Gerusalemme capitale di Israele

Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » gio mag 04, 2017 9:22 pm

" Gerusalemme, 3000 anni di storia "
di Eli E.Hertz
(traduzione di Emanuel Segre Amar)

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=34207

La capitale di una nazione attraverso la storia.

Gerusalemme ed il popolo ebraico sono così intimamente legati che, raccontando la storia della prima si racconta anche la storia dell'altro. Da oltre 3000 anni Gerusalemme ha avuto un ruolo centrale nella storia degli ebrei dal punto di vista culturale, politico e spirituale; un ruolo documentato già nelle Sacre Scritture. Per tutti i 2000 anni della diaspora gli ebrei hanno chiamato Gerusalemme la loro patria avita. Questo è in stridente contrasto col rapporto fra Gerusalemme e i nuovi islamici che incrementano in modo artificioso il legame dell’Islam con essa.
I dirigenti arabi che hanno esercitato il controllo su Gerusalemme negli anni 50 e 60 non hanno mostrato alcuna tolleranza religiosa nella città che ha dato i natali alle due maggiori religioni occidentali. Le cose sono cambiate dopo la guerra dei Sei giorni, nel 1967, quando Israele ha ripreso il controllo dell'intera città. Simbolicamente uno dei primi provvedimenti decisi da Israele è stato di riconoscere ufficialmente e rispettare tutti gli interessi religiosi nella città. Ma la guerra per il controllo di Gerusalemme e dei suoi luoghi di culto non è ancora terminata.
Il terrorismo palestinese ha scelto come obiettivo Gerusalemme nel tentativo di sottrarre a Israele il controllo della città. Il risultato di ciò è che hanno trasformato Gerusalemme in un sanguinoso campo di battaglia e hanno di conseguenza perso il diritto alla condivisione nel destino della città.


Il legame ebraico con Gerusalemme: Storico, Religioso e Politico.

Lo storico Martin Gilbert ha scritto: Gerusalemme non è semplicemente una città; “è il centro spirituale e fisico della storia del popolo ebraico”.

Per oltre 3000 anni il popolo ebraico ha guardato a Gerusalemme come alla sua capitale spirituale, politica e storica, anche quando non aveva fisicamente il controllo della città. Per tutta la sua lunga storia Gerusalemme è stata e tuttora è la capitale politica di un’unica nazione: quella che appartiene agli ebrei.
La sua importanza nella storia ebraica risale al 1004 prima dell’era cristiana, quando il re Davide ha dichiarato la città capitale del primo regno ebraico. Secondo la Bibbia il successore e figlio di Davide, re Salomone, ha costruito il primo Tempio, luogo santo per venerare l'Onnipotente. Purtroppo la storia non sarà caritatevole con il popolo ebraico. Quattrocentodieci anni dopo che Salomone aveva completato la costruzione di Gerusalemme, i babilonesi, (i primi antenati degli attuali iracheni), conquistarono e distrussero la città, e costrinsero gli ebrei all’esilio.
Passati cinquanta anni, quando Babilonia venne conquistata dai persiani, gli attuali iraniani, gli ebrei, o israeliti come venivano chiamati, vennero lasciati liberi di ritornare. E la prima preoccupazione degli ebrei fu di riproclamare Gerusalemme come propria capitale e di ricostruirvi il Sacro Tempio, ricordato nella storia come il Secondo Tempio.
Gerusalemme era molto più che la capitale politica del regno ebraico; era il faro spirituale degli ebrei. Durante il periodo del Primo e del Secondo Tempio gli ebrei che abitavano in tutto il regno vi si recavano tre volte all’anno in occasione dei pellegrinaggi delle festività ebraiche di Succoth, Pesach e Shavuoth, fino a quando l'impero romano distrusse, nel 70, il Secondo Tempio, mettendo fine anche alla sovranità ebraica su Gerusalemme per i successivi 2000 anni. Ma nonostante questo destino gli ebrei non hanno mai rinunciato al loro legame con Gerusalemme, né a quello con Eretz Israel, la Terra di Israele.
In qualunque parte del mondo gli ebrei siano vissuti per questi duemila anni, il loro pensiero e le loro preghiere erano rivolte a Gerusalemme. E ancora oggi, che si sia in Israele, negli Stati Uniti o in qualunque altro posto, la pratica rituale ebraica, la celebrazione delle feste, include il riconoscimento di Gerusalemme come elemento centrale della vita ebraica.

Bisogna osservare che:

Gli ebrei, durante la recitazione delle loro preghiere, si voltano sempre verso Gerusalemme.
I Tabernacoli (i sacri Armadi) dentro i quali sono custoditi i rotoli della Torah nelle sinagoghe, sono sempre orientati verso Gerusalemme, in tutti i luoghi della terra.
Gli ebrei terminano il seder pasquale, ogni anno, pronunciando le parole: “l'anno prossimo a Gerusalemme”; e le stesse parole vengono pronunciate pure alla fine del giorno del Kippur, il giorno più solenne del calendario ebraico.
Una sospensione di tre settimane della celebrazione dei matrimoni durante l'estate ricorda l'abbattimento delle mura di Gerusalemme da parte dell’esercito babilonese nel 586 prima dell’era volgare. Questo periodo termina con uno speciale giorno di lutto, Tisha B'Av (il nono giorno del mese ebraico di Av), in ricordo della distruzione sia del Primo che del Secondo Tempio.
I matrimoni ebraici - occasioni gioiose - sono segnati dal dolore per la perdita di Gerusalemme. Lo sposo recita un versetto biblico dell'esilio in Babilonia: “Se io ti dimentico, o Gerusalemme, anche la mia mano destra si paralizzi” e intanto spezza un bicchiere in commemorazione della distruzione dei templi.


Anche il linguaggio del corpo, di cui si dice spesso che rivela un'infinità di cose su una persona, riflette l'importanza di Gerusalemme per il popolo ebraico e, evidentemente, la minore importanza che la città riveste per i musulmani:


Quando gli ebrei recitano le loro preghiere, si voltano verso Gerusalemme. E a Gerusalemme pregano rivolti verso il Monte del Tempio.
Quando i musulmani pregano, lo fanno rivolti verso la Mecca; a Gerusalemme i musulmani pregano voltando le spalle alla città.
Ed anche nei funerali i musulmani sono sepolti rivolti verso la Mecca.


Consideriamo infine quante volte Gerusalemme è menzionata nei libri sacri delle due religioni:


Il Vecchio Testamento menziona Gerusalemme 349 volte, e Sion, altro nome della città di Gerusalemme, è menzionata 108 volte.
Il Corano non fa menzione di Gerusalemme mai, nemmeno una volta.


Anche sotto la dominazione di altri popoli gli ebrei hanno sempre mantenuto una presenza fisica nella città benché fossero perseguitati e impoveriti. Prima della nascita del sionismo moderno intorno al 1880 gli ebrei trovavano la motivazione a vivere in Terra Santa in una forma di sionismo religioso, andando a vivere soprattutto nelle quattro città sante di Safed, Tiberiade, Hebron e, la più importante di tutte, Gerusalemme. Di conseguenza gli ebrei hanno costituito la maggioranza della popolazione della città per molte generazioni. Nel 1898 “in questa città degli ebrei, dove la popolazione ebraica sopravanzava tutte le altre di tre a uno, ...” gli ebrei rappresentavano il 75% della popolazione della città vecchia, in quella che il Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan ha chiamato “Gerusalemme Est”. Nel 1914, quando i Turchi Ottomani governavano la città, 45000 ebrei erano la maggioranza dei 65000 residenti. E al momento della nascita dello Stato di Israele, nel 1948, 100.000 ebrei risiedevano nella città a fronte di appena 65.000 arabi. Prima di venire unificata, quando era sotto il controllo giordano, la superficie di Gerusalemme Est era di soli 6 chilometri quadrati, mentre la parte ebraica era di 38 chilometri quadrati.

I tenui legami con l'Islam.

Nonostante i 1300 anni di dominazione arabo musulmana, Gerusalemme non è mai stata la capitale di un’entità araba, e non è mai stata menzionata nei documenti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina fino al momento in cui Israele ha ripreso il controllo di Gerusalemme Est in seguito alla guerra dei Sei Giorni del 1967.
Nella realtà dei fatti il ruolo di Gerusalemme nell’Islam è piuttosto da intendere come il risultato di esigenze di ordine politico che influenzano il credo religioso.
Maometto, che fondò l’Islam nel 622, nacque e crebbe nell’attuale Arabia Saudita. Non mise mai piede a Gerusalemme, ed il suo legame con la città sorse quando vennero costruiti il santuario del Duomo della Roccia e la moschea di al-Aqsa nel 688 e nel 691 rispettivamente; la costruzione di questi due luoghi fu incoraggiata da rivalità politiche e religiose. Nel 638 il Califfo (o successore di Maometto) Omar, con il suo esercito, invase Gerusalemme e la sottrasse all'Impero Bizantino. Una delle ragioni che portarono alla costruzione di una struttura santa a Gerusalemme era la volontà di proclamare la supremazia dell’Islam sul Cristianesimo e sul suo più importante luogo di culto, la Chiesa del Santo Sepolcro.
Più importante fu la lotta per il potere all’interno dello stesso Islam: i califfi della famiglia Omayyade, residente a Damasco, che controllava Gerusalemme, volevano disporre di un luogo santo che servisse da alternativa nel caso i loro rivali avessero bloccato l’accesso alla Mecca. Questo era di particolare importanza per il fatto che il pellegrinaggio alla Mecca, lo Hadj, era, e tuttora è, uno dei cinque pilastri dell’Islam. Il risultato di ciò fu la costruzione di quello che venne chiamato il Duomo della Roccia e la adiacente Moschea.
Per aumentare il prestigio della "Mecca di riserva", la moschea di Gerusalemme fu chiamata al-Aqsa. Il nome significa, in arabo, “la moschea più lontana”, ma ha implicazioni molto più ampie, dal momento che è la stessa espressione utilizzata in un passaggio nodale del Corano denominato “Il viaggio notturno”. In questo passaggio Maometto arriva ad “al-Aqsa” su un cavallo alato, accompagnato dall'arcangelo Gabriele; da questo luogo essi salgono in cielo per avere un incontro divino con Allah, dopo di che Maometto ritorna alla Mecca. Chiamare la moschea di Gerusalemme al-Aqsa è stato il tentativo di affermare che il Duomo della Roccia era il punto esatto dal quale Maometto è salito in cielo, unendo in tal modo Gerusalemme alla rivelazione divina secondo le credenze islamiche. Rimane tuttavia il problema che Maometto morì nel 632, circa 50 anni prima che la costruzione della moschea di al-Aqsa venisse completata.
Gerusalemme non ha mai preso il posto della Mecca, per importanza, all’interno del mondo islamico. Quando la dinastia degli Omayyadi cadde nel 750, anche Gerusalemme cadde nell’oblio per 350 anni, fino al momento delle crociate. In questi secoli molti siti islamici di Gerusalemme caddero in rovina, e lo stesso Duomo della Roccia, nel 1016, crollò.
Infine, per 1300, anni diverse dinastie islamiche (i Siriani, gli Egiziani e i Turchi) mantennero il loro potere su Gerusalemme come parte del controllo totale sulla Terra di Israele, con la sola interruzione dovuta ai crociati. E' stupefacente il fatto che in tutto questo tempo nessuna dinastia islamica abbia mai fatto di Gerusalemme la propria capitale. Intorno al XIX secolo Gerusalemme era a tal punto trascurata dai governanti islamici, che numerosi eminenti scrittori occidentali che la visitarono furono indotti a scriverne; ad esempio lo scrittore francese Gustav Flaubert trovò “rovine dappertutto” nel corso del suo viaggi nel 1850, quando faceva parte dell’Impero turco (1516 – 1917). Diciassette anni dopo Mark Twain scrisse che Gerusalemme era “diventata un villaggio povero”.
In effetti l'importanza di Gerusalemme per il mondo islamico si manifesta in tutta la sua evidenza solo quando i non musulmani (compresi i Crociati, gli Inglesi e gli Ebrei) hanno il controllo sulla città o la conquistano. E’ soltanto in questi momenti storici che i leaders islamici reclamano Gerusalemme come la loro terza città santa dopo la Mecca e Medina. E questo è nuovamente avvenuto quando Israele ha conquistato Gerusalemme Est (con la Città Vecchia), in quel momento controllata dai giordani, durante la Guerra dei Sei Giorni. Stranamente la Convenzione nazionale dell'OLP, scritta già nel 1964, non nomina mai Gerusalemme. Solo dopo che Israele ha riconquistato il controllo sull'intera città, l'OLP ha aggiornato la sua Convenzione per includervi Gerusalemme.

La vergognosa dominazione della Giordania.

Intorno alla metà del XX secolo, quando gli arabi hanno avuto per l’ultima volta il controllo su una parte di Gerusalemme, non hanno mostrato alcun rispetto nei confronti della Città Santa.
Nel 1948, quando la Giordania prese il controllo della parte orientale di Gerusalemme, compresa la Città Vecchia, per la prima volta in 3000 anni di storia la città venne divisa. In base agli accordi armistiziali del 1949 con Israele, la Giordania si era impegnata a concedere libero accesso a tutti i luoghi santi, ma non onorò i suoi impegni. Dal 1948 fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967 il settore di Gerusalemme controllato dai Giordani divenne ancora una volta una città di provincia isolata e sottosviluppata, coi suoi luoghi religiosi divenuti oggetto di intolleranza.
La Città Vecchia è stata vuotata dei suoi abitanti ebrei; i luoghi ebraici come il Monte degli Ulivi vennero dissacrati. La Giordania distrusse oltre 50 sinagoghe, e fu cancellata ogni traccia di presenza ebraica. Oltre a ciò tutti gli ebrei vennero espulsi dal quartiere ebraico della Città Vecchia, contiguo al Muro Occidentale, zona nella quale avevano vissuto per generazioni.
Per 19 anni ad ebrei e cristiani residenti in Israele (ed anche ai musulmani israeliani) fu negata ogni possibilità di accesso ai rispettivi luoghi santi nonostante l'impegno assunto dalla Giordania di concedere libero accesso. Gli ebrei, ad esempio, non potevano pregare al Muro Occidentale; gli arabi cristiani che vivevano in Israele non potevano accedere alle chiese ed agli altri luoghi religiosi nella Città Vecchia e nella vicina Betlemme, essa pure controllata dalla Giordania. Nel periodo del dominio della Giordania su Gerusalemme Est le leggi restrittive sulle istituzioni cristiane portarono ad un'enorme riduzione della popolazione cristiana nella Città Santa, di oltre la metà – da 25.000 a 11.000 – similmente a quanto accaduto agli arabi cristiani anche in altre nazioni arabe del Medio Oriente dove la libertà religiosa non viene rispettata.
E'’ solo dopo la Guerra dei Sei Giorni che il Quartiere Ebraico venne ricostruito ed il libero accesso ai luoghi santi ristabilito. E bisogna osservare anche che, quando la Giordania annesse la West Bank negli anni 50, gli Arabi non si sono preoccupati di fare di Gerusalemme, la città che ora reclamano come la “terza Città più Santa per l'Islam”, la loro capitale.

Gerusalemme riunificata.

Israele riunificò Gerusalemme in un’unica città nel 1967 dopo che la Giordania si unì ad Egitto e Siria nella guerra scatenata contro Israele bombardando la parte ebraica di Gerusalemme. Uno dei primi atti compiuti dallo Stato di Israele fu quello di garantire la libertà di culto a tutte le religioni presenti nella città, cosa che non aveva precedenti. I leaders israeliani proclamarono che Gerusalemme non sarebbe mai più stata divisa.
Nonostante il trattamento vergognoso inflitto al quartiere ebraico ed al Monte degli Ulivi dai Giordani, e nonostante la violazione da parte degli arabi dei loro impegni di rendere tutti i luoghi santi accessibili ad Ebrei e Cristiani, uno dei primi atti decisi da Israele dopo la riunificazione fu di garantire e salvaguardare i diritti di tutti i cittadini di Gerusalemme. Questo non comprendeva solo il libero accesso ai luoghi santi per tutte le religioni, ma rappresentava anche un atto di tolleranza religiosa che non aveva precedenti. Israele garantì alle autorità religiose musulmane e cristiane la responsabilità nella gestione dei rispettivi luoghi santi – compresa l'amministrazione islamica del luogo più sacro per l'ebraismo, il Monte del Tempio. Tuttavia il Waqf, cui spetta la responsabilità amministrativa sul Monte del Tempio, ha poi violato la fiducia che gli era stata accordata di rispettare e proteggere la santità del Monte del Tempio per Musulmani ed Ebrei insieme.

Gerusalemme non fu mai una città araba.

I leaders arabi continuano a ripetere che Gerusalemme è una città araba. Questo mito viene utilizzato per dare maggior forza ad una strategia che mira a strappare ad Israele il controllo di Gerusalemme e a fare della città la capitale dello stato Palestinese.
E’ anche parte di una strategia a lungo respiro che mira alla distruzione dello stato Ebraico. Questa è anche una delle ragioni per le quali il Presidente dell’OLP Yasser Arafat rifiutò la proposta israeliana, senza precedenti, dell’ora o mai più, fatta durante i colloqui di pace a Camp David nel 2000. La proposta, che mirava a risolvere il blocco creato dallo statuto di Gerusalemme, concedeva agli arabi la suddivisione dell’amministrazione di alcuni quartieri della città. In seguito Arafat ha mostrato le sue reali posizioni, in una dichiarazione dopo il summit, quando ha fatto conoscere la volontà dell’OLP di avere la sovranità su Gerusalemme, comprensiva della Chiesa del Santo Sepolcro, delle Moschee del Monte del Tempio, del Quartiere Armeno, e di “Gerusalemme nella sua totalità, totalità, totalità”.

Il mito delle due Gerusalemme.

I palestinesi hanno coltivato il mito che storicamente siano esistite due Gerusalemme – quella araba a Gerusalemme Est e quella ebraica a Gerusalemme Ovest.
Gerusalemme non è mai stata una città araba; gli ebrei sono stati la maggioranza a Gerusalemme fin dal 1870, e la suddivisione est – ovest è solo geografica, e non politica. Sarebbe come pretendere che la riva est del Maryland dovrebbe essere una entità politica separata dal resto dello stato.
Nel 1880 gli ebrei erano il 52% della popolazione della Città Vecchia nella Gerusalemme Est, ed erano ancora il 42% degli abitanti nel 1914. Nel 1948 abitavano a Gerusalemme 100.000 ebrei a fronte di 65.000 arabi. Un censimento fatto in comune da Giordani ed Israeliani ha evidenziato che il 67.7% della popolazione, nel 1961, era di religione ebraica. Una fotografia aerea del 1967 mostra la realtà dell’area chiamata “Gerusalemme Est”: non era nient'altro che una città sovrappopolata, circondata da mura, con delle terre attorno circondate da qualche villaggio.
Nonostante il fatto che la riunificazione della città abbia trasformato tutta Gerusalemme nella più estesa città di Israele, una metropoli animata, anche i leaders palestinesi moderati rifiutano l'idea di una città unificata. La loro richiesta minimale di avere “soltanto Gerusalemme Est” significa, nella realtà, i luoghi santi ebraici (compreso il Quartiere Ebraico ed il Muro Occidentale), che gli arabi non sono riusciti a proteggere, e la restituzione dei dintorni dove dimora una percentuale importante di popolazione ebraica della Gerusalemme di oggi. La maggior parte della città è costruita su un territorio vuoto coperto di rocce attorno alla città che faceva parte del demanio pubblico negli ultimi 42 anni. Con una popolazione complessiva, ai giorni nostri, di 750.000 abitanti, separare Gerusalemme Est da Gerusalemme Ovest è una strada percorribile ed accettabile come lo sarebbe l'idea di dividere di nuovo Berlino in due città, o separare East Harlem dal resto di Manhattan.
Le pretese arabe su Gerusalemme, una città ebraica da ogni punto di vista, riflettono la mentalità secondo la quale “quello che è mio è mio, quello che è tuo è mio”, mentalità che è alla base del concetto palestinese di come porre termine al conflitto arabo-israeliano. Questo concetto lo si ritrova pure nella richiesta del “diritto al ritorno”, che vale non soltanto per Gerusalemme, la capitale di Israele, ma anche all’interno della linea verde.

Le fantasie arabe che distruggono la storia

Gli arabi negano i legami tra gli Ebrei e Gerusalemme; arrivano a sabotare e distruggere le testimonianze archeologiche, perfino nel luogo più sacro per l'ebraismo, il Monte del Tempio.
Gli arabi hanno sempre negato la legittimità dei legami del popolo ebraico con Gerusalemme. Arafat ed altri leaders arabi insistettero che non ci sarebbe mai stato un Tempio ebraico sul Monte del Tempio. Arrivano a pretendere che il Muro Occidentale sarebbe stato in realtà un sito islamico sul quale i musulmani avrebbero dei diritti storici. Mettendo in pratica la retorica i religiosi islamici che amministrano il Monte del Tempio hanno mostrato totale mancanza di rispetto ed assoluto disprezzo per le testimonianze archeologiche di una presenza ebraica.
Tra il 1999 ed il 2001 l'ente musulmano Waqf ha asportato ed eliminato dal Monte e dall'area sottostante oltre 13000 tonnellate di ciò che ha definito macerie, compresi reperti archeologici del periodo del Primo e del Secondo Tempio, ritrovati poi dagli israeliani nelle discariche. Durante la costruzione di una nuova moschea sotterranea in una sala che si ritiene risalga al tempo di Erode, e durante la pavimentazione di una moschea all'aperto in un altro punto del Monte del Tempio, il Waqf ha impedito alle autorità archeologiche israeliane di controllare, o anche solo di osservare i lavori. Quando, nel corso di lavori di costruzione, vengono scoperti reperti archeologici, a qualsiasi periodo appartengano - ebraico o altro - l'Autorità è legittimata a controllare e sorvegliare in qualunque parte di Israele - legge che risale al 1922 ed è documentata negli accordi internazionali della Lega delle Nazioni, il "Mandato per la Palestina".
Un tale assoluto disprezzo nei confronti dell'eredità ebraica pre-islamica a Gerusalemme – in particolare nel sito storico più sacro del Giudaismo – è una forma di gran lunga più insidiosa di quella stessa intolleranza islamica che ha portato i talebani a demolire due enormi statue pre-islamiche di Buddha scavate in una roccia in Afghanistan.

I luoghi santi e Gerusalemme.

Gerusalemme, a quanto pare, è il centro fisico del conflitto arabo–israeliano. In realtà esistono due questioni distinte: la questione di Gerusalemme e la questione dei Luoghi Santi.
Sir Elihu Lauterpacht, già giudice ad hoc alla Corte Internazionale di Giustizia ed esperto rinomato e rispettato di diritto internazionale all’Università di Cambridge, disse:
“Non si tratta solo di due questioni diverse; sono anche distinte l’una dall’altra nella loro natura stessa. Per quanto riguarda i Luoghi Santi, la questione consiste soprattutto nell'assicurare il rispetto dovuto agli interessi esistenti delle tre religioni e nell’assicurare le necessarie garanzie di libertà di accesso, di culto e di amministrazione religiosa. Questioni di tale natura non rappresentano che un problema marginale tra Israele ed i suoi vicini, e la loro soluzione non dovrebbe complicare le negoziazioni di pace.
Per quanto riguarda invece la Città stessa di Gerusalemme, il problema consiste nello stabilire un’amministrazione effettiva della Città che possa proteggere i diritti dei vari elementi della sua popolazione – cristiana, araba ed ebraica – ed assicurare la stabilità di governo e la sicurezza fisica, requisiti essenziali per la città dei Luoghi Santi”.

Gerusalemme città internazionalizzata

Il giudice Sir Elihu Lauterpacht nelle sue ricerche sulle questioni legali relative allo status di Gerusalemme e dei Luoghi Santi, ha osservato che la internazionalizzazione di Gerusalemme non era prevista nel mandato internazionale originale:
“Nulla era detto nel Mandato circa la internazionalizzazione di Gerusalemme. In effetti Gerusalemme, in quanto tale, non è menzionata – mentre lo sono i Luoghi Santi. E proprio ciò è ora un aspetto di rilievo. Questo dimostra che nel 1922 non vi era alcuna propensione a identificare la questione dei Luoghi Santi con la internazionalizzazione di Gerusalemme”.
I leaders arabi, compresi quelli palestinesi, hanno cercato di giustificare il loro diritto su Gerusalemme distorcendo il significato delle risoluzioni delle Nazioni Unite relative alla città. La risoluzione N° 181 delle Nazioni Unite, ad esempio, adottata dall'Assemblea Generale nel 1947, raccomandava di trasformare Gerusalemme ed i suoi dintorni in una città internazionale, o corpus separatum. Tuttavia i portavoce arabi ignorarono per loro convenienza il fatto che la risoluzione N° 181 era una raccomandazione non-vincolante.
Il professor Julius Stone, una delle autorità più conosciute del XX secolo in fatto di giurisprudenza e diritto internazionale, osserva che la risoluzione N° 181 “non aveva un effetto vincolante” fin dalle origini, dal momento che richiedeva di essere accolta da tutte le parti coinvolte:
“Mentre lo Stato di Israele ha espresso, da parte sua, la volontà di accettarla, gli altri stati coinvolti non solo l'hanno respinta, ma hanno anche illegalmente preso le armi per impedirne l'attuazione”.
Il giudice Lauterpacht scrisse, nel 1968, a proposito delle nuove condizioni che si erano verificate dopo il 1948 con riferimento all'idea iniziale sulla internazionalizzazione di Gerusalemme:
“Gli stati arabi hanno rifiutato il Piano di partizione e la proposta di internazionalizzazione di Gerusalemme.
Gli stati arabi hanno materialmente impedito l'applicazione della risoluzione dell'Assemblea Generale. Hanno cercato con la forza delle armi di cacciare gli abitanti ebrei di Gerusalemme per pervenire ad essere gli unici occupanti della città.
In tale frangente la Giordania si è presa unicamente il controllo della parte est della città, compresa la Città circondata dalle mura.
La Giordania, se ha concesso un accesso relativamente libero al Luoghi Santi cristiani, ha negato agli ebrei ogni possibilità di accedere ai Luoghi Santi ebraici. Questo è stato un allontanamento fondamentale da quelle tradizioni di libertà dei riti religiosi nella Terra Santa che si erano mantenute per secoli. Ed era anche un’evidente violazione degli impegni presi dalla Giordania nell'accordo di Armistizio firmato con Israele il 3 aprile 1949.
L'articolo VIII di questo Accordo prevedeva la creazione di un comitato speciale di rappresentanti israeliani e giordani che doveva formulare proposte concordate per determinati fatti “che, in ogni modo, devono includere gli elementi seguenti, sui quali esiste già un accordo di principio...il libero accesso ai Luoghi Santi ed alle istituzioni culturali e l'utilizzo del cimitero del Monte degli Ulivi”.
Le Nazioni Unite non hanno mostrato alcuna preoccupazione per la discriminazione che veniva fatta in tal modo nei confronti degli ebrei.
Le Nazioni Unite hanno ritenuto tollerabile il controllo, senza alcuna supervisione, esercitato dalle forze armate giordane sulla Città Vecchia di Gerusalemme – benché la presenza delle forze armate giordane ad ovest del Giordano fosse del tutto priva di qualsiasi giustificazione legale.
Fra il 1948 e il 1952 l'Assemblea Generale è gradualmente giunta ad accettare il fatto che il piano di internazionalizzazione di Gerusalemme era stato del tutto superato dagli eventi. Dal 1952, fino a oggi, non si è più sentito assolutamente nulla su questa idea nell'Assemblea Generale.
Il 5 giugno 1967 la Giordania ha deliberatamente violato gli Accordi di Armistizio attaccando la parte di Gerusalemme in mano israeliana. Non vi era alcun appiglio, per questo attacco giordano, per poterlo considerare come una reazione ad un attacco israeliano. E' avvenuto nonostante le esplicite assicurazioni, portate a re Hussein tramite un Ufficiale dell’ONU, che, se la Giordania non avesse attaccato Israele, Israele non avrebbe attaccato la Giordania. Anche se la responsabilità di aver aggredito è normalmente addebitata allo Stato di Israele, per quanto riguarda la Guerra dei Sei Giorni, rimane il fatto che i due tentativi condotti presso l'Assemblea Generale nei mesi di giugno e di luglio del 1967 di arrivare alla condanna di Israele come paese aggressore sono falliti. Una chiara e straordinaria maggioranza dei membri della Nazioni Unite ha votato contro la proposta di considerare Israele come paese aggressore”.
Oggi Israele ha riunificato Gerusalemme e concesso illimitata libertà di culto. L'accesso a tutti i Luoghi Santi nella Città della Pace riunificata è assicurato. Il giudice, Sir Elihu Lauterpracht, ne dà conferma:
“I musulmani hanno beneficiato, sotto il controllo israeliano, di quella libertà che veniva negata agli ebrei sotto l’occupazione giordana”.
Infine deve essere osservato che, qualora la risoluzione N° 181 fosse ancora valida (il che tuttavia non è), oggi ci troveremmo nella condizione prevista in nella parte III-D dove si stabilisce che dopo 10 anni lo status di città internazionale avrebbe potuto essere sottoposto a referendum fra tutti gli abitanti di Gerusalemme per un cambiamento dello status della città – che oggi come ieri sarebbe stato deciso dalla determinante maggioranza ebraica della città.

Le Nazioni Unite e Gerusalemme.

Sia l'Assemblea Generale che il Consiglio di Sicurezza hanno un potere limitato sul futuro di Gerusalemme.
Il giudice Sir Lauterpacht spiegò nel 1968:
“L'Assemblea Generale non ha alcun potere di deliberare su Gerusalemme e non ha il diritto di emettere dei regolamenti per i Luoghi Santi. Il Consiglio di Sicurezza, naturalmente, mantiene i poteri previsti dal Capitolo VII della Carta in rapporto a minacce contro la pace, violazione della pace e atti di aggressione, ma questi poteri non si estendono all’adozione di alcuna posizione di ordine generale riguardante il futuro di Gerusalemme e dei Luoghi Santi”.
In origine l’internazionalizzazione di Gerusalemme faceva parte di una proposta molto più estesa ma gli stati arabi l'hanno rifiutata – sia presso le Nazioni Unite che sul terreno, con“un rifiuto evidenziato dall'invasione armata della Palestina da parte degli eserciti di Egitto, Iraq, Libano, Siria ed Arabia Saudita ... che avevano l'obiettivo di distruggere Israele”.
Le conseguenze dell'aggressione araba sono molto ben spiegate dal professore e giudice Schwebel, già Presidente della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia:
“Tra Israele, che ha agito in modo difensivo, nel 1948 e nel 1967, da una parte, ed i suoi vicini arabi, che hanno agito in modo aggressivo, nel 1948 e nel 1967, dall’altra, Israele ha un maggior titolo sul territorio che era la Palestina, compresa la totalità di Gerusalemme”.

I leaders arabi fanno riferimento alla Risoluzione N° 242 dell’ONU come base per le loro rivendicazioni su Gerusalemme.

La risoluzione N° 242 venne adottata dopo la guerra del 1967 quando Israele conquistò dei territori all’Egitto, alla Giordania e alla Siria dopo che questi stati avevano attaccato Israele. Tuttavia la risoluzione non fa mai menzione di Gerusalemme, né la risoluzione dell'ONU richiede un totale ritiro dai territori conquistati, ma si limita a un ritiro su “confini sicuri e riconosciuti” che devono essere negoziati tra le parti in causa. I palestinesi non erano parte effettiva in questa risoluzione.
Arthur Goldberg, ex Ambasciatore degli USA all’ONU (nel 1967) che ha collaborato alla stesura della risoluzione, ha testimoniato circa l'omissione di Gerusalemme dalla risoluzione N° 242:
“Io non mi sono mai riferito a Gerusalemme come a un territorio occupato. La risoluzione N° 242 non si riferisce in alcun modo a Gerusalemme e la sua omissione era voluta”.
In conclusione, circa il ruolo che le Nazioni Unite e la legge internazionale possono giocare nella determinazione del futuro di Gerusalemme, si può citare nuovamente il giudice Lauterpacht:
“Gli atti decisi dal governo di Israele per quanto si riferisce a Gerusalemme - sia la parte nuova che la vecchia – sono legali e legittimi.
I regolamenti futuri per i Luoghi Santi sono argomento da decidere separatamente dalla questione della amministrazione politica di Gerusalemme. La internazionalizzazione territoriale di Gerusalemme è un argomento chiuso, ma la possibilità di una internazionalizzazione funzionale non lo è. Quest’ultimo punto sta a significare, in effetti, il riconoscimento degli interessi universali sui Luoghi Santi che si trovano a Gerusalemme e l’adozione di collegamenti tra Israele e la comunità internazionale per dare un’espressione formale a questi interessi”.

Il terrore palestinese nella città della pace.

Gli arabi palestinesi hanno concentrato molti dei loro attacchi terroristici contro gli ebrei proprio a Gerusalemme, nella speranza di conquistare la città scatenando attacchi di terroristi suicidi che rendano insopportabile la vita nella città della pace. Ma questa non è una tattica nuova. La strategia araba di trasformare Gerusalemme in un campo di battaglia incominciò nel 1920.
Purtroppo i leaders arabi ricorrono spesso alla violenza nel tentativo di ottenere quello che non riescono ad ottenere ad un tavolo di negoziati. Quando a Camp David si interruppero le trattative nel 2000, i dirigenti palestinesi scatenarono l’intifada di al-Aqsa, in pratica una vera e propria guerriglia contro Israele.
Iniziò la vigilia di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico, quando la folla araba tirò delle pietre dal Monte del Tempio sui fedeli ebrei in preghiera al sottostante Muro Occidentale. Questo attacco con le pietre si trasformò in una continua campagna di attacchi terroristici. Come polvere per innescare l’intifada, i dirigenti palestinesi incitarono i palestinesi e i musulmani del mondo con storie inventate che facevano ingannevolmente credere che gli ebrei avessero iniziato un assalto ad al-Aqsa quando Ariel Sharon fece una visita di mezz’ora al Monte del Tempio durante l’orario di apertura per i turisti. La verità è che i piani palestinesi per l’intifada erano iniziati subito dopo che Arafat aveva abbandonato i colloqui di Camp David.
Per quale ragione i palestinesi concentrano i loro attacchi terroristici sulla città della pace? Per il fatto che i palestinesi, nonostante la loro retorica, comprendono perfettamente il significato simbolico e spirituale che Gerusalemme ha per gli ebrei.
Gli attentati suicidi – contro autobus pubblici, caffé, centri commerciali ed altri luoghi affollati nel cuore della città – fin dagli accordi di Oslo del 1993, sono concepiti per rendere un inferno la vita degli ebrei di Gerusalemme. Atrocità come quelle commesse nei mesi di febbraio e marzo del 1996 con l'esplosione di due autobus della linea 18, in cui rimasero uccise 26 persone, e nel mese di agosto del 2001 con l'esplosione della pizzeria Sbarro, che uccise 15 persone (tra le quali 5 membri di una stessa famiglia), sono parte di un’unica battaglia che dura da 120 anni per la conquista di Gerusalemme, che gli arabi hanno scatenato in opposizione al sionismo
Nell'aprile del 1920 il furore, durato tre giorni, di gruppi di arabi religiosamente antisionisti fece sei morti e 200 feriti nel Quartiere Ebraico. Gli attaccanti devastarono sinagoghe e yeshivot e saccheggiarono case. Gli arabi cominciarono a piazzare bombe a orologeria in luoghi pubblici già nel febbraio del 1947, quando fecero saltare la strada Ben Yehuda, la principale arteria di comunicazione di Gerusalemme, lasciando sul terreno 50 morti.
Tutto questo venne fatto prima della nascita dello Stato di Israele. Nel corso degli anni 50 i Giordani sparavano periodicamente sulle abitazioni ebraiche dalle mura della Città Vecchia. Dopo la riunificazione della città nel 1967, gli Arabi iniziarono nuovamente la loro battaglia per la città mettendo bombe nei cinema e nei supermercati.
Il primo attacco terroristico in questa riaccesa battaglia avvenne nel 1968 con la bomba situata al mercato all’aperto di Yehuda che ha fatto 12 morti. I fatti reali che descrivono i comportamenti dei palestinesi dimostrano chiaramente che essi hanno perso ogni diritto – storico, religioso o politico – sulla Città della Pace.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » gio mag 04, 2017 9:24 pm

Riconnettere Gerusalemme al suo retaggio ebraico
Centinaia di migliaia di visitatori affluiscono ogni anno agli scavi nel luogo dove re Davide stabilì la sua capitale
(Da: Jerusalem Post, 23.3.17)

http://www.israele.net/riconnettere-ger ... io-ebraico

Il recente annuncio che a David Be’eri verrà conferito quest’anno il prestigioso Premio Israel per la sua opera votata a ripristinare e sviluppare un ex quartiere ebraico di Gerusalemme ha riacceso la polemica politica sull’identità dell’antica capitale ebraica conosciuta come la Città di Davide, nota anche con il nome arabo di Silwan.

Il nome biblico originale del sito, in ebraico, è Shiloah (Siloam), termine che indicava il bacino d’acqua che re Ezechia (agli inizi VII sec. a.e.v.) aveva fatto collegare con un tunnel alla sorgente di Gihon per garantire il rifornimento d’acqua alla città, allora sotto assedio.

Nei secoli successivi il centro della città si spostò progressivamente più a nord, tanto che l’area di Siloe si ritrovò fuori dalle mura costruite dai turchi nel XVI secolo.

Trovandosi comunque a poca distanza dal Muro Occidentale (detto “del pianto”), l’area rinacque nei primi anni ’90 del XIX secolo con il nome di Hashiloah: un villaggio di ebrei religiosi yemeniti che vi prosperarono fino a quando non vennero investiti dai tumulti arabi della seconda metà degli anni ’30 del ‘900, e le autorità del Mandato Britannico li costrinsero a trasferirsi altrove non potendo garantire la loro incolumità.

Documenti scoperti di recente, nel maggio 1995, dimostrano che già prima del 1948 degli arabi presero possesso illegalmente delle abitazioni ebraiche nel quartiere che loro chiamano Silwan. Con la guerra del ’48 l’area cadde sotto occupazione giordana e vi rimase fino al giugno ’67, quando Gerusalemme venne riunificata durante la guerra dei sei giorni. Da allora la Municipalità ha affrontato l’enorme sfida di restaurare le parti della capitale d’Israele che erano state distrutte e addirittura profanate nel 1948 dall’esercito d’occupazione giordano. La profanazione si spinse fino al millenario cimitero ebraico sul Monte degli Ulivi, le cui lapidi vennero utilizzate per lastricare strade attraverso il cimitero stesso e per la costruzione dell’Hotel Inter-Continental (oggi Seven Arches Hotel) alla sommità del monte.

David Be’eri è il fondatore della City of David Foundation (Elad), impegnata a “ricollegare le persone all’antica Gerusalemme attraverso scavi archeologici, visite turistiche, programmi educativi e rilancio residenziale”.

Il mese scorso, la Municipalità ha emesso ordini di demolizione per 16 strutture costruite illegalmente a Silwan, scatenando l’opposizione automatica di Emek Shaveh, un consorzio di archeologi e attivisti politicamente orientati che ha ripetutamente condannato quella che definisce la “giudaizzazione” di Gerusalemme est. Inutile dire che i molto trendy attivisti di Emek Shaveh non hanno mai pronunciato una parola contro “l’arabizzazione” di Gerusalemme.

Be’eri, il fondatore di Elad, ha ripristinato la Città di Davide, ha trasformato il derelitto parcheggio di Silwan in un importante sito archeologico, e continua ad acquistare del tutto legalmente immobili da proprietari arabi per permettere a cittadini ebrei di tornare ad abitare il quartiere da cui gli ebrei vennero cacciati con la forza negli anni ‘30.

Yonatan Mizrahi, direttore di Emek Shaveh – che ha presentato una quantità di petizioni alla Corte Suprema contro il lavoro di restauro di Elad – parlando al Jerusalem Post ha accusato Elad di essere un malcelato strumento per modificare i fatti sul terreno nella parte orientale di Gerusalemme. Le cose non stanno così, secondo il noto archeologo e Premio Jerusalem Gabriel Barkay, che definisce “totalmente fuoristrada” la critica di Emek Shaveh a Be’eri. “Penso che Be’eri sia un pioniere – ha detto Barkay al Jerusalem Post – Quando arrivai vent’anni fa nella Città di Davide, che è il nucleo antico di Gerusalemme, il luogo era trascurato e inaccessibile, e io ero l’unico che veniva a visitarlo. Ora ci vengono centinaia di migliaia di visitatori. Parlare di giudaizzazione è una sciocchezza. La Città di Davide era l’antico nucleo di Gerusalemme, quando non c’erano né cristiani né musulmani”.

Ora centinaia di migliaia di visitatori – scolari, soldati, personalità e comuni cittadini – affluiscono ogni anno per vedere gli scavi che dimostrano che in questo luogo re Davide stabilì la sua capitale e Salomone costruì il Tempio. Conferire il Premio Israel a Be’eri significa affermare chiaramente che Israele ha il diritto inalienabile di ristabilire e riaffermare la sovranità ebraica nella sua capitale


Gerusalemme appartiene unicamente ad Israele: lo stabilisce la conferenza di Sanremo
26 aprile 2017
Riccardo Ghezzi

http://www.linformale.eu/gerusalemme-ap ... di-sanremo

C’è una risposta semplice alla domanda su chi possieda Gerusalemme o ne abbia il diritto legale? Jacques Gauthier, avvocato canadese specializzato in diritto internazionale, ha risposto con un netto Sì, ipotizzando che se esistesse un tribunale creato con lo scopo di studiare al 100% i fatti giuridicamente rilevanti ignorando la politica, esso non potrebbe che stabilire inequivocabilmente che soltanto Israele possieda il titolo di proprietà di Gerusalemme.
Gauthier è stato intervistato dal Jerusalem Post durante un viaggio che ha fatto in Israele per una conferenza che si è tenuta l’11 e 12 giugno scorsi, sul tema proprio delle rivendicazioni ebraiche a Gerusalemme. Ha studiato il diritto internazionale per 30 anni, concentrandosi su una serie di questioni, tra cui i diritti umani, e non si è limitato al solo Medio Oriente. A Ginevra è stato allievo del professor Marcelo Kohen nel 2006.
La tesi di Gauthier consta di 1200 pagine, pesa più di 4 chili e contiene oltre 3200 note.

Gauthier ha presentato le sue conclusioni al parlamento giapponese, alla Camera dei Comuni di Londra, al Parlamento europeo a Bruxelles e ad un comitato congressuale a Washington.
Di religione cristiana, l’avvocato ha rivelato di essersi interessato allo status di Gerusalemme dopo esserci stato nel 1982-1983.
Gauthier ha iniziato la sua ricerca studiando le opere di Theodore Herzl nel 1896-1897 e la dichiarazione Balfour del 1917, ma la sua attenzione si è rivolta maggiormente sulla Conferenza di Sanremo del 24-25 aprile 1920.
La conferenza è stata una continuazione di incontri precedenti tenuti dai vincitori della prima guerra mondiale per stabilire come gestire una vasta gamma di questioni, tra cui la definizione dei confini per nuovi stati-nazione e mandati.

Secondo Gauthier, la Conferenza di Sanremo è stata l'”udienza finale” di un “tribunale mondiale”, con la presenza delle cinque nazioni principali vincitrici della prima guerra mondiale. Il “caso” era stato presentato davanti alla “corte” nel 1919, anno in cui sia gli ebrei che gli arabi del Medio Oriente avevano presentato le loro rivendicazioni durante la Conferenza di Pace di Parigi per ottenere l’indipendenza e il controllo di vari territori.
Gauthier ritiene che il 24-25 aprile a Sanremo sia stato “il momento chiave della storia” sulla questione della proprietà di Gerusalemme e ricorda che Chaim Weizmann, il primo presidente dello stato di Israele, ha definito la decisione “il momento più importante per il popolo ebraico dall’esilio”.

Gauthier non è stato il primo studioso a citare questa conferenza a sostegno dei diritti ebraici a Gerusalemme. Tuttavia, egli si è distinto nell’argomentare che la conferenza in questione sia un evento giuridico singolare e decisivo che cancella tutti quelli apparentemente in contrasto.
Come un avvocato immobiliarista che cerca di determinare una proprietà, egli afferma che solo perché ci sono molte pretese non significa che tutte abbiano la stessa legittimità, concludendo che sia possibile che un’unica decisione ponga fine alla discussione. In questo caso, la decisione è quella della Conferenza di Sanremo.

A Sanremo, le rivendicazioni ebraiche sottoposte ai vincitori della Prima Guerra Mondiale sono state le seguenti: il riconoscimento dello status degli ebrei come popolo sul piano del diritto internazionale; il riconoscimento dei legami storici del popolo ebraico con l’area allora conosciuta come “Palestina”; il diritto di “ripristinare” i diritti storici degli ebrei in Palestina.
Gli arabi hanno invece presentato importanti rivendicazioni sul territorio ottomano, ma non specificamente in Palestina o a Gerusalemme, dice chiarisce Gauthier.

I leader militari e politici della Conferenza di Sanremo hanno accettato tutte le richieste dei rappresentanti ebraici. Secondo Gauthier, gli inglesi avrebbero dovuto mantenere il controllo del Mandato sulla Palestina solo fino a quando gli ebrei non fossero stati pronti ad assumere la guida dell’area, come confermato dall’articolo 22 del Patto della Società delle Nazioni.
Secondo l’avvocato, questo pone fine a ogni dubbio. Al popolo ebraico è stata data la “proprietà” di Gerusalemme sul piano del diritto internazionale.

Gauthier conclude la sua analisi contestando l’idea che eventuali decisioni successive – come il Piano di ripartizione delle Nazioni Unite, la risoluzione ONU 242 o gli Accordi di Oslo – abbiano tolto la proprietà di Gerusalemme a Israele, basandosi su precedenti che riguardano l’Africa e che dimostrerebbero come accordi già presi non possano essere contraddetti dagli organismi internazionali.
Secondo l’avvocato, Israele in base alla risoluzione 242 dell’ONU e agli Accordi di Oslo è tenuto a ritirarsi da un certo numero di territori della Cisgiordania, ma Gerusalemme non è menzionata nella risoluzione. Il piano di ripartizione delle Nazioni Unite avrebbe invece potuto essere vincolante, ma dato che gli stati arabi non l’hanno accettato, si è trasformato in una semplice soluzione suggerita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Suggerimento che però è stato respinto e quindi non ha alcun valore.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » gio mag 04, 2017 9:25 pm

L'UNESCO approva la vergognosa risoluzione su Gerusalemme: 22 voti a favore, 10 contrari, 23 astenuti e 3 assenti. Nell'immagine, i voti espressi dai vari paesi.

https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/ ... e=59C16264

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... sraele.jpg



NUOVO VOTO DELL'UNESCO CONTRO ISRAELE
Thanks to Israele.net
30/04/2017

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 9726943052

Il Comitato esecutivo dell’ UNESCO intende votare il prossimo 2 maggio (Giornata dell’Indipendenza d’Israele) una risoluzione contro la sovranità israeliana su tutta #Gerusalemme.

Diplomatici israeliani e americani stanno tentando si convincere i 58 paesi che compongono il Comitato esecutivo a votare contro la risoluzione, che tuttavia è molto probabile che passi per via della maggioranza automatica dei paesi arabi. L’anno scorso l’Unesco approvò una risoluzione che disconosceva i legami ebraici (e cristiani) con il Monte del Tempio di Gerusalemme, indicato solo con il termine musulmano Al-Haram Al Sharif. Solo sei paesi votarono contro.

Questa volta la bozza di risoluzione non parla del Monte del Tempio, pur chiedendo la riaffermazione dei testi precedenti che vi fanno riferimento. Tuttavia include un nuovo articolo contro la sovranità israeliana su tutta la città Gerusalemme (non solo la parte est e la Città Vecchia).

La risoluzione stabilisce inoltre che è nulla qualsiasi decisione presa su Gerusalemme da qualunque autorità israeliana (Knesset, Corte Suprema ecc.).

È la prima volta che il Comitato esecutivo dell’Unesco viene chiamato a pronunciarsi contro la sovranità israeliana anche su Gerusalemme ovest. Tutti i principali organi di governo israeliani (Parlamento, Governo e Corte suprema) hanno sede a Gerusalemme. Nell’Esecutivo Unesco siedono 11 paesi dell’Unione Europea (Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia, Spagna e Svezia) e gli Stati Uniti. La bozza di risoluzione ribadisce anche che i luoghi santi ebraici della Tomba dei Patriarchi a Hebron e della Tomba di Rachele a Betlemme sono “parte integrante della Palestina” (i musulmani li considerano entrambi luoghi esclusivamente islamici e li chiamano moschea Ibrahimi e moschea Bilal bin Rabah).




Gerusalemme, no italiano su voto Unesco
Lo annuncia il ministro degli Esteri Alfano: 'E' politicizzato'
02 maggio 2017

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/m ... 0f6a9.html

"Ho dato precise istruzioni di voto al Rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unesco: votare 'no' contro l'ennesima risoluzione politicizzata su Gerusalemme, tra l'altro nel giorno di un'importante festa nazionale israeliana. La nostra opinione - annuncia il ministro degli Esteri Angelino Alfano - è molto chiara: l'Unesco non può diventare la sede di uno scontro ideologico permanente in cui affrontare questioni per le cui soluzioni sono deputate altre sedi". "Coerentemente con quanto dichiarato a ottobre noi, dunque, voteremo contro la risoluzione, sperando che questo segnale molto chiaro venga ben compreso dall'Unesco", conclude Alfano in una nota.
Israele plaude alla decisione italiana di schierarsi contro la nuova risoluzione su Gerusalemme che l'Unesco si appresta a votare oggi e che, a giudizio israeliano, rigetta la sovranità dello Stato ebraico su qualsiasi parte di Gerusalemme. L'ambasciatore presso l'organismo culturale dell'Onu, Carmel Shama-Hacohen, citato dal Times of Israel, ha definito "senza dubbio uno sviluppo positivo" la posizione dell'Italia annunciata dal ministro degli Esteri Angelino Alfano.
"Israele ringrazia il governo italiano per la decisione di votare contro la risoluzione anti-israeliana all'Unesco. E' un voto contro un altro tentativo di distorcere la storia, di negare i legami fra gli ebrei e Gerusalemme e contro il tentativo di politicizzare ancora l'Unesco. Non avevamo nessun dubbio che il governo italiano avrebbe mantenuto la promessa di votare contro tale risoluzione". Lo afferma all'ANSA l'ambasciata d'Israele a Roma.


SHHH!

"Gerusalemme è la nostra capitale eterna e tale resterà per sempre. La vergognosa risoluzione che è passata all'UNESCO non cambierà questo semplice fatto. Nel 69º anniversario dell'Indipendenza dello Stato d'Israele, siamo felici più che mai di celebrare la rinascita del popolo ebraico a Gerusalemme."

Con queste parole, l'Ambasciatore d'Israele presso le Nazioni Unite Danny Danon - דני דנון ha ricordato al mondo che non conta ciò che blaterano gli Stati arabi annoiati e pieni di odio, né conta se siano o meno appoggiati da Stati occidentali ipocriti: questa è la Storia del popolo ebraico, questa è la realtà d'Israele e agli altri non resta che continuare a mangiarsi il fegato.


ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
viewtopic.php?f=205&t=2404
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » gio mag 04, 2017 9:27 pm

Pace è bene ma mentire è meglio: Abu Mazen incontra Trump
Niram Ferretti
4 maggio 2017

http://www.linformale.eu/pace-bene-ment ... ntra-trump

Il primo faccia a faccia alla Casa Bianca tra Donald Trump e Abu Mazen risulta in un semplice preambolo cerimonioso del tutto privo di segnaletica per una eventuale road map. Trump sarà in Israele la prima volta il 22 di maggio, in concomitanza con le celebrazione del cinquantenario della riunificazione di Gerusalemme, che l’Unesco ha provveduto a “liberare” da qualsiasi legittimità ebraica.

Al di là del clima di cordialità, Donald Trump ha provveduto a fare presente a Abu Mazen la necessità di porre un freno all’incitazione palestinese alla violenza, al che il presidente dell’Autorità Palestinese ha replicato come la gioventù palestinese venga allevata nel rispetto della pace e della tolleranza.

In un articolo del 2005, Itamar Marcus e Barbara Crook hanno evidenziato come i leader dell’Autorità Palestinese abbiano costruito un apparato propagandistico accusatorio contro Israele basato su tre stadi nei quali gli ebrei, non gli israeliani, vengono presentati come un popolo ontologicamente malvagio e meritevole di essere annientato.

Lo stesso Abu Mazen non si è peritato. Dall’esortazione a versare il “puro sangue arabo” a difesa della moschea di Al Aqsa contaminata dai °piedi sporchi degli ebrei° del 2015, all’accusa rivolta al governo israeliano di avvelenare l’acqua destinata ai palestinesi nella West Bank nell’estate del 2016, essendo la menzogna compulsiva è un tratto ineliminabile della sua personalità

Trump ha anche sottolineato la necessità di mettere fine ai pagamenti che l’Autorità Palestinese riserva alle famiglie dei terroristi incarcerati. A questa richiesta di Trump ha però risposto prontamente Nabil Shaath, il consigliere di Abu Mazen per gli affari esseri bollandola come “folle”. Per Shaath essa equivarrebbe a chiedere a Israele di smettere di pagare i salari ai propri soldati. Non si vede d’altronde come l’Autorità Palestinese possa vederla diversamente, avendo trasformato i terroristi in resistenti all’”occupazione” israeliana della West Bank (e in realtà dell’intera Palestina).

La questione dei pagamenti alle famiglie dei prigionieri palestinesi detenuti per atti di terrorismo è al centro della esortazione rivolta a Trump dai senatori repubblicani Marco Rubio, Tom Cotton e Lindsey Graham, i quali, prima dell’incontro, hanno chiesto che la questione fosse sollevata:

“Il pagamento dei salari alle famiglie dei prigionieri detenuti per terrorismo deve terminare sotto un profilo morale perché gli Stati Uniti non possono essere complici nell’incentivare il terrorismo e deve terminare sotto il profilo strategico perché l’Autorità Palestinese non riuscirà mai a convincere gli americani, il Congresso o Israele, che parla seriamente di pace mentre finanzia il terrorismo”.

Il budget speso dall’Autorità Palestinese per finanziare i terroristi e le loro famiglie ammonta a circa trecento milioni di dollari annui.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » dom mag 07, 2017 11:44 am

Gerusalemme non ha alcun bisogno dell’Unesco
Anziché farfugliare scuse e giustificazioni, Israele fa bene ad affermare la verità in modo chiaro e forte
di Ariel Bolstein
(Da: Israel HaYom, 4.5.17)

http://www.israele.net/gerusalemme-non- ... dellunesco

Mi trovavo in Italia, pochi giorni fa, quando l’Unesco ha adottato un’altra delle sue sciagurate risoluzioni che cercano di negare ogni legame fra ebrei, stato ebraico e Gerusalemme. Ovviamente nessuno in Italia si preoccupava minimamente della cosa. L’unica cosa che interessa agli italiani in questo periodo per quanto riguarda l’Unesco è la campagna che mira a convincere l’organizzazione ad includere l’arte della pizza napoletana nella sua prestigiosa lista del patrimonio culturale dell’umanità. Ma se anche la campagna fallisse, ciò non renderà affatto gli italiani meno orgogliosi della loro pizza. Questo è esattamente l’atteggiamento che dovremmo avere anche noi israeliani.

Con o senza l’Unesco, Gerusalemme è e resta il fondamento della nazione ebraica, la capitale d’Israele. Tutti gli altri sono solo graditi ospiti. Non c’è Gerusalemme senza Israele e non c’è Israele senza Gerusalemme. Noi ebrei cercheremo di accogliere tutti gli ospiti a braccia aperte, ma saremo altrettanto e più determinati nel confermare la nostra sovranità su tutte le parti di una città che è sempre stata unica, e nell’invalidare ogni tentativo di mettere in dubbio il suo futuro, sia che il tentativo venga fatto da un’organizzazione internazionale irrilevante e inutile come l’Unesco, sia da chiunque altro.

Uno sguardo attento su come hanno votato sulla risoluzione gli stati membri del Comitato Esecutivo dell’Unesco rivela che Israele sta facendo progressi in fatto di alleanze e sostegno internazionale. Il risultato della votazione era sostanzialmente scontato a causa della maggioranza automatica dei paesi islamici e dei paesi costretti a sottomettersi ai loro diktat.

Eppure, il campo che si oppone o si astiene di fronte a questi documenti demenziali è cresciuto. Mi permetto di pronosticare che più saremo fermi nel rifiutare compromessi sui nostri diritti basilari e sulla verità stoiche, più grande diventerà il campo che vota in modo assennato. E i paesi che si ostinano a tenersi al di fuori da questo campo diventeranno irrilevanti e sempre più staccati dalla realtà (come ad esempio la Svezia).

L’Italia ha sostenuto la posizione di Israele e ha votato contro la delirante proposta che vorrebbe separare Gerusalemme da Israele ed ebrei. Ogni italiano con cui ho parlato della decisione si è dimostrato sorpreso: come altro si potrebbe votare? Come si potrebbe votare contro la verità?

Israele ha fatto e fa molto per mostrare al mondo la verità. Il Ministero degli esteri e altri organismi stanno investendo considerevolmente nella campagna, con l’aiuto di enti e organizzazioni della società civile. E il succo del messaggio è stato aggiornato. Anziché farfugliare scuse e giustificazioni, Israele afferma la verità in modo chiaro e forte: il popolo ebraico è nato nella Terra d’Israele, che è la sua legittima patria, e tutti gli argomenti storici, giuridici e di sicurezza non fanno che confermare e rafforzare questo legame. Quanto prima i paesi della regione accetteranno questa realtà incontestabile, tanto meglio sarà per tutti.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » ven mag 12, 2017 7:26 pm

Israele, Erdogan contro la “giudaizzazione di Gerusalemme”
12 maggio 2017

http://www.progettodreyfus.com/israele- ... erusalemme

Parole durissime contro lo Stato d’Israele da parte Tayyip Erdogan. Il presidente turco, in un incontro a Istanbul con l’esponente politico palestinese Rami Hamdallah, ha annunciato:

“Ankara lavorerà con il popolo palestinese per impedire la giudeizzazione di Gerusalemme. Non è possibile trovare una soluzione e la pace senza ricercare dapprima una soluzione giusta per la causa palestinese”.

Erdogan ha proseguito accusando Israele di “uccidere bambini” e lanciando un invito al popolo islamico

Erdogan ha proseguito accusando Israele di “uccidere bambini” e lanciando un invito al popolo islamico di visitare “in massa la moschea di Al Aqsa, perché ogni giorno di occupazione rappresenta per noi un insulto”.

Erdogan, inoltre, ha apprezzato la nuova Carta di Hamas che prevede uno Stato di Palestina entro i confini del 1967 ma nessun riconoscimento per Israele, che rimane “l’entità sionista”.

Non si è fatta attendere la risposta del governo israeliano. Una nota ufficiale del ministero degli Esteri recita:

“Chi viola sistematicamente i diritti umani nel proprio paese non dovrebbe permettersi di impartire lezioni all’unica democrazia della regione. Israele garantisce la piena libertà di culto a ebrei, musulmani e cristiani, e continuerà a farlo a dispetto delle infondate diffamazioni rivolte contro”.

Le parole di Erdogan sono state commentare anche dal presidente della Knesset, Yuli Edelstein, il quale ha dichiarato che il presidente turco “era e rimane un nemico di Israele” e dal sindaco di Gerusalemme Nir Barkat:

“È sorprendente che Erdogan, alla guida di uno stato che ha occupato Gerusalemme per 400 anni, voglia farci la predica su come gestire la nostra città. A differenza che sotto occupazione turca Gerusalemme sotto sovranità israeliana è una città fiorente, aperta e libera che garantisce la libertà di religione e di culto a tutti. Negli ultimi anni, un numero record di musulmani ha visitato e pregato sul Monte del Tempio esercitando assoluta libertà di religione sotto la sovranità israeliana. Il legame del popolo ebraico con Gerusalemme risale a più di 3.000 anni fa. Gerusalemme è e rimarrà sempre la nostra capitale. In ogni angolo della città vediamo radici ebraiche risalenti alle epoche del Primo e del Secondo Tempio, al periodo musulmano e alla conquista ottomana. Mentre celebriamo i 50 anni dalla riunificazione di Gerusalemme invito Erdogan a visitare la nostra città per stupirsi nel vedere di persona come è cambiata per il meglio rispetto a quando la governavano i turchi”.

Non è chiamando “moschea di Al Aqsa” anziché monte del Tempio che Erdogan riuscirà a negare l’atavico legame fra il popolo ebraico e Gerusalemme.

Non è apprezzando la dicitura di Hamas (considerata un’organizzazione terroristica anche da quell’Unione Europea dove qualcuno auspicava l’entrata della Turchia) “entità sionista” anziché Israele che Erdogan riuscirà a negare la legittimità dell’esistenza dello Stato ebraico, lì dove gli appartiene.

Antisemiti di tutto il mondo unitevi e ascoltate queste parole: il popolo ebraico e a Gerusalemme e nel paese da millenni, esattamente dove l’Onu, organizzazione mondiale a cui vi appellate per denigrare Israele, nel 1947 ne decretò la nascita.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » mer mag 17, 2017 12:13 pm

???

Le nuove sirene di Trump
Niram Ferretti
17/05/2017

http://www.progettodreyfus.com/le-nuove-sirene-trump

Gli annunci pro-israeliani di Donald Trump nascono come tutto quello che lo riguarda dall’estemporaneità, sono aperture del cuore che si illumina sotto l’impeto dell’impressione del momento, di qualche suggestione più o meno intensa, e tanto basta. La questione non riguarda solo Israele, naturalmente. Si tratta infatti di costituzione psicologica, di makeup caratteriale. Lo abbiamo visto con la Siria. Dopo l’attacco chimico di Khan Shaykhun, Trump decise lo strike americano quando gli vennero mostrate le foto dei bambini morti. Poco prima la sua Amministrazione non si era mostrata contraria nei confronti di una continuità di Assad.

Lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, promessa elettorale rivolta alla platea giubilante dell’AIPAC era (ed è) il simbolo di questa vicinanza del coraçon allo Stato ebraico, tuttavia da allora le cose sono cambiate e Trump si è fatto un po’ meno deciso sulla questione. Non che sia un male ponderare, ma poi bisogna capire chi si ascolta. Ci torneremo a breve.
Buon segno, anzi il migliore finora pro Israele di questa Amministrazione, è stata la nomina all’ONU della sorridente e schietta Nikki Haley. Lo ha detto chiaramente l’ex governatrice della Carolina che l’ossessione anti-israeliana del Palazzo di Vetro è persino surreale. Ma non basta una rondine a fare primavera, anche se vorremmo averne di rondini come la Haley.

Ora, alla viglia del viaggio di Trump in Israele in concomitanza con un anniversario fortemente simbolico, il cinquantenario della riunificazione di Gerusalemme, l’afflato israeliano di Trump sembra essersi acquietato. Sono delle ultime ore le notizie che Trump si recherà da solo in visita al Muro del Pianto e non in compagnia di Benjamin Netanyahu, e questo dopo un contrasto aspro tra un membro della delegazione americana già in Israele per preparare la visita del presidente, e la sua controparte israeliana, avente come oggetto proprio la possibilità che Trump visitasse il Muro insieme al primo ministro israeliano. “Non è territorio vostro, appartiene alla West Bank“ avrebbe detto il funzionario americano tra lo sconcerto dei presenti. Ha fatto seguito un comunicato della Casa Bianca che sottolinea come questa non sia la posizione ufficiale americana. Bene. Tuttavia Trump andrà da solo non mancando anche di visitare il Santo Sepolcro e di recarsi a Betlemme. Ce lo spiega il nuovo Consigliere per la Sicurezza Nazionale, McMaster il perchè, “C’è bisogno di tolleranza e unità tra tre delle principali religioni mondiali”, anche se non si vede cosa c’entri Betlemme con l’Islam a parte l’immagine di Gesù con la kefiah.

McMaster, il generale mastino con gli occhi buoni che pensa non sia opportuno parlare di “radicalismo islamico”, è una delle voci più ascoltate da Trump, insieme all’altro generale, quel Mad Dog Mattis ora Segretario alla Difesa, il quale, nel 2013 dichiarava che Israele fosse a rischio di apartheid. A tutto ciò va aggiunta la calorosa accoglienza riservata alla Casa Bianca a Abu Mazen, l’unico interlocutore potabile per riaprire i negoziati. Perché questo è il punto. Le voci si stemperano, i toni si fanno meno bellicosi, ritorna il vecchio film, la partita a rimpiattino tra il leader palestinese e il premier israeliano sotto l’egida americana. E infondo non è Israele che deve fare sempre gli sforzi maggiori, convincere il mondo della sua buona volontà?

Che abbia ragione Daniel Pipes quando prevede, come ha dichiarato in una recente intervista che Trump da “Un atteggiamento molto amichevole nei confronti di Israele potrebbe passare a un atteggiamento molto ostile…Se devo fare una previsione mi aspetto un atteggiamento moderatamente ostile”?
Chi sperava in un cambio di registro dirompente dovrà ricredersi. Equidistanza sembra essere per il momento l’atteggiamento prevalente, a meno che di improvvise pirotecniche sorprese. Ma ci crediamo poco.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » dom mag 21, 2017 9:50 pm

Benjamin Netanyahu questa sera alla cerimonia d'apertura degli eventi nazionali per celebrare il 50° anniversario della riunificazione di Gerusalemme:

"Non abbiamo occupato, abbiamo liberato Gerusalemme.Gerusalemme era e sarà sempre la capitale d'Israele. Il Monte del Tempio e il Kotel ( Muro Occidentale) ,rimarranno sempre sotto la sovranità d'Israele!"

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 2841173775
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » lun mag 22, 2017 8:38 pm

La prima visita ufficiale del Presidente americano Donald J. Trump in Israele.
Benvenuto nell'unica democrazia del MO!
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 5774445815


Il momento in cui il Presidente Trump ,Kippah alla testa (il copricapo usato dagli ebrei nei luoghi di culto),visita il Kotel (Muro occidentale) a Gerusalemme - il luogo più sacro per gli ebrei. Abbiamo letto tanti commenti negativi su di lui,ma per noi israeliani ,il fatto che lui sia il primo Presidente americano in carica a visitare il Kotel, significa molto.Un momento storico molto commovente.
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 0174421375

Live: la moglie del primo ministro, signora Sara Netanyahu, insieme con la first lady degli Stati Uniti, Melania Trump, una visita speciale all'ospedale hadassah ein kerem
Trasmissione in diretta: la moglie del primo ministro israeliano Netanyahu, signora Sara, insieme con la first Lady Melania Trump, in occasione di una visita speciale al ospedale hadassah ein kerem
https://www.facebook.com/Netanyahu/vide ... 8147427076



Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/05/2017, a pag. 5, con il titolo "Non annuncerà lo spostamento dell'ambasciata", il commento di Paolo Mastrolilli; con il titolo "Quel sogno di fermare la marcia sciita", il commento di Giordano Stabile.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 8.facebook

Ecco gli articoli:

Paolo Mastrolilli: "Non annuncerà lo spostamento dell'ambasciata"

Può darsi che la previsione di Mastrolilli sia esatta, ma non l'avremmo messa nel titolo, in politica il nero o il bianco contengono sempre delle sfumature. Poichè non siamo fra quelli che sparano addosso a Trump - come sta avvenendo sui nostri giornali, da destra e da sinistra- preferiamo aspettare per capire quale sarà la sua politica. Dato che finora ci ha trovati consenzienti, manteniamo la fiducia iniziale. Ciò che conta è il risultato, le strategie per realizzarlo non è detto che debbano passare attraverso dei proclami. Ieri un quotidiano ha titolato in prima pagina che Trump andava " preso a pedate nel sedere", testuale. Un pezzo indecente, degno del peggior 'tabloid' alla Daily Mirror.

«Gli Usa non hanno abbandonato l’idea dei due Stati, ma non sono neppure sposati con questa soluzione. Non intendiamo essere gli arbitri del negoziato di pace, ma i facilitatori, affinché siano le parti a trovare l’intesa su come convivere». Così la fonte della Casa Bianca spiega la linea che Trump prenderà durante la visita in Israele e nei territori dell’Autorità palestinese: «Per abbassare le aspettative, è importante chiarire che non porta con sé un piano di pace, e non ci sarà un incontro trilaterale perché sarebbe prematuro». Rinviato anche l’annuncio di un eventuale spostamento dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Il presidente visiterà il Muro del Pianto, ma lo farà accompagnato solo da un rabbino, per non politicizzare la visita che invece punta a rendere omaggio ad un simbolo spirituale. Quanto agli insediamenti, «non riteniamo che siamo la causa dei problemi, ma pensiamo anche che in questo momento sarebbe meglio evitare iniziative che possano ostacolare il dialogo». Al leader palestinese Abbas, Trump confermerà la determinazione a garantire la dignità del suo popolo, sulla base però di un’intesa da raggiungere con Israele.

Giordano Stabile: "Quel sogno di fermare la marcia sciita"
Donald Trump con Mohammed bin Salman, principe dell'Arabia Saudita

Il presidente americano arriva oggi a Riad con il biglietto da visita del primo raid americano diretto contro una milizia sciita, probabilmente irachena, in Siria. Musica per le orecchie dei Paesi del Golfo, e dei loro alleati. La stabilità, vista dal fronte sunnita, significa soprattutto fermare la costruzione della Mezzaluna sciita, sognata da Teheran, che marcia a passo spedito in Siria e in Iraq.

L’Amministrazione Trump ha reagito, su suggerimento del principe Mohammed Bin Salman, ministro della Difesa saudita e secondo nella linea di successione al trono, con il rafforzamento dei ribelli al confine con la Giordania, per cercare di tagliare la strada agli sciiti. Ieri milizie e ribelli, e forze speciali americane, si sono trovati quasi a contatto vicino al posto di frontiera di Al-Tanf e sono dovuti intervenire i jet. Al di là degli accordi commerciali, e contratti fino a 300 miliardi per la vendita di armi, al di là della retorica sulla convivenza fra culture e religioni diverse, sarà questo il vero tema del vertice. I sunniti, a volte esagerando, vedono in corso la costruzione di un’egemonia iraniana in Medio Oriente. E vogliono fermarla a tutti i costi.

Nonostante i problemi di Trump, Arabia e alleati vedono nella nuova Amministrazione la fine dell’incubo Obama, troppo sbilanciato verso Teheran ai loro occhi. Sono disposti a mettere sul piatto molti soldi. Per acquistare armi americane e formare una «Nato araba» in grado di alleviare in parte gli americani dal peso dell’impegno militare. Ma esigono un’applicazione rigidissima dell’accordo sul nucleare con l’Iran, sanzioni contro i test missilistici. E soprattutto impedire che Siria e Iraq a trazione sciita si saldino. A costo di sacrificare i curdi nel Nord della Siria, ora in buoni rapporti con Assad. È la richiesta anche dell’altra grande potenza sunnita, la Turchia. E l’unico punto su cui per ora Trump non sembra disposto a cedere.


???
Hirsi Ali: "Trump smentisce le sue promesse"
L'attivista e autrice somalo-olandese: "Riad è il maggior sponsor del jihadismo nel mondo. L'opposto di ciò che dice di volere Donald"
di ANTONELLO GUERRERA
21 maggio 2017

http://www.repubblica.it/esteri/2017/05 ... -166000589

"TRUMP ha costruito tutta la sua campagna elettorale sulla lotta all'Islam radicale e all'Isis. Cosa che sinora non ha fatto. Anzi, rinsalda l'alleanza con l'Arabia Saudita, che è il maggior sponsor dell'estremismo islamico nel mondo". Ayaan Hirsi Ali non ha dubbi: Trump sta sbagliando tutto, si sta rimangiando le promesse. Anche per questo la solenne celebrazione della storica alleanza tra Stati Uniti e Riad secondo lei durerà poco. "Prima o poi ci sarà uno scontro", prevede l'intellettuale, scrittrice e attivista somalo-olandese che da anni vive negli Stati Uniti dopo le minacce di morte ricevute in Europa. Per Hirsi Ali, da sempre molto critica con l'Islam e co-autrice del contestatissimo film sulla violenza sulle donne Submission di Theo Van Gogh poi sgozzato ad Amsterdam nel 2004 da un jihadista, Trump sta giocando con il fuoco.

Perché Hirsi Ali?
"Perché i due Paesi hanno agende totalmente differenti. Trump, almeno a parole, è molto diverso da Obama: se il suo predecessore non legava mai il terrorismo islamico alla parola Islam, Trump ha sempre detto che alla base del terrorismo jihadista c'è un'ideologia, quella dell'Islam radicale, simile al fascismo e al comunismo. Sono d'accordo con lui. Ma mi sembra che Trump non si stia distaccando molto dalle amministrazioni precedenti".

A cosa si riferisce?
"In primis, ai "muslim ban" di Trump contro l'immigrazione che non affrontano il problema dell'Islam radicale, basti pensare che Riad è stata esclusa dalla lista nera. E soprattutto, mentre Trump vuole limitare l'espansione dell'estremismo politico islamico, l'alleata Arabia Saudita fa esattamente l'opposto: vuole espanderla sempre più nel mondo tramite la Dawa (il proselitismo islamico, ndr). Basti vedere quello che accade in Africa (Somalia, Kenya, Malawi, Burundi), ma anche in Europa e Stati Uniti. Negli anni 80 in questi paesi l'influenza di Riad era molto limitata, oggi invece moltissimi musulmani vanno nelle scuole, associazioni e istituzioni islamiche promosse dall'Arabia Saudita, in cui incorporano la sua visione estremista dell'Islam".

Cosa dovrebbe fare Trump? Oggi pronuncerà il suo attesissimo discorso sull'Islam.
"Primo: dire basta alla diffusione dell'ideologia wahabita e salafita (due rami fondamentalisti dell'Islam sunnita, ndr) propagata da Riad. Secondo: bloccare il flusso di denaro saudita che finanzia moschee e centri islamici nel mondo e non permettere l'apertura di questi ultimi se i fondi arrivano dall'estero. Terzo: avere il coraggio di dire che la stessa saudita Università di Medina, "la città del Profeta", è diventata un hub del jihadismo nel mondo".

Difficile che Trump lo faccia. Anzi, ha auspicato una Nato araba, con i sauditi in prima linea. E ieri ha firmato con Riad un contratto ricchissimo di armamenti.
"Quella della "Nato araba" è un'idea orrenda e brutale. Dare un ruolo così importante e una valanga di armi alla teocratica Arabia Saudita provocherà ancora più instabilità nell'area. E sarà una minaccia pericolosissima per Israele".


Il discorso di Trump ai Paesi arabi: “Insieme siamo imbattibili, spazzeremo il terrorismo”
francesco olivo
2017/05/21

http://www.lastampa.it/2017/05/21/ester ... agina.html

Nella cornice imponente del King Abdulaziz Center a Riad il presidente Donald Trump ha tracciato la strada della sua politica in Medio Oriente davanti a 55 leader di Paesi islamici. «Alleanza con le nazioni arabe musulmane che vogliono collaborare nella lotta contro estremismo e terrorismo, convivenza fra le diverse fedi, ebraica, cristiana, musulmana, come è stato per secoli in Medio Oriente, pace fra palestinesi e Israele».

Ma Trump ha anche sferrato un nuovo duro attacco all’Iran, accusato di aver alimentato «il fuoco dei conflitti settari» negli ultimi quattro decenni e di aver causato la tragedia «inimagginabile» della Siria, con la complicità del regime siriano. Trump ha anche attaccato due volte Hezbollah ed elogiato i Paesi del Golfo per aver messo il movimento libanese nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Isolare il regime iraniano

Il regime iraniano, ha insistito, deve essere isolato, e non deve più poter finanziare il terrorismo. Solo elogi per l`Arabia Saudita, indicata come esempio di tolleranza, convivenza e dove anche la condizione della donna sta migliorando.



Trump in Arabia Saudita: "Musulmani siano leader nella lotta alla radicalizzazione"
21 maggio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... ue/3601100

Un discorso istituzionale come si capiva dalle anticipazioni diffuse dalla Casa Bianca quello di Donald Trump a Riad. “Vi ringrazio per questa ospitalità fantastica. Il mio è un messaggio di amore per aprire una nuova era nei nostri rapporti” dice il presidente Usa nel suo discorso davanti ai leader del mondo arabo-islamico in Arabia Saudita. Parole che, almeno nell’incipit, ricordano quelle di Barack Obama del 2009 a Il Cairo. L’allora numero uno della Casa Bianca parlò di “un nuovo inizio con l’Islam”. Oggi Trump sembra seguire le tracce del suo predecessore quando dice: “Il nostro obiettivo comune deve essere quello di creare una grande coalizione per distruggere il terrorismo. La maggioranza musulmana deve prendere la leadership nella lotta alla radicalizzazione” che non assomiglia invece all’appello di Obama che invece auspicava “un partenariato” tra America e comunità musulmane.

“Non sono qui per dare lezioni a nessuno o dirvi cosa dovete fare e come – prosegue Trump – Spero che la giornata di oggi possa essere ricordata come l’inizio della pace in Medio Oriente e in tutto il mondo. Non ci può essere tolleranza verso il terrorismo. Possiamo vincere solo se le forze del bene saranno unite e se tutti in questa stanza daranno il loro contributo. L’America è pronta a stare al vostro fianco ma non possiamo annientare il nemico al posto vostro: cacciate i terroristi dai vostri luoghi di culto e dalla vostra terra. Il terrorismo è un insulto ad ogni persona di fede – ha aggiunto Trump – e i Paesi musulmani devono assumersi le loro responsabilità, negando un porto sicuro alle forze del male. I terroristi non devono trovare santuari in questo territorio. E dobbiamo tagliare ogni forma di finanziamento formando un accordo”. I terroristi non venerano dio, ma la morte”. Quella contro il terrorismo “non è una battaglia tra fedi, religioni o ideologie, ma tra criminali barbari e brave persone che vogliono proteggere la vita. È una battaglia tra il bene e il male: possiamo superare questo male solo se le forze del bene saranno unite e forti”. Trump ha quindi annunciato un accordo volto a bloccare e tagliare i finanziamenti ai gruppi terroristici: “Un altro passo storico. Dopo Riad sarò in Israele e in Vaticano. Se le tre fedi si uniscono, la pace è possibile in tutto il mondo, anche tra Israele e palestinesi”. Poco prima il re saudita Salman nel suo discorso introduttivo aveva annunciato l’impegno del suo paese: “L’Arabia Saudita sarà ferma nel perseguire chi finanzia o appoggia il terrorismo e conferma la sua determinazione per debellare l’Isis e altri gruppi terroristici, indipendentemente dalle sette religiose o dalle ideologie”.

Dopo Riad Trump raggiungerà Tel Aviv per chiedere chiedere al premier israeliano Netanyahu e Abu Mazen (Mahmoud Abbas) “di intraprendere passi decisivi verso la pace”. Secondo i media, che citano fonti Usa, tali passi riguardano per Israele “il freno degli insediamenti e il miglioramento dell’economia palestinese“, mentre per questi “la fine dell’istigazione e della violenza verso lo stato ebraico”. Per le stesse fonti “si è ancora ai primi passi nel riavvio dei negoziati”. Secondo Haaretz tra le proposte per alleviare l’economia palestinese – e su cui oggi dovrebbe discutere il gabinetto di sicurezza israeliano – ci sono l’apertura continua del valico di Allenby tra Cisgiordania e Giordania in modo da consentire un più facile transito, il miglioramento dei passaggi della Cisgiordania al fine di facilitare i lavoratori palestinesi e lo sviluppo delle aree industriali a Tarkumia nei pressi di Hebron e Jalma vicino Jenin. Inoltre, azioni per aumentare le condizioni dei commercianti di Gaza. “Trump – ha detto la fonte della Casa Bianca citata da Haaretz – è stato franco con il presidente Abu Mazen riguardo l’istigazione e i salari alle famiglie dei terroristi. E sarà chiaro su questo anche nel corso della visita”.

Un ministro vicino al premier Netanyahu – Yuval Steinitz del Likud – ha espresso oggi la preoccupazione di Israele per gli accordi militari conclusi fra Usa ed Arabia Saudita per 110 miliardi. In una intervista radio Steinitz ha precisato che Israele “desidera ricevere spiegazioni del presidente. Per il suo Paese, ha aggiunto, è di importanza vitale mantenere un margine di superiorità militare rispetto ai Paesi vicini, Arabia Saudita inclusa la quale – ha rilevato – non mantiene relazioni con Israele e di cui “nessuno conosce il futuro”. Da parte sua il ministro per l’intelligence Israel Katz (Likud) ha osservato che “la visita di Trump rafforza il campo anti-iraniano e rappresenta una opportunità per far avanzare la sicurezza regionale e la cooperazione economica, come base per la pace nella Regione”. Anche Katz ha detto di annettere importanza alla difesa della superiorità militare israeliana, ma ha peraltro osservato che “occorre dar vita ad una coalizione regionale guidata dagli Usa”, in funzione anti-Iran.


Nel suo discorso finale al Museo Israele a Gerusalemme ,Trump ha dichiarato:
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 3490990710

"La mia amministrazione starà sempre con Israele. Questa è la mia promessa a voi" ricevendo dal pubblico una standing ovation."L'Iran vuole distruggere Israele? non nell'era di Donald J. Trump!".Questa mattina a Betlemme ,durante il suo incontro con Abu Mazen,Trump ha rimproverato il sostegno palestinese per i detenuti sottolineando che "la pace non può mai mettere radici in un ambiente in cui la violenza è tollerata, finanziata e anche ricompensata."
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Re: Gerusalemme capitale di Israele

Messaggioda Berto » mer mag 24, 2017 6:53 pm

Marcia delle bandiere, 50° Yom Yerushalayim, 1967 - 2017
INSIEME PER GERUSALEMME UNICA ED INDIVISIBILE CAPITALE DI ISRAELE

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 2728037085
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