Ebrei e non più ebrei che odiano gli ebrei e/o Israele

Ebrei e non più ebrei che odiano gli ebrei e/o Israele

Messaggioda Berto » ven lug 27, 2018 7:43 am

GLI UTILI IDIOTI
Niram Ferretti

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Aprire gli occhi sulla realtà significa distruggere le menzogne.

Gente come Daniel Barenboim, il famoso direttore di orchestra, già sodale di Edward Said, il quale dichiara la propria vergogna di essere israeliano perché la nuova legge varata dalla Knesset renderebbe di fatto Israele uno stato dove vigerebbe l'apartheid, ci ricorda, se ce ne fosse bisogno, su quanti utili idioti ebrei e non ebrei, possono contare coloro i quali vorrebbero Israele distrutta.

È lo stesso Barenboim che voleva suonare in Iran, ma gli venne rifiutato l'ingresso perché israeliano anche se da anni espatriato.

Amira Haas, qualche anno fa volle entrare in una università a Gaza a portare la propria testimonianza ma venne cacciata perché ebrea.

Sono gli ebrei che tifano con passione per coloro che, se avessero pieno potere, li sottometterebbero o gli taglierebbero la gola. E tutto questo in nome di una allucinazione, di una intossicazione ideologica che deforma la realtà e al suo posto mette una pura fiction, quella della vittimologioa palestinese.

Su regge tutto su questo. I palestinesi trasformati in vittime, cioè gli arabi, i quali è indubbio che sono vittime ma di se stessi, della loro cultura, della loro visione del mondo, della loro incapacità di sapere progettare il futuro nello spazio della libertà e del dispiegamento non coatto delle potenzialità umane

Sino cinquanta anni che vivono di questa rendita i palestinesi, popolo sorto nel 1967. Non essendo riusciti a distruggere Israele concretamente gli arabi hanno indossato i panni del popolo oppresso dagli ebrei e con grande abilità sono riusciti a vendere questa fola al mondo.

I Barenboim, le Haas, i Gideon Levi, sono tra quelli che li sostengono e continueranno a farlo fino alla fine incapaci di guardare la realtà avendo sostituito ad essa una aberrante narrazione confezionata dal nemico.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » mar ago 14, 2018 9:25 pm

I nemici interni di Israele

Niram Ferretti
14 agosto 2018

http://www.linformale.eu/i-nemici-interni-di-israele

Da tempo sappiamo che alcuni dei nemici maggiori di Israele non sono all’esterno dello Stato ma dentro di esso, e non sono, come è ovvio, i terroristi arabo-palestinesi ma i loro fiancheggiatori dell’estrema sinistra.

Ora, questo è un canovaccio che conosciamo bene perché anche l’Italia, nei cosiddetti Anni di Piombo, lo ha vissuto. I fiancheggiatori delle Brigate Rosse si trovavano nell’estrema sinistra e si auguravano una palingenesi rivoluzionaria che avrebbe rovesciato lo Stato borghese e al suo posto avrebbe messo una società nuova improntata ai principi del marxismo-leninismo.

Chi lavora contro Israele in Israele ed è ebreo e israeliano non sogna una società rinnovata secondo i testi di Marx, Engels, Lenin o Trotsky. No. Desiderano semplicemente che Israele diventi a maggioranza araba. Il loro testo di riferimento non è nemmeno il Corano. Almeno avessero la dignità di diventare musulmani. No. Restano quello che sono. Anime morte, Senza fede alcuna se non l’adesione a una rancida e tossica abiezione mentale che confina con un processo di autodissoluzione e autodenigrazione della propria identità ebraica. Shlomo Sand è uno degli esempi più noti di questo processo, ma ha diversi “illustri” precedenti.

Questi esponenti sono solidali o comprensivi con il terrore armato arabo-palestinese, e si trovano a diversi livelli di adesione. C’è l’umanista irenico alla Amos Oz che in nome dell’ideale astratto di Giustizia (fiat iustitia et pereat mundus) non si perita di tendere la propria mano a quella grondante di sangue dell’assassino, confidando nell’illusione di poterlo convertire ai propri valori, c’è il salottiero allo champagne che ripropone tutto il vecchio armamentario manicheo della sinistra da Bignami, secondo il quale il mondo si divide in oppressi e oppressori e i palestinesi appartengono alla prima categoria e gli israeliani alla seconda come Gideon Levy, c’è il docente universitario che racconta la storia di Israele come epopea sudista, l’espropriazione della terra da parte del colonizzatore bianco con tanto di “pulizia etnica” come Illan Pappe, c’è l’ebreo che vorrebbe essere arabo ma non c’è la fa a compiere il salto decisivo e allora si arabizza mentalmente al punto da identificarsi completamente con l’altro, ma permanendo ebreo viene sempre percepito come un corpo estraneo e quindi disprezzato, come Amira Haas, e poi c’è il collaborazionista vero e proprio, colui che, come Ezra Nawi, il quale, due anni fa, fingeva di volere acquistare la terra dagli arabi (che per l’Autorità Palestinese, la moderata Autorità Palestinese di Abu Mazen, è un reato punibile con la morte) e poi quando trovava qualcuno disponibile a farlo lo denunciava ai servizi dell’Autorità Palestinese. Scopo di tutto ciò? Creare un solco ancora più profondo tra gli arabi palestinesi che vorrebbero un rapporto normalizzato con Israele.

Poi ci sono altri ebrei, soprattutto americani, i quali rappresenterebbero il meglio della diaspora illuminata del tikun olam, e che come Peter Beinart, fermato l’altro giorno e interrogato all’aeropoto Ben Gurion, paragonano Israele all’Alabama degli anni ’50, uno le cui idee uno le cui idee su Israele coincidono con quelle dell’OLP e di Hamas, con la differenza che mentre l’OLP e Hamas offrono come soluzione all’”occupazione” di un territorio considerato tutto facente parte dell’Umma islamica, la distruzione dell’”entità sionista”, Beinart offre come soluzione la sua particolare idea di sionismo che consisterebbe nel consegnare Israele progressivamente all’Umma islamica.

Molti con idee simili erano a Tel Aviv in Piazza Rabin insieme a bandiere palestinesi sventolanti a protestare perché il governo in carica ha avuto l’ardire di promuovere una legge che dichiara Israele stato ebraico e, non come, vorrebbero loro, stato binazionale, il che, se mai si avverasse, creerebbe le condizioni di una guerra civile che farebbe impallidire quella avvenuta nella ex Jugoslavia. Fortunatamente, per il bene del paese, rappresentano una minoranza, anche se agguerrita.

La guardia alta Israele non deve mantenerla solo nei confronti di chi vorrebbe la sua capitolazione dall’esterno, ma anche da chi la vorrebbe dal suo interno.
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » mar ago 21, 2018 6:36 pm

È morto Uri Avneri un ebreo israeliano antisraeliano


https://www.facebook.com/DonMammoliti/p ... 7197819533

Fratelli e sorelle, è morto Uri Avneri, osannato dalla sinistra Israeliana e dagli arabi, paladino della pace e della convivenza "a ogni costo". In realtà, con tutto il dovuto rispetto per la scomparsa della persona, il pacifismo unilaterale di quelli come lui ha provocato danni gravissimi e permanenti alla causa della pace. Tutta quella micidiale retorica anti-Israeliana ha creato il falso mito dell'occupazione dei territori "Palestinesi" oltre a distorcere completamente i fatti riguardanti la gestione del conflitto post 1967. A Uri e a quelli come lui, è sempre mancata e continua a mancare la prospettiva del nemico, la consapevolezza che nessuna pace puo' essere unilaterale. Uri ha trascorso gran parte della sua vita battendosi inutilmente per una pace che gli arabi non hanno mai cercato ne' tantomeno desiderato, come dimostrano i fatti. Una visione metafisica della storia quella di Uri e dei suoi seguaci. Non sorprende il suo totale fallimento.
Preghiamo

Deborah Politi Kornfeld
Caro Fratello Pasquale, chi più di me ti capisce ! Ma ognuno ha le sue battaglie, chi importanti, chi meno; la sinistra istareliana ha scelto di battersi per la pace senza sapere come fare ad ottenerla, bensì volendola ad ogni prezzo, il tutto li ha portati ad essere CIECHI davanti al terrorismo arabo; CIECHI in storia del popolo ebraico, CIECHI in cosa siano i palestinesi in verità e che sono solamente profughi giordani/egiziani - CIECHI dal riconoscere che Giudea e Samaria (Cisgiordania) è un territorio liberato da Israele nel 1967 dall' occupazione giordana, il che significa che i palestinesi non c'entrano un cazzo ! Io però ce l'ho con chi lascia libertà di espressione a chi diffonde menzogne ! questa io non la chiamo più democrazia ma ANARCHIA !!! Il mondo fa schifo caro Fratello ! Preghiamo

Adriana Bellani
Grazie di cuore Fratello Pasquale Mammoliti, ci hai informati della morte di Uri Avnery, a Tel Aviv, all'età di 94 anni. Fu tra i primi israeliani a concepire l'idea di uno Stato palestinese, era il veterano dei pacifisti palestinesi ed è la più dolorosa testimonianza del fallimento della sua sinistra. Era detestato, giustamente da gran parte del Popolo Ebraico per la sua vicinanza ai palestinesi. In occasione della sua famosa intervista ad Arafat nel 1982, il Ministro della Difesa Israeliana Ariel Sharon diede ordine ai servizi segreti di seguirlo ed eliminare il leader palestinese. Uri Avnery si compiaceva di come gli uomini dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina fossero riusciti a disperdere gli agenti israeliani. È morto come pacifista e simbolo di una sinistra israeliana in forte difficoltà. Il Presidente dell'autorità palestinese, senza mandato da anni, afferma a chi vuole sentire che desidera la pace con Israele e allo stesso tempo continua a versare denaro provenienti dalle donazioni delle comunità internazionale, agli assassini che uccidono, il doppio linguaggio è sempre stato il mezzo di comunicazione degli arabi. Dopo la Guerra dei Sei Giorni, la Lega Araba, creata nel 1948 e la cui unica funzione era quella di organizzare attentati in Israele, compreso che non era più possibile competere militarmente allo Stato Ebraico, cambiarono tattica. Fu allora che il Kgb modificò la lettura della regione:"Fare dei palestinesi il popolo errante, privato della sua terra, il palestinese non era più un terrorista, ma difendeva la sua terra e per difendersi ha coltelli e pietre. Il popolo palestinese, in quanto popolo, lingua e abitudine non è mai esistito. Fino al 1967 sulla stampa si trattava del conflitto "Arabo-arabo" mai del conflitto "Israelo-palestinese". Dal 1948 i due popoli hanno ricevuto un sacco di soldi dalla comunità internazionale. Mentre lo Stato d'Israele ha investito i soldi sul piano militare e in termini d'intelligenza, i palestinesi si sono rinchiusi nella rivendicazione territoriale. La quasi totalità degli abitanti è analfabeta. Mentre i leader arabi si sono arricchiti, il popolo palestinese crede ancora agli inganni alle bugie e all'occupazione.... Preghiamo

Francesco Birardi
C'è gente, e questo Uri Avneri ne era un degno rappresentante, che crede davvero che per avere la pace basti volerla fortemente..... e che in realtà sopravvive solo grazie alla forza e alla determinazione di coloro che essi odiano e avversano con tutte le loro forze.... Questo vale per tutta la Sinistra del mondo occidentale, ma in particolare per la Sinistra israeliana.



https://www.facebook.com/alfonso.margan ... 5104263011

I commenti sulla morte di Uri Avnerý hanno scatenato polemiche che forse sono andate al di là delle intenzioni di alcuni (almeno vale per me). Mi permetto solo di far osservare che quando, pochi anni fa, è morto l'ultranovantenne Shimon Peres (praticamente coetaneo di Avnerý, anche lui laburista,e anche lui non nato in Israele) di polemiche non ce ne sono state, nessuno ha potuto dire alcunché sul suo conto. La sua identificazione con i destini di Israele era totale, la sua fedeltà indiscutibile.Su di lui non c'erano ombre, benché non fosse un politico propriamente trascinatore. Sul conto di quell'altro signore, invece, le ombre c'erano. Ma è tempo di chiudere la polemica, e,come si dice, Barukh Dayan ha-Emet.





Uri Avneri

https://it.wikipedia.org/wiki/Uri_Avnery

Uri Avnery (in lingua ebraica: אורי אבנרי, nome originario Helmut Ostermann) (Beckum, 10 settembre 1923 – Tel Aviv, 20 agosto 2018) è stato un giornalista e pacifista israeliano.

Nacque in Germania, da una famiglia sionista che in seguito all'ascesa al potere di Adolf Hitler emigrò in Palestina nel 1933; qui perse tutte la propria fortuna e fu costretta a vivere in condizioni di povertà tali da non permettere a Avnery di completare gli studi (le memorie di quegli anni sono raccolte nel libro "La Swastika", del 1961).

Nel 1938 entrò nell'Irgun, organizzazione paramilitare comandata da Menachem Begin che combatté il protettorato con azioni violente e anche attentati come quello al King David Hotel il 22 luglio 1946. Giudicando questo orientamento terrorista, il giovane lasciò l'Irgun nel 1942.

Fu poi costretto a partecipare alla prima guerra arabo-israeliana e, rimasto ferito due volte, raccontò le atrocità subite dai palestinesi in un libro intitolato "Il rovescio della medaglia". Da questo punto in poi continuerà a battersi per la pace.

Dopo aver lavorato per un breve periodo presso il quotidiano Ha'aretz, fondò una nuova rivista, lo Haolam Haze, che si fece promotore di alcune importanti trattative con i dirigenti palestinesi. È stato eletto per tre volte alla Knesset, il parlamento israeliano, (1965-1969, 1969-1973, 1979-1981).

In seguito fondò il movimento pacifista Gush Shalom (in lingua ebraica: גוש שלום, "il blocco della pace"), che ha guidato fino a oggi. Questo movimento pacifista è a favore della nascita di uno stato palestinese indipendente e al ritiro di Israele da tutti i territori arabi occupati dopo il 1967 e al ritorno ai confini precedenti, nello spirito della risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite[1].

Nel 1982 realizzò un'importante intervista a Yasser Arafat. Più volte boicottato e censurato, Avnery è stato uno dei pacifisti più attivi all'interno dello stato ebraico.



È morto il giornalista e pacifista israeliano Uri Avnery, aveva 94 anni
martedì 21 agosto 2018

https://www.ilpost.it/2018/08/21/uri-avnery-morto

Uri Avnery, famoso giornalista e attivista pacifista israeliano, è morto lunedì a 94 anni in ospedale a Tel Aviv: era ricoverato da circa due settimane dopo aver avuto un infarto. Avnery era uno dei più famosi giornalisti critici del governo israeliano e per anni aveva scritto della necessità di raggiungere un accordo di pace che permettesse la creazione di uno stato palestinese. Aveva fondato il movimento pacifista Gush Shalom e negli anni Ottanta fu tra i primi israeliani a incontrarsi con il leader palestinese Yasir Arafat, che allora era considerato da Israele come un terrorista e che poi vinse il premio Nobel per la Pace.


Uri Avnery, sionista critico che lottava per i diritti dei palestinesi
Michele Giorgio
Israele/Palestina. Morto a 94 anni il giornalista, scrittore e attivista politico, tra i primi nel suo paese a condannare le politiche di Israele contro i palestinesi
20.8.2018

https://ilmanifesto.it/uri-avnery-sioni ... alestinesi

Uri Avnery ha commentato la realtà intorno a lui e le politiche di Israele fino agli ‎ultimi giorni della sua lunga vita. Lo scorso aprile su CounterPunch aveva ‎condannato con forza il fuoco dell’esercito israeliano sui manifestanti palestinesi ‎della Grande Marcia del Ritorno. E avrebbe scritto ancora tanto se lo scorso 4 ‎agosto non l’avesse fermato un ictus. Uri Avnery si è spento nella notte tra ‎domenica e lunedì all’ospedale Ichlov di Tel Aviv. Il prossimo 10 settembre ‎avrebbe compiuto 95 anni.

‎ Definire, come hanno fatto molti ieri, Avnery il pacifista più noto di Israele è ‎riduttivo, non rende onore a un giornalista, scrittore, opinionista e personaggio ‎politico che pur dichiarandosi un sionista, convinto dell’importanza di uno Stato ‎dove accogliere gli ebrei, per decenni ha criticato il Sionismo e difeso con ‎sincerità il diritto del popolo palestinese di rendersi libero, sovrano e indipendente ‎sulla sua terra. Nato a Beckum in Germania nel 1923 (con il nome di Helmut ‎Ostermann), Avnery ha scritto molti libri. In uno di essi, “Israele senza sionisti” ‎del 1968 (pubblicato due anni dopo da Laterza, con prefazione di Antonio ‎Gambino) racconta la sua vita ma anche aspetti poco noti, almeno in Italia, delle ‎attività violente e terroristiche dei militanti sionisti, soprattutto di quelli di destra. ‎Lui da adolescente fece parte proprio della destra radicale, dell’Irgun. Ne uscì nel ‎‎1942 perché, avrebbe spiegato anni dopo, ‎«non mi piacevano i metodi di terrore ‎applicati dall’Irgun‎». Nel 1946, prima della fondazione di Israele, cominciò a ‎parlare di “Hishtalvut BaMerhav” (integrazione nella regione) ossia di uno Stato ‎ebraico non allienato all’imperialismo e al colonialismo ma inserito nel “Merhav ‎HaShemi”, lo “spazio semitico”, immaginando un’alleanza tra arabi ed ebrei in ‎Palestina, Transgiordania, Libano, Siria e Iraq.

‎ Dopo la guerra del 1948 e la Nakba palestinese lavorò al quotidiano Haaretz e ‎nel 1950 comprò la rivista HaOlam HaZeh che sarà per decenni il megafono delle ‎sue idee. Le sue posizioni critiche della politiche governative si rafforzarono dopo ‎la crisi di Suez del 1956 con l’invasione del Sinai da parte di Israele. Nel 1965 ‎Avnery entrò nella Knesset alla testa di un partito che portava il nome della sua ‎rivista. Fu rieletto una seconda volta quattro anni dopo. Stanco dei partiti, fu ‎attivo diversi anni dopo nella “Lista progressista per la pace” che sosteneva un ‎Israele non più Stato ebraico ma Stato binazionale.‎

‎ Il suo nome divenne famoso in tutto il mondo quando nel 1982, sotto i ‎bombardamenti di Israele che aveva invaso il Libano, corse a Beirut per ‎intervistare e stringere la mano al presidente dell’Olp Yasser Arafat. Per la prima ‎volta che il capo dell’Olp si rivolse agli israeliani. Nell’intervista, pubblicata da ‎Liberation, Arafat affermò che «la Palestina è per diritto dei palestinesi»…ma può ‎essere ‎«un paese per voi e per noi insieme» e si disse pronto a dialogare con tutte ‎le forze progressiste israeliane, avvertendo però «non potete costringerci ad ‎accettare le teorie sioniste…nessun popolo può essere dominato con la forza delle ‎armi». Avnery per quell’incontro fu indagato in Israele per violazione delle leggi ‎antiterrorismo e diseredato dalla madre.‎

‎ In coincidenza con la firma degli Accordi di Oslo del 1993 tra Israele e Olp, ‎Avnery fondò Gush Shalom, un movimento a sostegno dei Due Stati, con ‎Gerusalemme capitale per palestinesi ed ebrei. Negli anni successivi avrebbe visto ‎con disappunto evaporare questa soluzione per l’incessante colonizzazione dei ‎Territori palestinesi e altre politiche di occupazione.‎
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » lun set 24, 2018 7:01 pm

Altri dementi ebrei contro Israele e gli ebrei di Israele


Rabbino David Feldman: Esistenza di Israele viola la legge ebraica
1 febbraio 2016

https://disquisendo.wordpress.com/2016/ ... ge-ebraica

Un alto membro del movimento antisionista “Neturei Karta” ha dichiarato che il premier israeliano Benjamin Netanyahu è un “criminale di guerra”, e ha aggiunto che la creazione di uno stato per conto del popolo ebraico è contro i principi dell’ebraismo.

«Secondo la Torah, la creazione di un governo in nome del popolo ebraico è in contrasto con i precetti del giudaismo, e quindi, i veri ebrei non hanno mai riconosciuto niente che possa essere “governo israeliano”», ha spiegato il rabbino, David Feldman.

Inoltre, ha anche sottolineato che la maggior parte degli ebrei di tutto il mondo ritengono che il regime di Israele non debba esistere. «L’unica soluzione per porre fine al dolore, alla sofferenza del popolo palestinese e alla vergogna dei veri ebrei del mondo, è la scomparsa di questo regime», ha ribadito.

Citato dalla agenzia iraniana di stampa Irna, Feldman ha insistito sul fatto che la pace e la stabilità torneranno a regnare in Medio Oriente solo quando “l’odiato” regime di Tel Aviv sarà rovesciato.

Secondo questo rabbino, tutti i profughi palestinesi devono tornare alla loro terra e gli ebrei devono tornare nei paesi dove risiedevano prima di emigrare nei territori occupati.

«Quando gli abitanti originali di questi territori, vale a dire i Palestinesi, avranno il diritto di decidere del loro destino e formare il governo che vogliono, i seguaci dell’ebraismo, senza dubbio, saranno disposti a vivere con fiducia sotto qualsiasi governo, sia esso religioso o no», ha precisato.

Riferendosi all’invito del Congresso degli Stati Uniti a Netanyahu per tenere un discorso, lo ha definito un “errore grave” considerarlo come «il rappresentante del mondo ebraico».

Il rabbino ha annunciato che «Neturei Karta, con la celebrazione di una protesta di massa, vi mostrerà il suo rifiuto di questo evento», per poi evidenziare che tutto questo «è una vergogna, sia per il popolo statunitense che per tutti gli ebrei mondo».



Neturei Karta
https://it.wikipedia.org/wiki/Neturei_Karta
I Neturei Karta (נטורי קרתא, in aramaico "Guardiani della città") sono un gruppo di ebrei che rifiutano di riconoscere l'autorità e la stessa esistenza dello Stato di Israele, in nome della propria interpretazione dell'ebraismo, della Torah e di passi del Talmud.






Dustin Hoffman boicotta il Festival del cinema di Gerusalemme
Il rifiuto è arrivato dopo il raid contro la flottiglia della pace. Dopo di lui rinuncia anche Meg Ryan
Viviana Mazza
07 luglio 2010

https://www.corriere.it/esteri/10_lugli ... aabe.shtml

GERUSALEMME - Una volta, ad una partita di baseball, una donna vide Dustin Hoffman che non portava né il cappello degli Yankees né quello dei Red Sox e gli chiese: «Sei neutrale?». Lui rispose: «No, sono ebreo». Lo ha raccontato l’attore in un’intervista tempo fa. Nella crisi attuale tra Israele e la Turchia, Hoffman ha scelto di stare alla larga dallo Stato ebraico. Non ha spiegato perché. L’aveva invitato il festival del cinema di Gerusalemme, evento di due settimane che inizia l'8 luglio . «Eravamo vicinissimi a giungere ad un accordo con lui», ha raccontato al quotidiano Jerusalem Post uno degli organizzatori, Yigal Molad Hayo. «Poi c’è stata la questione della flottiglia e la corrispondenza s’è interrotta». Molad Hayo è certo che la ragione sia il raid israeliano del 31 maggio contro le navi dirette a Gaza per spezzare l’embargo, nel quale sono stati uccisi 9 turchi.

IMPEGNI E COSCIENZA - Anche l’attrice Meg Ryan, che aveva dato il suo assenso, ci ha ripensato. «Il giorno dopo l’incidente della flottiglia, abbiamo ricevuto un’email che diceva che non sarebbe venuta perché ha troppi impegni, ma è chiaro che la decisione ha a che fare con ciò che è accaduto». Già prima del raid, artisti come Carlos Santana ed Elvis Costello hanno boicottato Israele, l’uno senza spiegazioni, l’altro perché la sua “coscienza” gli impediva di esibirsi a Tel Aviv. Dopo il raid, i Pixies, i Gorillaz, i Klaxons hanno annullato i concerti deludendo i fan e ispirando gli opinionisti di destra israeliani a coniare il termine “terrorismo culturale”.

BOICOTTAGGIO ARTISTICO - Molti cantanti in realtà si sono esibiti - Rihanna, i Placebo, Elton John… - ma i gruppi pro-palestinesi sono in azione su internet per spingere altre star al boicottaggio. Azioni che alcuni intellettuali israeliani critici del governo ritengono controprodocenti. «Non sono certo che il premier Netanyahu o il ministro degli Esteri Lieberman siano turbati se viene cancellato un concerto dei Pixies – ha scritto Uri Misgav su Yedioth Ahronoth -. Così si indebolisce e si deprime soltanto il già provato campo della sinistra». «È triste - ha detto Molad Hayo, spiegando che il festival di Gerusalemme punta alla coesistenza tra registi israeliani e palestinesi - perché è ovvio che lo Stato di Israele conta più di noi».



Ebrei antisionisti
viewtopic.php?f=197&t=2240
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 8:20 am

Salvini il sionista
Moni Ovadia
9 dicembre 2018

https://ilmanifesto.it/salvini-il-sionista

Il gentile sionista che non è un sionista gentile, bensì un non ebreo che potremmo definire, un sostenitore acritico delle ragioni dello Stato di Israele quali esse siano, ha compiuto una impressionante e stupefacente parabola.

Il primo di essi, dal venire all’esistenza dello stato ebraico, è stato il piccolo padre sovietico Jossip Vissarionovic Djugasvili, detto Stalin, che primo fra i potenti volle quello stato, lo armò e lo sostenne nelle istanze internazionali.

L’ultimo dei gentili sionisti, buon ultimo, è il nostro gagliardo ministro degli Interni, Matteo Salvini, il quale ancora prima di essere arrivato in terra santa ha già spiegato che la colpa è tutta dei palestinesi e nella fattispecie dei «nazisti» di Hamas che tengono in scacco milioni di uomini. Implicitamente egli riconosce che gli israeliani sono le vittime.

È il perfetto portavoce di Bibi Netanyahu.

Bibi sarà felice perché la futura composizione del parlamento europeo vedrà un rafforzamento dei partiti populisti, reazionari e fascistoidi che renderanno la già pavida Europa ancor più appiattita sui desiderata israeliani e non contrasteranno occupazione, colonizzazione ed estensione degli insediamenti.

Il sionismo ai suoi esordi fu sostenuto dalle forze progressiste fra cui socialisti, comunisti, anarchici e progressisti di ogni sorta, il sionismo era considerato un movimento decisamente di sinistra e questa nomea aveva portato al sionismo stesso non pochi problemi come quelli col maccartismo che equiparava un sionista a un comunista e con qualche ragione. Nell’esistenza dei primi due anni dello Stato ebraico nei cinema delle sue città, alla fine della proiezione dei film veniva diffuso l’inno israeliano Hatikvà (la speranza) e immediatamente dopo la sala si riempiva delle note dell’Internazionale seguite da quelle dall’Inno sovietico. La rossa epopea ebbe un brusco arresto quando Stalin nel 1949 scatenò una micidiale campagna antisemita che terminò solo nel marzo del 1953 con la sua morte. Il filo sionista per realpolitik si trasformò di colpo in un brutale antisemita per paranoia.

Eppure sotto Stalin gli ebrei avevano occupato posti importantissimi nell’industria culturale, nel partito e persino nell’esercito. Alcuni dei più stretti collaboratori del dittatore georgiano furono ebrei, fra essi il commissario ai gulag Kaganòvic. Ma si sa, l’antisemitismo aveva una sua corrente di sinistra che Lenin definiva «socialismo degli imbecilli». Ma malgrado la campagna staliniana Israele rimase ancora per anni il paese dei Kibbutz, ingenuamente visti come strutture di un progetto socialista. Questa fama cominciò a perdere colpi con la guerra dei sei giorni e con l’ascesa al governo delle destre dopo il conflitto del Kippur, Israele, con qualche interludio, ha cominciato a essere governato da destre ultra sioniste reazionarie alleate con il fanatismo religioso che lo ha progressivamente portato a diventare la nazione segregazionista, colonialista e razzista che è ora. Israele facendosi campione di violenza e rappresaglia ha trovato sempre più amici fra gli ex fascisti, i neo fascisti, i populisti della peggior specie.

Poteva non approfittare dell’occasione Matteo Salvini?

Demagogo di razza, politico con un istintivo senso del timing, opportunista di talento. Ha annusato lo zeitgeist, ha facilmente constatato la necrosi della sinistra e si è messo a cavalcare l’onda. Del resto è un ammiratore di Trump, considera Orban e i paesi di Visegrad i migliori alleati dunque è naturale che consideri Bibi un grande. Il nostro crociato verde si trova in perfetta sintonia con l’ibrido politico ossimorico della nuova ideologia, il filo sionismo antisemita. Pensate che goduria per tutta la feccia nazistoide, per la congrega suprematista e per l’internazionale razzista potere essere ferocemente antisemiti con la patente di amico di Israele. È il capolavoro della partnership the Donald & the Bibi.

A noi che siamo incorruttibilmente democratici non resta che porci una terribile domanda. Ma se gli ebrei del tempo di Hitler fossero stati come gli israeliani alla Nethanyahu, i nazisti avrebbero progettato la Endlösung? La mia risposta è: non credo. I nazisti odiavano l’ebreo ubiquo, apatrida, cosmopolita, dall’intelletto critico, attivatore di rivoluzioni, distruttore di idolatrie.


Alberto Pento

Il sionismo non è invasione degli ebrei e nemmeno colonialismo ebraico ma un recupero per gli ebrei rimasti in Israele e un ritorno per gli ebrei perseguitati della diaspora.
viewtopic.php?f=197&t=2124
I fondatori del sionismo non erano socialisti o comunisti.



Gaza, Moni Ovadia: "Io, ebreo, sostengo i diritti palestinesi. Ecco perché"
29 agosto 2014

https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/0 ... he/1102601

"Oltre alle ragioni che lo definiscono, il conflitto israelo-palestinese è importante perché evoca ripetutamente, nella dimensione fantasmatica, lo spettro dell’antisemitismo, quello del suo esito catastrofico, la Shoah, ma anche quello del suo doppio negativo, la vittima che diventa carnefice. I processi di permanente vittimizzazione che si sinergizzano con i complessi di colpa occidentali, legittimano un’'industria dell’Olocausto'. Questa, a mio parere, è una delle derive più allarmanti e ciniche della memoria"

Il conflitto israelo-palestinese è uno dei problemi centrali del nostro tempo sul piano reale ma ancor di più sul piano della percezione simbolica, anche se tutto sommato riguarda un numero limitato di persone rispetto alle moltitudini dei grandi scacchieri incandescenti. Perché è tanto importante? A mio parere perché, oltre alle ragioni fattuali che lo definiscono, evoca ripetutamente nella dimensione fantasmatica, lo spettro dell’antisemitismo, quello del suo esito catastrofico, la Shoah, ma anche quello del suo doppio negativo, la vittima che diventa carnefice. La Shoah non solo ha espresso in sé il male assoluto, ma ha cambiato definitivamente la nostra visione antropologica del mondo e ha sconvolto le categorie del pensiero e del linguaggio. Oggi, la memoria della Shoah entra nel conflitto sul piano dell’immaginario producendo rebound psicopatologici che mettono in scacco non solo il dialogo fra posizioni diverse, ma la possibilità stessa di elaborare un approccio critico senza provocare reazioni isteriche o furiose.

Molti ebrei in Israele e nella diaspora, reagiscono psicologicamente a ogni riflessione severa come se, invece di vivere a Tel Aviv o a Parigi nel 2014, vivessero a Berlino nel 1935. Ora, essendo ebreo anch’io, per dovere di onestà intellettuale è giusto che dichiari la mia posizione perché essa è tutt’altro che neutrale. Sostengo con piena adesione i diritti del popolo Palestinese, non contro Israele, ma perché il loro riconoscimento è, a mio parere, precondizione per ogni trattativa che porti alla pace. Ritengo che la responsabilità principale (non unica) dell’attuale disastro, abbia origine nella cinquantennale occupazione da parte dell’esercito e dell’Autorità israeliana e la relativa illegittima colonizzazione delle terre che appartengono ai palestinesi secondo i decreti della legalità internazionale. Su Gaza, l’“occupazione” è esercitata sempre da parte dell’autorità civile e militare di Israele con un ininterrotto assedio e comporta il totale controllo dell’entrata e uscita delle merci e delle persone, dello spazio aereo, marittimo, delle risorse idriche, energetiche e persino dell’anagrafe. I tunnel, in qualche misura, sono una risposta a questo stato di cose. I missili lanciati contro la popolazione civile di Israele sono atto di guerra illegale secondo le convenzioni internazionali, ma non si può far finta di dimenticare che un assedio è esso stesso atto di guerra.

È stata pratica sistematica degli ultimi governi israeliani il mantenimento dello status quo attraverso la politica dei fatti compiuti e il mantenimento dello status quo impedisce, de facto, ogni altro sbocco come quello della trattativa. Lo dimostra il reiterato nulla di fatto con Abu Mazen che, in cambio della sua super disponibilità a trattare, ha ricevuto solo umiliazioni anche dal finto mediatore statunitense. Ora, la politica dello status quo significa contestualmente il suo peggioramento e l’ineludibile scoppio dei ciclici conflitti con Hamas che terminano con la devastazione di Gaza, una micidiale conta di vittime civili palestinesi e, fortunatamente sul piano umanitario, un esiguo numero di vittime israeliane, soprattutto militari. Ciò non significa che non siano vittime e che la loro morte non sia un lutto.

Gli zeloti pro israeliani quando ascoltano o leggono queste mie opinioni critiche, reagiscono immancabilmente con insulti, maledizioni e invettive. Il genere è: “Sei un rinnegato, nemico del popolo ebraico, ebreo antisemita o ebreo che odia se stesso”. La critica da parte di un ebreo della diaspora alla politica di governi israeliani può essere considerata tradimento, antisemitismo od odio verso se stessi solo se collocata nel quadro di un’identificazione nazionalista di ebreo, israeliano, popolo ebraico, popolo d’Israele, Stato d’Israele, suo governo e “terra promessa”. Ma se qualcuno osa fare notare, da posizioni critiche, tale pericolosa identificazione, ecco arrivare addosso all’incauto le accuse infamanti di antisemita o antisionista, che, per molti “amici di Israele” – anche persone di indiscutibile livello culturale –, sono la stessa cosa. Il carattere fantasmatico della percezione della critica come minaccia innesca irrazionali reazioni furiose che producono alluvioni di tweet, di email rivolte agli organi di stampa e di esternazioni su Facebook dove il diritto all’incontinenza mentale è garantita dell’indipendenza della Rete.

L’ossessione della nuova Shoah dietro la porta scatena processi di permanente vittimizzazione che si sinergizzano con i complessi di colpa occidentali, legittimando un’“industria dell’Olocausto” che fa un uso strumentale e ricattatorio della memoria dell’immane catastrofe per fini di propaganda, come bene spiega un saggio fondamentale di Norman Finkielstein, uno scrittore ebreo statunitense. Questa, a mio parere, è una delle derive più allarmanti e ciniche della memoria stessa a cui si prestano non pochi politici europei reazionari o ex-post fascisti, magari facendosi intervistare all’uscita da una visita al memoriale di un lager nazista per dichiarare: “Mi sento israeliano!”. Questo è un modo per trarre “profitto” dall’orrore a vantaggio degli eredi delle classi politiche europee che non si opposero allora al nazismo e all’antisemitismo e oggi lasciano sguazzare indisturbati, nell’Europa comunitaria, neonazisti di ogni risma. L’infame Europa del mainstream delle sue classi dirigenti conservatrici allora stette a guardare lo sporco lavoro dei nazisti collaborando o, nel migliore dei casi, rimanendo indifferenti. Dopo la guerra questi signori hanno progressivamente trattato “il problema ebraico” “esportandolo” con piglio colonialista in medioriente. Oggi cercano credibilità e verginità israelianizzando tout court l’ebreo con una mortificante omologazione.

A questa operazione si prestano purtroppo le dirigenze della gran parte delle istituzioni ebraiche, come ha dimostrato il caso della cantante Noa. L’artista israeliana doveva tenere un concerto a Milano organizzato dall’Adei Wizo, un’organizzazione femminile ebraica. Ma Noa, per il solo fatto di avere espresso l’opinione che la colpa dell’ultimo conflitto di Gaza era degli estremisti delle due parti, si è vista cancellare il concerto. Questo episodio dimostra che neppure una dichiarazione equilibrata, neanche se fatta da una cittadina israeliana, sia accettabile per chi vuole omologare l’ebreo all’israeliano, salvo poi infuriarsi indignato con chi smaschera l’intento. Dall’altra parte, ultras “filopalestinesi” si esercitano nella gratificante impresa di fare di Auschwitz, del nazismo e della svastica, oggetti contundenti da scagliare contro l’ebreo in Israele e spesso contro l’ebreo tout court, ma soprattutto contro il vagheggiato ebreo onnipotente della mitica lobby ebraica. L’intento è quello di dimostrare che Israele è come la Germania di Hitler e che ebrei si comportano come SS. Sotto sotto c’è la vocazione impossibile e sconcia di pareggiare i conti per neutralizzare il deterrente della Memoria. Ma questa sottocultura pseudopolitica, prima di scandalizzare, colpisce per la sua deprimente rozzezza. Sarebbe facile dimostrare l’assurdità di simili farneticazioni, inoltre finisce sempre per rivelarsi una sorta di boomerang che danneggia la causa palestinese. Tutto ciò poco interessa a chi deve placare il proprio narcisismo militante, inoltre, questo tipo di militanza che si esprime con slogan di “estrema sinistra” e di roghi di bandiere ha inquietanti punti di contatto con quella dei neonazisti che, pur di soddisfare la loro inestinguibile sete di antisemitismo, si iscrivono fra gli ultras filopalestinesi. Per denunciare l’oppressione del popolo palestinese ci sono un linguaggio puntuale e concetti giuridici elaborati dal diritto internazionale. È dissennato proiettare l’immaginario della memoria della Shoah in paragoni inaccettabili. Anche i proclami di antisionismo sono poco sensati, poco centrati e non tengono conto delle articolazioni del fenomeno.

A mio parere, il sionismo in quanto tale si è estinto da un pezzo. Anche di esso sono rimaste proiezioni fantasmatiche mentre nella realtà l’ideologia della destra reazionaria dominante in Israele è un ultranazionalismo del “grande Israele” compromesso con il fanatismo religioso. Del sionismo è rimasto lo spirito dell’equivoco slogan delle origini: “Un popolo senza terra per una terra senza popolo”. Ancora oggi, a distanza di più di un secolo, la destra reazionaria di Netanyahu ha re-imbracciato quella miopia militante che vorrebbe cancellare nei palestinesi lo status di nazione e di popolo. Ma in questi ultimi giorni perfino il falco Bibi, mettendo la mordacchia ai più falchi di lui nel suo governo, ha intuito che nella sanguinosa polveriera mediorientale una tregua “duratura e permanente” con Hamas è più auspicabile che far scempio di civili innocenti. Secondo me, ciò di cui c’è vitale bisogno in Israele è che la sua classe dirigente si armi di coscienza critica e di lungimirante pragmatismo per dismettere vittimizzazione e propaganda e ascoltare anche le critiche più dure come un contributo e non come un pericolo. Certo, una tregua non fa primavera né la fa una manifestazione della fragile opposizione che in giorni recenti è coraggiosamente tornata a mostrarsi in piazza Rabin per fare ascoltare una lingua diversa da quella dello sciovinismo militare. Ma sono barlumi di una possibile alternativa all’asfissia della guerra.
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » mer feb 20, 2019 9:05 pm

Benjamin Harrison Freedman (New York, 4 ottobre 1890 – maggio 1984) un ebreo divenuto cristiano, odiatore e calunniatore degli ebrei e di Israele
(i cristiani per 2000 anni sono stati odiatori, calunniatori e diffamatori degli ebrei)

https://it.wikipedia.org/wiki/Benjamin_ ... n_Freedman

Benjamin Harrison Freedman è stato un politico statunitense.
Era di confessione ebrea ashkenazita poi convertitosi al cristianesimo. Divenne un acceso polemista critico del giudaismo e del sionismo. Tenne molte conferenze e discorsi e scrisse anche alcuni articoli su questo tema.


Questo demenziale ex ebreo divenuto cristiano odiatore e calunniatore degli ebrei è citato dal demenziale antisemita e fascista Maurizo Blondet
http://www.effedieffe.com/index.php?opt ... mid=100021


L'antisemita fascista e criminale Maurizio Blondet

http://www.veniteadme.org/quegli-odiosi ... llebraismo

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=27203

https://www.forumastronautico.it/t/non- ... terra/8190

https://attivissimo.blogspot.com/2011/0 ... udore.html
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » gio feb 21, 2019 9:12 pm

Un'altra ebrea non più ebrea ma atea e nazi comunista, filo nazi-maomettana-palestinese che odia gli ebrei e Israele

Antisemitismo/antisionismo: Radio Rai 3 supera ogni limite
Commento di Deborah Fait
Informazione Corretta
21.02.2019

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=73773

La Rai è un'azienda statale finanziata con i contributi di tutti i cittadini italiani. Non può quindi giungere a diffondere menzogne antisemite nello stile di Goebbels. Goebbels, ministro della propaganda nazista, diceva di mentire mille volte, in modo da trasformare la menzogna in una verità. E' questo il modello della Rai nella trasmissione 'Prima Pagina' commentata da Deborah Fait.
È per questo - la diffusione di odio antisemita e contro Israele, che è poi la stessa cosa - è necessaria una denuncia in sede civile alla Rai. Le chiacchiere non servono, è tempo di agire. Portare la RAI in tribunale in una causa civile che ne richieda la condanna a un forte risarcimento, che verrà devoluto a una istituzione umanitaria in Israele.
[IC redazione]

Ecco il commento di Deborah Fait:

Radio Rai 3, Prima Pagina, trasmissione del 18 febbraio
Ore 7,45-8,45, conduttrice Sara Menafra. Filo diretto con gli ascoltatori.

Immagine correlata

La trasmissione, dopo la rassegna stampa, prevede uno scambio di idee con i radioascoltatori quindi, non appena Sara Menafra da il via alle voci esterne, ecco intervenire una signora che, con voce suadente, melliflua e calma assoluta, incomincia a sparare a raffica una serie di cose ignobili contro Israele prendendo come spunto l'aggressione a Alain Finkielkraut, chiamando il filosofo francese "vecchio signore", senza farne il nome, quasi fosse uno sconosciuto pensionato che passava casualmente dalle parti dei gilet gialli. La signora si presenta: "Mi chiamo Vera Pegna"…. e qui, se avessi avuto dei calmanti avrei dovuto prenderli all'istante per evitare travasi di bile: Vera Pegna, perbacco, attivista filopalestinese della quale avevo già avuto modo di scrivere, ammiratrice della cultura araba, odiatrice di Israele. Dopo aver detto il suo nome, la signora ha ammesso di essere di famiglia ebraica ma di non sentirsi ebrea perché appartenente ad "altra cultura", poi ha dato inizio alla sua lezione personale di odio antisemita. Le sue parole: " voglio intervenire sui fatti di Parigi dove a un vecchio signore qualcuno ha gridato "sporco ebreo, sporco sionista, viva la Palestina". Naturalmente la signora Pegna deplora che a un "vecchio signore" siano state rivolte simili offese ma, tutto sommato, queste persone difendevano la Palestina, insomma "non erano antisemiti".


Sara Menafra, corresponsabile con la testata Rai

"Vorrei dare una chiave di lettura diversa, Il sionismo è una cosa brutta -continua la Pegna-, Israele ha occupato tutta la Palestina storica, pratica l'apartheid quindi si può dire sporco sionista, anche dire sporco ebreo va bene proprio perché Israele si arroga il diritto di rappresentare tutti gli ebrei del mondo, ha anche varato una legge razzista che mette chi non è ebreo in secondo piano. Quindi gli ebrei non israeliani devono condannare Israele e le sue atrocità. Gli ebrei del mondo devono dire "Israele non è il nostro paese". L'antisemitismo esiste perché gli ebrei non condannano le atrocità commesse da Israele". Naturalmente a questo sudiciume immorale ha replicato, con serenità indecente, Sara Menafra dando ragione alla Pegna sul "vecchio signore" e le offese di cui è stato oggetto. Nemmeno la giornalista ha avuto l'educazione né la professionalità di dare un'identità e un nome al filosofo Finkielkraut. Poi, un po' balbettando, ha confermato le parole indegne della Pegna dicendo " Io le do ragione, l'episodio è stato amplificato ma riguardava solo l'antisionismo.


Vera Pegna, fanatica odiatrice di Israele

Chi è fuori da Israele dovrebbe prenderne più nettamente le distanze". Eccolo dunque il velenoso mantra di casa nostra che va a completare quello della Francia dove ormai incombe la paura: aggressioni a ebrei, croci uncinate sulle immagini di Simone Veil, cimiteri profanati, tombe prese a martellate. L'Italia ha conduttori televisivi che definiscono la Giornata della Memoria, "Giorno della cicoria", lo disse il blogger Sebastiano Caputo nel 2013, oggi è diventato conduttore a Rai 2. Abbiamo un Vittorio Feltri che sbraita " Bevetelo sto champagne, così sareste un po’ più allegri e non mi rompereste i coglioni con la Shoah. E Madonna, sono decenni che rompono i coglioni con la Shoah, ma basta. Per l’amor di Dio. Non se ne può più”. Abbiamo i grillini che vanno a trovare i gilet gialli a Parigi, condividendone la lotta e l'estremismo ideologico. Abbiamo il web che pullula letteralmente di odio antisemita dove chi scrive per Israele viene insultato, minacciato, bloccato sui social. La Stella di Davide viene trasformata in svastica, gli ebrei ammazzati non fanno notizia e ricordiamo che in Francia le vittime ebree per mano di musulmani sono innumerevoli, da Tolosa, Nizza a Parigi. Gli ebrei ormai si sentono stranieri in Europa, stranieri e rifiutati, non esiste manifestazione che non li veda attaccati se non con i fatti, con le parole, le minacce, le maledizioni. Juden scritto sulle vetrine, Israele considerato come portatore di ogni male, gli ebrei considerati pericolosi, stranieri in Europa, cacciati dall'Europa marcia. Il marciume si sente,si tocca con mano, la puzza si sente, ogni confine di moralità è stato calpestato e superato, peggio di così non potrebbe andare, prima o poi arriverà qualcuno a riaprire i cancelli di Auschwitz e a rimettere in funzione i crematori. Ma questa volta dovrà vedersela con Israele.


Vera Pegna (Alessandria d'Egitto, 1934) è una traduttrice, attivista e scrittrice italiana.
https://it.wikipedia.org/wiki/Vera_Pegna
Nata nel 1934 da padre italiano e madre ungherese, Vera proviene da un'antica famiglia ebraica fuggita dalla Spagna a Livorno: nell’Ottocento i suoi antenati si trasferirono ad Alessandria d’Egitto, dove lei è nata. Vera ha studiato in Europa e si è laureata in lingue a Ginevra, con una specializzazione in interpretazione simultanea. Nel 1959 lascia la Svizzera per recarsi a Partinico, in provincia di Palermo, dove conosce il pacifista Danilo Dolci[1]. La ragazza decide in seguito di presentarsi alla Federazione del PCI di Palermo, dal segretario Napoleone Colajanni, che le propone di recarsi a Caccamo per aiutare il partito durante le elezioni comunali. A Caccamo Vera Pegna si scontra con la dura realtà della mafia locale: i mafiosi di Caccamo tentano più volte di ostacolare il PCI. Ciononostante, nel giugno del 1962 si conclude la campagna elettorale e, grazie all'impegno di Vera e dei suoi compagni, il Partito Comunista ottiene quattro seggi in consiglio comunale. Vera Pegna, in qualità di consigliere comunale di Caccamo, si è impegnata molto per i diritti dei cittadini più poveri e per questo ha subito diverse minacce da parte della mafia.
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » mar ott 29, 2019 10:25 pm

Allucinante Bernie Sanders: «usiamo i soldi per la difesa di Israele per aiutare Gaza»
Ottobre 29, 2019·

https://www.rightsreporter.org/bernie-s ... fo0NwGGT30

Una parte dei 3,8 miliardi di dollari che gli USA destinano annualmente alla difesa di Israele potrebbero essere deviati a progetti umanitari per Gaza.

A sostenerlo è stato Bernie Sanders, uno dei candidati democratici alle presidenziali USA durante la conferenza annuale organizzata da J Street, un gruppo americano liberale che si dichiara “pro-Israele” ma che in più di una occasione ha preso posizioni fortemente anti-israeliane.

Il senatore del Vermont ha promesso che, nel caso venga eletto alla presidenza degli Stati Uniti, userebbe i 3,8 miliardi di dollari destinati ogni anno alla difesa di Israele per “costringere” Israele a fermare gli insediamenti e trattare con i palestinesi.

«Sono molti soldi» ha detto Sanders «e non possiamo darli fornendo carta bianca al governo israeliano, o comunque a nessun governo. Abbiamo il diritto di chiedere il rispetto dei diritti umani e della democrazia».

«La mia soluzione per Israele è: se vuoi un aiuto militare dovrai cambiare radicalmente il tuo rapporto con il popolo di Gaza» ha poi continuato il candidato democratico.

«Direi che una parte dei 3,8 miliardi di dollari dovrebbero essere destinati proprio ora agli aiuti umanitari a Gaza» ha proposto Bernie Sanders.

Sanders afferma che «ciò che sta accadendo a Gaza in questo momento, ad esempio, è assolutamente disumano. È inaccettabile. È insostenibile».

Il candidato democratico alla presidenza USA di recente si è concentrato proprio sulla situazione di Gaza incolpando (naturalmente) Israele per la tragica situazione in cui versa la Striscia.

Peccato che dimentichi che Gaza non è un territorio democratico, che è governato da una dittatura (quella di Hamas) che di recente si è alleata con l’Iran e che per mesi ha continuato a sparare missili sui civili israeliani e che, nonostante tutto questo, l’unico paese che permette agli aiuti umanitari di entrare a Gaza è proprio Israele.

Bernie Sanders dimentica poi (o fa finta di dimenticare) che la comunità internazionale ha destinato alla Striscia di Gaza decine di miliardi di dollari che sono finiti regolarmente nelle casse di Hamas senza che venissero usati per aumentare il benessere per la popolazione, anzi, oltre a gonfiare i conti correnti dei boss di Hamas sono serviti per comprare proprio quei missili che oggi minacciano Israele.

Per altro, sia il Qatar che l’Iran versano mensilmente enormi cifre di denaro che ufficialmente sarebbero destinate allo sviluppo di Gaza ma che, come sempre, finiscono per alimentare i lussi dei capi di Hamas o nell’acquisto di armi.

Ma la cosa che più di tutto fa infuriare è che Bernie Sanders è un ebreo, uno di quelli che però odia gli ebrei, e che ancora una volta il palcoscenico di J Street si è prestato a questo squallido show. Ed è tutta gente che si definisce “amica di Israele”.
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » dom nov 07, 2021 8:06 pm

Gideon Levy scrive su Haaretz di oggi a proposito delle immagini che fanno il giro del mondo degli abitanti di Gaza che cercano di ottenere un permesso di lavoro in Israele accalcandosi di fronte alla Camera di Commercio nella Striscia: con gli occhi e le suppliche e la disperazione che si affacciavano sui loro volti, con le braccia tese in avanti, come se ciò bastasse a raggiungere il loro sogno; ma è il lungo braccio di Israele che sta infliggendo tutto questo male a queste persone, Israele ha abusato di loro, dei loro padri e dei loro figli per decenni.

Emanuel Segre Amar
https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 6975759721



Mario Pacifici
In Israele dicono che Haaretz è il più diffuso quotidiano palestinese in lingua ebraica.

Alberto Tancredi
Mario Pacifici conoscevo la versione "il più famoso giornale arabo in lingua ebraica". Sulla sua diffusione ho molto dubbi. Vende di più Yedihot Ahronot, e forse pure Maariv

Corsi Sharon Carla Rebecca
Proprio così, e lo dicono in tanti, in tutto il mondo


Mario Pacifici
Alberto Tancredi
Ma non sono palestinesi!


Sandra Perugia
Peccato,un altro nemico e dentro casa,che fa ancora più male!
Emanuel Segre Amar
Sandra Perugia non lo scopriamo certo adesso


Concetta Pronesti
E si… ora la moda ideologica retrospettiva, attribuisce colpe inesistenti che gli ignavi si bevono come verità.
È un fenomeno mondiale.
Negli Stati Uniti avviene con la razza nera.
Questo è il tempo della grande impostura. A tutti i livelli.


Vittoria Cassitta Scanu
Gideon è un mero traditore d'Israele e del proprio sangue! Un giornalista amato dai nemici d'Israele anche in Italia. Ho ricordi di una sua visita a Roma e di una sua intervista televisiva a dir poco oscena. Eppure vive e scrive nel da lui tanto detestato Israele!

Sara Campanella Levi
Lavorando in Israele guadagnerebbero 5 volte tanto quello che guadagnano al giorno a Gaza. Con la prosperita' che Hamas ostacola ci potrebbero essere buone speranze di diminuire in maniera significativa il numero di terroristi


Alberto Pento
I sinistrati sono tutti così, di ebrei così ve ne sono tanti anche in Italia e negli USA.

Behzad Dilmani
Qualcuno dovrebbe riccordare a questo signore che Gaza era parte del Egitto e quindi gli abitanti non c'entrano niente coi Palestinesi, Israele ha lasciato un territorio prospero con enorme possibilità di sviluppo e sono arrivati dove sono oggi penso che non abbia niente che fare con Israele ma con il governo che hanno scelto, un governo che anziche che pensare a ben essere di suoi cittadini, pensa solo a come distruggere lo stato di Israele.

Roberto Razzi
Uno che é rinnegato dal proprio figlio...che morale ha, e sopratutto, che morale puó fare...agli altri?
Un poveraccio...che vive (al sicuro) in Israele e delira contro il governo, perché sa che nello Stato d'Israele puó delirare...e non gli succede niente: andasse a Gaza o in Iran a delirare...cosi poi non si riconosce nemmeno dal Dna!
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Re: Ebrei e no' pì ebrei ke łi odia łi ebrei e Ixrael

Messaggioda Berto » dom nov 07, 2021 8:06 pm

Si sono svolte oggi le votazioni per la nomina della nuova Presidenza e la nuova Giunta dell’UCEI.
Emanuel Segre Amar
7 novembre 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 5013366917

Come commento vi propongo le amare parole della Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello alla quale va la mia piena solidarietà, come al Presidente della Comunità Ebraica di Milano Walker Meghnagi e al Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Milano Rav Alfonso Arbib.
Di mio mi permetto di aggiungere che tra le parole pronunciate subito dopo essere stata eletta dalla Presidente e i fatti che si sono poi visti oggi a Roma non c’è nessun rapporto.
La giunta dell’UCEI, appena formata dalla neopresidente Noemi Di Segni, non vedrà la presenza di Per Israele: la lista romana, guidata da Ruth Dureghello, aveva registrato più del 40% alla tornata elettorale del 17 ottobre, confermandosi la più votata dagli ebrei romani.
Sull’esclusione dei consiglieri Per Israele eletti è intervenuta la Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello: “È inaccettabile la proposta di giunta per i prossimi quattro anni – ha affermato Dureghello – È una decisione scellerata. L’attuale statuto vuole dare pari dignità a tutte le comunità, ma quello statuto è diventato lo strumento per affermare una divisione, una spaccatura evidente, per mettere all’angolo, in modo antidemocratico, e assolutamente non ebraico, una larga fetta degli ebrei italiani che si è espressa a Milano e a Roma per la lista Per Israele e in altre liste a Roma e Milano una rappresentanza autorevole fatta da persone che si sono messe a disposizione nel tentativo di trovare formule di dialogo e condivisione, scambiate in questa sede come segno di debolezza. L’esclusione di Rav Alfonso Arbib dal Consiglio UCEI è un attacco gravissimo all’ebraismo. Continuerò a proporre il metodo di Roma in una modalità di visione di futuro di priorità, in un ebraismo fatto di piccoli numeri, di pochi giovani, di problematiche sociali, davanti alle quali non ci siamo mai tirati indietro. Continuerò a lavorare per l’ebraismo italiano, ma non a queste condizioni, quando si vede esclusa la componente eletta degli ebrei romani e milanesi, che non si vedono in alcun modo rappresentati.”

Pepa Vezzo
Che dispiacere leggere queste diatribe. L esclusione del Rav. Arbib, l esclusione del partito pro Israele e tutto un triste preludio

Antonio Eduardo Favale
È evidente che il partito Per Israele non sia gradito: è una profonda breccia per tutti i filo semiti italiani. Questa è la vecchissima questione sul Sionismo, che si ripropone - per effetto della penetrazione di un pensiero dietrologico, che però ha inquinato e continua ad inquinare. Sembra il partito di Gad Lerner

Andrea Ogando
Che amarezza queste divisioni

Massimo Longo Adorno
vogliono nostrabandierizzare l' ebraismo italiano trasformandolo in un clone dei valdesi.

Lillo Naouri
Non ci sono 'partiti' contro Israele

Maddalena Matarazzo
Sono con Ruth Dureghello !





Noemi Di Segni: «Da soldato in Israele ho respirato cultura, mai l’odio per l’altro»
Paolo Conti
25 gennaio 2020

https://www.corriere.it/cronache/20_gen ... 2e12.shtml

Noemi Di Segni: «Da soldato in Israele ho respirato cultura, mai l'odio per l'altro» Noemi Di Segni, 50 anni, dal 2016 guida l’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ansa)

Noemi Di Segni, 50 anni, doppia laurea in Economia e commercio e in Giurisprudenza, una specializzazione in Diritto ed economia della Comunità europea, guida dal luglio 2016 l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, ovvero il complesso, dialettico, articolato mondo israelitico del nostro Paese: 25.000 iscritti. Di fatto, rappresenta tutti gli ebrei italiani di fronte alle istituzioni del nostro Paese. Bionda, occhi azzurri, raffinata ed elegante, sorridente, sempre molto pacata, mai un tono di voce inutilmente alto. Ha una doppia nazionalità: italiana e israeliana (in Israele ha anche svolto il servizio militare) perché è nata a Gerusalemme il 24 febbraio 1969 da una famiglia ebrea di origine romana e torinese, ha tre figli, da poco è nonna. È sposata da 27 anni.
Il primo ricordo di Noemi Di Segni bambina a Gerusalemme.
«La fluidità con cui si passava da una parte all’altra della città, a bordo dell’autobus numero 4. Dai quartieri ultraortodossi a quelli di origine araba passando per il centro dove si svolgono mille attività. Ecco, mi viene in mente proprio il concetto di fluidità, in una città che è molto, molto più piccola della rappresentazione mediatica. Così come è diversa la realtà che si vive lì: c’è un racconto diffuso di luogo pericoloso, attraversato dalla paura, che non corrisponde minimamente alla verità».
Fluidità, convivenza. Un simbolo forte.
«Certo, lo sento anche oggi nel mio lavoro istituzionale. È possibile la coabitazione tra diverse famiglie e origini ebraiche accanto ad altre realtà. A Gerusalemme ci si sfiora, tutti diversi, in vicoli larghi mezzo metro... Un insegnamento importante, significativo: si può convivere mantenendo la propria identità nello stesso luogo, anche se molto stretto. Senza colpirsi. Senza aggredirsi».
La sua famiglia registra un continuo via-vai tra Italia e Israele dal 1945. Lei è nata a Gerusalemme. Si è sempre sentita italiana?
«Sempre. Al cento per cento. In casa era tutto italiano: lingua, cibo, libri, dischi. Insomma, cultura. Come è tipico in Israele: chi è figlio di immigrati, mantiene le proprie peculiarità. C’è una sommatoria di tante diversità, ed è la ricchezza di Israele. Alle Elementari ogni anno si organizzava una serata ispirata alla diversità delle nostre provenienze nelle musiche e nei cibi: francese, americana, marocchina, persiana. Ovviamente italiana».
Lei ha svolto anche il servizio militare per due anni.
«Sì, nel gruppo dell’Intelligence. Un insostituibile allenamento culturale. Non all’odio verso un nemico. Una parola che non ho mai, dico mai, sentito in due anni. C’era sempre il concetto di difesa, di tutela. Impressiona pensare che Israele affidi le sorti della propria difesa ai giovanissimi. Succede anche oggi. Quando vedo certi ragazzi in giro, più o meno sfaccendati, penso a quelli che in Israele oggi, a 18 anni, sono al mio posto di allora».
Ma dove si sente «a casa», Noemi Di Segni?
«Ho sempre vissuto, e vivo, una situazione di schizofrenia. Perché sono inevitabilmente attraversata dalle due dimensioni: Italia e Israele, dove ora sono i miei tre figli. Io vivo qui, ho un grande impegno personale nel lavoro e nell’Unione delle Comunità ebraiche. Ma non nascondo il senso di colpa di non essere in Israele. Per anni non mi sono iscritta a nessuna Comunità italiana proprio per la precarietà che avvertivo, perché pensavo “l’anno prossimo a Gerusalemme”. Poi mi sono iscritta alla Comunità ebraica romana, per passione culturale ma anche per una scelta alla fine di rispetto, coerenza e senso di dover contribuire alla Comunità all’interno della quale vivevo».
Perché tornò in Italia alla fine del 1989?
«Per amore. Conobbi mio marito in un campeggio estivo in Italia organizzato per i giovani. E decisi di trasferirmi a Roma con lui».
In cosa si sente israeliana?
«In un certo stile di vita, nella facilità di aprire la casa, di ospitare. O di educare i figli. C’è una minore riservatezza complessiva rispetto al modello italiano. Per tornare al concetto iniziale, c’è più fluidità».
Una sua paura?
«Ho una sola angoscia. Se dovessi morire, ora o tra cinquant’anni, non sopporterei l’idea di essere sepolta qui per sempre, lontana da Gerusalemme».
Lei guida gli ebrei italiani. Una realtà complessa.
«Complessa, antichissima e vivissima di tradizioni e beni culturali. Girando per il nostro Paese ci si rende conto di quanto l’ebraismo italiano sia variegato rispetto ad altri ebraismi. E sia poco conosciuto. Un vero peccato. Io avverto l’orgoglio di rappresentare una catena di generazioni secolari che appartengono insieme all’ebraismo e all’Italia».
Antica domanda. Si è «ebrei italiani» o «italiani ebrei»?
«Secondo me ebrei italiani. La componente dell’identità ebraica può essere molto forte o anche blanda ma alla fine la fiammella interiore è quella ebraica. Poi per tutto il resto si è italiani, nel costume, nella lingua, nelle tradizioni di famiglia. Ed è per questo che gli ebrei del nostro Paese vedono nell’Italia la propria Patria, con orgoglio, un legame fortissimo».
Lei porta un nome biblico importante, Noemi. Una storia segnata dal dolore, dalla perdita dei figli, ma anche dalla capacità di legare le generazioni, con grande generosità. Le pesa?
«Non nascondo che quel nome può rappresentare un fardello importante riferito al racconto biblico e so di essere esigente e faticosa. Ma la radice di Noemi porta, in ebraico, anche al concetto di piacevolezza. Ecco, vorrei essere percepita nel mio modo di essere con questo significato».
È difficile essere un’ebrea italiana? Domanda diretta: ha mai avuto attacchi personali, o episodi di discriminazione legata all’antisemitismo?
«No, per la verità non ho ricevuto particolari offese personali, né ho dovuto accettare limitazioni di alcun genere. Ho avuto, questo sì, spesso difficoltà a confrontarmi con persone che in qualche modo non riescono a ragionare, ed esprimono pregiudizi o generalizzazioni. Un fenomeno molto frequente».
Parliamo di antisemitismo in Italia? Lasciamo da parte numeri, statistiche. Che percezione ha del fenomeno? È stabile, in crescita, sta diminuendo?
«Secondo me è in crescita. So che esiste una quota di antisemitismo legata alla crescita dell’estremismo e al terrorismo islamico, sempre più diffuso e pericoloso, e che individua come obiettivi di odio e morte non solo gli ebrei. Poi c’è un antisemitismo crescente di gruppi di destra strutturati e che si richiamano al fascismo, forse, al neonazismo, comunque all’estremismo. Li vediamo e li percepiamo sempre di più. Magari non abbiamo un contatto diretto con loro ma vivono nei nostri stessi spazi quotidiani, organizzano cerimonie e manifestazioni. Io non vado certo a Predappio ma le immagini che arrivano da lì impressionano e preoccupano. Soprattutto perché sono giovani. Si riferiscono a modelli fascisti di cui nemmeno conoscono bene le radici storiche e cosa riecheggiano. La rilevanza del fenomeno sta nel fatto che poi dilaga sulla Rete con una modalità fatta di rapidi slogan, semplificazioni. Inviti agli ebrei a sparire, andarsene, tornare nei forni. Sono forme che emergono e fanno del male. E che crescono appunto sul web. Poi c’è il tema dell’anti-israelianismo, che si traduce anche in un odio contro gli ebrei italiani, identificati come rappresentanti di Israele in Italia. Un antisemitismo che passa per Israele e torna in Italia. Lo si vede in tante forme di boicottaggi: all’università, nei supermercati, nei festival, nelle fiere dei libri...».
Tema attualissimo: la parità tra uomo e donna. Lei è presidente dell’Unione delle comunità ebraiche. Suo marito è impegnato nel commercio di preziosi. A casa vostra c’è mai stato un ordine di priorità?
«No, mai. Un problema che non è mai stato all’ordine del giorno. Mai una discussione. Forse il mio doppio impegno, professionale, personale e istituzionale, genera sacrifici nel tempo dedicato alla famiglia che produce una richiesta di infinita pazienza agli altri familiari...».
Domanda molto ebraica: l’anno prossimo a Gerusalemme?
«Forse sì. L’anno prossimo a Gerusalemme. Forse, finalmente».


UCEI, rom e migranti: 4 motivi per NON attaccare Salvini
UGEI
8 Luglio 2018

https://www.ugei.it/ucei-rom-e-migranti ... re-salvini

Nelle ultime settimane si è molto parlato, sia nei mass media che sui social, delle prese di posizione del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, in particolare per quanto riguarda i rom e i barconi che portano i migranti. Posizioni che hanno suscitato prese di posizione contrarie da parte dell’UCEI, oltre che della senatrice Liliana Segre. Ma siamo sicuri che attaccare Salvini sia la cosa giusta? Qui sotto proviamo a elencare 4 motivi per cui osteggiarne le azioni può essere un errore:

Nonostante tutti gli attacchi che la Lega ha ricevuto da più direzioni, i sondaggi parlano chiaro: secondo l’istituto Swg, il Carroccio è passato dal 17% delle elezioni politiche al 29,2% come gradimento. Inoltre, il centrodestra è riuscito a prendere città e province dove dalla fine della Guerra erano stati eletti sempre e solo politici di sinistra (come Genova, Siena e Sesto San Giovanni). Ma il dato che più fa pensare riguarda un sondaggio Ipsos realizzato per il Corriere della Sera: infatti, è emerso che il modo in cui Salvini ha gestito l’affare Aquarius non ha ricevuto consenso solo dagli elettori di destra o 5 Stelle, ma anche da un terzo degli elettori del PD. In altre parole, prendendo posizione contro chi ha dalla sua parte la maggioranza degli italiani, l’UCEI rischia di suscitare reazioni ostili verso gli ebrei.
Qui devo passare a parlare di esperienze dirette: infatti, chi ha frequentato licei di provincia, e ha conosciuto i giovani che votano la Lega o i 5 Stelle, sa bene che etichettare come “fasciste” determinate posizioni non porta alcun risultato; anche quando parlavo con i miei compagni di classe delle posizioni di Grillo sugli ebrei e Israele, nella maggior parte dei casi a loro non importava. E questo non perché fossero antisemiti: la maggior parte di loro non aveva mai visto prima un ebreo, e quando lo scoprono le prime reazioni sono di stupore o indifferenza, ma mai di odio.
Prendere posizione contro una determinata fazione politica può essere divisivo anche per gli stessi ebrei italiani: infatti, è risaputo che da anni una parte consistente di essi è politicamente vicina a Berlusconi, tanto che il 4 marzo il 44% degli italiani residenti in Israele ha votato per lui, e che nel 2008 tale percentuale saliva al 73%. Inoltre, anche tra gli ebrei c’è chi teme l’immigrazione islamica, a causa della quale in Francia gli atti antisemiti sono in costante aumento. Una preoccupazione tale che persino il presidente UCEI Noemi Di Segni, nel settembre 2017, parlando dei migranti ha detto che non dobbiamo essere indifferenti, ma neanche “coprirci di buonismo”.
Infine, e questa è forse la ragione più importante, perché la Lega ha catalizzato voti che, se essa non esistesse, andrebbero a partiti veramente neofascisti come CasaPound e Forza Nuova. E forse è anche grazie al fatto che il Carroccio non è più un partito solo del nord che alle Regionali del Lazio CasaPound si è fermata al 2%. In questo caso, chi non ama la Lega dovrebbe perlomeno ricorrere alla logica del “meno peggio”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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