Ebrei, cristiani e Tunisia

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Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:29 am

Ebrei, cristiani e Tunisia
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:30 am

Aloulou Chikh Ali
Ci sono ci sono ,quasi 8 milla ibrei in tunisia. Cittadini vivano in pace con i vicini ai maomenttani come racconta il sengior.pento. siamo mousslimani credenti dell dio e il nostro Maometto e il corano e de Gesù e la bibbia .,...poi noi non abbiamo problemi con gli ibrei siamo cugini .noi Abbiamo problemi con i gli strimist ibrei i ( juif ) .ok

https://www.facebook.com/Furerm/posts/1 ... &ref=notif


Alberto Pento
L'idolatra Maometto e il suo nazismo maomettano o islam considera gli ebrei e i cristiani come infedeli, miscredenti, inferiori, gente che sbaglia, maiali e scimmine, ...
In tutto il mondo islamico gli ebrei e i cristiani sono dhimmi; non sono liberi di professare, di manifestare pubblicamente la loro religione e di fare proselitismo; subiscono discriminazioni e persecuzioni, sono costantemente intimiditi e minacciati, quando non vengono depredati, cacciati o uccisi.


Non 8000 come certuni sostengono ma 1500
Ebrei in Tunisia
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_de ... in_Tunisia
La popolazione ebraica della Tunisia, stimata di circa 100.000 persone nel 1948, nel 2003 era ridotta a circa 1.500 persone. Questi ebrei vivono principalmente a Tunisi, con comunità anche a Gerba, Sfax, Sousse e Nabeul.
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:31 am

Cimitero TunisiaProfanato l’antico cimitero ebraico di Sousse
19/02/2013

http://www.romaebraica.it/ebrei-tunisia

Cresce in Israele la preoccupazione per la sorte della piccolissima comunità ebraica in Tunisia (appena 2000 anime circa), in seguito al rafforzarsi dell’integralismo islamico in quel Paese e al ripetersi di attacchi anti-ebraici. Lo riferisce il quotidiano Yediot Ahronot.

Di recente nella storica città di Sousse, sulla costa mediterranea, è stato profanato l’antico cimitero ebraico e 68 tombe sono state distrutte. Diverse lapidi sono state spezzate e i resti di un defunto sono stati estratti dalla tomba. A Sousse restano oggi solo 30 ebrei.

Yediot Ahronot aggiunge che il ministero israeliano degli esteri si è attivato per denunciare le condizioni in cui versano gli ebrei tunisini. Secondo Israele, ha precisato, è necessario un intervento della responsabile per la politica estera dell’Ue Catherine Ashton sulle autorità di Tunisi affinché garantiscano maggiore protezione alla comunità ebraica.

Da quando è stato deposto il presidente Ben Alì, con il quale la piccola comunità ebraica aveva convissuto pacificamente, gli islamisti tunisini hanno aumentato le manifestazioni di odio contro la comunità ebraica, con il tentativo di espellere le poche famiglie ebraiche che non sono ancora partite.

Ebraismo in Africa
https://it.wikipedia.org/wiki/Ebraismo_in_Africa



I criminali attentati maomettani in Europa sono compiuti prevalentemente da marocchini, poi da algerini e tunisini.
Crimini dei nazisti maomettani marocchini in Europa
viewtopic.php?f=188&t=2753
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:32 am

Ha confessato l’omicidio della moglie in Italia, ma in Tunisia si aggira indisturbato
di Lidia Baratta
2017/06/22

http://www.linkiesta.it/it/article/2017 ... gira/34668

Il 22 settembre del 2014, Mootaz Chaambi, di origine tunisina, secondo l’accusa ha sferrato 39 coltellate contro la moglie Daniela Bani, mentre il bambino più grande, di sette anni, giocava con la Playstation nella stanza accanto. Si è fatto un uovo al tegamino, ha portato i due figli da un collega. Da Palazzolo Sull’Oglio ha raggiunto l’aeroporto di Bergamo Orio al Serio e si è imbarcato su un volo per la Tunisia, che aveva già prenotato. Poi dal numero dalla madre ha telefonato al cognato e ha raccontato quello che aveva fatto. Da allora di lui si è persa traccia. O meglio, si sa che vive nella periferia di Tunisi, si sa anche che abita a casa della mamma e su Facebook si vedono pure le foto di lui al mare. Ma la Tunisia non ha mai dato l’ok alla richiesta di estradizione. E a pochi giorni dalla condanna di primo grado – che dovrebbe avvenire salvo sorprese lunedì 26 giugno davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Brescia – le decisioni dei giudici italiani rischiano di cadere nel vuoto. Così come la richiesta di risarcimento da parte dei nonni materni, a cui sono stati affidati due bambini.

Per Chaambi non c’è solo la richiesta di estradizione, ma anche un mandato di cattura europea. Ma in Tunisia non è stato raggiunto da nessuna misura cautelare, spiegano gli avvocati che seguono la famiglia Bani, e lui si aggira indisturbato nel Paese. Nel corso degli anni, attraverso il profilo Facebook della stessa Daniela o di un connazionale, si è pure fatto vivo più volte con un’amica della moglie chiedendo notizie dei figli.

«Ho cercato di fargliela capire in tutti i modi, ma lei non voleva capire», disse Chaambi al telefono a Roberto Bani, fratello di Daniela, la sera dell’omicidio. «Andate a casa, ma non portate con voi i bambini. La troverete in camera». «Morta?». «Sì», rispose lui. Poco prima alla migliore amica della moglie aveva detto: «Sono stato costretto a farlo. Le ho chiesto con chi fosse al telefono ma lei non mi ha risposto. Mi sono arrabbiato, sono andato in cucina, ho alzato volume della televisione, ho chiuso a chiave la porta della camera e l’ho colpita da dietro con il coltello».

Dopo anni di violenza e una condanna per spaccio di droga, Daniela aveva deciso di lasciarlo. E lui non lo avrebbe accettato, premeditando – secondo l’accusa – il delitto e prenotando in anticipo addirittura il biglietto di sola andata per Tunisi. Tre giorni dopo il 30esimo compleanno della moglie.

Ma dalle autorità tunisine finora non è arrivato alcun segnale di collaborazione alle autorità italiane. Da profili Facebook a lui vicini, si vede Chaambi che fa il bagno indisturbato al mare e si sposta tra casa della madre e casa dello zio. E potrebbe continuare a farlo anche dopo la quasi certa condanna, protetto anche da un ambiente che attenua la gravità del suo crimine contro una donna che voleva lasciarlo.

Mentre per l’eventuale risarcimento dei danni, gli avvocati stanno provando ad accedere al Fondo per gli orfani delle vittime di violenza di genere, che l’Italia ha istituito (anche se ancora manca il decreto interministeriale) con 14 anni di ritardo dopo diverse procedure di infrazione europee. Ma qui si nasconde un’altra beffa, perché per accedervi è previsto che il reddito della vittima non sia superiore a quello previsto per l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato: poco più di 11mila euro annui. Basterebbe insomma la pensione dei genitori di Daniela per non essere più ritenuti vittime di un femminicidio.



Meglio il carcere in Italia della Tunisia, immigrato picchia agenti per farsi arrestare
26-06-2017

http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/ ... -arrestare

Ha aggredito gli agenti e tentato una improbabile fuga. Sarà processato per lesioni, percosse, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, il dieci luglio. Ora è recluso a Fuorni. Davvero è meglio della Tusinia?
Salerno.
Per evitare l’espulsione e in viaggio di ritorno in Tunisia, il 28enne Marwane Baazoui, ha tentato la carte della disperazione: si è fatto arrestare.
E’ accaduto a Salerno, questa mattina. Al giovane è stata notificata la decisione del questore di Ragusa di rigettare il rinnovo del permesso di soggiorno. Per questo motivo gli agenti della polizia di frontiera, marittima e aerea di Salerno, al comando del vice questore aggiunto, Giuliana Postiglione, stavano facendo entrare nella vettura di servizio il giovane tunisino per imbarcarlo su una nave della Grimaldi Lines diretta a Tunisi.
Il 28enne ha capito in quel momento che la sua esperienza italiana poteva dirsi finita. Ha tentato il tutto per tutto. Ha aggredito i due agenti che erano con lui ed è scappato a piedi.
E’ iniziato l’inseguimento. Dopo qualche centinaio di metri il tunisino è riuscito a scavalcare il muro di cinta del porto, alto circa cinque metri. Ma “l’impresa” non è servita a granché.
Poco dopo è stato raggiunto. E lì è iniziata una nuova violenta colluttazione. Conclusa con il 28enne in manette e gli agenti medicati in ospedale.
Marwane Baazoui non è stato riaccompagnato alla nave. Ma chiuso in cella. Deve rispondere dei reati di resistenza, oltraggio, percosse e lesioni a pubblico ufficiale.
L’arresto è stato convalidato dal gip e il tunisino è stato recluso a Fuorni. Sarà processato con il rito direttissimo il 10 luglio.
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:33 am

Milano, espulso Imam tunisino: predicava la Jihad
Redazione 08 settembre 2017 12:09

http://www.milanotoday.it/cronaca/imam- ... -isis.html

Nella giornata di giovedì 7 settembre gli agenti della Questura di Milano hanno espulso dall'Italia un Imam tunisino di 44 anni. L'uomo, lo scorso luglio, era stato segnalato dai servizi perché avrebbe aderito all'ideologia di Daesh (Isis) e alla causa jihadista. Il fatto è stato reso noto dal Viminale con una nota.
L'uomo era già stato arrestato per reati comuni e spaccio. Non solo: dalle indagini sarebbe emerso che il tunisino aveva avviato "un’azione di condizionamento e di proselitismo ideologico nei confronti di giovani, anche di nazionalità italiana, abitanti nel suo quartiere e coinvolti in attività di micro criminalità, in tali contesti era solito esporre le sue convinzioni glorificando il martirio e l’agognato paradiso".
Negli anni scorsi era stato segnalato dal Dipartimento affari penitenziari come imam e descritto quale scrupoloso osservante dei dettami coranici. Rintracciato a Milano il 29 agosto, è stata disposta l'espulsione avvenuta attraverso un volo diretto a Tunisi.
Con questo rimpatrio, il 73esimo del 2017, sono 205 le persone gravitanti negli ambienti dell'estremismo religioso espulsi dal 2015 a oggi.



Espulsi due tunisini clandestini: esaltavano sul web i crimini dell’Isis
di Domenico Bruni
sabato 11 aprile 2015

http://www.secoloditalia.it/2015/04/esp ... i-dellisis

Due fratelli tunisini di 29 e 30 anni, ritenuti vicini agli ambienti dell’estremismo islamico, sono stati espulsi dall’Italia. Secondo il ministro dell’Interno Angelino Alfano, «le espulsioni rispondono concretamente al processo di depotenziamento di quella rete di collegamenti che, soprattutto via internet, possono rappresentare fonti di rischio di qualsiasi livello». «Con altre due espulsioni – afferma ancora Alfano – sono stati mandati via dall’Italia due fratelli tunisini: Jouini Ghazi, di 29 anni – che si trovava a Verona ed era in Italia senza permesso di soggiorno -, molto attivo sul web con pubblicazioni e consultazioni di materiale di matrice jihadista, e il fratello di 30 anni, Mohamed – in attesa della definizione della procedura di emersione – che, con il fratello, condivideva circuiti relazionali nella chiave di una radicale interpretazione del credo islamico. Le espulsioni – prosegue il responsabile del Viminale – rispondono concretamente al processo di depotenziamento di quella rete di collegamenti che, soprattutto via internet, possono rappresentare fonti di rischio di qualsiasi livello. L’impegno e il lavoro delle forze di Polizia, integrato dal prezioso contributo delle agenzie di sicurezza, sono incessanti e si basano anche su rapporti di collaborazione internazionale, perché nessun Paese, oggi, può dirsi a rischio zero”.

I tunisini approvavano le decapitazioni dell’Isis

A quanto pare Jouini Ghazi, uno dei due fratelli tunisini espulsi dall’Italia, esaltava su Twitter l’Isis nel giorno in cui è stato diffuso il video della decapitazione dei copti. Il messaggio, come altri inneggianti allo jiadismo, ha fatto scattare l’allarme della Digos di Verona, allertata dall’intelligence. L’indagine che ha portato all’individuazione dei due tunisini è coordinata dalla Procura antimafia di Venezia, e potrebbe avere altri sviluppi. In realtà, da dicembre a oggi, sono solo 32 i soggetti espulsi in qualche modo legati all’estremismo islamico». Non convince Matteo Salvini, leader della Lega, che da sempre sostiene che molti terroristi arrivino attraverso gli sbarchi dei clandestini in Italia: «Le navi militari italiane stanno portando in Sicilia altri 1.000 clandestini, raccolti a 30 miglia dalle coste della Libia. Renzi e Alfano continuano il “servizio taxi” per aiutare gli scafisti», ha scritto infatti su Facebook il leader della Lega. «Io le navi le userei per difendere i confini. Voi?», aggiunge rivolgendosi ai cittadini.


Terrorismo, espulso tunisino
«Aveva esultato per Parigi»
Insieme all'Imam di Andria (anche lui espulso) era stato scarcerato dalla Cassazione in quanto assolto perchè il fatto non sussiste
18 Agosto 2016

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/ ... arigi.html

BARI - Inneggiava al jihad dopo gli attentati di Parigi e per questa sua «indole violenta» è stato espulso dal territorio italiano un altro dei cinque tunisini residenti in Puglia accusati (ma poi assolti dalla Cassazione) di terrorismo internazionale. Dopo l’ex imam della moschea del Barese Hosni Hachemi Ben Hassen, già rimpatriato il 13 agosto, è toccato oggi al 35enne Khairredine Romdhane Ben Chedli. L’uomo, condannato dalla Corte di Assise di Appello nel 2015 per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale, era stato scarcerato il 2 agosto scorso in seguito alla sentenza della Cassazione che aveva annullato la precedente decisione dei giudici.

«La sua indole violenta - ha spiegato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano - che lo aveva portato a inneggiare al jihad e a ritenere la morte in battaglia una legittima aspirazione, assieme al suo apprezzamento per gli attentati di Parigi, gli è valsa l’emissione del decreto di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato. Nessuna linea di tolleranza con chi non rispetta le nostre leggi e sposa schemi di violenza e di morte».

Con quella di Khairredine salgono a 44 le espulsioni decise nel 2016, 110 dal 2015. Il 35enne era già stato espulso dal prefetto di Cosenza dopo essere stato scarcerato a Rossano (Cosenza). Nei suoi confronti il questore di Cosenza, Luigi Liguori, aveva adottato il provvedimento di accompagnamento in un Cie perché comunque era entrato nel territorio nazionale clandestinamente.

Il tunisino e altre quattro persone, tra cui l’imam, furono arrestati dal Ros dei Carabinieri di Bari nell’aprile 2013. In primo grado, nel settembre 2014, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato, furono condannati dal Tribunale di Bari a pene comprese fra cinque anni e due mesi e tre anni e quattro mesi. Stando alle indagini della Dda di Bari, tra il 2008 e il 2010 il gruppo, sotto la guida dell’Imam tunisino della moschea di Andria, Hosni Hachemi Ben Hassem, avrebbe studiato in rete le tecniche per costruire ordigni, si sarebbe addestrato sull'Etna, in Sicilia, ridendo delle chiese distrutte in Abruzzo dal terremoto e parlando di odio, di sacrificio, di morte. In appello, nell’ottobre 2015, le condanne vennero confermate con riduzione di pena a due anni e otto mesi per il solo Chamari Hamdi, ma nei mesi scorsi la Cassazione ha stabilito l’insussistenza di quelle accuse, rinviando alla Corte di Assise di Appello per la rideterminazione della pena per il solo imam, accusato di istigazione all’odio razziale. (di Isabella Maselli, ANSA)
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:35 am

Marocchini, algerini e tunisini i più violenti
18 febbraio 2016
http://www.cdt.ch/mondo/cronaca/149098/ ... lenti.html

DUESSELDORF L'equazione più immigrati nordafricani, uguale più delinquenza, trova una chiara conferma statistica negli ultimi dati relativi al 2015 resi noti ieri dal Ministero degli interni del Land del Nord Reno-Vestfalia, che è la regione con la percentuale più alta di rifugiati e immigrati, anche clandestini, in tutta la Germania.

Esaminiamo più da vicino le cifre: secondo quanto si legge nel rapporto, nel corso del 2015, prima cioè, che esplodesse il "caso Colonia", la polizia ha arrestato 6.444 marocchini, con un aumento percentuale degli arresti del 353 per cento rispetto all'anno precedente. Simili indicazioni valgono per gli algerini: 6.790 unità, con un incremento del 299 per cento. Cifre impressionanti, inequivocabili. Una percentuale particolarmente elevata di giovani uomini di questi due paesi di provenienza si era già resa responsabile di reati penali negli anni precedenti.

Le autorità del Nord Reno-Vestfalia forniscono indicazioni chiare anche riguardo al numero dei reati che figurano nella statistica criminale: a commettere fatti penalmente rilevanti sono stati 6.208 cittadini marocchini, rispettivamente 4.995 algerini, mentre i tunisini registrati sono stati 1.084. Dati, anche in questo caso, statisticamente improntati ad un aumento. Un'altra indicazione riguarda il numero assoluto di questi reati commessi nell'area del Reno e della Ruhr. Gli algerini ne hanno fatti registrare 13 mila, ovvero il doppio rispetto al 2014. I marocchini 14.700 unità. I tunisini, invece, hanno commesso complessivamente 2000 reati. Nel documento si dice esplicitamente che "cittadini di provenienza nordafricana sono sovrarappresentati nella statistica della criminalità, soprattutto nelle grandi città".

Inoltre, si specifica, "emerge che si tratta spesso di immigrati di età giovane che sono giunti in Germania soli". I reati commessi più di frequente sono quelli contro il patrimonio e contro l'integrità della persona. La Polizia del Nord Reno-Vestfalia, in questo ambito, ha fatto scattare 3.863 procedure penali, molte delle quali a Colonia e a Düsseldorf: città nelle quali, si ricorda, l'impegno della polizia nei confronti dei nordafricani è forte e costante da diversi anni ormai, in "primis" per sventare furti e rapine e per sedare risse, che sovente sono conseguenza del diffuso abuso d'alcol e di droghe.

Poi, il Ministero degli interni regionale, fornisce anche un'indicazione che la dice lunga sull'entità del problema dell'immigrazione violenta in Germania: emerge che "statisticamente, profughi e richiedenti l'asilo - dal punto di vista generale - si rendono raramente responsabili di fatti penalmente rilevanti", mentre, come visto, il grado del coinvolgimento degli immigrati provenienti dal Nord Africa in fatti di ordinaria criminalità, è considerato "estremamente preoccupante" da chi opera sul terreno. Spulciando nel rapporto delle autorità, cifre alla mano, si evince che "di cento marocchini, il 33,6 per cento, nel 2015, ha commesso reati, di altrettanti algerini la quota sale al 38,6 per cento". E ancora: "L'incrocio statistico tra coloro che hanno commesso reati, sospettati e denunciati, mostra in modo chiaro che in questa categoria vi sono persone che hanno commesso reati in modo grave e reiterato".

Come risolvere questo problema, che in Germania è percepito come una vera e propria emergenza sociale? Il Governo federale, soprattutto dopo i fatti di Colonia di inizio 2016, ha più volte rimarcato di voler accrescere il numero dei respingimenti, in primis da parte di chi proviene da nazioni ritenute sicure. Ma i problemi sul tavolo non sono di semplice soluzione, anche perché gli Stati toccati non hanno finora dimostrato di voler collaborare. Berlino, anche per questo, deve proseguire negli sforzi diplomatici in linea con le indicazioni fornite da Bruxelles.
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:36 am

???

Tunisia: un importante passo avanti per i diritti delle donne
Francesca Bellino
14 settembre 2017

http://www.reset.it/reset-doc/tunisia-diritti-donne

L’estate in Tunisia è stata caratterizzata da un fervido dibattito tra parti politiche e società civile che avuto al centro i diritti delle donne e che ha mostrato ancora una volta il desiderio di democrazia e la capacità di trovare compromessi che hanno contraddistinto la vita del paese in questi anni. Tra gli obiettivi raggiunti che marcano un passo avanti nel processo di modernizzazione della società tunisina, c’è stata la riforma di legge sulla violenza sulle donne approvata lo scorso 26 luglio, una tappa importante nel percorso tanto ambito da molti tunisini: giungere alla parità di genere stabilita dall’art. 46 della Costituzione del 2014.

Un punto centrale della trasformazione che la riforma mette in atto è il passaggio della violenza da questione privata a questione di Stato. La nuova legge, infatti, passa nelle mani dello Stato, in quanto Garante Supremo dei cittadini, anche le denunce fatte e poi ritirate da donne spaventate o minacciate, oltre ad aumentare le pene per gli stupratori in casa e negli spazi pubblici, fino a punire lo “stupro incestuoso” con l’ergastolo. Tra i promotori delle modifiche di legge, in prima linea ci sono state le associazioni femminili tra cui la più longeva, l’Associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD), di cui è membro l’imprenditrice culturale Zeyneb Farhat, attivista per i diritti delle donne, direttrice dello spazio El Teatro di Tunisi e cofondatrice dell’associazione Zanoobya che si occupa di promozione culturale nelle zone rurali del paese. Zeyneb, come la maggior parte delle tunisine, mira a non disperdere la grande eredità lasciata dal presidente Habib Burghiba con il moderno Codice di Stato Personale del 1956 che ha segnato la strada al presente e al futuro delle donne tunisine.

Madame Farhat, cosa pensa della recente riforma di legge sulla violenza sulle donne?

Come membro dell’ATFD, posso dire che questa legge è frutto del lavoro ventennale dell’associazione, ovviamente insieme ai nostri partner. Inoltre, essendo la legge imbevuta di valori civici, posso solo applaudirla perché assicura e rassicura che la donna tunisina è un cittadino a tutti gli effetti.

Oltre alla legge, cosa è necessario per modificare i comportamenti violenti registrati nei tunisini?

Sì, la legge è importante perché è un paravento giuridico ed è vero che può spaventare le persone che usano la violenza e farle riflettere prima di brutti gesti, ma a mio parere questa legge non può essere efficace se non accompagnata da riforme orizzontali e programmi socio-educativi, come riprendere i libri scolastici e includere testi educativi che condannino la violenza in generale e soprattutto contro le donne; far comprendere la legge in modo che non sia verticalmente imposta dallo Stato, ma percepita come un’alternativa per raggiungere la felicità della famiglia; spiegarla con tutti i mezzi di comunicazione e artistici e pensare a formati speciali per educare il pubblico giovane che oggi è maggiormente a rischio ad assorbire modelli di violenza.

È stata ben accolta la modifica dell’art. 227 bis del codice penale, il cosiddetto “articolo della vergogna”, che permetteva al violentatore di sfuggire alla pena sposando la vittima. Pensa che questa modifica farà diminuire gli stupri?

L’articolo 227 bis era un insulto, umiliante, alle donne violentate e una scappatoia legale per gli stupratori. Abbiamo dovuto affrontare casi sfortunati nel centro di ascolto dell’ATFD in cui lo stupratore si impegnava a rimanere sposato almeno due anni con la ragazza violentata. In questo modo alla fine la vittima si trovava abbandonata con uno o due figli senza risorse finanziarie e in più mantenendo lo stigma negativo del suo ambiente sociale. Anche se la punizione per lo stupratore ora è chiara, faccio notare che però sarà difficile da attenuare negli ambienti rurali. Prendiamo ad esempio l’ambiente scolastico rurale dove l’alunno, sia maschio sia femmina, deve percorrere circa 10 km a piedi da casa a scuola e proprio durante questo tragitto si registrano spesso violenze su minori. Con l’associazione Zanoobya, attraverso la Progetto KRI, abbiamo fornito loro un mezzo di trasporto, una karrita trainata da un mulo con 7 panche, uno spazio dove mettere gli zaini pesanti e un telone per coprirsi da venti e piogge, guidata da una donna che in cambio ha ricevuto 12 pecore. Questa esperienza è solo una piccola soluzione, ma è necessario prevedere l’educazione sessuale nelle scuole e più dibattiti nei luoghi pubblici, dai mercati ai Cafè. Infine, la parte più difficile, è agire sulla cultura dei genitori che preferiscono la soluzione matrimoniale per liberarsi dello scandalo di una figlia abusata. Si deve spiegare loro che la figlia è vittima e non una svergognata.

Con il nuovo emendamento viene spostata l’età del consenso da 13 a 16 anni e viene considerato “stupro” qualsiasi rapporto sessuale tra un adulto e una minore di 16 anni. Un bel passo in avanti?

Siamo realistici, in adolescenza il giovane vive una rivoluzione esistenziale, sfidando i valori tra cui Dio, e una rivoluzione ormonale. Fare sesso a 16 anni per me è giusto, ma è essenziale avere un’educazione sessuale per evitare gravidanze indesiderate, infezioni come l’AIDS. Esistono strutture educative presso i Commissariati degli uffici regionali del Consiglio nazionale della pianificazione familiare, ma si sono indeboliti dopo la resistenza religiosa portata avanti dal partito islamico Nahdha che ha preso il potere dal 2011 al 2014. Il grande lavoro di prevenzione si è perso nel nulla. Attendiamo un intervento a riguardo della politica.

Un’altra “rivoluzione” è stata l’introduzione del concetto di violenza morale e di conseguenza di sanzioni per questo tipo di reato. Che ne pensa?

La violenza è fisica e morale, migliaia di studi condotti da ricercatori, psichiatri e sociologi l’hanno dimostrato da tempo. Dice bene un proverbio tunisino: “la perseveranza trafigge il marmo” (Eddwem ynokob errkham)!

Il 13 agosto presidente tunisino Beji Caid Essebsi ha annunciato la volontà di una nuova riforma rompendo due tabù: dare la parità tra uomo e donna in tema di eredità e permettere anche alle donne di sposare un non musulmano senza obbligarlo alla conversione. Perché la Tunisia punta sempre così tanto sull’emancipazione delle donne?

Per la parità nell’eredità, la nostra associazione ATFD lavora da 1997. Ci sono due scuole nel mondo musulmano: la Scuola coranica, per la quale solo il libro sacro è un riferimento “giusto”, e un’altra scuola che prende in considerazione le gesta del profeta Mohammed e i suoi hadith, che sono molto controversi al punto da mettere in discussione la veridicità delle sue parole. Nel mio spazio El teatro ho istituito un incontro artistico con pannelli sul palco su temi religiosi, legali ed economici dedicato al dibattito sull’eredità e workshop di scrittura che hanno portato a un’opera teatrale molto apprezzata. Il dramma dei nostri giorni è l’ignoranza totale del testo sacro del Corano scritto con un linguaggio letterario molto aguzzo e quindi l’ignoranza di quei predicatori che non comprendono nulla della nozione di “El Ijtihad” (interpretazioni) nella comprensione del Corano. Infatti, solo sul piano della linguistica, nel Corano non esistono praticamente prescrizioni che vietano l’uguaglianza della successione. Si dice che “il profeta consiglia di dare metà dell’eredità alle donne” e non che è obbligatorio “dare solo metà dell’eredità alle donne”. Partendo dal principio che prima del Profeta la donna non aveva diritto a nessuna eredità, stabilire di concederne la metà della quota è già una rivoluzione in sé. Ma, come società civile, oggi sosteniamo anche che la Costituzione tunisina del gennaio 2014 ha in vigore il principio della totale uguaglianza tra cittadini e cittadine, dunque il diritto all’uguaglianza all’eredità è una richiesta lecita.

Che pensa delle dure reazioni al discorso di Essebsi anche in Egitto, dove il vice capo di Al-Azhar ha definito “una decisione che si allontana dalla religione”?

Gli Imam, sia tunisini sia egiziani, urlano come i lupi e gridano alla blasfemia perché andrebbe toccati i privilegi finanziari del maschio, ma non tutti. Va sottolineato che molti, anche egiziani, hanno accolto bene questo disegno di legge e hanno espresso la loro ammirazione per la Tunisia. Tutti sanno che questo percorso è irrinunciabile e che ancora una volta la Tunisia cerca più che può di adattarsi alle società contemporanee in cui la cultura dei diritti umani e delle pari opportunità è la strada migliore per un “mondo migliore possibile”.

Negli anni ha registrato impedimenti o discriminazioni di genere nel suo mondo di lavoro?

Per fortuna, non ricordo di aver avuto qualche problema nell’esercizio delle mie funzioni come direttore dello spazio El teatro o direttore di produzione delle nostre creazioni rappresentate in Tunisia e nel mondo, dall’India al Cile, dall’Argentina al Brasile, dall’Italia al Libano, dalla Siria alla Palestina, all’Algeria. Le donne tunisine hanno invaso il mondo del lavoro culturale fin dagli anni ’70 e hanno imposto il rispetto per le professioni del settore.

Quanto l’accesso al mondo del lavoro ha aiutato le donne tunisine a essere le più libere del mondo arabo-musulmano?

È certo ed evidente che essere indipendenti economicamente grazie alla propria professione dà una certa libertà nelle scelte individuali. Per le donne tunisine, dopo dall’indipendenza nel 1956, l’accesso all’istruzione è stato un obbligo voluto dallo Stato che ha dedicato a questo quasi il 40% del bilancio nazionale, con obbligo di scolarizzazione fino a 16 anni per tutti i cittadini. Nel frattempo, nel mese di aprile del 1972, c’è stata una scelta politica che ha portato alla creazione di poli industriali che hanno dato vita a una classe operaia femminile certamente non privilegiata, ma che ha contribuito al reddito familiare. Il Codice dello Statuto Personale pubblicato il 13 agosto 1956 ha dato diritti ma anche doveri ai cittadini e ha cambiato il volto sociale della Tunisia vietando la poligamia. Bisogna sottolineare che il Codice di Statuto Personale è stato progettato principalmente per creare una nuova unità familiare non tradizionalista, ma ne ha beneficiato molto di più l’intero sistema tunisino. Da qui la distanza culturale tra le tunisine e le altre donne della regione araba e musulmana.
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:36 am

I matrimoni misti in Tunisia
Giovanni D’Auria

http://www.ilcorriereditunisi.it/defaul ... 779&mnu=31

Convertito per amore di lei. I matrimoni misti

Una circolare del 1973 del Ministro della giustizia obbliga il marito non musulmano di una tunisina a convertirsi all’Islam. L’associazione Beity [1] di Tunisi, nel corso della conferenza stampa del 27 marzo scorso, ha annunciato che è sua intenzione chiedere udienza agli organi ministeriali interessati, per richiedere, prima della fine dell’anno, l’abrogazione della circolare del 5 novembre 1973, avvalendosi del contributo di numerose altre associazioni con cui intende formare una coalizione.

L’associazione Beity è stata istituita allo scopo di proteggere la donna, di promuovere la parità di genere e di lottare contro la violenza e la discriminazione. La coalizione, che si spera sarà rappresentata non solo dalle associazioni ma anche da alcuni deputati e persone che lottano per il rispetto e l’affermazione di questi diritti, avrà, dunque, il compito di mobilitarsi per l’abrogazione della predetta circolare del Ministro della giustizia del 5 novembre del 1973, che disciplina gli effetti del matrimonio celebrato tra la cittadina tunisina musulmana ed un non musulmano.

Attualmente questa coalizione rappresenta un raggruppamento informale creato su iniziativa del “Collectif Civil pour le défence des libertés individuelles”, del Collectif Civil Citoyens des deux Rives (FTCR) e di quello dell’A9aliyat, un’associazione che sostiene le minoranze. Le motivazioni che spingono il collettivo, lo spiega la stessa associazione, sono dettate dall’esigenza legata al cambiamento sociodemografico che il Paese conosce da più di 60 anni e che riguarda lo sviluppo della cultura dell’individuo in quanto tale, legato alle sue libere scelte. È proprio questa condizione, che emerge dallo studio della società tunisina, cioè quel notevole sforzo di apertura verso i diritti fondamentali della persona, a far ben sperare in un progresso collettivo del popolo, che inizi dal benessere individuale. Ad ogni buon conto, secondo lo spirito di Beity, per garantire il trionfo di questo sentimento diffuso, è necessario che lo Stato assicuri la tutela dei diritti fondamentali disponendo di fondi elargiti dalla stessa collettività. Ma il conflitto tra individuo e collettività è ancora troppo attuale nelle società musulmane ed i diritti umani sovente vengono rispettati solo se conformi alla shari’a, la legge islamica. È evidente, infatti, come nel diritto musulmano siano presenti diverse disuguaglianze non solo di genere, ma anche e, soprattutto, di carattere religioso. La conferenza della Beity, pertanto, è servita a rappresentare ancora una volta, le disuguaglianze esistenti rispetto alla circolare del 1973 che impone alla donna e al non musulmano i princìpi del diritto islamico.

Tale circolare, in passato, ha anche condizionato i giudici della Corte di Cassazione e, più recentemente, la Corte d’Appello di Sousse che con sentenza n.9246 del 3 maggio 2014 [2], si è pronunciata sulla questione, sostenendo la nullità assoluta del matrimonio di una musulmana con un non musulmano, con la conseguente illegittimità della eventuale coabitazione ed impossibilità per l’uomo di ottenere la nazionalità tunisina ed i diritti ad essa connessi, incluse l’eredità e la successione tra i coniugi.

Dati raccolti dall’associazione Beity fanno ritenere, sulla base di tali premesse, che le conversioni in Tunisia possano aver coinvolto migliaia di persone in un decennio. Una Costituzione democratica può essere influenzata dal contenuto di una circolare?

La presidente di Beity, la giurista Sanah Ben Achour, ha introdotto la conferenza stampa affermando che lo scopo della coalizione è quello di garantire il diritto alla libera scelta di sposarsi e che l’associazione resta aperta alla collaborazione con altre realtà interessate all’abrogazione della circolare in questione.

Nel corso della conferenza è stata più volte sostenuta la illegittimità, prima facie, della predetta circolare perché contraria al diritto costituzionale tunisino, specie in riferimento all’art.21 della Costituzione, il quale garantisce la piena uguaglianza tra cittadini e cittadine, e all’art.46 ai sensi del quale è affidato allo Stato il compito di consolidare e migliorare i diritti già acquisiti dalla donna. Ben Achour non si è limitata a rilevare la sola contraddizione dell’atto ministeriale con il diritto interno, ma ha sottolineato come esso presenti limiti e condizioni opposte alla Convenzione delle Nazioni Unite del 1962, successivamente ratificata senza alcuna riserva dalla Tunisia. La professoressa Ben Achour ha infatti evidenziato come queste misure, che lei giudica incostituzionali, siano discriminatorie poiché contrarie al Codice di Statuto Personale che non prevede alcun ostacolo esplicito al matrimonio su basi religiose, di culto o credenze. La circolare, per queste ragioni, nel corso della conferenza è stata ritenuta causa di sofferenza per migliaia di tunisini che non possono trascrivere il loro matrimonio presso lo Stato Civile del Paese d’origine. Ben Achour ha fatto appello a tutti i democratici affinché aderiscano al collettivo per organizzare una campagna nazionale ed internazionale tesa ad ottenere l’abrogazione la circolare del 5 novembre 1973 del Ministro della Giustizia, un atto che mortifica il diritto delle cittadine tunisine di sposarsi con individui di fede diversa, poi obbligati alla conversione all’Islam.

“Questa circolare è inammissibile perché contraria alla libertà di coscienza, alla dignità, all’uguaglianza …” ha ribadito la presidente dell’associazione Beity.

La parola è poi passata a Tarek Ben Hiba [2bis], in rappresentanza della Fédération des Tunisiens pour une Citoyenneté des deux Rives (FTCR). «La nostra filosofia è l’uguaglianza dei diritti, di tutti i diritti» ha affermato Ben Hiba, ricordando come l’associazione si sia battuta anche al tempo dei due regimi autoritari precedenti e come tuttora continui a farlo per garantire il diritto di uguaglianza per tutti, cittadini e non.

Il segretario della FTCR ha sottolineato come il caso della circolare, riguardante la questione delle donne che trovano un limite alla trascrizione delle unioni celebrate all’estero, risulti eclatante e obblighi le cittadine tunisine a rinunciare anche ai propri diritti patrimoniali, quello relativo all’eredità, ad esempio, ai diritti personali dei propri figli e ad altre prerogative che si ripercuotono negativamente anche sul coniuge. “Vogliamo che questa circolare venga soppressa poiché obbligare i giovani a convertirsi non è normale” ha affermato Ben Hida.

Ghaydaa Thabet [3], intervenuta successivamente, ha sottolineato: “l’associazione che rappresento ha registrato casi e questioni riguardanti le minoranze religiose, soprattutto di ebrei e cristiani cittadini tunisini coinvolti direttamente dagli effetti della circolare del 1973”. Sempre secondo Thabet, la circolare esclude le cittadine appartenenti ad altro credo religioso, in quanto fa riferimento alla cittadina tunisina basandosi sulla presunzione assoluta che essa sia musulmana, contrariamente a quanto stabilito dai trattati internazionali, ratificati dalla Tunisia, e al Codice di Statuto personale ove non figura alcuna differenza di religione come carattere impeditivo alla celebrazione del matrimonio. L’Ufficiale dello Stato Civile, ha continuato Ghaydaa Thabet, esige la conversione anche perché lui stesso è incapace di celebrare questo tipo di matrimonio ed infatti egli continua ad applicare la legge sulla base della circolare del 1973. È quello che lui stesso ammette al momento della presentazione della richiesta poiché afferma, sempre a dire di Thabet, di essere incapace di permettere la registrazione del matrimonio perché è suo compito applicare la legge. Così, i tunisini che si sono sposati all’estero, in Italia, in Francia o in altri Paesi e ritornano in Tunisia, non possono vedersi riconoscere il matrimonio già celebrato. Per lo Stato tunisino in questi casi, infatti, è come se la donna fosse nubile. Thabet ha poi reso noto che, nonostante il contesto favorevole alla circolare, si registrano dei casi in cui i giudici si sono ispirati ai princìpi costituzionali e ai diritti umani per riconoscere la piena validità dei matrimoni misti.

Lo scopo del Collettivo sarà, quindi, quello di lavorare affinché questa circolare venga abrogata, ha proseguito Thabet, la quale ha anche precisato che la istituenda Corte costituzionale, in quanto organo supremo, potrà certamente pronunciarsi per eliminare i numerosi e anacronistici limiti delle circolari richiamate riguardo a quanto non previsto dai testi attuali e dalla stessa Costituzione. Il professore Whaid Ferchichi, intervenuto successivamente, ha fatto osservare come l’Ufficiale di Stato civile possa affermare, in virtù di questa circolare, di applicare la legge, anche se in verità essa appare in palese contrasto con i due testi fondamentali in materia di libertà (la Costituzione e lo Statuto personale) e risulti contraria ai trattati internazionali ratificati dalla Tunisia in tema di libertà. In effetti, per Ferchichi, la libertà di coscienza, ex art.6 della Costituzione, viene calpestata poiché lo Stato si arroga il diritto di scelta generando una grave discriminazione in spregio del principio di uguaglianza tra i cittadini. L’art.46 Cost., inoltre, tutela i diritti già acquisiti dalle donne ed apre allo sviluppo di ulteriori vantaggi in favore di esse. “Questa circolare è illegale poiché nel suo carattere interpretativo va contro la libertà di coscienza che è sancita dalla nuova Costituzione”, ha dichiarato Ferchichi. Essa infatti, ha spiegato il professore, proprio per la sua natura di circolare, non ha carattere normativo e, quindi, non può innovare l’ordinamento giuridico, ciò significa che essa non ha il diritto di imporre regole diverse rispetto a ciò che è già previsto dalla legge. Inoltre, la legge deve ispirarsi al principio supremo di uguaglianza di ciascuno davanti ad essa. Ma il caso della circolare del 1973 non è il solo, ha affermato il professore, poiché esistono altre differenti circolari, anch’esse contraddittorie, riguardanti anche il Ministero dell’interno. Infatti, i differenti Ufficiali dello Stato Civile non appartengono tutti allo stesso corpo come, ad esempio, quelli della municipalità, i quali, invece, fanno parte del Ministero dell’interno. “Riguardo alla circolare del 1973, il Ministero della giustizia sceglie per la donna operando quindi una discriminazione e ponendosi in contrasto con la Costituzione”, ha aggiunto Ferchichi.

Sul punto, Sanah Ben Achour ha ribadito l’intenzione di chiedere delle udienze ufficiali ai differenti ministri interessati, in primo luogo il Ministro della Giustizia, ma anche al Ministro dell’interno poiché è di quel dicastero la circolare che regola le modalità di conversione all’Islam del nubendo e cioè, in primo luogo, attraverso un certificato rilasciato dal Mufti [5] che accerta la conversione. Saranno altresì richieste delle udienze anche a dei deputati con l’intento di creare un dibattito democratico, ha sottolineato ancora Ben Achour. Sempre a parere di quest’ultima occorrerà fare di più, procedendo cioè attraverso ricorsi ed eccezioni d’incostituzionalità, relativamente ai nuovi casi che verranno regolati sulla base della circolare de qua. Il collettivo, invece, ha già stabilito di organizzare un altro colloquio dopo l’estate, quando saranno stati raccolti maggiori dettagli e definiti tutti i punti riguardanti la vexata quaestio. “Questa non è un’obbligazione di mezzi piuttosto vuole esserla di risultati poiché siamo tutti determinati affinché la circolare venga abolita prima della fine dell’anno” ha detto Sanah Ben Achour. “Bisogna creare un dibattito con le componenti della società civile tunisina poiché non è giusto obbligare all’esilio interiore chi non è tunisino musulmano e quindi a vivere nella disuguaglianza”, ha proseguito la docente. Occorrerà, pertanto, chiedere preliminarmente udienza al Ministro della giustizia in ordine alla circolare che vieta il matrimonio tra tunisina musulmana e non musulmano. La docente ha anche rammentato come altre circolari, sia del Ministero dell’Interno che del Capo del Governo, dettino i criteri di conversione alla religione musulmana, fino alla nota più recente che affida al Mufti la facoltà di ufficializzare tale passaggio attraverso il rilascio di un certificato di conversione all’Islam. Ed in tema di conversioni, la presidente ha citato la prima circolare datata 1962, la n.23 del Ministero dell’Interno, che ingiunge all’Ufficiale di Stato Civile di attestare la diligenza dei nubendi rispetto all’Islam e di astenersi dal celebrare matrimoni se non tra due musulmani. Parimenti, nella circolare n.39 del 1988, indirizzata dal Primo Ministro agli Ufficiali di Stato Civile, si richiede l’attestazione di conversione all’Islam del non musulmano prima della celebrazione del matrimonio. L’indispensabilitá di quest’atto, l’attestation d’islamité, risulta altresì confermata dalla circolare del Ministero dell’Interno, n.59 del 23 novembre 2004, la quale esige che la conversione sia ufficialmente dimostrata per mezzo del riconoscimento del Mufti della Repubblica tunisina.

Sempre a dire di Ben Achour, risulta dunque imprescindibile ottenere anche il sostegno dei deputati, insieme alle associazioni della società civile, onde poter creare un dibattito politico e democratico e portarlo verso la scena politica del Paese, quindi davanti all’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo. Parallelamente, occorrerà, inoltre, introdurre seminari sulla materia, avvalersi dell’aiuto di avvocati favorevoli attraverso con i quali procedere presentando ricorsi contro la circolare, sulla base dei futuri rifiuti delle differenti istituzioni di celebrare il matrimonio o trascriverlo. Non si può, ha infatti replicato la professoressa Ben Achour, mettere in pratica la decentralizzazione e parlare di democrazia rappresentativa, né creare le istituzioni costituzionali e, al contempo, non garantire il minimo di libertà di cittadinanza per tutte le persone che si trovano sul suolo tunisino o costringere all’esilio interiore sia i cittadini tunisini che gli amici stranieri che vivono in Tunisia.

La deputata Bochra Belhaj Humida [6] del partito di Nidaa Tounez, è poi intervenuta facendo rilevare come siffatta condizione abbia riguardato, all’inizio, solo le donne emancipate che, studiando all’estero, avevano maggiori opportunità di conoscere partners stranieri, e quindi dei futuri mariti, mentre oggi i casi risultano diversificati e non riguardano più solo quella categoria di donne.

Ben Achour ha ulteriormente affermato che, contrariamente a qualche circolare del Ministero dell’Interno, nell’art.5 dello Statuto personale non viene richiesta alcuna prova di diligenza per la celebrazione del matrimonio, piuttosto, esso vieta esplicitamente il matrimonio legato al rapporto di stretta parentela (es. i collaterali). Oggi invece, a seguito delle circolari innanzi indicate, l’Ufficiale dello Stato Civile esige dei documenti, primo tra tutti la conversione dei futuri sposi all’Islam. Si tratta, a dire della professoressa, di un obbligo che non ha niente a che vedere con l’Islam ma piuttosto con il diritto musulmano. Esistono, infatti, diverse interpretazioni dell’Islam e, tra l’altro, nel Corano è scritto che il musulmano può sposare le donne del Libro, quindi quelle ebree o cristiane, ma non quelle politeiste. È pur vero, sempre secondo Ben Achour, che alle donne non è riconosciuto lo stesso diritto, ma ciò ha a che fare con il patriarcato e la riproduzione piuttosto che con la religione.

Secondo Ben Achour, l’Islam si è sempre parlato di discorso politico e l’identità collettiva ha costituito la base per la legittimazione del potere arbitrale dei dirigenti e l’arbitrio è, dunque, fatto per i politici.

In ogni caso, ha ribadito Ferchici, tutto dovrà basarsi sul principio dello Stato civile e democratico e bisognerà portare gli attori della politica, ma anche della giustizia, verso questo orientamento; occorrerà provocare soprattutto la giustizia, partendo dal presupposto che la Costituzione enuncia il principio di non regressione.

Tarek Ben Hiba ha infine aggiunto “dico che bisogna arrivare all’uguaglianza dei diritti, anche nelle elezioni, faccio riferimento al Presidente della Repubblica che è stabilito debba essere solo musulmano…e questo può solo avvenire attraverso la modernizzazione del discorso religioso”. Tarek ha chiuso il dibattito ricordando come l’art.2 degli accordi di Barcellona sul partenariato affermi l’imprescindibile necessità del rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà individuali e dei diritti democratici e che non è stata la società civile a sottoscrivere siffatti accordi, ma il deposto presidente Ben Ali. “Infatti, lui ha firmato e lui lo ha detto: “il Governo tunisino si atterrà al rispetto delle leggi internazionali … Attualmente il solo mezzo che noi conosciamo è l’opinione pubblica attraverso la quale si potrà ottenere il rispetto di questi valori” ha concluso il segretario della FTCR.

Sulla questione è stata successivamente intervistata la giurista Salsabil Klibi, docente alla Facoltà di Scienze giuridiche, politiche e sociali di Tunisi, la quale ha chiarito le ragioni dell’infondatezza ed illegittimità della dibattuta circolare.

Professoressa Klibi, pensa che sia necessario un intervento della futura Corte Costituzionale sulla materia che regola il matrimonio tra musulmane e non musulmani?

«Attualmente non abbiamo bisogno di andare davanti al Giudice costituzionale poiché questa circolare è palesemente illegale, essa non ha ragione d’esistere. Il Governo ha il dovere di ritirarla in quanto, come ben sappiamo, una circolare non può avere valore normativo, piuttosto essa deve limitarsi ad interpretare la legge o a completarla, quindi non aggiungere altro ancora. Per queste ovvie ragioni, ripeto, non abbiamo bisogno di attendere la Corte costituzionale, bensì occorrerebbe che essa si pronunciasse in futuro su altre questioni come l’uguaglianza tra uomo e donna in materia d’eredità. Dunque, siamo ancora convinti che debba essere il Giudice costituzionale a pronunciarsi sulle circolari riguardanti il matrimonio tra coppie miste nonché sulle modalità di convertirsi all’Islam. La questione non si pone comunque perché anche se all’art.1 della nuova Costituzione è riportato che l’Islam è la religione dello Stato, per contro, non dobbiamo dimenticare due elementi: il primo ha a che fare con i lavori preparatori della Carta costituzionale, in particolar modo con la storia del vecchio art.141, sulla revisione della Costituzione, dove si diceva esplicitamente che era interdetto di modificare “l’Islam en tant que réligion de l’Etat…” e, quando questo articolo è stato redatto, tutti si sono trovati in disaccordo poiché a maggioranza si è poi sostenuto che l’Islam non è la religione dello Stato al punto che, poi, nella Costituente si è deciso di aggiungere solo “le présent article ne peut faire l’objet de révision”, cioè si è sottolineato che l’intero art.1 non può essere abrogato. Ma l’art.1 non definisce l’Islam religione dello Stato e se l’Islam non è la religione dello Stato questo implica che il diritto musulmano non è il diritto dello Stato. Il secondo elemento ha invece a che fare con l’art.2, quello riguardante lo Stato civile. Esso, infatti, non si accontenta solo di dire che la Tunisia è uno Stato civile ma definisce lo Stato civile fondato sulla sovranità popolare, ciò significa che la sola fonte della legge è il diritto positivo. A questo punto, presi in esame questi due elementi, le cose sono chiare ed il Giudice costituzionale non deve fare un grande lavoro. Proprio per siffatte ragioni non bisogna attendere la Corte costituzionale per abrogare la circolare del 1973, piuttosto essa deve cessare di produrre i suoi effetti, senza indugio.

In merito alle altre circolari che regolano le modalità di conversione all’Islam, anche queste, allo stesso modo, devono essere ritirate poiché anch’esse non regolamentari in quanto aggiungono altro diritto pur non avendone alcuna facoltà».

Sono numerose oggi le associazioni, tra cui la Beity, che si battono per l’affermazione di certi diritti fondamentali, come quello non garantito dalla circolare del 1973. Lei ritiene che, come a Tunisi capitale, possa affermarsi la società civile locale e quindi realizzarsi una vera democratizzazione del Paese?

«Senza dubbio. Un ruolo fondamentale lo determinerà la decentralizzazione ma stiamo ancora aspettando il codice delle collettività locali ora in fase progettuale, mentre, a dicembre, ci saranno le elezioni municipali così come annunciato dal Presidente dell’Istanza elettorale Chafik Sarsar. Dunque, la democrazia tunisina può svilupparsi all’interno del Paese ed un attore determinante sarà la società civile che è molto presente nelle regioni ed attualmente si prepara a costituire liste indipendenti. Infatti, non saranno solo i classici partiti politici a presentare le loro candidature ma anche la società civile attraverso liste che vengono da questo substrato. Oggi si contano più di 20.000 associazioni in Tunisia, ove si dedica molta attenzione al tema della democrazia partecipativa e a quello della decentralizzazione. Sono infatti recenti le rivendicazioni di movimenti organizzati dagli abitanti di Tataouine ed El Kef, che rivendicano i loro diritti sociali ed economici in quanto cittadini».

Il tema dei matrimoni misti è stato poi ripreso, a distanza di qualche giorno, dalla conferenza della Beity, da Yadh Ben Achour nel convegno intitolato: “Convertir l’autre et tolérer autrui: quelle solution pour cette antinomie des religions?”. Anche per Yadh Ben Achour la più volte richiamata circolare del 1973 non ha alcun valore giuridico, piuttosto essa attenta alla libertà di coscienza che dovrebbe essere garantita in virtù della Costituzione. Non a caso, egli ha anche ricordato che esistono alcune associazioni di femministe, tra cui la Beity, che tuttora si battono per l’abrogazione della citata circolare ed ha perciò ritenuto che, senz’altro, si potranno ottenere in futuro dei buoni risultati. La regola, infatti, ha sostenuto Ben Achour, non fa più l’unanimità in quanto esistono dei tribunali dissidenti che rifiutano certi princìpi e che, nei loro giudizi, si ispirano all’uguaglianza al fine di aggirare questa disparità di religione. La giurisprudenza, ha continuato Ben Achour, rimane pur sempre divisa, tant’è che, al riguardo, la precitata Corte d’Appello di Sousse, ignorando persino la nuova Carta costituzionale, nel 2014 ha continuato a conformarsi alla circolare del 1973. Sulla questione, ha ricordato il giurista, si è pronunciata nel 2016 la Corte di Cassazione che, rimettendo la questione ai giudici della Corte d’Appello di Tunisi, ha cassato la sentenza della suddetta Corte d’Appello sulla base dei seguenti motivi: - che questa condizione di disparità di religione costituisce un’invenzione dei giudici; - che essa non trova fondamento nella legge, in quanto la shari’a non è una fonte del diritto tunisino; - che il sistema tunisino è basato sul diritto positivo; - che la Tunisia ha ratificato i trattati internazionali, soprattutto la convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione. Ben Achour ha poi continuato sostenendo che, soprattutto in rapporto al diritto di famiglia tunisino, non esiste ancora una stabilizzazione, piuttosto esiste una certa alternanza di successi ed insuccessi in tema di uguaglianza. Ciononostante, resta la convinzione che la predetta dicotomia si risolverà a favore del progresso verso reali forme di parità.

La cosa più importante, ha rimarcato il professore, è che la questione sia stata posta negli stessi termini in cui risultano essere stati sollevati altri problemi inerenti i diritti fondamentali.

[1] L’associazione Beity, istituita nel 2011 e senza scopo di lucro, aiuta le donne in stato di bisogno.

[2] Tarek Ben Hiba, segretario generale della Fédération des Tunisiens pour une Citoyenneté des deux Rives (FTCR). L’associazione si occupa dei diritti umani in generale, soprattutto dei diritti dei migranti ma è molto attiva per l’affermazione della democrazia, della libertà di espressione e dei diritti umani in Tunisia.

[3] Ghaydaa Thabet, rappresentante dell’Association tunisienne de Soutien des Minorités.
[4] Professore e membro dell’Association tunisienne de défense des libertés individuelles (Adli).
[5] Il Mufti rappresenta la più alta autorità religiosa del Paese.
[6] Bochra Belhaj Humida, deputato del partito di Nidaa Tounez, avvocato, co-fondatrice dell’Association tunisienne des femmes démocrates (ATFD).
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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 8:39 am

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Re: Ebrei, cristiani e Tunisia

Messaggioda Berto » mer apr 25, 2018 9:30 am

Cronologia delle principali persecuzioni subite dagli ebrei nei paesi arabi
https://ideadiversa.blogspot.it/2011/04 ... li_20.html

700 - intere comunità ebraiche vengono massacrate dal re Idris I del Marocco.
1004 - Il Cairo: gli ebrei sono costretti a portare legato al collo un piccolo vitello di legno e in seguito palle di legno del peso di tre chili.
1033 - Fez, Marocco: proclamata la caccia all'ebreo. 6000 ebrei massacrati.
1147-1212 - persecuzioni e massacri in tutto il nord Africa.
1293 - Egitto e Siria: distruzione delle sinagoghe.
1400 - Pogrom in Marocco in seguito al quale si contano a Fez solo undici ebrei sopravvissuti.
1428 - vengono creati i ghetti (mellaha) in Marocco.
1535 - Gli ebrei della Tunisia vengono espulsi o massacrati.
1650 - Anche in Tunisia vengono creati i ghetti, qui si chiamano hara (in arabo significa “merda”)
1785 - massacri di ebrei in Libia.
1790-92 - distruzione delle comunità ebraiche in Marocco.
1805-15-30 - Sterminio degli ebrei di Algeri.
1864-1880 - continui pogrom a Marrakesh
1869 - massacri di ebrei a Tunisi.
1897 - massacri di ebrei a Mostganem, Algeria.
1912 - pogrom a Fez.
1941 - in concomitanza con la festa di Shavuot pogrom a Bagdad. E poi pogrom a Tripoli, ad Aleppo, ad Aden, al Cairo, ad Alessandria, a Damasco ecc. ecc.


Africa razzista, il continente nero è tra i più razzisti della terra
viewtopic.php?f=196&t=2750
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