Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islamico

Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » ven mar 08, 2019 8:06 pm

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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » ven mar 08, 2019 8:06 pm

Tra attentati e risposte, Israele accerchiato dai nemici continua a vivere
ByGabor H. Friedman on Marzo 4, 2019

https://www.rightsreporter.org/tra-atte ... a-a-vivere

Tre fatti accaduti nelle ultime ore dei quali in occidente non sentirete parlare. La “normalità” della vita di chi vive costantemente sotto minaccia

Un attentato veicolare avvenuto in Cisgiordania ha provocato il ferimento di due soldati israeliani di cui uno in maniera grave, ripetuti attacchi con palloni incendiari alle comunità del sud che confinano con Gaza tengono in continuo allarme milioni di persone, minacce dalla Siria prontamente neutralizzate dall’artiglieria ricordano che il fronte nord è sempre il più pericoloso.

Una “normale” giornata di vita in Israele che, se appunto non si trattasse di Israele, farebbe la felicità dei titolisti di tutto il mondo, passa invece del tutto inosservata sui media internazionali.

Ma andiamo con calma e ricostruiamo le ultime ore vissute in Israele.

Giudea e Samaria – Questa mattina in una località a 10 Km da Ramallah una macchina con all’interno tre terroristi palestinesi si è lanciata contro un posto di blocco della polizia di frontiera israeliana. Nell’attentato veicolare sono rimasti feriti un ufficiale dell’esercito e un poliziotto di frontiera israeliano. I militari israeliani hanno aperto il fuoco sul veicolo uccidendo sue dei tre terroristi mentre i terzo è rimasto lievemente ferito ed è stato arrestato.

Scene dall’attentato veicolare di questa mattina nei pressi di Ramallah, in Giudea e Samaria

Striscia di Gaza – Ieri sera l’aviazione israeliana ha colpito e distrutto un posto di osservazione di Hamas all’interno della Striscia di Gaza come risposta ai moltissimi attacchi con palloni incendiari avvenuti nelle ultime ore. Poche ore prima due terroristi palestinesi che erano riusciti a entrare in Israele sono stati fermati dai militari israeliani mentre si dirigevano verso una comunità israeliana non certo con buoni propositi.

Alture del Golan – Nelle prime ore di questa mattina le Forze di Difesa israeliane (IDF) hanno sparato un singolo colpo di artiglieria contro un obiettivo iraniano posizionatosi all’interno del villaggio siriano di Khader sulle alture del Golan, appena oltre il confine con Israele. La postazione iraniana (e probabilmente di Hezbollah) è stata colpita in maniera chirurgica senza provocare danni alle abitazioni civili, ma l’episodio dimostra come gli iraniani siano sempre più vicini al confine con Israele.

Questa breve ricostruzione di poche ore di “vita normale” in Israele non serve a dimostrare che lo Stato Ebraico è letteralmente circondato da nemici minacciosi e pericolosi, serve invece a dimostrare due cose:

La vita in Israele prosegue senza particolari intoppi o paranoie, nonostante tutto. E’ in corso una accesa campagna elettorale, la gente continua a uscire, i locali delle grandi città sono regolarmente frequentati dai giovani, i ragazzi vanno a scuola mentre le attività proseguono come se i nemici non fossero alle porte.
Se una cosa del genere fosse successa in qualsiasi altro Paese del mondo la stampa avrebbe speso fiumi di inchiostro per raccontare gli eventi. Invece, nonostante lo stillicidio di attentati e la minacciosa presenza iraniana in Siria, nessuno ne parla o, se ne parla, è solo per ingigantire le risposte israeliane.

Nonostante tutto, nonostante la costante minaccia e gli attacchi continui, Israele continua a vivere “normalmente” la propria vita, a sviluppare tecnologia utile a tutto il mondo e a progredire sempre di più mentre tutto il resto del mondo sembra rallentare e persino regredire. Chi altri ne sarebbe capace?

Middle East

Gli Stati Uniti non lasciano solo il loro alleato che possiede un’avanzata copertura missilistica contro qualunque minaccia

Per la prima volta viene schierato in Israele e in tutto Medio Oriente il sistema di difesa anti missile balistico THAAD (Terminal High Altitude Area Defense), equivalente dell’israeliano Arrow.

A portarlo è l’USEUCOM (United States Europe Command- il comando USA in Europa) per un ciclo di esercitazioni e addestramento tra le forze aeree statunitensi e israeliana.

Il Generale Dan Kochav, comandante della divisione della difesa aerea della IAF, ha dichiarato sul sito della Israeli Air Force che «il dispiegamento (del sistema missilistico) è destinato a migliorare la nostra capacità per il giorno in cui siamo chiamati a operare» e ha poi aggiunto che «la batteria americana offre capacità aggiuntive e aumenta la portata delle nostre capacità di intercettazione».

A seconda della minaccia si può scegliere quale sistema utilizzare per la difesa dello spazio aereo e dei civili, indipendentemente che sia vicina (ad esempio dalla Siria) o più lontana (dall’Iran).

Questi due sistemi attualmente in territorio israeliano (anche se uno è delle IDF e l’altro è di proprietà delle forze armate americane) sono anti missili balistici, cioè contro quel tipo di missili tanto pubblicizzati di recente dalla propaganda del regime iraniano.

Per i missili balistici occorrono siti più grandi (e più costosi) con appositi silos sotterranei e personale altamente specializzato.

Il THAAD e l’Arrow non sono da confondere con il sistema Iron Dome che invece intercetta missili a corto raggio o razzi più economici e semplici da utilizzare, usati da Hezbollah, Hamas e Jihad Islamica, e con i Patriot, anche questi presenti in Israele per difendere basi o città contro incursioni aeree (compresi i droni).

Se la propaganda degli ayatollah il mese scorso si vantava dei suoi nuovi missili balistici ecco che arriva la risposta che vanifica i loro sforzi tecnologici, con l’aiuto di una potenza alleata.
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » ven mar 08, 2019 8:16 pm

Il no a prescindere palestinese
8 marzo 2019
Shimrit Meir
(YnetNews)

http://www.italiaisraeletoday.it/il-no- ... zckt8GkMQg

Anche ad uno scrutinio scrupoloso dei discorsi palestinesi, nei giornali e nei social network, è difficile trovare una sola voce significativa che non respinga totalmente il cosiddetto “accordo del secolo” del presidente americano Donald Trump. Da notare che i palestinesi non sanno nemmeno cos’è che rifiutano con tanto ardore, dal momento che i contenuti dell’annunciato piano di pace dell’amministrazione Trump rimangono vaghi, anche dopo l’intervista televisiva di Jared Kushner della fine di febbraio. Qui in Israele, nel frattempo, siamo così assuefatti all’intransigenza palestinese che non ci soffermiamo neppure più a domandarci: perché?

Anche tenendo conto delle esplicite inclinazioni filo-israeliane dell’attuale amministrazione americana, ben rappresentante dal trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme, è difficile capire come un popolo che si trova in uno dei momenti più bassi della sua storia e che sostanzialmente vive di elemosina internazionale, possa rigettare sommariamente l’opportunità anche solo di ascoltare – non foss’altro per mere ragioni tattiche – una proposta che potrebbe significativamente migliorare le sue condizioni.

Naturalmente non è la prima volta che i palestinesi dicono “no”, ma perlomeno ci si aspetterebbe una qualche forma di discussione seria sulla questione, data la loro situazione. Il popolo palestinese è cronicamente spaccato da quasi 12 anni: i due semi-stati, gestiti da Hamas e Fatah a Gaza e in Cisgiordania, sono deboli, poveri, in allontanamento fra loro ed entrambi, in una forma o nell’altra, alla ricerca con Israele di più o meno taciti accordi del tipo “calma in cambio di soldi”.

La questione palestinese – un tempo al centro del discorso politico arabo in Medio Oriente – è stata spinta ai margini. Abu Mazen potrebbe ancora riuscire a strappare al vecchio re saudita la promessa di non muoversi “alle spalle dei palestinesi”, ma il mondo intero sa dei traffici che suo figlio conduce con Israele.

Il mondo arabo fa fatica a capire cosa vogliano i palestinesi e come possano permettersi di continuare a gestire i loro affari in maniera così fallimentare. “Se volete liberare tutta la Palestina, ahlan wasahlan (“prego, accomodatevi”) – ha esclamato un telecronista egiziano – ma dovete essere uniti. Se invece volete uno stato a fianco di Israele, perché continuate a ripetere no e ancora no, quando ne ve ne viene offerto uno?”.

Giacché il rifiuto automatico dei palestinesi è un dato di fatto, cos’è che motiva esattamente Jared Kushner, l’uomo di punta di Trump nel processo di pace? Spera ancora che i palestinesi cambino idea, quando apprenderanno i dettagli del piano? Probabilmente no. Non si è neanche preso la briga di rilasciare un’intervista a un mass-media palestinese indirizzando piuttosto i suoi commenti al mondo arabo, e in particolare ai paesi del Golfo (Sky Arabic, a cui ha concesso l’intervista, è finanziata dagli Emirati Arabi Uniti).

In altre parole: sta pensando al giorno dopo il “no” palestinese, quando i paesi arabi potranno dire loro: “Ancora una volta avete respinto una proposta generosa, ma noi non resteremo ostaggi della vostra intransigenza”.

Può sembrare inverosimile, ma il lavorìo per preparare la piazza araba a relazioni con Israele che si possano definire “nella sfera della normalizzazione” è in corso già da alcuni anni. “Se la dirigenza palestinese avesse usato il denaro donato dagli arabi alla Palestina dal 1948 – ha twittato un giornalista iracheno la scorsa settimana – avrebbero già costruito 50 città come Tel Aviv, 40 come Dubai e 30 come Riyadh”. Ed è stato sommerso di like.
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » lun apr 01, 2019 1:14 am

Nel telegiornale di Rai 1 del 30 marzo, contro Israele
Informazione Corretta

http://www.informazionecorretta.com/mai ... S_IbbOHMcY

Nel telegiornale di Rai 1 del 30 marzo, ore 20.15, Carlo Paris ha dimostrato di avere dei vuoti di memoria. Ha già dimenticato i missili lanciati su Tel Aviv? Ha già dimenticato che uno degli ultimi due ha colpito in pieno una casa del Moshav Mishmeret ferendo 7 persone tra cui due bambini? Quelle sette persone potevano essere morte ammazzate se le sirene non avessero funzionato e se in quella casa non vi fosse stata la camera della guerra dove in pochi secondi tutti si sono rifugiati. Nonostante ciò tutta la famiglia è stata ricoverata all'ospedale per ferite dovute alle schegge ricevute durante la fuga e per lo stato di chock in cui versavano soprattutto i bambini.
Tutto dimenticato da Carlo Paris!
Non ha dimenticato però di nominare i 269 palestinesi uccisi nell'arco di un anno durante le loro stramaledette manifestazioni del venerdì sera quando tentano di abbattere le reti, sfondare il confine e penetrare in Israele. Si, 269 palestinesi uccisi perché armati, perché lanciavano bombe contro i soldati, perchè sparavano contro i soldati che spesso si sono salvati grazie agli elmetti a prova di pallottola, perché sorpresi mentre tentavano di tagliare le reti di confine.
Ogni venerdì da un anno a questa parte dalle 10.000 alle 50.000 belve fanatiche saltano, urlano, sparano, tirano bombe con l'intenzione di penetrare nel paese e ammazzare israeliani. Il dovere dei soldati e' di fermarli con ogni mezzo prima che riescano a sfondare la rete. Guai se accadesse, avremmo un'invasione di belve armate di fucili, coltelli e bombe in ogni villaggio israeliano in prossimità di Gaza.

Hamas, che fa il bello e il cattivo tempo, organizza le manifestazioni ordinando ai suoi servi della gleba, perché altro non sono se non servi, di portare anche i bambini nella speranza che qualche pallottola nemica li colpisca. Tutti quei bambini, in alcuni casi addirittura lattanti, sono comunque rimasti intossicati a forza di respirare il fumo nero delle migliaia di copertoni che i manifestanti bruciano ogni venerdì per creare una barriera di fumo tra loro e i soldati.
Fumo nero e cancerogeno, bombe, palloncini pieni di esplosivo, armi di ogni tipo, gente urlante e sporca.. Questo è l'ambiente in cui Hamas costringe i bambini di Gaza mettendo anche nelle manine dei più piccoli delle pietre da lanciare contro gli odiati yahud (ebrei).

Cosa si può sperare per quelle future generazioni se non il peggio del peggio? E dove sono le organizzazioni per l'infanzia? Dov'è Save the Children? Perché permettono lo stupro morale dei bambini palestinesi costretti a vivere a pane e odio?
Tutto questo però i giornalisti come Carlo Paris non lo dicono, sono muti, non possono dire quanto Hamas sia un'organizzazione di assassini né quanto la popolazione, pur odiandoli, odi molto di più Israele perché così gli è stato insegnato da Arafat, a Abu Mazen a Hanyeh.
La manifestazione di ieri sera è stata meno furiosa delle precedenti, ha visto non più di 10.000 palestinisti perché Hamas aveva precedentemente ordinato di limitare gli attacchi, a dimostrazione che l'organizzazione terroristica ha il completo potere su ogni cosa che a Gaza si muova o respiri. I boss, ben nascosti e al sicuro nei bunker, manipolano la gente come se si trattasse di marionette, quando ordinano "andate a farvi ammazzare" "i martiri" obbediscono e vanno.

A Carlo Paris voglio dire che, in questi giorni, a un anno dalle prime manifestazioni, è stato reso noto il bilancio: 1233 missili lanciati da Gaza, 1963 incendi appiccati in Israele, 8648 acri di terra israeliana bruciata, 94 dispositivi esplosivi lanciati in Israele. Sicuramente lui ne sarà stato informato e allora perché non dirlo? Perché parlare solo dei palestinisti che sono andati, e tutti sanno che vengono pagati, a farsi ammazzare per avere il martirio?
Perché non dire che se Israele non avesse un sistema di difesa quasi perfetto, non si sarebbero contate le stragi di cittadini inermi? E perché non dire che ogni ferito, ogni morto palestinista ha una tariffa? Perché non dire che anche i bambini vengono pagati per andare a far casino lungo il confine con la speranza che vengano colpiti o che soffochino a causa del fumo?
I feriti hanno una tariffa che è sui 300 $, i morti naturalmente vengono pagati molto di più.

La cosa schifosa è che il servizio pubblico RAI, come anche altre testate, faccia passare i terroristi per eroi e Israele, che ne è la vittima da ormai quasi un secolo, per carnefice. Questo deve finire! Se a Gaza i morti sono stati 269 a fronte di un paio di israeliani è solo perché Israele usa i soldi per difendere i propri cittadini, è la sua priorità. I boss palestinisti usano i soldi, e ne ricevono tanti, per far morire la propria popolazione. Questa è la differenza, Carlo Paris.
Questo è quello che bisogna dire, se Israele non sapesse difendersi non esisterebbe più da molti anni.



Riprendiamo dal MANIFESTO, oggi 30/03/2019, a pag. 9, con il titolo "Un anno dopo, Palestina sempre in 'Marcia' ", il commento di Michele Giorgio; dall' OSSERVATORE ROMANO, a pag. 3, la breve "La tragedia dei bambini di Gaza".
Informazione Corretta

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0k3fkEOMoY

La disinformazione contro Israele dei quotidiani comunista e cattolico va a braccetto. Entrambi gli articoli sono di demonizzazione dello Stato ebraico. Il Manifesto, con il solito Michele Giorgio, esalta la "marcia" dei "palestinesi" (con questo nome generico chiama i terroristi di Hamas, mai definiti come tali) e continua: "Per l'anniversario di oggi Israele prepara i cecchini, i palestinesi gli ospedali". Non è da meno OR,il quotidiano ufficiale della S.S.(Santa Sede) che inizia così l'articolo: "Sono almeno 49 i bambini uccisi al confine tra Gaza e Israele a un anno dall'inizio delle proteste per la marcia del ritorno, organizzata da Hamas". I morti tra i gazawi ci sono stati, nell'ultimo anno, ma i responsabili di queste uccisioni sono solo ed esclusivamente Hamas. Gran parte delle "vittime", inoltre, è proprio composta dai terroristi, ma Manifesto e OR non fanno distinzione per meglio attaccare Israele, descritto come crudele e cinico aggressore. Due pezzi ignobili che vanno a braccetto.

Ecco gli articoli:

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Un anno dopo, Palestina sempre in 'Marcia' "

La Striscia di Gaza si prepara a vivere oggi una delle sue giornate più importanti, si teme tra le più drammatiche, dalla fine dell'offensiva militare israeliana Margine Protettivo quasi cinque anni fa. È il 43esimo anniversario del «Giorno della Terra» che ricorda le sei vittime palestinesi in Galilea durante le proteste contro la confisca delle terre arabe. Ma per i due milioni e passa di palestinesi che vivono in questa lingua di terra più di ogni altra cosa è il primo anniversario della «Grande Marcia del Ritorno», la protesta popolare contro il blocco israeliano di Gaza.

DECINE DI MIGLIAIA di palestinesi, qualcuno azzarda 100mila, oggi raggiungeranno i cinque accampamenti di tende allestiti nella fascia orientale di Gaza, ad alcune centinaia di metri dalle barriere di demarcazione con Israele, per affermare che gli oltre 250 uccisi e le migliaia di feriti (dozzine hanno subito amputazioni) dal fuoco dei tiratori scelti dell'esercito israeliano durante le manifestazioni settimanali da un anno a questa parte, non hanno affievolito il desiderio di spezzare la morsa che strangola la Striscia da oltre 12 anni e di vivere una vita degna di questo nome. Un nuovo bagno di sangue è possibile. Anzi probabile, prevedono molti considerando lo schieramento di forze militari che Israele ha messo in piedi negli ultimi giorni a ridosso di Gaza. Nei cinque accampamenti sono stati allestiti ospedali da campo. Medici e paramedici si preparano a ricevere negli ospedali un numero eccezionalmente alto di feriti.

Le violenze volute da Hamas al confine con Israele

COME MIRA la giornata lo decideranno i comandi militari israeliani e il risultato della mediazione egiziana per un accordo di cessate il fuoco di lunga durata tra Hamas e Israele (di cui si parla dall'anno scorso). È stato esplicito ieri Ismail Haniyeh, il capo del movimento islamico Hamas al potere a Gaza che ormai tiene nelle sue mani il volante della Marcia limitandone il carattere spontaneo che aveva avuto il 30 marzo di un anno fa e nei mesi successivi. Haniyeh ha spiegato che la situazione «è a un bivio». Se ci sarà un'intesa con Israele, le forze di sicurezza di Hamas terranno i dimostranti lontano — a 300 metri secondo le notizie circolate — dalle barriere di demarcazione. Il Jihad, l'altra organizzazione islamista, ha chiesto ai dimostranti «di salvaguardare la propria incolumità». Se le trattative falliranno, le proteste potrebbero essere lasciate libere. L'esercito israeliano è pronto a usare la forza contro chi si avvicinerà alle barriere.

IERI SI PARLAVA di una bozza di intesa tra le parti. Oltre all'aumento del numero di camion e merci che da Israele entrano a Gaza e all'estensione della zona di pesca a 12 miglia, prevede — secondo le anticipazioni circolate — l'aumento delle fornitore elettriche a Gaza, l'allentamento delle restrizioni israeliane all'import e l'export delle merci palestinesi e la ripresa dei trasferimenti di fondi (del Qatar) verso la Striscia. In cambio Hamas dovrebbe fermare il lancio di razzi e tenere lontano dalle linee con Israele le future manifestazioni della Marcia. Però non è stata finalizzata. Colleghi palestinesi ci riferivano del pessimismo espresso da un dirigente di Hamas, Ghazi Hamad. Il movimento islamico — ha spiegato Hamad — vuole un'intesa nero su bianco, con impegni ben definiti per entrambe le parti durante la tregua. Israele non va oltre le promesse verbali, alternandole a minacce di guerra in caso di mancato accordo.

IL PREMIER Netanyahu, nel pieno della campagna per le elezioni del 9 aprile, non ha alcuna intenzione di mostrarsi «dialogante» con Hamas. Sullo sfondo c'è la frustrazione dei giovani palestinesi con meno di venti anni che a Gaza sono la metà della popolazione. Maher Abu Samadana, di Rafah ma studente a Gaza city, non segue l'andamento della mediazione egiziana. Non ha mai avuto un lavoro e non pensa che riuscirà ad averne uno vero nei prossimi anni. Si sente chiuso in gabbia.

«NON HO NULLA da perdere - ci spiega rappresentando tanti altri ragazzi di Gaza - Per me la Marcia è l'unica possibilità di svolta verso la libertà. Se non spezzeremo l'assedio non avremo mai una vita diversa». Maher oggi sarà all'accampamento Al Malaka assieme ai suoi amici. «Non ho paura di morire» afferma. Alla manifestazione non parteciperà Ali Abu Sheikh, 24 anni, del gruppo «We are not numbers» che racconta sui social la condizione difficile ma anche le capacità dei civili di Gaza, oltre le notizie diffuse dai media.

«ERO ENTUSIASTA della Marcia del Ritorno - ci spiega-Mi affascinava il progetto, amavo la sua dimensione popolare. Negli accampamenti prima delle manifestazioni si faceva cultura, si giocava con i bambini, si discuteva di tutto. Era importante». Ora, aggiunge, «la Marcia è segnata dalle manovre politiche di questa odi quella parte, mentre Israele non cessa l'occupazione e tiene la nostra terra stretta nell'assedio».

L'OSSERVATORE ROMANO: "La tragedia dei bambini di Gaza"

Sono almeno 49 i bambini uccisi al confine tra Gaza e Israele a un anno dall'inizio delle proteste per la marcia del ritorno, organizzata da Hamas. Lo ha reso noto la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite. Drammatici numeri che l'organizzazione umanitaria Save the Children ha evidenziato ieri per ribadire a tutte le parti coinvolte di agire immediatamente per affrontare le cause alla radice del conflitto e garantire la necessaria protezione a tutti i bambini, in uno scenario caratterizzato dalla recente escalation di violenze nell'area. Secondo quanto riportato dalla Commissione d'inchiesta dell'Onu, i bambini sono stati colpiti dai soldati israeliani con munizioni e proiettili di gomma e hanno subito gravi conseguenze in seguito all'inalazione di gas lacrimogeni lanciati lungo la barriera. E tra coloro che sono rimasti feriti, in tanti hanno subito lesioni molto gravi e indelebili (amputazioni, perdita della vista e lesioni alla testa), non potendo accedere a cure mediche adeguate di cui avevano urgente bisogno. La richiesta di assistenza medica specialistica, infatti, ha superato di gran lunga le capacità dell'intero sistema sanitario di Gaza, ormai paralizzato da anni a causa del blocco. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, nel corso dell'ultimo anno circa l'8o per cento dei bambini feriti durante le proteste, che hanno chiesto di potere lasciare Gaza per ricevere cure mediche di emergenza in Israele, si sono visti negare o ritardare i loro permessi. Stamane, intanto, le sirene d'allarme sono tornate a risuonare nel sud di Israele, vicino alla Striscia di Gaza. Lo riferisce l'esercito israeliano, aggiungendo che «decine di migliaia di israeliani sono corsi verso i rifugi». La tensione rimane molto alta, dopo che nei giorni scorsi diversi razzi sono stati lanciati da Gaza verso Israele, di cui uno ha centrato una casa a nord di Tel Aviv. A riguardo, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ribadito che l'esercito è pronto ad intensificare la già vasta operazione militare attorno a Gaza. «Tutti i cittadini di Israele — ha dichiarato il premier al termine di una riunione con i capi militari della zona — sanno che, se occorre, questa nuova campagna la faremo con forza e sicurezza, dopo che tutte le altre possibilità saranno esaurite». E nel difficile tentativo di evitare nuove violenze tra Israele e Hamas, una delegazione egiziana si è recata nella regione per incontrare fazioni palestinesi e rappresentanti israeliani. Della delegazione fanno parte anche ufficiali dell'intelligence del Cairo.



I terroristi nazi maomettani palestinesi di Gaza stanno bombardando Israele
viewtopic.php?f=197&t=2779
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2020 8:14 pm

L'ULTIMO DISCORSO DI RABIN ALLA KNESSET
Niram Ferretti
5 aprile 2019

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 2283253946

Yitzhak Rabin, si sa, è un santino della sinistra che ne ha fatto l'icona del progressista illuminato ucciso dal torvo estremista di destra ebreo.

In questa favoletta buona per i gonzi, Rabin è uomo di pace e virtù, tuttavia, malgrado il disastro di Oslo, da lui appoggiato, si dimentica ciò che disse nel suo ultimo discorso pronunciato alla Knesset il 5 ottobre del 1995 quando dichiarò:

"Nel quadro della soluzione permanente, ciò che aspiriamo a raggiungere è, in primo luogo, lo Stato di Israele come stato ebraico, di cui almeno l'80% dei cittadini saranno ebrei...Abbiamo optato per uno Stato ebraico perchè siamo convinti che uno stato binazionale con milioni di arabi palestinesi non sarebbe in grado di adempiere al ruolo ebraico dello Stato di Israele, che è lo stato degli ebrei".

Insomma, per Rabin in uno Stato ebraico, la maggioranza dei cittadini doveva essere ebrea. Un idea originalissima e sconcertante, che la Legge Base varata nell'estate dell'anno scorso dalla Knesset, ha ratificato suscitando reazioni indignate per il suo presunto etnonazionalismo, il suo razzismo, ecc. Naturalmente, il problema vero è che questa legge è stata varata dal governo Netanyahu.

Ma torniamo sempre a Rabin e al suo ultimo discorso in parlamento.

"I confini dello Stato di Israele, nel contesto della soluzione permanente, saranno oltre le linee che esistevano prima della Guerra dei Sei Giorni. Non torneremo alle linee del 4 giugno 1967...Ciò che prospettiamo e vogliamo nel contesto della soluzione permanente è, in primo luogo, una Gerusalemme unita, che includerà sia Ma'ale Adumim che Givat Ze'ev - come capitale di Israele, sotto la sovranità israeliana, pur preservando i diritti dei membri delle altre fedi, cristianesimo e islam, alla libertà di accesso e alla libertà di culto nei loro luoghi santi, secondo le usanze delle loro fedi".

Un attimo, un attimo, un attimo. Gerusalemme unita, sotto la sovranità israeliana? Ma, Donald Trump ha forse voluto rendere omaggio alla volontà di Rabin, dichiarando il 6 dicembre del 2017, Gerusalemme capitale dello Stato ebraico? Con una riserva, Rabin andò oltre Trump, parlò infatti di Gerusalemme unita, dunque nessuna concessione a una divisione della città con i palestinesi, mentre Trump, nella sua dichiarazione non ha fatto cenno a ciò. Ma è Trump l'oltranzista e insieme a lui Netanyahu.

Proseguiamo.

"Il confine di sicurezza dello Stato di Israele sarà situato nella Valle del Giordano, nel senso più ampio del termine". Non contento, la colomba, il Ghandi ebreo, dichiarò che nella cornice della soluzione permanente dovessero essere costruiti "Blocchi di insediamenti in Giudea e Samaria, come quello di Gush Katif" (Gush Katif, che si trovava a Gaza, venne smobilitato nel 2005).

Insomma, Naftali Bennett, l'annessionista Bennett, sarebbe anche lui un discepolo di Rabin?

Ma no. Trump, Netanyahu, Bennett, sono dei fondamentalisti, remano contro la pace, anche se nelle loro dichiarazioni e azioni ricalcano esattamente ciò che Rabin disse in quel suo ultimo discorso pronunciato in parlamento, che si preferisce dimenticare, occultare.

Pensate a quali sarebbero le reazioni se oggi fosse Netanyahu ad affermare risolutamente questi punti, in sequenza, uno dopo l'altro.
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2020 8:15 pm

Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e occupato alcuna terra altrui e non opprimono nessuno
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2825
Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato nessuna terra altrui, nessuna terra palestinese poiché tutta Israele è la loro terra da 3mila anni e la Palestina è Israele e i veri palestinesi sono gli ebrei più che quel miscuglio di etnie legate dalla matrice nazi maomettana abusivamente definito "palestinesi" e tenute insieme dall'odio per gli ebrei e dai finanziamenti internazionali antisemiti.





Una menzogna denominata "frontiere del 67"
Lion Udler


Un giorno si l'altro pure apriamo i giornali cartacei e/o online e apprendiamo che una delle varie richieste da parte degli arabi per fare la pace con #Israele è il ritorno alle "frontiere del 67".

Ma cosa sarebbero le cosiddette "frontiere"?

NON sono e NON sono mai stati frontiere, sono linee di cessate il fuoco di seguito agli accordi di armistizio di #Rodi del 1949.

La risoluzione #ONU no.181 del 1947 ha approvato la costituzione di uno stato arabo e uno ebraico, con termine del mandato britannico nel 1948, gli ebrei dichiarano l'indipendenza dello stato ebraico denominandolo Israele, mentre gli arabi rifiutano e respingono tale risoluzione attaccando Israele.

Israele riesce a difendersi e avanzare per respingere l'aggressore arabo, che ricorre all'ONU chiedendo (implorando) tregua.

Nel 1949 Israele firma con gli stati arabi confinanti gli accordi di armistizio che pone fine alle operazioni militari, in estrema sintesi viene accordato di tracciare una LINEA PROVVISORIA di cessate il fuoco sulla base delle posizioni attuali delle forze in campo, le linee tracciate si trovano nella mappa dalla quale si evince qual'era la proposta ONU approvata e la situazione de facto il giorno del cessate il fuoco.

Paradossalmente furono proprio gli stati arabi ad insistere sulla denominazione di queste linee come provvisorie e NON come frontiere, furono infatti chiamate linee di cessate il fuoco.

Finita la guerra d'indipendenza NON era nato uno stato arabo come previsto dalla risoluzione ONU 181/1947, la striscia di #Gaza fu dominata dal #Egitto mentre la Giudea e Samaria, compreso #Gerusalemme Est, furono dominati dalla Transgiordania (#Giordania).

Il dominio di questi territori da parte dei paesi arabi era in contrasto con la risoluzione ONU, le linee di cessate il fuoco furono tra Israele e i paesi arabi, non tra Israele e uno stato arabo come previsto dalla risoluzione ONU.

Essendo linee provvisorie, lo dice la definizione, potevano appunto cambiare, di seguito a degli accordi di pace, oppure di seguito ad una guerra, come effettivamente è successo, ma questo è un episodio degno di un altro post...

Lion Udler
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2020 8:16 pm

Amare e rispettare gli ebrei e Israele è una gioia, una necessità, un dovere, fondamento di umanità, di civiltà e di libertà
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 131&t=2785
https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 1981597548


Io sono veneto, italiano, europeo ed ex cristiano e gli ebrei a me, alla mia famiglia, alla mia gente veneta, all'Italia e all'Europa non hanno mai fatto del male:
non ci hanno mai offesi, discriminati e perseguitati, non ci hanno mai invasi, depredati e truffati, nemmeno ricattati, non ci hanno mai minacciati, schiavizzati, uccisi e sterminati.
I nazi maomettani invece sì da sempre.
Gli ebrei e Israele sono uno dei popoli e dei paesi più umani e civili della terra. A me veneto, italiano ed europeo gli ebrei e Israele non hanno mai fatto del male, mai nei millenni, ma solo ed esclusivamente del bene.
Si pensi solo al loro regalo al Mondo costituito dall'ebreo Gesù Cristo, ai loro 10 Comandamenti e ai 2 Comandamenti sull'amore per Dio, per il prossimo e se stessi
Grazie ebrei e grazie Israele faro di civiltà e di umanità nell'inferno incivile e disumano nazi maomettano mediorientale!
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » lun giu 22, 2020 7:59 pm

Generale Del Col, gli Hezbollah dovrebbe controllarli lei
Egregio Comandante UNIFIL Stefano Del Col
Capo della missione ONU in Libano
22 giugno 2020


https://www.corriereisraelitico.it/gene ... larli-lei/

Le ricordo che Lei è ai comandi della missione ONU di seguito alla Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che ha approvato anche un incremento delle unità da Lei gestite con tanto di finanziamento pubblico.

La risoluzione stabiliva inoltre che alle armi doveva essere impedito di entrare nella regione senza il consenso del governo libanese e imponeva un EMBARGO COMPLETO sul trasferimento di armi a Hezbollah.

Dall’inizio della missione l’organizzazione terroristica Hezbollah ha incrementato l’arsenale di missili e dispone attualmente di circa 150,000 unità nascoste sotto scuole, ospedali, campi sportivi, moschee e abitazioni civili in tutto il territorio libanese, ricordo anche i tunnel del terrore scavati e penetranti nel territorio di Israele non certo per andare a fare shopping.

Tutto ciò accade mentre Lei è ai comandi, sotto il vostro naso, capisco che è una missione difficile, non è adatta per tutti, ci vuole una persona coraggiosa ai comandi che riesce a seguire la risoluzione alla lettera senza sottoporsi ad alcuna pressione di chi che sia.

La sua richiesta oggi a Israele di interrompere i voli nel territorio libanese è una sconfitta, trattasi di voli di intelligence che dovrebbe effettuare LEI per impedire l’armamento a Hezbollah e adempiere al EMBARGO COMPLETO sulla base della risoluzione che prevede il suo comando.

Se l’embargo completo è impossibile da gestire la vostra presenza in Libano è una perdita di tempo e spreco di denaro pubblico!


Gentile Generale Del Col,
Emanuel Segre Amar
Torino

ho saputo della sua richiesta rivolta al governo democratico dello Stato di Israele di sospendere i sorvoli sul territorio del Libano.
Mi permetta, signor Generale, ma dubito che un simile intervento rientri pienamente nel mandato che lei ha ricevuto dalle Nazioni Unite.
Purtroppo i soldati della Missione UNIFIL che lei ha l’onore di comandare hanno permesso che i terroristi di Hezbollah (non sono io ad aver etichettato in questo modo le persone che dovreste controllare) facessero entrare, pare, oltre 150.000 tra missili, anche sofisticati, e razzi, puntati contro lo Stato di Israele, come ripetutamente dichiarato dallo stesso capo Nasrallah.
Compito della Missione che lei ha l’onore e l’onere di comandare, signor Generale, è quello di assicurare che i territori del Libano del sud siano disarmati, ma purtroppo questo compito è stato disatteso da lei, dai comandanti che l’hanno preceduta, e dai soldati che nel corso degli anni hanno sempre fatto finta di non vedere. Certo, dico che hanno fatto finta di non vedere perché mi vorrà riconoscere che tutte quelle armi, per essere trasportate, hanno dovuto creare un notevole via vai di mezzi pesanti.
Anche i tunnel scavati da Hezbollah e penetrati nel sottosuolo dello Stato di Israele hanno richiesto un notevole uso di mezzi anche soltanto per disperdere il materiale scavato. Ma nulla gli uomini della Missione UNIFIL hanno mai visto.
Ecco perché, Gentile Generale Del Col, mi sono permesso di scriverle questa lettera per invitarla a restare totalmente, ed a far rispettare, dentro le direttive che ha ricevuto dalle Nazioni Unite, e sarò ben lieto se vorrà rispondermi.
Cordiali saluti
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » mer mar 10, 2021 10:21 pm

???


Israele, la Corte Penale Internazionale ha aperto un'inchiesta per "crimini di guerra" commessi nei territori palestinesi
20 dicembre 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/1 ... 1576867259

Lo ha annunciato la procuratrice capo del tribunale, Fatou Bensouda. Il segretario dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Saeb Erekat, ha parlato di "fine all’impunità per gli autori di crimini", mentre il premier di Tel Aviv, Benjamin Netanyahu, ha definito questo come "un giorno nero per la verità e la giustizia"

Taglio parlamentari, Berlusconi confessa: "Firme di Forza Italia per referendum? Così si va prima al voto"

La Corte Penale Internazionale de L’Aia ha aperto un’inchiesta per “crimini di guerra” nei territori palestinesi. Lo ha annunciato la procuratrice capo del tribunale, Fatou Bensouda, che si è detta “convinta che vi sia una base ragionevole per avviare un’indagine sulla situazione in Palestina. In sintesi, sono convinta che crimini di guerra sono stati o vengono commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme est, e nella Striscia di Gaza“. Mentre le autorità palestinesi plaudono all’iniziativa della Corte, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, parla di “un giorno nero per la verità e la giustizia”.

Tra le motivazioni che hanno portato alla decisione della Cpi, pubblicate sul sito ufficiale, si legge che “non vi sono ragioni sostanziali per ritenere che un’indagine non servirebbe gli interessi della giustizia – spiega Bensouda – Date le questioni legali e fattuali uniche e altamente controverse legate a questa situazione, vale a dire il territorio in cui può essere svolta l’indagine, ho ritenuto necessario invocare l’articolo 19 -3 dello Statuto per risolvere questo specifico problema”. Il procuratore spiega di aver chiesto, ed è su questo aspetto in particolare che si concentrano le obiezioni del governo israeliano, “alla Sezione preliminare I di pronunciarsi sulla portata della giurisdizione territoriale della Corte Penale Internazionale nella situazione in Palestina, in particolare se include la Cisgiordania, Gerusalemme est, e Gaza”.



Fatou Bensouda
avvocato nera, gambiana e nazi maomettana
https://it.wikipedia.org/wiki/Fatou_Bensouda

L'unica consolazione per Israele, se può esserla, è che oggi in tutto il mondo si indaga più su chi si difende che su chi commette crimini.
Chi lancia missili, fa attentati, usa bambini scuole ed ospedali come scudi, provoca incendi, istiga all'odio, viene tutelato attribuendo loro mille giustificazioni.
Chi reagisce viene subito messo sotto la lente d'ingrandimento trovando colpe inesistenti.
I capitali sottratti da Arafat o da Abu Mazen, dagli aiuti ai palestinesi, non fanno tanto scalpore come i presunti presi da Netanyahu.
Non parliamo poi delle operazioni fatte dai nostri politici coi soldi dei contribuenti.
A costoro le condanne si sono sempre risolte in bolle di sapone, vedremo cosa riserveranno a Salvini.
In Italia abbiamo poi delle regole assurde, per potere reagire ad un'infrazione o ad un furto, senza incorrere nella condanna, si deve essere morti, perché prima ci si deve sincerare che il ladro sia armato, che non sia un'arma giocattolo, che abbia intenzione d'usarla, e contrastarlo solo se è ancora in casa.
Questa è la legge, dire che è manovrata dalla politica è dire poco.

https://www.facebook.com/groups/Fightin ... 837590466/



Inchiesta Cpi su crimini di guerra nei Territori palestinesi. Netanyahu: giorno nero per verità
2° dicembre 2019

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... EaPa_QFWOI

20 dicembre 2019La procuratrice della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, ha annunciato l'apertura di un'inchiesta su "crimini di guerra" nei territori palestinesi. "Sono convinta che esista una ragionevole base a giustificare l'apertura di un'inchiesta sulla situazione in Palestina" e "che crimini di guerra siano stati commessi o vengano commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme Est, e nella Striscia di Gaza", ha dichiarato Bensouda.

Netanyahu: da Cpi giorno nero per verità e giustizia
La decisione del procuratore della corte penale internazionale (Cpi), fatou bensouda, è "un giorno nero per la verità e la giustizia". Lo ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu, secondo cui è "una decisione senza basi e oltraggiosa". Una mossa che "ignora la storia e la verità quando sostiene che l'atto stesso che gli ebrei vivano nella loro patria ancestrale, la terra della bibbia, sia un crimine di guerra". Netanyahu ha ribadito che "la Palestina non è mai stata uno stato". "Non rimarremo in silenzio", ha concluso.

Olp: iniziativa Cpi positiva e incoraggiante
Saeb Erekat, segretario dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), ha definito "positiva e incoraggiante" la decisione del procuratore della Corte Penale Internazionale (Cpi) chiedere l'apertura di un'inchiesta per presunti crimini di guerra commessi nei Territori palestinesi. Inoltre, ha affermato Erekat, l'iniziativa rappresenta un ulteriore passo verso un'indagine che potrebbe "porre fine all'impunità dei responsabili" e che simboleggia "un messaggio di speranza" nel fatto che "la giustizia è possibile".


La Corte Penale Internazionale e il suo pregiudizio contro Israele
20 dicembre 2019

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... _MXajOI1vg

Dopo cinque anni dall’esame preliminare a seguito della richiesta fatta dall’Autorità Palestinese, la Corte Internazionale dell’Aia, nella persona del suo Procuratore Capo, Fatou Bensouda, ha deciso che c’è una “base” per indagare supposti crimini di guerra commessi da Israele durante l’ultimo conflitto con Hamas nell’estate del 2014.

Secondo il parere della Bensouda vi sarebbe “Una ragionevole base per credere che crimini di guerra siano stati commessi nel contesto delle ostilità del 2014 a Gaza da parte dell’IDF“.

Siamo al solito copione. Quando Israele si difende e reagisce all’offensiva del nemico, siano essi attacchi di razzi come i 4844 lanciati su Israele da Hamas nel corso delle sette settimane del 2014, o più recentemente quando jihadisti tentano di introdursi in Israele sabotando la barriera di confine con Gaza facendosi scudo di una cosiddetta Marcia per la Pace e vengono poi uccisi, si tratta sempre di “uso sproporzionato della forza”.

Nel 2009, a seguito di un altro conflitto tra Hamas e Israele, l’Operazione Piombo Fuso, il Consiglio ONU per i Diritti Umani istituì una apposita commissione per verificare se Israele avesse commesso crimini di guerra. Seguì un rapporto chiamato con il nome del presidente della commissione, Richard Goldstone, il quale addossava interamente a Israele la responsabilità del conflitto. Sennonché, nel 2011, fu lo stesso giudice Goldstone a disconoscere quel rapporto dichiarando:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

Tuttavia, Israele deve essere colpevole, a prescindere. Così, nel 2004, un altro organo, la Corte Internazionale di Giustizia, emise un parere consultivo scandaloso, qualificando la barriera difensiva di Israele “illegale”. Nessuna considerazione cogente venne fornita della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno Stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa.

Nell’ottobre del 2018, la stessa Fatou Bensouda dichiarò, relativamente al contenzioso che aveva come oggetto il villaggio beduino di Khan al’Ahmar, sito nell’Area C della Cisgiordania che se fosse stato demolito, si sarebbe trattato di un “crimine di guerra”.

Non è un caso naturalmente che né Israele né gli Stati Uniti abbiano firmato il Trattato di Roma a cui la Corte si ispira, non riconoscendo alla Corte alcun potere giurisdizionale sul proprio territorio.

In questo senso, la posizione espressa dal Procuratore di Stato Avichai Mandelblit in merito alle dichiarazioni della Bensouda non possono essere più chiare:

“La posizione legale dello Stato di Israele, che non fa parte dell’CPI, è che la Corte non abbia giurisdizione relativamente a Israele e che qualsiasi azione palestinese rivolta alla Corte non sia legalmente valida”.

La stessa adesione dello Stato Palestinese alla Corte, avvenuta nel 2015, con l’evidente scopo di trovarvi una accoglienza alle proprie istanze, pone il problema su come la Corte possa affermare la propria giurisdizione nei confronti uno Stato inesistente secondo i criteri base del Diritto Internazionale.

La Corte, dunque, non può intervenire in merito a una questione che interpella due attori, da una parte lo Stato di Israele, sul quale essa non ha alcuna giurisdizione non facendo esso parte dell’ICC, dall’altro l’entità conosciuta come “Stato palestinese”, che non essendo uno Stato non può in alcun modo rientrare nella giurisdizione della Corte.

Di cosa si tratta allora? Evidentemente di una decisione la quale evidenzia la natura squisitamente politica della Corte, ben lontana dall’imparzialità che dovrebbe connotarne l’operatività, ragione per la quale, né Israele né gli Stati Uniti le riconoscono, alcuna legittimità.


Alberto Pento
Questo pregiudizio ha un nome preciso: razzismo antisemita nella sua declinazione antisionista/antisraeliana (di cui sono affetti e infetti alcuni cristiani, tutti i social sinistri dai fascio-nazisti ai comunisti e tutti i nazi maomettani che sono i peggiori a cominciare dai nazi palestinesi).




Sinistra americana anti-israeliana: insulti a Netanyahu e politica filo-palestinese
Maurizia De Groot Vos
20 dicembre 2019

https://www.rightsreporter.org/sinistra ... pv_inKimAw

Sembrerebbe che la sinistra americana non abbia capito bene la lezione inglese. Sebbene le condizioni siano oggettivamente diverse, l’odio anti-israeliano che emerge ogni volta che parlano di politica in Medio Oriente è così evidente che anche chi non apprezza Donald Trump finisce comunque per preferirlo a qualsiasi candidato democratico.

Il più accanito anti-israeliano è paradossalmente un ebreo, Bernie Sanders, che anche ieri parlando a Los Angeles durante un dibattito tra i candidati democratici alle primarie, ha attaccato duramente la politica israeliana e in particolare quella di Benjamin Netanyahu.

«Israele ha – e lo dico come qualcuno che ha vissuto in Israele da bambino, orgogliosamente ebreo – il diritto di esistere, non solo per esistere ma per esistere in pace e sicurezza. Ma ciò che deve essere la politica estera degli Stati Uniti non è solo essere pro-Israele. Anche noi dobbiamo essere filo-palestinesi» ha detto Sanders dal palco democratico.

Poi è passato agli insulti verso Netanyahu definendolo “un razzista”. «Dobbiamo capire che proprio ora in Israele abbiamo una leadership sotto Netanyahu, che recentemente, come sapete, è stato incriminato per corruzione e che, a mio avviso, è un razzista» ha detto Sanders.

Poi ha detto che la politica americana in Medio Oriente dovrebbe essere più equa e pensare anche a Gaza dove c’è una disoccupazione giovanile pari al 60/70% come se la colpa di questa situazione sia di Israele e non dei mafiosi di Hamas che tengono deliberatamente la popolazione al limite della povertà nonostante le decine di miliardi di dollari ricevuti come aiuti umanitari e spesi in armi o trasferiti sui conti miliardari dei loro capi.

Bernie Sanders ha poi insistito ancora una volta sul fatto che gli Stati Uniti dovrebbero condizionare gli aiuti militari a Israele al fatto che Gerusalemme dovrebbe piegarsi alle richieste palestinesi sulla soluzione a due stati basata sui confini del 1967 e quindi evacuare gli insediamenti in Giudea e Samaria.

Ma non è solo Sanders ad avanzare tali ipotesi. Altri due candidati democratici, Elizabeth Warren e Pete Buttigieg, hanno espresso gli stessi concetti pur con qualche distinguo e meno insulti al governo israeliano.

Pete Buttigieg ha attaccato Trump definendo la sua politica in Medio Oriente come «incentrata a interferire efficacemente nella politica interna israeliana».

Ad insistere sulla soluzione a due stati basata sui confini del 67 è stato anche l’ex vice-Presidente, Joe Biden, pure lui in corsa per sfidare Donald Trump.

«Non c’è soluzione per Israele al di fuori della soluzione a due stati», ha detto Biden. «Dobbiamo esercitare costantemente pressioni sugli israeliani affinché si muovano verso una soluzione a due stati, a costo di usare gli aiuti per la sicurezza come arma di pressione».

Alla fine sembra che tutti i candidati repubblicani alla presidenza abbiano una linea comune per quanto riguarda la politica americana in Medio Oriente, una politica palesemente filo-palestinese e quindi anti-israeliana.

E così anche il più accanito oppositore di Donald Trump si trova nelle condizioni di non poter votare chi vorrebbe tornare alla politica filo-araba di Obama che tanti danni ha creato in Medio Oriente, danni di cui ancora ne stiamo pagando il prezzo.



Crimini di guerra: il castello di menzogne su Israele spiegato bene
Maurizia De Groot Vos
23 dicembre 2019

https://www.rightsreporter.org/crimini- ... FMItv4ZuFE

Quando venerdì scorso il Tribunale Penale Internazionale (ICC/TPI) ha annunciato l’avvio di una inchiesta per crimini di guerra contro Israele, sin da subito la stampa internazionale e ogni movimento antisemita della terra ha esultato.

Amnesty International è arrivata a scrivere che «la decisione odierna del procuratore della Corte penale internazionale è un passo storico verso la giustizia dopo decenni di crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale commessi nei territori palestinesi occupati (da Israele n.d.r.)».

In realtà il Tribunale Penale Internazionale non ha aperto alcuna inchiesta, non ancora, ma ha dichiarato di avere elementi per poterla aprire e ha delegato tre giudici della Corte (Péter Kovács, ungherese, Marc Perrin de Brichambaut, francese, e Reine Adélaïde Sophie Alapini-Gansou, del Benin) di valutare se il Tribunale Penale Internazionale ha giurisdizione per poterlo fare.

Il problema della giurisdizione non è secondario. La Palestina non è uno Stato e anche se ha aderito allo Statuto di Roma tecnicamente non può rivolgersi al Tribunale Penale Internazionale per avanzare accuse contro un altro Stato come Israele che, per di più, non ha aderito al TPI e quindi nemmeno lo riconosce.

Ma non è nemmeno questo il punto focale sulla giurisdizione del TPI su Israele. Il vero punto lo spiega bene un parere legale pubblicato dal Procuratore Generale di Israele, Avichai Mandelblit, il quale in 34 pagine spiega con dovizia di particolari perché il TPI non ha alcuna giurisdizione né su Israele né sulla cosiddetta “Palestina”.

Tra le altre cose il Procuratore Generale di Israele spiega che «anche nel caso in cui lo Statuto di Roma dovesse essere male interpretato in modo da consentire alle entità non sovrane di conferire giurisdizione alla Corte, gli accordi israelo-palestinesi esistenti chiariscono che i palestinesi non hanno giurisdizione penale né di diritto né di fatto sull’area C, Gerusalemme e sui cittadini israeliani – e quindi non possono validamente delegare tale giurisdizione alla Corte».

In sostanza è proprio lo Statuto di Roma ha stabilire che l’assenza di uno Stato sovrano palestinese interdice la Corte ad esercitare giurisdizione su quei territori indicati nell’annuncio emesso dal Tribunale Penale Internazionale, che per altro sono soggetti ad accordi riconosciuti internazionalmente i quali indicano espressamente che qualsiasi contenzioso tra le parti deve essere risolto attraverso negoziati diretti.

Le organizzazioni internazionali, tra le quali il Movimento BDS, Amnesty International e altre, affermano che l’adesione della cosiddetta “Palestina” allo Statuto di Roma nei fatti sarebbe un vero e proprio riconoscimento e che quindi i palestinesi hanno ogni Diritto a chiedere l’intervento del Tribunale Penale Internazionale.

È un’altra bugia. Proprio lo Statuto di Roma prevede che la Corte abbia giurisdizione sul “territorio di…” ovvero su uno Stato riconosciuto e con confini ben definiti. La cosiddetta “Palestina” non soddisfa nessuno di questi requisiti.

Il Procuratore Generale di Israele spiega ancora che «se il Tribunale Penale Internazionale conducesse una solida valutazione della documentazione legale e fattuale, la sua inevitabile conclusione dovrebbe essere che uno Stato sovrano palestinese non esiste e che quindi il presupposto per una sua giurisdizione su quei territori verrebbe a mancare ai sensi del Diritto Internazionale».

C’è poi un altro punto importante da valutare. Sempre secondo lo Statuto di Roma la Corte Penale Internazionale può avviare un procedimento solo se il governo di un paese non riesce a indagare adeguatamente sulle accuse ad esso rivolete. Non è il caso di Israele, una democrazia perfettamente in grado di mettere sotto accusa e giudicare i propri militari e politici nel caso compiano qualsivoglia reato, compreso quello di crimini di guerra. Gli israeliani lo hanno già ampiamente dimostrato in passato.

Fino a qui la “parte legale” che smonta il castello di menzogne messo in piedi da odiatori seriali e media in cerca di visibilità. Ora parliamo tranquillamente delle accuse rivolte a Israele.

Secondo il Tribunale Penale Internazionale l’IDF avrebbe commesso crimini di guerra a Gaza e in Giudea e Samaria. Nel primo caso i militari israeliani sono accusati di aver “deliberatamente ucciso civili palestinesi”, di “aver colpito ambulanze” e altre accuse, nel secondo caso invece l’accusa è quella di aver “deportato” la popolazione araba per costruire insediamenti il che, secondo il Diritto Internazionale, sarebbe un crimine di guerra in quanto Israele è considerato “potenza occupante”.

Ora, nel caso di Gaza l’accusa è inventata di sana pianta. L’esercito israeliano è riconosciuto dai più alti livelli militari mondiali come il più “eticamente corretto”, quello cioè che più di tutti tra gli eserciti regolamentari mette in primo piano la salvezza dei civili. Ma la cosa diventa difficile da fare se i terroristi palestinesi usano i civili come scudi umani o se posizionano le loro basi sotto gli ospedali, se posizionano le batterie di missili in mezzo alle case o se, ancora, trasportano uomini armati e armi all’interno di ambulanze.

L’uccisione accidentale di civili da parte israeliana è quindi la conseguenza di una deliberata strategia portata avanti in maniera conscia dai terroristi palestinesi e non di una deliberata decisione dei vertici militari o politici israeliani.

Per quanto riguarda invece la “deportazione” di popolazione araba per costruire insediamenti è davvero una balla colossale. Nessun cittadino arabo è stato forzato a lasciare la propria terra per costruire insediamenti che invece sono costruiti in zone non abitate e spesso aride, non adatte nemmeno alla pastorizia. Se poi gli israeliani sono bravi nel trasformare il deserto in verdi oasi non è certo un crimine.

Concludendo, si mettano il cuore in pace i giudici strumentalizzati e gli odiatori seriali. Nessuno può accusare Israele di crimini di guerra, sia dal lato del Diritto Internazionale che da quello dei fatti oggettivi. Basta solo informarsi un pochino in maniera oggettiva.



La Corte Penale Internazionale e il retroscena

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... UVBuEXAm_c

È di questi giorni la notizia che la Corte Penale Internazionale, attraverso il parere di un suo giudice, il Procuratore Capo Fatou Bensouda, possa aprire un procedimento contro Israele per crimini di guerra. Se, dalla fase dell’esame preliminare si passerà al procedimento effettivo, esso avrà pesanti ripercussioni per numerosi politici e militari israeliani. E’ utile ricordare che i procedimenti della Corte Penale Internazionale sono rivolti contro le persone e non contro gli Stati.

In passato, per tre volte, il Procuratore Capo Bensouda ha respinto, perché non vi erano gli estremi, un procedimento contro Israele sempre per “crimini di guerra”. E’ accaduto relativamente alla vicenda della Mavi Marmara del 2010, la nave che faceva parte di una flottiglia allestita da un’organizzazione terroristica turca, la IHH, “mascherata” da organizzazione umanitaria, con l’intenzione di rompere il blocco navale, legittimo, che Israele aveva imposto a Gaza per prevenire il traffico di armi gestito da Hamas. La presa di controllo della nave da parte di Israele costò la vita a 10 cittadini turchi. La richiesta di procedimento fu richiesta dalle Isole Comore nel maggio del 2013. Richiesta respinta dal giudice Bensouda. La richiesta fu, nuovamente, ripresentata da una camera pre-processuale della stessa Corte Penale Internazionale su insistenza delle Comore nel luglio 2015 e nuovamente rigettata dal giudice Bensouda. Infine – caso unico al mondo – ripresentata per la terza volta nel settembre del 2019 e cassata definitivamente il 2 dicembre. In che cosa di diversifica l’atteggiamento del giudice in merito al caso della Mavi Marmara e quello attuale dei presunti “crimini di guerra” di Israele in Giudea, Samaria, Gerusalemme e Striscia di Gaza?

Nel primo caso si è trattato di un “semplice” caso di verifica del rispetto o meno del diritto internazionale in una azione di autodifesa. Nel secondo si stratta di un “difficile” caso dove il diritto internazionale è completamente soppiantato da una logica politica, portata avanti in maniera maniacale da ONU, UE e dagli USA – cominciando co l’Amministrazione Carter e proseguendo fino all’Amministrazione Obama– che vede in Israele una “forza occupante” di “territori palestinesi” a prescindere della validità storica e giuridica di questo assunto.

I presupposti per individuare supposti “crimini di guerra”, sono essenzialmente due: la costruzione di abitazioni in Giudea, Samaria (Cisgiordania o West Bank) compresa Gerusalemme, e l’uso “sproporzionato” della forza nella Striscia di Gaza. Il primo presupposto si fonda sul Memorandum Hansell scritto da un giurista americano tra il 1978-1979 per volontà dell’allora presidente americano Jimmy Carter.

Nel suo memorandum, Hansell sostenne l’idea che Israele violasse il diritto internazionale e più precisamente l’art. 49 comma VI della IV convenzione di Ginevra del 1949, permettendo l’insediamento di civili in Giudea, Samaria e Gerusalemme. Il testo dell’articolo è il seguente:

Art. 49 Comma VI:

“La Potenza occupante non potrà procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato.”

Sull’interpretazione data da Hansell a questo comma dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra si è costruita tutta intera la tesi dell’illegalità della presenza ebraica in Giudea, Samaria e Gerusalemme.

E’ opportuno ribadire che questa tesi non ha fondamento per due semplici ragioni:

Non si può parlare di “territori occupati” perché questi territori furono assegnati al popolo ebraico con il Mandato britannico di Palestina del 1922. Inoltre con gli accordi di Oslo del 1995 le aree dove sorgono i così detti “insediamenti” sono state riconosciute, dai palestinesi stessi, come di pertinenza esclusiva israeliana (area C) e di amministrazione mista area B. Quindi pienamente legali.
Considerare la presenza di civili ebrei in Giudea, Samaria e Gerusalemme come conseguenza di “deportazione o trasferimento” coatto non ha basi giuridiche (e di buon senso). Nel commentario della Croce Rossa Internazionale del 1958 sul terzo paragrafo della IV Convenzione di Ginevra (utilizzato in tutto il mondo giuridico sul tema dell’occupazione) si ribadisce in modo inequivocabile che per “ deportazione o trasferimento” si intende un’azione coatta sotto la minaccia delle armi, e si riferisce all’opera di deportazione e colonizzazione che fece la Germania nazista durante la Seconda Guerra mondiale quando invase i paesi dell’Est Europa. Cosa evidentemente non applicabile a Israele e ai “territori”, in quanto, in questo caso, la popolazione civile è tornata, in taluni casi, dopo essere stata cacciata dai giordani, in altri casi acquistando un terreno ed edificando, in altri ancora, andando a vivere in zone diverse e sparse sul territorio e mai in un luogo unico e concentrato, cioè in modo indipendente e senza imposizioni governative. Lo evidenzia anche il fatto che in diverse circostanze sono state demolite abitazioni costruite abusivamente e senza autorizzazioni con sentenza della stessa Corte Suprema israeliana.

La tesi di Hansel venne disconosciuta dall’Amministrazione Reagan ma è rimasta in voga in ambito internazionale. La sua flagrante pretestuosità è dimostrata dal fatto che in nessun caso al mondo – di reale occupazione – il comma 6 dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra sia mai stato applicato. Per di più non fu mai applicato neanche ai territori stessi di Giudea e Samaria durante l’illegale occupazione giordana durata del 1948 al 1967. Si è iniziato ad applicarlo politicamente, esclusivamente, a Israele, a partire dal 1978.

Il memorandum Hansell prevedeva la fine dell’”illegalità”, della presenza ebraica nei territori, nel momento in cui si fosse trovato un accordo con la Giordania. Cosa che è avvenuta nel 1994 con il trattato di pace tra i due paesi con il quale, la Giordania ha rinunciato definitivamente a ogni rivendicazione sopra i territori ad ovest del fiume Giordano.

Alla luce di ciò, se non è applicabile il comma 6 dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra, e il memorandum Hansell è di fatto terminato con il trattato di pace tra Giordania e Israele, come ha fatto la presenza ebraica in Giudea e Samaria a diventare addirittura un “crimine di guerra”?

In virtù di quello che è uno degli organismi internazionali più politicizzati assieme al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e all’Assemblea Generale – il Tribunale Penale Internazionale. Ciò accadde con il Trattato di Roma del 1998 con cui si decise di far diventare crimini di guerra i divieti, imposti ad un paese occupante, sanciti dalla IV Convenzione di Ginevra.

Nello Statuto della Corte Penale Internazionale, approvato con il Trattato di Roma del 1998 e diventato operativo a partire dal 2002 dopo la ratifica di Istanbul del 2002, al suo articolo 8 comma VIII si legge:

“Il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio”.

Questo articolo è praticamente identico all’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra con la fondamentale aggiunta dell’inciso, diretto o indiretto, relativo al trasferimento della popolazione. E’ una aggiunta di estrema importanza per due motivi:

1) Da conferma che l’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra prevedeva solo il trasferimento o la deportazione coatta di popolazione altrimenti non ci sarebbe stata necessità di questa aggiunta. E questo sconfessa la “dottrina Hansell” se c’erano dei dubbi.

2) La lettura dei verbali di stesura dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale, ci fa capire in modo inequivocabile che furono i paesi dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica a volere fortemente l’inserimento di questo inciso con il chiaro intento di poterlo utilizzare un giorno contro Israele.

Il Tribunale Penale Internazionale è stato creato con modalità politiche del tutto simili a quelle relative all’Assemblea Generale. I paesi che vi hanno aderito sono 122 su 193 riconosciuti dall’ONU. Non vi hanno aderito tra gli altri Israele e gli USA. L’Amministrazione Clinton aveva firmato il trattato di Roma con molte riserve poi però il Congresso non lo ha ratificato rendendo nulla la firma. Nel 2002, il presidente George W. Bush, su indicazione di John Bolton, firmò una legge l’ “American Service Members’ Protection Act”, con la quale di fatto si autorizzano i presidenti USA ad utilizzare “tutti i mezzi” per liberare i soldati e il personale americano all’estero che, eventualmente, venisse condannato dal Tribunale Penale. Questa legge sancisce l’illegalità, per gli USA, dei provvedimenti del tribunale.

Dal 2015 è subentrato un centoventitreesimo Stato firmatario che uno Stato non è: la Palestina il cui ingresso contravviene lo stesso Statuto del tribunale. Per suo Statuto il Tribunale prevede, come tutti gli altri organismi internazionali riconosciuti dall’ONU, che vi possano aderite solo gli Stati riconosciuti cioè quelli con le caratteristiche legali previste dalla Convenzione di Montevideo. Lo “Stato di Palestina” non ha nessun requisito minimo per essere riconosciuto come tale, tanto è vero che non è riconosciuto come Stato dall’ONU, in quanto è necessario il riconoscimento da parte del Consiglio di Sicurezza che è l’unico organismo legale deputato a farlo. Si è trovato però il modo di aggirare l’ostacolo facendolo diventare “Stato Osservatore” tramite la decisione politica di un organismo squisitamente politico: l’Assemblea Generale dell’ONU. Questo sotterfugio ha permesso allo “Stato di Palestina” di venir accettato, presso il Tribunale Penale Internazionale nel 2015, ingresso a cui ha fatto immediatamente seguito da parte del suo rappresentante una denuncia nei confronti di Israele per “crimini di guerra”.

Va altresì sottolineato che la Corte Penale Internazionale agisce quando, in un Stato indipendente o in uno soggetto ad occupazione, avvengono dei presunti crimini e il sistema giudiziario dello Stato denunciato, per le più svariate ragioni, non ha l’autonomia o le capacità di giudicare i presunti colpevoli. Quindi, il tribunale si sostituisce all’autorità giudiziaria locale. In pratica si riconosce l’incapacità di uno Stato di poter garantire giustizia per dei crimini commessi al proprio interno. Applicando questo principio ad uno Stato di diritto come Israele con il suo sistema giudiziario altamente autonomo e garantista, ad iniziare dalla Corte Suprema, se ne delegittima completamente la legalità. Ed è questa, in ultima analisi, la finalità: delegittimare Israele come Stato di diritto oltre che come “forza occupante illegale” che non sarebbe in grado di perseguire i responsabili dei “crimini di guerra”.

Le motivazioni squisitamente “politiche” e non di diritto che hanno portato il giudice Fatou Bensouda a intravedere le basi di un procedimento contro Israele sono le seguenti:

L’accettazione della denuncia dello “Stato di Palestina” è un atto politico e non ha basi giuridiche, perché come evidenziato, si tratta di un “Stato” che ha solo i requisiti politici (decisione Assemblea Generale) e non giuridici (Consiglio di Sicurezza) per essere considerato tale.

Per fare degli esempi è come se un giorno, politicamente e non legalmente, si accettassero le istanze dei catalani, dei baschi, dei nord irlandesi o dei lombardi per denunciare i governi centrali dei paesi di cui fanno parte.

Seconda considerazione: il giudice asserisce nella sua motivazione a procedere, che ci sono delle basi in quanto si tratta di “territori occupati palestinesi” in base unicamente al fatto che così sono descritti da “numerose risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU” che però è un organo politico e non giuridico, e non entra mai in merito se dal punto di vista del diritto internazionale, li si possa considerare tali. Si tratta dunque di una considerazione politica e non legale, esattamente come, nel 2004, si espresse la Corte di Giustizia Internazionale in merito alla barriera difensiva di Israele.

Terza considerazione: il giudice non esprime un’opinione sul fatto che Israele abbia un sistema legale che possa autonomamente ravvisare violazioni dei diritti umani o “crimini di guerra”. Quindi se ritiene necessaria un’azione del Tribunale Penale Internazionale cio vuol dire che Israele non ha un sistema giudiziario all’altezza e implicitamente ne delegittima il sistema.

Quarta considerazione: nessun altro caso simile è mai stato aperto. In nessun caso di reale occupazione, per citare solo le più note: Cipro, Cambogia, Timor Est, Libano, Crimea, Sahara Occidentale, Nagorno Karabach, sono mai state ravvisati gli estremi per aprire procedure in base all’art. l’art. 49 comma VI della IV convenzione di Ginevra del 1949 o per “crimini di guerra” in base all’art. 8 comma VIII dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale.

Il diritto per essere tale deve essere universale e applicabile a tutti i casi in egual modo e non una volta si e dieci no altrimenti è meramente un fatto politico e non giuridico.

Si può affermare senza ombra di dubbio che il voler vedere un “crimine di guerra”, nella costruzione di case e nel permettere a dei comuni cittadini che lo desiderano di risiedere in un territorio non occupato, non ha nulla a che fare con il diritto ma ha solo a che spartire con la politica.

In merito al presunto uso sproporzionato della forza, il diritto internazionale è molto vago e suscettibile di varie interpretazioni. Diventa assai difficile poterlo applicare in casi di conflitto “standard” cioè tra due eserciti e relative azioni militari che colpiscono la popolazione civile durante gli avvenimenti bellici ma diventa quasi impossibile in casi di guerra “asimmetrica” cioè tra uno Stato e un’organizzazione terroristica che fa uso della popolazione civile come scudo umano. Di questi casi negli ultimi anni se ne sono verificati molti: Hamas a Gaza, ISIS in Siria e Iraq, i Talebani in Afganistan per citare i più noti. In questo momento nessun organismo internazionale ha provato a definire e codificare situazioni di questo genere per capire dove si trova il confine legale tra un’azione militare e un uso “sproporzionato” della forza. Sicuramente si può affermare che Israele, di tutti gli Stati, oggi, coinvolti in guerre asimmetriche è quello che ha posto le maggiori attenzioni per ridurre le vittime civili.

Comunemente si pensa, perché cosi lasciano intendere i politici e gli “esperti”, che se una delle due parti in guerra subisce più vittime civili è la vittima, mentre l’altro diventa inevitabilmente, colpevole di uso “spropositato” della forza a prescindere dalle ragioni o dai torti, ma non è così per il diritto internazionale, perché bisogna tenere in considerazione i molti fattori (non il mero numero dei morti), adottati dagli eserciti per ridurre al minimo le vittime civili durante gli scontri tra cui tutti i dispositivi per assicurare la difesa dei civili.

Per il diritto internazionale l’uso proporzionato della forza è la forza militare necessaria per raggiungere un obiettivo militare che non deve essere superiore all’obiettivo posto. Se riduciamo la legalità dell’intervento militare al solo numero di vittime di una parte o dell’altra dicendo che ha “legalmente ragione” chi ha subito più morti a prescindere dal fatto di chi è l’aggressore o l’aggredito o se ha utilizzato dei civili come scudi o ha fatto di tutto per proteggerli, possiamo affermare senza tema di smentita che la Germania di Hitler e il Giappone di Hirohito avevano ragione e gli USA e gli alleati torto.

La qualifica “uso sproporzionato della forza” relativamente alla reazione di Israele ai lanci di razzi da parte di Hamas durante l’ultimo conflitto nella Striscia, quello del 2014, o durante la risposta di Israele ai tentativi di penetrazione all’interno dello Stato da parte di miliziani di Hamas e della Jihad Islamica, durante la cosiddetta Marcia della Pace del 2018, non solo è estremamente problematica, considerata la modalità dell’aggressore di utilizzare i civili come scudi umani o di farsi schermo della popolazione, ma viene abitualmente usata in modo del tutto strumentale.








Le ignobili accuse della Corte Penale Internazionale contro Israele
Niram Ferretti
21 Ottobre 2018

https://www.progettodreyfus.com/corte-p ... e-israele/

Ci dice Fatou Bensouda, procuratore capo della Corte Penale internazionale, l’organizzazione che recentemente John Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, ha platealmente sconfessato come un’organizzazione di parte, che se il villaggio beduino di Khan al’Ahmar sito nell’Area C della cosiddetta Cisgiordania, verrà demolito, si tratterà di un “crimine di guerra”. Non solo, la Bensouda, allarmata, avverte che terrà gli occhi bene aperti, non wide shut, su quello che succede ai confini di Gaza e Israele dove, la violenza è perpetrata “dagli attori di ambo le parti”. Quando si dice l’equanimità.

La violenza è violenza, naturalmente, e anche durante la seconda guerra mondiale i nazisti e gli angloamericani esercitavano violenza da ambo le parti, poi tocca intendersi su cosa rappresentavano e cosa rappresentano le due parti in contesa. Da una parte, per tornare all’attualità, Hamas che organizza una finta marcia per la pace e sguinzaglia miliziani il cui scopo è quello di introdursi oltre confine e non per portare ceste di fiori e frutta, dall’altra l’esercito regolare di uno stato democratico che spara e uccide soprattutto questi miliziani. Ma lasciamo a San Tommaso D’Aquino simili sottili distinzioni.

La Corte Penale Internazionale dell’Aia è la medesima che nel 2004 ha qualificato la barriera difensiva di Israele come illegale. Nessuna considerazione cogente venne data nel dispositivo della sentenza della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa. Non a caso né Israele né gli stati Uniti hanno firmato il Trattato di Roma a cui la corte si ispira.

Ma Fatou Bensouda terrà gli occhi bene aperti su quello che accadrà in “Cisgiordania”, dopo che l’Alta Corte di Israele, ha rigettato l’appello contro la demolizione del villaggio, assurto a simbolo della “resistenza” araba contro la protervia sionista. Conta poco che secondo la legge israeliana il villaggio sia abusivo. Come possono gli israeliani decretare che qualcosa è abusivo se sono abusivi essi stessi? Così ci dicono, non Fatou Bensouda, che, non abbiamo dubbi, è giudice imparziale come Cassio era uomo d’onore, ma i paladini dei Diritti Umani, per i quali probabilmente, è giusto ciò che è scritto nello Statuto di Hamas del 1988, dove tutta la Palestina è considerata un waqf (dotazione perenne) islamica.

D’altro canto Israele è abituata a essere accusata di crimini di guerra, è una costante. Dalla fantomatica pulizia etnica del 1948-49 che ha moltiplicato negli anni la popolazione araba (unico caso al mondo), alle altre nefandezze compiute, come a Jenin nel 2002, quando dopo il virulento scontro tra esercito israeliano e arabi-palestinesi, Yasser Arafat decretò che il “massacro di Jenin” poteva essere paragonato solo all’assedio di Stalingrado, seguito a stretto giro di posta da Saeb Erekat, il capo negoziatore palestinese che dichiarò alla stampa: “Il numero di morti si aggira sui 500”, aggiungendo: “Il campo profughi di Jenin non esiste più, e abbiamo notizia che vi avvengono esecuzioni di massa”.

Il numero effettivo dei morti a Jenin fu di 53 palestinesi e 23 soldati israeliani. Ci fu poi il rapporto Goldstone del 2009 quando Israele venne ancora accusata di crimini di guerra dopo l’Operazione Piombo Fuso, sennonché fu lo stesso Goldstone, nel 2011, a disconoscere l’impianto accusatorio del suo rapporto come scrisse sul Washington Post:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

E si potrebbe andare avanti ancora a lungo, ma per brevità arriveremo ai giorni nostri, e alla Marcia per il Ritorno, durante la quale sarebbero stati uccisi dagli spietati cecchini israeliani “ragazzi inermi” (Massimo D’Alema), o “pacifici manifestanti”, così qualificati da buona parte della stampa, i quali, Hamas stesso annunciò, erano propri miliziani.

Sì, vanno davvero tenuti gli occhi bene aperti su Israele e i suoi crimini di guerra. A Berlino dicono ci sia un giudice, pardon, all’Aia.


La Corte Penale Internazionale e il suo pregiudizio contro Israele
Niram Ferretti
20 Dicembre 2019

http://www.linformale.eu/la-corte-penal ... o-israele/

Dopo cinque anni dall’esame preliminare a seguito della richiesta fatta dall’Autorità Palestinese, la Corte Internazionale dell’Aia, nella persona del suo Procuratore Capo, Fatou Bensouda, ha deciso che c’è una “base” per indagare supposti crimini di guerra commessi da Israele durante l’ultimo conflitto con Hamas nell’estate del 2014.

Secondo il parere della Bensouda vi sarebbe “Una ragionevole base per credere che crimini di guerra siano stati commessi nel contesto delle ostilità del 2014 a Gaza da parte dell’IDF“.

Siamo al solito copione. Quando Israele si difende e reagisce all’offensiva del nemico, siano essi attacchi di razzi come i 4844 lanciati su Israele da Hamas nel corso delle sette settimane del 2014, o più recentemente quando jihadisti tentano di introdursi in Israele sabotando la barriera di confine con Gaza facendosi scudo di una cosiddetta Marcia per la Pace e vengono poi uccisi, si tratta sempre di “uso sproporzionato della forza”.

Nel 2009, a seguito di un altro conflitto tra Hamas e Israele, l’Operazione Piombo Fuso, il Consiglio ONU per i Diritti Umani istituì una apposita commissione per verificare se Israele avesse commesso crimini di guerra. Seguì un rapporto chiamato con il nome del presidente della commissione, Richard Goldstone, il quale addossava interamente a Israele la responsabilità del conflitto. Sennonché, nel 2011, fu lo stesso giudice Goldstone a disconoscere quel rapporto dichiarando:

“Se avessi saputo allora quello che so oggi, il Rapporto Goldstone sarebbe stato un documento diverso. Le accuse di premeditazione da parte di Israele erano fondate sulle morti e le ferite dei civili in situazioni nelle quali la nostra missione intesa a verificare i fatti non disponeva di nessuna prova sulla base della quale potere giungere a conclusioni diverse. Mentre le investigazioni pubblicate dall’esercito israeliano e accettate nel rapporto del comitato delle Nazioni Unite, hanno stabilito la validità di alcuni episodi da noi investigati relativamente a casi concernenti soldati singoli, esse indicano anche che i civili non vennero presi intenzionalmente di mira…”

Tuttavia, Israele deve essere colpevole, a prescindere. Così, nel 2004, un altro organo, la Corte Internazionale di Giustizia, emise un parere consultivo scandaloso, qualificando la barriera difensiva di Israele “illegale”. Nessuna considerazione cogente venne fornita della ragione fondamentale per la sua costruzione; la salvaguardia della popolazione israeliana dalla violenza terroristica. Per la Corte, infatti, l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno Stato armato. La virulenta ondata terroristica abbattutasi su Israele durante la Seconda Intifada non rappresentava per i giudici della Corte una ragione sufficiente perché esso dovesse dotarsi di una forma di difesa.

Nell’ottobre del 2018, la stessa Fatou Bensouda dichiarò, relativamente al contenzioso che aveva come oggetto il villaggio beduino di Khan al’Ahmar, sito nell’Area C della Cisgiordania che se fosse stato demolito, si sarebbe trattato di un “crimine di guerra”.

Non è un caso naturalmente che né Israele né gli Stati Uniti abbiano firmato il Trattato di Roma a cui la Corte si ispira, non riconoscendo alla Corte alcun potere giurisdizionale sul proprio territorio.

In questo senso, la posizione espressa dal Procuratore di Stato Avichai Mandelblit in merito alle dichiarazioni della Bensouda non possono essere più chiare:

“La posizione legale dello Stato di Israele, che non fa parte dell’CPI, è che la Corte non abbia giurisdizione relativamente a Israele e che qualsiasi azione palestinese rivolta alla Corte non sia legalmente valida”.

La stessa adesione dello Stato Palestinese alla Corte, avvenuta nel 2015, con l’evidente scopo di trovarvi una accoglienza alle proprie istanze, pone il problema su come la Corte possa affermare la propria giurisdizione nei confronti uno Stato inesistente secondo i criteri base del Diritto Internazionale.

La Corte, dunque, non può intervenire in merito a una questione che interpella due attori, da una parte lo Stato di Israele, sul quale essa non ha alcuna giurisdizione non facendo esso parte dell’ICC, dall’altro l’entità conosciuta come “Stato palestinese”, che non essendo uno Stato non può in alcun modo rientrare nella giurisdizione della Corte.

Di cosa si tratta allora? Evidentemente di una decisione la quale evidenzia la natura squisitamente politica della Corte, ben lontana dall’imparzialità che dovrebbe connotarne l’operatività, ragione per la quale, né Israele né gli Stati Uniti le riconoscono, alcuna legittimità.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ebrei, Israele, confini, legittima difesa, nazismo islam

Messaggioda Berto » mer mar 10, 2021 10:22 pm

Gravissima persecuzione della Corte Penale Internazionale contro Israele
Franco Londei
Febbraio 6, 2021

https://www.rightsreporter.org/gravissi ... o-israele/

Ieri la Corte Penale Internazionale ha stabilito in maniera assolutamente autonoma e arbitraria che Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza rientrano nella sua giurisdizione.

La mossa è chiaramente mirata ad esporre funzionari e militari israeliani a procedimenti penali per ipotetiche violazioni dei Diritti Umani e apre la strada a una pioggia di denunce da parte dei palestinesi e dei loro supporter.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha condannato fermamente la decisione della Corte penale internazionale e ha ordinato al suo gabinetto di non commentare pubblicamente la questione.

“Oggi, la corte ha dimostrato ancora una volta di essere un organo politico e non un’istituzione giudiziaria”
Benjamin Netanyahu

“Oggi, la corte ha dimostrato ancora una volta di essere un organo politico e non un’istituzione giudiziaria”, ha detto Netanyahu in una nota.

“Il tribunale sta ignorando i veri crimini di guerra e sta perseguitando invece lo Stato di Israele, un paese con un forte regime democratico, che santifica lo stato di diritto e non è nemmeno un membro della corte” ha poi concluso il Premier israeliano.

“Con questa decisione, il tribunale ha violato il diritto delle democrazie di difendersi dal terrorismo. Continueremo a proteggere i nostri cittadini e soldati in ogni modo dalla persecuzione”.

Già la Corte Penale Internazionale aveva violato la legge quando nel 2015 aveva accettato di farvi entrare uno Stato che non esiste, la Palestina. E anche allora si pensò che il motivo per cui si violava così palesemente la legge internazionale fosse solo ed esclusivamente quello di perseguitare Israele.

Oggi, purtroppo, abbiamo la conferma di quanto a suo tempo si sospettava.

Adesso ci aspettiamo una forte presa di posizione, prima di tutto dagli Stati Uniti e poi anche dalle altre grandi potenze mondiali.

Poi ci aspettiamo un immediato passo indietro della Corte Penale Internazionale che non può ergersi a legislatore di se stessa auto-attribuendosi competenze che non può avere.

E se la Corte Penale Internazionale volesse proseguire su questa strada e se fosse una struttura onesta e imparziale, dovrebbe prima di tutto indagare sui crimini commessi da Hamas e dagli altri gruppi terroristici, a partire dal lancio premeditato di migliaia di missili contro la popolazione civile israeliana.

Ma sarebbe chiedere troppo a un organismo che – ormai è sempre più chiaro – è fortemente politicizzato e sempre più parziale nelle sue decisioni.



Natanyahu risposponde alla decisione della Corte penale internazionale della Corte penale internazionale) https://www.facebook.com/LikudherutUK/v ... 224138094/



Il Dipartimento di Stato americano si oppone alla decisione della Corte penale internazionale dell'#Aia
Un portavoce del Dipartimento di Stato ha detto che gli Stati Uniti si sono opposti a una decisione secondo cui la Corte penale internazionale ha giurisdizione sui presunti crimini di guerra commessi nei territori palestinesi.
Israele respinge la decisione e intende difendere i propri funzionari da qualunque persecuzione.
È importante precisare che la responsabilità penale è individuale e mai collettiva, chi crede che Israele smetterà di difendersi è un illuso e rimarrà deluso.


La Corte penale internazionale dell' Aia ha riconosciuto la Palestina come Stato.
https://www.facebook.com/photo?fbid=366 ... 1301468018








Il Procuratore capo della Corte Penale Internazionale, la gambiana Fatou Bensouda, che sin dal suo insediamento nel 2012 ha dimostrato una evidente avversione ideologica verso Israele

https://it.wikipedia.org/wiki/Fatou_Bensouda
La sua famiglia di origine è poligamica, avendo il padre due mogli. Fatou Bensouda è sposata e ha tre figli. Suo marito è un uomo d'affari.




VERGOGNOSA DECISIONE DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE DELL'AJA CONTRO ISRAELE
Per la Corte penale internazionale de L’Aja Israele va processato: una decisione a senso unico contro Gerusalemme sotto la spinta di Ong, gruppi terroristi e “amici europei”
di Davide Racca
7 febbraio 2021

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 8414625160

Secondo la sentenza emessa ieri dalla Corte penale internazionale de L’Aja Israele va processato. La decisione autorizza il procuratore capo, Pato Bensuda, ad aprire un’indagine sui “crimini di guerra israeliani” e ha stabilito, violando i principi di sovranità, che l’indagine possa svolgersi in Giudea e Samaria oltre che nei territori governati dall’Autorità nazionale palestinese.
La decisione dei giudici de L’Aja, oltre che condizionata fortemente dalla spinta di varie ong che agiscono deliberatamente in funzione anti-israeliana, è in palese contrasto con la mancata ratifica di Israele degli accordi che furono alla base della costituzione della corte penale internazionale. Infatti, i paesi che aderiscono allo Statuto di Roma sono 123 (stima dell’ottobre 2017) mentre altri 32 paesi hanno firmato ma non ratificato il trattato e fra questi, Israele, Russia, Stati Uniti e Sudan.
Nelle intenzioni dell’organismo de L’Aja, la delega al magistrato con la possibilità di svolgere investigazioni sui luoghi teatro dei presunti crimini, potendo coinvolgere nelle indagini anche membri dei governi competenti per territorialità e, potenzialmente, di emettere ordini di fermo/arresto anche nei confronti delle autorità delegate a imporre il rispetto delle leggi sul territorio nazionale.
A seguito di tale deliberazione, appare chiaro l’intento di indurre le presunte vittime a proporre denunce a raffica contro le autorità israeliane e le forze di difesa dello Stato ebraico, nella speranza di ottenere anche lauti rimborsi.
A parere dei giudici della corte penale internazionale, la cui decisione è stata approvata a maggioranza, la “Palestina”, i cui confini risalgono al 1967 e comprendono Gerusalemme est, è uno Stato membro della Corte internazionale di giustizia. Questo “particolare” è stato sottolineato dalla Corte dietro richiesta del magistrato delegato alle indagini che ha chiesto al tribunale di determinare i confini territoriali entro i quali deve essere condotta l’indagine sulla commissione di presunti crimini di guerra.
Ma non è certo questo il primo caso nel quale gli organismi internazionali vengono strumentalizzati e utilizzati per i fini dei nemici di Israele, anche in forza di “patti segreti” stipulati da vari Governi europei con le varie entità terroriste che operano in funzione antisionista per evitare il compimento di azioni violente sul territorio Continentale.
E neanche stupisce l’arbitrarietà con la quale la “decisione” è stata determinata sotto la continua spinta di varie entità che, nel corso degli ultimi anni, hanno inteso produrre il massimo sforzo allo scopo di tutelare le vittime di una violenza dagli stessi profusa e condannare coloro i quali sono delegati a prevenire e reprimere ogni tipo di aggressione.
Tra gli emeriti soggetti dediti al sostegno delle presunte “vittime”, il procuratore della Corte Fatou Bensouda che da anni insiste per poter svolgere indagini in merito ad eventi avvenuti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, sostenendo la sussistenza di “basi ragionevoli” per credere alla commissione di crimini di guerra, ed indicando come possibili indagati sia l’esercito israeliano, che gruppi palestinesi come Hamas.


NETANYAHU: "INDAGINE L'AJA CONTRO ISRAELE E' ANTISEMITISMO RAFFINATO"
A proposito della ignobile decisione della Corte Penale Internazionale contro Israele, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו ha rilasciato un’aspra dichiarazione:
“Quando la Corte internazionale di giustizia de L’Aja indaga su Israele per crimini di guerra completamente falsi, è un antisemitismo raffinato. Questo tribunale è stato istituito per prevenire atrocità come l’Olocausto nazista contro il popolo ebraico, ora sta attaccando l’unico Stato del popolo ebraico. In primo luogo, afferma scandalosamente che quando gli ebrei vivono nella loro patria, a Shiloh, Hebron, Beit El, persino nella nostra capitale Gerusalemme, questo è un crimine di guerra. Secondo, sostiene che quando i nostri eroici soldati ci difendono dai terroristi che vengono ad uccidere i nostri figli, lanciano missili nelle nostre città, anche loro stanno commettendo un crimine di guerra. Ovviamente questo tribunale di tendenza, che fa queste accuse deliranti contro l’unica democrazia in Medio Oriente chiamata Israele – si rifiuta di indagare sui veri crimini di guerra commessi da dittature crudeli come Iran e Siria quasi ogni giorno”.
E conclude rivolgendosi agli israeliani: “State uniti, difendete i nostri soldati che ci proteggono, difendete la nostra patria con tutte le nostre forze. Questa palese ingiustizia grida al cielo, non ci arrenderemo mai “.


Tribunale politico
David Elber
6 Febbraio 2021

http://www.linformale.eu/tribunale-politico/

Nel giugno del 2020, l’allora Segretario di Stato americano Mike Pompeo dichiarò la Corte Penale Internazionale un “tribunale illegale” privo di alcuna giurisdizione nei confronti degli Stati Uniti e annunciò sanzioni economiche nei confronti dei membri della corte impegnati a investigare funzionari o soldati americani.

Ieri, dopo solo due settimane dall’insediamento della nuova amministrazione USA, la Corte Internazionale che avrebbe dovuto pronunciarsi già in estate su Israele per presunti crimini di guerra, ha, in Camera pre-processuale, ritenuto di procedere contro Israele per fatti relativi al conflitto del 2014 e alla sua azione in Giudea e Samaria. Un’accusa fino ad oggi riservata a pochissimi casi nel mondo. Ma prima di entrare in merito alle accuse e su che cosa poggino è opportuno fare qualche considerazione.

Non sembra casuale il tempismo di questa decisione presa dopo che Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca. L’istruttoria nei confronti di Israele era stata incardinata alla fine del 2019 dal procuratore capo, giudice Fatouh Bensouda, su richiesta dell’inesistente Stato di Palestina.

La decisione della Corte Penale Internazionale va vista con chiarezza alla luce della sua ragione d’essere, che è esclusivamente politica e non giuridica. Per adesso il portavoce della Casa Bianca si è limitato a manifestare “preoccupazione”, alla quale si vedrà se seguiranno fatti concreti.

Dopo quattro anni di amministrazione Trump, riprende vigore la “guerra pseudo legale” contro Israele che aveva contraddistinto i due mandati obamiani culminati con la famigerata Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza del dicembre 2016. Questa risoluzione, assieme ad altre risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU, è uno dei puntelli non legali ma politici che sono alla base del procedimento messo in atto contro Israele.

Non ci possono essere dubbi sul fatto che l’ICC sia un organismo tra i più politicizzati – assieme al Consiglio per i diritti umani dell’ONU – a livello mondiale, è la stessa Camera che lo dichiara candidamente citando esclusivamente fonti politiche e non giuridiche per la decisione presa.

Per capire come si è potuti arrivare a questo punto, è opportuno ricostruire il clima politico che ne ha permesso lo svolgimento.

I fatti

Tutto è iniziato nel 2015 quando il non Stato di Palestina è stato ammesso in seno all’ICC. Cosa già di per se illegale in base allo Statuto della stessa ICC. Ma al tempo si era in pieno della seconda amministrazione Obama e in dirittura d’arrivo per l’accordo sul nucleare iraniano che vedeva gli USA e la UE non ammettere divergenze, mentre Israele era in prima linea contro tale l’accordo. Poi, come detto in precedenza, arriva nel 2016 la Risoluzione 2334 (fortemente voluta da Obama) che fornisce un “randello politico” senza precedenti che sarà subito utilizzato dal procuratore capo Bensouda per avviare le indagini e in modo particolare sugli “insediamenti illegali” (anche se non c’è una sola norma del diritto internazionale che li qualifichi come tali). Il procedimento è così avviato ma rimane in “sospeso” per le forti pressioni dell’amministrazione Trump. Rimpiazzati Trump e il suo Segretario di Stato Mike Pompeo, la procedura è ripartita con la decisione di venerdì 5 febbraio della Camera pre processuale. Che ci fosse di mezzo la politica e non la giustizia era chiaro fin dal 2015 con l’ammissione del non Stato di Palestina.

Si immagini cosa potrebbe accadere se l’ICC, andando contro il suo stesso Statuto, ammettesse come paese membro, la provincia autonoma cinese dello Xinjiang abitata dal popolo degli Uiguri (dove, li si che avvengono dei crimini contro l’umanità) e iniziasse un procedimento contro la Cina. Basti pensare a cosa è accaduto al Capo dell’Interpol, e non a un vigile urbano, Meng Hongwei, il quale, letteralmente, scomparve in Cina nel 2018 per poi ricomparire più di un anno dopo davanti ad una corte cinese giusto il tempo per prendere una condanna a 13 anni di carcere per corruzione nel silenzio più totale del mondo intero. Cosa accadrebbe ai giudici che iniziassero un procedimento con la Cina è facilmente intuibile.

Per Statuto il Tribunale Penale Internazionale non persegue gli “Stati” responsabili di presunti crimini contro l’umanità ma persegue i singoli individui (capi di Stato, ministri, militari ecc) ritenuti responsabili di crimini. E quando avviene che questo procedimento si mette in moto? Quando lo Stato di cui fanno parte questi individui è giudicato dall’ICC non possedere un sistema di diritto in grado di giudicare gli eventuali crimini commessi. In pratica, i giudici dell’ICC sono dell’opinione che Israele non abbia un sistema legale che possa autonomamente ravvisare violazioni dei diritti umani o “crimini di guerra”. Quindi, se si ritiene necessaria un’azione del Tribunale Penale Internazionale ciò vuol dire che Israele non ha un sistema giudiziario all’altezza e implicitamente ne delegittima il sistema legale. In pratica la Corte ha deciso che Israele non è uno Stato di diritto e che ci vuole l’intervento internazionale per riportare giustizia e diritto.

Entrando, molto brevemente, nelle motivazioni della decisione (sono ben 60 pagine complessive), la cosa che balza subito all’occhio è che tutte le fonti utilizzate per giustificare la decisione sono esclusivamente politiche e non giuridiche. Dall’ammissione del non Stato di Palestina in avanti si citano solo risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU che è un organismo politico e non giuridico. Viene citato anche l’immancabile parere consultivo del Corte di Giustizia Internazionale sulla barriera difensiva di Israele che è bene ricordare non ha nessun valore giuridico (di questo L’Informale si è occupato con un articolo il 25 febbraio 2020)http://www.linformale.eu/la-corte-penale-internazionale-e-il-caso-israele/

In pratica è come se un giudice facesse una sentenza basandosi non sul Codice Penale o Civile, ma sulle dichiarazioni di un partito politico. Infatti, la Corte non cita mai un solo trattato di diritto internazionale o una norma di consuetudine internazionale, come prova di una pratica generale accettata come diritto che sono le uniche fonti di diritto internazionale. È sufficiente scoprire quali sono gli Stati promotori delle numerose risoluzioni contro Israele citate dai giudici per rendersi subito conto che loro “consuetudine” del rispetto dei più elementari diritti civili è totalmente inesistente. In pratica accusano falsamente Israele di fare ciò che loro stessi fanno e praticano da decenni a cominciare dal non Stato di Palestina.

Ci troviamo al cospetto di una mossa squisitamente politica da parte di un organismo che non ha alcuna giurisdizione su Israele e che Israele, come gli stati Uniti, non ha mai riconosciuto. Si tratterà ora di vedere nel concreto quali saranno, dopo la “preoccupazione” espressa, le azioni della nuova amministrazione americana.



LA CORTE STRABICA DELL'AJA
11 febbraio 2021

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 6363572365

La Corte penale internazionale dell'Aia ha deliberato di avere la giustificazione legale per aprire un'indagine su crimini di guerra a carico di Israele. Dopo un riesame di sei anni da parte del procuratore capo, i giudici del tribunale hanno deciso che "la giurisdizione territoriale della Corte sulla situazione in Palestina si estende ai territori occupati da Israele dal 1967, vale a dire Gaza e Cisgiordania, compresa Gerusalemme est". Tali "crimini" potrebbero includere le operazioni militari israeliane a Gaza e le attività edilizie negli insediamenti in Cisgiordania.
"Oggi - ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו
- la Corte penale internazionale ha dimostrato ancora una volta di essere un organismo politico e non un'istituzione giudiziaria. Un tribunale creato per prevenire orrori come la Shoah nazista contro il popolo ebraico sta ora attaccando selettivamente l'unico stato del popolo ebraico". Negli Stati Uniti, il portavoce del Dipartimento di stato Ned Price ha ribadito che l'Amministrazione Biden è impegnata per la sicurezza di Israele e si oppone alla decisione della Corte.
Dunque, l'unica democrazia del medio oriente e il solo stato al mondo che da quando è nato vive sotto perenne minaccia terroristica per questi soloni dell'Aia è sullo stesso piano di gruppi terroristici come Hamas e Jihad islamico, che ne perseguono la distruzione. Quanto agli insediamenti, la Corte non ha mai ritenuto di dover intervenire né giudicare sulla Crimea annessa dalla Russia, sul Sahara occidentale annesso dal Marocco, sulla parte di Cipro occupata dalla Turchia, per non parlare del Tibet. Già, la Cina. Un mese fa, la stessa Corte ha detto che non avrebbe indagato Pechino per i crimini commessi contro gli uiguri: deportazione, reclusione in "centri di rieducazione", estirpazione della loro lingua, cultura e religione, sterilizzazioni, aborti forzati... Che vuoi che siano, c'è Israele da processare.



Interessante commento di Alan Dershowitz, ancora sul Tribunale internazionale dell’Aja così mal presieduto...
Emanuel Segre Amar
12 febbraio 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 5655378855

La Corte Penale Internazionale altamente politicizzata ha appena proclamato lo Stato dei Palestinesi. Lo hanno fatto senza alcun negoziato con Israele, senza alcun compromesso e senza confini riconosciuti. Lo hanno fatto anche senza alcuna autorità legale, perché il Trattato di Roma, che ha istituito la Corte Penale Internazionale, non prevede che questo tribunale penale riconosca nuovi Stati. Inoltre, né Israele né gli Stati Uniti hanno ratificato quel trattato, quindi le decisioni della Corte Penale Internazionale non sono vincolanti per loro. Né questa decisione divisiva è vincolante per i firmatari, poiché eccede l'autorità del cosiddetto tribunale. Dico "cosiddetto" tribunale, perché la Corte Penale Internazionale non è un (vero) tribunale nel vero senso di questa parola. A differenza dei tribunali reali, che hanno statuti e diritto comune da interpretare, la Corte Penale Internazionale si limita a inventare. Come ha giustamente sottolineato il giudice dissenziente, la decisione sulla Palestina non si basa su una legge esistente. Si basa sulla pura politica. E la politica della decisione della maggioranza si basa a sua volta sull'applicazione di un doppio standard per Israele, come hanno fatto da tempo le Nazioni Unite, la Corte Internazionale di Giustizia e altri organismi internazionali. Ci sono numerosi altri gruppi, tra cui curdi, ceceni e tibetani, che rivendicano un certo grado di indipendenza. Tuttavia né la Corte Penale Internazionale né altre organizzazioni internazionali hanno dato loro alcun riconoscimento. Con questa decisione invece, i palestinesi - sia in Cisgiordania che a Gaza - che hanno rifiutato di negoziare in buona fede e hanno usato il terrorismo come loro principale pretesa di riconoscimento, sono stati ricompensati per la loro violenza. Israele, che in diverse occasioni aveva offerto ai palestinesi la statualità in cambio della pace, è stato punito per la sua disponibilità a negoziare e per la sua determinazione a proteggere i suoi cittadini dal terrorismo palestinese.
Ci sono così tanti gravi crimini di guerra e altre violazioni delle leggi umanitarie che si verificano in tutto il mondo che la Corte Penale Internazionale ignora deliberatamente. Il Procuratore capo considera uno dei suoi ruoli quello di focalizzare l'attenzione non sui Paesi del terzo mondo, dove si verificano molti di questi crimini, ma sulle democrazie occidentali. Quale potrebbe essere un bersaglio migliore per questa forma perversa di “azione affermativa dell’accusa” se non Israele? Uso l’aggettivo “ perverso” perché le vere vittime di un processo così selettivo, sono i cittadini di questi Paesi del terzo mondo i cui leader stanno uccidendo e mutilando. Israele, al contrario, ha i migliori risultati in materia di diritti umani, stato di diritto e riguardo nei confronti dei civili nemici, rispetto a qualsiasi nazione costretta ad affrontare simili minacce. Secondo l'esperto militare britannico Richard Kemp, “Nessun altro Paese nella storia della guerra ha fatto di più per evitare vittime civili di quanto abbia fatto Israele nell'operazione ‘Piombo fuso’”. La Corte Suprema israeliana ha imposto restrizioni spaventose ai suoi militari e ha istituito significativi provvedimenti per atti criminali commessi da singoli soldati israeliani. Il ruolo della Corte Penale Internazionale, secondo il trattato di Roma, è di intromettersi nella sovranità delle nazioni solo se quelle nazioni non sono in grado di amministrare la giustizia. Il principio di “complementarità” è concepito per consentire ai tribunali delle nazioni democratiche, come Israele, di affrontare i propri problemi nell'ambito dello stato di diritto. Il tribunale ha giurisdizione solo se la magistratura non riuscisse ad affrontare in toto questi problemi, persino nei casi che coinvolgono i Paesi firmatari del trattato, ma Israele non rientra tra questi. Gli Stati Uniti dovrebbero respingere la decisione della Corte Penale Internazionale non solo perché è ingiusta nei confronti del suo alleato Israele, ma perché stabilisce un pericoloso precedente che potrebbe essere applicato contro gli Stati Uniti e altre nazioni che operano secondo lo stato di diritto. Israele dovrebbe contestare la decisione ma dovrebbe cooperare a qualsiasi indagine, perché la verità è la sua migliore difesa. Se un'indagine condotta dalla Corte Penale Internazionale possa ottenere la verità è discutibile, ma le prove - inclusi video e audio in tempo reale - renderanno più difficile per gli investigatori della stessa Corte distorcere la realtà. Tutto sommato, la decisione della Corte Penale Internazionale sulla Palestina è una battuta d'arresto per un singolo standard di diritti umani. È una vittoria per il terrorismo e la non volontà a negoziare la pace. Ed è un forte argomento contro l'adesione di Stati Uniti e Israele a questo "tribunale" di parte e che gli conferirebbe legittimità.





La Corte Penale Internazionale contro Israele, Corte antisemita internazi comunista e filo nazi maomettana.

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