Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

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Messaggioda Berto » dom gen 31, 2021 5:59 pm

INDIA, ESPLOSIONE VICINO AMBASCIATA ISRAELE: RINVENUTA LETTERA CHE CITA I "MARTIRI" DELL'IRAN
31 gennaio 2021

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 4243071244

Una lettera che cita il “martire” Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds dei Guardiani della rivoluzione islamica ucciso in un raid aereo Usa in Iraq, è stata rinvenuta sul luogo dell’esplosione avvenuta venerdì scorso, 29 gennaio, nelle vicinanze dell’ambasciata di Israele a Nuova Delhi, in India.
Lo riporta il quotidiano indiano “The Siasat Daily”, secondo cui nella lettera è citato anche il “martire” Mohsen Fakhrizadeh, generale e figura di primo piano del programma nucleare iraniano, ucciso lo scorso novembre in un attacco armato nella provincia iraniana di Damavand. Nella missiva si legge anche che l’esplosione è “solo un'anticipazione”.
Secondo quanto riporta il quotidiano indiano, la polizia di Nuova Delhi è entrata in possesso di un video che ritrae due persone scendere da una macchina e avvicinarsi all’ambasciata. Il conducente sarebbe stato identificato mentre sono in corso le ricerche dei due sospetti per accertare un loro eventuale coinvolgimento nell’esplosione. Oggi una squadra di investigatori da Israele è giunta sul posto per aiutare nelle indagini. L'esplosione registrata ieri ha danneggiato alcune automobili ma non provocando alcun ferito o vittima. Secondo la polizia locale l’esplosione è stata provocata da un “ordigno esplosivo improvvisato a intensità molto bassa” che ha distrutto i finestrini di tre automobili vicine. Dopo l’evento il quartiere è stato chiuso e le forze di polizia e gli artificieri si sono recati sul posto
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » sab feb 13, 2021 10:54 am

L'Iran minaccia la terza guerra mondiale: "non è colpa nostra se dobbiamo costruire una bomba nucleare ..."
12 febbraio 2021

https://www.islamnograzie.com/liran-min ... -nucleare/

L’Iran minaccia la terza guerra mondiale: “non è colpa nostra se dobbiamo costruire una bomba nucleare …”

Anche se gli Stati Uniti sono ora sotto una nuova amministrazione, permangono tensioni con l’Iran sulle armi nucleari, che potrebbero intensificarsi in una potenziale guerra mondiale 3 se non risolta. I timori di un conflitto aperto permangono, poiché l’Iran ha ora avvertito che produrrebbe testate nucleari se fosse costretta da altri paesi.

Parlando con la stampa iraniana, il ministro dell’Intelligence del paese Mahmoud Alavi ha dichiarato che non sarebbe colpa dell’Iranse se si vuole apportare modifiche al suo programma nucleare . Alavi ha spiegato che la produzione di armi nucleari è contro la loro fede islamica, tuttavia, se fossero sotto pressione, sarebbero costretti ad agire. Alavi ha ribadito che il programma nucleare del paese è pacifico e che la nazione islamica non ha intenzione di sviluppare il proprio arsenale nucleare.

“La leadership dell’Iran ha dichiarato esplicitamente che la produzione di armi nucleari è contro la sharia e la Repubblica Islamica la proibisce. Tuttavia, se un gatto viene messo in un angolo, potrebbe agire come non avrebbe agito mentre era libero”, ha detto Alavi.

Come Alavi ha sottolineato la natura pacifica del programma nucleare del paese, ha anche osservato che la situazione attuale non è normale a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. Alavi ha poi chiesto la revoca delle sanzioni contro l’Iran. Il portavoce del paese ha anche chiesto un risarcimento per le perdite subite durante il periodo delle sanzioni. Lunedì, il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran Saeed Khatibzadeh ha detto che affinché l’Iran aderisca all’accordo sul nucleare, gli Stati Uniti devono fare la prima mossa per rientrare nell’accordo sul nucleare del 2015. Donald Trump ha ritirato gli Usa dall’accordo durante il suo mandato.

Le tensioni dell’Iran con Israele sullo stesso tema delle armi nucleari sembrano essere peggiorate negli ultimi giorni. Gli ispettori dell’ONU hanno trovato tracce di materiale radioattivo nei siti nucleari della nazione islamica, il che ha ora spinto il primo ministro del paese Benjamin Netanyahu a incontrare funzionari dell’esercito per discutere di un possibile attacco all’Iran.

I media israeliani hanno riferito che Netanyahu ha incontrato il ministro della Difesa Benny Gantz, il capo di stato maggiore Aviv Kochavi e altri funzionari dei ministeri della Difesa e delle Finanze per parlare dell’assegnazione di fondi per finanziare le potenziali operazioni contro l’Iran.
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Re: Iran, ebrei en Iran, persecusion, goera a Ixrael

Messaggioda Berto » dom mar 07, 2021 9:56 pm

Israele: «se il mondo ferma l’Iran bene, altrimenti ci penseremo noi»
6 marzo 2021

https://www.rightsreporter.org/israele- ... eremo-noi/

Israele non starà con le mani in mano mentre l’Iran costruisce la bomba atomica. Questo è il messaggio senza fraintendimenti che ha lanciato il Ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, in una intervista esclusiva a Fox News.

«L’esercito israeliano sta aggiornando i piani per colpire i siti nucleari iraniani ed è pronto ad agire in modo indipendente» ha detto Gantz.

Se il mondo riesce a fermare l’Iran va molto bene, ma se non lo fa, dobbiamo essere in grado di difenderci da soli
Benny Gantz alla Fox News

«Se il mondo riesce a fermare l’Iran va molto bene» ha aggiunto il Ministro della Difesa israeliano, «ma se non lo fa, dobbiamo essere in grado di difenderci da soli».

Secondo Gantz Israele ha identificato numerosi obiettivi all’interno dell’Iran che se colpiti sarebbero in grado di rallentare la corsa di Teheran alla bomba atomica.

Mai come questa volta Israele è deciso a ricorrere a qualsiasi mezzo pur di fermare l’Iran. E a Gerusalemme non basteranno accordi sul modello del JCPOA, per altro ampiamente superato dagli eventi.

L’intervista di Benny Gantz alla Fox News è un segnale molto forte che Gerusalemme spedisce a Washington, un segnale che specifica con chiarezza che le maggiori forze politiche israeliane sono d’accordo su quello che bisogna fare con l’Iran.

Il Presidente Biden non ha molto tempo per decidere cosa fare con l’Iran. Impensabile tornare al JCPOA, non restano molte alternative ad un attacco sulle centrali atomiche e sui laboratori di ricerca iraniani.

L’estrema sinistra democratica spinge molto forte sul Presidente Biden affinché ripercorra la strada di Obama e ceda su tutto il fronte con l’Iran. Non so, in tutta onestà, quanto Biden sia effettivamente attratto da questa disastrosa prospettiva.

Quello che so per certo è che il messaggio di Israele è limpidissimo, concreto e inequivocabile: se il mondo ferma l’Iran ben, altrimenti ci penseremo da soli.

A Washington non facciano l’errore di pensare a una spacconata. A Gerusalemme non scherzano affatto. E il tempo corre veloce.


Iran, se attaccati raderemo al suolo Tel Aviv e Haifa
7 marzo 2021

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... 3eb5e.html

(ANSA) - TEHERAN, 07 MAR - L'Iran ha piani militari per "radere al suolo Tel Aviv e Haifa" in risposta ad un eventuale attacco israeliano. Lo ha detto oggi il ministro della Difesa di Teheran, Amir Hatami, dopo l'aumento delle tensioni degli ultimi giorni e l'avvertimento da parte del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu che il suo Paese è determinato ad impedire all'Iran di dotarsi di armi nucleari.

"La posizione espressa dalla Guida Ali Khamenei alcuni anni fa, che Tel Aviv e Haifa saranno rase al suolo se i sionisti attaccano, è diventata un piano militare", ha detto Hatami. Il ministro della Difesa ha poi detto che per la propria sicurezza l'Iran può fare affidamento sul cosiddetto 'Asse della resistenza', cioè i regimi come quello di Bashar al Assad in Siria e le milizie che operano in vari Paesi del Medio Oriente, come la stessa Siria, il Libano e l'Iraq.
"I sionisti - ha aggiunto Hatami - pronunciano parole più grandi della loro bocca. Ma, come ha detto la Guida, non sono al livello da poter compiere atti ostili contro l'Iran".
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Re: Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » ven giu 25, 2021 6:16 am

Iran e Medioriente - Alcune considerazioni sul nucleare iraniano
David Elber
12 Marzo 2021

http://www.linformale.eu/alcune-conside ... -iraniano/

Che la nuova amministrazione americana fosse decisa a riprendere l’accordo, siglato da Obama, sul nucleare con l’Iran non era un mistero, visto che era già stato preannunciato in campagna elettorale. Ma i risvolti che si stanno delineando dopo poche settimane dall’insediamento di Joe Biden sono inquietanti.

Una prima considerazione che si può fare è sul clima politico in generale, che si sta instaurando con la nuova amministrazione Biden. Già si era capito a pochi giorni dal suo insediamento che per Israele sarebbero stati anni difficili, ma l’accelerazione impressa è davvero preoccupante. Prima c’è stata la decisione della camera pre-processuale del Tribunale Penale Internazionale di consentire l’apertura del procedimento contro Israele. Poi, a poche settimane di distanza, la decisione ufficiale di aprire il “caso” da parte del procuratore capo Fatouh Bensouda. Nel mezzo un altro interessante “accadimento”.

È di una decina di giorni fa la notizia riportata – con relative immagini satellitari – da parte della Associated Press, che presso il reattore nucleare di Dimona si stanno eseguendo dei grandi lavori di sbancamento. Sarebbe interessante sapere come siano arrivate queste informazioni alla Associated Press visto che essa non possiede satelliti spia che stazionano sopra il Medio Oriente. Ovviamente non ci sono conferme ufficiali da parte delle autorità israeliane sulla natura di questi lavori, ma le insinuazioni fatte filtrare dall’agenzia stampa, e riprese e ingigantite da altri giornali, sono che Israele sarebbe intenzionato ad ampliare la capacità del reattore in modo da produrre materiale nucleare con lo scopo di costruire delle testate nucleari. Questa tempistica è piuttosto sorprendente: ora che Israele – assieme a numerosi paesi sunniti del Golfo – stà facendo grosse pressioni affinché l’amministrazione Biden non rinunci alle sanzioni economiche e non ripristini l’accordo nucleare voluto da Obama con l’Iran, compaiono delle immagini che vogliono fare credere chissà quale attività si stia svolgendo a Dimona (per inciso si tratta di una buca della grandezza di un campo da calcio).

Il messaggio, che si intende lanciare, è chiaro: con che coraggio Israele vuole fare pressioni sull’Amministrazione USA contro l’Iran se nel frattempo conduce attività nel proprio reattore nucleare? In pratica gli USA non vogliono che Israele si intrometteta nel dialogo appena iniziato. Già il fatto di equiparare Israele all’Iran è di per sé fuori luogo. Israele è sempre stato aggredito, e le sue guerre sono sempre state difensive. Sia nel 1967 che nel 1973 pur avendo combattuto in entrambi i casi due dure guerre non ha mai utilizzato le armi nucleari che gli vengono attribuite L’Iran, al contrario non ha mai nascosto le sue mire egemoniche: è presente direttamente o indirettamente (tramite milizie paramilitari e gruppi terroristici) in Iraq, Siria, Libano e Yemen. Non si è mai fatto scrupoli nell’attaccare civili israeliani non appena ne ha avuto l’occasione (Buenos Aires, Burgas, New Delhi per citare i casi più eclatanti) tramite i suoi sodali. Inoltre, ci sono stati numerosi casi di attacchi missilistici da parte di Hezbollah e Hamas armati dall’Iran con l’intento esclusivo di colpire i civili. Tutto ciò non ha mai scandalizzato le cancellerie occidentali.

È necessario fare una ulteriore considerazione sul programma nucleare iraniano. Tra le tante lacune dell’accordo firmato nel 2015 ce n’è una particolarmente importante, ed è quella concernente il programma di sviluppo dei missili balistici che da diversi anni Teheran sta’ portando avanti. Questo programma è pericoloso quanto quello nucleare in quanto i missili balistici sono studiati per trasportare le eventuali testate nucleari da lanciare contro Israele, ma non solo. Infatti, i test sin qui condotti dagli iraniani – con l’aiuto della Corea del Nord – hanno dimostrato che essi sono ormai in grado di lasciare missili balistici, con una notevole precisione, su obiettivi posti ad alcune migliaia di chilometri di distanza, quindi ben oltre Israele. Di fatto, gli iraniani sono in grado di minacciare l’Europa.

La cosa che più lascia sconcertati, è che in Europa non ci si preoccupi e non si faccia nulla per bloccare lo sviluppo di questa capacità che, associata al possesso di armi nucleari mette in pericolo l’Europa intera. E’ ben precisare una cosa, l’Europa rispetto ad Israele ha il vantaggio di trovarsi ad una distanza maggiore dall’Iran e quindi ha, teoricamente, più il tempo per proteggersi da un’eventuale attacco. Cosa non da poco, ma proteggersi con cosa? Nessuno Stato europeo separatamente o congiuntamente ha mai investito nulla su un programma anti-missilistico moderno. E qui sta’ la grande differenza con Israele. Infatti, Israele oltre che cercare di impedire che l’Iran si doti di armi nucleari, negli ultimi anni ha portato avanti un programma di difesa missilistica unico al mondo. Ormai tutti conoscono il sistema anti missile Iron Dome. Ma questo sistema è molto efficace solo contro i missili a corto raggio. Contestualmente Israele ha portato avanti un efficace sistema di difesa missilistico contro missili a medio e lungo raggio. Questo vuol dire che Israele è dotato ormai di una protezione contro i missili balistici iraniani, il sistema Arrow. L’ultimo in ordine di tempo è il missile antimissile Arrow 3 che è stato testato con successo in Alaska nel 2019 e ha abbattuto un missile intercontinentale. Si tratta di un sistema ufficialmente operativo per la difesa del paese. In conclusione Israele oggi è dotato – unico paese al mondo – un una difesa antimissile a tre livelli: contro missili a corto raggio (Iron Dome), contro missili a medio raggio (David’ sling, usato con successo contro un missile siriano sopra il Golan nel 2017) e contro missili a lungo raggio (programma Arrow 1 – 2 – 3). A questo si aggiunge un costante miglioramento del sistema radar che permette allo Stato ebraico di localizzare in pochissimi secondi il lancio di un missile in tutto il Medio Oriente.

Con questo sofisticato sistema radar, ormai Israele ha annullato il poco tempo che ha per intercettare un missile e di fatto reso estremamente efficace tutto il sistema di protezione. Di tutto ciò l’Europa è assolutamente priva Però in Europa nessuno si pone con serietà la questione, sembra solo interessata a fare affari con Teheran senza rendersi conto di esser un possibile obiettivo. Gli USA, da parte loro, hanno solo il vantaggio di una maggiore distanza, ma anche questa, prima o poi, si annullerà come hanno dimostrato i lanci di missili della Corea del Nord, tuttavia, anche l’amministrazione Biden sembra interessata ad altro.
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Re: Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » ven giu 25, 2021 6:17 am

L'Iran svela una nuova “città missilistica” sotterranea
Paolo Mauri
15 marzo 2021

https://it.insideover.com/guerra/liran- ... ranea.html

L’Iran ha presentato alla stampa una nuova base militare sotterranea dotata di missili antinave da crociera e balistici, insieme ad attrezzature per la guerra elettronica. La base, la cui localizzazione è al momento ignota, è operata dalle Irgc, le Guardie della Rivoluzione Islamica meglio note come Pasdaran.

Le immagini trasmesse dai canali di propaganda iraniani mostrano file di missili nei loro canister in un deposito dai muri di cemento, insieme a sistemi di lancio mobili schierati all’aperto accompagnati da una serie di sistemi elettronici, probabilmente per la guida degli stessi ma anche per effettuare l’Ew, la Electronic Warfare. La base missilistica è stata inaugurata in una cerimonia alla quale hanno partecipato il comandante in capo delle Irgc, il generale Hossein Salami, ed il comandante della marina delle Irgc, il contrammiraglio Ali Reza Tangsiri, insieme a numerosi altri alti ufficiali.

Secondo la propaganda di Teheran le nuove apparecchiature aumentano le capacità della Marina dei Pasdaran in termini di precisione, livello di danni inflitti, portata e capacità di guerra elettronica. Alireza Tangsiri, ha riferito anche che ora l’Iran possiede le capacità di individuare i segnali elettronici nemici, compresi radar e sistemi per la ricognizione, ed è in grado di effettuare jammig (disturbo dei segnali) e spoofing (simulazione dei segnali). “Quello che vediamo oggi è una piccola parte della grande capacità missilistica in espansione delle forze navali dei Guardiani della Rivoluzione”, ha sottolineato il comandante dei Pasdaran, come riportato anche da Agenzia Nova.

L’anno scorso, era stata annunciata la costruzione di una serie di città-missilistiche sotterranee lungo la costa. Almeno una di queste era stata svelata a novembre quando erano circolate le immagini di un sito per lo stoccaggio ed il lancio di missili balistici. Anche allora la notizia che il regime degli Ayatollah avesse installazioni sotterranee pensate per immagazzinare e lanciare i propri missili non era affatto nuova: la ricognizione satellitare ne aveva individuate alcune, tra cui quella di Khojir, ad est della capitale, e quella Imam Ali, nella parte occidentale del Paese. Il contrammiraglio Tangsiri, lo scorso luglio aveva rivelato in un’intervista che l’Iran ha costruito numerose “città missilistiche” decentrate e gruppi di silos sotterranei, situati lungo le coste del Golfo di Oman e del Golfo Persico, con missili antinave pronti al lancio.

Ora abbiamo avuto modo di “dare uno sguardo” anche all’interno di una base sotterranea dotata di missili antinave di vario tipo. Dalle immagini che ci sono giunte, infatti, è stato possibile riconoscere all’interno della struttura una serie di almeno 170 tra missili da crociera a corto raggio tipo Nasr-1 e a medio/lungo raggio tipo Qader. Nelle immagini esterne, oltre ai veicoli per il lancio degli stessi vettori, è stato possibile riconoscerne altri, con un canister diverso, che molto probabilmente sono in grado di lanciare il nuovo missile balistico antinave Fateh Mubeen che l’Iran ha svelato e testato nel 2018.

Il Nasr-1 è accreditato avere un raggio d’azione di circa 35 chilometri e secondo Teheran avrebbe la capacità di distruggere obiettivi navali da 1500 tonnellate di dislocamento come piccole navi da guerra. Il missile Nasr-1 può essere lanciato sia da terra che da navi militari ed è in corso la sua modifica per essere lanciato da elicotteri e sottomarini.

Nel dicembre 2008 la Marina Iraniana ha testato con successo il Nasr-1 versione superficie-superficie durante la fase finale dell’esercitazione “Unity 87” tenutasi nelle acque del Golfo Persico. Dopo il successo del lancio, il 7 marzo 2010, il ministro della Difesa iraniano ha annunciato l’avvio della linea di produzione in serie dei missili.

Il missile Qader è invece appartenente alla famiglia dei Noor. Più grande rispetto al Nasr-1 ha una gittata di 200/300 chilometri. Anche questo vettore può essere lanciato da sistemi terrestri o navali ed è stati visto montato anche su velivoli F-4 Phantom iraniani.

Una versione del Qader, nel 2019, è stata lanciata con successo da un sottomarino. Un battello della marina iraniana, il Fateh che dà il nome all’omonima classe, a febbraio di quell’anno ha effettuato lanci multipli di questo vettore. È molto probabile che nella base siano presenti anche altri sistemi missilistici come lo Zafar ed il Nasir, quest’ultimo svelato di recente (nel 2017) e di cui non si sa molto se non quanto riportato dalla propaganda iraniana, ovvero che ha un’elevata velocità di crociera, una bassa quota di volo, elevata precisione e capacità anti-jamming grazie al suo radar avanzato.

Ovviamente quanto viene rilasciato dalle fonti ufficiali, così come quello che si può leggere comunemente su altre fonti di accesso comune, non è mai attinente alla realtà, quindi si possono, quando si tratta di missili, fare solo delle stime: basandosi sulle dimensioni, ad esempio, e conoscendo esattamente la gittata di un modello simile ma precedente, è possibile calcolare il raggio d’azione di un nuovo vettore.

Tornando al video, o per meglio dire “ai video” che ci sono giunti tra novembre e oggi, ad impressionare non è tanto il fatto che Teheran abbia dispiegato nuovi sistemi missilistici, ma il numero degli stessi. Ovviamente tutti devono ancora superare “la prova del fuoco” per capire se davvero siano efficaci o meno, ma un attacco di saturazione di missili da crociera e balistici antinave, anche se non dotati degli ultimi ritrovati dell’elettronica occidentale, potrebbe comunque essere un grosso grattacapo per una squadra navale avversaria.
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Re: Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » ven giu 25, 2021 6:17 am

I sostentori italiani dell’Iran
Davide Cavaliere
il 24 Giugno 2021

http://www.linformale.eu/i-sostentori-i ... -delliran/

Nathan Greppi, giornalista che scrive per diverse testate, tra le quali Il Giornale Off e Mosaico, ha redatto un dettagliato rapporto sulla propaganda iraniana in Italia. Il resoconto, intitolato Web, editoria, politica: l’influenza iraniana in Italia, è stato commissionato e pubblicato dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, un centro studi impegnato nella difesa della democrazia liberale e della società aperta.

Muovendo da un fatto acclarato, ovvero dalle importanti relazioni economiche che l’Italia, da decenni, intrattiene con Teheran, l’autore espone nomi e strategie della propaganda iraniana nel Bel Paese, rintracciandone l’origine nella Nuova Destra diffusasi negli anni Ottanta. Gli apostoli del khomeinismo italico sono individui già noti ai lettori de L’Informale, ossia Maurizio Murelli e Claudio Mutti.

Il primo ha fondato la rivista Orion, letta soprattutto nei circoli della destra radicale e facente capo alla Società Editrice Barbarossa, divenuta AGA editrice, attiva ancora oggi e impegnata a diffondere i testi di Aleksandr Dugin, teorico del blocco euroasiatico. Il secondo è il decano della destra filoislamica italiana, sostenitore di un fronte antioccidentale trasversale e marcatamente antisionista. L’autore del rapporto ricorda che Mutti, nei lontani anni Settanta, curò una nuova edizione, la seconda per la precisione, dei Protocolli dei Savi di Sion. Inoltre, ha fondato le Edizioni all’insegna del Veltro.

La rivista Orion ha chiuso i battenti nel 2007, ma solo dopo aver allevato una generazione di militanti convinti della necessità di creare un blocco tra estrema destra ed estrema sinistra, rossobruno, in funzione anticapitalista e antimperialista, cioè antiamericano e anti-israeliano. Pochi anni prima della chiusura di Orion, le casa editrice di Mutti inizia la pubblicazione di Eurasia, rivista trimestrale di geopolitica, la scienza preferita dei rossobruni, con l’obiettivo di portare avendo un’agenda antisionista e filoiraniana dietro al paravento della “scientificità”.

Le posizioni filoiraniane, dunque favorevoli al dittatore Assad e ad Hezbollah, sono state assorbite da nuove riviste digitali, come L’Intellettuale dissidente e L’Antidiplomatico. La linea delle due testate è facilmente intuibile: quello iraniano è un popolo che lotta contro il mondialismo e il potere tentacolare della lobby israeliana. Si tratta di una risciacquatura dei Protocolli. Tutto si tiene.

Greppi non si limita a fare un’indagine nella destra radicale, ma anche nella sinistra post-comunista che, da sempre, vede nell’Iran khomeinista una società alternativa a quella liberale. Basti pensare a Massimo D’Alema, che a Beirut andava a braccetto con un deputato di Hezbollah, longa manus di Teheran in Libano. Non a caso, D’Alema è sempre stato ben disposto verso il Movimento Cinque Stelle che, come sottolinea il report, presenta numerosi membri filoiraniani. Alcuni esponenti del Movimento fondato da Grillo, come ad esempio Luigi Di Maio o Manlio Di Stefano, sono stati oggetto di un vivaci simpatia sulla pagine de L’Intellettuale Dissidente.

Quello dei sostenitori dell’Iran, che sono sempre e inevitabilmente anche putiniani e filocinesi, dunque nemici dell’Alleanza Atlantica, è un partito che unisce gli opposti estremismi, accomunati dall’odio per gli assetti liberali e democratici. È davvero vantaggioso, in nome di interessi commerciali, concedere spazi alla propaganda di una teocrazia repressiva e criminale con una visione neoimperialista fondata sulla violenza, il fanatismo religioso e l’antisemitismo? Il rapporto di Greppi suggerisce di rispondere in modo negativo.
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Re: Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » ven giu 25, 2021 6:17 am

ATTACCO CON DRONI A SITO NUCLEARE IRANIANO.INGENTI I DANNI
Rights Reporter
24 giugno 2021

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 8851246813

Contrariamente a quanto affermavano ieri mattina fonti ufficiali iraniane, l’attacco portato con piccoli droni contro la centrale nucleare di Karaj, a nord-ovest di Teheran, nota come Karaj Agricultural and Medical Research Center, non sarebbe stato affatto sventato.
I media statali iraniani avevano sostenuto che l’attacco era fallito e che “non aveva lasciato vittime o danni e non era stato in grado di interrompere il programma nucleare iraniano”.
Invece, secondo fonti della dissidenza iraniana, l’attacco sarebbe perfettamente riuscito e avrebbe provocato ingenti danni.
Sebbene gli iraniani sostengano che il sito di Karaj venga utilizzato per scopi civili, indagini dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) hanno accertato che viene usato per il programma nucleare militare e per il programma balistico e quindi sottoposto a sanzioni da parte dell’Onu e dell’Unione Europea.
Secondo fonti non verificate l’attacco avrebbe colpito una fabbrica di componenti per le centrifughe usate per l’arricchimento dell’uranio.
Gli iraniani non hanno identificato chi c’è dietro l’attacco ma come sempre hanno accusato Israele.
Questo è solo l’ultimo di una serie di attacchi/incidenti che colpiscono il programma nucleare iraniano dei quali l’Iran accusa lo Stato Ebraico.
Il più clamoroso fu quello che lo scorso mese di aprile colpì l’impianto nucleare sotterraneo di Natanz. Una “misteriosa” esplosione danneggiò seriamente diverse centrifughe.
Solo pochi giorni fa un misterioso incidente aveva colpito la centrale nucleare di Bushehr.
Gli iraniani accusano Israele anche per l’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh, capo del programma nucleare iraniano, ucciso lo scorso mese di novembre.
Se l’attacco con droni di ieri venisse confermato, sarebbe il primo [conosciuto] effettuato con velivoli in territorio iraniano, e sarebbe quindi un grosso [molto grosso] campanello d’allarme per gli Ayatollah.
Israele ha sempre affermato che non avrebbe mai permesso all’Iran di dotarsi di armi nucleari e che avrebbe usato qualsiasi mezzo per farlo. E questo a prescindere dal governo che lo Stato Ebraico avrebbe avuto.


Iran. «Scienziati iraniani aiutarono Israele nel sabotaggio del reattore di Natanz»
Redazione Esteri
giovedì 2 dicembre 2021

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/israele-natanz

Lo rivelano i media. L'esplosione provocò la distruzione del 90 per cento delle centrifughe per l'arricchimento dell'uranio. A Vienna, intanto, l'Iran chiede agli Usa la fine delle sanzioni

L'esplosione lo scorso aprile nell'impianto nucleare iraniano di Natanz fu orchestrata dal Mossad israeliano, che utilizzò una decina di scienziati nucleari iraniani che collaborarono all'operazione che portò alla distruzione del 90 per cento delle centrifughe per l'arricchimento dell'uranio. È quanto rivela il Jewisj Chronicle, che cita fonti anonime a conoscenza della vicenda.
Secondo quanto riporta il Chronicle gli scienziati iraniani non erano consapevoli di lavorare per Israele, ma credevano di collaborare con la loro azione di sabotaggio con vari gruppi di dissidenti in esilio. L'esplosivo usato nell'operazione venne fatto entrare nell'impianto con vari stratagemmi, compresa un'azienda di catering o l'impiego di droni che sganciarono dei pacchi all'interno della struttura.
"Le motivazioni degli scienziati erano le più svariate", ha riferito una fonte al Jewish Chronicle. "Il Mossad individuò ciò che veramente volevano dalle loro vite e glielo offrì. Cèra una cerchia più ristretta di scienziati che erano maggiormente a conoscenza dell'operazione, ed altri che avevano meno informazioni al riguardo ma fornirono il loro aiuto". Dopo l'attacco, ha riferito la fonte, tutti gli scienziati coinvolti sono stati portati al sicuro. Nessuna conferma ufficiale, chiaramente, è giunta alle indiscrezioni pubblicate dai media che si aggiungono alle speculazioni che da mesi circondano l'episodio sul quale le autorità di Teheran hanno sempre tentato invece di tenere un bassissimo profilo.

I colloqui a Vienna

Intanto a Vienna l'Iran ha presentato alle parti europee - riunite in questi giorni a Vienna per cercare di salvare l'intesa sul nucleare- due bozze di parti di quell'accordo, una delle quali chiede la rimozione delle sanzioni, l'altra è su questioni più tecniche. Lo riferisce la stampa iraniana. Non sono noti altri dettagli sulla questione, ma una fonte europea ha confermato la consegna dei due documenti, mentre i mediatori iraniani ostentano "ottimismo". Preoccupazione invece è quella di Israele, che si oppone chiaramente alla ripresa degli accordi sullo sviluppo del nucleare iraniano caldeggiati dagli Stati Uniti di Joe Biden. Mettere fine immediatamente ai negoziati in corso a Vienna tra l'Iran e le potenze mondiali è stata infatti la richiesta del primo ministro israeliano, Naftali Bennett, al segretario di Stato americano, Antony Blinken, citando le violazioni dell'accordo sul nucleare da parte di Teheran documentate anche nell'ultimo rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea).

Secondo una nota diffusa dall'ufficio del primo ministro, Bennett ha chiesto a Blinken di non cedere al «ricatto nucleare» dell'Iran e ha sollecitato una dura risposta da parte delle potenze mondiali. Il leader israeliano ha anche espresso la sua opposizione alla revoca delle sanzioni americane contro l'Iran, perché a suo parere porterebbe un massiccio flusso di denaro nella Repubblica islamica. Settimana prossima è in programma una visita ufficiale a Washington di Benny Gantz. Il ministro israeliano della Difesa ha in programma faccia a faccia con il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, e il segretario di Stato, Antony Blinken. Tema centrale proprio l'Iran.




ISRAELE: PRONTI A PROTEGGERCI SE FALLISCONO NEGOZIATI CON L'IRAN
6 dicembre 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Israele è pronto ad una azione "per proteggersi" dall'Iran nel caso in cui la comunità internazionale non riuscisse a impedire a Teheran di avere armi nucleari: lo ha detto il presidente israeliano Isaac Herzog ricevendo il nuovo ambasciatore Usa, Tom Nides. L'Iran, ha aggiunto Herzog, "è la più grande sfida che Israele e gli Usa hanno davanti". "Stiamo seguendo da vicino i negoziati della comunità internazionale con l'Iran" a Vienna, ha proseguito il capo dello Stato ebraico secondo quanto riporta The Times of Israel.
Poi Herzog ha avvertito: "Siamo pronti ad accogliere positivamente una soluzione diplomatica ampia che risolva la minaccia nucleare iraniana. Ma se non si riuscisse ad arrivare a questa soluzione, sappiate che Israele avrà sempre tutte le opzioni aperte. Se la comunità internazionale non prenderà una posizione vigorosa su questo tema, Israele lo farà. Israele si proteggerà". Da parte sua, l'ambasciatore Usa ha assicurato che Washington è impegnata affinché l'Iran "non sviluppi mai un'arma nucleare".
Secondo i media israeliani, inoltre, il capo del Mossad, David Barnea, è a Washington per sollecitare un'azione militare contro l'Iran, cavalcando il possibile fallimento dei negoziati sul nucleare. Lo scrive il The Jerusalem Post / JPost.com anticipando che Barnea sarà raggiunto giovedì negli Stati Uniti dal ministro della Difesa, Benny Gantz, in visita ufficiale.
Secondo quanto riferito, i colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran sono sull'orlo di un'ennesima crisi. Fonti israeliane ritengono che il loro fallimento potrebbe aiutare a persuadere gli Stati Uniti ad aumentare la pressione su Teheran.
Giovedì scorso, in una telefonata tra il primo ministro Naftali Bennett e il segretario di Stato americano Antony Blinken, Israele ha chiesto agli Usa la "fine immediata" dei colloqui di Vienna sul nucleare iraniano. E oggi Bennett ha lanciato un appello durante la riunione di governo: "Chiedo ad ogni Paese impegnato nei colloqui con l’Iran a Vienna di assumere una rigida linea e chiarire che Teheran non può arricchire l’uranio e al tempo stesso negoziare".
Venerdì scorso, lo stesso Blinken ha affermato che l'ultimo round di colloqui sul nucleare iraniano si è concluso perché la Repubblica islamica “non sembra essere seria”.



Iran, colpita e affondata la fregata Talayieh simbolo della marina iraniana
6 Dicembre 2021

https://video.ilriformista.it/iran-colp ... ana-12634/

La fregata iraniana in costruzione dal 2019 chiamata Talayieh che doveva essere una delle navi significative della marina iraniana – con una pista di atterraggio per elicotteri e molte apparecchiature di intelligence installate al suo interno, è stata colpita e capovolta nel porto di Bandar Abbas, proprio verso la fine della sua costruzione, almeno un morto.


Biden incontra il premier d'Israele: mai arma nucleare all'Iran
Nucleare, stallo nelle trattive di Vienna con l’Iran. Israele, Gantz in missione negli Usa
Teheran chiede che siano gli americani a fare la prima mossa, revocando le sanzioni. Ma intanto accelera nel piano di arricchimento dell’uranio
5 dicembre 2021

https://www.ilsole24ore.com/art/nuclear ... sa-AE7J4F1

Gli europei esprimono «delusione e preoccupazione» per l’atteggiamento di Teheran, gli Usa tornano ad evocare la possibilità di un intervento militare, ma l’Iran del nuovo presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi non cede: la Repubblica islamica «non farà marcia indietro» sulle sue richieste per riattivare l’accordo nucleare del 2015, afferma in un’intervista esclusiva all’Ansa – realizzata da Mojgan Ahmadvand – il capo negoziatore di Teheran, il vice ministro degli Esteri Ali Bagheri Kani, aggiungendo che poiché sono stati gli americani a uscire da quell’intesa nel 2018, spetta a loro fare il primo passo.

Le proposte iraniane sono «logiche e fondate», afferma Bagheri sull’aereo che lo riporta a Teheran per consultazioni dopo cinque giorni di una nuova tornata di trattative svoltasi a Vienna tra Iran, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia, Cina, e indirettamente gli Stati Uniti.

Settimo round di trattative in salita

È il settimo round dall’inizio dei negoziati, ma il primo dopo un’interruzione di oltre cinque mesi seguita all’elezione di Raisi, che ha preso il posto del moderato Hassan Rohani.

La differenza e la distanza tra le parti, da quanto affermano le parti occidentali, è apparsa in tutta la sua portata quando Bagheri ha presentato una nuova proposta di accordo che, secondo gli europei, rimette in questione «la quasi totalità dei compromessi che erano stati difficilmente trovati» nelle sei precedenti tornate. Da parte loro gli iraniani hanno fatto sapere che il documento illustrato si divide in due parti, uno sulla revoca delle sanzioni, l’altro sul ritorno delle attività nucleari iraniane entro i limiti previsti dall’accordo di sei anni fa, che sono stati gradualmente superati. Ma da quanto spiega Bagheri, il primo aspetto è quello che dovrebbe avere chiaramente la precedenza.

Per Bagheri «spetta agli Usa fare la prima mossa», dopo il ritiro dal negoziati da parte dell’amministrazione Trump e le iniziali aperture del nuovo inquilino della Casa Bianca Joe Biden che poi si è raffreddato. Quanto agli europei, «anche loro non hanno rispettato i loro obblighi per rimediare alla mossa americana» sostiene il capo negoziatore iraniano. Vale a dire non si sono opposti alla logica delle sanzioni americane, che hanno inflitto pesanti danni all’economia iraniana. Bagheri, inoltre, respinge le critiche occidentali alla sostenibilità delle proposte da lui illustrate a Vienna: «Le controparti possono presentare le loro bozze, ma ci aspettiamo che diano una risposta logica a quella iraniana».



Iran, esplosione vicino al sito nucleare di Natanz: Teheran testa il suo sistema missilistico
Gabriella Colarusso
5 dicembre 2021

https://www.repubblica.it/esteri/2021/1 ... 328967021/

L'Iran testa il suo sistema di difesa missilistico mentre a Vienna il settimo round di colloqui sull'accordo nucleare, il primo dell'era Raisi, si conclude con un nulla di fatto. Ieri sera c'è stata un'esplosione a Badroud, nell'Iran centrale, a circa 20 chilometri dal sito nucleare di Natanz, che ad aprile era stato oggetto di un sabotaggio: il blocco della rete elettrica nel complesso ha causato, secondo diversi analisti, un rallentamento delle attività di circa 9 mesi.

Le autorità iraniane hanno spiegato l'esplosione dicendo che si è trattato di una esercitazione militare, anche se nessuna operazione di questo tipo era stata preannunciata. "Un'ora fa, uno dei sistemi missilistici della regione è stato testato per valutarne la prontezza sul terreno, e non c'è nulla da temere", ha dichiarato il portavoce dell'esercito Amir Tarikhani alla televisione di Stato. Un "missile difensivo è stato lanciato per testare una rapida reazione a un possibile attacco".

Il test arriva in un momento delicato della relazioni tra Teheran e la comunità internazionale. I colloqui di Vienna per tentare di salvare l'intesa del 2015, che erano ripresi lunedì scorso, si sono per ora arenati. L'Iran ha presentato due bozze, una sulle sanzioni e l'altra sul rispetto dei suoi impegni, chiedendo che tutte le restrizioni al commercio, alle esportazioni e al business introdotte dall'amministrazione Trump - che nel 2018 è uscito dall'accordo - vengano rimosse. I negoziatori guidati da Ali Bagheri Kani, il vice ministro degli Esteri, chiedono anche che questo processo sia verificabile, ciò significa che l'Iran tornerebbe a rispettare i patti solo in maniera graduale e solo dopo aver verificato che le sanzioni siano state effettivamente cancellate.

Una posizione che non piace a europei e americani. Gli Stati Uniti, che partecipano solo indirettamente ai colloqui, sabato hanno accusato l'Iran di bloccare i negoziati. Gli incontri dovrebbero riprendere all'inizio della prossima settimana, ma per ora sembra difficile superare lo stallo. Anche richiesta di Teheran di avere garanzie da Biden che in caso di accordo le cose non cambieranno con una futura, nuova amministrazione americana viene giudicata irricevibile a Washington.

Nel frattempo l'Iran, che è venuta meno ai suoi obblighi stabiliti dal Jcpoa, arricchendo l'uranio in percentuali fino al 60%; ha bloccato le ispezioni dell'agenzia internazionale per l'energia atomica in una parte dei siti nucleari e ha messo in funzione centrifughe avanzate nel complesso di Natanz.

Il sito, insieme a quello di Karaj, è il punto più sensibile del programma di sviluppo del nucleare iraniano. L'11 aprile scorso l'Organizzazione iraniana per l'energia atomica aveva confermato che un "incidente" all'interno del complesso aveva causato un'"interruzione di corrente", accusando Israele del sabotaggio. Teheran attribuisce a Israele diverse operazioni di sabotaggio del suo programma nucleare, compreso l'assassinio di alcuni scienziati e fisici che vi lavoravano.

Israele ha più volte ribadito di essere pronto a usare qualsiasi mezzo, compresa la forza, per impedire all'Iran di acquisire armi nucleari, che costituirebbero una minaccia essenziale per Gerusalemme.



Israele: "L'esercito si prepari ad attaccare l'Iran". L'incubo è l'arma atomica
Ala tensione tra Tel Aviv e Washington: gli Usa credono ancora alla riuscita dei negoziati di Vienna, per lo stato ebraico l'unica opzione è ormai la guerra
11 dicembre 2021

https://www.ilgiorno.it/mondo/israele-m ... -1.7138822

Tel Aviv - I colloqui di Vienna sul nucleare iraniano non hanno prodotto “alcun progresso” e le potenze mondiali “capiscono che quella degli iraniani e’ una presa in giro. Lo ha detto nel corso di un briefing in Florida il ministro israeliano della Difesa, Benny Gantz, citato dal quotidiano Haaretz. Secondo fonti della difesa citate dal quotidiano, Gantz ha detto di aver ordinato all’esercito di prepararsi alla possibilita’ di un attacco militare contro l’Iran e negli usa ha informato Washington di questo passo.

Diversa la percezione dello status quo sul fronte Usa. Alla ministeriale G7 di Liverpool, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha avuto un “incontro produttivo” sul dossier nucleare iraniano con le sue controparti di Francia, Germania e Regno Unito, ovvero il formato ‘E3’ coinvolto nel negoziato. Blinken e i ministri degli Esteri di Parigi, Berlino e Londra hanno “discusso le trattative sul Jcpoa e il percorso successivo”, ha riferito un portavoce del dipartimento a Reuters.

Evidente dunque la tensione tra gli Stati Uniti e Israele sulla gestione dei negoziati di Vienna sul nucleare iraniano. I funzionari israeliani non convidono la strategia finora adottata da Washington e temono che l’impegno degli americani a ripristinare l’accordo nucleare del 2015 portera’ a un accordo imperfetto che consentira’ a Teheran di accelerare il suo programma di arricchimento nucleare. In una lunga ricostruzione, il New York Times dipinge un quadro dove emerge uno scontro duro tra le due amministrazioni.

Difficile pensare che sia un caso la telefonata, delle ultime ore, tra il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e il suo omologo israeliano, Yair Lapid. “Ho riaffermato l’importanza delle relazioni bilaterali Usa-Israele”, ha twittato il capo della diplomazia americana, quasi a rassicurare che non vi siano attriti. Tuttavia nella telefonata tra Blinken e il premier israeliano, Naftali Bennet, i toni erano tutt’altro che sereni. Le opinioni sul possibile nuovo accordo sul nucleare iraniano sono molto divergenti, scrive il Nyt.

Nel colloquio, Bennett ha insistito sul fatto che l’Iran stia cercando di ricattare gli Stati Uniti aumentando la percentuale di arricchimento. Secondo gli israeliani, gli Stati Uniti stanno considerando di offrire un accordo provvisorio a Teheran che comporterebbe il ritiro di alcune sanzioni in cambio del congelamento di parte della sua attivita’ nucleare. Ma i funzionari americani sostengono che l’offerta non e’ sul tavolo in modo concreto, almeno per ora, a causa della riluttanza dell’Iran a impegnarsi. Il timore di Israele e’ che Washington, nel tentativo di raggiungere l’accordo, impedisca alla sua intelligence di continuare con la campagna di sabotaggio che per Tel Aviv e’ molto piu’ efficace rispetto a un parziale ritiro delle sanzioni



Israele: pronti a proteggerci se falliscono negoziati con l'Iran
Redazione Agi.it
6 dicembre 2021

https://www.agi.it/estero/news/2021-12- ... -14800929/

AGI - Israele è pronto ad una azione "per proteggersi" dall'Iran nel caso in cui la comunità internazionale non riuscisse a impedire a Teheran di avere armi nucleari: lo ha detto il presidente israeliano Isaac Herzog ricevendo il nuovo ambasciatore Usa, Tom Nides. L'Iran, ha aggiunto Herzog, "è la più grande sfida che Israele e gli Usa hanno davanti". "Stiamo seguendo da vicino i negoziati della comunità internazionale con l'Iran" a Vienna, ha proseguito il capo dello Stato ebraico secondo quanto riporta Times of Israel.

Poi Herzog ha avvertito: "Siamo pronti ad accogliere positivamente una soluzione diplomatica ampia che risolva la minaccia nucleare iraniana. Ma se non si riuscisse ad arrivare a questa soluzione, sappiate che Israele avrà sempre tutte le opzioni aperte. Se la comunità internazionale non prenderà una posizione vigorosa su questo tema, Israele lo farà. Israele si proteggerà". Da parte sua, l'ambasciatore Usa ha assicurato che Washington è impegnata affinché l'Iran "non sviluppi mai un'arma nucleare".

Secondo i media israeliani, inoltre, il capo del Mossad, David Barnea, è a Washington per sollecitare un'azione militare contro l'Iran, cavalcando il possibile fallimento dei negoziati sul nucleare. Lo scrive il 'Jerusalem Post' ancticipando che Barnea sarà raggiunto giovedì negli Stati Uniti dal ministro della Difesa, Benny Gantz, in visita ufficiale.

Secondo quanto riferito, i colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran sono sull'orlo di un'ennesima crisi. Fonti israeliane ritengono che il loro fallimento potrebbe aiutare a persuadere gli Stati Uniti ad aumentare la pressione su Teheran.

Giovedì scorso, in una telefonata tra il primo ministro Naftali Bennett e il segretario di Stato americano Antony Blinken, Israele ha chiesto agli Usa la "fine immediata" dei colloqui di Vienna sul nucleare iraniano. E oggi Bennett ha lanciato un appello durante la riunione di governo: "Chiedo ad ogni Paese impegnato nei colloqui con l’Iran a Vienna di assumere una rigida linea e chiarire che Teheran non può arricchire l’uranio e al tempo stesso negoziare".

Venerdì scorso, lo stesso Blinken ha affermato che l'ultimo round di colloqui sul nucleare iraniano si è concluso perché la Repubblica islamica “non sembra essere seria”.



"Teheran Times": l'Iran è capace di colpire ovunque in Israele
Questo il messaggio contenuto in un articolo pubblicato dal quotidiano intitolato “Soltanto una mossa sbagliata!”
15 Dic 2021

https://www.nova.news/teheran-times-lir ... n-israele/

L’Iran è in grado di colpire qualsiasi località in Israele. È questo il messaggio contenuto in un articolo pubblicato oggi dal quotidiano statale “Teheran Times” intitolato “Soltanto una mossa sbagliata!” e corredato di una cartina con svariati obiettivi nello Stato ebraico. “L’intensificarsi delle minacce militari israeliane contro l’Iran sembra suggerire che il regime sionista abbia dimenticato che l’Iran è capace di colpirli in qualsiasi parte”, si legge nell’articolo, che giunge a pochi giorni dalla visita a Washington del ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz. Quest’ultimo ha affermato di aver incaricato l’esercito israeliano di preparare un possibile attacco contro l’Iran. Durante l’incontro con l’omologo degli Stati Uniti, Lloyd Austin, lo scorso 9 dicembre, Gantz aveva affermato che i colloqui sul nucleare a Vienna non avrebbero prodotto “alcun progresso” e ha informato Washington dei preparativi delle Forze di difesa israeliane (Idf). “Le potenze mondiali non capiscono il gioco a cui gli iraniani stanno giocando”, aveva detto Gantz. “L’Iran rappresenta una minaccia non solo per la nostra sicurezza, ma anche per i nostri valori condivisi”, aveva aggiunto il ministro in quella occasione. Il ministro aveva anche aggiunto allora che “il programma nucleare iraniano è solo un modo per consolidare l’egemonia di Teheran”. Gantz aveva poi sottolineato: “Siamo fiduciosi che l’amministrazione di Joe Biden impedirà all’Iran di acquisire un’arma nucleare”.

Nelle ultime settimane, in concomitanza con il riavvio dei negoziati sul nucleare iraniano a Vienna e con il potenziale reintegro degli Usa nel piano d’azione globale congiunto, si sono intensificate le divergenze rispetto al dossier tra Gerusalemme e Washington. Ieri, il capo di stato maggiore delle Forze armate iraniane, generale Mohammad Bagheri, ha spiegato che l’Iran non sottovaluta mai le minacce del nemico. “Le nostre forza non hanno mai sottovalutato la minaccia del nemico e sono preparate alla più piccola delle minacce in campo strategico”, ha affermato Bagheri. L’alto ufficiale iraniano ha poi chiarito che i militari della Repubblica islamica “a livello strategico non intendano colpire nessuno, ma al livello operativo e tattico sono pronti a dare una risposta decisa e a un’offensiva dura contro il nemico”. Secondo quanto riferito dai media israeliani di recente, le forze di difesa dello Stato di Israele starebbero organizzando un’esercitazione su larga scala sul Mediterraneo che si terrà in primavera e che avrà l’obiettivo di simulare un attacco aereo contro l’Iran. Le manovre dovrebbero avvenire in cooperazione con gli Stati Uniti. L’emittente pubblica israeliana “Kan”, citando fonti delle Forze di difesa israeliane, ha affermato che l’esercitazione sarà una delle più grandi mai tenute dall’Aeronautica militare israeliana e includerà decine di velivoli, tra cui F-15, F -35, F-16, aerei spia Gulfstream G550 e jet di rifornimento.



Nucleare, stallo nelle trattive di Vienna con l’Iran. Israele, Gantz in missione negli Usa
Teheran chiede che siano gli americani a fare la prima mossa, revocando le sanzioni. Ma intanto accelera nel piano di arricchimento dell’uranio
Biden incontra il premier d'Israele: mai arma nucleare all'Iran
5 dicembre 2021

https://www.ilsole24ore.com/art/nuclear ... sa-AE7J4F1

Gli europei esprimono «delusione e preoccupazione» per l’atteggiamento di Teheran, gli Usa tornano ad evocare la possibilità di un intervento militare, ma l’Iran del nuovo presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi non cede: la Repubblica islamica «non farà marcia indietro» sulle sue richieste per riattivare l’accordo nucleare del 2015, afferma in un’intervista esclusiva all’Ansa – realizzata da Mojgan Ahmadvand – il capo negoziatore di Teheran, il vice ministro degli Esteri Ali Bagheri Kani, aggiungendo che poiché sono stati gli americani a uscire da quell’intesa nel 2018, spetta a loro fare il primo passo.

Le proposte iraniane sono «logiche e fondate», afferma Bagheri sull’aereo che lo riporta a Teheran per consultazioni dopo cinque giorni di una nuova tornata di trattative svoltasi a Vienna tra Iran, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia, Cina, e indirettamente gli Stati Uniti.

Settimo round di trattative in salita

È il settimo round dall’inizio dei negoziati, ma il primo dopo un’interruzione di oltre cinque mesi seguita all’elezione di Raisi, che ha preso il posto del moderato Hassan Rohani.

La differenza e la distanza tra le parti, da quanto affermano le parti occidentali, è apparsa in tutta la sua portata quando Bagheri ha presentato una nuova proposta di accordo che, secondo gli europei, rimette in questione «la quasi totalità dei compromessi che erano stati difficilmente trovati» nelle sei precedenti tornate. Da parte loro gli iraniani hanno fatto sapere che il documento illustrato si divide in due parti, uno sulla revoca delle sanzioni, l’altro sul ritorno delle attività nucleari iraniane entro i limiti previsti dall’accordo di sei anni fa, che sono stati gradualmente superati. Ma da quanto spiega Bagheri, il primo aspetto è quello che dovrebbe avere chiaramente la precedenza.

Per Bagheri «spetta agli Usa fare la prima mossa», dopo il ritiro dal negoziati da parte dell’amministrazione Trump e le iniziali aperture del nuovo inquilino della Casa Bianca Joe Biden che poi si è raffreddato. Quanto agli europei, «anche loro non hanno rispettato i loro obblighi per rimediare alla mossa americana» sostiene il capo negoziatore iraniano. Vale a dire non si sono opposti alla logica delle sanzioni americane, che hanno inflitto pesanti danni all’economia iraniana. Bagheri, inoltre, respinge le critiche occidentali alla sostenibilità delle proposte da lui illustrate a Vienna: «Le controparti possono presentare le loro bozze, ma ci aspettiamo che diano una risposta logica a quella iraniana».



Alto funzionario USA: «non c’è più tempo. Iran a un passo dalla bomba»
Franco Londei
18 dicembre 2021

https://www.francolondei.it/alto-funzio ... lla-bomba/

Gli Stati Uniti stimano che il tempo necessario all’Iran per produrre abbastanza uranio altamente arricchito per una bomba nucleare sia ora “molto breve”.

A sostenerlo venerdì con la Reuters è stato un alto funzionario dell’amministrazione Biden che ha parlato a condizione di anonimato.

Intendiamoci, non ci voleva il solito “alto funzionario anonimo” per dirci quello che ormai tutto il mondo sa benissimo, però la cosa andava riportata, non fosse altro che per non dare al Presidente Joe Biden la possibilità di dire di non sapere.

Eppure che i colloqui di Vienna per ripristinare il vecchio accordo noto come Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) fossero solo un espediente per prendere tempo lo si era capito sin da subito. Ripresi alla fine di novembre a adesso di nuovo rinviati per volere iraniano dopo che, soprattutto gli europei, si erano illusi di poter ripristinare il vecchio JCPOA.

La richiesta iraniana di rinvio dei colloqui è arrivata come un fulmine a ciel sereno per gli europei, tanto da fare infuriare pure il capo negoziatore, Enrique Mora, che chiede un rinvio di qualche settimana, non di mesi come sembra di capire intendano gli Ayatollah.

Israele aveva da tempo messo in guardia i fautori della riapertura del dialogo con l’Iran che Teheran usava i cosiddetti “colloqui di Vienna” solo per prendere tempo e arrivare al fatidico “punto di non ritorno”, quel test atomico che metterebbe fine a tutto e renderebbe l’Iran non solo potenza atomica, ma intoccabile.

Per questo in molti chiedono subito un intervento armato che fermi o almeno rallenti di moltissimo la corsa iraniana al nucleare.

Ma il Presidente americano Joe Biden, esattamente come i suoi due predecessori, non solo non intende farlo ma non intende dare a Israele i mezzi necessari affinché sia lo Stato Ebraico a provvedere.

E così ogni settimana che passa l’Iran sia avvicina implacabilmente alla bomba atomica, arma che userà contro Israele senza farsi nessuno scrupolo delle vittime civili o delle ricadute sulla economia globale. Questa è una delle poche certezze che ci sono in tutta questa faccenda.

E allora perché Israele dovrebbe farsi scrupolo di pensarla come gli Ayatollah quando si trova a pochi passi dal baratro?

Perché Israele non è l’Iran e “noi non siamo come loro”? No, non funziona più. Perché Israele non vuole un genocidio? Ma sono gli altri a volerlo con tutte le loro forze, e neppure lo nascondono (o pensate che le minacce di Teheran verso lo Stato Ebraico siano solo un gioco?). Allora per quale diamine di motivo Israele non dovrebbe nuclearizzare la minaccia iraniana?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » lun dic 20, 2021 7:04 pm

L’avanzata del maligno: tutta la storia di Ebrahim Raisi, il boia di Teheran
Un lunghissimo e appassionante articolo, solo per veri lettori, dove si racconta l’ascesa al potere piena di atrocità di Ebrahim Raisi, il boia di Teheran
20 Dicembre 2021

https://www.francolondei.it/avanzata-ma ... i-teheran/

Articolo scritto da David Patrikarakos, autore e scrittore di origine ebraica – La donna incinta urla di disperazione e rabbia. È esausta, impotente. Il suo ventre gonfio – ormai ha quasi nove mesi – si contorce in agonia. La sua cella di prigione iraniana è minuscola – solo tre metri per quattro – con un letto nel mezzo, accanto al quale una grande pozza di sangue si sta congelando sul pavimento. L’aria è umida, densa di puzzo di sudore e sadismo. Una guardia di nome Muhammad si frusta le mani con i cavi elettrici; un altro, di nome Raheem, che è grottescamente grasso, sta in piedi davanti a lei sorridendo mentre le schiaffeggia il viso. Sferza, schiaffo, frusta, schiaffo. Lei urla. Loro sorridono.

È il 1981 nella città iraniana di Hamadan, e Farideh Goodarzi, sostenitrice del gruppo di opposizione Mujahedin-e-Khalq (MEK) , organizzazione fondata nel 1965 da studenti di sinistra disgustati dallo scià , viene torturata. Le Guardie Rivoluzionarie tornano il giorno dopo, trascinandola in un’altra cella dove, in un angolo, un gruppo di uomini si è radunato a guardare. Esultano mentre Raheem la colpisce ancora e ancora. Tra gli astanti c’è un uomo leggermente in disparte. Stava osservando dal giorno prima. Come la madre, ha solo 21 anni, ma ha un’aria di comando: ha fatto accadere tutto questo; sa che per far parlare i prigionieri bisogna torturarli, anche se sono incinte di nove mesi.

Vestito di nero, Ebrahim Raisi ha una barba scura e un’espressione accigliata. È un pubblico ministero che vede nemici della Repubblica islamica ovunque, e sa che deve annientarli per il bene dello Stato nascente. La rivoluzione islamica dell’ayatollah Ruhollah Khomeini ha solo due anni. Ha bisogno di tutti i veri credenti che può ottenere e Raisi è uno di questi. Pieno di fredda ambizione e rabbia tranquilla e controllata, mira a raggiungere la vetta.

Quasi 40 anni dopo, lo ha fatto. Il 3 agosto 2021 Raisi è stato eletto ottavo presidente della Repubblica islamica. Dovrà sistemare le finanze del paese e sedare le rivolte intorno all’Iran mentre fa progressi sul dossier nucleare. E deve fare tutto questo mentre esegue i desideri del Leader Supremo Ayatollah Ali Khamenei.

Ora sta affrontando la sua prima prova. Il mese scorso sono ripresi a Vienna i negoziati sul nucleare tra l’Iran e il P5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU più la Germania). L’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva ritirato unilateralmente la partecipazione del suo paese all’accordo nucleare – il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) – nel 2018. In base all’accordo, l’Iran aveva accettato dei limiti al suo programma nucleare in cambio della riduzione delle sanzioni. Ma la reimposizione delle sanzioni statunitensi da parte dell’amministrazione Trump è stata seguita dalla ripresa dell’arricchimento dell’uranio da parte degli iraniani, il loro percorso più rapido verso una bomba nucleare. Dopo diverse settimane i colloqui finora non hanno prodotto quasi nulla; le due parti rimangono distanti e il progresso è quasi inesistente.

Questo è preoccupante. Secondo il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) del novembre 2021, l’Iran possiede ora quasi 40 libbre di uranio arricchito rispetto a poco più di 20 libbre che aveva a settembre a una concentrazione del 60 percento (contro il 3,67 percento consentito ai sensi del JCPOA). Il rapporto affermava anche che gli ispettori dell’agenzia che entravano nei siti nucleari iraniani erano stati intimiditi e molestati. Il direttore dell’AIEA, il generale Rafael M. Grossi, rimane “profondamente preoccupato per la presenza di materiale nucleare in tre località non dichiarate in Iran“, afferma il rapporto.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è insediato sottolineando che la diplomazia conterrebbe al meglio il programma nucleare iraniano. Khamenei non si occuperà dell’Occidente: lo lascia ai suoi presidenti. Biden dovrà passare per Raisi, il presidente iraniano più fondamentalista che l’Occidente abbia mai dovuto affrontare.

Ma Raisi è più di un altro estremista con cui dobbiamo avere a che fare. La sua elezione ha segnato un altro nadir nella discesa della Repubblica islamica verso la brutalità inesorabile e il controllo autocratico, il che è appropriato perché, per molti aspetti, la storia della vita di Raisi è anche la storia della Repubblica islamica. Comprendi il primo e capisci il secondo. Capisci perché la crescita del potere di un uomo è quasi esattamente correlata alla degenerazione morale dello stato e perché la sua ascesa attraverso l’establishment ha significato la caduta di così tanti intorno a lui.

Se cerchi online puoi trovare una foto di Raisi da bambino. Sembra avere circa 8 o 9 anni, il che risale alla foto in bianco e nero della fine degli anni ’60. I capelli di Raisi sono corti, i lineamenti lisci e spigolosi. Il suo viso sembra quasi inespressivo, il che è strano per un bambino di quell’età. Ma come tutte le foto di autocrati e assassini, ci sono poche indicazioni su cosa diventerà.

Quando guardo questa fotografia, ne viene in mente un’altra. È di mia madre, Leila, dello stesso periodo, e si trovava su uno scaffale nella casa della mia famiglia a Londra. È poco più che ventenne a una festa, vestita con una minigonna e un top senza maniche, il busto diviso in due da una cintura di pelle marrone. Fumando una sigaretta, indossa un ombretto scuro e capelli lisci e castani a caschetto che ricordano gli oscillanti anni ’60. La scena esplode di colori. Potrebbe essere a Londra o New York, ma è nella sua città natale, Teheran. Due foto, mia madre ed Ebrahim Raisi. Due immagini contrastanti. Due futuri diversi per l’Iran.

La famiglia di mia madre è fuggita dall’Iraq quando le cose si sono messe male per gli ebrei dopo la fondazione di Israele. La leggenda della famiglia sostiene che mia nonna sia appena riuscita a sfuggire al mandato di arresto per lei a causa dei suoi stretti legami con la famiglia reale irachena. In Iran, i miei nonni hanno ricostruito lentamente la loro fortuna. Sono finiti, forse inevitabilmente, a Shemiran, il distretto più settentrionale di Teheran, che si trova alla fine della principale arteria commerciale della capitale, Pahlavi (ora Valiasr) Avenue, lungo il pendio del monte Alborz.

Vivere a Shemiran era sinonimo di successo e svago. Come ricorda mia zia Tamara, meritava la sua fama di glamour: un luogo di profumi profumati e di viti appese alle alte mura; di case ben nascoste con ampi giardini. Coloro che vivevano qui erano le persone che contavano nell’era di Shah, Mohammad Reza Pahlavi – un mix di aristocrazia e classi medie di successo: urbane, cosmopolite e, sempre più, istruite in occidente – vagamente conosciute come “ashrafiyan”, o nobili .

Era forse inevitabile allora che Ebrahim Raisi fosse nato a Mashhad. La città nel nord-est dell’Iran prende il nome dal santuario dell’Imam Reza (l’ottavo Imam sciita) ed è considerata il terzo santuario sciita più sacro del mondo (dopo Najaf e Karbala in Iraq) e il più sacro in Iran. Mashhad è un luogo di pellegrinaggio per gli sciiti con oltre 20 milioni di visitatori ogni anno. In Iran, la gente mi diceva che i ricchi vanno alla Mecca, i poveri a Mashhad.

Se la città alimenta il fervore religioso, genera anche il suo quasi costante attendente: il conservatorismo sociale e politico. Raisi è nato nel quartiere Noghan di Mashhad nel 1960. I suoi inizi sono segnati da una fortunata confluenza: di luogo e di famiglia. Suo padre era uno studioso di religione e, cosa forse più importante, la famiglia è Sayyid, sostenendo di discendere dal profeta Maometto e da suo cugino e genero Ali ibn Abi Talib attraverso Huseyn ibn Ali, il cui martirio a Karbala da parte del califfo Yazid nel 680 nell’Iraq moderno è l’evento determinante della tradizione sciita.

La Repubblica islamica ha sempre affermato di aborrire la corte reale dello scià, ma in realtà ha continuato la tradizione. Ha solo cambiato ciò che contava e chi poteva unirsi. Raisi, un non-Tehrani di origini religiose e con un impeccabile pedigree sciita, sarebbe diventato uno dei suoi nuovi “principi” o, come sarebbero stati satiricamente conosciuti – anche dalla borghesia cosmopolita – gli “aghazadeh-ha” o “figli dei mullah”.

Raisi è stato favorito anche da un’altra cosa: il tempo. Ha raggiunto l’età politica durante il fermento rivoluzionario. Ancora una volta, era ben posizionato. All’età di 15 anni è entrato nel seminario di Qom, il centro del potere religioso – e poi attivista – in Iran.

Khomeini aveva vissuto lì per decenni e, all’inizio del 1963, iniziò la sua denuncia della “Rivoluzione bianca” dello scià, una serie di riforme agrarie che mettevano in discussione anche gli ulema (coloro che interpretano la legge religiosa) iraniani. Lo scià ha risposto inviando una colonna corazzata in città. L’anno successivo mandò Khomeini in esilio in Turchia.

Anche a Shemiran le cose stavano cambiando. “Sempre più iraniani erano ciò che si chiama occidentalizzato; le donne delle classi alte hanno mostrato pubblicamente la loro indipendenza”, mi ha detto Tamara. Ricorda due amiche di mia madre, entrambe figlie di un ecclesiastico di alto rango. Entrambi erano estremamente religiosi ma in qualche modo si scusavano per il foulard che indossavano, che copriva solo una scheggia dei loro capelli. I tempi erano buoni. Ma Tamara si sentiva a disagio. “Sapevo che un verme stava crescendo nel corpo politico dei Pahlavi”, ha detto.

“Certamente c’era una comprensione che la stabilità in Iran potesse crollare improvvisamente e irrimediabilmente, e che come ebrei eravamo in qualche modo dipendenti dalla munificenza dello Scià”, ha detto. “Potevo percepire la vera paura nell’aria. Ciò è stato posto fine in tempi relativamente brevi [con l’esilio di Khomeini]. Il primo round è andato allo scià».

Gli anni ’60 e ’70 furono per molti un’età d’oro della mobilità sociale e della libertà culturale, ma l’ondata di repressione politica stava crescendo. “Lo scià voleva il controllo totale dei pensieri delle persone e la sua SAVAK [la polizia segreta] è diventata sempre più importante e crudele”, ha detto. Poi, nel 1971, vennero le celebrazioni per il 2500° anniversario dell’Iran, una dimostrazione di ricchezza e volgarità che sconvolse anche il nord di Teheran.

E per tutto il tempo, Raisi si stava facendo strada nel mondo. Nelle sue memorie, scrive delle sue attività rivoluzionarie negli anni precedenti al 1979. “Ho partecipato a tutte queste manifestazioni”, ha ricordato. “Ero giovane e avevo uno spirito giovanile”.

Fu durante questo periodo che Raisi incontrò Khameini. Nelle sue memorie, Raisi scrive di aver sempre saputo che l’uomo più anziano era destinato a grandi cose:

È sempre stato un modello, ma ricordo che due anni prima della rivoluzione, quando ci siamo seduti e abbiamo parlato con gli studenti, hanno detto: “Chi vuole governare il paese se lo scià se ne va?” Ho anche detto che il signor Khamenei, l’imam della moschea di Keramat, è la persona migliore per la presidenza. A quel tempo, sono stato ridicolizzato per quello che stavo dicendo. Ma ho visto in lui il potere di essere in grado di guidare le persone
Ebrahim Raisi nelle sue memorie

Raisi afferma di essere stato arrestato due volte durante questo periodo, una volta a Qom e di nuovo in una stazione ferroviaria mentre si recava a Yazd. Si vanta ancora che i soldati sciocchi non abbiano notato i sermoni di Khomeini che stava portando. Qualunque sia la verità, l’aneddoto è un esempio del crescente potere dei rivoluzionari e dell’efficacia sempre più debole delle forze di sicurezza dello stato.

Di certo i miei nonni sapevano che il loro tempo era quasi scaduto. Incaricarono mia madre di trovare una casa a Londra, cosa che fece, e si prepararono a fuggire. Non dovettero aspettare molto. Alla fine di gennaio 1979, Raisi si unì a un sit-in all’Università di Teheran per protestare contro la chiusura degli aeroporti da parte del governo volta a impedire il ritorno di Khomeini dall’esilio. “Per tutta la settimana abbiamo aspettato l’arrivo dell’imam”, ricorda Raisi. Non dovettero aspettare molto. La mattina del 1 febbraio 1979, Khomeini atterrò all’aeroporto di Mehrabad a Teheran. Il verme aveva divorato il corpo politico. I rivoluzionari avevano vinto.

Più tardi quel giorno mio nonno lasciò l’Iran.

Se vuoi che una rivoluzione abbia successo, non basta rovesciare il vecchio regime. Devi assicurarti che il nuovo sopravviva. Nel novembre 1979, un gruppo militante ha preso d’assalto l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran e ha preso in ostaggio i diplomatici all’interno. Indignati, gli Stati Uniti hanno interrotto le relazioni con l’Iran e lo hanno schiaffeggiato con sanzioni, esortando gli altri a seguire l’esempio. La Repubblica islamica era vulnerabile. Meno di un anno dopo, Saddam Hussein invase l’Iran per iniziare una guerra quasi decennale tra i due paesi.

Se è stato un momento di caos, è stato anche un momento di opportunità, specialmente per qualcuno della famiglia “giusta” con l’istruzione “giusta” e un passato di attività rivoluzionaria. Anche avere legami con uno degli uomini più potenti del paese non guastava. Nel 1980, all’età di 19 anni, Raisi è entrato nell’ufficio giudiziario di Karaj City, 12 miglia a ovest di Teheran. A detta di tutti, ha svolto un lavoro tipicamente accurato e, nell’estate del 1982, è diventato capo dell’ufficio del pubblico ministero per la città di Hamadan.

Una coalizione di nazionalisti, di sinistra e di islamisti aveva rovesciato lo scià, ma con il passare dei mesi gli islamisti consolidarono il loro potere e presero il controllo totale. Questo ha creato una classe di gruppi rivoluzionari scontenti, il principale tra i quali era il MEK, che ha favorito l’azione. Durante gli anni ’60 e ’70, come gruppo di guerriglieri violenti, il MEK ha effettuato attacchi terroristici in Iran che hanno ucciso degli americani. Nel 1979, i suoi membri si lanciarono nella rivoluzione a fianco degli islamisti.

Ma l’alleanza si rivelò di breve durata. Il MEK condivideva gran parte dell’islamismo di Khomeini ma non le sue convinzioni su chi avrebbe dovuto controllare l’Iran; e il suo sostegno popolare all’indomani della rivoluzione fu una minaccia politica al regime, che iniziò ad arrestare e giustiziare i mujaheddin. In risposta, nell’agosto 1981 il MEK reagì assassinando il primo ministro della Repubblica islamica insieme al presidente e ad altri sei funzionari governativi.

In seguito, ogni membro del MEK è diventato un bersaglio, e non importava quanto fossero giovani o quanto poco avessero fatto. Uno di questi era Goodarzi, che aveva 17 anni durante la rivoluzione. Il suo “crimine” era vendere giornali MEK e partecipare a proteste nella sua città natale di Kermanshah.

La polizia è venuta a cercarla, ma è fuggita ad Hamadan per stare con sua zia. Nell’estate del 1982, quando era incinta di quasi nove mesi, le Guardie rivoluzionarie (IRGC) – una nuova forza paramilitare istituita nel maggio 1979 per “salvaguardare” la rivoluzione – sfondarono la porta di sua zia e trascinarono Goodarzi in tribunale. Dopo un rapido “processo” è stata portata in una delle numerose stanze nel seminterrato che, come tutti ad Hamadan sapevano, erano destinate a torturare i prigionieri.

Quasi 40 anni dopo, lo ricorda chiaramente. Oltre alla legatura con i cavi elettrici, la tortura era spesso psicologica. Le hanno fatto ascoltare le grida di altri prigionieri che venivano torturati. Ma di tutti i suoi ricordi – insieme alla nascita di suo figlio dopo che è stata torturata e ai suoi primi anni di vita con lei in prigione – quello che spicca più vividamente è il comportamento agghiacciante di Raisi. “Tutti lo conoscevano come una persona spietata“, ha detto. “Sembrava che gli piacesse.” Quasi dal momento in cui Goodarzi è entrato in isolamento, ha affrontato Raisi quasi quotidianamente. “Faceva domande o istruiva gli altri interrogatori. Mi parlava spesso in modo molto volgare”, ha aggiunto.

Era il suo fanatismo che la colpiva particolarmente. “Nel suo discorso, nei suoi occhi, in ogni modo, si poteva vedere la vendetta che aveva per tutti i membri e sostenitori del MEK”, ha ricordato.

La prima persecuzione del MEK è stata forse il primo passo nel percorso della Repubblica Islamica verso una pervasiva violenza di stato. I rivoluzionari avevano preso il controllo dell’Iran attraverso proteste di piazza, non con la forza militare, e mentre avevano epurato i fedeli allo scià, non avevano ancora preso di mira i civili in massa. Ciò iniziò a cambiare nelle carceri durante i primi anni ’80, poiché anche i bambini venivano torturati. I rivoluzionari hanno utilizzato il metodo preferito dalla SAVAK: l’ancoraggio con cavi elettrici. In effetti, come mi ha detto ironicamente un ex dissidente, probabilmente usavano gli stessi cavi.

La Repubblica islamica, sentendosi vulnerabile, si era scagliata contro il proprio popolo con estrema violenza, proprio come aveva fatto lo scià; Raisi, principe della nuova repubblica, ne era già parte integrante.

La mia famiglia ora era a Londra. Mia nonna era tornata a Shemiran all’indomani della rivoluzione per vendere la casa – all’epoca il regime tendeva a non prendere di mira le donne – che era stata rilevata dai Basij, la forza di volontariato paramilitare dell’IRGC. Mio nonno è rimasto a Londra, il che probabilmente è stata la scelta migliore. Come ricorda Tamara, “Era un candidato perfetto per essere accusato di spionaggio per conto di Israele e per temperamento incline a essere spinto alla blasfemia come definito dai mullah”. Un paio di mesi dopo, un importante uomo d’affari ebreo noto come Habib Elghanian fu giustiziato, provocando un esodo di ebrei iraniani.

Gli anni sono passati. I dissidenti iraniani si sono radunati attorno al nostro tavolo della cucina a nord di Londra. A cena, ho cercato di seguire le conversazioni degli adulti intorno a me mentre discutevano di “mullah”, “Saddam” e “Khomeini”, argomenti non familiari ai miei giovani amici britannici. In sottofondo la nostra TV crepitava con il suono dei bombardamenti nell’apparentemente infinita guerra Iran-Iraq.

Ogni giorno, l’Inghilterra si imbatteva in Iran. Un pomeriggio sono arrivato a casa eccitato da scuola raccontando la storia che mi era stata appena insegnata nella Scrittura: l’arrivo del “Messia” a Gerusalemme su un asino. Seduto al tavolo bianco di Jasper Conran che dominava la nostra cucina c’era un amico di famiglia, Baqer (che avrebbe poi contribuito a fondare BBC Persian). “In Iran abbiamo anche aspettato il Messia”, mi ha detto con un sorriso divertito ma stanco, “ma si è presentato solo l’asino”.

Tornato in Iran, Raisi ha continuato a crescere. Nel 1983 fece quello che fanno quasi tutti gli uomini ambiziosi: si sposò bene, sposando Jamileh Sadat Alam al-Huda, la figlia maggiore di un famoso imam della preghiera del venerdì. Al lavoro è stato promosso. Nel 1985 diventa vice procuratore di Teheran. Nel giugno 1989 morì Khomeini e gli successe il patrono di Raisi, Khamenei. Poco dopo, Raisi è stato nominato procuratore di Teheran, assicurando che ancora una volta avrebbe guidato sia la politica del regime che i suoi atti più eclatanti.

Ma ancora una volta, lo stato era vulnerabile. Nel giugno 1988, dopo aver giurato di non fermarsi mai fino a quando le forze iraniane non avessero raggiunto Baghdad, Khomeini aveva accettato con riluttanza la risoluzione 598 delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco nella guerra, un atto che ha paragonato a bere un “calice di veleno”. Pochi giorni dopo, le forze del MEK, che erano andate in esilio in Iraq e avevano combattuto con Saddam durante la guerra, attraversarono l’Iran occidentale e combatterono, senza successo, con le truppe iraniane.

Il MEK si era anche trasformato in un quasi-culto dedicato ai suoi leader, Maryam e Massoud Rajavi. Questo, insieme al loro sostegno all’Iraq durante la guerra, li aveva resi impopolari presso molti iraniani. Il regime ha visto la sua occasione per annientare il gruppo. A partire dal luglio 1988, ha ordinato una serie di esecuzioni di prigionieri politici in tutto l’Iran che è durata fino alla fine dell’anno. La maggior parte delle persone uccise erano membri o sostenitori del MEK, sebbene anche altre fazioni come il Partito Comunista Tudeh abbiano sofferto. Secondo Ervand Abrahamian in “Tortured Confessions: Prisons and Public Recantations in Modern Iran”, i massacri del 1988 furono:

… un atto di violenza senza precedenti nella storia iraniana, senza precedenti per forma, contenuto e intensità. Ha persino superato il regno del terrore del 1979. La cortina di segretezza, tuttavia, è stata così efficace che nessun giornalista occidentale ne ha sentito parlare e nessun accademico occidentale ne ha discusso
Ervand Abrahamian

Il bilancio delle vittime resta controverso. I sostenitori del MEK mi hanno ripetutamente detto che erano 30.000. Nasser Mohajer, autore di “Voices of a Massacre: Untold Stories of Life and Death in Iran, 1988”, ha detto che molto probabilmente era più vicino a 5.000. Qualunque sia la cifra reale, sono stati cinque mesi di orrore. I prigionieri venivano caricati su muletti e impiccati alle gru ogni 30 minuti: morte organizzata su scala industriale. Ma naturalmente, aveva bisogno della pretesa del giusto processo. Nacquero così i “comitati di morte”, gruppi di uomini che entravano nelle carceri di tutto il Paese per pronunciare le condanne ai colpevoli (quasi sempre predeterminati).

Le autorità hanno creato una commissione di quattro uomini composta dal rappresentante del ministero dell’Intelligence nella prigione di Evin a Teheran, Mostafa Pourmohammadi; il vicepresidente della Corte suprema iraniana Hossein-Ali Nayyeri; il procuratore di Teheran Morteza Eshraqi; e Raisi, allora vice procuratore generale di Teheran. Un detenuto della prigione di Evin era Reza Falahi. Fu arrestato nel settembre 1988 all’età di 21 anni per il “reato” di lettura di un giornale MEK e condannato a 10 anni. Come la maggior parte dei prigionieri fu gettato in isolamento e torturato. La prima fase erano le percosse. “Non appena sei entrato nella stanza degli interrogatori, è iniziato”, ha detto. “Mi hanno preso a calci come un pallone da calcio per un’ora senza nemmeno chiedere nulla”. Poi è arrivato l’interrogatorio. “Pensavano davvero che sapessimo cose che la tortura avrebbe sbloccato. Ho visto molte persone, incapaci di camminare,

Il 12 agosto, Falahi è apparso davanti al comitato nell’atrio principale della prigione. “Non appena sono arrivato, ho visto le guardie organizzare tutte le fasi del processo”, ha detto. “Il primo passo è stato ‘tribunale’; il secondo passo veniva fatto in un corridoio fuori dall’aula del tribunale; il terzo passo era scrivere un testamento; il quarto era la scritta ‘martire’ sul corpo del prigioniero; e il quinto: appeso”.

“Sono entrato [nella sala]. Mi hanno detto di togliermi la benda e hanno iniziato a fare domande. Mi hanno chiesto se volevo chiedere l’amnistia. ‘Credi nel governo della Repubblica Islamica? Sei disposto a condannare le tue attività politiche, sei disposto a pentirti?’” ha ricordato.

“Raisi è stato orribile, il peggiore. Mi ha chiamato con brutti nomi: assassino! Mi ha abbaiato. ‘Hai ucciso i nostri amici! Non hai pietà di noi!’ Ho risposto che tutto quello che ho fatto è stato leggere un giornale”, ha continuato. “Ho sentito più tardi dagli altri detenuti che era crudele con tutti”.

“Alla fine, mi hanno chiesto di condannare per iscritto il terrorismo. Ho scritto che ho condannato tutte le forme di terrore, che si tratti del regime iraniano o di chiunque altro. Sono sopravvissuto solo perché le persone prima di me si sono rifiutate apertamente. La commissione sapeva di aver bisogno di risparmiare alcune persone in modo che potessero in seguito dire di aver mostrato misericordia”, ha concluso.

Mi ci è voluto fino al 2005 per vedere finalmente l’Iran. Immagini, idee, nomi e strade che erano esistite solo nell’aneddoto divennero, finalmente, reali. Ho visto il nord di Teheran – ora popolato dalla nuova regalità iraniana: i comandanti dell’IRGC e i sostenitori del regime – e Pahlavi (ora Valiasr) Avenue e Isfahan. Non era come tornare a casa, ovviamente, ma in un posto nuovo ma stranamente familiare.

L’Iran stava appena uscendo dagli otto anni di riforme comparate – e alla fine fallite – sotto il presidente Mohammad Khatami. Gli anni delle aperture verso l’Occidente e dei codici di abbigliamento più liberali erano finiti. Tutti sapevano che il successore di Khatami, l’ex sindaco di Teheran Mahmoud Ahmadinejad, era un ideologo vicino al regime, in particolare all’IRGC. Le classi intellettuali di Teheran erano preoccupate.

Ma se una linea dura stava per esplodere nei titoli globali, un’altra stava accumulando potere per decenni. L’ascesa di Khamenei al ruolo di leader supremo aveva dato alla carriera di Raisi il suo definitivo impulso. Nel 1994 è stato nominato capo dell’Ufficio di Ispezione Generale, conferendogli il mandato anticorruzione, incarico di rilevanza nazionale. Dieci anni dopo, è stato nominato primo vicecapo della giustizia.

Nel 2009, Ahmadinejad ha vinto un secondo mandato in un’elezione chiaramente truccata contro il vero vincitore, Mir-Hossein Mousavi. Gli iraniani sono scesi in piazza a migliaia, indossando i colori della campagna di Mousavi e dando il via alla cosiddetta Rivoluzione Verde. Il regime si è mobilitato rapidamente. Ha sparato alla gente per strada e Raisi ha fatto la sua parte. I media iraniani hanno affermato che ha incoraggiato il trattamento vizioso dei manifestanti.

Pubblicamente ha reso note le sue opinioni. “Coloro che hanno deliberatamente partecipato alla sedizione … dovrebbero essere perseguiti secondo la legge della magistratura”, ha tuonato. Come nel 1988, quando insegnò ai prigionieri brutalizzati sulla loro mancanza di pietà, Raisi si scagliò contro “la grande oppressione (zolm)” che i manifestanti avevano apparentemente commesso e che, disse, “non sarebbe mai stata perdonata”.

E proprio come nel 1988, ci si aspettava che la magistratura non solo condannasse i colpevoli di qualsiasi cosa, ma diffondesse il terrore. Piuttosto che inviare carri armati nelle strade (e quindi evitare gli errori successivi sia di Hoisni Mubarak d’Egitto che di Bashar al-Assad di Siria), il regime ha preferito usare le esecuzioni per inviare i suoi messaggi. Raisi è stato più volte costretto a negare di aver ordinato l’esecuzione di due persone nemmeno presenti alle proteste. “[Essi] sono stati senza dubbio arrestati durante le recenti rivolte e ognuno di loro [era] associato a uno dei movimenti controrivoluzionari”, ha detto a un pubblico a Qom. Ancora una volta, quando il regime aveva bisogno di essere nella sua forma più brutale, si è rivolto a Raisi.

Non c’era modo di fermarlo ora. Nel 2014 è stato nominato procuratore generale, carica che ha ricoperto fino al 2016, quando si è dimesso per diventare presidente dell’importante fondazione di beneficenza Astan Quds Razavi, una mossa che a prima vista sembra strana ma in realtà spiega molto su come è configurato il potere in Iran: l’economia politica dello sciismo.

Astan Quds Razavi è la “bonyad” (fondazione) che gestisce il santuario dell’Imam Reza a Mashhad, non ultimo il denaro che milioni di visitatori donano ogni anno. Le Bonyadi sono consorzi esenti da tasse e sovvenzionati dal governo che ricevono donazioni religiose e rispondono esclusivamente al leader supremo. Formano un’economia nazionale quasi parallela. Oltre 100 bonyad in Iran insieme danno lavoro a milioni di persone e raccolgono entrate stimate al 20 percento del PIL del paese. Liberi dalla supervisione del governo, possono essere utilizzati per incanalare denaro ovunque, anche verso i gruppi proxy iraniani in tutto il Medio Oriente.

Roham Alvandi, professore associato di storia internazionale alla London School of Economics, osserva che “per secoli queste doti private sono state una fonte di reddito che ha dato indipendenza finanziaria a chi le controlla. Fondamentalmente, se controlli questo tipo di risorse, hai un enorme potere di patronato – ed è tutto inspiegabile”.

Astan Quds Razavi ha gestito il santuario dalla rivoluzione del 1979 ed è ora un impero commerciale che, secondo quanto riferito, usa i suoi soldi per realizzare profitti e investimenti su larga scala in Iraq, Siria e Libano. Il bonyad cade direttamente sotto il controllo di Khamenei. Quando ha permesso a Raisi di dirigerlo, lo stava ammettendo nella sua cerchia più intima.

C’era solo una posizione rimasta per Raisi da riempire sotto Khamenei. All’inizio del 2017 ha registrato la sua candidatura alle elezioni presidenziali contro il presidente uscente: il relativamente moderato Hassan Rouhani. La gente avrebbe deciso. Hanno rieletto Rouhani con oltre il 57 per cento dei voti.

Khamenei non avrebbe fatto di nuovo quell’errore.

I massacri hanno suscitato l’orrore nelle profondità dell’establishment. L’ayatollah Hussein-Ali Montazeri, il successore designato di Khomeini e un falco che in precedenza aveva sostenuto la diffusione della rivoluzione a livello internazionale, fu respinto. Il suo incontro del 15 agosto 1988 con il pannello della morte fu registrato su nastro. “Questo tipo di esecuzioni di massa senza processi, in particolare per quanto riguarda prigionieri e prigionieri… nel tempo li favorirà e il mondo ci condannerà e saranno ancora più incoraggiati nella loro resistenza armata”, ha infuriato sull’audio.

E non aveva dubbi su chi fosse la colpa: “Secondo me, il crimine più grande commesso durante la Repubblica islamica, per il quale la storia ci condannerà, è stato commesso da te. I tuoi (nomi) in futuro saranno incisi negli annali della storia come criminali”. Mentre il nastro scorre su Montazeri continua a infuriarsi contro i quattro uomini, insinuando che il numero di persone giustiziate dalla rivoluzione ora ha superato quelle giustiziate dallo scià deposto.

Montazeri è stato posto agli arresti domiciliari mentre il regime raddoppiava, negando persino che i massacri fossero avvenuti. Ma le sue parole non potevano essere ignorate:

“Non saremo al potere per sempre”, ha avvertito. “In futuro, la storia ci giudicherà”.

“Ayatollah-e ghatl-e ām!” (l’ayatollah del massacro). È il 2021 e Raisi è ora in campagna per la presidenza; parti dei media e dell’establishment politico iraniano non si tirano indietro. Le sue azioni nel 1988 lo hanno perseguitato per anni e ha alternato negazione e giustificazione. Un discorso che ha tenuto nel dicembre 2016 alla Shahid Beheshti University è tipico. In quel discorso, ha sostenuto che era solo un pubblico ministero e non un giudice, quindi la decisione finale non era sua e che, comunque, lui e altri, incluso Khomeini, stavano combattendo per l’indipendenza dell’Iran dall’Occidente e anche contro il dissenso, la corruzione e saccheggio.

Il suo odio per l’Occidente equivaleva quasi a una promessa elettorale. “Se vediamo la promozione della cultura occidentale, del materialismo e della dissolutezza nella società, le strutture della nostra società crolleranno”, ha detto ai media iraniani. A lungo considerato una noia, anche se omicida nello stile di Eichmann, ha anche cercato di connettersi con i giovani. È stato un esercizio in gran parte infruttuoso, che si è rivelato decisamente imbarazzante quando ha iniziato a parlare del rapper iraniano Tataloo, la cui canzone “Energy Hasteei” (energia nucleare) contiene le linee imperiture “No, non sono un insegnante di matematica o geometria … [ma] lo so se non sei forte e non proteggi il tuo territorio, la mentalità chiusa potrebbe sfuggire.

Da parte sua, Khamenei è stato inequivocabile nel suo sostegno al suo protetto. Ha coniato l’espressione “il giovane governo di Hezbollah” per descrivere l’ascesa al potere di Raisi. Il 19 giugno, dopo che il regime aveva squalificato qualsiasi candidato che potesse ragionevolmente lanciare una sfida, compreso Ahmadinejad, Raisi ha vinto la presidenza con il 61 per cento dei voti. L’affluenza è stata inferiore al 50 per cento. Era chiaro agli iraniani che il loro governo non avrebbe più nemmeno fatto finta di ascoltarli.

Mentre il 2021 volge al termine, gli estremisti iraniani sembrano trionfare.

Nel marzo 1975, lo scià fondò il Partito Rastakhiz, che aveva deciso che sarebbe stato l’unica entità politica legale dell’Iran. Era in effetti la creazione di uno stato a partito unico completamente asservito alla monarchia; fu visto come il culmine del suo potere ma anche, alla luce della storia, un terribile errore. Alvandi crede che l’elezione di Raisi sia il “momento Rastakhiz” della Repubblica Islamica.

“La creazione del partito Rastakhiz ha tolto la pretesa di ogni limite all’autoritarismo del regime e l’idea di ogni possibilità di riformarlo dall’interno”, dice Alvandi. “La Repubblica Islamica aveva questa pretesa di battaglia tra più riformisti liberali e conservatori, all’interno delle cosiddette elezioni, che tutti sapevano non essere realmente libere. Ma c’era abbastanza una parvenza di politica contestata per tenere il coperchio sulle cose in una certa misura, e una parte significativa della popolazione era disposta ad accettarla finché poteva partecipare, perché era meglio dell’alternativa: la rivoluzione e caos”.

Quella patina ora è svanita. L’elezione di Raisi è notevole per tre ragioni. Il primo è che Khamenei e gli estremisti intorno a lui hanno preso il loro uomo. Alvandi sostiene che Raisi è stato scelto per la sua assoluta lealtà e devozione al leader e quindi al sistema, che ha dimostrato nei modi più orribili. La seconda è più importante: sostenendo pubblicamente Raisi, il cosiddetto “Macellaio di Teheran”, il regime ha abbandonato anche il miraggio della democrazia. Non gli importa più nemmeno di fingere.

La terza ragione è colta solo con una corretta comprensione della minaccia a cui Raisi è ovviamente una risposta. Gli esperti lo vedono come una replica a politici come Khatami e, in misura minore, Rouhani, che vogliono aprire l’Iran. Ma la verità è che nessuno dei due è mai stato una minaccia. Se il papa non ha divisioni, i riformatori iraniani non hanno nemmeno i soldati. In Iran, gli estremisti scendono in strada e picchiano i loro nemici; i riformisti pubblicano slogan su Facebook.

In effetti, la più grande minaccia per l’establishment è ora Ahmadinejad, un conservatore populista completamente diverso dai liberali della classe media amati in Occidente. Non può indossare abiti clericali, ma non commettiamo errori. Ahmadinejad è un predicatore e, ancora e ancora, attacca il tallone d’Achille del regime: corruzione, cattiva gestione economica e disuguaglianza. Questi problemi possono mobilitare il popolo contro il regime. E nessuno può accusarlo di essere un agente dell’Occidente.

Poi c’è il covid. Centinaia di migliaia di iraniani sono morti, anche perché Khamenei si è rifiutato di importare vaccini stranieri. Nel tentativo di riportare le cose sotto controllo, Raisi ha ribaltato la decisione. La domanda è se le intrinseche tensioni istituzionali – anzi costituzionali – tra la presidenza e il leader creeranno un cuneo tra una relazione a lungo nel cuore della Repubblica. Se resistono le tendenze delle presidenze precedenti, un secondo mandato vedrà un Raisi più deciso. Come osserva Alvandi, potrebbe diventare più populista mentre cerca di costruire una base nazionale dalla quale succedere a Khamenei come leader.

“La Rivoluzione Islamica, come tutte le rivoluzioni, è diventata burocratizzata”, conclude Alvandi. “E ha creato una nuova élite che ha bisogno di protezione, proprio come tutte le élite consolidate”. Dai nobili (“ashrafiyan-ha”) ai figli dei mullah (“aghazadeh”), dal SAVAK all’IRGC, dalle dimore del nord di Teheran alle baraccopoli del sud della città e di nuovo a nord, lo stato iraniano ha andato al punto di partenza. E ancora una volta ha raggiunto l’apice dell’autocrazia e della decadenza.

È passato molto tempo dall’ultima volta che per me era sicuro andare in Iran. Di tanto in tanto guardo le mie vecchie foto di famiglia, nei giorni prima della fine del mondo, e sono diventate ancora più relitti geopolitici in un mondo in frantumi. Da ebreo mi è stato insegnato che diciamo: “L’anno prossimo a Gerusalemme”. Di recente, ho iniziato a brindare alla possibilità del “Prossimo anno a Teheran”, un giorno che so arriverà e che spero arriverà prima di quanto pensiamo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » gio gen 06, 2022 9:27 am

IRAN: "NON C'È POSTO PER IL SIONISMO NEL MONDO DEL FUTURO"
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6 gennaio 2021

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Il ministro degli Esteri dell'Iran Hossein Amirabdollahian ha criticato martedì scorso le recenti dichiarazioni dell'omologo israeliano Yair Lapid - יאיר לפיד riguardo alla trattativa sul nucleare iraniano in corso a Vienna. Amirabdollahian ha definito le parole di Lapid "commenti falsi e confusi contro il popolo iraniano" in un messaggio su Twitter in cui ha aggiunto: "Difenderemo con la forza e la razionalità i diritti, gli interessi e il progressi della popolazione iraniana, il sionismo non ha posto nel mondo del futuro".
24 ore prima il ministro degli Esteri israeliano aveva commentato i colloqui in corso nella capitale austriaca per rilanciare il patto sul nucleare iraniano affermando che Israele non si opporrebbe "ad un buon accordo" e che il governo israeliano era riuscito con successo a convincere le potenze mondiali "a guardare a questo tema come un argomento critico".
Le trattative tra Iran, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania per rilanciare l'accordo sul nucleare sono riprese a Vienna il 29 novembre dopo una pausa di circa 5 mesi. I colloqui mirano a rimettere in piedi il patto sul nucleare del 2015 che si trova in fase di stallo dopo l'abbandono degli Usa deciso dall'ex presidente Donald Trump nel 2018 e la conseguente decisione di riprendere l'attività di arricchimento dell'uranio da parte di Teheran. Durante la trattativa, l'Iran ha chiesto la rimozione delle sanzioni imposte dagli Usa dopo il ritiro dall'accordo.

Nella serata di martedì il ministro Lapid ha risposto al suo omologo iraniano: “Il regime estremista iraniano minaccia Israele di annientamento, ma continuerà a perdere questa battaglia. La sua fallimentare dirigenza sta distruggendo l’Iran dall’interno. Per dirla con il poeta iraniano Saadi, colui la cui essenza è malvagia, rimarrà per sempre tale. Gli iraniani dovrebbero sapere che è il loro regime che sta rendendo la loro vita miserabile. Lo stato d’Israele è forte e non permetterà che ai suoi cittadini venga fatto del male”
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Iran, ebrei, persecuzione, guerra a Israele

Messaggioda Berto » mer gen 19, 2022 10:52 pm

IL DELIRIO DI UN GENERALE IRANIANO: “I SAUDITI IN REALTÀ SONO EBREI E HANNO COMBATTUTO CONTRO MAOMETTO”
18 gennaio 2022

https://www.facebook.com/watch/?ref=sav ... 1902565327

Il generale e comandante navale delle Guardie per la Rivoluzione, Alireza Tangsiri, è andato in onda in una tv iraniana affermando che i Sauditi non sono veramente musulmani ma ebrei, “gli stessi ebrei” che si opposero al profeta Maometto. “Non possiamo sopportare di vedere l’ingiustizia in un paese musulmano che è stato perpetrato dai sionisti e dal seme degli ebrei. Non possiamo vedere che i musulmani siano massacrati da gente che dice di essere cristiana ma che non lo è. I sauditi sono veramente musulmani? Loro sono gli stessi ebrei che allora erano in Arabia Saudita”.



Alberto Pento
Allora forse anche il beduino arabo Maometto aveva qualche vena di sangue ebreo.
Ma non lo credo possibile perché nessun ebreo o soltanto un poco ebreo avrebbe mai potuto partorire una mostruosità come Allah e una demenzialità criminale come il Corano.
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