Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 10:58 am

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo maomettano palestinese
viewtopic.php?f=197&t=2756


David Ben Gurion - al Congresso Sionista di Basilea nel 1937

"Nessun ebreo ha il diritto di rinunciare ai diritti del Popolo d'Israele in Terra d'Israele. Nessun ebreo ha l'autorità di farlo. Nessuna entità ebraica ha l'autorità di farlo. Neppure l'intero Popolo d'Israele vivo oggi ha il diritto a rinunciare a qualsiasi parte d'Israele.
È il diritto del Popolo d'Israele di tutte le generazioni, un diritto che sotto nessuna condizione può essere cancellato. Anche se degli ebrei in un certo periodo proclamano che rinunciano a questo diritto, non hanno né il potere né l'autorità di negarlo a future generazioni.
Nessuna concessione di questo tipo è vincolante o obbliga il Popolo d'Israele.
Il nostro diritto alla Terra d'Israele - l'intera Terra - è un diritto eterno, e non rinunceremo a questo diritto storico fino a che la sua completa redenzione non sia realizzata"


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 68x444.jpg
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 10:59 am

Israele e i confini del suo territorio


Il discrimine tra il caos e il cosmo, tra il disordine e l'ordine, tra l'informe e la forma, tra la non vita o morte e la vita, tra la prepotenza la sopraffazione e il diritto, tra l'ingiusto e il giusto, tra il regresso e il progresso è il limite, il confine, la frontiera, la barriera, il muro che separa, che contiene, che da sostegno e forma a ogni struttura organizzata dell'universo e della vita.

Muri, termini, confini e barricate, segni naturali e sacri di D-o
viewtopic.php?f=141&t=1919


Palestina: le ragioni di Israele
viewtopic.php?f=197&t=2271

Il 14 Maggio 1948 nasce lo Stato d’Israele
Nia Guaita

https://www.facebook.com/niaguaitaoffic ... 7313319488

Il 14 Maggio 1948 nasce lo Stato d’Israele. Nel 1947, l'Assemblea delle Nazioni Unite stabilì la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo in Palestina, con la città di Gerusalemme sotto l'amministrazione diretta dell'ONU. La dichiarazione venne accolta con favore dagli ebrei, mentre gli Stati arabi proposero la creazione di uno Stato unico federato, con due governi. Tra il dicembre del '47 e la prima metà di maggio del '48 vi saranno cruente azioni di guerra civile da ambo le parti. Il 14 maggio del 1948, venne dichiarata dal leader David Ben Gurion, la nascita dello Stato di Israele, ufficialmente entrato in essere il 15, quando, alla mezzanotte, terminò il precedente mandato britannico. Lo stesso giorno gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono il neonato Stato di Israele ma l'offensiva venne bloccata dall’appena sorto esercito israeliano e le forze arabe vennero costrette ad arretrare. La guerra, che terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949, diede origine a quella che resterà la causa degli scontri successivi: più di 700.000 profughi arabi. In seguito all'armistizio ed al ritiro delle truppe israeliane, l'Egitto occupò la striscia di Gaza, mentre la Transgiordania occupò la Cisgiordania, assumendo il nome di Giordania. Negli anni immediatamente successivi, dopo l'approvazione nel 1950 della “Legge del Ritorno” da parte del governo israeliano, si potè assistere ad una forte immigrazione, che porterà al raddoppio della popolazione di Israele. Il sostegno emotivo e politico più importante venne per gli ebrei (dopo la nascita dello Stato nazionale) dagli Stati Uniti. Il Governo Britannico del dopoguerra, non aveva la forza necessaria per controllare la situazione o trovare una mediazione con la quale soddisfare sia ebrei che arabi. Capacità che purtroppo, non furono neppure degli Stati Uniti nè di altri. Era iniziata una delle più gravi questioni del novecento, quella degli arabi e degli ebrei della Palestina.


Israele una buona democrazia e una grande civiltà:
viewtopic.php?f=197&t=2157

Israele un paradiso di libertà anche per arabi, musulmani, cristiani e gay
viewtopic.php?f=197&t=2208

Palestina ebreo israeliana o arabo mussulmana?
viewtopic.php?f=197&t=2236

Canan, Pałestina, Judea, Ixrael
viewtopic.php?f=197&t=2075

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... nnate-.jpg
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 11:01 am

Idiozie e odio contro Israele e gli ebrei
viewtopic.php?f=197&t=2662

Ensemense só e contro łi ebrei e Ixrael
viewtopic.php?f=197&t=2178

Razismo e razzisti contro gli ebrei e Israele
viewtopic.php?f=25&t=1413

Basta finanziare il terrorismo arabo islamico palestinese antiebreaico e gli assassini di Allà
viewtopic.php?f=196&t=2193

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... %C3%A0.jpg


Ebrei e non più ebrei che odiano gli ebrei e Israele
viewtopic.php?f=197&t=2469
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 11:04 am

Il discrimine tra il caos e il cosmo, tra il disordine e l'ordine, tra l'informe e la forma, tra la non vita o morte e la vita, tra la prepotenza la sopraffazione e il diritto, tra l'ingiusto e il giusto, tra il regresso e il progresso è il limite, il confine, la frontiera, la barriera, il muro che separa, che contiene, che da sostegno e forma a ogni struttura organizzata dell'universo e della vita.


Muri, termini, confini e barricate, segni naturali e sacri di D-o
viewtopic.php?f=141&t=1919

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... onfine.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 8/04/1.jpg


La legittima difesa non solo è pienamente umana ma è anche pienamente cristiana e rientrante nei diritti e doveri umani universali
viewtopic.php?f=141&t=2540
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1356950777


La difesa del territorio del proprio paese (città, nazione, stato) e dei suoi confini, coincide con la difesa del proprio domicilio, della propria casa, della proprietà privata e tutto ciò corrisponde alla difesa dello spazio vitale nelle sue varie estensioni a tutela e a difesa della propria persona, del proprio corpo e della propria vita.
La difesa dei propri confini è un'estensione naturale, sociale e politica della legittima difesa personale.

Proteggi e difendi dal male e dalla morte la tua famiglia, te stesso, la vostra casa, la vostra città, il nostro paese, la tua libertà e dignità, la tua vita e la pace, il nostro benessere, i nostri valori e tradizioni, fai rispettare i tuoi buoni diritti, è un tuo dovere e un valore universale, naturale, umano, civile e politico.
Ciò è quanto nella creazione è prescritto per tutte le creature e sopratutto per l'uomo di buona volontà che è l'unico a compiere il miracolo di realizzare il mandato divino.


Favorire l'immigrazione e l'emigrazione clandestina è un crimine universale
viewtopic.php?f=194&t=2754

Ecco quando le migrazioni sono e non sono invasioni e portano il bene e non il male
viewtopic.php?f=194&t=2603

Legittima difesa di Israele all'aggressione invasione dei nazisti maomettani palestinesi.
Quando si supera il confine/limite/linea fisica e pisichica di sicurezza. che è un valore segnale universale per tutte le specie animali, tra cui l'uomo, si configura pienamente la violenza aggressiva dello spazio vitale altrui con tutte le conseguenze possibili e ciò richiede una reazione di chiusura e difesa altrettanto violenta.


"Strage" e "Massacro", titola La Repubblica in prima pagina oggi sulla guerra che Hamas ha portato al confine di Israele. Non una riga sul diritto di Israele di proteggere i propri confini e i propri civili. Non era una "marcia". Era terrorismo che Hamas ha ordito con milioni di dollari al confine di Israele. Spari da parte di Hamas e Jihad Islamica? Scomparsi. Sommosse per abbattere il confine? Scomparse. "Uccisi" i palestinesi. Scomparsa la relazione di causa ed effetto. Cosi si demonizza il popolo di Israele e si processa il suo diritto a difendersi da una organizzazione terroristica che da trent'anni cerca di distruggerlo a suon di kamikaze e missili, che costruisce tunnel sotto quei confini e che ieri ha cercato di organizzargli una Pasqua di sangue. Che vergogna di giornalismo. Non ho visto gli stessi titoli di prima pagina sparati sui 5 israeliani uccisi dai terroristi palestinesi nelle ultime settimane. O me li sono persi?

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 4101535663



Stallo e impotenza Onu sul sangue di Gaza. Israele: "Se insistono la nostra risposta sarà più potente"
2018/03/31
https://www.huffingtonpost.it/2018/03/3 ... a_23399786

Il drammatico venerdì di sangue alla frontiera israeliana rischia di non rimanere un fatto isolato. L'Onu è in pieno stallo, dimostra tutta la sua impotenza annunciando un'indagine e dicendosi pronta a rilanciare i dialoghi di pace, ma Israele minaccia Hamas, se proseguiranno la protesta stavolta la risposta sarà ancora più imponente, e l'Autorità nazionale palestinese denuncia Israele di "omicidio premeditato". E non sfugge che tra le voci di condanna contro Israele sia arrivata prontamente quella dell'Iran, che denuncia il "tiranno sionista".

La situazione in Medio Oriente sta per precipitare e il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, chiede "un'indagine indipendente e trasparente" sui violenti scontri avvenuti al confine tra Israele e la Striscia di Gaza in occasione della Grande Marcia del Ritorno. Il bilancio è pesantissimo, stimato è di 17 palestinesi morti, con oltre 2 mila feriti. Secondo quanto riferito da un portavoce, l'Onu ha ribadito "la prontezza" dell'organismo mondiale a dare nuovo slancio agli sforzi per la pace. "C'è il timore che la situazione possa deteriorarsi nei prossimi giorni", ha spiegato l'assistente del segretario generale delle Nazioni Unite per gli affari politici, Taye-Brook Zerihoun. "Siamo profondamente rattristati dalla perdita della vita di oggi", ha aggiunto il diplomatico. "Il rischio di escalation è molto reale", ha affermato ricordando che "esiste la possibilità di un nuovo conflitto nella Striscia di Gaza".

Il portavoce dell'esercito israeliano, Ronen Manelis, ha detto che ieri è stato "il peggior giorno di sangue per Gaza dal 2014", ma se la protesta al confine proseguirà, la reazione di Israele sarà ancora più forte. Finora i soldati hanno reagito ai palestinesi che hanno provato a raggiungere la frontiera, ma se le incursioni proseguiranno la risposta verrà ampliata.

Il primo ministro dell'Anp Rami Hamdallah ha chiesto che Israele venga riconosciuto responsabile di quello che ha definito "omicidio premeditato" di palestinesi nella Striscia di Gaza. Sul suo account ufficiale di Facebook Hamdallah ha chiesto alla "comunità internazionale di riconoscere a Israele la piena responsabilità dell'omicidio premeditato del nostro popolo" per aver sparato e ucciso 15 civili palestinesi, oltre al ferimento di altre centinaia. Alla comunità internazionale, il premier dell'Anp chiede anche di prendere "azioni decisive per mettere fine all'occupazione, fornire protezione internazionale al popolo palestinese e trovare una soluzione allo status finale, soprattutto la questione dei rifugiati in base a quanto prevede la Risoluzione 194 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e la creazione di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come sua capitale".

Oggi nei Territori occupati si celebra una giornata di lutto nazionale indetta dal presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, che ha accusato Israele di essere "pienamente responsabile dell'aggressione a Gaza e della morte dei palestinesi". Il Consiglio di sicurezza ha esortato entrambe le parti alla moderazione, ma non deciso nessuna azione nè rilasciato alcuna dichiarazione al termine della riunione.

L'ambasciatore palestinese al Palazzo di Vetro, Riyad Mansour, si è detto rammaricato che il Consiglio di Sicurezza non si sia unito nella condanna di questo "massacro odioso" di dimostranti pacifici e non abbia sostenuto la richiesta di protezione internazionale per i civili palestinesi. "Ci aspettiamo - ha aggiunto - che il Consiglio di sicurezza si assuma le proprie responsabilità" e "disinneschi questa situazione instabile, che costituisce chiaramente una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali".

Per l'ambasciatore israeliano Danny Danon, invece, "la comunità internazionale non deve essere ingannata" da quello che ha definito come "un raduno del terrore ben organizzata e violento" sotto le insegne di una manifestazione pacifica.

L'Iran, attaverso il portavoce del ministro degli Esteri ha condannato i fatti di sangue di Gaza parlando di "massacro selvaggio" del "regime sionista" di Israele nei confronti dei palestinesi. Anche il ministro Mohammad Javad Zarif ha denunciato il "tiranno sionista" con un tweet.

Timori sono stati espressi dall'ambasciatore svedese Carl Skauper per "una situazione estremamente preoccupante", con il pericolo che ci sia un escalation fuori controllo. Alcuni membri hanno raccomandato di tenere un'indagine, sostenendo che Israele dovrebbe usare la forza in modo proporzionato.



La forza di Israele e la debolezza dell’Europa
31/03/2018
Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/la-forza-di-is ... delleuropa

Durante l’estate del 2014, mentre era in corso l’operazione Margine di Protezione, l’ultimo conflitto diretto tra Israele e Hamas, il filosofo Gianni Vattimo affermava durante una trasmissione radiofonica di stare dalla parte del gruppo integralista islamico.

Vattimo è solo uno della schiera degli intellettuali europei e più in generale occidentali che hanno girato le spalle a Israele per abbracciare il jihadismo scambiandolo per “resistenza” nei confronti dell’oppressore. Si tratta di una capitolazione radicale dell’intelletto che vanta nomi illustri e che nel passato, sia a destra come a sinistra si è votato, da Sartre a Saramago, da Céline a Hamsun da Neruda a Schmitt, alle ragioni del totalitarismo nazista e comunista.

Oggi che nazismo e comunismo hanno terminato la loro corsa, (anche se il secondo continua come uno zombie a ripresentarsi sullo scenario della storia), resta pur sempre a una Europa sempre più afflitta da una profonda crisi identitaria, l’esecrazione di Israele. Non è qui possibile tracciare la genesi di questa affezione patologica, ma occorre dire che essa si nutre in parte sostanziale di terzomondismo e di anti-atlantismo declinato in modo classico come avversione nei confronti degli Stati Uniti.

I fatti recenti accaduti in Israele. I sedici morti arabi-palestinesi uccisi dall’esercito israeliano durante la manifestazione orchestrata a Gaza ai confini della barriera di separazione dallo Stato ebraico, hanno nuovamente dato la stura all’abituale coro di attacchi contro Israele per la sua risposta armata.

Il copione è fisso da decenni. Quando Israele interviene per difendere le proprie ragioni scatta subito l’esecrazione pubblica. I palestinesi uccisi diventano immediatamente vittime e i soldati israeliani carnefici. Lo abbiamo visto massimamente nel 2014 quando le piazze soprattutto europee si riempivano di manifestazioni anti-israeliane e i manifestanti marciavano con chi glorificava e glorifica gli estremisti islamici di Hamas.

Per costoro, che Hamas controlli dal 2007 dopo un golpe in cui esautorò Fatah dal potere, l’enclave costiera di Gaza, imponendo un regime di terrore costruito sulla violenza, la delazione, la corruzione e avvilendo in modo drammatico le condizioni di vita della popolazione, è irrilevante. Come è irrilevante sapere che dieci degli arabi palestinesi uccisi dal soldati israeliani ieri, appartenessero alla Brigata Izz ad-Din al-Qassam, l’ala armata del gruppo jihadista.

Quello che conta è la narrazione secondo la quale la Marcia per il Ritorno, che ha portato ai confini tra Gaza e Israele 30.000 persone, sia una manifestazione pacifica perché così è stata annunciata dagli organizzatori e che, improvvisamente, soldati killer israeliani abbiano deciso di sparare a casaccio sulla folla. Si vuole credere questo, è necessario credere questo. Se così non fosse bisognerebbe ammettere che il cosiddetto “ritorno” invocato dagli aderenti alla marcia e abilmente orchestrato da Hamas che si trova in un momento di estrema debolezza e tenta così di rilanciarsi, significa, come scritto chiaramente nella Carta programmatica del gruppo, la presa di tutta la Palestina. Significa la fine di Israele in quanto stato ebraico.

Bisognerebbe ammettere che Hamas, e prima di Hamas l’OLP di Arafat hanno sempre e solo cercato di giungere a questo obbiettivo attraverso la lotta armata e il terrorismo. Bisognerebbe ammettere che le ragioni di Hamas sono quelle del jihad islamico, bisognerebbe ammettere che se Hamas avesse la meglio e Israele scomparisse, al suo posto ci sarebbe un altro stato islamico fondato sul rigorismo della sharia.

Ma siccome ammettere questo significa dovere riconoscere la verità e capitolare difronte alla realtà, si preferisce rappresentare Israele come una potenza malvagia e assassina e chi ha in odio la democrazia, la libertà e il pluralismo, come “resistente” e “vittima”.

D’altronde, quanti qui in Europa nelle file della sinistra, al cospetto della terribilità del totalitarismo sovietico e dei suoi regimi satelliti, osava denunciarne l’orrore e la disumanità, e non preferiva invece esaltarne supposte virtù di eguaglianza, progresso, emancipazione umana dalle storture del liberalismo e del capitalismo?

Leggere la stampa italiana (ma non solo) a proposito dei fatti accaduti al confine tra Gaza e Israele insieme alle dichiarazioni di alcuni esponenti politici, tra cui l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, provoca nel lettore il solito senso di vertigine per l’incapacità strutturale di vedere chiaramente la realtà e capire senza fallo da che parte abitino quei valori che l’Europa, nella sua travagliata storia si è conquistata faticosamente, e da che parte sta invece la barbarie.

Ma è uno dei segni terribili dei nostro tempo e di questa Europa che si crede al riparo dalle minacce rappresentate da chi ha in odio la democrazia e i suoi corollari, non sapersi riconoscersi senza se e senza ma nell’unico paese in Medioriente che sa difenderla senza indugio. Ed è forse questo il punto, che mentre Israele non ha mai smesso di difenderla, l’Europa sta progressivamente rinunciando a farlo.


In Israele si rischia una Pasqua di rappresaglia
Fiamma Nirenstein - Sab, 31/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 10965.html

C'è confusione sui numeri ma non sul significato della «Marcia del ritorno», come l'ha chiamata Hamas.

15 morti, 1.400 feriti e 20mila dimostranti sul confine di Israele con Gaza, in una manifestazione organizzata per essere solo la prima in direzione di una mobilitazione di massa che dovrebbe avere il suo apice il 15 di maggio, giorno della Nakba palestinese, il «disastro», festa dell'indipendenza di Israele, che coinciderà anche con il passaggio dell'ambasciata americana a Gerusalemme.

Un'escalation continua di eccitazione mentre cresceva l'incitamento ha visto per ben quattro volte unità di giovani armati di molotov, bombe a mano e coltelli, infiltrati dentro il confine. Un esempio limitato di quello che Hamas vorrebbe riprodurre su scala di massa, ovvero l'invasione di Israele, come nei loro discorsi ieri hanno ripetuto i leader massimi Ismail Hanyie e Yehyia Sinwar. Non a caso nei giorni della preparazione si sono svolte esercitazioni militari con lanci di razzi e incendi di finti carri armati, pretesi rapimenti e uccisioni che hanno persino fatto scattare i sistemi antimissile spedendo gli israeliani nei rifugi. Il messaggio di Hamas era chiaro: marciate, noi vi copriamo con le armi. Ma le intenzioni terroriste sono state incartate dentro lo scudo delle manifestazioni di massa e l'uso della popolazione civile, inclusi donne e bambini, è stato esaltato al massimo. Molti commentatori sottolineano che se Hamas decide di marciare, non ci sia molta scelta. E una marcia di civili risulta indiscutibile presso l'opinione pubblica occidentale, ma il messaggio sottinteso è stato spezzare il confine sovrano di Israele con la pressione della folla civile, utilizzare le strette regole di combattimento dell'esercito israeliano che mentre lo stato maggiore si arrovellava, si è trovato nel consueto dilemma delle guerre asimmetriche: tu usi soldati in divisa e il nemico soldati in abiti civili, donne, bambini, talora palesemente utilizzati come provocazione. L'esercito ha confermato che una piccola di sette anni per fortuna è stata individuata in tempo prima di venire travolta negli scontri. E in serata Israele ha bombardato con cannonate e raid aerei tre siti di Hamas a Gaza in risposta a un tentativo di attacco armato contro soldati.

La protesta di Hamas - che arriva alla vigilia della festa di Pesach, la Pasqua ebraica - ha vari scopi: il primo è legato alla situazione interna di Gaza. L'uso militarista dei fondi internazionali e il blocco conseguente del progresso produttivo ha reso la vita della gente miserabile e i confini restano chiusi. È colpa della minaccia che l'ingresso da Gaza di uomini comandati da un'entità terrorista, comporta per chiunque, israeliani o egiziani. Hamas con la marcia incrementa la sua concorrenza mortale con l'Anp di Abu Mazen, cui ha cercato di uccidere pochi giorni fa il primo ministro Rami Hamdallah; minacciata di taglio di fondi urla più forte che può contro Israele, cosa su cui la folla araba, anche quella dei Paesi oggi vicini a Israele come l'Arabia Saudita e l'Egitto, la sostiene. Il titolo «Marcia del ritorno» significa che non può esserci nessun accordo sul fondamento di qualsiasi accordo di pace, ovvero sulla rinuncia all'ingresso distruttivo nello Stato ebraico dei milioni di nipoti dei profughi del '48, quando una parte dei palestinesi fu cacciata e una parte se ne andò volontariamente certa di tornare sulla punta della baionetta araba.

Israele ha cercato invano di evitare che alle manifestazioni si facessero dei morti. Ma nessuno Stato sovrano accetterebbe da parte di migliaia di dimostranti guidati da un'organizzazione che si dedica solo alla sua morte una effrazione di confini. Hamas userà i nuovi shahid (povera gente) per propagandare la sua sete di morte in nome di Allah e contro Israele. Certo questo non crea in Israele maggiore fiducia verso una pace futura.


ISRAELE CI RICORDA
Niram Ferretti
01/04/2028

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Stiamo assistendo in queste ore all'abituale festival dell'esecrazione di Israele. Non poteva essere diversamente. Chi sta dalla parte dei jihadisti di Hamas non può non risentirsi per il fatto che Israele abbia impedito l'ingresso di terroristi all'interno del proprio confine.

Hamas ha utilizzato lo schermo della marcia "pacifica" per infiltrare miliziani, esattamente come, durante i conflitti con Israele, hanno usato la popolazione civile come carne da cannone.

Sia nel 2009 che nel 2014 hanno fatto credere che Israele avesse perpetrato crimini contro l'umanità, gonfiando le cifre, inventando i morti.

È' una vecchia tecnica. È la propaganda usuale. Winston Churchill diceva, "Durante la guerra la prima vittima è sempre la verità".

Il caso di Jenin, nel 2002 ha fatto scuola.

All'epoca Yasser Arafat proclamò che il “massacro di Jenin” poteva essere paragonato solo all’assedio di Stalingrado della seconda guerra mondiale. E l’ineffabile Erekat ( n.d. A. capo negoziatore palestinese) dichiarò alla stampa: “Il numero di morti si aggira sui 500”, aggiungendo: “Il campo profughi di Jenin non esiste più, e abbiamo notizia che vi avvengono esecuzioni di massa”. Cinque giorni più tardi, a combattimenti finiti, il Segretario Generale dell’Autorità Palestinese, Ahmed Abdel Rahman, dichiarò all’UPI che il numero era nell’ordine delle migliaia, usando la parola “genocidio”. E la notizia fece il giro del mondo.

Il numero effettivo dei morti a Jenin fu di 53 palestinesi e 23 soldati israeliani, ma prima che le cifre reali venissero verificate, la versione falsa del massacro israeliano era stata già propagata con successo per traslare poi, lo stesso anno, nel film “Jenin, Jenin” del regista arabo israeliano Mohammed Bakri. Nel film, il regista, successivamente portato in tribunale dai soldati reduci dell’episodio sostenuti nella loro azione dalle famiglie dei caduti, mostrava, alterando completamente la realtà dei fatti, l’esercito israeliano mentre sparava su donne, anziani e bambini. Bakri avrebbe poi affermato davanti ai giudici che la sua versione dei fatti era “artistica” e intesa a presentare “la verità palestinese”.

Israele, spara sui terroristi, decidendo di non farli entrare, e per questo viene linciato mediaticamente da una Europa fallimentare che ai terroristi non solo concede l'ingresso dentro le proprie frontiere, ma permette loro di costruire reti di affiliazioni, protetti dallo scudo dei "diritti umanitari".

L'Europa illusa, pensa che la guerra sia un'esperienza del passato, qualcosa di ormai concluso e che la pace sia acquisita. Per questa Europa la storia si è fermata. Non sappiamo più difenderci, non vogliamo più difenderci.

Israele ci ricorda che se vogliamo sopravvivere, la difesa è necessaria.



Alberto Pento
Anche se non fossero terroristi ma solo civili, se entrassero senza permesso violando l'ordine e l'invito a non entrare, demolendo recinzioni, superando sbarramenti, sarebbe comunque un atto di aggressione e una invasione violenta che richiederebbe e giustificherebbe la reazione armata violenta come legittima difesa.



Israele-Palestina, tutti lodino i tiratori israeliani schierati a Gaza
di Camillo Langone
2018/04/03

https://www.ilfoglio.it/preghiera/2018/ ... aza-187301

Tutti lodino i 100 tiratori israeliani schierati sul terrapieno al confine con Gaza. Non solo il primo ministro Netanyahu, non solo il ministro della difesa Lieberman, non solo gli ebrei, non solo gli ebrei israeliani, non solo l’esercito israeliano (in cui militano, ricordarselo, molti drusi, beduini, arabi cristiani...), non solo i filo-semiti: anche gli anti-semiti. Anche un anti-semita la notte vuole dormire in pace, una volta chiusa la porta del proprio appartamento. E i 100 tiratori israeliani non hanno difeso solo se stessi e il loro Stato, hanno difeso un’idea universale. Il terrapieno di Gaza è un archetipo del confine. “Abbattere le frontiere vuol dire consegnare il mondo al caos” avvisa Jean Clair. Se le torme ululanti di palestinesi avessero superato quel terrapieno nessuno avrebbe più potuto dormire tranquillo, da nessuna parte. Tutti lodino i 100 tiratori israeliani schierati sul terrapieno di Gaza contro la violenza del numero.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 11:12 am

Dementi contro Isarele e i suoi buoni e sacrosanti diritti umani, civili e politici



GAZA: Israele apre la stagione di caccia sugli inermi
30/03/2018

https://www.maurizioblondet.it/gaza-isr ... gli-inermi

Cento cecchini con proiettili veri: Israele li ha sistemati sul confine con la striscia di Gaza, in vista di possibili manifestazioni in occasione del 30 marzo 1976 dove si commemorano gli arabi che hanno perso la terra, confiscata dallo stato ebraico, e la vita. Per sei settimane è previsto un accampamento di tende per reclamare simbolicamente il diritto a tornare nelle loro terre rubate da Israele. “Vogliamo spaventare gli israeliani con le immagini di una grande folla che si riunisce pacificamente e si siede vicino alla frontiera”, aveva dichiarato Ahmed Abu Retaima, portavoce di Hamas.

Per il glorioso Tsahal è come l’apertura della stagione della caccia. Il Jerusalem Post del 30 marzo riporta che un coltivatore di Gaza è stato ucciso, e un altro gravemente ferito, non dai cecchini ma da un carro armato presso Kahn Younis. “Nella notte due sospetti si sono avvicinati allo sbarramento di sicurezza e han cominciato a comportarsi in modo sospetto, quindi il cingolato ha sparato contro di loro”, ha confermato il portavoce militare. Cannonate contro due sospetti.

Il 25 marzo, grande anteprima giudaica contro un primo pacifico assemblamento di folla: un drone militare ha sorvolato la folla che si stava radunando spargendo sopra di essa grandi quantità di gas lacrimogeni. La tv libanese Al-Mayadin ha mostrato un breve video della scena: gente senza difesa che si di disperde incespicando e torcendosi sotto l’attacco.

Grande, glorioso esercito ebraico. Del resto il giorno prima, 24, caccia israeliani F-16 hanno colpito un non meglio precisato “bersaglio di Hamas” a Rafaa, ossia in pieno abitato, in risposta a una terribile aggressione così descritta dallo stesso esercito di Sion: “Il reticolato di sicurezza presso il kibbutz Kissufim era stato danneggiato e quattro palestinesi che portavano bottiglie piene di materiale infiammabile hanno attraversato illegalmente il confine, cercando di appiccare il fuoco ad una pala meccanica”. Anche di questa intrusione c’è un breve filmato: i quattro palestinesi, sono rientrati precipitosamente a Gaza sotto il fuoco concentrato dei soldati israeliani.

https://www.facebook.com/sharer/sharer. ... &src=video

Con l’occasione si è saputo che Tsahal sparge dall’alto grandi quantità di pesticidi che rovinano le colture (per lo più agrumeti) in quella che i giudei chiamano la “zona tampone” – ovviamente tutta in territorio di Gaza, con la scusa mantenere “aperto il campo visivo” ai guerrieri sorveglianti di là dal Muro.

Naturalmente spargono i pesticidi con una doviziosa abbondanza – gli ebrei sono generosi – ben oltre la striscia di 300 metri che loro han dichiarato zona-tampone, un nastro di suolo che copre il 35% dei terreni agricoli rimasti agli assediati di Gaza.

Questa abbondanza di pesticidi ed altri defolianti e tossici ha ridotto la parte dell’agricoltura nella (misera) economia d Gaza dal 12 per cento del PIL nel 1994, al 3,3% nel 2015; riducendo anche le possibilità di lavoro nella Striscia, dove la disoccupazione supera la metà della popolazione, e l’agricoltura rappresenta l’8,7 per cento dell’occupazione locale. Incredibilmente, questo problema è stato segnalato dal consolato francese a Gerusalemme.

Gaza è un lager reso innovativo dalla geniale creatività ebraica: se nei lager nazisti e nel GuLag sovietico era l’amministrazione carceraria che forniva a sue spese i pasti, sia pur ovviamente da fame, nel lager ebraico di Gaza sono gli internati detenuti che devono sforzarsi di produrre il loro cibo, a loro spese, sotto gli occasionali bombardamenti e le regolari vaporizzazioni di pesticidi dei sorveglianti.

Frattanto l’aviazione israeliana ha proclamato che due suoi F-35 invisibili, ribattezzati Adir (il Grande) e probabilmente modificati dall’elettronica israeliana, hanno sorvolato l’Iran senza essere scoperti, dopo aver percorso lo spazio aereo siriano ed iracheno. È una chiara minaccia ed una preparazione alla guerra finale contro l’Iran tanto desiderato dallo Stato ebraico, e che ora diventa più vicino con la nomina di John Bolton alla Sicurezza Nazionale.

“Sono felice ed eccitato di annunciare che il Congresso USA ha approvato uno stanziamento record per il programma missilistico di Israele: 705 milioni di $ per il 2018!”, ha annunciato lunedì 26 il ministro della Difesa Avigdor Liberman. Infatti i parlamentari hanno aggiunto 148 milioni di dollari al programma, che già gli USA stanno pagando, che vuole costruire un “ombrello difensivo” di missili Iron Dome ed Arrow 3. In modo che Israele possa fare guerra a medie potenze e parare i loro colpi di ritorsione.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... uccisi.jpg



Shar Kisshati

Nessuno dice mai che, quando Israele vinse la guerra dei sei giorni nel '67 e restituì la maggior parte dei territori conquistati (mai avvenuto nella storia umana), l'Egitto, che aveva precedentemente amministrato la Striscia di Gaza (prima era protettorato inglese e prima ancora impero ottomano, ovvero quando il popolo palestinese non era ancora stato inventato), rinunciò spontaneamente a quel territorio (sicuramente perché preferiva non avere terroristi palestinesi tra le palle). Ciò significa che proprio Gaza era LEGITTIMAMENTE territorio israeliano. Poi, nel 2005, Ariel Sharon (secondo me sbagliando), pur di trovare la pace con un gruppo di arabi che si era autoproclamato popolo palestinese (gruppo terrorista in servizio permanente stipendiato dall'ONU e dall'Occidente), decise di ritirare Israele da Gaza, sfrattando con la forza tutti i cittadini israeliani che avevano costruito la loro vita in quelle terre (scene davvero strazianti). Alle elezioni successive vinse Hamas (stranamente riconosciuta ancora oggi come organizzazione terroristica dall'ONU). Sapendo che questi sono stati gli avvenimenti, con quale gran faccia di culo si possono presentare tutti questi filo propal nostrani? Ditelo chiaramente che l'unica cosa che vi spinge è l'odio per gli ebrei, abbiate le palle di dichiararlo apertamente, invece di sfoggiare tale ipocrisia. Voi sperate che Israele venga distrutta, è solo questo il vostro becero e criminale sentimento. SIETE DISGUSTOSI.

P.S.: poi, invece, quando si tratta davvero di territori occupati, e mi riferisco a mezza Cipro occupata dalla Turchia (con l'aggravante che Cipro farebbe parte dell'Unione Europea), non si vedono bandiere e non si sente berciare nessuno con tanta solerzia. Che schifo che mi fate.


Dragor Alphandar
Tutta colpa della Chiesa che per secoli ha demonizzato gli ebrei. Recentemente ha finto di pentirsi ma le etichette restano attaccate. E in ogni caso i giornali cattolici sembrano veline di Gaza.

Shar Kisshati
Non è solo colpa della Chiesa.
Per altro fa molta più breccia la propaganda sinistrata...

David Åkerfeldt Milanø
Dubito che la Chiesa abbia influenzato Al Fatah, Hamas, OLP ecc... al massimo può aver influenzato Mastella e Adinolfi ma non mi risultano propal

Shar Kisshati
I maiali sono i sinistrati

Dragor Alphandar
I comunisti di solito sono di formazione cattolica. Incapaci di pensare liberamente, sono passati da una religione all'altra. Quanto ai muzz, anche loro hanno demonizzato gli ebrei per motivi religiosi.

David Åkerfeldt Milanø
Mah guarda Dragor i comunisti di formazione cattolica qui sono al massimo il 30%, il resto sono acerrimi mangiapreti o atei. Che poi quel 30% sia particolarmente influente è un altro conto, ma nonostante lo squilibrio percentuale sono entrambe le correnti agguerritissime!

Dragor Alphandar
Anche se atei o mangiapreti, con secoli di condizionamento religioso hanno bisogno di qualcuno che pensi per loro. Cosi' sono diventati comunisti. E sul comunismo, dopo la perdita dell'URSS, si e' innestato il terzomondismo, cosi' sono islamofili e naturalmente antisemiti. In ogni caso penso che la responsabilita' principale della demonizzazione degli ebrei sia la Chiesa. A partire dal IV secolo ha gonfiato la testa a tutti con la storia del popolo deicida maledetto da Dio e colpevole di tutte le disgrazie dalle pestilenze ai terremoti. Non c'e' da stupirsi che gli ebrei siano odiati.

Shar Kisshati
Sei troppo cristianofobico... purtroppo il comunismo è antisemita perché tale era il suo fondatore ebreo (ovvero Marx)

David Åkerfeldt Milanø
Dragor, i comunisti sono cristianofobici almeno quanto antisemiti...anzi, se penso a molti filomuslim alla Gad Lerner,Parenzo ecc. vedo la bilancia pendere decisamente a favore dei muzz (inverosimilmente e illogicamente)

Dragor Alphandar
Non sono affatto cristianofobo, cito soltanto fatti. E credo che ebrei, cristiani e atei dovrebbero dimenticare le divisioni per fare fronte comune contro i muzz.

Shar Kisshati
In questo sono d'accordo con te.

David Åkerfeldt Milanø Eh, MAGARI Dragor
Il problema è: una volta vinti i muzz, a chi toccherà dei tre allearsi con chi e contro chi?



Attivisti di sinistra hanno fatto una dimostrazione a Tel Aviv, cantando "Gaza ha cercato la libertà, hanno sparato"

https://www.facebook.com/eretzisrael67/ ... 8399917132


- Un leader di Gaza sulla TV ufficiale di Hamas : "Libereremo la nostra terra con il sangue, i martiri, le donne e bambini ... Abbatteremo il confine con le unghie dei nostri bambini"

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 4265581296

Hamas usa il suo completo controllo militare e politico su Gaza per inviare scudi umani alle forze israeliane mentre i suoi terroristi cercano di violare il confine israeliano.

Una bambina palestinese di sette anni è stata spinta da Hamas, venerdì, ad avvicinarsi alla recinzione di sicurezza in mezzo al caos provocato dalla stessa Hamas al confine fra Gaza e Israele. Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane ha spiegato che i soldati in servizio nella zona hanno immediatamente capito che la figura che si muoveva verso di loro era una bambina e hanno fatto sì che venisse riportata sana e salva ai suoi genitori. “I terroristi di Hamas usano cinicamente donne e bambini, mettendo in pericolo le loro vite”, ha sottolineato il portavoce militare israeliano in un comunicato rivolto in arabo agli abitanti di Gaza.

Video come questo sono la verità, ma non lo vedrai riportato nei media. Grazie a The Middle East Media Research Institute (MEMRI) per averlo postato.


Palestinian rioters on the Gaza border chanting "KILL THE JEWS"!
i rivoltosi palestinesi sul confine di Gaza cantano "uccidere gli ebrei"!
31 marzo 2018
https://www.facebook.com/hnaftali/video ... 3875221474



L'uso distorto della parola pace. Quando la Chiesa sta con i terroristi
Marco M.
3 aprile 2018

http://www.rightsreporter.org/medio-ori ... terroristi

Michel Sabbah ex patriarca latino di Gerusalemme dal 1988 al 2008 non è mai stata una persona di equilibrio. I suoi interventi nella politica israelo-palestinese sono sempre stati intenti a condannare solo ed esclusivamente una parte, a tacere sui crimini dell’altra e a costruire una narrativa imperialista e coloniale sulla nascita dello stato ebraico per il quale un’eventuale sua sparizione al vescovo non sarebbe dispiaciuta. Come altrimenti poter leggere i suoi scritti nei quali senza troppe remore intimidiva gli ebrei con la seguente previsione: «Alla fine li manderemo via come una volta mandammo via i crociati», un’esclamazione più adatta ad un al Baghdadi che a una figura cattolica spesso erroneamente confusa con l’imparzialità o il compromesso.

Ma Sabbah è prima di tutto un arabo che odia Israele, in quanto stato ebraico e causa di tutte le disgrazie dei popoli arabi che vivevano in pace, unità e armonia prima che il mostro sionista facesse la sua comparsa. Come la maggior parte degli arabi cristiani oltre ad essere anti-israeliano Sabbah è anche legato alle dittature criminali del Medio Oriente tanto da tacere o quasi sul vero genocidio che si sta compiendo a poca distanza dalla sua adorata “terra santa” ovvero in Siria.

Dicevo quasi perché in realtà qualche volta accenna alla Siria come “vittima sacrificale delle politiche irrazionali dell’occidente”. Che sia vittima dei bombardamenti del suo adorato macellaio Assad che ha sterminato dall’inizio del conflitto centinaia di migliaia di siriani e come danno collaterale più di un migliaio di palestinesi il patriarca non lo considera.

Ma non è solo un difetto di Sabbah in realtà la convivenza con il regime di Damasco riguarda quasi tutte le chiese cristiane in Siria e in Libano i cui esponenti fanno a gara come dei piccoli Goebbels nel benedire i bombardamenti russi, nell’aggredire la carta stampata che osa criticare il dittatore siriano, nel dipingere il governo siriano come un paradiso di convivenza e pace e nel rappresentare l’intera parte della popolazione siriana che non crede nell’unico e vero Dio ovvero il dittatore Assad come un branco di jihadisti che minacciano l’esistenza di cristianità al servizio naturalmente del sionismo. Preciso «jihadisti cattivi» ovvero quelli pagati dall’Arabia Saudita, perché per qualche mistero ci sono e in numero ben maggiore anche «jihadisti buoni» quelli legati all’Iran sui quali non viene detto nulla.

Ma tornando alla “Palestina”, l’ultimo comunicato del patriarca emerito ha proprio il senso del delirio totale a partire dal titolo: “Noi abbiamo scelto la pace”.

Nel breve intervento Sabbah afferma che «Gaza si è mossa pacificamente», inoltre rafforza questa allucinazione dicendo che «le manifestazioni pacifiche sono le migliori trattative» e aggiunge «nella marcia pacifica la gente offriva la pace», mentre «Israele ha risposto con le armi della morte».

Al patriarca Sabbah bisogna fare qualche considerazione: signor Patriarca il movimento Hamas è riconosciuto come un’organizzazione terroristica da Israele, Stati uniti e Unione europea, ha un’ideologia fondata sull’integralismo islamico e sull’imposizione della sharia su tutta la Palestina, nonché sulla cancellazione di Israele dalle carte geografiche.

Visto che Hamas ha indetto la marcia del ritorno, Lei nell’appellare la popolazione di Gaza identifica essa con il terrorismo di Hamas? Anzi visto che pure Lei ci si mette usando il “noi” possiamo interpretare come una Sua appartenenza magari spirituale al movimento di Hamas?

Dato che nella marcia erano presenti miliziani delle brigate El Zeddin Al Qassam armati di pace ma anche di asce, coltelli, pietre e kalashnikov, sarebbe d’accordo se qualcuno venisse da Lei in “pace” e sempre in “pace” la crivellasse di colpi o gli spaccasse la testa con un’ascia o con una pietra? Perché, mi scusi, un conto è dire che la reazione dell’esercito non è proporzionata, ma parlare di “pace” in questo contesto non è un po’ eccessivo?

E infine dato che l’obbiettivo della marcia era il forzare e sfondare il confine, sempre in pace ci mancherebbe, che trattative vuole intavolare? Perché quello è un confine riconosciuto dalla comunità internazionale, quello del’67, come in tanti amano chiamare, la violazione o il tentativo di rimuoverlo in genere nel mondo porta a una guerra non a una pace ma a parte questi dettagli… Lei come Hamas non lo riconosce? Quale sarebbe il nuovo confine che Israele dovrebbe prendere in considerazione quello di sparire dalle cartine geografiche?

In conclusione il Patriarca è pratico dell’uso distorto della parola pace al servizio delle peggiori violenze.


KHAMENEI CHIEDE UNITA' DELL'ISLAM PER "PIANIFICARE" LA DISTRUZIONE DI ISRAELE
Di Maurizia De Groot Vos
05 aprile 2018

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 3971968992

A decenni dalla sconfitta di Hitler e del nazismo che pianificò metodicamente lo sterminio degli ebrei, un altro leader supremo parla apertamente di pianificare un secondo sterminio ebraico, la distruzione di Israele. E’ il nazi-islamico leader supremo iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei.

Criticando l’avvicinamento dell’Arabia Saudita a Israele e le parole del Principe saudita, Mohamed bin Salman, che pochi giorni fa aveva affermato che «Israele ha Diritto a uno Stato», Khamanei ha chiesto l’unità del mondo islamico per sconfiggere Israele «attraverso una lotta intensa e pianificata tanto da costringere il nemico a ritirarsi fino all’annientamento».

«Negoziare con il mendace e ingannevole regime usurpatore sionista è un errore imperdonabile che ritarderà la vittoria del popolo palestinese e del mondo musulmano» ha detto Khamenei sul suo sito web.

«In un momento in cui l’escalation della tirannia e della brutalità del regime sionista a Gaza ha irritato e rattristato gli appassionati della questione palestinese, ritengo necessario mettere ancora una volta in risalto le politiche durature della Repubblica islamica su questa importante questione, che è il principale problema della Ummah islamica. Senza dubbio, combattere e resistere è l’unico modo per salvare la Palestina oppressa ed è l’unica prescrizione curativa per le ferite inflitte al corpo di quella nazione coraggiosa e orgogliosa» scrive ancora Khamenei prima di ribadire che «appoggiare i palestinesi è un obbligo religioso per qualsiasi musulmano».

Poi la richiesta al mondo musulmano di unirsi contro Israele. «Le nazioni e i giovani musulmani, i governi islamici e arabi hanno una responsabilità verso il popolo palestinese e devono prendere seriamente questo grande obbligo e unirsi per pianificare insieme una lotta che costringa i nemici a ritirarsi fino alla loro morte».

Khamenei riprende e fa sua una idea già espressa dal dittatore turco, Recep Tayyip Erdogan, quando lo scorso dicembre in occasione del riconoscimento da parte americana di Gerusalemme capitale di Israele, convocò un vertice straordinario della Cooperazione Islamica durante il quale propose la creazione di un esercito islamico per distruggere Israele e poi dedicarsi al resto del mondo non islamico. E il fatto che nessuno ne parli di questa gravissima minaccia lascia francamente basiti visto che oltre ad essere terribilmente seria è assolutamente reale.

Ci chiediamo allora cosa sarebbe successo se Netanyahu avesse fatto una dichiarazione simile ma in termini opposti, se cioè avesse dichiarato di voler pianificare lo sterminio dei palestinesi o addirittura dei musulmani. Ci sarebbe stato tutto questo vergognoso silenzio?


Dopo le morti di Gaza Israele fa i conti con se stesso
2018/04/07

https://www.huffingtonpost.it/2018/04/0 ... a_23405437

Ventisette morti, oltre 2500 feriti in campo palestinese, nessuno in quello israeliano. Non è questione di capacità militari. E' qualcosa di altro, di fronte al quale parlare di "scontri" è violentare la realtà, piegandola alla propaganda di parte. Su questo Israele s'interroga, sulla sua "metamorfosi" che va ben al di là di un eccesso di difesa. Voci critiche si levano dentro e fuori il Paese e coinvolgono alcune delle più importanti associazioni ebraiche americane. La politica spiega solo in parte questa "metamorfosi", e i risultati delle ultime elezioni, con la formazione del governo più di destra che Israele ha conosciuto nei suoi settant'anni di storia, danno conto del consolidamento di una "psicologia nazionale" che non può essere raccontata solo parlando di "sindrome di accerchiamento".

I Venerdì di sangue a Gaza- 30 marzo e 6 aprile - e la deportazione di migliaia di rifugiati africani voluta dal governo in carica, rappresentano un mutamento culturale, identitario, che abbatte il tradizionale schema destra/sinistra. Benjamin Netanyahu, primo ministro alle prese con inchieste riguardanti accuse di corruzione e menzogne in atti pubblici, è parte del problema ma non è il tutto. Con la sua solita radicalità e chiarezza di esposizione, Gideon Levy, firma di Haaretz, spiega così questa metamorfosi: "Si può attaccare al primo ministro quanto si vuole - se lo merita. Ma alla fine si dovrebbe ricordare: non è Benjamin Netanyahu. È la nazione. Almeno la maggior parte della nazione. Tutte le manifestazioni del male negli ultimi giorni e tutte le farse sono state progettate per soddisfare i desideri più meschini e gli istinti più oscuri ospitati dagli israeliani. Gli israeliani volevano il sangue a Gaza, il più possibile, e le deportazioni da Tel Aviv, il più possibile. Non c'è modo di abbellirlo; non si devono offuscare i fatti. Netanyahu - debole, patetico, malvagio o cinico - è stato spinto da un solo motivo: compiacere gli israeliani e soddisfare i loro desideri. E quello che volevano era sangue e deportazione. Se solo il problema fosse con Netanyahu e il suo governo. Quindi, in un'ulteriore elezione, o forse in due, il problema potrebbe essere risolto. I bravi ragazzi prenderanno il potere, Gaza e i richiedenti asilo saranno liberati, l'incitamento fascista morirà, la posizione dei tribunali sarà assicurata e Israele sarà di nuovo un posto di cui essere orgogliosi. Questo è un sogno irrealizzabile. Ecco perché la campagna contro Netanyahu è importante, ma sicuramente non è fatale. La vera battaglia è molto più disperata e il suo scopo è molto più diffuso. Questa è una battaglia sulla nazione, a volte anche contro di essa".

Se le voci critiche sono il sale di una democrazia, in Israele questo "sale", per fortuna, si sparge ancora. E tocca nervi sensibili. Annota, sempre su Haaretz, Ilana Hammerman, scrittrice e attivista per i diritti umani, guardando alle manifestazioni di queste settimane, a Gaza come in Cisgiordania: "Quali sono gli atti di questi giovani? Terrore? No, questa è una lotta disperata da parte di gruppi e individui, che dal giorno in cui sono nati non hanno nulla da sperare, contro un esercito mille volte più forte di loro. E cosa sta difendendo questo esercito: la sicurezza del suo paese? No, sta difendendo la scelta dei governi israeliani di usare il terrore per imporre lo "stato del popolo ebraico" sull'intera regione tra il Mediterraneo e il fiume Giordano".

Yoav Limor, analista di punta di Israel Hayom, il più accreditato tra i giornali filogovernativi, sposa una tesi opposta a quella di Gideon Levy ma non nasconde le sue preoccupazioni, in questa analisi: "Israele sta affrontando la situazione solo militarmente, dal momento che la diplomazia pubblica si è rivelata fiacca per quanto riguarda la risposta alla nuova sfida che emerge da Gaza. Ciò si è riflesso questa settimana nelle dichiarazioni bellicose dei leader mondiali e nella copertura mediatica che, dopo un lungo periodo di tempo, è stato acutamente anti-israeliano.

Questo – annota ancora Limor - potrebbe essere respinto con il solito atteggiamento "il mondo ci odia' o potremmo decidere di combatterlo e spiegare che non si tratta di proteste civili spontanee ma eventi orchestrati astutamente da Hamas, che ha inglobato dozzine di agenti nella folla con l'obiettivo di effettuare attacchi terroristici e provocare l'IDF. Hamas spera in un numero maggiore di vittime civili, che getterebbe l'IDF e Israele in una luce negativa e aumenterebbe il sostegno internazionale per i palestinesi.

La dissonanza tra il successo tattico dell'IDF e il fallimento strategico di Israele potrebbe aumentare mentre le manifestazioni si intensificano e il numero delle vittime aumenta. A nessuno tranne a Israele importa quanti di quelli uccisi erano terroristi. La comunità internazionale conserva il punteggio dei feriti e dei morti e le immagini dal confine dominano le notizie...". "Ciò richiede a Israele - conclude l'analista di Israel Hayom - di ripensare al modo migliore per gestire la situazione al fine di frenare lo slancio palestinese e impedire che gli eventi si trasformino in qualcosa che spinga la comunità internazionale a costringere Israele ad accettare una soluzione non a suo favore. Il problema è che Israele evita sistematicamente di prendere decisioni strategiche e, in ogni caso, tali processi richiedono tempo che Israele potrebbe non avere, dato che la situazione a Gaza potrebbe sfuggire al controllo in qualsiasi momento". Di fronte a questo scenario, l'organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem ha lanciato giovedì una campagna intitolata "Mi spiace, comandante, non posso sparare", sollecitando i soldati israeliani a rifiutare l'ordine di sparare ai manifestanti palestinesi disarmati a Gaza.

L'organizzazione ha fatto una mossa insolita, dirigendosi direttamente ai soldati israeliani perché rifiutino gli ordini. "Ai militari non è permesso agire come meglio credono, né Israele può determinare da solo ciò che è ammissibile e cosa non lo è quando si tratta di manifestanti. Come tutti gli altri Paesi, le azioni d'Israele sono soggette alle disposizioni del diritto internazionale e le restrizioni che impongono sull'uso delle armi, ed in particolare l'uso delle munizioni letali", sottolinea Hagal El-Ad, Direttore esecutivo di B'Tselem Ciò che sembra sfuggire di mano non è solo la situazione nella Striscia ma anche la coscienza civile di una Nazione. A lanciare il grido d'allarme è il più autorevole storico israeliano, Zeev Sternhell, membro dell'Accademia israeliana delle scienze e delle lettere, professore all'Università Ebraica di Gerusalemme, specialista di storia del fascismo. "Spesso mi chiedo – scrive Sternhell - come, tra 50 o 100 anni, uno storico interpreterà la nostra epoca. Quand'è – si chiederà – che la popolazione in Israele ha iniziato a realizzare che lo Stato, nato dalla guerra d'indipendenza, sulle rovine dell'ebraismo europeo, e pagato col sangue dei combattenti, alcuni dei quali erano sopravvissuti all'Olocausto, si è trasformato in una tale mostruosità per i suoi abitanti non ebrei? Quand'è che alcuni israeliani hanno capito che la loro crudeltà e la capacità di prevaricazione sugli altri, palestinesi o africani, ha iniziato a erodere la legittimità morale della loro esistenza come entità sovrana?..". "La risposta – prosegue La risposta, potrebbe dire quello storico, è racchiusa nelle azioni di parlamentari come Miki Zohar e Bezalel Smotrich e nelle proposte di legge del ministro della Giustizia Ayelet Shaked. La legge dello Stato-nazione, che sembra formulata dal peggiore degli ultranazionalisti europei, è stata solo l'inizio. Dato che la sinistra non ha protestato contro di essa nelle manifestazioni in Rotchild Boulevard, quella è stata l'inizio della fine della vecchia Israele, la cui dichiarazione di indipendenza rimarrà come pezzo da museo.

Un reperto archeologico che insegnerà alla gente ciò che Israele sarebbe potuta diventare, se solo la sua società non fosse stata disintegrata dalla devastazione morale causata dall'occupazione e dall'apartheid nei Territori. La sinistra non è più in grado di sconfiggere l'ultranazionalismo tossico che si è sviluppato qui, la cui versione europea ha praticamente sterminato la maggioranza del popolo ebraico...". Considerazioni allarmanti, parole alle quali va prestato ascolto. Per capire, non per demonizzare. E per capire appieno ciò che sta avvenendo nel profondo della società israeliana, non bastano le annotazioni "tecniche" fornite dall'esercito israeliano dopo il secondo venerdì di sangue. "Chi ha provocato le vittime è chi ha inviato quelle persone al confine. Hamas è responsabile dei morti": lo ha dichiarato il portavoce militare israeliano, Ronen Manelis, al termine di una giornata di gravi incidenti lungo la linea di demarcazione fra Israele e Gaza. "Hamas - ha aggiunto - ha trascinato la Striscia verso una giornata di violenti disordini. Il nostro esercito ha compiuto appieno la propria missione. Non abbiamo avuto perdite, non si sono verificate infiltrazioni sul confine, e la nostra sovranità non è stata infranta".

Sul piano militare è indubbiamente così. I manifestanti non sono penetrati in territorio israeliano, e la sovranità non è stata infranta. Ma a infrangersi rischia di andare l'identità storica d'Israele. A morire, gli ideali che furono a fondamento del sionismo. L'occupazione sta corrodendo le basi della nostra democrazia, così come la colonizzazione dei Territori occupati alimenta una cultura dell'illegalità. Tutto questo non ha nulla a che vedere con quei valori che furono a fondamento del pionierismo sionista. La politica della forza portata avanti dalle destre è la negazione del sionismo. È la sua morte". Le considerazioni svolte da Sternhell risalgono a una intervista che concesse ad HP tre anni fa. Tre anni dopo, alla luce dei venerdì di sangue a Gaza, le parole dello storico israeliano hanno il valore di una "profezia". Una triste profezia.



L’incredibile Mogherini “ Bisogna difendere la libertà di manifestare
Ronen Manelis
1 aprile 2018

http://www.italiaisraeletoday.it/la-sol ... anifestare

Le violenze suscitate da Hamas al confine con la Striscia di Gaza «sono state una deliberata provocazione», ma se continueranno, Israele estenderà la sua risposta, per colpire i miliziani di Hamas che vi sono dietro.

È l’avvertimento lanciato dal generale Ronen Manelis, portavoce dell’esercito israeliano citato dalla stampa locale, dopo egli scontri che hanno provocato la morte di 16 palestinesi e il ferimento di quasi 1.500 persone.

Manelis ha sottolineato come finora i militari di Israele si sono limitati a puntare coloro che tentavano di violare il confine, ma se gli attacchi dovessero continuare, andranno oltre, colpendo i miliziani «anche in altri luoghi».

Palestinian protesters cover their faces from teargas fired by Israeli troops during a demonstration near the Gaza Strip border with Israel, in eastern Gaza City, Friday, March 30, 2018. (ANSA/AP Photo/Khalil Hamra) [CopyrightNotice: Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved.]

Sabato al confine è stata una giornata di relativa calma se confrontata con la violenta giornata precedente, anche se erano migliaia i palestinesi presenti per manifestare. Gli scontri sono stati sporadici e limitati, con un bilancio di sei palestinesi feriti e una trentina di intossicati dai gas lacrimogeni lanciati dai militari israeliani. A Gaza e in altre località della Striscia, contemporaneamente, si svolgevano i funerali delle vittime degli scontri di venerdì. Migliaia di persone hanno partecipato gridando slogan minacciosi all’indirizzo degli israeliani.

L’Unione Europea, per bocca di Federica Mogherini che ne è l’Alto rappresentante per la politica estera, ha chiesto un’inchiesta indipendente sull’uso di munizioni vere contro manifestanti palestinesi. «Mentre Israele ha il diritto di proteggere i suoi confini, l’uso della forza deve essere proporzionato in ogni momento. La libertà di espressione e di assemblea sono diritti fondamentali che vanno rispettati», si legge in una nota firmata dalla Mogherini. «Un ritorno immediato alla calma è essenziale – si legge ancora nella nota -. Tutti coloro che sono coinvolti hanno bisogno di esercitare moderazione ed evitare ulteriori escalation violente e ogni atto che possa mettere in pericolo i civili».

E mentre anche le Nazioni Unite chiedono un’indagine sui fatti, il premier israeliano Benjamin Netanyahu elogia le truppe per avere «protetto i confini del Paese». «Ai nostri soldati dico: ottimo lavoro», ha dichiarato, aggiungendo che «Israele agisce con vigore e determinazione per proteggere la sua sovranità e la sicurezza dei suoi cittadini».


???
Marcia "pacifica".
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 1325041590

Hamas ha organizzato una marcia "pacifica".Migliaia di palestinesi sono arrivati al confine Gaza- israeliano bruciando circa 10.000 pneumatici,lanciando pietre e molotov,tuttavia i media li chiamano "pacifici".Hamas ha trascinato anche neonati alla marcia per usarli come scudi umani,questo e' il vero volto della "marcia".I "manifestanti" chiedono la distruzione degli ebrei e poi recitano a fare le vittime.Hamas e' il piu' grande nemico degli abitanti di Gaza.Israele ha tutto il diritto di difendere i suoi confini.

Fuoco inquinante di pneumatici, un disastro per tutti, specialmente per i palestinesi
https://www.facebook.com/hnaftali/video ... 4314420430


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 8/04/7.png


Abbatteremo il confine e toglieremo i cuori fuori dai corpi degli israeliani
Giulio Meotti
7 aprile 2018
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 0746791759

Il leader di Hamas, Yihya Sinwar, ha detto al confine fra Gaza e Israele: "Abbatteremo il confine e toglieremo i cuori fuori dai corpi degli israeliani". Questi sono cannibali. Pochi giorni prima, Sinwar aveva detto di voler "mangiare i fegati degli israeliani. Cuori, fegati, che altro? Intanto i suoi ascari stavano abbattendo davvero il confine con Israele. Sono le foto che nessun giornale o media ha mostrato. Fanno vedere solo le famigliole, quello che a loro conviene. Possiamo, di grazia, pretendere una dichiarazione del governo italiano che questi antropofagi antisemiti di Hamas sono la feccia dell'umanità e che Israele ha diritto di difendere i propri cittadini e confini?



Pneumatici, ventilatori e cannoni ad acqua - di Michael Sfaradi
7 aprile 2018

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 8/04/7.png

http://www.ticinolive.ch/2018/04/07/pne ... el-sfaradi

Come già abbiamo avuto modo di osservare in analoghe circostanze, questo articolo utilizza esclusivamente fonti israeliane e presenta il punto di vista israeliano sugli eventi.
Il portavoce dell’I.D.F. (Israel Defence Force) Generale di Brigata Ronen Nellis, durante la conferenza stampa tenuta la sera di Venerdì 6 Aprile ha dichiarato che i dimostranti palestinesi che hanno infiammato il confine erano circa ventimila, divisi in otto eventi diversi, lungo la rete che separa Israele dalla Striscia di Gaza.
Durante le dimostrazioni, che sono state comunque meno violente di quelle del venerdì precedente, segno che l’impeto sta probabilmente scemando, ci sono comunque stati attacchi con bombe molotov e diversi colpi di arma da fuoco verso le guardie di confine israeliane, ai quali sono seguiti tentativi di tagliare la recinzione e passare il confine. Tentativi sventati dall’intervento dei militari di guardia.


La ferma risposta della scorsa settimana da parte delle forze di sicurezza e dell’I.D.F., sempre secondo le dichiarazioni del portavoce, ha creato una certa deterrenza e calo nel numero di manifestanti. Questo ha probabilmente portato Hamas a ripensare sulla rotta intrapresa: “La ferma risposta della settimana scorsa e l’aver messo in chiaro che non sarebbe stata tollerata nessuna forzatura della linea di confine, ha trasmesso ad Hamas le regole secondo Israele”.
Il Gen. Ronen Nellis ha detto inoltre di avere le prove che Hamas ha mandato avanti i bambini utilizzandoli come arma mediatica e ha accusato il leader della organizzazione a Gaza, Yahya Sinwar, della responsabilità per l’escalation.
Come testimoniato da decine di fotografie che hanno fatto il giro del mondo, migliaia di pneumatici sono stati dati alle fiamme e il fumo denso e tossico che ne è scaturito non è arrivato in Israele solo grazie all’intervento dei vigili del fuoco del Comando del Sud che hanno fatto un ampio uso di cannoni ad acqua per non far dilagare le fiamme e di enormi ventilatori che hanno mantenuto a distanza dalla linea di confine il fumo e le sostanze tossiche in esso contenuto.
Ecco perché il venerdì che inizialmente era stato chiamato ‘del fumo e dei pneumatici’ è poi diventato il venerdì dei ‘ventilatori e cannoni ad acqua’.

È la prima volta da tanto tempo che i vigili del fuoco vengono utilizzati sulla linea di scontri a scopo preventivo, i cannoni ad acqua adoperati sono quelli solitamente usati negli incendi boschivi o di guardia negli aeroporti, mentre i potentissimi ventilatori sono quelli usati per fermare la base delle fiamme quando c’è vento contrario.
Il bilancio dei morti è comunque molto alto, 9 sono le persone rimaste uccise negli scontri, 8 manifestanti e un giornalista che stava riprendendo gli incendi.
Anche se si ha la sensazione che la situazione si stia lentamente calmando e le proteste scemando, sia da una parte che dall’altra del confine si rimane con la guardia bene alzata perché gli animi sono comunque agitati e basta davvero poco per far riesplodere le violenze, come ad esempio la bandiera con la svastica nazista che per diverse ore i palestinesi hanno messo bene in vista e fatto sventolare poco lontano dalla barriera di confine.
Michael Sfaradi
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 11:22 am

Perché i palestinesi protestano soltanto a Gaza?
di Rolla Scolari
2018/04/06

https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/04/ ... aza-188080

Milano. Un fumo nero e denso si è alzato oggi dalla Striscia di Gaza, lungo la barriera che divide il piccolo territorio palestinese da Israele. Da giorni i social media arabi parlano di “protesta dei copertoni”. E da giorni si ammassano gomme negli stessi luoghi lungo il confine da dove venerdì scorso sono partite manifestazioni e tentativi di oltrepassare la barriera, e migliaia di persone si sono riunite. Una parte è entrata nella cosiddetta “area di accesso ristretto” – 300 metri di terreni agricoli abbandonati ritenuti dall’esercito israeliano off-limits. Diciotto persone, undici delle quali secondo i portavoce militari israeliani erano miliziani dei gruppi armati della Striscia, sono rimaste uccise venerdì scorso da proiettili di gomma e munizioni, mentre il ministero della Sanità di Gaza ha parlato di altre tre vittime. Da venerdì, con i feriti deceduti in ospedale, sono morti 25 palestinesi. È per impedire la visuale ai tiratori scelti di Tsahal che oggi a Gaza hanno bruciato decine di copertoni, creando un fumo spesso, cui gli israeliani hanno riposto con cannoni ad acqua e dissipatori di fumo.

A poche centinaia di metri da quella barriera, da una parte, quella israeliana, ci sono le prime basse villette delle comunità rurali che circondano la Striscia, dall’altra, quella palestinese, ci sono tende, tavoli e sedie da fiera di paese dove oltre 30 mila persone venerdì scorso e 10 mila oggi si sono raccolte in protesta. All’origine di quella che è stata definita la “Marcia del Ritorno” nelle terre da cui i palestinesi sono stati allontanati nel 1948, alla nascita dello stato d’Israele, ci sono attivisti civili. Israele accusa però Hamas, il gruppo islamista che controlla Gaza dal 2007 assieme alle sue milizie armate, di aver monopolizzato l’iniziativa. Tra le tende a oltre un chilometro dalla barriera, si mangia: ci sono i baracchini del gelato, quelli dei succhi di frutta. Di venerdì – il giorno di festa – nella minuscola e sovrappopolata Striscia di Gaza, impoverita da anni di conflitti, crisi economica e blocco da parte di Israele, Egitto e della stessa Autorità palestinese, la protesta suscita anche curiosità. Altrove, in Cisgiordania, ci sono state manifestazioni di sostegno, come accaduto anche una settimana fa, ma molto limitate nei numeri e nell’intensità. A preoccupare Israele non sono i Territori palestinesi controllati dall’Autorità nazionale del vecchio Abu Mazen: la collaborazione tra le forze di sicurezza palestinesi della Cisgiordania e quelle israeliane ha permesso d’evitare violenze anche nei momenti di profonda crisi, come il recente annuncio del presidente Donald Trump di un riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale d’Israele. Al contrario, a Gaza i vertici di Hamas sostengono e partecipano alla protesta, tanto da aver annunciato compensazioni finanziarie ai feriti negli scontri – da 200 a 500 dollari – e alle famiglie delle vittime, 3.000 dollari.

La situazione economica della Striscia contribuisce ad alimentare la frustrazione di una popolazione che ha poco da perdere. Il territorio rettangolare di Gaza, adagiato sulla costa mediterranea al confine con l’Egitto, è lungo soltanto 42 chilometri, la distanza che c’è tra Milano e Novara. È largo 12 chilometri, la distanza che c’è in linea d’aria tra il centro di Roma e il Grande raccordo anulare. In 365 chilometri quadrati vivono 1,7 milioni di abitanti: due volte quelli di Torino città. Il 44 per cento della popolazione è sotto i 14 anni e moltissimi giovani non hanno mai messo piede fuori da Gaza, dove dopo l’ultima guerra del 2014 la ricostruzione è rallentata dal blocco di beni e persone imposto da Israele, certo, ma anche dalla chiusura del confine egiziano, dall’incapacità di Hamas di gestire la crisi, con i vertici che investono in forze militari mentre la popolazione ha quattro ore al giorno di elettricità e poca acqua potabile.

A peggiorare un’emergenza economica che è in origine tutta politica, ci sono le rivalità interne palestinesi. L’Autorità di Abu Mazen, che non controlla più la Striscia dal 2007, continua però ad assicurare anche lì stipendi agli impiegati statali (e ai terroristi in carcere in Israele e alle famiglie dei terroristi morti). Per indebolire i rivali di Hamas, cui chiede di dissolvere le milizie, l’Anp ha decurtato nel 2017 i salari di oltre 60 mila lavoratori pubblici.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 11:23 am

Ebrei e non ebrei contro Israele che sul confine di Gaza si difende dall'aggressione maomettano palestinese, odio, menzogne e assurdita


Toaff l'ebreo traditore
https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 3633264497

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ditore.jpg

Questo individuo il cui nome non voglio riportare per rispetto verso rav Toaff non perde occasione per confermarsi per quello che è.

...

Elisabetta Dell'Arca
Si certo. Ma mi pare diverso il fatto che venga assegnata una cattedra a uno del genere: voglio dire che i criteri di selezione mi sorprendono tenendo conto del livello culturale e della ricerca universitaria in Israele. Le opinioni che ha espresso oltre ad essere moralmente ributtanti nonchè totalmente prive di rispetto per il suo paese sono anche sintomatiche di una forma mentis che con la ricerca storica ha ben poco a che fare. Senza contare che uno che pubblica un libro, poi lo ritira per rettificarlo, beh dovrebbe terminare li la sua carriera. Magari poteva essere assunto da Haaretz

Sara Astrologo Emanuel
meglio che non parli..proprio per rispetto al padre che tanto ho conosciuto...che ci son cresciuta.. .che mi ha sposata..una persona meravigliosa di una saggezza infinita.

Jonathan Sierra
Ecerto che la Pasqua è un tema favorito di Ariel Toaff... Alcuni anni fa ha pubblicato uno studio accademico che, più o meno, avvalorava una delle tesi antisemite più classiche: gli ebrei a Pasqua utilizzano il sangue per preparare le azzime (possibilmente sangue di bambino).
Di cosa vi stupite?


Vittoria Scanu
Il padre si rivolta nella tomba! Individui di tal fatta sono le spine al fianco d'Israele e suoi nemici più subdoli! Ricordate il libercolo "Pasqua di Sangue", o qualcosa del genere? All'epoca credo che suo padre abbia poco gradito il parto letterario di suo figlio.

Niram Ferretti
Quello che scrive Toaff qui è al di là del bene e del male e va in coppia con quello che ha scritto in un suo pezzo sul tema Maurizio Blondet. Non credo serva dire altro se non aggiungere l'articolo di Blondet. https://www.maurizioblondet.it/gaza-isr ... gli-inermi
Ognuno si sceglie la compagnia con cui ha maggiori affinità. Dalla Gehenna, Giovanni Preziosi e Julius Streicher guardano con soddisfatta approvazione.



Ebrei e non più ebrei che odiano gli ebrei e Israele
viewtopic.php?f=197&t=2469



I detrattori di Israele sono particolarmente solerti nelle condanne quando c’è poco da condannare. Secondo l’ormai sdoganatissima tecnica del doppio-standard, quello che per un altro paese sarebbe un legittimo modo di contrapporsi al terrorismo od anche ad un semplice disordine cittadino, se messo in atto dallo stato ebraico, diventa brutalità, eccesso di difesa, o nei casi peggiori, pulizia etnica.
War War Z, di Alex Zarfati

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 0624359959

Sarebbe interessante leggere accuse di pulizie etnica, il giorno che dopo aver schiaffeggiato un carabiniere che piantona il Senato della Repubblica, venissi fermato ed arrestato. Ma così non è. Aggredire un militare in servizio in Italia è reato, aggredire un militare israeliano è una forma romantica di resistenza. Lanciare sassi dal cavalcavia in Italia è omicidio colposo aggravato, tentare di sfondare il cranio di un israeliano con una pietra è innocuamente “farsi beffe dell’occupazione”.
Questa solerzia risulta ai miei occhi ancora più singolare quando oggetto di critiche non sono gli interventi preventivi di scongiurare attentati e azioni militari in risposta ad un attacco appena compiuto. Ma le forme di difesa passiva messe in campo da Israele proprio per evitare qualunque contatto con la controparte e per assicurare alla propria popolazione di vivere in sicurezza.
In questi anni abbiamo sentito criticare l’Iron Dome (il celebre sistema difensivo antimissilistico che intercetta un razzo in arrivo), perché avrebbe difeso ”solo” i cittadini israeliani e non anche la popolazione palestinese dai loro stessi razzi malfunzionanti. Grottesco.
Il blocco imposto alle merci in entrata a Gaza (quello che scongiura la costruzione di armi rudimentali, bombe e lo scavo di tunnel per l’invasione) è diventato nei media un “assedio” che affama la popolazione. Eppure sono ben documentati i camion che giornalmente attraversano il valico di Kerem Shalom e portano a Gaza carburanti di ogni tipo, beni alimentari, medicinali, cibo per animali. 1000 al giorno in entrata e 170 in uscita, per la vendita di beni in Israele. Eppure, dicono, Gaza è “isolata”.
Il tema però su cui i detrattori di Israele da sempre danno il meglio di loro è la barriera difensiva che separa il paese da Gaza e dai territori contesi. Ribattezzata “muro” per renderla più atroce anche nell’evocarla, difesa passiva per eccellenza, ha contribuito a ridurre a zero le infiltrazioni per gli attacchi suicidi, basta guardare le statistiche. Ma è stata bollata dai media internazionali come inumana e “un tentativo di annettere territori”.
Oggi, in occasione della marcia della terra che ha portato 20.000 disperati spinti da Hamas al confine, in una scena apocalittica che ricordava World War Z, impressionante solo vederla in foto, ci riprovano, criticando di nuovo l’incriticabile.
Nel 2009 ho attraversato a piedi le risaie in Bangladesh per entrare in India al confine tra due paesi insignificanti chiamati Chilahati ed Haldibari. Dovetti aspettare 14 ore appoggiato ad un albero sotto lo sguardo e i fucili indiani perché non solo non potevo toccare il muro di confine, ma dovevo tenermi in vista, a 300 metri di distanza. Se lo avessi toccato quel muro, potete scommetterci che mi avrebbero sparato. Ma quello che altrove è lecito, in Israele, si sa, è brutalità.
Ogni confine ha le sue guardie, le sue barriere e i suoi reticolati, ogni confine deve tutelare ciò che è all’interno dalle minacce esterne. Ci si provi, ad arrampicarsi su una torretta in Corea del Sud, per vedere quale trattamento vi riservano i militari al confine. Provate a sfondare con un camion il reticolato tra il Messico e gli Stati Uniti aspettando i fiori che vi lancerà la Guardia Nazionale.
Dove voi vedete cecchini impassibili e soldati brutali io invece vedo volti di fratelli e amici che proteggono lo stato dalle intemperanze di vicini irrequieti. Giovani che mettono al servizio i loro migliori anni per il paese con la peggiore copertura mediatica del mondo. Fratelli ed amici con una responsabilità enorme, che rischiano di non tornare a casa, per essere, nel migliore dei casi, bistrattati come criminali sulle pagine dei giornali.
Per loro, soffro come si soffre quando un figlio è in viaggio e non ti senti in pace fini a quando è rientrato. Ed è così per tutta Israele, che quando succede qualcosa a uno di questi figli, piange come se fosse il proprio.
Cari militari israeliani, secondo le regole ed il rispetto che vi hanno insegnato, siate orgogliosi della vostra divisa. Non temete le miriadi di genti che si accampano contro di voi contro ogni lato, perché non siete soli.


US blocks Arab-led UN call for independent probe of Gaza protests
For second week, Washington the lone member of 15-member Security Council to reject statement condemning Israeli response to 'March for Return' violence
By TOI staff and Agencies 7 April 2018
https://www.timesofisrael.com/us-blocks ... a-protests

Gli Stati Uniti hanno bloccato per una seconda settimana consecutiva una dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a sostegno del diritto dei palestinesi a "manifestare pacificamente" e hanno appoggiato l'appello del Segretario Generale Antonio Guterres per un'indagine indipendente sulle proteste mortali a Gaza.
L'ambasciatore palestinese delle Nazioni Unite Riyad Mansour ha detto ai giornalisti della sede centrale delle Nazioni Unite a New York venerdì sera che 14 delle 15 nazioni del Consiglio hanno accettato la dichiarazione, ma gli Stati Uniti, il più stretto alleato di Israele, si sono opposti.


ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
viewtopic.php?f=205&t=2404




"Sono con i nostri soldati, ma la forza non basta. Solo contribuendo alla ricostruzione di Gaza rafforzeremo la sicurezza d'Israele"
2018/04/06

https://www.huffingtonpost.it/2018/04/0 ... a_23404825


Per aver invocato una commissione indipendente d'inchiesta sul "Venerdì di sangue" a Gaza, nel giorno della "Marcia del Ritorno", è stata tacciata dalla destra israeliana e da membri del governo Netanyahu di essere "in combutta con il nemico" e di "aver pugnalato alle spalle Tsahal", le Forze di difesa dello Stato ebraico. Accuse pesanti alle quali Tamar Zandberg, la neo leader del Meretz, la sinistra pacifista israeliana, risponde con la determinazione riconosciutale dai suoi stessi avversari, in questa intervista esclusiva ad HP, la prima concessa dalla parlamentare israeliana ad un media italiano. "Sono dalla parte dei nostri soldati – dice la leader del Meretz – e conosco bene non solo le loro capacità ma anche la loro etica. Ma aggiungo che quello della forza non può essere l'unico 'linguaggio' praticato da Israele a Gaza come nella West Bank. Io non ho alcuna indulgenza verso Hamas né credo ad una sua conversione non violenta. Hamas non è solo responsabile della morte di centinaia di cittadini israeliani, ma anche delle sofferenze della popolazione della Striscia. Ciò di cui sono fermamente convinta, è che contribuire alla ricostruzione di Gaza e al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione civile, sia una politica più efficace, anche per la sicurezza d'Israele, del solo esercizio della forza".

Nella Striscia è un altro venerdì di sangue. Mentre parliamo, il bilancio, provvisorio, è di almeno due manifestanti palestinesi morti e di oltre cento feriti. Per aver proposto una commissione d'inchiesta sui fatti che hanno segnato la prima "Marcia del Ritorno" a Gaza (trenta marzo, 17 palestinesi uccisi, oltre 1500 feriti), Lei è stata accusata da ministri del governo Netanyahu, di collusione col nemico. La destra ha anche arabizzato il suo nome, Tamar "Abu" Zandberg...

"Purtroppo la destra nel mio Paese non conosce avversari, ma solo nemici e usa contro di loro una violenza verbale che in passato ha provocato ferite le cui cicatrici restano a distanza di anni nel tessuto della nostra democrazia...".

A cosa si riferisce?

"Penso all'assassinio di Yitzhak Rabin, colpevole agli occhi della destra più fanatica di aver cercato la pace con i Palestinesi e stretto la mano ad Arafat. Rabin fu accusato di tradimento, nelle manifestazioni della destra il primo ministro era raffigurato in divisa da SS o con la kefiah palestinese. Sappiamo come è finita...Ma una democrazia, come è quella israeliana, vive sul confronto, sulla pluralità degli orientamenti e per me difendere questo bene prezioso significa anche mettere in guardia sulle ricadute dell'occupazione dei Territori e sullo stallo del negoziato di pace, le cui responsabilità non possono essere fatte ricadere solo sulla dirigenza palestinese".

C'è chi ha parlato o scritto di una "metamorfosi" di Hamas. Condivide questo giudizio?

"No. Francamente mi è difficile pensare ad una conversione non violenta di una organizzazione che ha fatto del terrorismo un elemento costitutivo della sua identità. Al tempo stesso, però, cerco di guardare a ciò che sta avvenendo in campo palestinese senza le lenti deformate di chi ritiene che nulla può cambiare in quel campo e che tutti i palestinesi siano conniventi con le organizzazioni che vogliono la distruzione di Israele. Ecco, io non credo che questa semplificazione ci aiuti a individuare le politiche giuste non tanto per affrontare al meglio il 'nemico' ma per sostenere quanti, tra i Palestinesi, stanno prendendo atto che la strada della violenza non li condurrà mai alla liberazione né alla costituzione di uno Stato indipendente. Voglio essere molto chiara su questo punto: quando parlo di dialogo, quando sottolineo la necessità di un'azione da parte israeliana che non si limiti all'esercizio, incontestabile, del proprio diritto di difesa, ma che riporti al centro il negoziato, non lo faccio perché sono in combutta con i nostri nemici o per un astratto ideale di giustizia. Lo faccio perché convinta che l'occupazione dei Territori finisca per indebolire Israele, per isolarlo internazionalmente e minarne le sue stesse fondamenta democratiche. La pace è un investimento per il futuro, non un cedimento.

Ma la maggioranza dell'opinione pubblica israeliana sembra pensarla diversamente...

"Credo che vi siano momenti in cui occorra il coraggio di andare controcorrente rispetto a quello che appare l'indirizzo maggioritario. La sinistra perde quando insegue la destra sul suo terreno, quando vacilla sui propri principi, finendo per rinnegare anche la sua storia. E poi vi sono importanti segnali che raccontano un'altra storia e che incoraggiano la speranza..".

Il segnale più importante in tal senso?

"La mobilitazione contro la deportazione di migliaia di rifugiati africani. Le decisioni assunte dal Governo hanno provocato una mobilitazione straordinaria che è andata oltre i confini d'Israele coinvolgendo le comunità ebraiche della diaspora. Ed è un fatto di straordinario significato che uno dei primi appelli contrari alle scelte del Governo sia stato la firma di 36 sopravvissuti ai lager nazisti. Un popolo che ha conosciuto sulla propria pelle cosa significhi deportazione, non può accettare che oggi si operi in questa direzione. È la memoria di quel passato che indica una via per il futuro fondata sull'inclusione e non su una guerra tra poveri".

Lei si batte per il dialogo con i Palestinesi, ma crede ancora possibile una pace fondata sulla soluzione a due Stati? Un grande scrittore, Abraham Yehoshua, che è stato anche un elettore del Meretz, ha espresso su questo il suo scetticismo...

"Di Yehoshua ho sempre apprezzato la passione civile, la libertà di pensiero oltre, naturalmente, le sue grandi capacità di scrittore. So quanto gli sia costato questo approdo, ma con la stessa franchezza dico ad Abraham che non credo ad uno Stato binazionale, considerando questa una prospettiva ancora più utopica di quella dei due Stati...".

L'alternativa, sostiene Yehoshua, è l'instaurazione, di fatto, nei Territori di un regime di apartheid...

"Questo rischio esiste ed è un rischio mortale non solo per il processo di pace, ma anche per la stessa democrazia d'Israele. La destra che oggi governa Israele pensa di poter perpetuare lo statu quo, ma questa non è una politica, è una tragica illusione. Perché Israele con la Barriera di Sicurezza ha contrastato la bomba terroristica, ma non è con una barriera che potremo affrontare una bomba che esploderà da qui a pochi anni...".

Quale sarebbe questa bomba?

"La bomba demografica. Vi sono studi dei più autorevoli demografi israeliani che indicano come da qui a qualche decennio, la popolazione araba sarà maggioranza, superando quella ebraica. Come affronteremo questo fenomeno? Con la dittatura di una minoranza etnica? Quando Ariel Sharon decise di smantellare gli insediamenti nella Striscia di Gaza, lo fece dopo aver letto saggi di demografia e non perché era diventato del Meretz...Per questo continuo a ritenere la soluzione a due Stati la più realistica anche se non nascondo le enormi difficoltà nel realizzarla".

Vorrei che tornassimo sulla stretta attualità. In Israele il ministro della Difesa, Avigdor Lieberman, continua a polemizzare con lei accusandola di venir meno allo spirito patriottico mettendo in discussione l'operato di Tsahal a Gaza. Come risponde a questa accusa?

"Non c'è niente di più patriottico che operare per porre fine a questo quasi eterno conflitto. Lo ribadisco: Hamas è una organizzazione terroristica che può avere l'interesse maggiore a scatenare il terrore e alimentare le violenze. La questione è se noi dobbiamo agire sulla base di un copione scritto per noi, o se il nostro compito non è invece quello di guardare a ciò che fa i nostri interessi. Al signor Lieberman rispondo che io sono per questa seconda linea. Cercare di porre fine alle proteste violente è nell'interesse o no delle persone che vivono vicino a Gaza è più in generale di tutti gli Israeliani?".

Un suo avversario politico le direbbe: va bene, ma come pensi di poter porre fine a queste proteste violente? Con i fiori?

"No, ma non penso che la forza, da sola, possa garantire in eterno la nostra sicurezza. I nostri soldati rispondono agli ordini, ma quello militare è uno strumento che va calibrato e messo al servizio di una strategia politica, cosa che l'attuale governo non fa. Nella Striscia vivono quasi due milioni di palestinesi e penso che non tutti siano arruolati da Hamas. Hamas non è in grado di assicurare loro un futuro, di garantire loro una vita dignitosa. Israele può contribuire a farlo, favorendo la ricostruzione di Gaza, migliorando le condizioni di vita della popolazione civile. Questo per me significa contrastare il terrorismo e fare terra bruciata attorno ad Hamas".
La destra israeliana non sottoscriverebbe questa sua conclusione...
"Se per questo, neanche Hamas. Come dire: gli opposti convergono...".


Alberto Pento
Questa è una persona irresponsabile, inaffidabile, pericolosa e mortale per gli ebrei e Israele.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 1:04 pm

A favore di Israele


Il fallimento di Hamas e il passo svelto del futuro
Niram Ferretti
07/04/2018

http://www.linformale.eu/il-fallimento- ... del-futuro

Sette palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano ieri durante il secondo giorno della manifestazione organizzata da Hamas al confine di Gaza e Israele. Tentavano di introdursi in territorio israeliano, coperti dal fumo denso degli pneumatici bruciati.

Alla manifestazione, questa volta, secondo le stime ufficiali si sono presentate 20.000 persone, 10.000 in meno rispetto a venerdì scorso. L’entusiasmo sta calando, la decisa e ferma difesa di Israele dei suoi confini e i 16 morti (ma la cifra non è ufficiale) in campo palestinese di venerdì scorso, di cui 11 identificati come miliziani di Hamas, Fatah e della Jihad islamica, più i sette attuali, sono i dati con cui scontrarsi.

Lo scenario mediorientale non è più quello degli anni ’90 né quello del 2000, quando Arafat scatenò con un pretesto la Seconda Intifada che si sarebbe protratta fino al 2005, un anno dopo la sua morte. Oggi, nessuno stato arabo sunnita appoggia di fatto il terrorismo palestinese. Hamas è, come Hezbollah, Al Qaeda, e l’ISIS, considerato un problema da risolvere e non una carta da giocare da parte di paesi fondamentali per il sostegno alla causa palestinese, come l’Arabia Saudita, l’Egitto, la Giordania. In questo senso la convergenza nei confronti di Israele in funzione anti Iran della Casa di Saud, sotto l’impeto del giovane principe regnante Mohammed Bin Salman, ha relegato di fatto l’Autorita Palestinese e le sue rivendicazioni a un ruolo di rilevo assai marginale. Ma è almeno un decennio che il mondo arabo non arde più per quella che è percepita come una lotta residuale a ormai anacronistica contro uno Stato, quello ebraico, troppo potente, troppo essenziale per gli stessi equilibri di stabilità della regione. Non è un mistero che l’Arabia Saudita veda in Israele un argine alle minacce iraniane e dunque anche una garanzia per la sua stabilità insieme, principalmente, alla storica alleanza con gli Stati Uniti.

Un’altra cosa nota è che Abu Mazen è ormai al crepuscolo della sua leadership e incapace di gestire un possibile negoziato con Israele. Si attende il suo successore che ancora non si è manifestato. In ogni caso, l’anziano padre padrone dell’Autorità Palestinese non ha nessuna carta da giocare se non quella di attendere l’evolvere dei fatti, e nessuno è in suo favore. Il fallimento delle sue peregrinazioni in Europa per cercare un appoggio politico più concreto oltre a quello che decenni gli viene fornito economicamente è palese. Nessun attore internazionale può rimpiazzare gli USA al tavolo di eventuali negoziati, e la Russia di Putin non ha alcuna possibilità di farlo non avendo alcuna possibilità di scalzare gli USA dal loro ruolo storico di mediatori.

Hamas, dopo 11 anni di dominio sulla Striscia di Gaza ha un altro bilancio totalmente fallimentare da presentare. La famelicità del gruppo dirigente, la corruzione dilagante, la lotta intestina con Fatah, l’uso delle risorse economiche per migliorare la vita della popolazione dirottato quasi interamente a scopi militari, l’embargo di Egitto, Israele e i tagli sia alle forniture elettriche che ai fondi per gli stipendi dei militari, decretati da Abu Mazen come mezzo di ricatto per riguadagnare legittimità e potere all’interno dell’enclave, disegnano una situazione senza sbocco.

In questo contesto si iscrive la Marcia del Ritorno di venerdì scorso e di questo venerdì, che in teoria dovrebbe sfociare in una grande mobilitazione di massa il 15 maggio, giorno in cui l’ambasciata americana si sposterà da Tel Aviv a Gerusalemme e che si sovrappone con il giorno della Nakba, la “catastrofe”, il vessillo della vittimologia palestinese agitato da cinquanta anni, contro la nascita di Israele nel 1948.

La Marcia del Ritorno appassiona molto una parte dell’opinione pubblica occidentale, in modo particolare europea, nutrita da decenni di propaganda anti-israeliana e dai miti create da Mosca in combutta con gli stati arabi a fine anni ’60 secondo i quali Israele sarebbe uno Stato colonialista, razzista, nazista. Lo abbiamo visto ultimamente con l’abituale rappresentazione colpevolista di Israele data dalla maggioranza dei media per avere impedito lo sfondamento della barriera di confine tra Israele e Gaza e la penetrazione di jihadisti all’interno del proprio territorio. Nulla di nuovo, è il copione abituale che si recita tutte le volte in cui Israele ha l’ardire di difendersi da chi minaccia la sua sicurezza.

Tuttavia, questa narrazione gode di una vitalità solo apparente essendo ormai ampiamente sganciata dalla realtà che pretenderebbe di rappresentare. Si tratta, infatti, di una cristallizzazione ideologica che non è più al passo con gli eventi. La storia si sta muovendo altrove rispetto a un vecchio conflitto del tutto marginale per gli assetti mediorientali attuali. La partita si gioca su altre sponde, soprattutto su quella in cui il mondo arabo sunnita si trova unito a tutela della minaccia che rappresenta per i suoi interessi l’espansionismo iraniano.

In questo senso, la Marcia del Ritorno è fuori tempo massimo, si tratta del relitto di un passato che non è più in grado di proiettarsi nel futuro. Al di là dei morti che ha provocato e provocherà inevitabilmente in campo palestinese, delle dichiarazioni rituali di sostegno da parte araba (in realtà assai scarse) del sostegno dei propalestinesi occidentali (del tutto irrilevante) e di quello economico ma non bastevole dell’Iran, Hamas è confinato in una morta gora.



Giulio Meotti ha aggiunto

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 5272064888

Quella di Gaza è una pura battaglia simbolica e di percezione. La verità è tutta dalla parte di Israele. Sappiamo tutto: che Hamas vuole banchettare coi corpi degli israeliani, che è un gruppo antisemita e jihadista, che usa gli scudi umani, che paga i feriti, che porta disabili e bambini alle marce, che hanno armi e molotov e granate, che l'esercito israeliano ha regole di ingaggio serissime, che rispetta la vita umana a meno che i terroristi non la mettano in pericolo, che dietro Hamas ci sono l'Iran e la galassia islamista mondiale. Eppure, Israele sta perdendo. I media di tutto il mondo sono oggi contro Israele, Europa e Onu sono entità nemiche alle ragioni di questo conflitto, l'America è distratta e tiepida e anche i pro Israele che potrebbero parlare sono rimarti in silenzio (in Italia potrei fare molti nomi e cognomi). Hamas è riuscito a far passare l'assalto terroristico contro un vicino nei suoi confini riconosciuti dalla comunità internazionale, l'unico paese democratico e civile del Medio Oriente, come la storia di qualche clown, qualche bambino e di 50.000 inermi manifestanti. Accadde anche durante la Seconda Intifada, quando "la storia" non furono i kamikaze contro migliaia di israeliani davvero inermi, ma i carri armati di Tsahal piazzati davanti alla Muqata di quel bandito assassino di Arafat. A me tutto questo ricorda la guerra in Vietnam, quando l'America vinse la battaglia ma perse la guerra. Spero di sbagliarmi, ma il mio istinto questo mi dice. C'è tempo comunque per ristabilire la verità. Serve soltanto il coraggio necessario. Perchè come diceva Michael Kinsley, se hai paura di andare troppo oltre, non andrai mai abbastanza lontano.

Lion Udler
Non sono d'accordo Israele non sta perdendo è una percezione sbagliata creata dal mass-media e dei nemici di Israele musulmani e antisemiti.
Israele esiste, è una potenza, è democratica, moderna, tecnologica ecc
La Palestina non esiste, non creano nulla di buono, trascorsi 100 anni del conflitto israeliano - arabo si può dire
tranquillamente che Israele ha vinto e gli arabi hanno perso.

Giulio Meotti
Vero, ma anche in Vietnam l'America era nel giusto. Eppure ancora non si è ripresa da quella sconfitta. Si chiama Vietnam Syndrome

Lion Udler
Quella sindrome è dovuta alle perdite di americani in quella guerra nella seconda guerra avevano più vittime
e pure sono vittoriosi è una questione di percezione. In Israele sai quanto se ne fregano delle stupidaggini dei mass-media? 'na pipa

Giulio Meotti
Lion Udler vero ma insisto. Israele non può vivere come il paria delle nazioni. Deve trovare la forza e gli aiuti per vincere questa guerra di immagini e parole e verità. Non basta la vittoria militare

Salvatore Nella Micieli
È un piano Divino, verrà il giorno che tutto il mondo si scaglierà contro Israele, ma con l'aiuto di Dio Israele ne uscirà vittorioso, come sempre da oltre 4000 anni.

Lion Udler
Sono d'accordo Giulio la nostra diplomazia si trova in un campo di battaglia troppo difficile stiamo ombattendo troppo nemici che usano contro di noi la menzogna è una battaglia continua, ma, nel frattempo, #Israele vive, cresce, va avanti.

Giulio Meotti
Lion Udler vero Lion




Ero un moccioso terzomondista.
Guglielmo Maccioni

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 0488310007

Correva l'anno 1988, ero un moccioso liceale con un bel paio di occhiali manichei sul naso. Ero semplicisticamente convinto che il mondo si dividesse in buoni e cattivi e che i primi fossero quasi sempre i più poveri. Quando iniziò la Prima Intifada fu facile scegliere da che parte stare, troppo calzanti nel ruolo di cattivi quei Merkava d'acciaio teneramente ronfanti sotto la pioggia di sassi lanciati dai poveri giovani palestinesi. Intifada vincerà! si gridava nei cortei. Poi ci annoiò pure quella guerriglia lontana la cui eco lentamente scemava e tornammo ad assopirci nel nostro cazzeggio di provincia. Durante gli anni universitari a Firenze il conflitto mediorientale mi interessò occasionalmente e tutt'al più lo giudicavo una bega fra due popoli esaltati dalla religione. La svolta fu la tesi, tema la piazza antistante il Muro del Pianto. Prima di progettare mi dovetti approcciare alla storia del sito e dunque del popolo ebraico. Tomo dopo tomo la passione per quei luoghi intrisi di Fede e Leggenda crebbe e si saldò con il mio vecchio interesse per la Storia. Mi ci volle tempo e studio, tanto studio ma, come per altre spinose faccende solo facili in apparenza, mi resi conto che il problema israelo-palestinese non era affatto l'ultimo sopruso coloniale che certa retorica terzomondista dipingeva e al quale tutt'oggi, per insipienza o ignoranza molta gente continua a credere. Addirittura mi resi conto che veniva e viene usato da estrema destra ed estrema sinistra per riproporre, dipinti a nuovo, i vecchi e secolari stereotipi antisemiti (assassini di bambini, avvelenatori di pozzi, ricchi, tirchi, usurai, massoni, razzisti al contrario eccetera eccetera in un lento sprofondare nella melma del pregiudizio). Venni a sapere della tassa che gli ebrei – popolazione predominante a Gerusalemme da sempre – dovevano pagare ai musulmani per pregare al Muro del Pianto, venni a sapere di come l'emigrazione ottocentesca di migliaia di perseguitati dall'est Europa, di estrazione socialista, produsse un positivo shock economico anche per le scarse popolazioni locali in Terrasanta, da secoli vessate da pascià medievali. Venni a sapere che Tel Aviv è stata fondata dagli ebrei cacciati da Giaffa ma il suo nuovo porto produsse ricchezza per tutti, arabi compresi. Venni a sapere della dichiarazione di Lord Balfour per ringraziare un certo Weitzmann per aver aiutato in maniera decisiva l'esercito inglese in Europa contro l'iprite tedesca durante la prima guerra mondiale. Venni a sapere dei primi pogrom arabi contro i villaggi ebrei, arabi che non sopportavano l'intraprendenza di quelli che da sempre consideravano dhimmi e sottomessi. Conobbi le proposte di pace britanniche rigettate dal muftì Al-Husseini alleato di Hitler, conobbi infine il piano di spartizione ONU accettato dagli ebrei e rifiutato dagli Stati arabi vicini che attaccarono il neonato Israele per ucciderlo in culla nel ‘48. Sorprendentemente questo non perì grazie anche all'aiuto dell’antisemita Stalin che voleva uno stato ebraico dove spedire gli ebrei russi. Venni a sapere della Nakba araba e della contemporanea cacciata degli ebrei da decine di stati arabi, accolti poi in Israele. Venni a sapere delle altre due guerre di aggressione subite nel ’67 e nel ’73 ma vinte sul campo da Tel Aviv contro 6 nazioni circonvicine e non. Compresi che Israele è lo stato degli ebrei si, ma anche l'ebreo fra gli stati visto che solo a lui è richiesto di restituire terre conquistate dopo essere stato aggredito, un unicum in millenni di Storia mondiale. E conobbi il Totò Riina palestinese che palestinese manco è, Arafat l'egiziano, messo ad arte dalle cancellerie arabe e sovietica a capo di una nazione inventata, al solo scopo di erodere Israele con la guerriglia non riuscendovi in campo aperto. Conobbi Settembre Nero, il massacro di 12mila palestinesi nel ‘70 da parte dei giordani perché dei palestinesi agli arabi non fotte proprio, sono solo carne da cannone per distruggere gli ebrei. Conobbi la saggezza di Dayan nel consegnare la Spianata delle Moschee al Waqf giordano dopo la conquista di Gerusalemme Est e l’intraprendenza di una piccola nazione nel rimboccarsi le maniche e rendere prospero e all’avanguardia l’unico posto del medioriente privo di petrolio. Venni a sapere delle proposte di pace di Golda Meir – terza donna della storia a diventare capo di Stato – Rabin, Barak tutte respinte al mittente e dello sgombero unilaterale di Gaza da parte di Sharon, mossa che permise agli integralisti di Hamas di instaurare una specie di Sharia nella Striscia. Conobbi un popolo che, unico nella storia, perpetua di padre in figlio lo status di profugo e pretende un ritorno alla situazione ante ‘48, come non viene concesso agli esuli dalmati o a decine di altri popoli, loro sì, cacciati dalle loro terre. Vengo a sapere che Gaza (basta guardare su Maps) confina anche con l’Egitto, che sigilla il confine di Rafah perché ha paura dei terroristi di Hamas. E conosco oggi infine un'Europa ipocrita e antisemita poiché non riesco a spiegarmi perché si stracci le vesti ogni volta che Israele si difende da organizzazioni filantropiche come Hamas e Hezbollah ma non muova un dito, anzi va a letto con orchi come Erdogan, Rohani, Assad, Haniyeh, Yassin e altri, che massacrano nella più totale indifferenza occidentale i propri e gli altrui popoli…
Comprendo di aver abusato abbondantemente della vostra pazienza ma solo chi arriverà fino a queste righe capirà forse che è meglio mettersi a studiare, e tanto, anziché postare robaccia antisemita pensando così di aiutare i poveri palestinesi, vittime invece dei loro stessi capi aguzzini...




La “grande marcia del ritorno” palestinese, una vittoria della propaganda nazista
Riccardo Ghezzi
7 aprile 2018

http://www.linformale.eu/la-grande-marc ... da-nazista

Fallita l’Intifada promessa dai palestinesi dopo la decisione del presidente statunitense Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di spostare l’Ambasciata da Tel Aviv, sta fallendo anche la “grande marcia del ritorno” voluta da Hamas nella Striscia di Gaza. Dei 30.000 partecipanti annunciati in pompa magna dai media di tutto il mondo ne sono rimasti poco più della metà, ma al di là della partecipazione numericamente degna di un corteo studentesco italiano anche la macchina della propaganda messa in moto con grande organizzazione si sta inceppando. La risposta dell’esercito israeliano è stata efficace, l’abbattimento di una decina di terroristi e miliziani di Hamas, schedati e identificati come tali, ha messo a tacere ogni tentativo di incolpare Israele della morte di civili o bambini palestinesi. Non ci sono stati omicidi di innocenti, nonostante alcuni organi di informazione e persino esponenti politici si ostinino con encomiabile testardaggine a credere e far credere il contrario.

Cos’è rimasto, quindi, ad Hamas? La brillante idea di bruciare pneumatici con l’obiettivo di creare una nube tossica al fine di rendere difficoltosa la visuale ai cecchini israeliani, ma l’unico risultato sarà quello di produrre inquinamento nella Striscia di Gaza mettendo a rischio la salute dei palestinesi stessi, e proseguire con la propaganda di stampo nazista.
Il Jerusalem Post ha pubblicato la foto, diffusa dall’esercito israeliano, di una bandiera con la svastica sventolante vicino a due bandiere palestinesi
Non c’è affatto da stupirsi, considerando che la propaganda filopalestinese sugli ebrei che sparano nella schiena dei bambini sembra presa in prestito da Goebbels in persona
Certo, ci sarebbe da chiedersi per quale motivo facebook decida di avvisare che il video potrebbe contenere immagini di violenza contro “un bambino o un adolescente” ma è importante non censurarlo perché “potrebbe contribuire alla sua salvezza”, dando credito alla propaganda filopalestinese e alimentando odio nei confronti di Israele ed ebrei. Lo stesso facebook che ha notificato ai gestori della pagina “Amici di Israele” la rimozione di un link della testata Il Foglio basandosi su segnalazioni in massa ricevute da gruppi organizzati di antisionisti
Prendiamo atto che anche il social network più famoso del mondo dà credito alle menzogne e alla propaganda di parte, avallando la versione secondo cui Israele sarebbe violento e “nazisti” e i palestinesi invece i “nuovi ebrei”.
Difficile continuare a sostenerlo, con le statistiche ufficiali che parlano chiaramente di terroristi abbattuti e non di civili uccisi e con i manifestanti palestinesi che espongono fieramente una bandiera nazista. E sarà anche imbarazzante definirsi ancora “antifascisti” e contestualmente dalla parte dei palestinesi.
Ma c’è anche chi non avrà di questi problemi. Tra gli antisionisti qualcuno ha capito perfettamente che gli ebrei sono i cattivi e che quindi Hitler andrebbe rivalutato
Costoro probabilmente continueranno a pensare che l’antisionismo non abbia nulla a che fare con l’antisemitismo.
Forse era questo il vero obiettivo della “marcia del ritorno” dei palestinesi, apparentemente fallita su tutta la linea: far trionfare la propaganda neonazista.


Mi sono messo per un attimo nei panni di uno di quei borghesucci di estrema sinistra
Roberto Giovannini
9 aprile 2018

http://www.linformale.eu/mi-sono-messo- ... a-sinistra

Mi sono messo per un attimo nei panni di uno di quei borghesucci di sinistra sinistra che dicono di stare al fianco del “popolo palestinese che lotta contro l’imperialismo e il sionismo” e ne sono uscito traumatizzato.

Quel popolo che lotta… Il nazionalsocialismo della pubertà è dimenticato, il nazionalismo pansiriano e panarabo un errore di gioventù, del socialismo dell’era sovietica ne è diventato il simbolo il miliardario egiziano che di nome faceva Arafat, l’antisemitismo è sempre stato e rimane una congiura dei sionisti, gli attentati in mezzo mondo incidenti di percorso, l’islamismo di ieri e di oggi uno sfondo sfuocato, i tanti rifiuti arabi punti interrogativi senza risposte, le tante guerre scatenate – sante o non sante – guerre di liberazione. La “Palestina” è la non-nazione inventata dall’uomo con più liberatori perdenti della storia di Allah. Quanto a questi e alla sua religione, in fondo anche Marx lo diceva: «La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore così come è lo spirito di una condizione senza spirito. È l’oppio dei popoli». Che almeno possa sospirare, il miserabile. Forse lo penserà, ma non lo dice, il borghesuccio.

I “partigiani” di oggi sventolano svastiche. I “poveri” di oggi sono sostenuti da almeno una cinquantina di paesi islamici, sei dei quali si trovano nella top ten per riserve petrolifere presenti sul Pianeta Terra. Per tacere dell’Unione Europea, prima finanziatrice di quel pezzo di terra asiatico. La “resistenza” cerca di invadere e occupare un paese straniero. L’”occupante” non è presente là dove dovrebbe occupare, l’”occupato” invece è presente sia di qua che di là. Vedono l’”apartheid” in una democrazia multiculturale e non la sharia della “loro terra” mai promessa. La “prigione a cielo aperto” è dotata di hotel a 5 stelle, parchi giochi e centinaia di postazioni di lancio per razzi. Artigianali – direbbe quell’esemplare da Campidoglio che sta a Bruxelles – ma non è vero e pare ammazzino ugualmente. Alle “manifestazioni pacifiche” non compare nemmeno un manifestante, né cartelli o striscioni. In compenso abbondano mitragliette, esplosivi, molotov, asce, coltelli, pietre, volti coperti, fiamme e fumo. Nero come la pece, nero come Hamas. I “canti eroici” sono un po’ datati, si ispirano al VII secolo (il nostro VII secolo), ma almeno il messaggio è chiaro. Alle “marce del ritorno” partecipano “manifestanti” che non hanno mai messo piede, così come i loro genitori e forse anche i nonni, nel posto in cui vorrebbero tornare. Ma intanto si fanno nuovi appelli a mettersi in marcia: quelli del sud vadano verso il nord, quelli del nord vadano verso il sud. Se mai si dovessero incontrare si scannerebbero. Lo hanno già fatto, lo rifaranno.

Le case vecchie cento e più anni abbandonate chissà dove si dovrebbero aprire con chiavi realizzate su richiesta nel 2018. Sembrerebbe l’ennesima patacca, ma la cautela ci spinge ad aspettare fiduciosi la prova della serratura. La dottrina “due popoli due stati” è costantemente sostenuta da cartine in cui ne compare uno solo di stato. Bianco, nero, rosso e verde. I “prigionieri” hanno la sola colpa di aver compiuto un attentato terroristico o di aver ammazzato qualcuno. I “martiri” vengono ricordati per aver compiuto l’intero percorso: attentato, morti, morte. Ma il cuore del borghesuccio, intristito dalle perdite, si rianima subito. Sono tutti, prigionieri e martiri, proletariamente onorati: con i soldi. La dirigenza degli oppressi lancia proclami culinari non esattamente marxisti (“mangeremo i fegati degli israeliani”). O forse sì, ma sono camerati che sbagliano. Quello che non sbaglia, al secolo Abu Mazen, invece è più attento all’aspetto igienico della questione (“i piedi lerci degli ebrei”). Nel dubbio, tutti i leader, dal primo all’ultimo, si intascano i soldi dei fessi. I loro fessi, noi fessi. Tengono famiglia. Ci sono “coloni” ma non una lontana madrepatria dalla quale partire o un giorno tornare. Anzi, pare proprio siano già a casa loro. Ci sono “colonie” ma non “colonizzati”. Non c’è sfruttamento alcuno, solo duro lavoro. Chi vuole partecipare è il benvenuto. Come un tempo quando per fronteggiare l’ideologia imperialista si costruivano i kibbutzim e i moshavim. Pare ne esistano ancora, ma dalla parte sbagliata.

Gli “eroici combattenti” scavano tunnel sottoterra per entrare di nascosto in casa altrui e rapire o uccidere. I “coraggiosi militanti” utilizzano bambini, donne, anziani, disabili per farsi scudo della debolezza. La propria e la loro. Scuole, ospedali e moschee per celare il proprio “coraggio” al nemico. I “guerriglieri per la libertà” usano cani e asini e cammelli come esplosivi. Le “nobili richieste” alle nazioni imperialiste hanno fatto sì che quella briciola di terra ricevesse negli anni più soldi dell’Europa intera, con il piano Marshall, dopo la Seconda Guerra Mondiale. E sono ancora ridotti peggio dell’Europa di prima della Seconda Guerra Mondiale. Bruciano copertoni e bandiere, perché i best seller di quei luoghi sono il Mein Kampf e i Protocolli dei Savi di Sion: e questi non si bruciano come in quei bei falò di un tempo, si imparano a memoria.

L’aspetto religioso, come detto, rimane sullo sfondo. Non sono loro che. Siamo noi che. Anzi, la religione non c’entra proprio nulla. Ed è proprio questa l’unica consolazione per i borghesucci di sinistra sinistra. Questi qua – i loro idoli – sono tutti atei e antireligiosi come ogni buon compagno dovrebbe sempre essere. Infatti quando si lanciano all’assalto del confine o quando sgozzano qualcuno o poco prima di farsi saltare in aria su un autobus o in un locale affollato urlano “Allahu akbar”, che in arabo, i borghesucci ce lo insegnano, significa “hasta la victoria”. O al limite: scusate, ero depresso oppresso e non sapevo come venirne fuori. Esiste dunque oggi un sogno più nobile per un borghesuccio di sinistra sinistra? Esiste qualcosa di meglio di un perdente che odia così tanto se stesso da rinunciare al suo bene più prezioso (la vita, l’anima), cercando di infliggere morte e dolore al prossimo? Il borghesuccio certamente scuote il capo. Noi non capiremo mai. Ma cosa c’è ancora da capire?






Il lupo di Ercolano che azzanna Israele
8 aprile 2018
Piero Sabbarese, consigliere comunale e segretario del circolo di Ercolano del Partito Democratico
di Gerardo Verolino

http://www.italiaisraeletoday.it/il-lup ... ta-israele

Israele non è solo assediato dai lupi, come lo Stato iraniano, il Libano, o i palestinesi, che ne vogliono la distruzione. Ma è anche assediato dai lupi della disinformazione, come stiamo vedendo nei servizi giornalistici di questi giorni, che ne vogliono anche la morte civile. O è assediato dalla propaganda di una certa sinistra che non perde occasione per criticare Israele sempre e comunque.

A Gennaio, ad esempio, un delirante appello dei Giovani Democratici (in pratica i giovani del Pd, i dirigenti di domani) chiedeva la liberazione del “compagno Hassan Faraj presidente dei giovani di Fatah” da parte “delle forze di occupazione israeliane”. Peccato che il suddetto Faraj è un terrorista dell’organizzazione paramilitare di Abu Mazen. Non certo un convinto pacifista-democratico. Ma non è un caso isolato.

Oggi apprendiamo che Piero Sabbarese, consigliere comunale e segretario del circolo di Ercolano del Partito Democratico, chiede il boicottaggio di un ex ambasciatore israeliano in visita agli Scavi.

Ma da cosa nasce questo pregiudizio anti-israeliano e qual è la narrazione dei media, soprattutto, occidentali, ammalati di vago terzomondismo, a cui stiamo assistendo, in maniera martellante da giorni e giorni e che ci accompagnerà fino alla fatidica data della Nakba, ossia il giorno della “catastrofe” o del “cataclisma” che ricorda l’esodo della popolazione araba-palestinese durante la guerra civile del 1947-48, e che, puntualmente da 70 anni si ripete ogni 15 di Maggio?

È quello di uno Stato cattivo che, proprio come facevano i nazisti nei campi di concentramento, si diverte a colpire le buone e remissive persone palestinesi che si spingono fino ai confini della nazione ebraica solo per manifestare pacificamente magari portando colombe della pace e ramoscelli d’ulivo o anche cartoline d’amore e non per cercare di superare, anche simbolicamente, la linea di confine, anche per uccidere, visto che una decina di morti erano noti terroristi di Hamas, per testimoniare il successo della loro invasione nel territorio israeliano.

Non si comprende perché tutti gli Stati del mondo hanno il diritto di difendere le proprie frontiere, soprattutto in un’epoca come questa nella quale siamo minacciati costantemente dal terrorismo jihadista, mentre ad Israele, che è uno Stato democratico, questo diritto deve essere negato.

Se in Italia ci trovassimo ad affrontare alla frontiera del Brennero decine di migliaia di persone con chiari intenti bellicosi d’invasione cosa faremmo? Che cosa fa la Francia a Ventimiglia, che cosa succede quotidianamente nella giungla di Calais? Esattamente quello che stanno facendo i soldati israeliani che usano i cecchini per selezionare i possibili bersagli e non sparare a cannonate, nel mucchio, e in modo indiscriminato, contro la folla ammassata a Gaza. Il cecchino mira, per quanto possibile, in direzione di un obbiettivo ritenuto pericoloso per l’incolumità del suo popolo. 25 vittime di fronte a 30.000 persone che premono ai confini è una cifra dolorosa ma modesta. L’esercito, ha preferito usare massicciamente gli idranti e quella pericolosissima arma denominata ventilatore che è servito a disperdere i fumi tossici degli pneumatici che i “pacifici manifestanti” (che ricordiamolo sono vittime e ostaggi di Hamas) volevano far respirare agli israeliani o coi quali cercavano di occultare la visuale del “nemico” per meglio infiltrarsi nel territorio avversario. Come si sa la pratica di sacrificare i civili, anche, loro malgrado in tenera età, per accrescere il numero di vittime da presentare sul piatto alle opinioni pubbliche mondiali che non aspettano altro che accusare Israele di nazificazione, rientra nel macabro tariffario di Hamas che quantifica in 3000 dollari il risarcimento per ogni famiglia. Soldi, frutto delle devoluzioni occidentali, che andrebbero spesi per lo sviluppo dei loro territori e non per finanziare il terrorismo.

La popolazione palestinese è stremata dalla fame, quasi tutta l’acqua corrente non è potabile e per 18 ore al giorno manca l’elettricità. E la “Marcia del ritorno” non è altro che un tentativo disperato di distogliere l’attenzione dalla loro politica fallimentare.

Nessuno dice che, però, Israele, insieme ad altri Paesi, è pronta ad investire un miliardo di dollari in infrastrutture per aiutare le popolazioni di Gaza, con impianti di desalinizzazione, linee elettriche e un gasdotto proveniente proprio da Israele. E rincresce ascoltare i telegiornali che aggiornano solo sul numero delle vittime senza contestualizzare criticamente cosa sta avvenendo a Gaza spostando, di fatto, l’equilibrio verso una posizione filo-palestinese. E stupisce leggere su giornali come “L’Internazionale” articoli in cui si evidenzia che “le marce pacifiche potrebbero essere un modo per obbligare il mondo a sfidare l’oppressione israeliana”.

Ma ecco che in questo quadro c’è chi coglie, come dicevamo prima, la palla al balzo e ne approfitta per innescare la solita polemica contro Israele, anche qui in Italia. Come fa Piero Sabbarese, segretario cittadino del circolo Pd di Ercolano, che sulla sua pagina Facebook, invita al boicottaggio di un fantomatico ex ambasciatore israeliano, Oven, la cui visita sarebbe prevista per lunedì agli scavi archeologici della cittadina vesuviana.

Ma, a proposito, chi sarà mai questo ex ambasciatore Oven? Esiste un ex ambasciatore israeliano in Italia con questo nome? O forse, Sabbarese, si riferisce ad Ofer, che poi, è il nome di battesimo e non il cognome dell’attuale Ambasciatore israeliano in Italia? Misteri.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 9:46 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » dom apr 08, 2018 9:47 pm

Nazismo maomettano

Ecco un nazista maomettano palestinese emblematico, santificato dall'occidente e dall'Europa perfino con il nobel.


Chanson de geste: Yasser Arafat
Perchè intitolare un parco a Roma ad un assassino?
Niram Ferretti
8 agosto 2017

http://www.progettodreyfus.com/chanson- ... ser-arafat

Nel 1994 il Comitato Norvegese per il Nobel, assegnò il prestigioso premio per la Pace a Shimon Peres, Yitzhak Rabin e Yasser Arafat per “i loro sforzi intesi a creare la pace in Medio Oriente“. Il gusto aristofanesco di questa assegnazione (in linea con numerose altre) è particolarmente evidente, ma non ai più.

Rahman Abdul Rauf Arafat, questo il suo nome completo, iniziò precocemente la sua attività per la pace lanciando pietre all’età di sette anni durante la rivolta del 1936 in Palestina provocata dal Mufti filo nazista di Gerusalemme, Amin al Husseini. Da questo esordio promettente, ma ancora legato all’infanzia, passerà in seguito a più seri impegni. Dal 1942, infatti, trascorrerà la sua gioventù al Cairo frequentando circoli filo nazisti. Lì conoscerà Abdel Kader el-Husseini, parente del Mufti e capo di bande armate antisioniste, in quel momento in Egitto alla ricerca di volontari per la lucha de liberacion. Erano tempi pionieristici, quando i giovani arabi-palestinesi imparavano a confezionare le bombe nella cucina di Abdel. “Era il mio capo“, dirà di lui Arafat, ricordando con nostalgia gli esordi che lo avrebbero portato al Nobel. “Avevo diciassette anni ed ero uno degli ufficiali più giovani“, dimenticando di sottolineare che alla sua istruzione militare provvedeva anche un ufficiale nazista il quale accompagnava all’epoca il Mufti in Egitto. Omissione comprensibile. La lotta per la “liberazione” e gli istruttori nazisti non si armonizzano felicemente.

Per due anni Arafat organizzerà i rifornimenti armati a vantaggio delle organizzazioni segrete di Amin al-Husseini contro Israele. Dopo essere entrato nella fraternità dei Fratelli Musulmani, incoraggiato dall’onnipresente Mufti, diventerà presidente dell’Associazione degli Studenti Palestinesi. Con il suo “nom de guerre”, Abu Jihad (nomen omen) fonderà poi Fatah. Fu lo stesso Hajj Amin al-Husseini, a conferirirgli lo statuto di leader della “nazione” palestinese dopo di lui. Deve essere stato un momento commovente quando l’ex Mufti di Gerusalemme – il quale entrò in attrito con Heinrich Himmler nel 1943 a causa di un disaccordo relativo alla sorte di 5,000 bambini ebrei, che Himmler, per motivi di scambio con 20,000 prigionieri tedeschi, voleva fare emigrare consentendo la loro sopravvivenza, mentre il Mufti desiderava non sopravvivessero, ottenendo infatti la soddisfazione di vederli spediti nelle camere a gas – passò la consegna ad Arafat.

Con un salto temporale arriviamo al 1967 e alla fine della Guerra dei Sei giorni. Arafat è presidente dell’OLP, l’organizzazione per la liberazione della Palestina fondata nel 1964. Fatah, nel frattempo, è diventata la forza dominante all’interno dell’organizzazione estremizzandone l’impianto. Il bambino che lanciava pietre durante la rivolta del ‘36 diventerà uno dei simboli della lotta “antimperialista” di cui, Israele avrebbe cominciato a rappresentare insieme agli Stati Uniti, l’esempio più dirompente. Da quel punto in avanti essa si distinguerà per una serie di azioni terroristiche dirompenti, dirottamenti aerei, attentati, omicidi che durarono dal 1968 al 1975, di cui vogliamo ricordare il massacro degli atleti israeliani avvenuto a Monaco nel 1972 e firmato da Settembre Nero, una maschera provvisoria di Fatah.

Nel 1974, davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite, il futuro Nobel Arafat si presenterà in uniforme di ordinanza verde oliva, la sua mascheratura sudamericana da combattente che tanto piaceva in Occidente. Con la fondina vuota alla cintura (la pistola gli era stata requisita) tenne un memorabile discorso in cui, dopo avere criminalizzato Israele davanti alla platea che gli conferì una standing ovation, porse ai presenti un inesistente ramo di ulivo.

Nel 1980 dichiarerà al giornale venezuelano El Mundo, “Per noi la pace significa la distruzione di Israele”. Nel 1993, a un anno dall’assegnazione del Nobel e dopo gli Accordi di Oslo, avrebbe aggiunto, “Noi rispettiamo gli accordi allo stesso modo in cui il Profeta Maometto e Saladino rispettavano gli accordi che firmavano“. Si riferiva a un paradigma ben noto nel mondo islamico, quello della pace di Hudaybiyya del 628, quando il profeta fuggito a Medina, resosi conto della superiorità militare dei meccani decise di stipulare con loro una tregua di nove anni, nove mese e nove giorni, per poi attaccarli e massacrarli solo due anni dopo, appena ebbero abbassato la guardia.

Questo indefesso lord of terror, accolto con tappeti rossi nelle capitali europee e salutato come un combattente per la libertà, paragonato da Bettino Craxi, durante la crisi di Sigonella del 1985, a Giuseppe Mazzini, nel mondo arabo era considerato esattamente per quello che era, un terrorista. La sua fu una continua fuga da una capitale mediorientale all’altra insieme alla sua organizzazione criminale, l’OLP. Egitto, Siria, Giordania, Libano, Kuwait, furono le tappe del suo itinerario fatto di violenza, sobillazione, tradimento.

Negli anni ’90, il Kuwait, paradiso per terroristi in cerca di ristoro, lo aveva accolto a braccia aperte. Non aveva fatto i conti con la natura del serpente. Arafat ripagò la generosità concessogli appoggiando l’invasione del pase da parte di Saddam Hussein. Fu costretto a riparare a Tunisi. Qui venne recuperato dal terzetto Peres-Rabin-Beilin che lo riabilitò creando il presupposto per la più disastrosa decisione politica israeliana degli ultimi decenni, il consolidamento dell’OLP nel cuore di Israele. Nello stato ebraico, il futuro Nobel avrebbe nuovamente corrisposto alla sua antica vocazione, quella per il sangue, l’omicidio, la sovversione, tessendo infaticabilmente la trama della Prima e della Seconda Intifada che costarono al paese 1600 morti.

A questo integerrimo mandante di omicidi, violenza, ricatti e distruzione, la giunta capitolina presieduta dal Movimento 5stelle avrebbe pensato in questi giorni di intitolare un parco a Roma. Meglio sarebbe dedicarlo a Enrico De Pedis o a Danilo Abbruciati, due dei reggenti della Banda della Magliana. Infondo, con Roma Arafat centra poco.


Striscia di Gaza
viewtopic.php?f=188&t=2142

Immagine
https://it.wikipedia.org/wiki/Striscia_ ... _-_ITA.svg



Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
viewtopic.php?f=188&t=2526
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Prossimo

Torna a Ebraismo

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron