L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » mer mar 23, 2016 10:43 am

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Il Papa e i pesci rosa - Incontro con un gruppo del cristianesimo sociale francese
di Jean-Pierre Denis
03 marzo 2016

http://www.osservatoreromano.va/it/news ... pesci-rosa

Dove va la Francia? Dove va l’Europa? Come rispondere alla crisi spirituale che il nostro Paese e il nostro continente attraversano? Come formulare una critica alla modernità che non sia reazionaria? Non ci si stupirà dunque se lo scambio verterà ampiamente sulla politica, nel senso lato del termine, includendo la sua dimensione spirituale. Ma al di là dei discorsi tenuti e dei temi affrontati, è lo stile a colpire. La semplicità evangelica, il contatto immediato, l’attenzione intensa. La disponibilità. L’uomo d’intuito non viene schiacciato dal peso dell’istituzione, cosa che sconvolge tanto i puristi attaccati a un papato gerarchico o dogmatico. All’inizio e alla fine del colloquio, non c’è una mano che non si sia stretta con attenzione, un volto che non si sia stato guardato. Davvero. Senza stancarsi. Il Papa stesso a un certo punto si alzerà per andare a cercare dell’acqua. Non per lui, ma per Carmen, la giovane traduttrice che ha fatto sedere al suo fianco, di fatto una militante di Esprit Civique. Ovvero come distinguere un maestro spirituale da una celebrità.

«Emmanuel Lévinas fonda la sua filosofia sull’incontro con l’altro» riassume Francesco. «L’altro ha un volto. Occorre uscire da se stessi per contemplarlo». L’avventura delle caravelle avrebbe dunque qualcosa di metafisico? «Da Magellano in poi, si è imparato a guardare il mondo a partire dal sud. Ecco perché il mondo si vede meglio dalla periferia che dal centro e io capisco meglio la mia fede a partire dalla periferia: ma la periferia può essere umana, legata alla povertà, alla salute, o a un sentimento di periferia esistenziale». Si capisce così l’importanza che questa tematica ha assunto nella predicazione di Francesco.

Da qui una riflessione su ciò che gli ispanici e gli anglofoni chiamano “globalizzazione” e noi “mondializzazione”. «C’è qualcosa che mi preoccupa», dice il Papa. «Certo, la globalizzazione ci unisce e ha dunque aspetti positivi. Ma credo che ci siano una globalizzazione buona e una meno buona. La meno buona può essere rappresentata da una sfera: ogni persona si trova a eguale distanza dal centro. Questo primo schema distacca l’uomo da se stesso, lo uniformizza e alla fine gli impedisce di esprimersi liberamente. La globalizzazione migliore sarebbe piuttosto un poliedro. Tutti sono uniti, ma ogni popolo, ogni nazione, conserva la sua identità, la sua cultura, la sua ricchezza. La posta in gioco per me è questa globalizzazione buona, che ci permette di conservare ciò che ci definisce. Questa seconda visione della globalizzazione permette di unire gli uomini pur conservando la loro singolarità, il che favorisce il dialogo, la comprensione reciproca. Affinché ci sia dialogo, c’è una condizione sine qua non: partire dalla propria identità. Se non sono chiaro con me stesso, se non conosco la mia identità religiosa, culturale, filosofica, non posso rivolgermi all’altro. Non c’è dialogo senza appartenenza».

«L’unico continente che può apportare una certa unità al mondo è l’Europa», aggiunge il Papa. «La Cina ha forse una cultura più antica, più profonda. Ma solo l’Europa ha una vocazione di universalità e di servizio».

Francesco ritorna allora sul tema del suo discorso di Strasburgo, del 25 novembre 2014, quando ha paragonato l’Europa a una nonna un po’ stanca. «Ma ecco la madre è diventata nonna» sorridecon un filo di ironia. Penso ai racconti biblici, alla vecchia Sara che ride quando viene a sapere che rimarrà incinta. La domanda può sembrare strana, ma non riesco a non farla. È troppo tardi? La nonna può ridiventare una giovane madre? «Un capo di Stato mi ha già posto questa domanda» mi risponde il Papa. «Sì, può. Ma ad alcune condizioni. La Spagna e l’Italia hanno un tasso di natalità vicino allo zero. La Francia se la cava meglio, perché ha costruito una politica familiare che favorisce la natalità. Essere madre significa avere dei figli». Ma il rinnovamento non può essere solo quantitativo. «Se l’Europa vuole ringiovanire, deve ritrovare le proprie radici culturali. Tra tutti i Paesi occidentali, l’Europa ha le radici più forti e più profonde. Attraverso la colonizzazione, queste radici hanno raggiunto persino il nuovo mondo. Ma dimenticando la propria storia, l’Europa s’indebolisce. È allora che rischia di divenire un luogo vuoto».

L’Europa è diventato un luogo vuoto?
La frase è forte. Centra l’obiettivo e fa male. Ed è anche angosciante. Perché nella storia delle civiltà il vuoto chiama sempre il pieno. E allora il Papa fa un’analisi clinica. «Possiamo parlare oggi di un’invasione araba. È un fatto sociale» afferma con distacco, come se osservasse che il tempo è freddo. Ma aggiunge subito — e i teorici della “grande sostituzione”, cara all’estrema destra, resterebbero allora delusi — «quante invasioni ha conosciuto l’Europa nel corso della sua storia! Ma ha sempre saputo superare se stessa, andare avanti per ritrovarsi poi come accresciuta dallo scambio tra le culture». Quale uomo di Stato porterà un simile rinnovamento? «A volte mi domando dove troverete uno Schumann o un Adenauer, questi grandi fondatori dell’Unione europea» sospira il Papa. E continua a parlare della crisi in Europa, minata dagli egoismi nazionali, dai piccoli mercanteggiamenti e dai giochi poco lungimiranti. «Si confonde la politica con soluzioni di circostanza. Certo, occorre sedersi al tavolo dei negoziati, ma solo se si è consapevoli che bisogna perdere qualcosa perché tutti ci guadagnino».

«La vostra laicità è incompleta... Occorre una laicità sana». Restaurare la grande Europa, reinventare la Francia. «Siamo venuti per parlarvi del nostro Paese» afferma Philippe de Roux [fondatore dei Poissons roses]. «La Francia ha bisogno di essere scossa... Quale messaggio desidera trasmetterle?». Il Papa sorride, con tono scherzoso: «Nel mondo ispanico si dice che la Francia è la primogenita della Chiesa, ma non per forza la figlia più fedele». Ma, pur affermando di doverle molto sul piano spirituale, il Papa ammette di conoscere male la realtà del nostro Paese. «Sono stato solo tre volte in Francia, a Parigi, per riunioni con i gesuiti, quando ero provinciale. Non conosco dunque il vostro Paese. Direi che esercita un certo fascino, ma non so esattamente in che senso... In ogni caso, la Francia ha una fortissima vocazione umanistica. È la Francia di Emmanuel Mounier, di Emmanuel Lévinas o di Paul Ricoeur». Un cattolico, un ebreo, un protestante!

«Da un punto di vista cristiano, la Francia ha dato i natali a numerosi santi, uomini e donne di finissima spiritualità. Soprattutto tra i gesuiti, dove accanto alla scuola spagnola, si è sviluppata una scuola francese, che io ho sempre preferito. La corrente francese comincia molto presto, fin dalle origini, con Pierre Favre. Ho seguito questa corrente, quella di padre Louis Lallemant. La mia spiritualità è francese. Il mio sangue è piemontese, è forse questa la ragione di una certa vicinanza. Nella mia riflessione teologica mi sono sempre nutrito di Henri de Lubac e di Michel de Certeau. Per me, de Certeau resta a tutt’oggi il più grande teologo».

E su un piano politico? «La Francia è riuscita a instaurare nella democrazia il concetto di laicità. È una cosa sana. Oggi uno Stato deve essere laico. La vostra laicità è incompleta. La Francia deve diventare un Paese più laico. Occorre una laicità sana [saine]». Una laicità santa [sainte], riprende garbatamente la nostra interprete, Carmen Bouley de Santiago. In poche parole, si capisce che la “sana laicità” di cui parla il Papa si oppone comunque un po’ a quella santa laicità che è divenuta la nostra religione civile. È una laicità inclusiva, che lascia spazio al senso, allo spirituale, all’espressione delle convinzioni. «Una laicità sana include un’apertura a tutte le forme di trascendenza, secondo le differenti tradizioni religiose e filosofiche. D’altro canto anche un laico può avere un’interiorità» aggiunge il Papa, accompagnando la parola con un gesto della mano che parte dal cuore. «Perché la ricerca della trascendenza non è solo un fatto [hecho], ma un diritto [derecho]». Gioco di parole molto spagnolo tra hecho e derecho che si applica perfettamente a una laicità troppo francese, che prende in considerazione il “fatto religioso”, pur volendo negare alla religione il diritto di cittadinanza rinchiudendola nella sfera privata. «Una critica che faccio alla Francia è che la laicità risulta talvolta troppo legata alla filosofia dell’illuminismo, per il quale le religioni erano una sottocultura. La Francia non è ancora riuscita a superare questo retaggio». Discorsi che non mancheranno di preoccupare coloro per i quali l’illuminismo deve restare un indispensabile punto di riferimento della Repubblica, posta al di sopra di ogni sospetto, persino della filosofia del sospetto. Ma che fanno anche reagire Jérôme Vignon [presidente delle Settimane sociali di Francia], il quale considera il quadro della laicità alla francese un po’ troppo nero e non vuole che a Roma si creda che la Chiesa è schiacciata o si schiaccia. «La sua analisi è un po’ dura, Santo Padre. In Francia si sta svolgendo un vero dibattito sulla laicità e il clero difende la visione della laicità da lei evocata». «Tanto meglio!», esclama Francesco, con aria sinceramente allegra.

Il fondo della critica rimane ed è incisivo. Una laicità troppo rigida crea un vuoto che altre forze colmano. «Quando un Paese si chiude a una concezione sana della politica finisce per essere prigioniero, ostaggio di colonizzazioni ideologiche. Le ideologie sono il veleno della politica. Si ha il diritto di essere di destra o di sinistra. Ma l’ideologia toglie la libertà. Già Platone solleva la questione in Gorgia quando parla dei sofisti, gli ideologi dell’epoca. Diceva che erano per la politica come i cosmetici per la salute. Gli ideologi mi fanno paura». In un contesto caratterizzato dall’aumento dei populismi, sul quale lo interroga in particolare il deputato Dominique Potier [presidente e cofondatore del laboratorio di idee Esprit Civique], il Papa fa riferimento a un’altra pratica della politica, fondata sulla ricerca del consenso, il senso delle responsabilità, il superamento dei divari. «Se si vuole evitare che tutti vadano verso gli estremi, occorre nutrire l’amicizia e la ricerca del bene comune, al di là delle appartenenze politiche».

«Il mio avversario è la finanza» diceva Hollande. Ma che i Poissons roses mi perdonino, questa volta è per davvero. «L’ideologia e l’idolatria del denaro» sono i due grandi mali siamesi che il Papa denuncia, collegando in modo molto originale i due concetti, per non dire due strutture di peccato, in apparenza molto distanti. «Gli avversari di oggi sono il narcisismo consumistico e tutte le parole che finiscono in “ismo”» insiste. «Ci siamo rinchiusi in una dipendenza più forte di quella provocata dalle droghe, accantonando l’uomo e la donna per sostituirli con l’idolo del denaro. È la cultura del rifiuto». Si potrebbe tradurre anche con esclusione. El descarte dice in spagnolo questo Papa, che spesso parla di “cultura dello scarto”, a proposito del modo in cui vengono trattati i più deboli, le persone anziane. «Un ambasciatore venuto da un Paese non cristiano mi ha detto: ci siamo smarriti nell’ideologia del denaro. Ecco il nemico: la dipendenza dal vitello d’oro. Quando leggo che il venti per cento dei più ricchi possiede l’ottanta per cento delle ricchezze, non è normale. Il culto del denaro è sempre esistito, ma oggi questa idolatria è diventata il centro del sistema mondiale». Davanti a questo areopago di cristiani sociali, il Papa si lancia quindi in un inaspettato elogio di Christine Lagarde, a capo del Fondo monetario internazionale (Fmi). «Una donna intelligente. Sostiene che il denaro deve essere al servizio dell’umanità e non il contrario». Per il Papa, che dice di non avere la fobia del denaro, la posta in gioco consiste nel «collegare la finanza e il denaro a una spiritualità del bene comune».

Per il Papa il rinnovamento del cristianesimo passa, come si sa, per la misericordia. «In latino è il cuore che si china davanti alla miseria. Ma se si segue l’etimologia ebraica, non è più solo il cuore a essere toccato, ma anche le viscere, il ventre materno, quella capacità di sentire in modo materno, dall’utero. In entrambi i casi si tratta di uscire da se stessi». Decentrarsi, andare verso, rischiare il dialogo. Il tema ricorrente della conversazione è quello del pontificato. La misericordia, d’altronde, per il Papa venuto dal Sud, è l’altro nome dell’umanesimo. «Mettiamo da parte la dimensione religiosa» osa dire Francesco. «La misericordia è la capacità di commuoverci, di provare empatia. Consiste anche, dinanzi a tutte le catastrofi, nel sentirsene responsabili. Nel dirsi che bisogna agire. Non riguarda quindi soltanto i cristiani, ma tutti gli esseri umani. È un appello all’umanità».

La delegazione comprende una intellettuale musulmana, Karima Berger. La nuova presidente dell’associazione degli scrittori credenti di lingua francese, che lei stessa ha ribattezzato Écriture et Spiritualités, è molto soddisfatta. L’impatto del tema della misericordia, di fatto, va al di là del mondo cristiano. Nell’islam Dio viene definito misericordioso, osserva. Il Papa coglie la palla al balzo. È rimasto visibilmente colpito dal suo recente viaggio nella Repubblica Centrafricana. «Lavoriamo molto al dialogo tra cristiani e musulmani. In Centrafrica c’era armonia. D’altronde è un gruppo che del resto non è musulmano ma che ha cominciato la guerra. La presidente di transizione, cattolica praticante, era amata e rispettata dai musulmani. Sono andato nella moschea. Ho chiesto all’imam se potevo pregare. Mi sono tolto le scarpe e sono andato a pregare. Ogni religione ha i suoi estremisti. Le degenerazioni ideologiche della religione sono all’origine della guerra». Francesco ci annuncia quindi che sta preparando un importante incontro con la più alta istituzione del mondo sunnita, l’università di Al Azhar, al Cairo, che ha avuto relazioni tese con il Vaticano in particolare ai tempi di Benedetto XVI. «Bisogna dialogare, dialogare ancora» conclude, riprendendo l’imperativo categorico che aveva formulato a proposito della globalizzazione e che è forse il segreto della sua pedagogia, della sua singolarità e della sua popolarità. Il tempo di consegnargli una copia di «La Vie» e purtroppo il nostro dialogo si conclude. Ma tutto è chiaro. Il Papa informale sa bene dove vuole portare la Chiesa: fuori dalle mura, al rischio dell’incontro.


Papa Francesco: "È in atto un'invasione araba dell'Europa, ma non è per forza un male"
Ivan Francese - Gio, 03/03/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 31806.html

Parole che non stonerebbero in bocca a Innocenzo XI, pontefice della metà del Seicento; ma che lasciano basiti quando scopriamo che a pronunciarle è stato Papa Francesco, in una recente intervista al periodico cattolico francese Vie.

Il Santo Padre ha ammesso senza timore che il Vecchio Continente è di fronte a "un'invasione", ma ha specificato subito dopo che egli non giudica negativamente il fenomeno. "Si può parlare oggi di invasione araba. È un fatto sociale - ha spiegato Francesco - uante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! E ha saputo sempre superarsi e andare avanti per trovarsi infine come ingrandita dallo scambio tra le culture."

Una conferma dell'ispirazione cosmopolita che sembra animare questo pontificato e che non piace troppo alle frange più conservatrici della galassia cattolica. Tuttavia, anche di fronte a chi è critico nei confronti dell'immigrazione incontrollata il Papa insiste nelle sue esortazioni evangeliche: "Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso... Pensate ai tanti profughi che sbarcano in Europa e non sanno dove andare!". Il Pontefice si rivolge poi agli euroscettici, domandandosi "dove si possa trovare uno Schumann o un Adenauer" dell'Europa moderna. Quindi il richiamo alla memoria: "Talvolta mi domando dove si possano trovare uno Schumann, un Adenauer, questi grandi fondatori dell’Europa moderna".

Dure, infine, le parole che il Santo Padre ha riservato alla Francia: "Una critica che faccio alla Francia è che la laicità risulta talvolta troppo dalla filosofia dei Lumi, per la quale le religioni erano una sottocultura. La Francia non è ancora riuscita a superare questa eredità. La Francia deve diventare uno Stato più laico, con un’apertura a tutte le forme di trascendenza, secondo le differenti tradizioni religiose e filosofiche."


A digo mi:
Credo che Francesco sia un Papa molto ignorante, perché non sa che gli arabi e gli islamici che nel passato hanno invaso la Spagna, poi l'Italia meridionale, Malta, Grecia e Macedonia e che si sono spinti sino a Vienna sono stati poi cacciati dalle terre europee prima conquistate; dove hanno resistito è stato soltanto in Bosnia, Albania, Kossovo e Cipro, alimentanto secoli di conflitti e di guerre civili che durano tutt'ora. Caro Papa Francesco mi pare che tu abbia tanto poco rispetto per noi autoctoni e indigeni europei; per me oltre che ignorante sei un irresponsabile. Francesco aggiornati pure sulla differenza tra arabi e islamici o mussulmani. Eppoi Francesco dicci cosa c'è di trascendente nella violenza islamica (o dottrina politico-religiosa mussulmana): forse il pregare 5 volte al giorno inneggiando alla grandezza di Allah (il più grande degli idoli) e contro i cristiani e gli ebrei e nel ramadam e nel viaggio alla Mecca e nel velo/burka e nella violenza della sharia?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » mer mar 23, 2016 10:43 am

Il Papa cattolico di Roma e la gerarchia ecclesiale vaticana e italiana, non si facciano complici del nazismo islamico e non mettano in pericolo di morte le genti europee.


PERCHE’ I CRISTIANI FUGGONO DA BETLEMME? PER GLI STESSI MOTIVI PER CUI FUGGONO DALL’IRAQ, DALL’EGITTO E DALLA SIRIA.

https://www.facebook.com/padregabrielit ... 9779172709

Il giornalista Jeremy Zipple della rivista gesuita “America” ha recentemente riportato che i cristiani stanno fuggendo in massa da Betlemme, la città natale di Gesù: nel 1990 i cristiani erano in maggioranza, mentre oggi sono circa il 15% degli abitanti.

Ma perché i cristiani di Betlemme sono in fuga? Zipple individua una sola ragione: "Dal 2003 Betlemme è circondata da un muro di tipo militare alto 8 metri", riferendosi naturalmente alla barriera di separazione che Israele ha costruito nella seconda intifada per arginare gli attentatori suicidi, e che per la stragrande maggioranza del percorso è una rete metallica che diventa un muro solo in corrispondenza di Betlemme e poche altre città.

Questa barriera riguarda sia i cristiani che i musulmani di Betlemme, eppure la popolazione musulmana è in crescita. I musulmani non sono in fuga, anzi, stanno arrivando in gran numero. La barriera e le difficoltà che comporta sono di certo un fattore negativo ma, nonostante le convinzioni di Zipple e di tanti altri cristiani occidentali, è molto più importante la ragione per cui la barriera è stata costruita, e cioè la crescita dell’islamismo all’interno dei territori palestinesi.

È importante notare che la sovranità ebraica non porta all’emigrazione dei cristiani: all’interno dello Stato di Israele propriamente detto (e cioè non nei territori controllati dall’Autorità Palestinese) la popolazione cristiana è in costante crescita da decenni. Non è un caso che Betlemme fosse in gran parte cristiana fino al 1990, perché fino ad allora Betlemme era governata direttamente da Israele. Tutto è cambiato con gli accordi di Oslo, che hanno portato al governo l’Autorità Palestinese.

L’Autorità Palestinese, per sua propria costituzione, incarna i principi della sharia. E, come tutti i sistemi basati sulla sharia, relega i cristiani a cittadini di seconda classe. La discriminazione contro i cristiani non solo è legale, ma anche sociale. Inoltre, poco dopo aver preso il potere nei territori palestinesi, Arafat ha messo in atto politiche atte a incoraggiare l’immigrazione musulmana che ne hanno stravolto il profilo demografico .

In definitiva, i cristiani stanno fuggendo da Betlemme per la stessa ragione per cui sono in fuga dall’Iraq, dall’Egitto e dalla Siria: la crescita dell’intolleranza e della violenza islamista.

https://providencemag.com/2016/03/why-a ... ns-fleeing

Il destino dei cristiani non è morire sulla croce come Cristo; perché altrimenti non avrebbe alcun senso il sacrificio o olocausto di Cristo.
Per un cristiano non ha alcun senso cercare di assomigliare a Cristo, anzi sarebbe blasfemo, perché per un cristiano Cristo è D-o e per un uomo cristiano cercare di assomigliare a D-o è il peccato mortale più grande che possa compiere contro D-o.
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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » mer mar 23, 2016 11:30 am

L'alleato del nazismo maomettano e la V colonna dell'Islam è il Papa cattolico romano Bergoglio Francesco

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... meto-I.jpg

"Grazie a papa Francesco la politica italiana sui migranti è tra le più progressiste al mondo"
L'Huffington Post
10/09/2014

http://www.huffingtonpost.it/2014/09/10 ... 98076.html

L'Italia è "una nazione che, spronata dalle parole di Papa Francesco, ha spalancato le porte del continente ai profughi delle guerre e ai disperati dell'Africa e del Medio Oriente" adottando "una delle politiche più progressive al mondo in materia di immigrazione".

Così il Washington Post descrive l'eccezionale ondata di profughi sbarcati in Italia dall'inizio del 2014 (119, 839 secondo il Viminale) e l'operazione Mare Nostrum messa in campo dal governo di Enrico Letta a fine 2013 dopo il naufragio di Lampedusa. Il quotidiano statunitense pubblica oggi online un lungo reportage da Pozzallo, il porto siciliano dove mette piede la maggioranza dei migranti recuperati in mare dalla Marina militare.

"Le associazioni umanitarie hanno criticato altre nazioni esposte all'arrivo dei migranti - principalmente la Grecia e la Spagna - per i respingimenti sommari o il maltrattamento dei rifugiati. Anche l'Italia, un tempo, stringeva accordi con i regimi autoritari del Nordafrica per fermarli prima che partissero. Ancora sono in vigore accordi di rimpatrio con l'Egitto e la Tunisia, a meno che non si tratti di minori o meritevoli di asilo politico", scrive il Washington Post.

Ciò che ha fatto cambiare la politica italiana nei confronti degli sbarchi, secondo il Washington Post, è stato il viaggio di papa Francesco a Lampedusa dopo la tragedia del 3 ottobre 2013: "Ma poi è arrivata Mare Nostrum, una strategia molto più tollerante che ha visto la luce un anno fa con la morte oltre 500 migranti (in realtà un centinaio in meno, ndr) nelle acque di Lampedusa e la visita sull'isola di Papa Francesco. Così ora il governo italiano spende oltre 12 milioni di dollari al mese per intercettare i barconi di migranti e per le operazioni di salvataggio dei fuggitivi, che vengono poi sistemati in centri di accoglienza".
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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » mer mar 23, 2016 11:39 am

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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » gio apr 21, 2016 11:48 am

Quando Bergoglio filo-islamico attaccava Ratzinger - Italia - Libero Quotidiano
di Fausto Carioti
22 Agosto 2014

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... A.facebook

Una storia di otto anni fa, accaduta a Buenos Aires, aiuta a capire la posizione adottata da papa Francesco nei confronti dell’Isis, lo «Stato islamico» che ha intrapreso una spietata caccia ai cristiani. Evitando come sempre di nominare l’islam e i fanatici islamisti, Jorge Mario Bergoglio ha invitato a «fermare l’aggressore ingiusto», ma senza «bombardare» né «fare la guerra». Una scelta che non sembra lasciare salvezza alle vittime e per questo è giudicata sterile da molti: credenti (incluso, su queste colonne, Antonio Socci) e non (è il caso di Massimo Cacciari).

In realtà questo intervento è perfettamente in linea con le idee che Bergoglio ha espresso in tanti anni: sempre improntate all’ appeasement, all’accomodamento con quelli che il papa, anche di recente, ha chiamato «i nostri fratelli musulmani». L’episodio più clamoroso risale appunto al 2006, subito dopo il discorso tenuto da Joseph Ratzinger nell’aula magna dell’università di Ratisbona, il 12 settembre. In quell’occasione il papa tedesco aveva citato una frase dell’imperatore bizantino Manuele II: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Parole, spiegò poi Ratzinger, che gli servivano per «evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione», e che non implicavano identica condanna dell’islam da parte del papa. Ma questa sottigliezza accademica e teologica non fu colta dal mondo islamico, che si scagliò compatto contro Ratzinger, il quale fu anche minacciato di morte.

A colpire il pontefice, però, furono soprattutto le accuse che gli lanciarono alcuni esponenti della Chiesa. Tra questi, l’allora arcivescovo di Buenos Aires. Il futuro papa non parlò in prima persona. A intervenire fu padre Guillermo Marcó, portavoce di Bergoglio. Parlando con l’edizione argentina del settimanale <Newsweek, usò toni durissimi: disse che quella di Ratzinger era stata una dichiarazione «infelice». E ancora: «Le parole del Papa non mi rappresentano, io non avrei mai fatto quella citazione». Concludendo: «Se il Papa non riconosce i valori dell’islam e tutto resta così, in venti secondi avremo distrutto ciò che è stato costruito in vent’anni».

Parlava Marcó, ma tutti sapevano che quelle frasi rappresentavano il pensiero del suo superiore. Così, mentre il papa difendeva le proprie ragioni dinanzi al mondo islamico, una delle voci più influenti della Chiesa latinoamericana, di fatto, si schierava dalla parte dei musulmani. Parole «inaudite», quelle del portavoce di Bergoglio, tanto che dentro le mura leonine «per un pezzo non si è parlato di altro», ha riferito un monsignore al Clarín, uno dei principali quotidiani argentini. Messo di fronte allo scandalo, Marcó sostenne di aver detto quelle cose non come addetto stampa di Bergoglio, ma in qualità di presidente dell’Istituto per il dialogo inter-religoso, altro incarico da lui ricoperto. Giustificazione poco credibile, tant’è che da Roma partirono pressioni sull’arcivescovo affinché lo sconfessasse. «Come è possibile che il suo portavoce abbia fatto simili dichiarazioni e Bergoglio non si senta obbligato a smentirlo e rimuoverlo immediatamente?» domandò al Clarín una fonte vaticana. Il sacerdote, però, rimase al proprio posto. Fu sostituito qualche mese dopo, quando a chiederne la testa, per altre ragioni, fu il ministro dell’Interno argentino, evidentemente ritenuto più importante di Benedetto XVI.

Nel frattempo il Vaticano aveva tolto uno degli uomini di Bergoglio, il gesuita Joaquín Piña, dall’incarico di arcivescovo di Puerto Iguazú: Piña aveva rilasciato alla stampa dichiarazioni simili a quelle di Marcó. Il quotidiano inglese The Telegraph, ricostruendo la vicenda, racconta che da Roma avvisarono Bergoglio che sarebbe stato rimosso anche lui, se avesse continuato a delegittimare Ratzinger. E che Bergoglio reagì cancellando il viaggio che avrebbe dovuto portarlo al sinodo convocato dal papa. La cosa non finì lì. Il 22 febbraio 2011 il nunzio apostolico in Argentina, l’arcivescovo Adriano Bernardini, proprio a Buenos Aires pronunciò un’omelia di fuoco contro i nemici di Ratzinger. Il Santo Padre, disse, è vittima di una «persecuzione», è stato «abbandonato dagli oppositori alla Verità, ma soprattutto da certi sacerdoti e religiosi, non solo dai vescovi». Molti di quelli cui si riferiva erano lì, in chiesa, davanti a lui. Bernardini, oggi nunzio in Italia, non è annoverato tra le simpatie di papa Bergoglio.
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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » sab mag 07, 2016 6:37 pm

Vargognate Françesco a dir ła buxia granda kel Coran lè on livro de paxe, vargognate Françesco, vargognate!


Il Papa: "Il Corano è un libro di pace"
Papa Francesco, di ritorno da Istanbul, ha chiesto ai leader islamici la condanna del terrorismo: "Gli stessi musulmani dicono che questo non è il Corano, il Corano è un libro di pace"
http://video.repubblica.it/dossier/il-n ... 105/183968
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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » dom mar 12, 2017 7:21 am

Convegno dell’Associazione biblica italiana: “Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria”.
11 marzo, 2017
Giulio Meotti

http://www.amicidisraele.org/2017/03/co ... e-elitaria

Dall’11 al 16 settembre a Venezia, l’Associazione biblica italiana organizza un convegno con studiosi italiani ed europei che sembra uscito dalle ombre del primo Novecento. “Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria”.

Niente meno.

L’Associazione, riconosciuta dalla Cei, di cui fanno parte esponenti del clero cattolico e protestante, 800 studiosi e professori di cultura laica e che il Papa ha salutato a Roma lo scorso settembre, discuterà delle “radici di una religione che nella sua strutturazione può dare adito a manifestazioni ritenute degeneranti”.

Degeneranti? L’ebraismo avrebbe come conseguenze spesso il “fondamentalismo” e “l’ assolutismo”. “Il pensarsi come popolo appartenente in modo elitario a una divinità unica ha determinato un senso di superiorità della propria religione”, recita il programma veneziano.

Non si è fatta attendere la risposta, durissima, dei rabbini italiani.

Giuseppe Laras, già rabbino capo di Milano e presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana, ha scritto ai vertici dell’Associazione biblica, denunciandone le posizioni, ma senza ottenere risposta. “Sono, ed è un eufemismo, molto indignato e amareggiato!”, scrive Laras nella lettera che il Foglio anticipa qui. “Certamente, indipendentemente da tutto, ivi incluse le possibili future scuse, ripensamenti e ritrattazioni, emergono lampanti alcuni dati inquietanti, che molti di noi avvertono nell’aria da non poco tempo e su cui vi dovrebbe essere da parte cattolica profonda introspezione: un sentore carsico di risentimento, insofferenza e fastidio da parte cristiana nei confronti dell’ebraismo; una sfiducia sostanziale nella Bibbia e un ridimensionamento conseguente delle radici bibliche ebraiche del cristianesimo; un abbraccio con l’islam che è tanto più forte quanto più si è critici da parte cristiana verso l’ebraismo, inclusa ora perfino la Bibbia e la teologia biblica”.

Secondo Laras, “questo programma dell’Associazione biblica italiana è la sconfitta dei presupposti e dei contenuti del dialogo ebraico-cristiano, ridotto ahimé da tempo a fuffa e aria fritta. Personalmente registro con dolore che uomini come Martini e il loro Magistero in relazione a Israele in seno alla chiesa siano stati evidentemente una meteora non recepita, checché tanto se ne dica”.

Questa teologia ha conseguenze politiche, dice Laras: “La causa dell’instabilità del medio oriente e dunque del mondo sarebbe Israele (colpa politica); la causa remota del fondamentalismo e dell’assolutismo dei monoteismi sarebbe la Torah, con ricadute persino sul povero islam (colpa archetipica, simbolica, etica e religiosa). Ergo siamo esecrabili, abbandonabili e sacrificabili.

Questo permetterebbe un’ipotesi di pacificazione tra cristianesimo e islam e l‘individuazione del comune problema, ossia noi. E stavolta si trova un patrigno nobile nella Bibbia e un araldo proprio nei biblisti”.

D’accordo con Laras i principali rabbini italiani, a cominciare da Roberto Della Rocca, responsabile dell’educazione nelle comunità ebraiche italiane.

“Non voglio fare il processo alle intenzioni”, dice al Foglio il rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib. “Ma o è uno scivolone o è qualcosa di preoccupante. Sono argomentazioni teologiche usate nel passato come arma antiebraica il Dio vendicativo degli ebrei, il Dio della giustizia contrapposto al Dio dell’amore, usate come propaganda antiebraica. Quando si usano argomentazioni del genere a noi si alzano le antenne.

La chiesa cattolica nel dialogo ebraico-cristiano ha superato queste argomentazioni. Sembra che ora vengano riprese. L’idea dell’ebraismo elitario che si sente superiore è stata usata nel passato in maniera preoccupante. È chiaramente il sospetto che si voglia avere una ricaduta sull’attualità, su Israele”.

D’accordo con Arbib il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che al Foglio dice: “O è una cosa fatta con piena coscienza e quindi gravissima, oppure non si rendono conto. Non è solo una analisi teologica, biblica, ma un discorso che si presta a essere con-testualizzato al medio oriente, con implicazioni micidiali in politica”.

Alla stesura della lettera di protesta dei rabbini ha partecipato anche un laico, David Meghnagi, docente a Roma Tre, esperto di didattica della Shoah e membro dell’Unione comunità ebraiche italiane. “Sono convinto che il convegno sia l’indice che dentro la chiesa, fra gli intellettuali e gli studiosi, gli elementi di marcionismo che l’hanno corrotta non sono stati superati”, dice Meghnagi al Foglio. “E sono presenti anche nella cultura laica che legge la Bibbia Lo si vede negli interventi di Eugenio Scalfari su Repubblica, la contrapposizione fra il Dio veterotestamentario e quello del Nuovo Testamento.

Nel 1990, alla prima giornata dell’amicizia fra ebrei e cristiani della Cei, mentre piovevano i missili su Tel Aviv da parte dell’Iraq, mi si avvicina un vescovo e mi dice: Lo sa quanta fatica noi cristiani facciamo per nobilitare il Vecchio Testamento?’.

Il linguaggio cristiano rispetto agli ebrei presenta diverse patologie, compresa la valutazione degli ebrei come popolo decaduto, di cui si eredita la primogenitura.

Solo dopo la Shoah c’è stata una rivalutazione. Nella cultura più ampia di molti laici e democratici ci sono pregiudizi che arrivano da questa visione”.

Ecco allora che in tante, troppe guerre, Israele finisce per diventare “il nuovo Erode” e i palestinesi “il nuovo Gesù”.

“Siccome non viviamo nel vuoto, la scelta di privilegiare questa riflessione si incontra con una teologia palestinese e di matrice cristiano-orientale, che trova ascolto nei movimenti pacifisti e terzomondisti, che tende a vedere l’attuale contrapposizione in medio oriente come la riedizione su più vasta scala della violenza del Dio biblico, l’ebraismo della carne contrapposto allo spirito, i valori della terra contro quelli dello spirito”, conclude Meghnagi. “Vorrei citare un articolo di Gianni Baget Bozzo uscito sul Manifesto sulla guerra di Israele come violenza biblica, o quello di Scalfari su Repubblica che parlò del Dio della vendetta. Lo si vede anche nelle vignette di Forattini. È un elemento che è passato nella cultura attraverso la demonizzazione del sionismo, la falsa innocenza della diaspora rispetto allo stato-nazione ebraico da esecrare”.


Alberto Pento
Tra i tre monoteismi del Libro, quello primario e originale è l'ebraismo, le altre sono eresie e varianti improprie.
L'ebraismo è l'ideologia religiosa più ragionevole, umana e la meno idolatra tra le tre;
mentre il cristianismo e il maomettismo o islamismo sono più idolatre, totalitarie e assolutiste;
e il maomettismo o islamismo è la più idolatra e totalitaria, la più disumana, orrenda e terrificante.


Demenzialità contro gli ebrei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2178
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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » gio mar 30, 2017 8:58 pm

Bastardi cristiani, quelli che accusano falsamente gli ebrei di essere gli assassini di Cristo
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 9669868076
Facebook ha censurato il post


Questi cristiani battisti americani accusano gli ebrei di essere gli assassini di Cristo quando in realtà a uccidere l'ebreo rabbino Cristo sono stati i romani, invasori di Israele o Palestina.
https://twitter.com/eylonalevy/status/8 ... 7657391105
https://forward.com/fast-forward/367246 ... university




Immagine
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L'antisemitismo mondiale si fonda su questa falsa accusa, costruita dai cristiani romani, sulla quale poi sono state ricamate tutte le idiozie e le falsità contro gli ebrei e Israele
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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » dom nov 19, 2017 6:50 pm

L’antiebraismo e l’antisraelismo di certi veneti marciani
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 167&t=1338


Mi a me dimando come ca se fa a esar nasionalisti veneti, par l'endependensa de ła Catałogna e esar antiebreo e antixraełian e rivar a dir robe false contro łi ebrei e Ixrael.



Io amo gli ebrei e Israele

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Re: L'oror de i cristiani antiebrei e proxlameghi

Messaggioda Berto » sab giu 20, 2020 1:47 am

L'APERTURA DEGLI ARCHIVI VATICANI SU PIO XII E' UNA DIFFICILE PROVA PER GLI STORICI
Lettera di Rav Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, al direttore di La Stampa.
19 febbraio 2020

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... __tn__=K-R


Caro Direttore,

l'apertura degli Archivi vaticani per il pontificato di Pio XII, che avverrà il 2 marzo 2020, è un evento decisamente importante. Inizia una nuova fase di studio e di interpretazione sulla base di documenti finora inaccessibili. Non sarà un processo rapido e semplice. La quantità dei documenti messi a disposizione degli studiosi è enorme. Gli argomenti trattati sono disparati, coinvolgendo ogni tipo di attività vaticana, dalla religione alla politica alla assistenza sociale in tutto il mondo. Non è materia per dilettanti, si richiedono competenze sofisticate di tipo storico, politico, archivistico, diplomatico. Alla fine rimarrà a lavorare sul campo una pattuglia esigua di studiosi impegnati per anni. Le difficoltà tecniche sono complicate dalla natura stessa del materiale che riguarda un periodo storico drammatico sul quale le interpretazioni e le passioni non si sono mai spente.

Gli storici ideali dovrebbero lavorare come se fossero in una camera sterile ed isolata, liberi da qualsiasi pregiudizio e influsso, concentrati sui loro documenti e quello che significano. Ma vai a trovare storici di questo tipo per la materia di cui parliamo. Da un lato ci sono gli apologeti a ogni costo, dall'altro gli accusatori inflessibili, ognuno con i suoi argomenti. Per amore della verità sarebbe utile trovare prove decisive in un senso o nell'altro, e potersi ricredere in base ai dati oggettivi; ma già è stato detto, e a ragione, che se ci fossero stati documenti decisivi da proporre, sarebbero stati divulgati da molto tempo, e che se ci sono effettivamente documenti decisivi non pubblicati non ci sono garanzie che vengano messi a disposizione degli studiosi.

L'ampiezza temporale del pontificato di Pio XII e la drammaticità del periodo rendono in ogni caso preziosissimo tutto il materiale finora inaccessibile. Perché certamente Pio XII non è stato solo il Papa dei giorni dell'occupazione nazista a Roma, ma il Papa di prima e di dopo, e in particolare di questo «dopo», il tempo della guerra fredda e della rigidità dottrinale e politica di Pio XII, si parla molto meno.

Ci vorranno anni per arrivare a qualche conclusione nuova, e chissà se sarà super partes e condivisibile. Ma nel frattempo bisogna stare attenti ad evitare che la linea difensiva diventi l'unica chiave di lettura a tutti i costi. Nel messaggio inviato da Papa Francesco per i 150 anni di Roma capitale è stato ricordato il 16 ottobre 1943, quando «si sviluppò la terribile caccia per deportare gli ebrei». «Allora, la Chiesa, fu uno spazio di asilo per i perseguitati: caddero antiche barriere e dolorose distanze». Ora, se è innegabile l'asilo dato a molti perseguitati nelle case religiose, e la gratitudine per questo, è anche innegabile l'altra parte della storia, quando non ci fu, proprio il 16 ottobre e nei mesi seguenti, nessuna opposizione al rastrellamento e alla deportazione. Il quadro degli eventi è molto più complesso e non si riassume in una semplificazione autoassolutoria. Quella su Pio XII non è una «leggenda nera», piuttosto una storia grigia, fatta di atti e segnali diversi. L'amicizia e la fraternità tra ebrei e cristiani alla quale siamo arrivati faticosamente e che desideriamo tutti mantenere e promuovere non può cancellare le complessità della storia precedente.

Thanks to La Stampa





Incredibile: il Papa accusa gli Usa e si schiera con chi attacca Israele
Analisi di Fiamma Nirenstein
24.02.2020
Testata: Il Giornale
Titolo: «Il Papa accusa gli Usa ma così fa il gioco di chi accusa Israele»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 24/02/2020, a pag. 18 con il titolo "Il Papa accusa gli Usa ma così fa il gioco di chi accusa Israele" l'analisi di Fiamma Nirenstein.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... QPmBumccoY

L'ultima citazione nel discorso del Papa di Bari, è bella per chi la legge da Gerusalemme, perché qui la si vede in opera ogni giorno: "Ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno le città desolate, devastate da più generazioni". È quello che accade: Gerusalemme, capitale d'Israele, tutti i giorni è più bella, più aperta, più libera per chi visita dal Santo Sepolcro alla Spianata delle Moschee, dal Quartiere Tedesco ai "mall" pieni di arabi e di israeliani mescolati nei caffè e negli acquisti; a chi si trova a dover visitare un malato negli ospedali e incontra pazienti di tutte le lingue e le religioni curati da dottori e infermieri arabi e israeliani tutti disposti a dare la vita per qualsiasi bambino; a chi va a incontri importanti nelle fabbriche dell'high tech o negli uffici del governo e della Knesset, dove deputati di tutte le etnie e religioni insieme aspettano ansiosamente le elezioni più ansiogene e incerte mai viste qui.
Le vecchie rovine sono state ricostruite, e sarebbe così interessante se il Papa, che fu svelto a condannare il riconoscimento americano di Gerusalemme capitale potesse almeno darne nota, insieme a tutta la negatività che promana dai suoi messaggi: essa davvero rischia invece che di aiutare qualsiasi atteggiamento collaborativo e pacifico, di distruggerlo, incitando la fame palestinese di consenso gratuito, il suo sempiterno "no", che ha rifiutato ogni proposta di pace e sostiene il terrorismo.
Sul Medio Oriente, l'atteggiamento di Francesco a Bari è difficile da capire fuori da schemi "intersezionali" di esaltazione del concetto di oppressione, anche quando diventa obsoleto e inesistente: lo sguardo sul Mediterraneo e il Medio Oriente si è dovuto fare più aguzzo a causa dei mille, complicati conflitti che hanno trascinato il Mare Nostrum in un bagno di sangue con cui Israele non ha niente a che fare. È vero che il conflitto fra Israele e Palestinesi è lungi dal concludersi, ma non ha paragone con le centinaia di migliaia di morti in Siria, con le aggressioni militari turche, con la guerra in Yemen, con l'espansionismo iraniano che non conosce limiti e che arma fino ai denti, oltre al suo esercito, una forza terrorista come quella degli hezbollah. le responsabilità sono di chi fa la guerra, ed è facile individuarle, senza esoterismi.
Il Papa accusa l'Occidente di essere la causa remota e sostanziali delle guerre, del terrore... Ma questa tesi sbianchetta le ambizioni dei dittatori e delle milizie terroriste mediorientali, e anche la promessa dell'Iran di cancellare Israele.
Il Papa condanna, sia pure con parole velate, il piano di pace di Donald Trump: è un peccato che si affretti a farlo mentre comincia a lavorare la commissione che deve ridefinire, in un contatto con le parti, la strada definitiva per un accordo. Quello che si vede nel piano è che si vuole svoltare rispetto agli accordi di Oslo che hanno portato solo a dinieghi successivi da parte palestinese; si vede anche finalmente che i confini del ‘67 non sono confini, ma una linea armistiziale definita dopo una guerra in cui fu la Giordania che occupava il West Bank ad attaccare Israele. Di fatto il piano ripristina l'abbandonato concetto della risoluzione dell'ONU 242 sui territori disputati e la sicurezza necessaria per ogni accordo, non ignora che ciò che è accaduto in questi anni disegna un grande rischio per lo Stato ebraico. Il piano prevede uno Stato palestinese con capitale a Gerusalemme est, promette "swap" territoriali che impongono a Israele ritiri da porzioni di terreno entro i confini sovrani. Destina 50 miliardi di investimenti allo Stato palestinese. Ripristina la verità che il popolo ebraico è nato in Israele, e là è tornato.
Il "radicalismo e il terrorismo","il settarismo" cui Francesco allude devono avere un soggetto, altrimenti l'equivoco è troppo grande. Niente nella mappa di Trump è sacrosanto: è un invito alla negoziazione con un diverso paradigma, che intanto chiede ai palestinesi di venire al tavolo. Se il Papa suggerisce che lo scopo di Trump è una trama imperialista e guerrafondaia, Abu Mazen seguiterà nel suo "no" storico, il terrorismo continuerà.




Mein Kampf

http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 130&t=2339



La verità degli archivi Vaticani Papa Pio XII era a conoscenza dell’atroce massacro degli ebrei
7 Maggio 2020

http://www.italiaisraeletoday.it/la-ver ... gli-ebrei/

Papa Pio XII era a conoscenza, da proprie fonti, dell’uccisione di massa degli ebrei durante Seconda guerra mondiale, ma i suoi collaboratori dubitarono delle informazioni ricevute, che non furono rivelate al governo degli Stati Uniti. Lo ha riferito il quotidiano israeliano Haaretz citando i primi risultati delle ricerche condotte da un gruppo di storici tedeschi negli Archivi Vaticani all’inizio di marzo, quando la documentazione attinente al Pontificato di Pio XII è stata aperta alla consultazione degli studiosi interessati a chiarire il ruolo svolto dall’allora Papa durante la tragedia della Shoah.

A causa dell’emergenza per il coronavirus gli Archivi Vaticani sono stati chiusi dopo pochi giorni, ma i ricercatori tedeschi, guidati da Hubert Wolf (professore ordinario di Storia della Chiesa all’Università di Münster e uno dei massimi conoscitori degli Archivi Vaticani), erano comunque riusciti a esaminare una serie di carte e hanno pubblicato un primo resoconto sul settimanale tedesco Die Zeit, ripreso da Haaretz. A loro avviso la Chiesa Cattolica sapeva dell’Olocausto molto prima di quando ufficialmente ammise di esserne informata e inoltre la Chiesa avrebbe deliberatamente nascosto i documenti che potevano offuscare ulteriormente la sua reputazione.

Anche il quotidiano Times of Israel si è occupato dell’argomento, citando le interviste dei ricercartori tedeschi al Washington Post e le dichiarazioni del professor Wolf al settimanale cattolico Kirche + Leben, secondo cui i documenti ora esaminati erano stati esclusi dall’opera in 11 volumi compilata dai gesuiti sull’Olocausto quarant’anni fa, apparentemente per difendere Pio XII e la sua immagine.

Pio XII, il cui nome era Eugenio Pacelli, era stato Segretario di Stato prima di diventare papa nel 1939. Negli anni che seguirono scelse di tacere sui crimini di guerra nazisti. Per questo fu definito da alcuni osservatori “il Papa di Hitler” e accusato di essersi occupato più degli interessi della Chiesa che del destino degli ebrei. A sua difesa è stato detto che il suo silenzio derivava dal timore della punizione da parte dei nazisti, se avesse condannato le deportazioni, e che si impegnò per salvare molti ebrei, dietro le quinte e non pubblicamente.

I documenti esaminati dagli storici tedeschi guidati dal professor Wolf rappresentano solo una parte dei milioni di pagine che gli Archivi Vaticani hanno reso pubbliche su decisione dell’attuale pontefice, Papa Francesco. Tra le carte i ricercatori hanno trovato una lettera inviata dagli Stati Uniti in Vaticano il 27 settembre 1942 con un resoconto dettagliato dell’uccisione su larga scala di ebrei in tutta la Polonia occupata dai nazisti, secondo Die Zeit.

Il rapporto era stato inviato un mese prima dall’ufficio di Ginevra dell’Agenzia ebraica per la Palestina al proprio ufficio negli Stati Uniti e portato in Vaticano da Myron Charles Taylor, inviato personale del Presidente Franklin Roosevelt presso il Papa. Gli storici tedeschi hanno trovato la prova che Pio XII aveva letto il rapporto il giorno in cui era pervenuto. Il rapporto parlava della distruzione del ghetto di Varsavia e affermava che tutti gli ebrei, indipendentemente dall’età o dal sesso, venivano radunati, portati fuori dal ghetto e fucilati.

Lo sterminio di massa non veniva eseguito a Varsavia, ma in campi appositamente istituiti a tale scopo. Il rapporto indicava l’uccisione di circa 50.000 ebrei a Leopoli (oggi in Ucraina occidentale, allora in Polonia) aggiungendo che, secondo un altro resoconto, 100.000 erano stati uccisi a Varsavia. Nell’intera Polonia orientale, comprese le aree occupate dai russi, non erano rimasti più ebrei in vita.

Papa Pio XII avrebbe anche appreso da questo documento che gli ebrei provenienti da Germania, Belgio, Paesi Bassi e Slovacchia erano stati trasportati nell’Europa orientale, dove erano stati massacrati. I tedeschi erano anche riusciti ad aizzare i cattolici polacchi contro gli ebrei. Una accusa particolarmente significativa alla luce delle ricerche che mostrano il notevole coinvolgimento dei polacchi a fianco dei tedeschi nella persecuzione degli ebrei.

Taylor – l’inviato di Roosevelt – chiese al Vaticano di chiarire se disponeva di informazioni a conferma di quanto rivelato nel rapporto. Taylor chiese poi che, se le informazioni fossero risultate confermate, la Santa Sede prendesse provvedimenti per allertare l’opinione pubblica e mobilitare il mondo civilizzato per porre fine ai massacri.

Da quanto ora emerso, dopo che il Papa ebbe letto la lettera e il rapporto, il Segretario di Stato vaticano Luigi Maglione scrisse: “Non credo che abbiamo informazioni che confermano questa grave notizia nel dettaglio. Corretto?”. Altri documenti mostrano, tuttavia, che all’epoca il Vaticano aveva informazioni sufficienti per confermare e completare le rivelazioni degli americani, ma che per motivazioni antisemite e politiche i funzionari vaticani scelsero di minimizzare e negare il loro valore.

Il 18 settembre, nove giorni prima che gli Stati Uniti ricevessero il drammatico resoconto, al Vaticano fu recapitato un rapporto di gravità simile da un’altra fonte. Un uomo d’affari italiano, che aveva visitato la Polonia, riferì all’assistente di Pio XII, Giovanni Battista Montini, che in seguito sarebbe diventato Papa Paolo VI, del massacro di proporzioni “sconvolgenti”, giorno dopo giorno, e della liquidazione dei ghetti ebraici in Polonia.

Ulteriori informazioni dall’interno della stessa Chiesa erano pervenute anche prima di questa testimonianza. Come è stato già reso noto, nell’agosto 1942 l’Arcivescovo ucraino Andrzej Szeptycki informò il Vaticano sulle atrocità a cui aveva assistito nel ghetto di Leopoli. Papa Pio XII non fu pronto a rispondere alla richiesta americana di una conferma del rapporto dell’Agenzia ebraica e ricevette un’altra richiesta dagli americani il 1° ottobre 1942, a fronte della quale, nella comunicazione interna al Vaticano, il Cardinale Montini scrisse che agli americani doveva essere detto che la Santa Sede “aveva sentito parlare del duro trattamento degli ebrei”, ma non aveva modo di valutare l’accuratezza delle informazioni. Una lettera in tal senso fu inviata dal Vaticano negli Stati Uniti il 10 ottobre 1942.

Nel tentativo di comprendere la posizione di Pio XII, gli storici citano un memorandum interno di un membro della Segreteria di Stato, Angelo Dell’Acqua, che metteva in dubbio l’autenticità delle informazioni fornite dall’Agenzia ebraica sullo sterminio degli ebrei di Polonia. Le informazioni devono “essere verificate”, affermava la nota, “perché anche gli ebrei tendono a esagerare facilmente”. Dell’Acqua mise anche in dubbio il rapporto dell’Arcivescovo di Leopoli, scrivendo che i cattolici orientali non erano “un esempio di affidabilità”.

Dell’Acqua aveva anche espresso il timore che la richiesta americana di conferma del rapporto dell’Agenzia ebraica fosse stata avanzata per motivi “politici” – per arrivare a un accordo pubblico tra la Santa Sede e gli Stati Uniti sulla “questione ebraica”.

Dell’Acqua avvertì che un tale passo avrebbe potuto mettere in pericolo non solo il Vaticano, ma anche la vita degli ebrei stessi, aggiungendo che gli sforzi mirati e isolati da parte dei sacerdoti, come la protesta dei vescovi francesi per l’espulsione degli ebrei, sarebbero stati sufficienti.
Due mesi dopo, nel dicembre del 1942, gli Stati Uniti ricevettero informazioni credibili sulle uccisioni di massa dal governo polacco in esilio a Londra. In seguito, il 17 dicembre, l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna diffusero una dichiarazione congiunta che condannava lo sterminio degli ebrei da parte dei tedeschi.
Papa Pio XII non la sottoscrisse, ma in un messaggio di Natale, parlò delle centinaia di migliaia di persone che erano state mandate a morte a causa delle loro identità nazionali o del loro passato, ma non usò esplicitamente la parola “ebrei”.

La documentazione ora accessibile negli Archivi Vaticani è solo una parte di un puzzle più grande, in gran parte ancora da risolvere. La Santa Sede non pubblicò alcuna dichiarazione di condanna della deportazione degli ebrei nei campi di sterminio, ma nel 1944 il Papa mandò un dispaccio al sovrano ungherese chiedendo di porre fine all’espulsione degli ebrei. L’inviato del Papa in Ungheria, Angelo Rota, è stato riconosciuto da Yad Vashem, la Fondazione che tutela la memoria dell’Olocausto, come un Giusto che salvò gli ebrei, ma gli storici dovrebbero ora essere in grado di verificare fino a che punto il Papa fu coinvolto nell’impegno di Rota.
E possono anche verificare se i sacerdoti, che in Francia e nei Paesi Bassi hanno condannato pubblicamente la persecuzione degli ebrei, agissero di propria iniziativa o su ordini segreti del Papa.

Nel corso degli anni, il Vaticano ha difeso la condotta di Pio XII, sostenendo che aveva lavorato per migliorare la situazione degli ebrei. Nel 1999, il Vaticano accettò di nominare un gruppo di storici cattolici ed ebrei che esaminasse la condotta di Pio XII nei confronti degli ebrei durante l’Olocausto, ma non tutto il contenuto degli Archivi Vaticani fu reso accessibile.
In un primo rapporto pubblicato nel 2000, il gruppo di ricerca affermò che Pio XII aveva ricevuto resoconti dettagliati sulla persecuzione degli ebrei nei paesi sotto l’occupazione nazista e che era a conoscenza delle espulsioni e delle atrocità dei nazisti. Ma aggiunse che, sulla base delle informazioni disponibili, non era chiaro se Pio XII o altri alti funzionari vaticani sapessero che questi atti facevano parte di un piano per la “Soluzione finale”, lo sterminio degli ebrei.

Il gruppo di studio sospese le attività nel 2001, dopo quella che è stata descritta come una mancata disponibilità del Vaticano a fornire i documenti necessari. Un anno fa la decisone di Papa Francesco di aprire gli Archivi Vaticani e l’avvio nel marzo di quest’anno della complessa ricerca, sospesa a causa della pandemia di coronavirus.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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