Nel telegiornale di Rai 1 del 30 marzo, contro IsraeleInformazione Corretta
http://www.informazionecorretta.com/mai ... S_IbbOHMcY Nel telegiornale di Rai 1 del 30 marzo, ore 20.15, Carlo Paris ha dimostrato di avere dei vuoti di memoria. Ha già dimenticato i missili lanciati su Tel Aviv? Ha già dimenticato che uno degli ultimi due ha colpito in pieno una casa del Moshav Mishmeret ferendo 7 persone tra cui due bambini? Quelle sette persone potevano essere morte ammazzate se le sirene non avessero funzionato e se in quella casa non vi fosse stata la camera della guerra dove in pochi secondi tutti si sono rifugiati. Nonostante ciò tutta la famiglia è stata ricoverata all'ospedale per ferite dovute alle schegge ricevute durante la fuga e per lo stato di chock in cui versavano soprattutto i bambini.
Tutto dimenticato da Carlo Paris!
Non ha dimenticato però di nominare i 269 palestinesi uccisi nell'arco di un anno durante le loro stramaledette manifestazioni del venerdì sera quando tentano di abbattere le reti, sfondare il confine e penetrare in Israele. Si, 269 palestinesi uccisi perché armati, perché lanciavano bombe contro i soldati, perchè sparavano contro i soldati che spesso si sono salvati grazie agli elmetti a prova di pallottola, perché sorpresi mentre tentavano di tagliare le reti di confine.
Ogni venerdì da un anno a questa parte dalle 10.000 alle 50.000 belve fanatiche saltano, urlano, sparano, tirano bombe con l'intenzione di penetrare nel paese e ammazzare israeliani. Il dovere dei soldati e' di fermarli con ogni mezzo prima che riescano a sfondare la rete. Guai se accadesse, avremmo un'invasione di belve armate di fucili, coltelli e bombe in ogni villaggio israeliano in prossimità di Gaza.
Hamas, che fa il bello e il cattivo tempo, organizza le manifestazioni ordinando ai suoi servi della gleba, perché altro non sono se non servi, di portare anche i bambini nella speranza che qualche pallottola nemica li colpisca. Tutti quei bambini, in alcuni casi addirittura lattanti, sono comunque rimasti intossicati a forza di respirare il fumo nero delle migliaia di copertoni che i manifestanti bruciano ogni venerdì per creare una barriera di fumo tra loro e i soldati.
Fumo nero e cancerogeno, bombe, palloncini pieni di esplosivo, armi di ogni tipo, gente urlante e sporca.. Questo è l'ambiente in cui Hamas costringe i bambini di Gaza mettendo anche nelle manine dei più piccoli delle pietre da lanciare contro gli odiati yahud (ebrei).
Cosa si può sperare per quelle future generazioni se non il peggio del peggio? E dove sono le organizzazioni per l'infanzia? Dov'è Save the Children? Perché permettono lo stupro morale dei bambini palestinesi costretti a vivere a pane e odio?
Tutto questo però i giornalisti come Carlo Paris non lo dicono, sono muti, non possono dire quanto Hamas sia un'organizzazione di assassini né quanto la popolazione, pur odiandoli, odi molto di più Israele perché così gli è stato insegnato da Arafat, a Abu Mazen a Hanyeh.
La manifestazione di ieri sera è stata meno furiosa delle precedenti, ha visto non più di 10.000 palestinisti perché Hamas aveva precedentemente ordinato di limitare gli attacchi, a dimostrazione che l'organizzazione terroristica ha il completo potere su ogni cosa che a Gaza si muova o respiri. I boss, ben nascosti e al sicuro nei bunker, manipolano la gente come se si trattasse di marionette, quando ordinano "andate a farvi ammazzare" "i martiri" obbediscono e vanno.
A Carlo Paris voglio dire che, in questi giorni, a un anno dalle prime manifestazioni, è stato reso noto il bilancio: 1233 missili lanciati da Gaza, 1963 incendi appiccati in Israele, 8648 acri di terra israeliana bruciata, 94 dispositivi esplosivi lanciati in Israele. Sicuramente lui ne sarà stato informato e allora perché non dirlo? Perché parlare solo dei palestinisti che sono andati, e tutti sanno che vengono pagati, a farsi ammazzare per avere il martirio?
Perché non dire che se Israele non avesse un sistema di difesa quasi perfetto, non si sarebbero contate le stragi di cittadini inermi? E perché non dire che ogni ferito, ogni morto palestinista ha una tariffa? Perché non dire che anche i bambini vengono pagati per andare a far casino lungo il confine con la speranza che vengano colpiti o che soffochino a causa del fumo?
I feriti hanno una tariffa che è sui 300 $, i morti naturalmente vengono pagati molto di più.
La cosa schifosa è che il servizio pubblico RAI, come anche altre testate, faccia passare i terroristi per eroi e Israele, che ne è la vittima da ormai quasi un secolo, per carnefice. Questo deve finire! Se a Gaza i morti sono stati 269 a fronte di un paio di israeliani è solo perché Israele usa i soldi per difendere i propri cittadini, è la sua priorità. I boss palestinisti usano i soldi, e ne ricevono tanti, per far morire la propria popolazione. Questa è la differenza, Carlo Paris.
Questo è quello che bisogna dire, se Israele non sapesse difendersi non esisterebbe più da molti anni.
Riprendiamo dal MANIFESTO, oggi 30/03/2019, a pag. 9, con il titolo "
Un anno dopo, Palestina sempre in 'Marcia' ", il commento di Michele Giorgio; dall' OSSERVATORE ROMANO, a pag. 3, la breve "
La tragedia dei bambini di Gaza".
Informazione Corretta
http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0k3fkEOMoYLa disinformazione contro Israele dei quotidiani comunista e cattolico va a braccetto. Entrambi gli articoli sono di demonizzazione dello Stato ebraico. Il Manifesto, con il solito Michele Giorgio, esalta la "marcia" dei "palestinesi" (con questo nome generico chiama i terroristi di Hamas, mai definiti come tali) e continua: "Per l'anniversario di oggi Israele prepara i cecchini, i palestinesi gli ospedali". Non è da meno OR,il quotidiano ufficiale della S.S.(Santa Sede) che inizia così l'articolo: "Sono almeno 49 i bambini uccisi al confine tra Gaza e Israele a un anno dall'inizio delle proteste per la marcia del ritorno, organizzata da Hamas". I morti tra i gazawi ci sono stati, nell'ultimo anno, ma i responsabili di queste uccisioni sono solo ed esclusivamente Hamas. Gran parte delle "vittime", inoltre, è proprio composta dai terroristi, ma Manifesto e OR non fanno distinzione per meglio attaccare Israele, descritto come crudele e cinico aggressore. Due pezzi ignobili che vanno a braccetto.
Ecco gli articoli:
IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Un anno dopo, Palestina sempre in 'Marcia' "
La Striscia di Gaza si prepara a vivere oggi una delle sue giornate più importanti, si teme tra le più drammatiche, dalla fine dell'offensiva militare israeliana Margine Protettivo quasi cinque anni fa. È il 43esimo anniversario del «Giorno della Terra» che ricorda le sei vittime palestinesi in Galilea durante le proteste contro la confisca delle terre arabe. Ma per i due milioni e passa di palestinesi che vivono in questa lingua di terra più di ogni altra cosa è il primo anniversario della «Grande Marcia del Ritorno», la protesta popolare contro il blocco israeliano di Gaza.
DECINE DI MIGLIAIA di palestinesi, qualcuno azzarda 100mila, oggi raggiungeranno i cinque accampamenti di tende allestiti nella fascia orientale di Gaza, ad alcune centinaia di metri dalle barriere di demarcazione con Israele, per affermare che gli oltre 250 uccisi e le migliaia di feriti (dozzine hanno subito amputazioni) dal fuoco dei tiratori scelti dell'esercito israeliano durante le manifestazioni settimanali da un anno a questa parte, non hanno affievolito il desiderio di spezzare la morsa che strangola la Striscia da oltre 12 anni e di vivere una vita degna di questo nome. Un nuovo bagno di sangue è possibile. Anzi probabile, prevedono molti considerando lo schieramento di forze militari che Israele ha messo in piedi negli ultimi giorni a ridosso di Gaza. Nei cinque accampamenti sono stati allestiti ospedali da campo. Medici e paramedici si preparano a ricevere negli ospedali un numero eccezionalmente alto di feriti.
Le violenze volute da Hamas al confine con Israele
COME MIRA la giornata lo decideranno i comandi militari israeliani e il risultato della mediazione egiziana per un accordo di cessate il fuoco di lunga durata tra Hamas e Israele (di cui si parla dall'anno scorso). È stato esplicito ieri Ismail Haniyeh, il capo del movimento islamico Hamas al potere a Gaza che ormai tiene nelle sue mani il volante della Marcia limitandone il carattere spontaneo che aveva avuto il 30 marzo di un anno fa e nei mesi successivi. Haniyeh ha spiegato che la situazione «è a un bivio». Se ci sarà un'intesa con Israele, le forze di sicurezza di Hamas terranno i dimostranti lontano — a 300 metri secondo le notizie circolate — dalle barriere di demarcazione. Il Jihad, l'altra organizzazione islamista, ha chiesto ai dimostranti «di salvaguardare la propria incolumità». Se le trattative falliranno, le proteste potrebbero essere lasciate libere. L'esercito israeliano è pronto a usare la forza contro chi si avvicinerà alle barriere.
IERI SI PARLAVA di una bozza di intesa tra le parti. Oltre all'aumento del numero di camion e merci che da Israele entrano a Gaza e all'estensione della zona di pesca a 12 miglia, prevede — secondo le anticipazioni circolate — l'aumento delle fornitore elettriche a Gaza, l'allentamento delle restrizioni israeliane all'import e l'export delle merci palestinesi e la ripresa dei trasferimenti di fondi (del Qatar) verso la Striscia. In cambio Hamas dovrebbe fermare il lancio di razzi e tenere lontano dalle linee con Israele le future manifestazioni della Marcia. Però non è stata finalizzata. Colleghi palestinesi ci riferivano del pessimismo espresso da un dirigente di Hamas, Ghazi Hamad. Il movimento islamico — ha spiegato Hamad — vuole un'intesa nero su bianco, con impegni ben definiti per entrambe le parti durante la tregua. Israele non va oltre le promesse verbali, alternandole a minacce di guerra in caso di mancato accordo.
IL PREMIER Netanyahu, nel pieno della campagna per le elezioni del 9 aprile, non ha alcuna intenzione di mostrarsi «dialogante» con Hamas. Sullo sfondo c'è la frustrazione dei giovani palestinesi con meno di venti anni che a Gaza sono la metà della popolazione. Maher Abu Samadana, di Rafah ma studente a Gaza city, non segue l'andamento della mediazione egiziana. Non ha mai avuto un lavoro e non pensa che riuscirà ad averne uno vero nei prossimi anni. Si sente chiuso in gabbia.
«NON HO NULLA da perdere - ci spiega rappresentando tanti altri ragazzi di Gaza - Per me la Marcia è l'unica possibilità di svolta verso la libertà. Se non spezzeremo l'assedio non avremo mai una vita diversa». Maher oggi sarà all'accampamento Al Malaka assieme ai suoi amici. «Non ho paura di morire» afferma. Alla manifestazione non parteciperà Ali Abu Sheikh, 24 anni, del gruppo «We are not numbers» che racconta sui social la condizione difficile ma anche le capacità dei civili di Gaza, oltre le notizie diffuse dai media.
«ERO ENTUSIASTA della Marcia del Ritorno - ci spiega-Mi affascinava il progetto, amavo la sua dimensione popolare. Negli accampamenti prima delle manifestazioni si faceva cultura, si giocava con i bambini, si discuteva di tutto. Era importante». Ora, aggiunge, «la Marcia è segnata dalle manovre politiche di questa odi quella parte, mentre Israele non cessa l'occupazione e tiene la nostra terra stretta nell'assedio».
L'OSSERVATORE ROMANO: "La tragedia dei bambini di Gaza"
Sono almeno 49 i bambini uccisi al confine tra Gaza e Israele a un anno dall'inizio delle proteste per la marcia del ritorno, organizzata da Hamas. Lo ha reso noto la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite. Drammatici numeri che l'organizzazione umanitaria Save the Children ha evidenziato ieri per ribadire a tutte le parti coinvolte di agire immediatamente per affrontare le cause alla radice del conflitto e garantire la necessaria protezione a tutti i bambini, in uno scenario caratterizzato dalla recente escalation di violenze nell'area. Secondo quanto riportato dalla Commissione d'inchiesta dell'Onu, i bambini sono stati colpiti dai soldati israeliani con munizioni e proiettili di gomma e hanno subito gravi conseguenze in seguito all'inalazione di gas lacrimogeni lanciati lungo la barriera. E tra coloro che sono rimasti feriti, in tanti hanno subito lesioni molto gravi e indelebili (amputazioni, perdita della vista e lesioni alla testa), non potendo accedere a cure mediche adeguate di cui avevano urgente bisogno. La richiesta di assistenza medica specialistica, infatti, ha superato di gran lunga le capacità dell'intero sistema sanitario di Gaza, ormai paralizzato da anni a causa del blocco. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, nel corso dell'ultimo anno circa l'8o per cento dei bambini feriti durante le proteste, che hanno chiesto di potere lasciare Gaza per ricevere cure mediche di emergenza in Israele, si sono visti negare o ritardare i loro permessi. Stamane, intanto, le sirene d'allarme sono tornate a risuonare nel sud di Israele, vicino alla Striscia di Gaza. Lo riferisce l'esercito israeliano, aggiungendo che «decine di migliaia di israeliani sono corsi verso i rifugi». La tensione rimane molto alta, dopo che nei giorni scorsi diversi razzi sono stati lanciati da Gaza verso Israele, di cui uno ha centrato una casa a nord di Tel Aviv. A riguardo, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ribadito che l'esercito è pronto ad intensificare la già vasta operazione militare attorno a Gaza. «Tutti i cittadini di Israele — ha dichiarato il premier al termine di una riunione con i capi militari della zona — sanno che, se occorre, questa nuova campagna la faremo con forza e sicurezza, dopo che tutte le altre possibilità saranno esaurite». E nel difficile tentativo di evitare nuove violenze tra Israele e Hamas, una delegazione egiziana si è recata nella regione per incontrare fazioni palestinesi e rappresentanti israeliani. Della delegazione fanno parte anche ufficiali dell'intelligence del Cairo.