Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

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Messaggioda Berto » ven lug 26, 2019 7:01 pm

Il Mossad lavora ad una pace con i paesi arabi in chiave anti Iran
Clara Salpietro
19 luglio 2019

https://www.progettodreyfus.com/mossad- ... xN9B6WYlz8

È stato il discorso più atteso – e di maggiore rilevanza – quello pronunciato dal direttore del Mossad Yossi Cohen alla 19° Conferenza sulla sicurezza internazionale, dal titolo “Navigating Stormy Waters – Time for a New Course”, ospitata dal Centro Interdisciplinare di Herzliya (IDC), a nord di Tel Aviv.

Si è trattato di una rara apparizione pubblica per il capo del servizio segreto dello Stato di Israele, resa ancora più particolare dai contenuti del suo intervento, denso di informazioni, alcune inaspettate, altre semi conosciute.

In 40 minuti Yossi Cohen ha fornito delle chiare indicazioni sugli ambiti in cui il Mossad è operativo – anche con riferimento alla politica estera -, su alcune operazioni che sono già state portate a termine, sui rapporti con alcuni Paesi arabi e sulla posizione che Israele porta avanti contro l’Iran.

Il capo del sistema di informazione per la sicurezza esterna di Israele ha svelato i dettagli relativi all’operazione del Mossad per portare gli archivi nucleari iraniani da Teheran a Tel Aviv. Operazione che il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva in parte rivelato in una conferenza stampa speciale ad aprile 2018.

“Centinaia di persone – ha detto Cohen – hanno trascorso mesi a monitorare soggetti diversi e hanno fatto l’inconcepibile. Quando l’operazione era al suo apice, dopo un certo numero di notti insonni, abbiamo ricevuto segnalazioni che c’erano dischi e non solo documenti. Abbiamo dato ordine di portare dentro anche loro, anche se ciò rendeva le cose più complicate. In totale, c’erano 55.000 documenti, foto e video che aiutavano a smascherare la grande menzogna iraniana. L’operazione ha dimostrato che l’impossibile – l’impossibile e l’inconcepibile – era fattibile. L’operazione ha cambiato l’atteggiamento del mondo nei confronti dell’Iran”.

L’affermazione più significativa che dà il senso dell’impegno del servizio di intelligence nelle relazioni israeliane con i paesi arabi, è stata quando il capo del Mossad ha reso noto che la sua agenzia ha messo in piedi una “task force incentrata sulla politica estera” per contribuire a raggiungere la pace nell’area.

È stata quindi rivelata l’esistenza di una direzione per migliorare la posizione diplomatica di Israele, progettata per individuare opportunità di pacificazione in una regione in cui solo due stati arabi, l’Egitto e la Giordania, hanno relazioni diplomatiche complete con Israele. A questo però si aggiunge che altri paesi arabi hanno aderito con discrezione “agli stati di pace, alcuni di loro in modo invisibile”.

“Non abbiamo ancora con loro trattati di pace ufficiali – ha osservato Cohen -, ma esiste già una comunanza di interessi, un’ampia cooperazione e canali di comunicazione aperti”.

“Il Mossad – ha detto con tono fermo e deciso – oggi coglie un’opportunità rara, forse per la prima volta nella storia del Medio Oriente, per arrivare a un’intesa regionale che porterebbe ad un accordo di pace globale”.

“Questa è una finestra di opportunità – ha aggiunto – per condurre la regione all’equilibrio e alla pace e alla tranquillità, per sconfiggere partiti come Daesh”.

A contribuire a questa opportunità anche l’interesse condiviso con i paesi di tutta la regione nella lotta contro l’Iran, ma anche “gli stretti rapporti con la Casa Bianca e i canali di comunicazione con il Cremlino che insieme creano quella che potrebbe essere una finestra di “opportunità una tantum”.

“La recente apertura con l’Oman – ha precisato – è il risultato di un lungo sforzo segreto del Mossad. Recentemente è stato confermato il rinnovo delle relazioni formali con l’Oman e l’istituzione di un ufficio di rappresentanza del ministero degli esteri israeliano in quel paese. Questa è solo la punta visibile di un lavoro molto più ampio”.

Sono tutti esempi che confermano come il Mossad sotto la guida di Yossi Cohen abbia attribuito un ruolo di grande importanza al fattore umano: la humint, che adesso è al centro del servizio di intelligence. Cohen ha saputo far convivere questa attività di intelligence – che consiste nella raccolta di informazioni per mezzo di contatti interpersonali – con l’aspetto tecnologico.

Un altro annuncio di una certa rilevanza, che fa capire come il sistema di informazione israeliano stia lavorando su più tavoli per promuovere la pace in Medio Oriente, è questa frase pronunciata da Yossi Cohen: “si sta aprendo un’opportunità per Israele di risolvere il conflitto con i palestinesi o almeno di fare progressi”.

Non è tutto, Cohen ha anche affermato che “negli ultimi anni il Mossad ha lavorato per individuare la tomba di Eli Cohen, il nostro uomo a Damasco. Siamo impegnati a portare a casa tutti i nostri caduti e prigionieri”.

Il Mossad è sempre stato considerato il miglior servizio di intelligence ed è sempre stato all’avanguardia sia nelle tecniche e capacità operative, sia nell’anticipare i tempi, come l’apertura di account sui vari canali social, con relativa pubblicazione di annunci di lavoro, e la nomina di due donne capo divisione nello stesso momento.

“Il Mossad – ha sostenuto il suo capo – è un microcosmo della società israeliana. Deve riflettere i valori della sensibilità sociale e della compassione per i deboli. La nostra forza sta nella nostra diversità. Questo ha un’importanza operativa, ma anche un potere morale. Abbiamo bisogno di donne in ogni ruolo ad ogni livello. Spero che in futuro vedremo una donna a capo del Mossad. Il 40 per cento delle persone che servono nel Mossad sono donne. Abbiamo anche iniziato a integrare haredim e persone con disabilità”.

Yossi Cohen ha poi concentrato l’attenzione sull’Iran e sul suo “bullying behavior” (questa l’espressione pronunciata da Cohen), per niente ben accetto da alcuni paesi arabi.

“L’Iran – ha detto – sta cercando di distruggerci. Non si può dire che è innocente o con buone intenzioni. Il Mossad e il Military Intelligence Directorate dell’IDF hanno aiutato ogni volta che le attività iraniane sono state smascherate in diversi paesi del mondo, salvando vite umane. Lo facciamo in silenzio e in modo saggio”.

“L’Iran sta intensificando l’arricchimento dell’uranio – ha precisato -, non c’è niente di innocente nelle sue politiche, l’affermazione che questo processo viene fatto per produrre energia è una bugia. Se l’Iran avesse materiale fissile, la regione e il mondo intero sarebbero diversi. Il Mossad non ha firmato l’accordo nucleare, ha un contratto con i cittadini di Israele a cui ha promesso che l’Iran non avrà mai un’arma nucleare. L’AIEA e le agenzie di intelligence internazionale hanno ricevuto i documenti originali dall’archivio nucleare per vedere di persona. Grazie al raid nel cuore di Teheran, stiamo impedendo all’Iran di ottenere una bomba nucleare”.

Il discorso di Yossi Cohen è stato per molti giorni sotto la lente d’ingrandimento di analisti e servizi di intelligence, in modo particolare per essere stato il primo capo del Mossad a dichiarare pubblicamente che l’Iran è il diretto responsabile dei ripetuti attacchi alle petroliere nel Golfo Persico, insieme ad altri obiettivi in Arabia Saudita e in Iraq, in particolare all’ambasciata del Bahrain a Baghdad, che hanno sollevato tensioni in Medio Oriente.

“Vi dico, con certezza – ha sostenuto -, basandomi sulle migliori fonti di spionaggio sia israeliane che occidentali, che c’è l’Iran dietro questi attacchi, che sono stati approvati dalla leadership iraniana e portati avanti, in gran parte, dal Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica e dai suoi delegati. Attraverso questi attacchi, l’Iran sta cercando di dire al mondo, un mondo che ha paura dell’escalation, che se le sanzioni non saranno risolte, causerà gravi danni all’economia petrolifera mondiale. Questa è una politica iraniana irresponsabile che potrebbe innescare un incendio nella regione e porterà esattamente al contrario”.

Precise, dettagliate e con la determinazione tipica di chi ha tra le mani prove inconfutabili, le osservazioni fatte da Cohen sul sostegno fornito dall’Iran al terrorismo nei Paesi Bassi, in Germania, in Turchia e in Francia.

“L’Iran – ha dichiarato Cohen – ha anche tentato un attacco terroristico in Francia quando era in visita l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani. La Repubblica islamica ha anche addestrato 300 combattenti in Siria e in Iraq per perseguire i propri interessi nell’Africa centrale”.

Durante il suo intervento, che è stato uno dei discorsi pubblici più lunghi e completi da quando è stato nominato a capo del Mossad nel marzo 2016, Cohen ha anche reso noto che i servizi segreti iraniani avevano discusso i piani per attaccare obiettivi ebraici e israeliani negli Stati Uniti, in Azerbaigian e in Danimarca, “e questa è solo la punta dell’iceberg”.

Cohen ha fornito altri esempi di attività dell’Iran a favore del terrorismo, sostenendo:

“è il principale sponsor delle organizzazioni terroristiche in Libano e nella Striscia di Gaza. Secondo fonti di intelligence israeliane, negli ultimi due anni l’Iran ha trasferito oltre 100 milioni di dollari ad Hamas e alla Jihad islamica, la maggior parte dei quali erano dedicati alla preparazione militare in entrambe le organizzazioni”.

Aggiungendo poi:

“l’Iran ed Hezbollah hanno iniziato a trasferire in Siria le loro forze ancora più lontano dal confine con Israele, nel tentativo di evitare ulteriori attacchi da parte dell’esercito israeliano. Stanno spostando le loro basi nel nord della Siria, un’area che credono, in modo errato, che per noi possa essere difficile raggiungerla. Non abbiamo alcun interesse a combattere con la Siria, ma non accetteremo il radicamento dell’Iran contro di noi in Siria, o il ruolo della Siria come base logistica per il trasporto di armi in Libano”.

Inoltre secondo Cohen, “Iran ed Hezbollah stanno creando basi e fabbriche di missili di precisione in Iraq e in Libano, che potrebbero rappresentare una minaccia ben più grande per Israele rispetto ai proiettili meno avanzati che attualmente riempiono gli arsenali del gruppo terroristico. Durante una guerra – è stato il suo commento -, il Libano potrebbe essere danneggiato dalle misure difensive israeliane. È importante che il governo libanese impedisca all’Iran di costruire simili armi offensive”.

Su Hamas, il gruppo militante islamico che controlla Gaza, ha riferito che “si è impegnato in frequenti atti di violenza contro Israele nel corso dell’ultimo anno, ha creato una nuova unità chiamata “building department”, per acquisire armi all’estero in modo da sfuggire’alla mano di Israele’”.




HARD TRUTHS
Niram Ferretti

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Le draconiane sanzioni sull'Iran volute da Trump stanno iniziando a produrre qualche effetto politico. A New York per un incontro con il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, il ministro degli Esteri iraniano Zavad Zarif, ha dichiarato che l'Iran sarebbe disponibile a garantire agli ispettori internazionali un accesso permanente ai siti nucleari iraniani.

Da Washington rispondono che se l'Iran vuole fare un gesto concreto dovrà immediatamente smettere di arricchire l'uranio. Di seguito dovrà sedersi a un tavolo dove stipulerà un negoziato in cui rinuncia permanentemente alle proprie ambizioni nucleari. Solo allora le sanzioni saranno sollevate. Non un minuto prima.

Il realismo di Trump non concede sconti, e se verrà rieletto, per l'Iran, malgrado le abituali spacconerie verbali di Zarif, "Continueremo a prosperare anche molto tempo dopo che il presidente Trump se ne sarà andato. Lo dimostriamo da 7000 anni", saranno tempi ancora più duri.

Non ci vorranno 7000 anni a mettere l'economia iraniana completamente in ginocchio. Ne bastano pochi e siamo già sulla buona strada. A Teheran lo sanno molto bene.

La nanetta Europa può fare molto poco per aiutarli.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » ven lug 26, 2019 7:02 pm

Qualcuno ha la minima idea di quello che sta succedendo tra Iran e Israele?
Paola P. Goldberger
Luglio 26, 2019·

https://www.rightsreporter.org/qualcuno ... TK9bftnsHE

La guerra tra Iran e Israele è già in corso, lo è da diversi mesi, solo che incredibilmente in occidente non se ne parla.

Gli esperti definirebbero questo conflitto come una “guerra a bassa intensità”, in realtà non lo è più da un po’. Sarebbe più corretto parlare di “prima fase” di un conflitto ampiamente annunciato.

Da un lato abbiamo l’Iran che sta cercando in tutti i modi di posizionare le sue pedine sullo scacchiere per poter poi attaccare direttamente lo Stato Ebraico.

Dall’altro abbiamo Israele che, al contrario, sta cercando in ogni modo possibile di impedire a Teheran di posizionare quelle pedine “mangiandone” una alla volta.

Un attacco in Iraq di cui si è parlato poco

Non ho usato a caso l’esempio degli scacchi. Quella in corso è veramente una partita a scacchi dove ambo i giocatori cercano di anticipare le mosse dell’avversario.

Per esempio, la settimana scorsa l’esercito iracheno ha denunciato un attacco aereo contro la base militare irachena di Al-Shuhada.

Secondo i rapporti un drone avrebbe colpito la base irachena ma data in gestione al gruppo sciita Hashd al-Shaabi (Forza di mobilitazione popolare irachena), legato all’Iran.

In quell’attacco, nel quale sono morti diversi miliziani tra i quali anche membri di Hezbollah e del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC), sarebbe stati distrutti decine di missili iraniani trasportati in Iraq all’interno di camion per la consegna di viveri.

Tra i missili distrutti ci sarebbero stati vettori balistici di tipo Zelzal, Fateh-110 e Zolfaqar, in particolare questi ultimi in grado di colpire da quella posizione sia Riad che Tel Aviv.

L’intelligence israeliana stava denunciando da mesi che gli iraniani stavano rifornendo di missili balistici le milizie sciite irachene, ma nessuno fino ad ora si era mosso.

Gli iracheni hanno prima sostenuto che il drone fosse americano, ipotesi smentita categoricamente da Washington. Poi hanno accusato Israele che come sempre non ha né confermato né smentito.
Una scacchiera che prende tutto il Medio Oriente

Con molta probabilità l’attacco alla base irachena di Al-Shuhada è stato portato proprio da Israele a dimostrazione del fatto che lo Stato Ebraico sta cercando in ogni modo di contrastare il posizionamento iraniano in ogni parte del Medio Oriente e non solo in Siria.

L’attacco alla base irachena di Al-Shuhada dimostra anche che la scacchiera dove Iran e Israele stanno giocando la loro “partita” è molto più grande di quello che si pensi e prende praticamente tutto il Medio Oriente.

Perché l’Iran tace sugli attacchi nonostante le vittime iraniane?

Eppure l’Iran tace sugli attacchi israeliani contro le sue basi, l’ultimo (devastante) solo pochi giorni fa sulle aree siriane di Tel Haraa e Quneitra.

Secondo fonti siriane nell’ultimo attacco in Siria sarebbero morte nove persone di cui sette iraniani membri delle IRGC. Eppure da Teheran neppure un fiato. Come mai?

La risposta sta proprio in quella “partita a scacchi” che Teheran e Gerusalemme stanno giocando. Una reazione iraniana equivarrebbe ad una ammissione del fatto che l’Iran sta lentamente ma inesorabilmente cercando di prendere Israele in un morsa mortale.

Non è un segreto per nessuno, ma fino a quando non se ne parla l’occidente continua bellamente a far finta di nulla. Una reazione, anche solo verbale, da parte di Teheran vorrebbe dire portare alla luce la trama iraniana e non è questo il momento.

Le pedine iraniane sono quasi tutte al loro posto

Solo che il tempo sta scadendo. Le pedine iraniane sono quasi tutte al loro posto. L’ultima (Hamas) si è appena dichiarata apertamente come la «prima linea di difesa iraniana».

Hezbollah sta radunando le sue forze lungo il confine con Israele, sia dalla parte libanese che da quella siriana.

Hamas ha fatto trapelare di avere oltre 5.000 missili, Hezbollah ne ha oltre 150.000. Impossibile sapere quanti ne hanno le milizie sciite in Siria (Brigata di liberazione del Golan) e in Iraq (Hashd al-Shaabi).

Teheran, dopo aver sacrificato diverse pedine (e anche qualche pezzo più importante) cerca lo scacco matto.

Ora, con un quadro del genere, c’è qualcuno in grado di spiegarmi perché intorno a questa pericolosissima partita a scacchi tutto tace?

Credete veramente che le tensioni nel Golfo Persico, sulle quali invece c’è tantissima attenzione mediatica, siano veramente “il problema”?

Qualcuno in occidente ha la minima idea della potenza di fuoco che si sta addensando attorno allo Stato Ebraico?
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » mer ago 07, 2019 7:53 am

Preparativi e prove per una possibile guerra missilistica. Israele si difende. L’Iran vuole distruggere
Ugo Volli
04-08-2019

https://www.shalom.it/blog/editoriali-b ... mu_LN-TKys

Fonti giornalistiche, come sempre non confermate né smentite da Israele, attribuiscono alle forze aeree israeliane due bombardamenti avvenuti nella settimana scorsa su basi e depositi missilistici iraniani in Iraq, forse opera di droni, della cui costruzione cui Israele è un leader mondiale, forse degli F-35 “Adir”. Di questi ultimi si è detto che hanno fatto visita non gradita né rilevata, sopra il cielo di Teheran e dei più importanti impianti nucleari dell’Iran. Gli ayatollah, d’altro canto, fra una operazione di pirateria e l’altra nel Golfo persico, hanno fatto gran clamore propagandistico sul lancio di prova di un missile balistico di precisione a medio raggio, cioè capace giusto di raggiungere il territorio israeliano. Israele però ha fatto sapere di aver testato in Alaska con grande successo insieme all’esercito americano l’ultima versione del suo razzo antimissile Arrows, che può fermare i missili come quelli iraniani prima che rientrino nell’atmosfera. Insomma i preparativi e le prove per una possibile guerra missilistica fra Iran e Israele sono in pieno svolgimento. Speriamo che restino parte di una guerra psicologica, di un gioco strategico di minacce e di interdizioni e che non si realizzino mai, perché il costo sarebbe altissimo. Ma vale la pena di sottolineare l’asimmetria: Israele non vuole distruggere l’Iran, mentre è vero il contrario. Israele non cerca di espandere le sue posizioni in altri stati, l’Iran sì. Israele però si difende efficacemente dalle minacce che percepisce, ha colpito centinaia di volte le concentrazioni di armamenti con cui l’Iran prepara l’assalto, mentre l’Iran non è mai riuscito a colpire Israele. Non perché non voglia, ma per la superiorità tecnologica israeliana che lo impedisce. La forza di Israele impedisce la guerra, quella dell’Iran la scatenerebbe. Sono dati evidenti. Lo capiscono tutti, gli Usa, gli arabi, perfino la Russia, che dell’Iran è alleata. Solo l’Europa non riesce o non vuole capire e si schiera per quanto può in aiuto dei feroci preti iraniani. Possiamo solo sperare che rinsavisca prima di distruggersi ancora una volta con le proprie mani.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » lun ago 12, 2019 6:00 pm

Guerra Iran-Israele: la follia collettiva che pervade la comunità internazionale
Franco Londei·EditorialiMiddle East·Agosto 11, 2019·

https://www.rightsreporter.org/guerra-i ... EMSW1xVbSg

Facciamo un po’ di fantapolitica. Come si comporterebbe la comunità internazionale se, per esempio, l’Italia affermasse apertamente di finanziare un gruppo terrorista francese con l’intento, sempre dichiarato, di distruggere la Francia?

Naturalmente Roma si troverebbe (giustamente) nel mirino della comunità internazionale e ne subirebbe le più che giuste sanzioni. Da ogni parte si leverebbero critiche e l’isolamento dell’Italia sarebbe più che giustificato.

Passiamo ora dalla fantapolitica alla realtà. C’è uno Stato, l’Iran, che finanzia apertamente e dichiaratamente più gruppi terroristici con l’intento di distruggere un altro Stato, Israele.

Il Diritto Internazionale e la coerenza vorrebbero quindi che la comunità internazionale esprimesse una dura condanna nei confronti di Teheran, che applicasse severe sanzioni e che, soprattutto, isolasse completamente l’Iran.

Perché tutto questo non avviene? Perché sulle gravi minacce iraniane verso Israele, supportate dai fatti, la comunità internazionale tace, fatta eccezione per gli Stati Uniti e per pochi altri?

Si potrebbe capire un silenzio dettato dalla volontà di non volersi schierare in una disputa tra due Stati confinanti, come avviene per esempio tra India e Pakistan.

Ma qui non si tratta di una disputa tra due stati per qualcosa di ben definito. Qui c’è un regime, quello iraniano, che senza una ragione che non sia puro odio, vuole distruggere una democrazia come quella israeliana senza che essa rappresenti minimamente una minaccia per il regime stesso.

È un obiettivo che il regime iraniano si è posto e che persegue meticolosamente sin dalla sua nascita. Eppure a vedere il comportamento della comunità internazionale sembra quasi che gli Ayatollah scherzino, che sia tutto un gioco di fantapolitica.

In Europa addirittura ormai da tempo stanno cercando di bypassare le sanzioni imposte all’Iran dal Presidente americano, Donald Trump, facendo passare quest’ultimo come un irresponsabile e non come l’unico che ha capito che la cosa è dannatamente seria. E lo dice uno che non stima particolarmente Donald Trump.

Il silenzio della comunità internazionale pesa ancor di più in un momento in cui a Teheran sembrano seriamente intenzionati a dare una ulteriore spinta alla loro volontà di attaccare e distruggere Israele.

Nel giro di pochi mesi gli iraniani hanno convertito l’arsenale missilistico di Hezbollah trasformando i razzi in vettori di precisione e rischiando così di mettere seriamente in pericolo anche il Libano, hanno occupato stabilmente le Alture del Golan siriano usando il pretesto della guerra civile siriana, hanno ufficializzato il loro supporto ad Hamas facendone l’ennesimo proxy di Teheran.

C’è qualcuno in grado di spiegarmi il silenzio assordante della comunità internazionale di fronte a questo più che evidente piano iraniano volto alla distruzione dello Stato Ebraico? Possibile che i tanti analisti ed “esperti” non vedano l’accelerazione impressa da Teheran al suo piano?

Questa purtroppo non è fantapolitica, questa è realtà nuda e cruda.

L’Iran ha dichiarato guerra a Israele ormai da tempo, lo ha fatto apertamente senza preoccuparsi di nascondere le sue vere intenzioni. Eppure la comunità internazionale continua non solo a tacere, ma addirittura cerca di aiutare il regime iraniano.

È una vera e propria follia collettiva che al momento non sembra vedere la luce della ragione nonostante in ballo ci siano decine di migliaia di vite umane.

Ma la cosa che fa più rabbia è la consapevolezza che quando Israele deciderà di reagire con più fermezza alla minaccia iraniana la comunità internazionale, la stessa che rimane silente di fronte alle manovre criminali dell’Iran, non esiterà un solo secondo a condannare lo Stato Ebraico. È una storia già vista, una storia infinita che continua a ripetersi come un mantra criminale.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » mer ago 14, 2019 9:20 pm

Cambio di regime in Iran? Si, ma attenti a quale resistenza appoggiare
Franco Londei·
Agosto 13, 2019·

https://www.rightsreporter.org/cambio-d ... QV2qN3q16o

L’ex parlamentare europeo Jim Higgins propone da anni una politica della UE volta a favorire un cambio di regime in Iran piuttosto che pressioni economiche che immancabilmente colpiscono i più deboli.

In una intervista rilasciata a diversi media Jim Higgins sostiene che l’Europa dovrebbe tenere in seria considerazione un ampio sostegno alla cosiddetta “resistenza iraniana”, l’Organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano (PMOI o MEK), come alternativa immediata ad un eventuale cambio di regime in Iran, anche se non è ben chiaro quale sia la sua strategia per arrivarci.

Ancora una volta, purtroppo, ci troviamo di fronte a ragionamenti senza un piano ben preciso e, soprattutto, senza tenere in minimo conto il popolo iraniano che dei Mojahedin del popolo proprio amico non è.

Ne avevo già parlato diverso tempo fa in polemica con l’ex Ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, al quale va comunque tutta la mia stima.

Considerare l’organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano come “l’unica resistenza iraniana” è assolutamente sbagliato.

Nonostante sventolino la “bandiera” di un supposto progressismo con una Presidente donna, Maryam Rajavi, il MEK rimane una organizzazione profondamente legata alla loro ideologia natale, non dissimile da quella degli Ayatollah con i quali erano alleati ai tempi della rivoluzione islamica.

I giovani iraniani, unica speranza per un cambio di regime in Iran, non amano il MEK. Ne conoscono la storia e non l’apprezzano. Di certo non vorrebbero uscire da un regime islamico totalitario per entrare in un altro regime islamico seppure, a parole, meno integralista.

Molti giovani iraniani sognano una democrazia seria e reale, con votazioni senza vincoli per poter eleggere da soli i propri rappresentanti. Non vogliono un altro regime non eletto che sostituisca gli Ayatollah e magari imposto dall’alto.

Non funziona così. O meglio, non funziona come vorrebbero Jim Higgins e altri politici europei che la pensano come lui.

Il regime iraniano (e non solo) considera il MEK un gruppo terrorista. È plausibile, hanno compiuto diversi attentati in Iran e durante la guerra tra Iraq e Iran combattevano a fianco di Saddam Hussein.

Quasi ogni famiglia iraniana ha un morto in casa a causa di quella guerra e non dimenticano l’appoggio del MEK a Saddam. E ora gente come Jim Higgins vorrebbe “imporre” agli iraniani un Governo del MEK al posto di quello degli Ayatollah.

Qualcuno sostiene che questa sia «l’unica resistenza iraniana organizzata». Forse è vero, in Iran non c’è (ancora) una vera resistenza organizzata, o almeno non è noto che ci sia. Ma nel caso (improbabile per ora) che ci fosse un cambio di regime a Teheran, non si può scavalcare a piè pari il popolo iraniano imponendo dall’alto un governo di una organizzazione invisa alla maggioranza degli iraniani.

Si vuole veramente investire denaro e risorse per un cambio di regime in Iran? Bene, si organizzi una resistenza interna degna di questo nome, qualcosa che parta dai giovani iraniani e non da una organizzazione che da decenni vive e prospera all’estero e che, come detto, non è amata come in molti ci vorrebbero far credere.

Per usare una frase tanto cara a Donald Trump, gli iraniani prima di tutto.

Certo, non è una cosa che puoi organizzare dall’oggi al domani. Con il Movimento Verde, che poteva davvero essere l’avanguardia della resistenza iraniana, si è persa un’occasione d’oro. Invece di abbandonarli al loro triste destino, quei ragazzi andavano supportati con ogni mezzo.

Altro che MEK, altro che Mojahedin del popolo iraniano. Loro stavano iniziando una vera resistenza. E sono stati abbandonati, ignorati da tutti.

E ora si torna alla carica con questa opaca (a dir poco) organizzazione con sede a Parigi.

Vogliamo veramente aiutare gli iraniani a liberarsi degli Ayatollah? Allora facciamolo seriamente partendo dai giovani iraniani. Ci vorrà del tempo, è vero. Ma almeno per una volta abbatteremo un regime e costruiremo una democrazia, non un nuovo regime.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » lun set 09, 2019 7:06 am

Finti feriti israeliani per disinnescare l’escalation
Come previsto da Israele, Hezbollah ha colto al volo l’occasione per cantare vittoria e chiedere di cessare i combattimenti
(Da: YnetNews, Times of Israel, Jerusalem Post, Ha’aretz, 2.9.19)

https://www.israele.net/finti-feriti-is ... 5FudzmIypc



Un “ferito” israeliano viene caricato sull’elicottero

Fin dall’inizio le Forze di Difesa israeliane avevano preparato l’esca. Pochi minuti dopo il lancio di missili anticarro Kornet da parte di Hezbollah, due soldati distesi sulle barelle con sangue e bende finte venivano trasportati in elicottero al Rambam Medical Center di Haifa. L’esercito ha inscenato il finto soccorso per disinnescare l’escalation sul confine nord, e Hezbollah ha abboccato: si è vantato del trionfo e ha dichiarato chiuso l’incidente.

Yedioth Ahronoth ha ricostruito la successione degli eventi. Alle 16.15 di domenica (ora locale) Hezbollah dirama una dichiarazione in cui annuncia che una squadra di combattenti (intitolata al nome dai due terroristi uccisi la scorsa settimana in Siria quando Israele ha sventato un attacco di droni esplosivi pianificato dall’Iran) ha distrutto un veicolo militare israeliano vicino al villaggio frontaliero israeliano di Avivim e che diversi soldati israeliani sono stati feriti e uccisi. Quindici minuti dopo, alle 16.30, il portavoce militare israeliano diffonde questo comunicato: “Diversi missili anticarro sono stati lanciati dal Libano verso una base e veicoli delle Forze di Difesa israeliane presso Avivim. Alcuni colpi sono andati a segno e le Forze di Difesa israeliane stanno rispondendo al fuoco contro l’origine dell’attacco, nel sud del Libano. Ulteriori dettagli saranno forniti in seguito. Chiediamo a tutti di evitare di diffondere notizie non ufficiali”.

Per alcune lunghe ore l’esercito non specifica esplicitamente se l’attacco Hezbollah abbia causato vittime fra i soldati. Nel frattempo Israele invia un elicottero sulla scena, lasciando circolare immagini drammatiche dello sgombero di un paio di soldati “sanguinanti” e bendati.

Un “ferito” israeliano viene sbarcato al Rambam Hospital di Haifa

La scena induce le tv pro-Hezbollah al-Mayadeen e al-Manar a confermare trionfanti che un certo numero di israeliani sono stati feriti dall’attacco, aggiungendo che “la principale preoccupazione d’Israele è l’evacuazione delle loro vittime dalla zona” e che “ci sono almeno quattro feriti israeliani” (con il raddoppio delle cifre tipico di queste fonti). Alle 17.10, mentre continua il fuoco di reazione israeliano, il primo ministro Benjamin Netanyahu dà disposizione ai ministri di non rilasciare dichiarazioni sull’incidente.

Alle 18.20 le Forze di Difesa israeliane dichiarano ufficialmente che nessun soldato è rimasto ferito nell’incidente, e Netanyahu si presenta alla tv per confermare che nessun militare si è fatto “nemmeno un graffio”. Alle 18.30, mentre il fuoco di risposta israeliano va spegnendosi, il Rambam Medical Center di Haifa rilascia una dichiarazione in cui afferma che i soldati portati all’ospedale sono stati brevemente esaminati e dimessi senza richiedere alcun trattamento.

Nel frattempo Hezbollah continua coi suoi comunicati trionfanti che diventano vagamente grotteschi. Naim Qassem, vice del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah, dichiara: “Oggi Hezbollah ha saputo mostrare la sua vera forza: occhio per occhio, dente per dente, uccisione per uccisione. Hezbollah mantiene la sua deterrenza: siamo sulla strada per la vittoria, sia a parole che nei fatti”.

Alle 21.30 le autorità militari dichiarano il cessate allarme nelle aree di confine con il Libano e autorizzano la pubblicazione dei dettagli sulla messinscena.

Fonti militari hanno successivamente confermato che da tempo le Forze di Difesa, aspettandosi un attacco “di vendetta” da parte di Hezbollah, avevano preparato la finta operazione di salvataggio contando sul fatto che Hezbollah, ritenendo d’aver causato “abbastanza vittime”, avrebbe colto al volo l’occasione per fermare lo scontro e dichiarare chiuso l’incidente.

Un incendio in un campo sul versante libanese del confine con Israele, causato dalla reazione d’artiglieria israeliana all’attacco Hezbollah

Lunedì un alto ufficiale della Difesa israeliana ha detto che lo scontro di frontiera di domenica si è concluso rapidamente perché il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha chiesto a Israele di cessare i combattimenti, dopo che Israele aveva risposto all’attacco con un centinaio di proiettili d’artiglieria sparati contro obiettivi in Libano. Attraverso vari intermediari tra cui il primo ministro libanese Saad Hariri e funzionari di Francia, Egitto e Stati Uniti, Nasrallah ha fatto arrivare il messaggio che “dal punto di vista di Hezbollah l’evento era terminato”. “Abbiamo ricevuto messaggi dal Libano attraverso paesi terzi, in cui ci veniva chiesto di porre fine ai combattimenti – ha spiegato la fonte della Difesa – A quel punto per noi era chiaro che Nasrallah voleva concludere lo scontro finché poteva ancora uscirne salvando l’onore. La cosa non ci disturba, una volta che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. La sintesi finale è che Hezbollah ci ha chiesto di fermarci”.

Naturalmente, lunedì alti esponenti di Hezbollah hanno sostenuto alla tv Al-Mayadeen che Israele mente quando dice di non aver subito vittime. La tv Al-Manar ha trasmesso immagini di celebrazioni nel sud del Libano, con bandiere di Hezbollah e attivisti con altoparlanti sulle auto che inneggiavano alla “vittoria conseguita contro il nemico israeliano”, dicendo che “ora è Israele quello che ha paura e subisce la deterrenza”. “In realtà – ha commentato un ufficiale israeliano – in un paese come Israele non si potrebbe tenere nascosti dei veri feriti per più di mezz’ora”. “Il fatto che Nasrallah ha mancato l’obiettivo e non ha ucciso nessun israeliano ha salvato Hezbollah da una destante distruzione del suo programma missilistico di precisione – ha detto un altro ufficiale, citato dalla tv Canale 12 – I nostri aerei erano già pronti in volo”.

Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane, Jonathan Conricus, ha affermato lunedì che l’esercito considera terminato domenica sera “l’evento tattico sul campo”, ma che permane la più ampia minaccia strategica rappresentata da Hezbollah ai confini.
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Messaggioda Berto » lun set 09, 2019 7:08 am

Il grande piano di Trump per scendere a patti con l'Iran
Lorenzo Vita
3 settembre 2019

https://it.insideover.com/politica/il-g ... 7oIRID6KHQ

Gli Stati Uniti di Donald Trump non vogliono una guerra con l’Iran. E il presidente degli Stati Uniti, nonostante la decisione di strappare l’accordo sul programma nucleare iraniano, l’ha dimostrato con molti episodi. La sua è una strategia da commerciante, tesa a rompere con i vecchi schemi diplomatici, provare a rovesciare il tavolo delle trattative, mostrare i muscoli. Ma alla fine di tutto, l’obiettivo è sedersi intorno a un tavolo e scendere a patti che siano il più possibile utili agli interessi americani.

Americani, non degli alleati. Ed è questo il nodo fondamentale da cui si può comprendere la strategia del capo della Casa Bianca in Medio Oriente (e non solo). Una strategia che non piace soprattutto a Israele, visto che da tempo è terrorizzato dall’idea che il presidente americano possa scendere a compromesso con Teheran dopo che la scelta di aver infranto l’accordo del 5+1 aveva fatto pensare a un leader particolarmente avverso ai piani della Repubblica islamica.

Negli ultimi mesi, le dinamiche del Golfo Persico hanno fatto ritenere a molti che Trump fosse pronto a scatenare una guerra. Niente di più falso. Il governo Usa non vuole un conflitto in Medio Oriente proprio perché l’amministrazione repubblicana guidata da The Donald è il frutto di anni di strategia americana di “ripiego”. Una ritirata strategica che non significa declino di un impero come molti, impunemente, continuano a credere. L’America non sta crollando, sta semplicemente modificando i propri programmi rispetto agli ultimi decenni, quando pensava di poter controllare il mondo facendo da “gendarme”. Gli Usa di Trump preferiscono invece concentrarsi su loro stessi e individuare alcuni obiettivi in cui poter colpire o tutelare i propri interessi nazionali nel modo più rapido ed efficace possibile. Da qui la richiesta ai Paesi Nato di aumentare la propria spesa militare, la scelta di provare alleanze regionali sul modello atlantico, i ritiro parziale dalla Siria e l’idea invece di impegnarsi in maniera diretta nel Pacifico per fermare l’ascesa della Cina. Un cambio di strategia, dal Medio Oriente all’Estremo (Occidente per gli Usa), che significa anche un minore interesse dello scacchiere arabo e mediterraneo.

Per fare questo però gli Stati Uniti hanno bisogno di terminare nel più breve tempo possibile le varie escalation e guerre avviate dalle amministrazioni precedenti e da quella attuale. Il che significa in particolare tutti i conflitti mediorientali in cui gli Usa sono coinvolti e che Trump vuole interrompere per garantire i proprio strateghi sul fatto che quelle aree di crisi possono essere definitivamente monitorate dai propri partner regionali e internazionali con gli Stati Uniti che coordinano i vari piani. E l’Iran, in questo senso, è lo snodo strategico principale. Una volta messo in sicurezza lo stretto di Hormuz, in cui gli Stati Uniti vogliono che i Pasdaran non abbiano più il potere di controllare il flusso mercantile, adesso il problema è a monte: è Teheran. E per farlo, Washington deve scendere a patti con la Repubblica islamica. Trump lo vuole, lo vogliono alcuni consiglieri, ma non lo vuole gran parte dello Stato profondo e soprattutto due partner regionali: Israele e Arabia Saudita. In particolare il primo, preoccupato dal fatto che un Trump che si accorda con l’Iran indicherebbe di fatto una sconfitta strategica dopo che aveva sperato che l’attuale governo Usa fosse marcatamente a sostegno di qualsiasi piano dello Stato ebraico.

Le cose però sono cambiate in questi ultimi mesi. E sia Trump che il Pentagono stanno modificando i propri piani mediorientali e la percezione che hanno degli obiettivi israeliani. Gli Stati Uniti vogliono garantire al loro principale alleato mediorientale di poter avere il massimo da queste tensioni. Hanno accettato le linee rosse di Benjamin Netanyahu così come sanzionato in ogni modo Hezbollah e e i Guardiani della Rivoluzione, vere colonne della strategia iraniana nel mondo. Ma se l’obiettivo americano è quello di evitare guerre e coinvolgimenti diretti “boots on the ground”, sono molti gli israeliani ad aver paura che quanto sia accaduto con Kim Jong-un possa accadere anche Hassan Rouhani, Ali Khamenei e gli altri leader iraniani. La famosa carta coreana giocata dagli Usa per la crisi iraniana potrebbe quindi tradursi in una soluzione coreana anche per Teheran. Soluzione che però significherebbe di fatto la garanzia di sopravvivenza di un sistema che Israele non vuole che continui a mettere in atto la sua strategia.

La conferma di questa nuova posizione americana si vede da almeno tre episodi. Il G-7 di Biarritz, con l’arrivo “a sorpresa” di Mohammad Zarif, era stato il primo segnale. Trump aveva parlato con Emmanuel Macron il giorno prima e il capo dell’Eliseo aveva fatto capire al presidente statunitense di essere pronto a portare avanti il proprio dialogo con Teheran. Trump ha accettato. L’escalation nel Golfo Persico, con l’operazione Sentinella per monitorare Hormuz, è servita a mettere le cose in chiaro. Il Pentagono è pronto a colpire: ha la pistola puntata sull’Iran. Ma nello stesso tempo, Washington non vuole una guerra e, una volta rassicurati gli alleati, farà di tutto per evitare una guerra.

Il secondo segnale è arrivato a livello diplomatico nel dialogo con la Russia e con le parole dello stesso capo della Casa Bianca. Trump ha aperto, ancora una volta, al Cremlino nel G-7. E questo significa anche la volontà di dialogare con l’Iran. La Russia ha rapporti eccellenti con l’Iran, ma è soprattutto intenzionata a evitare escalation in Medio Oriente che colpirebbero la strategia siriana. Trump sa che Putin si gioca tutto in quella guerra e nella sua fine e il raid a Idlib è stato anche un messaggio lanciato verso tutti i contendenti. Gli Stati Uniti ci sono e possono incendiare nuovamente Siria e Iraq. Ma non hanno interesse a farlo. America First significa anche questo: evitare guerre in giro per il mondo se l’interesse primario si chiama Pacifico.

Ed è proprio questo il punto che preoccupa Israele. Netanyahu ha già fatto capire di non avere interesse a vedere le truppe Usa ritirarsi dal Medio Oriente. Vuole continuare l’assedio all’Iran evitando che la strategia di Teheran prenda piede con la cosiddetta “mezzaluna sciita”. Terrorizzato dall’idea che gli alleati della Repubblica islamica giungano al Mediterraneo,. il governo israeliano sta facendo di tutto. Anche raid che hanno colpito le postazioni di Hezbollah in Iraq (con l’ira del Pentagono) e gli ultimi missili in Libano. Le tensioni preoccupano sia Francia che Stati Uniti, che adesso dialogano a tutto tondo. Ma la diplomazia di Trump corre. Mike Pompeo è pronto a scendere a patti con gli Houti in Yemen; spera nel patto con i Talebani per ritirarsi dall’Afghanistan e mettere fine a un disastro ormai ventennale; e adesso è lo stesso presidente Usa a volere un nuovo accordo con l’Iran. E lo Stato ebraico è preoccupato che il presidente americano possa accettare un accordo come quello del 2015.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » lun set 09, 2019 7:08 am

Israele deve portare la guerra in Iran per affrontare il problema alla radice
Maurizia De Groot
Settembre 8, 2019·

https://www.rightsreporter.org/israele- ... WbnAG75YpQ

Perché gli israeliani devono stare nei rifugi antiaerei mentre gli iraniani stanno tranquilli nelle loro case? Se lo chiede Gilad Sharon, figlio di Ariel Sharon in un articolo pubblicato questa mattina su Yediot Aharonot.

Sharon ricorda che gli iraniani sono dietro i recenti attacchi contro Israele provenienti da Gaza, Libano e Siria, ma ricorda anche che Israele punisce solo gli esecutori e non chi quegli attacchi li ha ordinati.

«Questo deve cambiare» scrive Gilad Sharon. «Perché gli israeliani devono essere costantemente minacciati da attacchi ordinati e finanziati dall’Iran mentre gli iraniani se ne stanno al caldo nelle loro case?».

«Israele è un paese evoluto e sofisticato, in grado di organizzare attacchi in Iran e altrove» scrive ancora il figlio di Ariel Sharon.

«All’Iran non importa nulla se ad essere uccisi dal fuoco israeliano sono i civili di Gaza, i civili libanesi o quelli siriani. A loro non importa dei civili, anzi, all’Iran va bene che a pagare il prezzo delle loro azioni siano i civili di Gaza, ma quando si tratta dei civili iraniani il discorso cambia».

Secondo Sharon l’Iran deve sapere che se sponsorizza attacchi contro Israele anche i suoi civili saranno in pericolo, che non saranno al sicuro. Se l’Iran non attacca Israele, Israele non attaccherà l’Iran. Ma se al contrario l’Iran attacca Israele deve sapere che anche Israele attaccherà l’Iran.

«Perché le truppe IDF dovrebbero essere minacciate ai confini con il Libano e Gaza, mentre i soldati iraniani sono al sicuro nel loro paese? E se un cittadino che vive a Sderot deve sedere in un rifugio antiaereo, perché un cittadino iraniano dovrebbe stare al sicuro nella sua casa?» si chiede il figlio di Ariel Sharon.

Finanziare le milizie sunnite

Poi Sharon lancia una proposta ardita proponendo di armare e finanziare le milizie sunnite contrarie all’Iran. «Se Tel Aviv o Haifa sono minacciate, perché le persone dovrebbero camminare liberamente a Teheran? Non mancano le milizie sunnite nemiche dell’Iran: orchestrate attacchi contro di noi? Noi orchestriamo attacchi contro di voi, semplici e simmetrici».

Una velata critica a Netanyahu

Secondo Gilad Sharon la risposta di Israele al lancio di missili da Gaza è debole e viene giustificata con la scusa della minaccia sul fronte settentrionale. Ma sia le minacce sul fronte sud che quelle sul fronte nord sono figlie dello stesso male: l’Iran. Un attacco alla fonte di questo male sarebbe molto più efficiente delle deboli risposte verso Hamas e anche verso Hezbollah.

Gli iraniani non sarebbero in grado di accettare attacchi diretti al loro paese così come gli israeliani non dovremmo essere in grado di accettarli dando risposte deboli.

Sharon sostiene che tutti dovrebbero pagare, sia chi preme il grilletto che chi lo ordina. Non dovrebbero essere solo Hamas ed Hezbollah a pagare, non dovrebbe essere solo Gaza, il Libano o qualche villaggio in Siria a pagare, ma dovrebbero essere direttamente coloro che organizzano tutto questo, cioè gli iraniani.

Sharon propone quello che l’intelligence propone ormai da tempo

Quanto scritto questa mattina da Gilad Sharon è esattamente quanto l’intelligence israeliana propone ormai da tempo, cioè passare dalla difesa passiva ad una difesa decisamente attiva. I raid su obiettivi iraniani in Libano, in Siria e persino in Iraq non stanno fermando la macchina iraniana che, anzi, si rafforza ogni giorno di più.

Israele dispone dei mezzi necessari a colpire il nemico direttamente al cuore, dispone degli apparati necessari a organizzare un contrattacco per mezzo di milizie sunnite direttamente in territorio iraniano. È ora di portare la guerra in Iran, di affrontare il problema alla radice. È ora di smetterla di subire solamente e di infliggere al nemico colpi ben assestati prima che sia troppo tardi.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » lun set 09, 2019 10:01 pm

REPORT: OBAMA SPIAVA LE MOSSE ISRAELIANE CONTRO L'IRAN
Marco Loriga


https://www.facebook.com/noicheamiamois ... __tn__=K-R


Che Obama avesse la passione di spiare i suoi alleati o i suoi connazionali è cosa risaputa. I personaggi messi sotto controllo vanno dalla Merkel a Trump, quando quest’ultimo era ancora candidato, aggiungendo anche l’antipatia nei confronti del Premier israeliano Netanyahu.

Ma a quanto si apprende dal New York Times in un lungo articolo di qualche giorno fa, ripreso poi dal sito Breitbart, l’amministrazione Obama spiava Israele e le IDF già prima di concludere l’accordo con l’Iran sul nucleare (JCPOA) del 2015.

Il JCPOA, accordo concluso durante il secondo mandato con John Kerry come Segretario di Stato – in quanto la precedente Hillary Clinton fu sempre e, giustamente, contraria – aveva degli obbiettivi specifici:

- Pensare (non si sa se in buona fede o in maniera superficiale) che l’Iran avrebbe cambiato atteggiamento una volta dato semaforo verde per il nucleare a uso civile e libera dalle sanzioni

- Depotenziare l’Arabia Saudita come leader regionale mettendoli un avversario per riequilibrare le forze e lasciar fuori gli Stati Uniti dagli affari mediorientali

- Appoggiare indirettamente gli sciiti e la fratellanza musulmana, avversari dei paesi del Golfo (tranne il Qatar) creando così tensioni all’interno dell’Islam e della confessione sunnita

- Fare un dispetto a Israele e al suo sgradito premier, confermando il suo astio nelle sedi ONU

Come scrive il NYT, prendendo la testimonianza di alcuni funzionari americani, israeliani ed europei, la paura dell’amministrazione Obama fu quella che gli Stati Uniti si sarebbero trovati invischiati in una guerra a causa dei possibili raid israeliani in Iran, che avrebbero rallentato o annullato l’accordo sul nucleare.

Le IDF nel periodo precedente l’accordo avevano svolto missioni di ricognizione segrete e clandestine con dei droni sull’Iran settentrionale partendo dalle basi in Azerbaigian.

Il paese musulmano turcofono, situato tra il Caucaso e il Mar Caspio, confina a sud con l’Iran ed ha acquistato diversi droni israeliani negli anni come l’Hermes 450, l’Heron, lo Harop, il Searcher e i più piccoli e leggeri Orbiter e Aerostar che produce su licenza.

E’ stata accusata per aver utilizzato lo Harop, un drone kamikaze con testata esplosiva, nel conflitto mai concluso con la confinante Armenia del Nagorno Karabakh, uccidendo soldati armeni diretti con un bus militare nella zona di confine.

Durante le missioni di ricognizione in Iran per verificare l’attività nucleare iraniana, le IDF avevano programmato tutto in maniera dettagliata, prendendo le precauzioni del caso come la tipologia del terreno, l’intensità della luce del giorno e della notte più alta o bassa a seconda del mese per futuri raid aerei e quando si sarebbero potute verificare eventuali tempeste di sabbia per poterle evitare. Missioni sia fotografiche che meteorologiche.

La cosa che scatenò l’indignazione di Netanyahu fu il fatto che Israele era stato tenuto all’oscuro di tutto sull’accordo iraniano. L’amministrazione Obama approvava il budget di spesa per la difesa israeliana (senza però sbloccarla, solo con l’amministrazione attuale fu approvata) e intavolava accordi con il suo più grande nemico, tanto che Netanyahu dichiarò:

“l’accordo sarebbe il massimo del tradimento. Israele è il più stretto alleato degli USA e loro negoziano alle nostre spalle con il nemico”

L’amministrazione Obama, durante i colloqui con l’Iran, spiava i movimenti delle IDF in Azerbaigian e le telefonate tra i membri del Congresso americano, avversi agli ayatollah, e i leader israeliani in modo da poter informare l’intelligence sulle pressioni che Gerusalemme avrebbe potuto fare contro la buona riuscita del futuro accordo e di conseguenza prendere le contromisure necessarie.

Ora l’Iran è più aggressivo di prima con i suoi proxy, impegnati tra Siria, Libano, Iraq e Yemen. Nel Golfo Persico compie atti di pirateria verso i cargo di altre nazioni.

Il risultato che ne è scaturito è la strana alleanza tra i sauditi e gli alleati del Golfo con Israele per riuscire a neutralizzare l’aggressività sciita e della fratellanza musulmana, verso cui Obama con questi ultimi ha dimostrato di avere un rapporto speciale nei salotti di Chicago.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » sab set 14, 2019 8:15 am

La politica estera filo-iraniana e anti-israeliana della Germania
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York.
11 settembre 2019

https://it.gatestoneinstitute.org/14866 ... FJ5tutsoWA

La Germania è stata decisamente ostile a Israele negli ultimi anni. Nel maggio del 2016, la Germania approvò una risoluzione delle Nazioni Unite particolarmente deplorevole che indicava Israele, in occasione dell'Assemblea annuale dell'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), come unico violatore mondiale della "salute mentale, fisica e ambientale". Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier si è ingraziato il regime iraniano e altri nemici di Israele. Nella foto: il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif incontra Steinmeier (all'epoca ministro degli Esteri tedesco) a Teheran, il 3 febbraio 2016. (Fonte dell'immagine: Tasnim/Wikimedia Commons)

Un alto diplomatico tedesco incaricato di guidare un sistema dell'UE che prevede una sorta di baratto che consentirebbe alle aziende europee di eludere sanzioni statunitensi all'Iran si è dimesso dopo aver rilasciato un'intervista in cui criticava l'esistenza di Israele ed elogiava il programma di sviluppo di missili balistici di Teheran.

L'episodio – l'ultimo di una serie di eventi che hanno messo a nudo il fondamento anti-israeliano della politica estera tedesca – è un'imbarazzante battuta d'arresto per il governo tedesco e complicherà i suoi sforzi per salvare l'accordo sul nucleare iraniano.

Il 71enne Bernd Erbel, ex ambasciatore tedesco in Iraq e in Iran, ha dichiarato che non assumerà la leadership di Instex, un meccanismo di pagamento per agevolare gli scambi commerciali con Teheran, dopo che il quotidiano Bild, l'8 agosto, aveva pubblicato i contenuti di una lunga intervista rilasciata da Erbel a Ken Jebsen, un giornalista radiofonico tedesco di origine iraniana che lo ha definito un "teorico della cospirazione" e un "antisemita".

Nell'intervista di due ore e mezza, Erbel ha detto che Israele è stato fondato "a spese di un altro popolo" e ha affermato che "i palestinesi sono vittime delle nostre vittime". Ha poi aggiunto che "se lo Stato ebraico fosse stato fondato in Prussia, allora il problema palestinese non sarebbe esistito".

Secondo l'ex ambasciatore, lo Stato ebraico è "più che mai un corpo estraneo nella regione" e per motivi "psicologici" Israele è incapace di empatia.

Nell'intervista, Erbel ha difeso l'Iran dichiarando che "l'ultima volta che le truppe iraniane attraversarono il confine con un altro paese a fini di aggressione" fu nel XVIII secolo, quando l'Iran invase l'India. E Bild ha osservato che

"Le truppe iraniane sono in guerra in Iraq dal 2003, e dal 2011 in Siria, sostenendo i miliziani Houthi in Yemen e a Gaza, Hamas, la Jihad islamica palestinese e Harakat al-Sabireen; le Guardie rivoluzionarie insieme a Hezbollah nel sud della Siria lanciano razzi contro Israele – tutte queste azioni militari offensive da parte delle truppe iraniane all'estero non vengono menzionate da Erbel".

L'alto diplomatico ha elogiato i successi ottenuti da Hezbollah con il sostegno di Teheran nella guerra del Libano del 2006:

"Diversi paesi arabi manifestarono un incredibile entusiasmo per il fatto che per la prima volta Israele venne davvero insidiato. Era qualcosa di molto, ma molto insolito, ma estremamente importante, a livello psicologico, vedere l'esistenza di forze che si oppongono con successo a Israele. Era qualcosa che, ad esempio, fu fonte di giubilo negli ambienti più borghesi in Egitto. Pertanto, fu una novità".

Erbel ha inoltre difeso il programma di sviluppo di missili balistici iraniano:

"Nel 2015, c'era una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che vietava all'Iran di testare i missili balistici. Dopo l'accordo sul nucleare, questa risoluzione venne modificata e si limita a chiedere che l'Iran eviti tali test se i missili possono essere dotati di testate nucleari. La richiesta può essere o meno ottemperata, dipende dalle condizioni generali, e le condizioni per l'Iran si sono notevolmente deteriorate dalla conclusione dell'accordo sul nucleare".

Dopo la pubblicazione dell'intervista rilasciata a Bild, un portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha dichiarato che Erbel non avrebbe assunto la leadership di Instex per "motivi personali". Il portavoce ha aggiunto che il ministero degli Esteri "non era a conoscenza" delle interviste di Erbel e che le sue opinioni erano personali e non rappresentano la posizione del governo.

La Germania, di fatto, è stata decisamente ostile a Israele negli ultimi anni. Nel 2018, ad esempio, su 21 risoluzioni delle Nazioni Unite contro Israele, la Germania ne ha approvate 16, astenendosi per quanto concerne le altre quattro. Nel maggio 2016, la Germania approvò una risoluzione dell'ONU particolarmente deplorevole, promossa dal gruppo dei Paesi arabi e dalla delegazione palestinese, che indicava Israele, in occasione dell'Assemblea annuale dell'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), come unico violatore mondiale della "salute mentale, fisica e ambientale".

In effetti, gran parte dell'establishment politico tedesco sembra essere fondamentalmente anti-israeliano. Nel marzo scorso, ad esempio, il Bundestag tedesco ha respinto in modo schiacciante una risoluzione presentata dal Partito Liberale Democratico (FDP) per spingere il governo della cancelliera Angela Merkel a ribaltare i precedenti delle votazioni contro Israele alle Nazioni Unite. Con 408 voti contrari, 155 favorevoli e 65 astensioni, il parlamento federale tedesco ha bocciato l'invito del FDP rivolto al governo di "prendere esplicitamente le distanze dalle iniziative unilaterali, motivate innanzitutto politicamente e dalle alleanze dei paesi membri delle Nazioni Unite contrari a Israele e proteggere Israele e i suoi legittimi interessi dalla condanna unilaterale".

Nel giugno scorso, il Bundestag ha respinto una risoluzione non vincolante per mettere al bando Hezbollah, l'organizzazione appoggiata dall'Iran. La risoluzione, promossa dal partito conservatore Alternativa per la Germania (Afd), è stata respinta da tutti i partiti mainstream. L'autrice della risoluzione, la parlamentare dell'AfD Beatrix von Storch, ha dichiarato:

"Hezbollah è un'organizzazione terroristica. Il governo di Berlino afferma che è necessario distinguere tra un'ala politica e legittima di Hezbollah e una terrorista. Questo non ha senso per noi né per gli elettori.

"L'obiettivo di Hezbollah è la distruzione di Israele e degli ebrei, e non dovremmo offrire loro un rifugio sicuro per nascondersi in Germania e finanziare dal nostro paese la loro lotta armata in Libano contro Israele".

L'ala "militare" di Hezbollah è stata messa al bando in Germania nel 2013, ma alla sua ala "politica" è consentito di raccogliere fondi nel paese. Alcuni paesi, tra cui Israele, Gran Bretagna e Stati Uniti e diversi Stati arabi sunniti, non ravvisano alcuna distinzione tra l'ala militare e quella civile di Hezbollah e hanno accusato il gruppo di destabilizzare il Medio Oriente.

Si ritiene che Hezbollah abbia più di mille operativi in Germania, secondo la BfV, l'agenzia di intelligence interna tedesca. Ma la Germania non dichiarerà il movimento di Hezbollah organizzazione terroristica perché, come asserito dal funzionario del ministero degli Esteri, Niels Annen, "ci concentriamo sul dialogo".

A febbraio scorso, in occasione del 40° anniversario della Rivoluzione islamica, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier si è congratulato, "anche a nome dei miei compatrioti", con il regime iraniano, che cerca di distruggere Israele. La mossa, giustificata da gran parte dell'establishment tedesco come "usanza diplomatica", ha suscitato indignazione nell'opinione pubblica tedesca.

Con l'hashtag "#non nel mio nome", il ricercatore esperto di islamismo Ahmad Mansour ha twittato:

"Lo stesso Steinmeier non si è rifiutato di congratularsi con Trump? Perché fissa standard diversi per l'Iran? L'Iran è il campione mondiale di esportazione dell'antisemitismo, è attivamente coinvolto nell'uccisione di ebrei, di migliaia di persone in Siria, e di omosessuali nel proprio paese".

Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale degli ebrei di Germania, ha osservato:

"Per quanto concerne il telegramma di congratulazioni del presidente tedesco per l'anniversario della rivoluzione iraniana, la diplomazia di routine sembra aver soppiantato il pensiero critico. (...) Se fosse necessario congratularsi per questo anniversario, il presidente avrebbe potuto almeno trovare parole di critica al regime".

Steinmeier si era già ingraziato i nemici di Israele. Nel gennaio del 2006, da ministro degli Esteri tedesco, sollecitò la formazione di un governo a Gaza guidato da Hamas. Nel giugno del 2008, presiedette una conferenza a Berlino che invocava la distruzione di Israele.

Nel dicembre del 2016, Steinmeier appoggiò una risoluzione delle Nazioni Unite che invitava Israele a porre fine "immediatamente e completamente" a ogni attività concernente gli insediamenti "nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est". La risoluzione affermava che le Nazioni Unite non avrebbero accettato "alcuna modifica" rispetto alle linee del cessate il fuoco tracciate il 4 giugno 1967, "che includono Gerusalemme".

Nel maggio del 2017, durante la prima visita di Steinmeier nello Stato ebraico da presidente tedesco, lo statista redarguì pubblicamente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e in seguito depose una corona di fiori sulla tomba del defunto leader palestinese Yasser Arafat, acerrimo nemico di Israele.

Nel settembre del 2018, dopo mesi di tentativi, l'ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, Richard Grenell, riuscì a fare pressione su Berlino per impedire all'Iran di prelevare 300 milioni di euro in contanti dai conti bancari in Germania per compensare l'effetto delle sanzioni statunitensi. "L'Iran è il principale Stato sponsor del terrorismo a livello globale", ha dichiarato Grenell. "Dobbiamo essere vigili".

Intanto, la Germania continua a erogare annualmente milioni di euro a organizzazioni che promuovono il movimento anti-israeliano (per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) BDS e le campagne "legali", l'antisionismo, l'antisemitismo e la violenza, secondo NGO Monitor.

Nel 2008, la cancelliera tedesca Angela Merkel dichiarò che la sicurezza di Israele "non è negoziabile" e, nel 2018, il ministro degli Esteri Heiko Maas disse di essere entrato in politica "a causa di Auschwitz". In pratica, tuttavia, la Germania sembra costantemente dare priorità alle sue relazioni con i nemici di Israele.

Instex (Strumento a sostegno degli scambi commerciali) è stato creato il 31 gennaio 2019 da Germania, Francia e Regno Unito per salvare il Piano Congiunto di Azione Globale (JCPOA), noto come accordo sul nucleare iraniano, dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall'accordo e hanno reimposto le sanzioni a Teheran. Il presidente americano Donald J. Trump, criticando l'accordo sul nucleare, ha rilevato che "in pochissimi anni, saranno in grado di costruire armi nucleari".

Instex, un'iniziativa del ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, consentirebbe il commercio europeo con l'Iran nonostante le sanzioni statunitensi. Agevolerebbe un sistema di scambio con l'Iran basato sul baratto di prodotti farmaceutici e alimentari, ma Teheran ha ribadito più volte che Instex deve includere il commercio del petrolio affinché il meccanismo abbia un senso economico.

Sette mesi dopo la sua creazione, Instex rimane non operativo, in parte perché l'Iran non è ancora conforme agli standard giuridici internazionali per prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
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