insediamenti francesi nella regione della Saar durante l’occupazione francese: 1947 -1956. Non sono mai stati considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti francesi è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle trattative di pace con la Germania. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti americani a Berlino Ovest durante l’occupazione americana. Berlino Ovest è stata occupata dagli USA, insieme a Francia e Gran Bretagna, fino al 1990. Questi insediamenti non sono mai stati considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti americani è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle trattative di pace con la Germania. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o di abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti vietnamiti in Cambogia. Parte della Cambogia è stata occupata dal Vietnam dal 1979 al 1989. Essi non sono mai stato considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti vietnamiti è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle trattative di pace con la Cambogia. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti indonesiani a Timor Est. L’Indonesia occupò Timor Est dal 1975 al 1999. Essi non sono mai considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti indonesiani (giavanesi) è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle trattative di pace con Timor Est. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o di abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti marocchini nel Sahara Occidentale. Il Marocco occupa il Sahara Occidentale dal 1976. Essi non sono mai considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti marocchini è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle trattative di pace con il Fronte del Polisario. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti turchi sull’isola di Cipro. La Turchia occupa parte dell’isola di Cipro dal 1974. L’occupazione turca è considerata illegale. Però gli insediamenti non sono considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti turchi è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle trattative di pace con Cipro. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti. Anzi la UE ne finanzia regolarmente la costruzione tramite infrastrutture con un preciso piano economico: “The European aid for Turkish in North Cyprus”.

Insediamenti indiani in Kashmir. L’India occupa parte del Kashmir dal 1948. Questi insediamenti non sono mai considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti indiani è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle trattative di pace con il Pakistan o i rappresentanti locali. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti russi in Crimea. La Russia occupa la Crimea dal 2014. L’occupazione russa è considerata illegale. Però gli insediamenti non sono considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti russi è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle eventuali trattative di pace con l’Ucraina. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti cinesi in Tibet. La Cina invade il Tibet nel 1950 e lo annette. L’annessione non è mai stata considerata illegale. Gli insediamenti non sono considerati illegali. Neanche il trasferimento degli abitanti cinesi è mai stato considerato illegale. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti spagnoli a Ceuta e Melilla. Queste due enclave spagnole in Africa sono residui del colonialismo spagnolo. Questi territori sono rivendicati dal Marocco. Gli insediamenti non sono considerati illegali. Neanche il trasferimento degli abitanti spagnoli è mai stato considerato illegale. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti inglesi nelle isole Falkland (Malvinas). Queste isole britanniche sono residui del colonialismo britannico. I territori sono rivendicati dall’Argentina. Gli insediamenti non sono considerati illegali. Neanche il trasferimento degli abitanti inglesi è mai stato considerato illegale. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti.

Insediamenti giordani in Giudea e Samaria (West Bank). La Giordania occupò Giudea e Samaria dal 1948 al 1967. L’occupazione giordana fu considerata illegale. Però gli insediamenti non vennero considerati illegali dalla comunità internazionale. Neanche il trasferimento di abitanti giordani è mai stato considerato illegale. Sia gli insediamenti che la popolazione residente non è mai stata considerata un ostacolo alle eventuali trattative di pace con Israele. Mai è stata fatta alcuna richiesta di allontanamento della popolazione o abbattimento degli insediamenti. Giordania e Israele hanno firmato un accordo di pace nel 1994. Gli abitanti arabi non sono mai stati rimossi.

Numerosi altri casi si sono verificati in Africa, Caucaso e Asia. Ma la Comunità Internazionale non ha mai dichiarato illegale la creazione di insediamenti o il trasferimento di abitanti. Per tutte le ragioni elencate è chiaro che per il diritto internazionale gli “insediamenti” non sono illegali e neppure il trasferimento non coatto della popolazione.

Il caso degli insediamenti ebraici.

Non entreremo qui in merito al fatto che i territori in questione (Giudea e Samaria alias West Bank) non possono neanche essere definiti occupati ne contesi, argomento di cui ci siamo occupati varie volte sulle pagine dell’Informale. Invece, ci concentreremo solo sul fatto del perché, gli insediamenti, non possono essere considerati illegali visto che non esiste una sola fonte del diritto internazionale che lo dimostri, anzi, è dimostrabile esattamente il contrario.

Come nasce allora questa “leggenda nera”? La leggenda nasce da una interpretazione fatta dal giurista americano Herbert Hansell nel 1978, per conto dell’allora presidente Americano Jimmy Carter, in un suo memorandum in merito al comma VI dell’Articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra, e solo su questa arbitraria interpretazione si è costruita interamente la tesi della presunta illegalità della presenza ebraica in Giudea, Samaria e Gerusalemme. Non ci sono altre fonti se non questa.

Anche di questo argomento su l’Informale ne abbiamo parlato in modo dettagliato (http://www.linformale.eu/la-iv-convenzi ... trumentale ). Basterà fornire qui solo alcuni accenni. Prima di tutto cosa dice l’Art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra?

“La Potenza occupante non potrà procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato.”

Come è evidente, non c’è nessun accenno agli insediamenti ma solo al trasferimento o deportazione della propria popolazione. Inoltre, il reale significato di questa espressione è stato fornito da Jean Pictet nel commentario della Croce Rossa Internazionale del 1958 sul terzo Titolo della IV Convenzione di Ginevra (utilizzato in tutto il mondo giuridico sul tema del trattamento dei civili nei territori occupati in tempo di guerra), nel quale si ribadisce in modo inequivocabile che per “deportazione o trasferimento” si intende un’azione coatta sotto la minaccia delle armi come recita del resto il comma I dello stesso articolo. Cosa non applicabile al caso di Israele, oltre che a tutti i casi che abbiamo visto in precedenza. Infatti, questo articolo della IV Convenzione di Ginevra non è mai stato utilizzato in nessun caso al mondo. Oltre a ciò va ricordato che la IV Convenzione di Ginevra si applica sono in caso di belligeranza, cosa non applicabile alla Giudea e Samaria. Tanto è vero che lo stesso Hansell nel suo memorandum lo dichiarava superato nel caso di firma di un trattato di pace, cosa che avvenne nel 1994 con la Giordania. A questo si sono aggiunti anche gli Accordi di Oslo del 1995 firmati con l’Autorità Nazionale Palestinese. In questi accordi gli insediamenti sono citati oltre 80 volte e sempre nei termini della piena legalità. Quindi, per il principio legale del pacta sunt servanda, non si può evocare retroattivamente una presunta illegalità. Cosa che è stata fatta dall’ANP, ma fatto ancora più grave, dalla comunità internazionale con la citata Risoluzione 2334, che peraltro non ha nessun valore legale, che così recita al suo punto 1:


Il Consiglio di sicurezza:

https://it.wikipedia.org/wiki/Risoluzio ... ioni_Unite

«condannando ogni misura intesa ad alterare la composizione demografica, le caratteristiche e lo status dei territori palestinesi occupati dal 1967, compresa Gerusalemme est, riguardante, tra gli altri: la costruzione ed espansione di colonie, il trasferimento di coloni israeliani, la confisca di terre, la demolizione di case e lo spostamento di civili palestinesi, in violazione delle leggi umanitarie internazionali e importanti risoluzioni,[...]
esprimendo grave preoccupazione per il fatto che le continue attività di colonizzazione israeliane stanno mettendo pericolosamente in pericolo la possibilità di una soluzione dei due Stati in base ai confini del 1967, [...]

1. riafferma che la costituzione da parte di Israele di colonie nel territorio palestinese occupato dal 1967, compresa Gerusalemme est, non ha validità legale e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale e un gravissimo ostacolo per il raggiungimento di una soluzione dei due Stati e di una pace, definitiva e complessiva;[...]
2. insiste con la richiesta che Israele interrompa immediatamente e completamente ogni attività di colonizzazione nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme est, e che rispetti totalmente tutti i propri obblighi a questo proposito;[...]
3. ribadisce che non riconoscerà alcuna modifica dei confini del 1967, comprese quelle riguardanti Gerusalemme, se non quelle concordate dalle parti con i negoziati;[...]
4. sottolinea che la cessazione di ogni attività di colonizzazione da parte di Israele è indispendabile per salvaguardare la soluzione dei due Stati e invoca che vengano intrapresi immediatamente passi positivi per invertire le tendenze in senso opposto sul terreno che stanno impedendo la soluzione dei due Stati;[...]
13. decide di seguire attivamente la questione.»

In conclusione la “leggenda nera” degli insediamenti ebraici nasce con una interpretazione del tutto infondata del comma VI dell’Articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra, che non li cita nemmeno, per arrivare alla Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza che li definisce in maniera ancora più infondata “un grave ostacolo al raggiungimento della soluzione dei due Stati e di una giusta, duratura e generale pace”. Principio che come abbiamo potuto vedere in precedenza non è mai stato considerato un ostacolo nelle trattative di pace in nessun altro caso al mondo. Per questo motivo chi sostiene che gli “insediamenti ebraici” sono illegali per il diritto internazionale o un “ostacolo alla pace”, lo afferma per mera posizione politica ma senza nessun fondamento legale. Ironia del caso, sono gli stessi Stati che oggi accusano Israele ma che nel corso dei decenni hanno deliberatamente creato insediamenti e trasferito la loro popolazione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » mar mag 25, 2021 7:15 pm

Un sito sinistrato antisemita-antisraeliano e filo nazi maomettano palestinese, pieno di menzogne e di calunnie criminali contro gli ebrei.


In Palestina l'apartheid è anche economica e finanziaria
valori.it
Andrea Barolini
24.05.2021

https://valori.it/palestina/

A Hebron, Ramallah, Betlemme e nella Striscia di Gaza l’architettura urbana parla. Parlano le palazzine di cemento, i fasci di fili elettrici sospesi nelle periferie, il susseguirsi di strutture fatiscenti. Raccontano la storia della Palestina, la vita di chi la abita. Anche le insegne dei negozi parlano. Alcune possono risultare familiari anche a chi vive nel ricco mondo occidentale. I loghi di Starbucks e KFC, ad esempio. Colori e immagini figli di strategie di marketing pensate per un altro mondo, che si confondono in un oceano caotico e magmatico di scritte in lingua araba. È così nei dedali di strade punteggiati da negozi a conduzione familiare, nei viali commerciali, nei saliscendi incorniciati da piccoli ristoranti che colorano il cemento grigio degli edifici.

L’economia della Palestina è una battaglia quotidiana in un circuito in gran parte chiuso. Chiuso da barriere militari, politiche e ideologiche. Nel quale in pochi voglio penetrare. Non le multinazionali della grande distribuzione organizzata, non i grandi marchi industriali, non le catene della ristorazione. E neppure le grandi banche internazionali.

L’apartheid che, di fatto, rappresenta la quotidianità per gran parte del popolo palestinese è ben presente infatti anche nel settore finanziario. Limitando non solo l’accesso ai relativi servizi, ma anche i potenziali investimenti provenienti dall’estero.
Gerusalemme Est vista da un drone. Nonostante l’occupazione militare, la mancanza di una moneta propria e di una banca centrale, l’economia palestinese ha mostrato negli anni una grande capacità di resilienza
Il tessuto economico resta infatti incredibilmente fertile, malgrado le immense difficoltà incontrate dalla popolazione
Il Prodotto interno lordo dei Territori varia fortemente tra le diverse aree che li compongono. Nel complesso, si stima che nel 2018 abbia superato i 14 miliardi di dollari.


L’economia della Palestina è viva. Nonostante l’occupazione israeliana

Chi volesse lanciarsi in un business in Palestina, infatti, deve fare i conti con un contesto tutt’altro che favorevole. L’Autorità palestinese non dispone né di una banca centrale, né di una valuta propria. E neppure di uno Stato. Per questo, anche in periodi di pace, investire dall’estero non può che risultare particolarmente complicato. Eppure il settore privato palestinese, composto al 90% da piccole e medie imprese, ha mostrato una sorprendente capacità di adattamento. Nonostante gli enormi ostacoli imposti dall’occupazione israeliana.

L’Autorità palestinese è infatti estremamente dipendente dagli aiuti internazionali. E cerca in ogni caso di attirare investimenti diretti esteri (IDE) sfruttando alcuni meccanismi: una politica fiscale incoraggiante, la creazione di una Borsa, il sostegno dell’Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti della Banca mondiale. O ancora la ratifica della Convenzione di New York sul riconoscimento e il rispetto delle sentenze arbitrali estere. Ciò nonostante, benché gli IDE siano risultati in aumento dal 2009 in poi, la partecipazione è ancora estremamente circoscritta a livello geografico. L’80% del denaro proviene infatti dalla Giordania, e in particolare dal settore finanziario della nazione mediorientale.

«Nonostante le difficoltà geopolitiche – sottolinea un’analisi del quotidiano svizzero Le Temps – e la dipendenza dalle banche israeliane, la Palestina dispone di un settore finanziario regolato. Più della metà delle banche operanti è di origine regionale (Giordania, Kuwait, ecc.). Alcune iniziative, come il Fondo di garanzia di crediti euro-palestinesi, avviato dalla Commissione europea e dalla banca pubblica tedesca KfW, sono finalizzate a facilitare il finanziamento delle micro-imprese palestinesi e delle società di taglia intermedia».

Le vie alternative per l’accesso al credito in Palestina: il caso di Ucasc

Tuttavia, non sempre l’accesso al credito è facile. È per questo che da decenni i palestinesi hanno cercato di inventare vie alternative. Nel 1999, ad esempio, è nata l’Unione delle associazioni cooperative per il risparmio e il credito (Ucasc). «Abbiamo cominciato tra il 1999 e il 2000 dalla constatazione di una mancanza di risorse, specialmente per le donne – spiega Randa Abed Rabbo-Zein, dirigente dell’associazione -. Durante la prima Intifada molte persone hanno perso le loro fonti di guadagno. Ad esempio numerosi lavoratori impiegati sul territorio di Israele sono andati via e hanno cercato di lanciare iniziative in Cisgiordania. Ma le banche sono presenti nella città, non nelle aree rurali. Così abbiamo lanciato la nostra cooperativa».

«Oggi – prosegue Randa Abed Rabbo-Zein – abbiamo cooperative gestite da donne presenti in ogni distretto, per essere vicini alla popolazione. E ciascuna responsabile ha una sua autonomia gestionale. Siamo state presenti fino al 2013 anche nella Striscia di Gaza. Finché è stato possibile. La speranza è, un giorno, di diventare una vera banca cooperativa».

STORIE DI SUCCESSO – Le mense scolastiche a Nablus

Una delle iniziative promosse dall’Ucasc ha puntato a sopperire ad una mancanza di mense scolastiche in numerose aree della Palestina. Dando al contempo lavoro e reddito a donne che, altrimenti, non avrebbero avuto fonti di introito.

L’associazione ha contribuito a creare dodici strutture, per un investimento complessivo di circa 25mila euro. L’Ucasc spiega che i redditi netti che riescono oggi ad ottenere è di circa 360 euro al mese per ciascun membro. Ovvero il salario minimo per una persona che lavora 8 ore al giorno. Ma è stato possibile dare lavoro anche a un gruppo di assistenti, avviare iniziative volte a spiegare i principi di un’alimentazione sana e consegnare forniture alle scuole.

«Si è trattato – precisa l’Ucasc – di un modo per garantire ai membri dell’associazione e alle loro famiglie un sensibile miglioramento dei loro standard di vita».

Il settore informale in Palestina rappresenta il 40% dell’economia

Ciò nonostante, le banche sono poco utilizzate per il finanziamento delle aziende. Il settore “informale” rappresenta il 40% dell’economia e dà lavoro a un terzo della popolazione nel privato. Il tutto in una nazione nella quale il tasso di disoccupazione è attorno al 30%.

Una nuova piattaforma di investimenti per tentare di facilitare l’ingresso di liquidità europea è stata avviata alla fine del 2020. Il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh e il rappresentante dell’Ue in Palestina, Sven Kühn von Burgsdorff l’hanno annunciata il 1 dicembre. La dotazione: 100 milioni di dollari arrivati da una sovvenzione europea e altri 410 sotto forma di prestiti bancari e garanzie.

«La piattaforma costituirà uno strumento di scambio di esperienze e di informazioni – ha commentato Shtayyeh -, di promozione degli investimenti locali e servirà per invitare gli istituti di credito europei a puntare sulla Palestina». Una delle priorità dell’Autorità è infatti «favorire l’ingresso di investimenti stranieri, per sostenere settori vitali come l’agricoltura, i trasporti, le comunicazioni, le energie rinnovabili, le risorse idriche, le tecnologie digitali».

Il 90% dell’economia palestinese è costituita da piccole e medie imprese. Nei Territori occupati circolano tre monete: quella israeliana, il dinaro giordano e il dollaro americano
Il tasso di disoccupazione è tuttavia ancora molto alto, pari a circa il 30%
Le condizioni di lavoro ed economiche sono particolarmente diverse nelle differenti aree della Palestina: Cisgiordania, Gerusalemme Est e Striscia di Gaza
Tutti i dati indicano come sia proprio a Gaza la situazione peggiore: in termini di Pil, di ricchezza, di condizioni di lavoro

Lo sviluppo della microfinanza in Palestina

Nel frattempo, ad aiutare le imprese palestinesi è soprattutto il microcredito. A partire dagli anni Novanta, il sistema è stato sostenuto da donatori, come nel caso delle associazioni Oxfam e Save the Children. «Oggi – prosegue Le Temps – sono nove gli istituti dedicati e tre i programmi. In sei casi di tratta di entità regolate dall’Autorità monetaria palestinese, che opera in mancanza di una banca centrale in Cisgiordania e a Gaza».

Una delle società specializzate nel microcredito è Reef, del quale Fondazione Finanza Etica è socia. Masa Khalifa è fundraising manager dell’azienda: «La vita di chi abita in Palestina non è una vita normale. Non lo è nella Striscia di Gaza, ma neppure in Cisgiordania. Ciascuno di noi ha delle aspettative, ma anche spostarsi dalla propria residenza al luogo di lavoro può essere estremamente complicato. Ci sono checkpoint da superare, lunghi giri da effettuare. E così anche i business sono minacciati quotidianamente. A tutto ciò si è aggiunta la pandemia, e con essa la mancanza di vaccini in Palestina».

Così, il sistema economico non è in grado di assorbire «le migliaia giovani laureati che non riescono a trovare un lavoro. E per questo vogliono andare altrove. Io stessa avrei voluto seguire un corso di studi a 40 minuti da casa. Ho provato per sette volte a raggiungerlo, invano. Così, ho dovuto cambiare campo di studi. È un esempio concreto di come l’occupazione incide sulle scelte di vita delle persone».


«Non riusciamo a rispondere alla domanda di microcredito»

Per questo Reef cerca di sostenere con il microcredito chi tenta di avviare un’impresa: «Operiamo soprattutto nel settore agricolo – prosegue Khalifa -. L’80% delle persone, se non direttamente tramite le loro famiglie, possiede della terra in Palestina. Purtroppo con il Covid-19 ci sono stati numerosi fallimenti. Abbiamo dovuto avviare la ristrutturazione di numerosi prestiti».

Ciò nonostante, l’apporto della microfinanza è per molti determinante: «Abbiamo erogato prestiti a 3-4mila persone. Il problema però è che non abbiamo abbastanza fondi a disposizione. Non attraiamo investitori perché non garantiamo guadagni. E fatichiamo con le donazioni perché non siamo una Ong. Le banche regionali, inoltre, praticano tassi troppo alti. Così, non siamo in grado di far fronte alla domanda».

STORIE DI SUCCESSO – La storia di Kamla Nu’aman Oddah, che grazie al microcredito ha aperto un asilo nel suo villaggio in Cisgiordania

Kamla Nu’aman Oddah è una delle persone che hanno potuto beneficiare del microcredito erogato da Reef. Laureata in giurisprudenza, vive nella porzione settentrionale della Cisgiordania. Il suo lavoro era però a Gerico in una scuola privata. Per raggiungerla, ed essere sicura di arrivare sul posto alle 8, doveva uscire di casa ogni giorno alle 5:30.

Sposata, Kamla normalmente lasciava i suoi tre figli a casa con la suocera quando andava al lavoro, in mancanza di un asilo. Anche al ritorno, lo stesso, quotidiano percorso a ostacoli tra blocchi e checkpoint. Così Kamla ha deciso di presentare le sue dimissioni, pur sapendo che lo stipendio del marito non era sufficiente per poter far fronte alle necessità della famiglia.

Di qui l’idea: creare lei stessa un asilo nel suo villaggio. Si è rivolta a Reef e ha ottenuto 8mila dollari di prestito per aprire una piccola struttura. Che, in breve, ha ottenuto uno straordinario successo. Per questo Kamla ha deciso di tentare di ampliarla ulteriormente, rivolgendosi ancora alla società specializzata in microfinanza.

Oggi nell’asilo di Kamla sono impiegati sei insegnanti. E anche due suoi familiari vi lavorano. La donna ha perciò richiesto un credito di ulteriori 12mila dollari per aprire una seconda struttura.
Un non-Stato diviso in tre aree estremamente diverse tra loro

Lo sviluppo della Palestina, dunque, incontra enormi difficoltà logistiche. Il 60% della Cisgiordania è sotto il controllo di Israele, e l’accesso da parte dei cittadini palestinesi è spesso complicato. A risentirne sono tutti i parametri macroeconomici. Ad oggi i Territori palestinesi presentano un Prodotto interno lordo stimato (per il 2018) a 14,6 miliardi di dollari. In un sistema diviso – fisicamente, politicamente ed economicamente – in tre aree: Cisgiordania, Gerusalemme Est e Striscia di Gaza. Con la Cisgiordania, a sua volta, divisa in ulteriori tre aree, A, B e C con diversi gradi di controllo da parte delle autorità palestinesi e israeliane.

La costruzione di infrastrutture in Palestina dipende fortemente dagli aiuti internazionali ed è soggetta alla burocrazia e agli attacchi dei coloni israeliani © Claudia Vago
Eppure, nonostante un ammodernamento in molti casi necessario, il tessuto produttivo è sorprendentemente vivace © Claudia Vago
L’occupazione di buona parte della Cisgiordania da parte di Israele, nonché l’installazione di insediamenti illegali rispetto al diritto internazionale, rappresentano un grande freno allo sviluppo in Palestina © rvbox/iStockPhoto
Un panorama di Betlemme. Sulla sinistra, il muro che segna il confine con l’agglomerato di Gerusalemme @ Claudia Vago
Una torretta di guardia nel muro che divide gli agglomerati di Gerusalemme e Betlemme © Claudia Vago

«La popolazione palestinese, tuttavia, dipende dalle aree A e B per la fornitura di servizi – spiega ACADF, società specializzata in microfinanza -. I tribunali palestinesi delle aree A e B sono autorizzati a trattare i conflitti tra le persone che vivono nell’area C. Ma non hanno il potere di far rispettare le loro decisioni. Ciò nonostante, noi concediamo prestiti nell’area C. E continueremo a farlo. In quella zona la maggior parte del territorio è utilizzata per l’agricoltura, settore sul quale ci concentriamo. L’assenza di strutture per far applicare la legge è compensata da un’attenta selezione dei clienti e dalla pressione sociale esercitata su chi è inadempiente».

«Il sistema politico palestinese – prosegue ACADF – rimane diviso: Hamas ha preso de facto il potere a Gaza e la divisione politica impedisce un coordinamento delle politiche. Sono sorti così due quadri normativi paralleli. Il che frammenta uno spazio economico già limitato. Ad esempio, la fornitura di servizi a Gaza è complicata dall’esistenza di due distinti servizi pubblici. Uno pagato e gestito dall’ANP a Ramallah e l’altro dall’autorità di fatto a Gaza». Anche per questo «la disoccupazione a Gaza è tra le più alte al mondo e anche la povertà è molto alta».

Nel complesso, inoltre, il sistema palestinese è fortemente dipendente da quello israeliano, con il quale è in vigore una sorta di quasi-unione doganale istituita dal Protocollo di Parigi. Di qui molte delle difficoltà che pesano nell’acceso ai mercati esteri e sulla competitività. Anche per questo gli investimenti diretti esteri (IDE) sono ancora ridotti (pari a 1,7 miliardi, ovvero il 12,5% del Pil), benché siano aumentati dal 2009.
Il sistema economico locale, tuttavia, non è in grado di assorbire la domanda di lavoro
Soprattutto quella qualificata: sono migliaia i giovani laureati che non riescono a trovare un impiego in Palestina


Il ruolo del settore pubblico e il contesto di incertezza

L’economia nei Territori è essenzialmente costituita da servizi, con un settore pubblico particolarmente presente (dal quale dipende il 20,3% dei posti di lavoro complessivi). Il peso dell’industria è pari al 13% del Pil e quello dell’agricoltura al 2,9%, mentre l’edilizia vale il 6,5%.

Il settore privato è composto da alcune grandi imprese, ma soprattutto da una miriade di micro-aziende. Tuttavia, non è in grado di assorbire la crescita della popolazione attiva. E soffre la mancanza di competitività rispetto alle nazioni vicine. Legata ad una logistica più costosa e complessa rispetto a quella di Israele, alle difficoltà nelle esportazioni, a costi relativamente elevati dei fattori di produzione.
Una filiale di Quds Bank a Betlemme © Salvatore Guida

Ma a pesare, ovviamente, è soprattutto il contesto politico. Le incertezze legate al conflitto con la nazione ebraica, alternativamente latente o manifesto, rendono difficile convincere ad investire sul territorio. L’ultima guerra, nel 2014, ha affossato il Pil della Striscia di Gaza del 15,1%.


L’ultima guerra ha fatto precipitare il Pil nella Striscia di Gaza di oltre il 15%

Proprio nell’enclave palestinese che affaccia sul Mediterraneo, infatti, si registrano le condizioni economiche (e sociali) peggiori. Inoltre, l’Autorità palestinese non ha margini di politica monetaria, mentre quelli di bilancio sono decisamente ristretti. Soprattutto, non è possibile ricorrere a strumenti tradizionali di indebitamento: impossibile, in altre parole, emettere bond. Gli introiti sono così legati in larghissima parte a prestiti e aiuti internazionali.

Anche il settore bancario resta sostanzialmente poco sviluppato. I prestiti al settore privato rappresentano poco più di un terzo del Pil. Sul territorio, poi, circolano tre monete: lo shekel israeliano, il dinaro giordano e il dollaro americano. Non esiste, appunto, una valuta palestinese. Il che priva completamente le istituzioni di una politica monetaria.

Le banche presenti in Palestina sono unicamente regionali

La supervisione, come detto, è appannaggio di una specifica autorità che fa le veci di una banca centrale, ed è riconosciuta come una delle più professionali e prudenti della regione. Ma per le banche operanti nei Territori i prestiti non performanti sono soltanto attorno al 3%. E l’autorità monetaria ha anche introdotto un sistema di garanzie sui depositi (fino a 20mila dollari) per rassicurare i correntisti.

Anche dal punto di vista fiscale, la situazione della Palestina è del tutto peculiare: «Qui – spiega Luigi Bisceglia, che insegna presso l’università di Betlemme ed è responsabile regionale dell’organizzazione non governativa VIS – è Israele a riscuotere le tasse indirette, come l’IVA. E a controllare l’import-export».


Luigi Bisceglia, docente presso l’università di Betlemme

Ciò nonostante, negli ultimi anni si è riusciti a sviluppare un sistema bancario. «Dal 2007 – prosegue il docente – con l’ex presidente dell’Autorità palestinese Salam Fayyad si è di fatto introdotto il capitalismo nel sistema economico. Qui esiste un settore bancario, costituito prevalentemente da istituti regionali, come Arab Bank e Cairo-Amman Bank. E proprio nel 2007 nacque la prima banca locale, la Bank of Palestine».

La testimonianza di Luigi Bisceglia, docente presso l’università di Betlemme

Le banche occidentali sono tuttavia totalmente assenti: «Possiamo dire in ogni caso che un cittadino palestinese ha a disposizione dei servizi bancari paragonabili a quelli europei, benché con una minore diversità bancaria. Si possono avere carte di credito Visa e Mastercard. Funziona Revolut. Certo, esistono anche alcune limitazioni. È il caso di PayPal, che qui non funziona. Ma i palestinesi si sono attrezzati e hanno creato PalPay, che funziona molto bene».

Il caso di PayPal. E la rivincita con il successo di PalPay

A colpire, infatti, è la capacità di resilienza del tessuto produttivo palestinese. Che deve fronteggiare molteplici difficoltà eppure riesce a rimanere vivo. «Con l’accelerazione degli ultimi dieci anni – aggiunge Bisceglia – sul fronte finanziario la popolazione si è però indebitata. E, con la crisi del coronavirus, chi aveva a disposizione un po’ di risparmi, o le rimesse di familiari che lavorano all’estero, ha potuto galleggiare. Per gli altri la situazione è molto complicata».

Il dinamismo del sistema produttivo palestinese è tuttavia evidente. Moltissimi ragazzi studiano e frequentano le università, anche all’estero grazie a borse di studio. Si seguono master e conseguono dottorati e c’è una mentalità imprenditoriale molto sviluppata. Sono moltissime le start-up che nascono, nonostante l’assenza di welfare, di sussidi in caso di disoccupazione.

«Detto ciò – lamenta Bisceglia – non possiamo dimenticare che i due terzi del territorio sono sotto occupazione. Tra una comunità e l’altra ci sono insediamenti illegali rispetto al diritto internazionali. Nei quali chi vi abita usa numerose forme di violenza nei confronti dei palestinesi. Vengono distrutte reti idriche, infrastrutture elettriche, servizi. Si costruisce una casa, una scuola, e poco dopo può arrivare un ordine militare che ne impone la distruzione nel giro di due giorni». Chi investirebbe in un contesto del genere?

Sostieni Valori!
Dalla parte dell'etica, del clima, dei diritti e dell'uguaglianza. Come te. Sostienici!
Dona con Satispay
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » ven mag 28, 2021 8:07 pm

Che schifezza umana e che vergogna cristiana questo vescovo donna antisemita e filo nazi maomettana!


LO SCANDALOSO APPELLO DI UN VESCOVO AL BOICOTTAGGIO DI ISRAELE
28 maggio 2021
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883
Il vescovo di Oslo che sostiene il boicottaggio di Israele citando i versi del profeta Isaia in quanto unico strumento di resistenza non violenta contro “l’occupazione” della Palestina – nazione mai esistita e quindi mai occupata di cui non si conoscono i confini, la storia e la moneta.
Si chiama Kari Veiteberg e alcuni giorni fa ha acceso un dibattito su Facebook chiedendo il boicottaggio di Israele per la recente ondata di violenza indiscriminata scatenata da Hamas contro i civili israeliani. “Abbiamo sia un obbligo morale che un obbligo ai sensi del diritto internazionale di non sostenere finanziariamente l'occupazione della Palestina. Esortiamo le chiese in Norvegia a sostenere il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) come soluzioni per una pace duratura e giusta", ha scritto Veiteberg scatenando accese polemiche che hanno avvicinato la sua immagine alla più classica forma di antisemitismo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » ven mag 28, 2021 8:59 pm

IL RICATTO
Niram Ferretti
29 maggio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

L'avviso è arrivato chiaro e netto. Anthony Blinken, in partenza da Israele ha detto che se le famiglie arabe palestinesi di Sheikh Jarrah verranno sfrattate, ci potrebbero essere "tensioni, conflitto, guerra".
Dunque, la legge deve farsi da parte, o meglio, sulla Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sull'appello rivoltole, dopo che sentenze precedenti avevano stabilito che i residenti morosi e abusivi di Sheikh Jarrah dovevano lasciare le abitazioni per restituirle ai leggitmi proprietari, pende questa spada di Damocle.
Durante il conflitto tra Israele e Hamas, alla Corte era già stato chiesto, da parte del governo, di differire il pronunciamento. Ora, la Corte dovrà emettere un verdetto che, se confermerà quelli precedenti, porterà allo sfratto, con il rischio che si inneschi un altro ciclo di violenza.
Hamas, nel mentre, osserva.
Siamo giunti a questo paradosso. Lo Stato più militarmente avanzato del Medio Oriente deve subire il ricatto di una gang di terroristi islamici.
A questa situazione siamo arrivati gradualmente, per una serie costante di errori, il più vistoso di tutti quello di avere pensato che foraggiando Hamas per tenerlo buono le cose sarbbero andate bene. I terroristi si tolgono di mezzo, non si alimentano, ma nessuno, in Israele, sembra prenderlo realmente in considerazione.
Daniel Pipes lo dice da anni. Israele ha rinunciato alla vittoria.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » ven mag 28, 2021 9:26 pm

Chi c’è dietro a Hamas? Il suo nome è Al Qaradawi
Mosaico
Ester Moscati
di Nathan Greppi
28 maggio 2021

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... -qaradawi/

Chi decide per armi e fondi contro ebrei e israeliani? L’eminenza grigia è Yusuf al-Qaradawi, leader dei Fratelli Musulmani, che ha dichiarato di voler morire “completando il lavoro di Hitler”. Intervista a Lorenzo Vidino, esperto di jihadismo

Quando si parla della guerra tra Israele e Gaza, bisogna sempre tenere a mente che Hamas non è un movimento autonomo, ma è il ramo palestinese dei Fratelli Musulmani: un movimento che in poco meno di un secolo, partendo dall’Egitto, si è diramato in molti Paesi per diffondere una versione radicale dell’Islam che si lega in maniera indissolubile alla politica. Chi ha studiato a fondo questo fenomeno è il politologo Lorenzo Vidino, milanese trapiantato in America dove dirige il Programma sull’Estremismo della George Washington University. Vidino è tra i massimi esperti a livello mondiale di estremismo islamico, compresa la Fratellanza Musulmana alla quale ha dedicato il suo ultimo libro, Islamisti d’Occidente (Bocconi Editore).

Cosa distingue Hamas e la Fratellanza da altri movimenti jihadisti (ISIS, Al Qaeda…)?
Tutti appartengono a una stessa macro-famiglia, quella dell’islamismo. Ma nonostante abbiano un’ideologia e degli scopi simili, scelgono delle tattiche diverse: storicamente, gruppi come Al Qaeda e lo Stato Islamico nascono da una frattura in seno ai Fratelli Musulmani, nati nel 1928 al fine di islamizzare la società e di creare un regime islamico. Questi ultimi lo fanno attraverso due tattiche: da un lato l’islamizzazione della società attraverso strumenti pacifici, quali l’educazione e le elezioni, e dall’altro l’uso della violenza, scegliendo un metodo piuttosto che l’altro a seconda delle circostanze.
Il movimento jihadista invece nasce negli anni ’70, come una branca dei Fratelli Musulmani, che vede nella violenza l’unico strumento per ottenere risultati, mentre i metodi pacifici secondo loro richiederebbero troppo tempo.
A volte ci sono momenti di sinergia, e altri di forte rivalità.

Negli ultimi anni, a Gaza, Hamas ha investito molto nei missili e nella costruzione di tunnel. Chi sono i loro finanziatori?
Come ho spiegato in un recente articolo su La Repubblica, sono soprattutto tre paesi: Qatar, Turchia e Iran. Ma Hamas riesce a raccogliere fondi anche con altre modalità: alcune arrivano da ONG legate alla Fratellanza, che si spacciano per onlus caritatevoli, o da governi occidentali, che danno soldi che dovrebbero essere investiti nell’educazione e che invece Hamas investe nelle armi. Ma anche quando le investono in attività educative sono comunque propedeutiche agli scopi di Hamas, che per governare deve fornire una serie di servizi alla popolazione locale.

Anche se Hamas è sunnita, sono appoggiati dall’Iran che è sciita. Perché?
L’Iran sostiene loro e altri gruppi palestinesi come la Jihad Islamica perché l’odio per l’America e Israele trascende le divergenze tra sciiti e sunniti. A volte hanno delle tensioni tra di loro, tanto che all’inizio della Guerra in Siria Hamas non ha appoggiato il presidente siriano Bashar al-Assad, al contrario dell’Iran. Ma queste tensioni spariscono quando devono combattere Israele, il loro nemico principale.

La Fratellanza musulmana è molto attiva anche in Europa.
Esatto. In generale dall’Occidente arrivano molti fondi a Hamas, anche se non sempre è facile provarli. Ci sono state delle indagini in vari Paesi, compresa l’Italia, sulle reti che portano loro i soldi, ma non sempre è facile, perché molte si nascondono dietro donazioni umanitarie.

Al-Qaradawi

La sua presenza in Europa può essere un rischio per le comunità ebraiche?
Sì, perché prende una posizione molto decisa ed estremista sul conflitto israelo-palestinese, e chiaramente spinge le comunità islamiche su posizioni che non sono solo antisraeliane, ma anche antisemite. Faccio un esempio: Yusuf al-Qaradawi, il leader spirituale della Fratellanza Musulmana a livello globale, ha ripetutamente lodato gli attentatori suicidi, sottolineando come quello tra Hamas e Israele è un conflitto religioso più che politico. Quindi sono contro gli israeliani in quanto ebrei. È celebre il suo discorso in cui dichiarava di voler morire “finendo il lavoro non completato da Hitler”. E questo è il leader indiscusso della Fratellanza, citato come punto di riferimento religioso da tutti i suoi affiliati, anche in Italia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » dom mag 30, 2021 7:43 pm

Nuova etica bellica: Il caso di Israele
David Elber
30 Maggio 2021

http://www.linformale.eu/nuova-etica-be ... i-israele/

Lo scoppio dell’ultimo conflitto tra Israele e il gruppo terroristico Hamas ha avuto tra le sue più spiacevoli conseguenze, quella di generare nei mass media e nei social network un criterio inedito per definire se un conflitto è “giusto” o “sbagliato”.

Si tratta di un criterio che viene usato in esclusiva per Israele ogni qualvolta è in conflitto con Hamas, ed è quello della rendicontazione dei morti civili. Così facendo i mass media hanno volutamente dato all’ascoltatore o al lettore (che molte volte per fretta si limita a leggere solo il titolo di un pezzo) uno strumento completamente deformato per farsi un’opinione in merito al conflitto appena concluso.

Nei numerosi resoconti che abbiamo letto o ascoltato non sono mai state fornite le più elementari informazioni sul fatto che i terroristi utilizzavano i centri abitati come piattaforme di lancio per i loro razzi e come, in spregio ad ogni considerazione morale, etica e legale utilizzassero i civili come scudi umani. In questo modo i contrattacchi israeliani apparivano (o venivano descritti) come intenzionalmente mirati a danno della popolazione civile o nella migliore delle ipotesi “sproporzionati”, concetto questo disciplinato dal diritto internazionale ma completamente falsato e travisato dagli organi di informazione e dalle parole di politici senza scrupoli.

Un’altra caratteristica di questo modo di fare informazione è stato quello di anteporre – sempre e sistematicamente – la reazione dell’aggredito all’atto dell’aggressore. In questo modo, dopo pochissimo tempo, non era più chiaro chi fosse l’aggressore e chi l’aggredito. Così, fin da subito non c’era più un soggetto (Hamas), che aveva iniziato un conflitto con un atto di aggressione militare, e uno (Israele) che si difendeva come prevede il diritto internazionale e il buon senso, ma c’erano due soggetti sullo stesso piano: due aggressori dei quali non si capiva chi avesse iniziato il conflitto e perché.

Molto velocemente le TV, la radio e i giornali, hanno iniziato a parlare di “lancio di razzi” e “ritorsione” fino ad arrivare a casi di autentico fanatismo mediatico descrivendo le vicende come “attacchi” e “rappresaglie”. Il più delle volte anteponendo la “rappresaglia” al lancio dei razzi. Nel vocabolario italiano, questo termine, in ambito bellico significa: “Azione o misura punitiva, violenta e disumana, indiscriminata,”. Arrivati a questo punto perde completamente di importanza chi ha iniziato il conflitto o se qualcuno aveva ragione o torto. Ormai esisteva solo un soggetto (Israele) che è “violento, disumano e indiscriminato” e di conseguenza l’altro che è per forza la vittima. Questo impianto narrativo è stato saldamente corroborato dal numero delle vittime civili allo scopo di ribaltare completamente la realtà dei fatti.

Prima di tentare di applicare questo principio distorto e decontestualizzato ad alcuni conflitti del passato, proviamo a vedere se contestualizzandoli nel giusto ordine, gli avvenimenti bellici possono assumere un’altra valenza.

La deformazione dei fatti

Il conflitto è iniziato con il lancio di razzi da Gaza, il territorio controllato da Hamas che hanno colpito dei centri urbani alla periferia di Gerusalemme. Questo è un chiaro atto di attacco armato al quale tutti gli Stati (incluso Israele) hanno diritto di rispondere militarmente, come previsto dal diritto internazionale (Art. 51 Statuto ONU). Quindi è chiaro chi è l’aggressore (Hamas) e chi è l’aggredito (lo Stato di Israele).

Quest’ultimo conflitto è stato anche un esempio di guerra asimmetrica dove ad un soggetto è richiesto il pieno dovere nel rispettare le regole imposte dalle leggi internazionali (lo Stato di Israele) e un soggetto (Hamas) che essendo un’organizzazione terroristica non sarebbe tenuta a farlo. Però questo stesso soggetto (Hamas) riceve aiuti in beni e denaro da molte organizzazioni internazionali e Stati. Ha il controllo totale della popolazione che governa con leggi da esso stabilite, richiede il pagamento delle tasse, disciplina l’educazione scolastica e quella religiosa, ha il controllo del territorio, della sicurezza pubblica e delle frontiere. In pratica possiede tutte le caratteristiche statuali. Di conseguenza implicitamente detiene tutte le responsabilità verso la popolazione civile che governa. Nessun organismo internazionale ha mai obiettato nulla in proposito. Quindi, implicitamente, gli si riconoscono i diritti e i doveri anche verso gli altri Stati agendo di fatto come entità statuale. Per tale ragione questo soggetto (Hamas) fin dal primo momento (bombardamento indiscriminato e senza obiettivi militari precisi di centri urbani civili) ha violato in modo sistematico il diritto internazionale. Inoltre, utilizzando i centri abitati come istallazioni militari per effettuare bombardamenti sistematici, ha nuovamente violato le leggi internazionali, facendolo ulteriormente utilizzando la popolazione civile come protezione illegale della propria attività bellica.

L’altro soggetto della contesa (lo Stato di Israele) ha rispettato tutti i principi richiesti dalla Convenzione dell’Aia del 1907 concernenti le leggi di guerra. Basta leggerne la Sezione 2 per capirlo. Infatti, ha colpito solo le strutture utilizzate da Hamas per scopi militari e non ha mai bombardato a casaccio. Se ci sono state vittime civili, questo è stato a causa del fatto che le istallazioni militari di Hamas sono state dislocate volutamente in mezzo alla popolazione civile. Sarebbe, inoltre, interessante sapere un giorno quanti dei civili morti sono stati causati dagli attacchi aerei israeliani e quanti causati dai missili che Hamas ha fatto cadere sul proprio territorio (sono stati ben 640 e sono molti di più di quelli che hanno raggiunto i centri abitati in Israele).

A conferma di quanto esposto si possono citare anche le cifre sulle vittime del conflitto. Israele ha avuto 12 morti complessivi: 11 civili e 1 militare. Il 99,9% sono vittime civili, quindi è chiaro che l’obiettivo di un soggetto (Hamas) è stato quello di colpire sistematicamente i civili israeliani. Dal lato palestinese, le cifre come sempre sono più difficili da stabilire. Secondo fonti ONU (che sono poi quelle fornite da Hamas) ci sono state 254 vittime delle quali 129 combattenti (secondo fonti israeliane che ha fornito nomi e cognomi solo almeno 150 i combattenti uccisi). Prendendo per buone queste cifre si evince che i combattenti morti sono stati oltre il 50% delle morti totali. Se a questo aggiungiamo che non si sa con esattezza quanti civili siano stati uccisi dai razzi di Hamas, è chiaro che l’azione difensiva di Israele non aveva come obiettivo i civili. Di tutto questo nulla è emerso nelle cronache e nei commenti dei mass media.

Per quanto concerne la disparità nel numero delle vittime del conflitto, ciò si spiega con il fatto che Israele, da anni, investe ingenti risorse per proteggere la propria popolazione civile, con il sistema antimissile Iron Dome, con i rifugi nei centri urbani e con le stanze blindate nelle abitazioni private. Hamas dal canto suo cosa fa? Spende enormi risorse per creare istallazioni per il lancio dei razzi nei centri urbani, nelle scuole, vicino a moschee e ospedali; tutto questo con l’intento di mettere la popolazione civile in prima linea. Inoltre, ha costruito chilometri di tunnel per scopi militari. I rifugi realizzati sono costruiti ad esclusivo uso dei suoi comandanti e relative famiglie. Anche di questo fatto non vi è traccia nelle cronache giornalistiche. E’ evidente che la vera “disparità” di forze risiede nella propensione a proteggere la propria popolazione civile.

Proviamo per un attimo a “rileggere” alcune guerre passate con gli stessi criteri adottati per descrivere l’ultimo scontro tra lo Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas. Gli strumenti di “rilettura” sono solo: il numero di morti civili e la potenza militare dei contendenti, tutto il resto (chi ha scatenato la guerra, atteggiamento verso i civili propri e degli avversari, cause dell’intervento nel conflitto, considerazioni politiche, umanitarie e di diritto) verrà opportunamente omesso come i media hanno fatto nei giorni scorsi.

Seconda guerra mondiale

Morti civili tedeschi: oltre due milioni.

Morti civili giapponesi: circa un milione.

Morti civili inglesi: circa novanta mila.

Morti civili americani: circa otto mila.

Si è utilizzata volutamente la comparazione tra Germania e Giappone da un lato e Gran Bretagna e USA dall’altro perché sia in Europa che in Estremo Oriente sono stati i responsabili quasi esclusivi dei bombardamenti aerei sulle città e sulle infrastrutture tedesche e giapponesi.

Potenza militare e industriale di molto superiore quella angolo-americana rispetto a quelle di Giappone e Germania.

Con questi “criteri” non ci sono dubbi: i tedeschi e i giapponesi avevano ragione e gli inglesi e gli americani avevano torto. C’è stato, inoltre, un uso sproporzionato della forza.

Prima guerra del Golfo

Morti civili iracheni: 3.664. Che sono quelli direttamente colpiti dai bombardamenti della coalizione e sono esclusi i curdi e gli sciiti uccisi nella repressione di Saddam.

Morti civili della coalizione internazionale (tra cui l’Italia): zero.

Potenza militare e industriale di molto superiore quella della coalizione internazionale rispetto a quella dell’Iraq.

Con questi “criteri” non ci sono dubbi: gli iracheni avevano ragione e la coalizione internazionale aveva torto. C’è stato, inoltre, un uso sproporzionato della forza.

Guerra in Somalia

Dal 1992 al 1995 si sono succedute tre diverse missioni ONU, per riportare l’ordine in Somalia dilaniata da anni di guerra civile, denominate UNITAF, UNOSOM I e UNOSOM II.

Morti civili somali: diverse migliaia. Non è mai stata fatta una stima ufficiale.

Morti civili degli Stati membri della missione (tra cui l’Italia): zero.

Potenza militare e industriale di molto superiore quella della coalizione internazionale rispetto a quella della Somalia.

Con questi “criteri” non ci sono dubbi: le bande somale avevano ragione e la coalizione internazionale aveva torto. C’è stato, inoltre, un uso sproporzionato della forza.

Guerra del Kosovo

Dopo l’inizio degli scontri interetnici tra serbi e albanesi nel 1998 in Kosovo, la NATO decide di intervenire con una campagna di bombardamenti in Serbia che durò dal 24 marzo al 11 giugno 1999. Ai bombardamenti partecipò anche l’Italia per volontà del governo presieduto da Massimo D’Alema.

Morti civili serbi: oltre 2.500

Morti civili paesi della NATO: zero.

In queste cifre non sono comprese le morti di leucemia e di altre forme di cancro causate dagli effetti delle radiazioni delle bombe ad uranio impoverito utilizzate massicciamente sul territorio.

Potenza militare e industriale di molto superiore quella della coalizione internazionale rispetto a quella della Serbia.

Con questi “criteri” non ci sono dubbi: la Serbia aveva ragione e la coalizione internazionale aveva torto. C’è stato, inoltre, un uso sproporzionato della forza.

A queste guerre e conflitti se ne possono aggiungere numerose altre avvenute in Africa, Asia e Centro America. Mai in nessun caso la comunità internazionale ha parlato di uso “sproporzionato” della forza. Pare del tutto evidente che l’utilizzo di certi “criteri” avviene unicamente quando è coinvolto Israele.

I criteri e le cifre sono facilmente alterabili se decontestualizzati e strumentalizzati. Bisogna fare in modo che l’opinione pubblica lo capisca e non si faccia manipolare da una comunicazione totalmente sbilanciata se non apertamente propagandistica.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: I terroristi nazi maomettani di Gaza bombardano Israele

Messaggioda Berto » mar giu 01, 2021 7:23 am

Un demenziale ebreo israeliano di sinistra antisionista e filo nazimaomettano

Gideon Levy: "Quelle bombe e la vergogna di essere israeliano"
Umberto De Giovannangeli
30 maggio 2021

https://www.globalist.it/world/2021/05/ ... 81423.html

È l’icona vivente del giornalismo “radical” israeliano. Amato o odiato, senza mezze misure. Perché Gideon Levy spiazza, non fa sconti, scuote le coscienze. Leggere per credere

“Giovedì, ho provato un grande orgoglio di essere un lettore - e scrittore - di Haaretz e una profonda vergogna di essere israeliano. La prima pagina del giornale di quel giorno avrebbe dovuto essere esposta nelle basi delle forze aeree d'Israele, in modo che i piloti e i loro assistenti e i comandanti di corpo e di squadrone la vedessero. Cosa avrebbe provato il tenente Gal il pilota intervistato da Yedioth Ahronoth alla fine del confronto militare di questo mese con Hamas. Aveva detto al giornale che ‘provava sollievo’ dopo aver sganciato le bombe su Gaza? Proverebbe ancora lo stesso sollievo dopo aver visto la sua opera - le fotografie dei 67 bambini morti sulla prima pagina di Haaretz? L'unico ‘lieve shock’ provato da quella macchina da bombardamento chiamata pilota sarebbe ancora il momento in cui ha sganciato le bombe, come ha raccontato - o la vista delle foto dei bambini morti avrebbe generato in lui qualche altra emozione che gli avrebbe impedito di compiere di nuovo una missione così spregevole? Le immagini sono scioccanti nella loro grandezza cumulativa. Tutta la propaganda sui ‘più morali’ e ‘i migliori che vanno in aviazione’, sugli ‘attacchi aerei chirurgici’ e i colpi di avvertimento sui tetti di Gaza si dissipano improvvisamente di fronte a queste foto. Il sorriso smagliante di Rafeef, 10 anni. La maschera indossata da Amir, 9 anni. Mohammed, che non avrebbe mai festeggiato nemmeno un compleanno. Gli occhiali da sole colorati di Islam, di otto anni, nell'ultima foto che lo ritrae, che potrebbe anche essere la prima.

Queste fotografie sono più convincenti di mille vuoti discorsi di propaganda israeliana sull'autodifesa, sulla colpa di Hamas e su come non ci fosse alternativa. Questo è l'ultimo, singolare risultato, davanti al quale solo i piloti e gli altri israeliani a cui è stato fatto il lavaggio del cervello possono rimanere indifferenti e persino parlare del loro ‘sollievo’. Dopo il primo shock è arrivato il secondo, solo un po' meno del primo: le reazioni in Israele. Se qualcuno avesse ancora dubitato della portata della negazione e della repressione psicologica in cui vive la società israeliana, se qualcuno avesse dubitato della gravità della sua malattia morale, le reazioni alla prima pagina lo hanno dimostrato. Questa società è molto malata. Il dibattito nei media e sui social media è scoppiato come un incendio. È stato selvaggio e istruttivo.

Israele stava evitando la temuta notizia come la peste. Nessuno parlava dei bambini morti, delle dimensioni orribili dell'uccisione e dell'esercito che l'aveva commessa. Non era affatto l'argomento. In un'incredibile esibizione acrobatica, gli israeliani hanno tirato fuori tutto quello che avevano e anche di più per evitare la verità, eludere la responsabilità e continuare con la loro solita autocelebrazione. Ecco una lista parziale: Haaretz è colpevole perché non ha pubblicato le foto dei due bambini israeliani uccisi. Il New York Times è colpevole perché ha scritto che solo due bambini palestinesi sono stati uccisi dai razzi palestinesi. Hamas è colpevole perché usa i bambini come scudi umani. Hamas è colpevole perché spara razzi dai centri abitati. I bambini non sono stati nemmeno uccisi. Ci sono foto in cui li si vede alzarsi dai loro sudari. C'era solo una cosa di cui nessuno osava parlare: La responsabilità di Israele, la colpa delle Forze di Difesa Israeliane, il ruolo dei piloti e la parte condivisa da ogni israeliano, dal primo ministro Benjamin Netanyahu in giù, nella responsabilità morale di questa uccisione di bambini. Sotto gli auspici dei suoi pietosi media, un'intera società è stata arruolata come una sola persona, spalla a spalla, per eludere ogni responsabilità, per sviare ogni colpa, per accusare il mondo intero, per dissipare ogni dubbio e dire: Non è per mano nostra che è stato versato questo sangue. Ma l'amara verità è che è stato solo per mano nostra. Non c'è altro modo di presentarla. Non c'è altra verità da mettere in mostra. Si può dire che questo è ciò che succede in guerra e anche pensare che se non fosse stato per Hamas, questa guerra non sarebbe scoppiata - il che è molto dubbio - ma dare tutta la colpa alla vittima è un nuovo record di disprezzo israeliano. Neanche una parola di rammarico? Di dolore? Un briciolo di responsabilità? Un accenno di colpa? Un risarcimento per le famiglie? Non Israele. Mai. I bambini sono morti negli attacchi aerei. I bambini sono colpevoli. Solo loro. Assolutamente solo loro”.

Così Gideon Levy, coscienza critica d’Israele.

Anche il titolo scelto dal giornale rimanda alla parte umanamente più insopportabile di qualsiasi conflitto: la perdita delle vite umane più piccole. Haaretz scrive sopra i volti sorridenti dei bambini “Questo è il prezzo della guerra”.

La scelta del New York Times

Sulla scia di Haaretz, anche Il New York Times ha fatto una scelta molto forte. Ha deciso di mostrare nella sua homepage una sorta di slide-show che alterna le fotografie dei 67 bambini che hanno perso la vita nella Striscia di Gaza. A ogni foto è associata una brevissima descrizione di quell’azione che i bambini stavano facendo poco prima di morire: c’era chi era uscito per mangiare un gelato, chi invece stava consumando la cena con i propri genitori. Poche righe di racconti quotidiani, che fanno comprendere la dimensione familiare della tragedia.

Per molti bambini è stata il quarto conflitto

"Essere un bambino nella Striscia di Gaza è sempre stato estremamente difficile, anche prima dell'escalation", sottolinea l'Unicef. "Per molti bambini, questo è stato il quarto conflitto che hanno vissuto. Nessun posto è sicuro per i bambini nella Striscia di Gaza. Prima dell'attuale ondata di violenze 1 bambino su 3 aveva bisogno di supporto perla salute mentale e psicosociale. Questo numero è senza dubbio aumentato negli ultimi giorni", continua, ribadendo la necessità di una pace duratura: "Per il bene di tutti i bambini e del loro futuro, è il momento di raggiungere una soluzione pacifica dilungo termine al conflitto che dura da sette decenni. Qualsiasi soluzione politica che sarà raggiunta non dovrebbe e non può essere quella di 'tornare a com'era prima' perché 'prima' era insopportabile e insostenibile per tutti i bambini".

La dodicenne Dina* ha la leucemia e non è stata in grado di ricevere cure al di fuori di Gaza da quando il coordinamento si è interrotto. "La mia malattia ha avuto gravi conseguenze sulla mia vita e non riesco a camminare sulle mie gambe. Ho pregato che mi amputassero gli arti. Israele dovrebbe revocare il blocco così da avere buone scuole e buoni ospedali e poter avere cure e posti carini dove giocare. E poter, quindi, vivere come gli altri bambini nel mondo" ha detto.

Ahmed*, 13 anni, è stato colpito alla gamba dalle schegge di un proiettile che è esploso e la sua richiesta di lasciare Gaza per un intervento ai nervi è stata respinta. “Uno dei giorni più difficili della mia vita è stato quando sono uscito dall'operazione e mi avevano preparato una sedia a rotelle. Mi chiedevo a cosa servisse la sedia. Mi hanno detto: "Ci siederai sopra e ci vivrai tutta la tua vita". Ho pianto, dal profondo del mio cuore ... Non posso lasciare Gaza perché hanno chiuso i posti di blocco. La mia gamba sta peggiorando e io sono preoccupato per questo" spiega Ahmed.

Save the Children sostiene trenta bambini che necessitano di cure mediche urgenti al di fuori di Gaza. Alcuni di questi sono stati feriti durante il conflitto o nelle proteste e hanno arti amputati, ferite da arma da fuoco o da schegge, gravi danni agli occhi e al sistema neurologico. Altri vivono con malattie debilitanti come cancro e patologie cardiache.

"Come può esserci una giustificazione in qualsiasi posto e momento per impedire ai bambini di ottenere cure salvavita? Questi minori gravemente malati devono lasciare Gaza per sopravvivere, semplicemente non c'è altra opzione. È crudele che i bambini muoiano o soffrano di un dolore estremo quando possono ricevere un trattamento appena oltre i posti di controllo. Ogni giorno che passa, la finestra per aiutare questi bambini si chiude ulteriormente”, dichiara Jeremy Stoner, direttore di Save the Children per il Medio Oriente.

Anche questo è “il prezzo della guerra”. E a pagarlo sono i più indifesi tra gli indifesi: i bambini.




I MISSILI DI HAMAS CONTRO I PROPRI FIGLI (E NIPOTI)
30 maggio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

La nipote del leader di Hamas Ismail Haniyeh è stata ricoverata nell'ospedale Ichilov a Tel Aviv (dopo aver subito un trapianto di midollo osseo) per un mese intero, compreso il periodo del conflitto con i terroristi palestinesi che in 11 giorni hanno lanciato più di 4.300 missili dalla Striscia di Gaza contro le città e i civili israeliani, di cui 680 esplosi all'interno dell'enclave controllata da Hamas & co., causando morti e feriti che come sempre sono stati attribuiti dalle veline della propaganda propal allo Stato ebraico.
La notizia del ricovero della bambina è stata data dalla tv israeliana Canale 12, mentre l'ospedale non ha voluto rilasciare alcun commento..
Perchè Israele "non deve esistere", ma i suoi ospedali che servono a curare anche le vite dei parenti dei capi di Hamas si...
Free palestine si, ma da Hamas e dal terrorismo palestinese!!!


Le fake del New York Times e chi le diffonde (tralasciando il fatto che per certa gente Israele dovrebbe subire l'attacco con migliaia di razzi senza avere possibilità di risposta).
Ema Bolo
29 maggio 2021

https://www.facebook.com/ema.bolo.10/po ... 3780945163

La ragazzina della foto cerchiata si chiamava Nadeen Awwad, aveva 16 anni, arabo israeliana, è rimasta uccisa l'11 maggio, insieme al padre Khalil, con la madre rimasta gravemente ferita, nel suo villaggio, Dahmash, vicino Lod, da un razzo lanciato alla Striscia di Gaza.
I 3 bambini delle altre foto cerchiate si chiamavano Yazan Al-Masri, 2 anni, Ibrahim Hassanain, 16 anni, Hussein Hamad, 11 anni, rimasti uccisi dai razzi, quasi 700, lanciati da Hamas e Jihad islamica che per difetti di propulsione sono caduti all'interno della Striscia.


Alberto Pento
Nessuna vergogna per Israele!
Questi bambini e ragazzi morti, impropriamente detti "palestinesi" non sono innocenti vittime degli ebrei di Israele!
Questi bambini e ragazzi morti, impropriamente detti "palestinesi", non mi fanno proprio nessunissima pena.
Essi sono stati uccisi dalla loro stessa gente e dal suo demenziale, criminale e secolare odio razzista antigiudaico e antisionista che ne ha causato la morte aggredendo Israele e i suoi ebrei.
Criminale e demenziale odio politico religioso che trae origine dal nazi idolatra Maometto, dal suo mostruoso idolo Allah, dall'orrendo Corano e da 14 secoli di storia imperialista sanguinaria islamica anti ebraica, anti cristiana, anti zoroastriana e anti ogni diversamente religioso, areligioso e diversamente pensante.
Sicuramente tutti costoro erano stati cresciuti nell'odio fanatico e feroce per Israele e i suoi ebrei e qualcuno di loro avrà magari partecipato a qualche atto ostile contro gli ebrei e sicuramente con certezza assoluta gran parte di loro stava crescendo preparandosi ad attaccare e distruggere Israele e cacciare o sterminare i suoi ebrei.
Essi sono morti principalmente a casusa della mancanza di rispetto per la vita umana in generale che è propria del nazismo maomettano,
e in particolare della mancanza di rispetto per la vita dei non mussulmani considerati infedeli, indegni, inferiori e malvagi, da depredare, schiavizzare, stuprare, uccidere.
e infine dalla mancanza di rispetto per la loro stessa gente e per i loro figli che usano tranquillamente come scudi umani e che poi mandano a morire suicidi uccidendo e sterminando chiunque non sia gradito al criminale Maometto e al suo mostruoso Allah come prescritto nel demenziale Corano.
Sono morti a causa del razzismo nazi maomettano della loro gente! Chi è causa del suo mal pianga se stesso!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Ebraismo

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite