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Il costo sbalorditivo di Israele per gli americaniScritto da Pamela Olson e Altri
http://www.civg.it/index.php?option=com ... Itemid=101If Americans knew.org
What every American needs to know about Israel/Palestine
http://ifamericansknew.org/stats/cost.htmlQuesta relazione contiene gli aggiornamenti al lavoro innovativo fatto da Richard Curtiss nella sua analisi del 1998, “Il costo di Israele per i contribuenti degli Stati Uniti”, pubblicato nel Rapporto di Washington sugli Affari del Medio Oriente.
Israele ha una popolazione approssimativamente di 7,8 milioni, ovvero un milione di meno di quella dello Stato del New Jersey. E’ uno dei paesi più ricchi del mondo con un reddito pro capite simile a quello europeo. [1] Il tasso di disoccupazione di Israele, del 5,6%, è di gran lungo migliore di quello dell’America, del 9,1% [2], e il commercio netto di Israele, i guadagni e i pagamenti lo pongono nel mondo al 48° posto mentre gli Stati uniti sono piazzati a un misero 198° posto. [3]
Eppure Israele riceve circa il 10% del bilancio annuale relativo agli aiuti esteri degli Stati Uniti. [4] Infatti, gli americani hanno fornito a Israele più aiuti di quanti ne abbiano concessi a tutti i paesi dell’Africa sub-sahariana, dell’America Latina e dei Carabi messi insieme, che, nel complesso, hanno una popolazione di oltre un miliardo di persone. [5] E l’aiuto estero è solo una componente di quello che rappresenta il costo sbalorditivo della nostra alleanza con Israele.
Tenuto conto dell’enorme sacrificio, è fondamentale prendere in esame perché mai siamo così prodighi nel fornire un aiuto tanto grande a Israele e se vale la pena concedergli i tanto sudati proventi fiscali degli americani. Ma prima diamo un’occhiata a ciò che costa veramente la nostra alleanza con Israele.
Prima della guerra in Iraq del 2003
Aiuti esteri diretti
Secondo il Congressional Research Service, l’importo dell’aiuto ufficiale degli Stati Uniti a Israele a partire dalla sua fondazione nel 1948 oltrepassa i 112 miliardi di dollari, e negli ultimi anni è stato dell’ordine di 3 miliardi di dollari all’anno. [6] (Nel 2011, per esempio, questo è pari a oltre 8,2 milioni di dollari al giorno)
Ma questo denaro è solo una parte della storia. Per prima cosa, Israele percepisce l’aiuto in valuta all’inizio dell’anno, a differenza degli altri paesi. [7] Ciò è importante: significa che Israele può cominciare a percepire interessi sul denaro fin da subito. E viene a costare agli Stati Uniti più degli ordinari esborsi di fine anno in quanto il governo opera in condizioni di deficit, per cui deve prendere in prestito il denaro per pagare Israele e rimborsare poi, per tutto l’anno, gli interessi relativi a tale somma.
Israele è anche l’unico destinatario di un aiuto militare da parte degli Stati Uniti cui è consentito utilizzarne ogni anno una parte cospicua per l’acquisto di prodotti realizzati da società israeliane invece di quelle statunitensi. (I costi causati agli americani da questo extra, unico nel suo genere, vengono trattati successivamente.)
Inoltre, gli Stati Uniti versano circa 2 miliardi di dollari all’anno all’Egitto e alla Giordania, in pacchetti di aiuti in gran parte concordati per compensare trattati di pace con Israele. I trattati non prevedono che venga giustizia ai palestinesi, e sono quindi altamente impopolari tra le popolazioni locali. [8]
Come se non bastasse, gli Stati Uniti consegnano ogni anno circa mezzo miliardo di dollari all’Autorità Palestinese, [9] in gran parte utilizzato per ricostruire le infrastrutture distrutte da Israele e per sostenere una economia che è soffocata dall’occupazione israeliana. [10] Tutto ciò non sarebbe necessario se Israele ponesse fine all’occupazione e permettesse ai palestinesi di sviluppare un’economia funzionante e autosufficiente.
Tuttavia, c’è ancora molto di più per la storia, perché parte degli aiuti americani a Israele sono infossati nei bilanci di varie agenzie statunitensi, per lo più del Dipartimento della Difesa. Ad esempio, almeno dal 2006, il bilancio della Difesa americano ha inserito tra i 130 e 235 milioni di dollari all’anno per il programma di difesa missilistica di Israele. [11]
In tutto, gli esborsi diretti degli Stati Uniti a Israele ammontano a circa il 10% di tutti gli aiuti all’estero, anche se gli israeliani rappresentano solo lo 0,001% della popolazione mondiale. In altre parole, gli israeliani ricevono pro capite 10.000 volte di più in aiuto estero della media, nonostante il fatto che è una delle nazioni più ricche al mondo. [12] E tale percentuale cresce in modo significativo se si considerano gli esborsi all’Egitto, alla Giordania, all’Autorità Palestinese e le spese per la difesa di Israele.
Ulteriore supporto ad hoc per Israele
Il Dr. Thomas Stauffer, economista di Harvard e professore specializzato in studi sul Medio Oriente che per due volte ha prestato servizio presso l’Ufficio Esecutivo del Presidente, nel 2003, ha scritto per in Washington Report on Middle East Affairs una relazione dettagliata su tutte le componenti del costo per i contribuenti americani dell’alleanza con Israele. Egli ha riferito:
“Un altro elemento è un sostegno ad hoc per Israele che non fa parte dei programmi ufficiali di aiuti all’estero. Non è stata rilasciata pubblicamente alcuna stesura completa del supporto americano a Israele. Altri elementi noti includono le garanzie sui prestiti…contratti speciali per le aziende israeliane, trasferimenti legali e illegali [13] di tecnologia militare commercializzabile, esenzioni di fatto dalle disposizioni per la protezione commerciale e vendite sotto costo o trasferimenti gratuiti del “surplus” dell’equipaggiamento militare degli Stati Uniti. Un fattore non quantificabile è dato dalle sovvenzioni al commercio o di altro tipo date alla Romania e alla Russia per agevolare la migrazione ebraica in Israele; che è venuto ad ammontare a diversi miliardi di dollari”. [14]
Israele ha usato spesso il suo accesso privilegiato alla tecnologia militare statunitense sia contro l’interesse del governo che delle aziende statunitensi. Nel 2002, secondo l’Associated Press, “Negli ultimi anni, le aziende israeliane hanno scalzato in Francia, Turchia, Paesi Bassi e Finlandia aziende americane sul tipo della Raytheon, Northrop Grumman e General Atomics nei contratti di armamenti del valore di centinaia di milioni di dollari. L’ironia, dicono gli esperti, sta nel fatto che decine di miliardi di dollari dei contribuenti USA e i trasferimenti di tecnologia militare americana hanno contribuito a creare e a far crescere l’industria di Israele, sovvenzionando a tutti gli effetti un concorrente straniero.”
L’articolo di AP ha citato un vice presidente delle Aerospace Industries Association of America, che senza mezzi termini ha dichiarato: “Diamo loro soldi per costruire cose per sé e i contribuenti americani non ottengono nulla in cambio”. [15]
Nel frattempo, secondo il Christian Science Monitor, Israele ha pure “bloccato alcune importanti vendite di armi americane, come gli aerei da caccia F-15 all’Arabia Saudita a metà degli anni ’80. Il che comporta un costo di 40 miliardi di dollari in dieci anni.” [16]
E peggio ancora, armi israeliane “vanno a rafforzare gli arsenali di nazioni come la Cina, che gli Stati Uniti considerano avversari strategici, destando preoccupazione negli strateghi militari,” ha continuato l’articolo dell’AP. “[Nel 2001] aerei da sorveglianza statunitensi che volavano lungo la costa della Cina sono stati minacciati da caccia cinesi armati di missili israeliani….Se i piloti dei caccia cinesi avessero ricevuto l’ordine di sparare, avrebbero potuto abbattere gli aerei degli Stati Uniti con missili israeliani Python III….I comandanti statunitensi della difesa sostengono che Israele ha venduto i missili alla Cina senza informare gli Stati Uniti”. [17]
Posti di lavoro persi, commercio e reputazione
Uno dei costi indiretti più devastanti dell’alleanza degli Stati Uniti con Israele è stato il boicottaggio petrolifero arabo del 1973. Gli Stati arabi imposero il boicottaggio per protestare contro il sostegno dato dagli americani a Israele durante la guerra del 1973, nella quale i paesi arabi avevano attaccato Israele per cercare di riconquistare le terre che Israele aveva invaso e occupato nel 1967.
Nel Washington Report on Middle East Affairs, Stauffer scrisse: “L’intervento di Washington ha dato il via a un embargo arabo sul petrolio che ha un doppio costo per gli Stati Uniti: in primo luogo, a causa della carenza di petrolio, gli Stati Uniti hanno perso circa 300 miliardi di dollari equivalenti a 600 miliardi del PIL, e, in secondo, si sono visti accollati ulteriori 450 miliardi di dollari per l’aumento dei costi di importazione del petrolio”. [18]
Poi c’è il costo in posti di lavoro persi. “La politica statunitense e le sanzioni commerciali ridussero le esportazioni americane in Medio Oriente di circa 5 miliardi di dollari all’anno, corrispondenti al costo di 70.000 posti di lavoro negli Stati Uniti, “ stima Stauffer. “La mancata richiesta ché Israele utilizzi gli aiuti statunitensi nell’acquisto di prodotti americani, com’è in uso nel caso degli aiuti esteri, è venuta a costare altri 125.000 posti di lavoro”. [19]
Ma forse il costo più deleterio è stato causato dal venir meno della presenza degli Stati Uniti nel mondo arabo e musulmano, dove l’indulgenza americana nei confronti di Israele, tutte le volte che questi si rende responsabile di violazioni dei diritti umani, [20] suscita un profondo risentimento. “Per molti musulmani del mondo, ciò pone il contribuente statunitense dalla parte di Israele per ciò che riguarda i suoi conflitti con gli arabi”, ha osservato l’articolo dell’Associated Express. [21]
Secondo Stephen Walt, docente ad Harvard, “La Commissione 9/11 ha riferito che ‘l’ostilità nei confronti degli Stati Uniti del cospiratore del 9/11 Khalid Sheikh Mohammed non deriva dalla sua esperienza vissuta là come studente, ma piuttosto dal suo ardente dissenso nei confronti della politica estera degli Stati Uniti a favore di Israele.’ Altri terroristi anti-americani - come Ramzi Yousef, che nel 1993 eseguì l’attentato al World Trade Center – hanno fornito spiegazioni simili della loro collera nei confronti degli Stati Uniti”. [22]
Ci sono molte più categorie potenziali di costi, che sono estremamente difficili da quantificare. Tutto sommato, Stauffer stima in circa 1.600 miliardi di dollari il costo di Israele per gli Stati Uniti, nell’intervallo di tempo tra il 1973 e il 2003, più del doppio del costo della guerra in Vietnam. [23]
Costi dallo studio di Stauffer del 2003
Fin dall’indagine di Stauffer del 2003, il costo di Israele per i contribuenti americani è rimasto elevato. Attualmente, gli Stati Uniti forniscono a Israele 3 miliardi di dollari in media all’anno in aiuti militari, in virtù di un accordo sottoscritto dall’amministrazione Bush di trasferire a Israele 30 miliardi di dollari in dieci anni, a partire dal 2009.[24]
Restano tutti gli altri costi e gli extra, e in alcuni casi dal 2003 sono aumentati. Ad esempio, il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito che “Nonostante un clima economico difficile e la previsione di tagli di bilancio USA – comprese decurtazioni drastiche al bilancio militare – nell’anno fiscale 2012, il parlamento statunitense fornirà 236 milioni di dollari all’anno per lo sviluppo di tre programmi missilistici di difesa”.
Inoltre, il governo degli Stati Uniti, “ha messo a disposizione 205 milioni per supportare l’Iron Dome, prodotto dalla società statale israeliana Raphael Defense Advanced System Ltd. Il sistema utilizza piccoli missili a guida radar per fare esplodere in volo razzi del tipo Katyusha con una gittata dalle 3 alle 45 miglia, come pure bombe da mortaio….Una legislazione che proseguisse con una Camera dei Rappresentanti controllata dai repubblicani metterebbe a disposizione ulteriori 680 milioni di dollari fino al 2015 per il sistema Iron Nome.” [26]
E se, come molti esperti ritengono, gli Stati Uniti non avessero invaso l’Iraq senza la pressione intensa e prolungata di membri di Washington che ne sono gli strenui propugnatori per conto di Israele, [27] il fatto verrebbe ad aggiungere un’altra dimensione del costo sbalorditivo per l’equazione: “centinaia di miliardi di dollari, oltre 4.000 vittime americane e alleate, incalcolabili decine di migliaia di morti iracheni, e molte migliaia di altri americani, alleati e iracheni feriti”, secondo Shirl McArthur, funzionario in pensione del servizio esteri degli Stati Uniti. [28]
Il vincitore del Premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz e la professoressa di Harvard Linda Bilmes hanno fissato il costo della guerra in Iraq a circa 3 trilioni di dollari, molto difficile da calcolarsi se si tiene conto dei costi delle risorse spese per questa guerra sterile. Ad esempio, i prezzi del petrolio più elevati a causa della guerra hanno avuto un impatto devastante sull’economia americana, e così è stato per il brusco aumento del debito federale e il suo ripianamento. Senza la guerra, quasi di certo la crisi finanziaria del 2008 non sarebbe stata così grave, e la guerra in Afghanistan molto probabilmente sarebbe stata più breve, più economica e più efficace [29]
La lobby israeliana e i faziosi si fanno attualmente in quattro per una guerra con l’Iran, con lo stesso zelo che hanno mostrato nel periodo che ha preceduto l’invasione dell’Iraq nel 2003.[30] Secondo tutte le valutazioni, i costi di una guerra con l’Iran saranno molto più alti di quelli per la guerra in Iraq. Oltre alla perdita di vite umane, gli analisti prevedono, per esempio, che se la produzione petrolifera iraniana venisse eliminata dal mercato mondiale, i prezzi del gas salirebbero del 25 – 70 %.
Se gli stretti di Hormuz (stretti adiacenti all’Iran attraverso i quali passa il 20 % della produzione mondiale di petrolio su base giornaliera) venissero attaccati e bloccati, il costo del petrolio salirebbe alle stelle, a un livello mai raggiunto prima, e la recessione economica o la depressione che seguirebbero sarebbero a dir poco “apocalittiche”, secondo quanto scrive per SlateMatthew Yglesias. [31]
Ragioni e conseguenze
Così siamo tornati alla questione del perché l’America continua a versare denaro a uno stato che commette quotidianamente violazioni dei diritti umani, sfida gli interessi strategici degli Stati Uniti, [32] provoca rabbia e risentimento in miliardi di persone, [33] entra in competizione ed emargina gli interessi statunitensi utilizzando tecnologia sovvenzionata dai contribuenti americani e vende segreti militari degli Stati Uniti ai suoi nemici. [34]
La risposta è semplice e ben riassunta dai professori Stephen Walt e John Mearsheimer nel loro articolo innovativo sul London Review of Books, “The Israel Lobby”, [35] e nel loro libro La Lobby Israeliana e la Politica Estera degli Stati Uniti. [36]
“Perché gli Stati Uniti sono disposti a mettere da parte la propria sicurezza e quella di molti dei suoi alleati, al fine di promuovere gli interessi di un altro stato?” Si chiede l’articolo.”Si potrebbe supporre che il legame tra i due paesi sia basato sulla condivisione di interessi strategici o di irrefutabili imperativi morali, ma nessuna spiegazione può giustificare il notevole livello del sostegno materiale e diplomatico fornito dagli Stati Uniti.”
“Invece, il senso della politica americana nella regione deriva quasi interamente dalla politica interna, e in particolare dall’attività della ‘lobby israeliana’. Altri rappresentanti di gruppi speciali sono riusciti a distorcere la politica statunitense, ma nessuna lobby è riuscita ad allontanarla da ciò che suggerisce l’interesse nazionale, e al contempo convincere gli americani che gli interessi degli Stati Uniti e quelli degli altri paesi – in questo caso Israele – sono sostanzialmente identici. [37]
L’AIPAC, l’American Israel Public Affaire Committee è costantemente classificata tra le prime due lobby più potenti di Washington. [38] Ed è solo un braccio della molto più grande, multiforme e ben finanziata lobby israeliana. [39]
Secondo il deputato Jim Moran, “l’AIPAC è molto ben organizzata. I membri sono disponibili a essere molto generosi per ciò che riguarda il loro patrimonio personale. Ma è una spada a due tagli. Se si scavalca l’AIPAC, essa non perdona e ti distruggerà politicamente. I loro mezzi di comunicazione, i loro legami con alcuni giornali e riviste, e le persone nei media sono notevoli e intimidatori. Ogni [membro] del congresso sa che è la meglio organizzata forza lobbystica nazionale”. [40]
Il senatore Joseph Lieberman ha dichiarato con orgoglio: “ Ogni tentativo di fare pressione su Israele per costringerlo al tavolo delle trattative con il negargli il sostegno, non passerà al Congresso….Il Congresso reagirà contro ogni tentativo di farlo”. [41]
E’ vero: il Congresso degli Stati Uniti, insieme all’esecutivo, supporta in pratica nella stragrande maggioranza qualsiasi iniziativa o desiderio del governo israeliano, non importa quanto sia in contrasto con l’interesse nazionale o della sicurezza degli Stati Uniti, [42] a causa, in primo luogo, del potere della lobby israeliana. [43]
Anche quando, nel 2005, due impiegati dell’AIPAC furono incriminati con l’accusa di spionaggio, essendo stato constatato che avevano ottenuto illegalmente informazioni classificate del governo degli Stati Uniti e le avevano inoltrate ad agenti israeliani, le accuse vennero fatte decadere, senza fare rumore, sulla base di motivi formali. [44] L’AIPAC licenziò i due dipendenti, e rilasciò una dichiarazione secondo la quale erano stati rimossi perché le loro azioni non si confacevano agli standard dell’AIPAC.[45] Uno dei dipendenti allontanati, Steven Rosen, ha intentato una causa di diffamazione, sostenendo che il suo operato era prassi comune nell’AIPAC. [46]
Quando, nel 1967, Israele ha tentato di affondare una nave della marina statunitense, la USS Liberty, uccidendo 34 americani e ferendone più di 170, il fatto non è riuscito comunque ad intaccare il sostegno a Israele. [47] Anzi, l’anno successivo gli aiuti sono quadruplicati. [48]
Sebbene gli uomini del Congresso ricevano ricompense e appoggio da parte della lobby in cambio della loro fedeltà, è al contribuente americano che viene lasciato il conto da pagare. Come descritto in precedenza, a partire dal 1948 il costo totale è andato da un minimo di 112 miliardi di dollari (il costo dei soli aiuti esteri) a 1,6 trilioni di dollari o più, calcolando gli stanziamenti per la difesa, per la crisi petrolifera, l’affondamento della USS Liberty, l’accresciuto rischio del terrorismo, il mercato perso, la tecnologia co-optata e gli innumerevoli altri fattori. Se nei calcoli si aggiungono la guerra all’Iraq e l’aumentato rischio di una guerra con l’Iran, il costo sale ancor più in alto delle stelle.
I critici sottolineano quanto più luminoso sarebbe stato il nostro futuro se avessimo investito questi miliardi o migliaia di miliardi nella cura e riabilitazione dei reduci, nell’istruzione, nella creazione di posti di lavoro, nell’assistenza sociale, negli alloggi, nel disinquinamento e nella tutela dell’ambiente, in strade, ponti, assistenza sanitaria e nella ricerca scientifica e sanitaria. O se semplicemente gli americani si fossero tenuti i dollari delle loro tasse e li avessero usati come meglio credevano nella propria economia. Se alcune delle stime più alte sono più prossime al segno, il nostro sostegno a Israele avrebbe potuto coprire facilmente il salvataggio TARP* di 700 miliardi di dollari con in più un avanzo abbastanza grande per un massiccio stimolo della spesa e/o per agevolazioni fiscali.
Se Israele stesse utilizzando questi fondi a fin di bene, si potrebbe discutere se il prezzo ne valeva la pena. Ma Israele usa la maggior parte del denaro per prolungare i 45 anni di occupazione militare (la qual cosa comporta regolarmente gravi violazioni del diritto internazionale), [49] commettere eclatanti violazioni dei diritti umani, [50] distruggere abitazioni e infrastrutture palestinesi del valore di miliardi di dollari [51] (con il risultato di dover inviare ai palestinesi per la ricostruzione di case, ospedali e scuole demolite ancor più soldi tratti dalle tasse degli Stati Uniti), mentre continua la costruzione su terra palestinese di colonie illegali per soli ebrei. [52]
Il tutto rende la prospettiva di pace sempre più lontana, crea una pericolosa ostilità nei confronti degli Stati Uniti, che mette in pericolo gli americani, e contribuisce a che il Congresso degli Stati Uniti violi l’ Arms Export Control Act, [53] tutto per ottenere dei contributi elettorali.
Non c’è alcuna buona ragione per continuare a buttare denaro buono divenuto cattivo in una politica fallita e senza fondamento. Il tempo passato per un ripensamento sostanziale dell’assegno in bianco del governo americano a Israele è lungo.
* [TARP: Troubled Asset Relief Program, insieme di misure governative varate nel 2008 per far fronte alla crisi dei mutui subprime. N.d.t.]
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Questo rapporto è stato redatto dagli analisti di if Amaricans knew, e in particolare da Pamela Olson, President’s Scholar alla Stanford University, 1998 – 2002, con una specializzazione in Fisica e Scienze Politiche come materia complementare, e 1.600 di punteggi GRE. Prima di entrare in IAK, la Olson ha vissuto e lavorato in Cisgiordania, come ricercatrice a Mosca, in Siberia e in Cina ed era analista di ricerca presso l’Intitute for Defence Analysis. E’ autrice di Fast Times in Palestine .
Questa analisi è un aggiornamento del lavoro innovativo di Richard Curtiss, “The Cost of Israel to U.S. Taxpayers”, del 1998, pubblicato nel Washington Report on Middle East Affairs. Curtiss, dopo il servizio militare nella seconda guerra mondiale, è stato impiegato per 30 anni come career Foreign Service Officer. Ha ricevuto il premio U.S. Information Agency’s Superior Honor e il premio Edward R. Murrow for excellence in Public Diplomacy, il riconoscimento professionale più alto dell’USIA. E’ autore di due libri sulle relazioni USA – Medio Oriente.
QUANTO COSTA ISRAELE AGLI USA E QUANTO GLI COSTANO GLI ALTRIhttps://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 4575318063A volte, i nemici di Israele, tra le tante balle che raccontano, raccontano anche quella della speciale protezione economica che Israele godrebbe da parte degli Stati Uniti, suo alleato principale. Tale favoritismo americano nei confronti del piccolo stato ebraico sarebbe una prova di quanto la fantomatica “lobby ebraica”, la versione moderna dei Savi di Sion, agisca sugli USA per influenzarne la politica e fargli sganciare molti soldi. Questa fantasia, una delle tante su Israele, è però sostanzialmente falsa.
L’ultimo stanziamento che gli Stati Uniti hanno predisposto per la sicurezza di Israele consta di un pacchetto decennale per l’ammontare di 36 miliardi di dollari, in altre parole 3 miliardi di dollari all’anno.
Il Giappone riceva uno stanziamento annuale di 27 miliardi di dollari, nove volte di più di quanto riceva Israele in un anno. In Giappone è stanziale un personale militare di 48, 828 unità. Segue la Germania, con un pacchetto annuale di 21 miliardi di dollari. In Germania sono stanziali 37, 704 unità militari. Anche la Corea del Sud supera abbondantemente Israele, con un budget di aiuti che arriva a 15 miliardi di dollari, per 27,533 unità militari sul terreno. L’Italia, sì, l’Italia riceve dagli Stati Uniti, 6 miliardi di dollari l’anno, il doppio esatto di Israele.
Ma c’è ne è anche per gli stati lillipuziani del Golfo come il Kuwait e il Bahrain che ricevono un aiuto militare pari a quello dello Stato ebraico.
Questi costi non includono, naturalmente, le enormi spese per la viglilanza che gli Stati Uniti esercitano nelle acque baltiche e in quelle cinesi a protezione degli alleati americani in Europa e nel Pacifico. Nessuna spesa del genere viene esercitata a vigilanza di Israele, il “preferito”.
Ma la fantasia galoppa nelle praterie dell’immaginazione dove Israele è il protetto principale degli USA, ne condiziona la politica e incassa più di tutti.