L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

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Messaggioda Berto » lun nov 01, 2021 9:29 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » lun nov 01, 2021 9:30 pm

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Messaggioda Berto » lun nov 01, 2021 9:31 pm

Israele e Vaticano, una relazione difficile
David Elber
1 Novembre 2021

http://www.linformale.eu/israele-e-vati ... difficile/

Le relazioni tra il Vaticano e Israele – e più in generale tra cattolicesimo ed ebraismo – sono state sempre molto complesse e hanno visto alti e bassi nel corso dei secoli. In particolare la nascita dello Stato di Israele nel 1948 è stata osteggiata dalla curia romana in modo “discreto” ma deciso. A dire il vero, l’opposizione vaticana si era già manifestata in occasione della creazione del Mandato per la Palestina del 1922 voluto dalla comunità internazionale per creare una patria per il popolo ebraico.

Si tratteranno qui soltanto le maggiori tappe politiche e diplomatiche che hanno caratterizzato le relazioni tra i due paesi.

La prima tappa importante di questo percorso fu la visita che compì Papa Paolo VI nel gennaio del 1964 in Israele alias Terra Santa. È molto indicativo capire come fu organizzato il viaggio del pontefice. Per prima cosa occorre ricordare che all’epoca non c’erano relazioni ufficiali tra i due paesi (il Vaticano ha riconosciuto ufficialmente Israele solo nel 1994) perciò il viaggio fu gestito dalla diplomazia vaticana in maniera alquanto “particolare”. Infatti, il Papa non atterrò in Israele ma in Giordania e da lì si recò in Israele visitando Tel Megiddo, Nazareth e Tiberiade. Durante la sua visita, il Papa non volle incontrarsi con il primo ministro israeliano ma solo con il presidente, tuttavia non nella sua residenza ufficiale, tanto è vero che il viaggio non prevedeva, volutamente, la visita papale nella parte ovest di Gerusalemme, cioè quella controllata da Israele. Però, al suo rientro in Giordania il pontefice si recò nella parte est della città, all’epoca occupata illegalmente dalla Giordania. Questo non fu, evidentemente, un ostacolo politico.

È opportuno sottolineare che la legge giordana vietava espressamente a tutti gli ebrei (non solo agli israeliani) il permesso di accedere a Gerusalemme, contro ogni legge internazionale, oltre che morale e civile. Durante tutta la sua permanenza e i suoi incontri, Papa Paolo VI, non pronunciò mai la parola “Israele”. Una spiegazione ufficiale di ciò non fu mai data però varie fonti riportano la tesi che pronunciando quel termine, avrebbe potuto venire inteso come un riconoscimento de facto dello Stato ebraico.

Occorre aspettare trent’anni dalla visita di Paolo VI per assistere al riconoscimento ufficiale di Israele da parte della Santa Sede. Il riconoscimento fu preceduto il 30 dicembre del 1993 dall’accordo noto come “Accordo Fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato di Israele” seguito da un protocollo d’intesa addizionale. Successivamente fu aperta una nunziatura in Israele e un’ambasciata israeliana a Roma. Questo importante passo diplomatico fu la conclusione di un lungo processo politico e diplomatico portato avanti da Papa Giovanni Paolo II. Esso rientrava nel più vasto processo politico che vedeva Israele protagonista della firma degli accordi di Oslo con l’OLP di Arafat e la pace siglata con la Giordania di Hussein nel 1994. Così dopo 45 anni dalla sua fondazione Israele e il Vaticano finalmente allacciarono relazioni diplomatiche ufficiali.

L’accordo fondamentale e le relazioni ufficiali non hanno però risolto completamente le divergenze tra i due paesi e che riguardano principalmente questioni economiche e di proprietà relative a istituzioni, chiese e comunità cattoliche presenti sul territorio israeliano. Nel 1997 fu firmato un ulteriore accordo, il “Legal Personality Agreement”, finalizzato a disciplinare meglio le relazioni e le competenze dei funzionari vaticani accreditati in Israele.

In base a questi accordi fu, inoltre, stabilita una Commissione Bilaterale Permanente incaricata di risolvere i contenzioni ancora aperti. Dopo venti anni di lavori, nel 2017, la commissione produsse una proposta che non ha soddisfatto nessuna delle due parti. Così, ad oggi, le questioni fiscali e quelle relative all’extra territorialità invocate dalla Santa Sede sono ancora aperte.

Prenderemo in esame solamente un punto molto importante uscito da questi accordi, quello relativo all’impegno vaticano di non entrare nelle questioni politiche e diplomatiche di Israele, così come recita il paragrafo 2 dell’Articolo 11 dell’Accordo Fondamentale del 30 dicembre 1993, che si riporta in originale:

“The Holy See, while maintaining in every case the right to exercise its moral and spiritual teaching-office, deems it opportune to recall that, owing to its own character, it is solemnly committed to remaining a stranger to all merely temporal conflicts, which principle applies specifically to disputed territories and unsettled borders.”

“La Santa Sede, fermo restando in ogni caso il diritto di esercitare il suo magistero morale e spirituale, ritiene opportuno ricordare che, per il proprio carattere, è solennemente impegnata a rimanere estranea a tutti i conflitti meramente temporali, tale principio si applica specificamente ai territori contesi e alle frontiere non ancora definite”.

Questo importante paragrafo resterà lettera morta. Infatti, è già del 15 febbraio del 2000 la conclusione del primo accordo politico tra la Santa Sede e l’OLP di Arafat. Arafat fu poi ricevuto da Giovanni Paolo II nel 2001, nel pieno della Seconda Intifada con tutti gli onori di un Capo di Stato.

Dal 2003 iniziò la demonizzazione di Israele da parte del Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, posizione che non venne mai contrastata dal Vaticano. Mentre è del 2008 il “Kairos Palestine Document” che è una netta presa di posizione politica filo palestinese in aperto contrasto con gli impegni assunti nel 1993, documento mai stato smentito dalla Santa Sede.

Il 17 dicembre 2012, Papa Benedetto XVI, dopo un incontro ufficiale con Abu Mazen, proclamò ufficialmente l’appoggio della Santa Sede all’ingresso della Palestina come Stato osservatore nell’Assemblea Generale dell’ONU. Successivamente, nel febbraio del 2013 il Vaticano riconobbe ufficialmente lo Stato di Palestina, mentre il 26 giugno 2015 venne stipulato un formale accordo tra i “due Stati”. Le relazioni diplomatiche vennero stabilite da Papa Francesco che, nel 2017, autorizzò l’apertura ufficiale dell’ambasciata palestinese presso il Vaticano.

Così, nel volgere di “soli” 12 anni (è bene ricordare che la Santa Sede ce ne ha messi 45 per riconoscere Israele) la posizione del Vaticano è passata da una dichiarata “estraneità a tutti i conflitti temporali” e per di più “specificamente ai territori contesi e alle frontiere non ancora definite” ad una posizione ufficiale completamente schierata in favore della parte palestinese.

Tale posizione merita un’ulteriore considerazione, perché oltre a trovarsi in violazione dell’accordo firmato con Israele, essa viola l’Articolo 24 dei Patti Lateranensi firmati con l’Italia nel 1929 (sono un trattato internazionale) che recita:

“La Santa Sede, in relazione alla sovranità che le compete anche nel campo internazionale, dichiara che essa vuole rimanere e rimarrà estranea alle competizioni temporali fra gli altri Stati ed ai congressi internazionali indetti per tale oggetto, a meno che le parti contendenti facciano concorde appello alla sua missione di pace (…)”.

Inutile specificare che Israele non ha mai chiesto l’intervento della Santa Sede. Nonostante ciò, il Ministero degli esteri israeliano e i diversi primi ministri che si sono succeduti non sono mai andati oltre ad un “forte disappunto” per questa continua e sistematica violazione degli accordi sottoscritti.

La posizione vaticana si è palesata anche in occasione delle visite papali che si sono succedute a partire da quella di Giovanni Paolo II nel marzo del 2000. La visita del Papa polacco, così come quelle successive compiute da Benedetto XVI (maggio 2009) e da Papa Francesco (maggio 2014) hanno avuto tutte una caratterizzazione politica e non solo pastorale in aperto contrasto con l’intesa siglata nel 1993. Ma mentre la visita di Giovanni Paolo II ebbe anche toni conciliatori con il popolo ebraico e cortesi nei confronti di Israele, quelle dei suoi successori, soprattutto quella di Francesco, sono ricordate per il contenuto politico decisamente a senso unico.

Durante la sua visita a Gerusalemme, Benedetto XVI non si è volle fermare al museo della Shoah a causa della presenza di una targhetta che evidenziava “il silenzio” di Papa Pio XII durante le deportazioni e lo sterminio degli ebrei europei. In modo particolare si distinse Papa Francesco, al punto di correggere Benjamin Netanyahu in merito alla lingua parlata da Gesù, come se specficare che fosse aramaico invece di ebraico mettesse tra parentesi la sua appartenenza ebraica. Non corresse invece Abu Mazen, quando, durante la Messa celebrata a Betlemme, il presidente dell’Autorita Palestinese si riferì a Gesù come a un “palestinese”. In entrambe le occasioni i due pontefici perorarono la nascita di uno Stato palestinese all’interno dei confini inesistenti del 1967.

In conclusione, le relazioni tra il Vaticano e Israele sono ancora lontane da un vera normalizzazione. Molti passi sono stati compiuti dal 1948 a oggi ma molti di più devono essere fatti affinchè vi sia un reale riconoscimento dello Stato ebraico da parte del mondo cattolico.



Piero Mazzucca
Sempre antisemita.
Da Ettore Ribolzi, L’altra faccia di Desmond Tutu, «Cristianità», n. 144-145, anno 1987
…Nel 1984, invitato a una riunione del Gruppo dei Deputati Ebrei Sudafricani, Desmond Tutu ha affermato che «Secondo il Nuovo Testamento gli ebrei devono soffrire. Pertanto metteremo ciò in pratica, se prenderemo il potere»; poi che «gli ebrei sono i maggiori sfruttatori dei neri perciò devono soffrire»; infine che «non ci sarà simpatia per gli ebrei quando i neri prenderanno il posto dei bianchi».

Angelo Di Consiglio
Una tempo mi domandavo com'era possibile che certi "personaggi", a maggior ragione quelli come Desmond Tutu, che avevano sperimentato sulla propria pelle razzismo e quant'altro, potessero "cadere in certe affermazioni, e, di conseguenza, in certi atteggiamenti...razzisti", poi..."ho compreso più che bene: "semplicemente" sono antisemiti, ops antisionisti, ari-ops verosimilmente antigiudaici!
E, per inciso, Nelson Mandela, era pure peggiore!

Ono Haposai
Ma abbiamo la più pallida idea di dove sta andando a finire il Sudafrica? Molti neri di una certa età rimpiangono il passato o almeno la sua sicurezza. Sono stato in albergo a Durban 11 anni fa...nella strada che passava vicino all'albergo...al semaforo, per terra c'erano ancora i vetri sporchi di sangue altro. Per prendere l'orologio ad un automobilista....gli avevano sparato alla tempia...su una macchina nuova di zecca., ultimo modello di BMW....poteva prendersi l'auto, l'orologio ed il portafoglio...senza spargimento di sangue! La vita ha perso valore adesso c'è il razzismo verso i bianchi...che vogliono sterminare e lo stanno facendo. Tutti si voltsno dall'altra parte, non i ricchi paesi musulmani....che iniziano ad investire nell'islamizzazione! Momento favorevole...e devono ringraziare anche l'Arcivescovo.....buffo no?


Francesco Birardi
Siccome non credo affatto che l'arcivescovo Tutu (e i tantissimi come lui) fosse stupido o che ignorasse la realtà della situazione israeliana, è evidente che in lui (e nei tantissimi come lui) primeggiava una scelta ideologica di campo. Una scelta quindi che escludeva qualsiasi oggettività, come pure qualsiasi posizione realmente cristiana. Semplice IPOCRISIA, insomma. E questo vale per lui e per i tantissimi come lui.

Marco Leati
Un certo mondo va alla rovescia.
I clandestini sono equiparati alle vittime della Shoah da una figura che ha sofferto lei stessa I campi di sterminio, ma se 4 imbecilli
manifestano mostrando impropriamente la Stella di Davide, questi vengono denunciati.
Si insorge ad ogni elezione contro l'imminente pericolo di antisemitismo salvo poi ospitare un terrorista antisemita.
Decine di Boldrini, Merlino, calciatori e piloti si inginocchiano per un certo Floyd, nero ovviamente, ma se si assassina un bianco italiano "chissenefrega"!
Per i Fiano si fa la ramanzina al cattivo politico di destra israeliano ma se fa le stesse cose il Sig. Rabin, quest'ultimo è un puro esempio da seguire.
Mattarella fa appello alla Costituzione ma se i suoi amici la calpestano va bene lo stesso.
Il NO VAX è considerato un untore ma tre esperti (o considerati tali) che cantano una canzoncina pro vaccino sono eroi.
Potrei continuare, ma meglio di no, basta ricordare questi esempi....
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Re: L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » dom dic 26, 2021 7:54 pm

La manifestazione antisemita in Polonia al grido di «Morte agli ebrei». Il governo israeliano: «Inorridito»
14 novembre 2021

https://www.open.online/2021/11/14/polo ... tra-video/

«Morte agli ebrei», ma anche «No a Polin (Polonia in ebraico, ndr), sì a Polska (Polonia in polacco, ndr)»”. Sono alcuni degli slogan che sono stati ripetuti a gran voce dai partecipanti alla manifestazione di estrema destra organizzata giovedì scorso, 11 novembre, in Polonia, dai forti accenti antisemiti. Un evento per il quale il ministro degli esteri Yair Lapid – figlio di un ebreo sopravvissuto alla Shoah – si è detto «inorridito». E ha chiesto alle autorità di Varsavia (che già hanno condannato l’episodio) di agire attivamente contro gli organizzatori. Per celebrare la Giornata nazionale dell’Indipendenza durante il raduno è stata data alle fiamme una copia dello “Statuto di Kalisz” con cui otto secoli fa fu regolarizzata la presenza ebraica in Polonia.

Episodi come questi, come spiega Haaretz, sono esacerbati dalle crescenti tensioni tra Israele, Polonia e la comunità ebraica polacca per l’approvazione di una legge del 2018 che limita la possibilità di richieste di restituzione per le proprietà rubate agli ebrei dai nazisti durante la seconda guerra mondiale e nazionalizzate dai comunisti del Dopoguerra. Una legge molto criticata da Israele, e che ha spinto entrambi i paesi a richiamare i rispettivi ambasciatori. Il giornale ha poi raccontato che condanne per l’episodio sono giunte dai ministri polacchi degli esteri e degli interni. Yari Lapid, ministro degli Esteri israeliano, ha sollecitato il governo polacco ad agire «senza compromessi contro quanti hanno preso parte a questa sconvolgente manifestazione di odio».


Alberto Pento
Non esiste alcun motivo sensato per odiare gli ebrei, ebrei che non hanno mai fatto alcun male ai polacchi.
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Re: L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » dom dic 26, 2021 7:54 pm

ANTISEMITI PER SEMPRE
Dragor Alphan
15 novembre 2021

https://www.facebook.com/dragor.alphan. ... 1775023766

La Chiesa Cattolica ha l'antisemitismo nel suo DNA e per una buona ragione: l'ha creato lei. Non dico la base, anche se ho ricevuto come tutti gli ebrei la mia razione di ′′ hai ucciso Gesù." Ma i vertici della Chiesa sono da sempre di un antisemitismo che fa impallidire quello di Hi-Tler. Iniziando, tutti i papi sono antisemiti. ′′ Ma Woytjla..." dirà qualcuno. ′′ Ma Ratzinger..." Smettila, sono antisemiti come gli altri. Li avete mai sentiti pronunciare la parola ′′ Israele "? Questo rifiuto è un genocidio simbolico? Negano agli ebrei il diritto all'esistenza.
La Chiesa Cattolica si considera infallibile. Non le piace essere dimostrato il contrario. Aveva maledetto il popolo ebreo, condannando i ′′ deicidi ′′ a vagare per sempre senza mai avere una patria. Orbene, non solo gli ebrei hanno una patria ma questa patria è un paese di eccezionale livello sociale, scientifico, culturale creato in soli 70 anni, un'impresa unica nella storia.
Per la Chiesa cattolica è uno schiaffo terribile, umiliante, scottante. Questa offesa mette in discussione tutta la sua credibilità. Deve lavare la vergogna a qualsiasi costo, è questione di onore. Sappiamo quanto sia vendicativa. Questa vendetta si manifesta ogni giorno in tutti i modi possibili.
La Chiesa cattolica ha impiegato 40 anni per riconoscere lo Stato di Israele. L ' ha fatto contro il cuore, soprattutto sotto pressione internazionale. Ma lei ci ha messo 10 minuti per riconoscere l'inesistente ′′ Stato p@lestinien ". Non aspettava altro: legittimare lo Stato che ha fatto del genocidio degli ebrei la sua ragione di vita.
Tutta la sua politica mira a genocidare gli ebrei. Deve dimostrare che la sua maledizione è efficace. La stampa sembra la fotocopia delle pagelle di Hamas e OLP. La sua politica sostiene fortemente i mu-sul-m@ns, i peggiori nemici degli ebrei. I genocidi più feroci, i ass@ssins con le mani ancora pesanti di sangue sono ricevuti con tutti gli onori in Vaticano.
La Chiesa cattolica ha adottato l'articolo 7 della Carta di Hamas: ′′ L ' ora non arriverà finché le pietre e gli alberi non avranno detto: ′′ Musulmano, servo di Dio Un ebreo si nasconde dietro di me, vieni e uccidilo. ′′
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Re: L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » dom dic 26, 2021 7:55 pm

È morto l’arcivescovo anglicano Tutu, e molti oggi ne piangono la scomparsa.
Non entro nel merito di quanto fece per il suo Sud Africa, ma di sicuro di Israele non aveva capito molto. Visitò anche lo Yad Vashem, ma poi diceva che Israele sarebbe nata grazie alla Shoah. E anche altro diceva sullo Stato di Israele. Ma adesso che è m orto, non serve ricordarlo.
Ma tutto serve in questi anni per vincere il premio Nobel, ed essere premiato da un presidente come Obama (ma io ragiono diversamente).
Emanuel Segre Amar
26 dicembre 2021

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 7179449700


UN CURRICULUM ESEMPLARE

Niram Ferretti
26 dicembre 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il Nobel per la pace Desmond Tutu se ne è andato a 90 anni. Il suo impegno anti-apartheid in Sud Africa, il suo attivismo militante, gli conferì ampia notorietà. Negli anni diventò un totem, sempre dalla parte "giusta" della storia e del "progresso" in tutte le sue declinazioni. Porte aperte ai migranti, suicidio assistito, strizzata d'occhio al movimento LGBT. Per Il Corriere della Sera, era uno che
"ha sempre lottato per difendere gli oppressi e coloro che non avevano diritti".
In questo curriculm esemplare, come poteva mancare un attestato indispensabile, l'antisionismo?
Per Tutu, in Israele vigeva e vige l'apatheid. Memorabile una sua frase, "Quello che viene fatto ai palestinesi ai checkpoints è il tipo di cosa che abbiamo sperimentato in Sud Africa".
Nessuno che gli abbia mai detto, "No arcivescovo, quello che è stato fatto in Sud Africa ai neri da parte dei bianchi si basava sul segregazionismo razziale: i neri vivano in enclavi separate, non potevano frequentare le scuole dei bianchi, salire sugli stessi mezzi pubblici, avere posti di governo o di rilevo all'interno della società. Istuire questo paragone, arcivescovo, non solo è contro ogni verità, ma è del tutto demenziale".
Nessuno che gli avesse spiegato che i checkpoints sono posti di blocco militari istituiti per verificare i flussi arabi in entrata e in uscita dai territori della Cisgiordania e altrove all'unico scopo di tutelare la sicurezza aggiungendo poi, "Vede arcivescovo Tutu, lei che ha avuto a cuore libertà dei neri contro il regime razziale del Sud Africa, dovrebbe avere anche a cuore la libertà degli israeliani, quella, per esempio, di non esplodere sugli autobus, nei ristoranti e nei caffè, come avveniva sistematicamente dal 2000 al 2005. Dovrebbe starle a cuore la loro libertà di potersi garantire la sicurezza, anche se, purtroppo, ancora oggi, nonostante i checkpoints e una serrata vigilanza, qualche terrorista palestinese riesce ad ammazzare qualche ebreo, fortunatamente non più con la regolarità e la sistematicità del passato, e questo non perchè i palestinesi che prima lo facevano oggi sono diventati buoni, ma perchè Israele li ha messi in condizione di nuocere di meno".
Chissà se avrebbe ascoltato. Probabilmente no, perché per lui, "gli oppressi" erano i palestinesi. E aveva ragione, ma non, come pensava, oppressi da Israele ma da decenni di OLP e poi di Autorità Palestinese, dai loro stessi fratelli di sangue arabi (e non arabi ma tutti indistintamente nazi maomettani antisemiti).
Tutu relativamente a Israele amava la fiction e non la realtà, come tutti coloro i quali, alla pari di lui, sposavano e sposano l'idea che in Israele gli arabi si trovano nella stessa situazione dei neri in Sud Africa all'epoca dei bantustan.
Riteneva, ovviamente, che la situazione a Gaza fosse responsabilità di Israele e non di Hamas, così, nel 2009 si recò in un villaggio vicino a Ramallah per rendere omaggio alla tomba di un ragazzo palestinese ucciso dal fuoco israeliano durante una protesta, "pacifica" organizzata da Hamas contro la barriera difensiva che separa Gaza da Israele. Era in compagnia del principe degli antisionisti americani, Jimmy Carter, e di altri provati antisionisti come l'ex presidente irlandese Mary Robinson e l'ex premier norvegese Gro Brundtland. Ciliegina sulla torta, non poteva mancare il suo sostegno al BDS.
Così si suggella un curriculum esemplare.


Piero Mazzucca
Sempre antisemita.
Da Ettore Ribolzi, L’altra faccia di Desmond Tutu, «Cristianità», n. 144-145, anno 1987
…Nel 1984, invitato a una riunione del Gruppo dei Deputati Ebrei Sudafricani, Desmond Tutu ha affermato che «Secondo il Nuovo Testamento gli ebrei devono soffrire. Pertanto metteremo ciò in pratica, se prenderemo il potere»; poi che «gli ebrei sono i maggiori sfruttatori dei neri perciò devono soffrire»; infine che «non ci sarà simpatia per gli ebrei quando i neri prenderanno il posto dei bianchi».

Angelo Di Consiglio
Una tempo mi domandavo com'era possibile che certi "personaggi", a maggior ragione quelli come Desmond Tutu, che avevano sperimentato sulla propria pelle razzismo e quant'altro, potessero "cadere in certe affermazioni, e, di conseguenza, in certi atteggiamenti...razzisti", poi..."ho compreso più che bene: "semplicemente" sono antisemiti, ops antisionisti, ari-ops verosimilmente antigiudaici!
E, per inciso, Nelson Mandela, era pure peggiore!

Ono Haposai
Ma abbiamo la più pallida idea di dove sta andando a finire il Sudafrica? Molti neri di una certa età rimpiangono il passato o almeno la sua sicurezza. Sono stato in albergo a Durban 11 anni fa...nella strada che passava vicino all'albergo...al semaforo, per terra c'erano ancora i vetri sporchi di sangue altro. Per prendere l'orologio ad un automobilista....gli avevano sparato alla tempia...su una macchina nuova di zecca., ultimo modello di BMW....poteva prendersi l'auto, l'orologio ed il portafoglio...senza spargimento di sangue! La vita ha perso valore adesso c'è il razzismo verso i bianchi...che vogliono sterminare e lo stanno facendo. Tutti si voltsno dall'altra parte, non i ricchi paesi musulmani....che iniziano ad investire nell'islamizzazione! Momento favorevole...e devono ringraziare anche l'Arcivescovo.....buffo no?


Francesco Birardi
Siccome non credo affatto che l'arcivescovo Tutu (e i tantissimi come lui) fosse stupido o che ignorasse la realtà della situazione israeliana, è evidente che in lui (e nei tantissimi come lui) primeggiava una scelta ideologica di campo. Una scelta quindi che escludeva qualsiasi oggettività, come pure qualsiasi posizione realmente cristiana. Semplice IPOCRISIA, insomma. E questo vale per lui e per i tantissimi come lui.

Marco Leati
Un certo mondo va alla rovescia.
I clandestini sono equiparati alle vittime della Shoah da una figura che ha sofferto lei stessa I campi di sterminio, ma se 4 imbecilli
manifestano mostrando impropriamente la Stella di Davide, questi vengono denunciati.
Si insorge ad ogni elezione contro l'imminente pericolo di antisemitismo salvo poi ospitare un terrorista antisemita.
Decine di Boldrini, Merlino, calciatori e piloti si inginocchiano per un certo Floyd, nero ovviamente, ma se si assassina un bianco italiano "chissenefrega"!
Per i Fiano si fa la ramanzina al cattivo politico di destra israeliano ma se fa le stesse cose il Sig. Rabin, quest'ultimo è un puro esempio da seguire.
Mattarella fa appello alla Costituzione ma se i suoi amici la calpestano va bene lo stesso.
Il NO VAX è considerato un untore ma tre esperti (o considerati tali) che cantano una canzoncina pro vaccino sono eroi.
Potrei continuare, ma meglio di no, basta ricordare questi esempi....
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Re: L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » mar feb 21, 2023 3:11 am

La banalizzazione della Memoria
27 gennaio 2022

http://www.linformale.eu/la-banalizzazi ... a-memoria/

L’antisemitismo in Europa nel corso dei secoli, ha assunto forme poliedriche che hanno toccato anche personaggi di grande cultura e intimamente democratici. In questa ottica è interessante ricordare un episodio, poco noto al grande pubblico, avvenuto tra il primo ministro francese Georges Clemenceau e il leader sionista Haim Weizmann in occasione delle trattative che si svolsero a Parigi al termine del Primo conflitto mondiale. Però prima di entrare nello specifico dell’episodio è opportuno ricordare velocemente chi fosse Clemenceau e sottolineare il clima culturale nel quale visse.

Georges Clemenceau nacque in una famiglia repubblicana fortemente anticlericale, si laureò in medicina (professione a cui non si applicò molto). Dotato di una vasta cultura in campo letterario e filosofico si dedicò con passione al giornalismo. Divenne, nel corso degli anni, uno stimato politico e un grande statista: ricoprì varie cariche ministeriali e fu primo ministro durante le trattive di pace a Versailles nel 1919.

Ebbe grande notorietà durante gli anni del processo Dreyfus, che spaccò letteralmente la Francia in due. Durante le manifestazioni più violente di carattere antisemita scatenate dalle forze reazionarie e nazionaliste della società francese, prese senza esitazioni le difese del capitano ebreo alsaziano. Assieme ad Emile Zola, nel 1898, fu uno degli artefici che portarono alla riapertura del caso e alla sua riabilitazione (Dreyfus non ottenne la piena assoluzione a causa del clima politico pesantemente antisemita dell’epoca ma dovette fare richiesta di grazia). Non ebbe esitazioni ad attaccare le frange più antisemite definendole “clericali e bigotte”.

Aveva numerosi amici ebrei, tra i quali si possono ricordare Luis Mullem, Arthur Meyer, Jacques e Joseph Reinach e Cornelius Herz che fu uno dei maggiori finanziatori del suo giornale La Justice. Suo figlio Michel sposò una donna ebrea, Ida Michnay, originaria dell’attuale Slovacchia. In pratica Clemenceau era senza dubbio l’equivalente dell’odierno politico e attivista “progressista”.

In Francia, il clima politico e sociale – durante l’attività giornalistica e politica di Clemenceau – era contrassegnato da un pesante antisemitismo nonostante la Francia fosse lo Stato europeo più “tollerante” e che per primo aveva riconosciuto i pieni diritti civili e religiosi alla componente ebraica della cittadinanza. Questa apparente contraddizione non deve stupire. Larghe fasce della popolazione non aveva ancora pienamente accettato che gli ebrei francesi, grazie alla Rivoluzione del 1789, avessero gli stessi pieni diritti di tutti gli altri cittadini e restavano ancorati agli stereotipi e ai pregiudizi dei secoli precedenti. Per di più, numerosi ebrei non essendo più costretti a vivere nei ghetti e potendo accedere a tutti i mestieri e alle cariche (anche pubbliche) in poco tempo avevano iniziato a ricoprire importanti posizioni in tutti i campi. Questa ascesa sociale era vista, negli ambienti nazionalisti e cattolici, con diffidenza, stupore e odio. Come si vedrà a proposito di Clemenceau questo pregiudizio non era assente neanche a sinistra. Che lui stesso fosse imbevuto di analoghi pregiudizi antiebraici traspare numerose volte nei suoi scritti e nelle frasi da lui pronunciate con amici, collaboratori o avversari politici.

Si scorge in Clemenceau una vera e propria ambivalenza nei confronti degli ebrei; da un lato dimostrava ammirazione nei loro confronti in quanto singoli individui con molta cultura, perfettamente integrati nella società francese e che ne condividevano i valori. Sostanzialmente ammirava molto gli ebrei “depurati” della loro “ebraicità”, dall’altra, con quelli che desideravano conservare le tradizioni e la cultura ebraica aveva una posizione molto meno tollerante e ricca di stereotipi, come si evince dagli scritti prodotti dopo vari soggiorni nell’Europa dell’Est.

È utile ricordare, come esempio, che in occasione dell’accettazione da parte di Alfred Dreyfus della grazia del Presidente della Repubblica, nel 1899, Clemenceau affermò che “il temperamento degli ebrei non li spinge ad affrontare la battaglia”. Questo tipico stereotipo antiebraico (smentito dalla percentuale di ebrei caduti in tutte le guerre che era ben superiore alla loro percentuale sulla popolazione complessiva) non teneva conto di quello che Dreyfus aveva passato nei cinque anni precedenti e soprattutto delle possibilità quasi nulle di ottenere il ribaltamento di un’accusa costruita a tavolino dalle massime cariche dell’esercito francese.

L’Episodio

Haim Weizmann era il capodelegazione dell’Organizzazione Sionista presente a Parigi per perorare la causa del popolo ebraico al fine della ricostituzione di una patria nazionale ebraica, nel futuro riassetto generale del Medio Oriente fuoriuscito dal pluri secolare dominio turco. Il 27 febbraio, Weizmann aveva discusso un proprio memorandum contenente le richieste sioniste davanti al Consiglio delle Grandi potenze. Aveva già ottenuto l’appoggio britannico e in linea di massima anche quello delle altre Potenze. Clemenceau non era presente all’incontro in quanto ancora convalescente a causa dell’attentato subìto pochi giorni prima.

Quando Weizmann e Clemenceau si incontrarono molto brevemente, come testimoniò un ufficiale britannico presente all’incontro (il colonnello Richard Meinertzhagen), dopo una veloce descrizione delle richieste a nome del popolo ebraico fatta da Weizmann, Clemenceau disse: “Noi cristiani non possiamo perdonare gli ebrei per aver crocifisso Cristo”. Questa frase racchiude bene duemila anni di antigiudaismo cristiano.

La prima considerazione da fare in merito a Georges Clemenceau è che non si può certo accusare di avere coltivato nel passato posizioni pregiudiziali verso gli ebrei, come dimostra chiaramente il caso Dreyfus. Tuttavia va rilevato che all’epoca del processo, Clemenceau era all’opposizione e non al governo. In occasione dell’incontro con Weizmann, Clemenceau era a capo dell’esecutivo francese e vedeva minacciate le prerogative francesi in “Terra Santa” dalle richieste ebraiche. Il fatto di dover rinunciare al solo protettorato dei Luoghi Santi del cristianesimo era visto come una minaccia agli interessi francesi. Se a questo aggiungiamo lo stress per l’attentato subìto e i forti contrasti con i britannici e gli arabi di Feisal per interessi molto divergenti in Medio Oriente, si capisce chiaramente che sotto la spinta di una forte pressione anche il “laico e anticlericale” Clemenceau, non sia riuscito a contenere il riaffiorare del plurisecolare astio antiebraico presente nella cultura europea.

È importante rilevare che parole di quel tenore le espresse unicamente a Weizmann e non ad esempio a Feisal con il quale ebbe dissapori ben più gravi che portarono ad una rapida rottura tra i due. Viene spontaneo ipotizzare che l’acceso anticlericalismo di Clemenceau fosse reale fintanto che riteneva la Chiesa una minaccia per la Repubblica francese ma non avesse molto a che fare con il suo antigiudaismo. Per capire meglio l’ambivalenza di Clemenceau è necessario analizzare nel dettaglio la frase riferita a Weizmann, che comincia con l’inciso “Noi cristiani”. È interessante la scelta del “noi” che ha il duplice significato di specificare che egli stesso lo è (quindi si fa portavoce delle istanze di tutti i cristiani) e se c’è un noi, evidentemente c’è un “voi” che è interpretato come un antagonista, in questo caso, non perdonabile a causa delle colpe dei suoi antenati.

“Non possiamo perdonare gli ebrei per aver crocifisso Cristo”, è una affermazione in linea di continuità con la tradizione antigiudaica del cristianesimo più conservatore che Clemenceau aveva combattuto. Da questa frase si può trarre una considerazione fondamentale, la presenza irriducibile di un substrato culturale, o giacimento, così radicato da condizionare anche le élite più “progressiste”. Tutto ciò risulta essere ancora più sconcertante se consideriamo il contesto nel quale fu fatta questa accusa: una conferenza internazionale di pace dai contenuti squisitamente politici e diplomatici.

In pratica, Clemenceau, facendosi forza della falsa accusa di deicidio, pone Weizmann e tutto il movimento sionista su un piano moralmente inferiore al suo e a quello degli altri governi cristiani. Le conseguenze politico-diplomatiche di questo atteggiamento sono chiare: “voi” non potete trattare alla pari ma dovete accontentarvi di quello che decidiamo “noi cristiani”. A ben vedere questo atteggiamento è analogo a quello che ancora oggi si ha nei confronti di Israele, non fondato su un rifiuto teologico cristiano ma su un rifiuto religioso e politico islamico riassunto nella persuasione che Israele sia nato nella colpa e dunque meriti di essere trattato con regole diverse da quelle che valgono per tutti gli altri Stati.

Per comprendere meglio il clima del tempo (che, fondamentalmente è il medesimo di oggi) è utile riportare anche un altro giudizio espresso da un economista della delegazione britannica, niente di meno che John Maynard Keynes, il quale, riferendosi ad un consulente finanziario presente nella delegazione francese, Louis Klotz, così si espresse,”Klotz rimanda a tutti l’immagine dell’orribile ebreo che stringe la borsa dei soldi”. La “colpa” di Klotz era quella di rimanere rigido in merito alle richieste per le riparazioni tedesche nei confronti delle Francia dopo quattro anni di una devastante guerra che non aveva precedenti. Di posizioni rigide durante le trattative di Parigi ve ne furono parecchie e portate avanti da molti delegati ma nessuno venne giudicato in modo analogo. Un altro esempio di come l’antisemitismo fosse trasversale e ben diffuso nelle élite politiche, anche progressiste, ben prima del sorgere del nazismo.

In conclusione duemila anni di antisemitismo, declinato di volta in volta nelle sue molteplici forme di antigiudaismo, antisemitismo e antisionismo, si manifesta anche inconsapevolmente e non solo non riesce ad essere cancellato, ma sviluppa, come un virus, nuove varianti.


I mistificatori e la Shoah

Niram Ferretti
27 Gennaio 2022

http://www.linformale.eu/i-mistificatori-e-la-shoah/

Il Giorno della Memoria, che si celebra oggi, ha un significato chiaro e indiscutibile, la commemorazione della Shoah. Per questo motivo venne istituito dall’Assemblea Generale dell’ONU, il 21 novembre del 2005, con la Risoluzione 60/7. Il 27 gennaio fu scelto come data simbolica essendo il giorno in cui Auschwitz venne liberato dall’Armata Rossa. Nessuno pensò di istituire in quella stessa data la commemorazione di altri genocidi. Non avrebbe avuto senso farlo e non ha senso farlo. Ogni genocidio, ogni sterminio, ha la sua specificità, il suo bisogno di essere ricordato. Tutte le vittime della follia e della violenza umana pari sono, ma al di là dell’ovvietà di questa affermazione e della facile retorica a cui si presta, resta il fatto che per modalità, organizzazione, finalità, la decisione presa dal Terzo Reich di eliminare ogni ebreo vivente in Europa, e non solo in Europa, se il progetto hitleriano di dominio si fosse realizzato, (come ha ricordato Matthias Kuntzel in un articolo da noi pubblicato in questi giorni), non ha precedenti storici. Non li ha avuti prima non li ha avuti dopo.

Nel corso degli anni, al di là del negazionismo vero e proprio, sono stati fatti diversi tentativi di relativizzare la Shoah. Un aspetto ricorrente di questi tentativi è quello di inserire il genocidio degli ebrei all’interno di una categoria più ampia, che sposti l’attenzione dalla sua specificità. In questo senso, oggi, gli ebrei sterminati dai nazisti troverebbero una collocazione insieme ad altri assassinati dal regime: rom, omosessuali, testimoni di Geova, anarchici, ecc. tutti rubricabili sotto la meta-categoria delle vittime. La Vittima è infatti diventata il totem di una nuova dogmatica laica, per cui non conterebbero più le ragioni e le modalità del suo esserlo, quanto il fatto, appunto di esserlo.

Gli ebrei sterminati nella Shoah vengono così trasformati nel paradigma facile con cui altri morti possono essere paragonabili ad essi, come, ad esempio, i migranti morti in mare. L’enormità del divario che separa queste morti, ovvero le ragioni che le hanno provocate, diventano irrilevanti, l’unica cosa che conta è riconoscersi in un indifferenziato sentimento di cordoglio. Perché oggi, più che mai, tutto è giocato sul sentimento e sul dispositivo ricattatorio che esso implica. Se infatti si provano a fare delle distinzioni, si tenta di separare gli uni dagli altri, immediatamente si è accusati di essere al meglio insensibili, al peggio razzisti. Non solo. Agli ebrei che ricordano la più grande tragedia della loro storia, viene rimproverato di essere monopolisti della memoria, così come, in passato e ancora oggi li si accusava e li si accusa di monopolizzare la finanza, la politica, finanche la storia. È il vecchio rictus antisemita per cui gli ebrei avrebbero un potere eccessivo, anche quello di avere imposto il ricordo del più spaventoso crimine commesso nei loro confronti. E non pochi ebrei, pur di scostare da sè questa accusa, cercano di non attaccarsi a questo giorno, di mostrarsi di manica larga, aperti ad accogliere irenicamente anche altre vittime all’interno di un unico grande calderone vittimario pur di non essere accusati di essere eccessivamente identitari, l’accusa che sempre è stata loro rivolta nel corso dei secoli da chi voleva e vorrebbe che sparissero.

Se è vero che esiste il rischio di fare della Shoah, del suo ricordo istituzionalizzato, una sorta di unicum che si erigerebbe in vetta ed isolato nel mezzo di tutti gli stermini e i genocidi della storia, vi è sempre più, il rischio opposto e speculare di volerne ridurre la portata storica, il significato. Tra questi due estremi la ragione ci indica la via giusta, quella di affermarne l’unicità e l’imparagonabilità, non per trasformarlo in culto, ma perchè solo in questo modo si può fare storia, aderendo cioè ai fatti.

La Shoah è il culmine di secoli di antisemitismo, è cioè, l’evento terminale di una ininterrotta istigazione all’odio che non ha eguali nel corso della storia. Non si tratta di diminuire altri genocidi, si tratta di spiegare perchè questo genocidio in particolare ha una natura essenzialmente diversa da tutti gli altri. Non è un privilegio, non esistono privilegi nell’odio e nell’orrore, esiste però una eziologia che permette di comprendere come e perchè esso si è potuto generare.

Il tentativo di ridimensionre la Shoah, di diluirla, ha anche un altro risvolto, ed è quello di attaccare, attraverso di essa, Israele. Un libro come quello di Norman Finkelstein, pupillo di Noam Chomsky, L’industria dell’olocausto, uscito nel 2002, in cui si accusa Israele di sfruttare la memoria della Shoah per potersi presentare come uno Stato vittima e così immunizzarsi dalle critiche per i crimini che esso perpetrerebbe nei confronti dei palestinesi, ne è un esempio evidente.

Lo Stato ebraico diventa così il bersaglio della critica alla specifica identità della Shoah, ritenuta troppo marcata, divisiva, gerarchica, come è reputato intollerabile che Israele sia lo Stato degli ebrei, nato con il presupposto di dare ad essi una nazione.

Una operazione come quella del Festival delle Memorie di Ferrara, poi diventato Settimana delle Memorie, lavora proprio in questa direzione. Inserendo la Shoah in una serie di giornate dedicate anche ad altri genocidi o stermini, la trasforma in un episodio in mezzo a un lungo e inerrestabile processo di violenza che si dovrebbe, per coerenza, fare risalire all’antichità. Non potendolo fare, ci si limita a questo espediente demagogico. Bisogna fare “memorie” non “memoria”, anche se, guarda caso, per farlo si sceglie la settimana che culmina proprio il 27 di gennaio con il ricordo del genocidio degli ebrei.

Operazioni come queste sono trasparenti nel loro intento e vanno respinte con fermezza. Per tutti i genocidi e gli stermini che si desiderano ricordare ci sono dodici mesi a disposizione, gennaio è riservato a quello degli ebrei. Il resto è solo strumentale.
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Re: L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » mar feb 21, 2023 3:11 am

David Neuhaus, l’ex ebreo convertito diventato odiatore di Israele
Sandro Magister, vaticanista, diffonde le sue menzogne su L’Espresso
Testata: L'Espresso
30 novembre 2022
Pagina: 25
Autore: Sandro Magister
Titolo: «Una patria comune per ebrei e palestinesi. Il Vaticano abbandona la soluzione dei due Stati»

https://www.informazionecorretta.com/ma ... 0&id=88169

Ancora nel gennaio di quest’anno, parlando di Israele e di Palestina al corpo diplomatico, papa Francesco diceva di voler “vedere questi due popoli arrivare a vivere in due Stati fianco a fianco, in pace e sicurezza”. Ma oggi non lo ripeterebbe più. Perché nei giorni scorsi, per la prima volta dopo molti decenni di costante adesione alla soluzione dei due Stati, la Santa Sede ha detto che è giunta l’ora di “ripensare la ripartizione”. E di puntare piuttosto a “l’uguaglianza di israeliani e palestinesi in qualunque quadro politico possa evolversi la situazione”, anche in un solo Stato. A segnare la svolta è stata “La Civiltà Cattolica”, la rivista dei gesuiti di Roma pubblicata con l’autorizzazione previa, riga per riga, del papa e della segreteria di Stato, in un articolo in data 19 novembre col titolo: “Ripensare la ripartizione della Palestina?”. L’autore dell’articolo è un gesuita dal profilo molto singolare, David M. Neuhaus, di famiglia ebrea tedesca emigrata in Sudafrica negli anni Trenta, nato a Johannesburg nel 1962, mandato in Israele da adolescente a studiare e lì affascinato dall’incontro con monache venute dalla Russia, battezzato a 25 anni nella Chiesa cattolica e poi entrato nella Compagnia di Gesù, prima negli Stati Uniti e poi in Egitto, ma sempre rimasto ebreo e israeliano, anzi, dal 2009 al 2017 vicario del patriarcato latino di Gerusalemme per i cattolici di lingua ebraica in Israele, nonché professore al Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme. L’articolo di Neuhaus comincia col ricordare quando e come nacque l’idea dei due Stati: “Settantacinque anni fa, il 29 novembre 1947, le Nazioni Unite approvarono la Risoluzione 181, che divideva la Palestina in due Stati: uno ebraico e l’altro arabo-palestinese. Lo Stato israeliano è entrato a far parte dell’ONU nel maggio 1949. Invece, non esiste ancora uno Stato pienamente membro della Palestina, sebbene, a distanza di 65 anni dall’approvazione della Risoluzione 181, il 29 novembre 2012, l’ONU abbia accordato alla Palestina la condizione di ‘Stato osservatore non membro’, ovvero una posizione che essa condivide soltanto con la Santa Sede”. Trent’anni prima, nel 1917, la Santa Sede aveva espresso contrarietà alle parole del ministro degli esteri britannico, Lord Arthur Balfour, a favore di “un focolare nazionale per il popolo ebraico” in Palestina, pur nel rispetto dei “diritti civili e religiosi delle comunità non ebree” lì presenti. Ma nel 1947 essa approvò l’idea della ripartizione, e ancor più volentieri quella di un controllo delle Nazioni Unite su Gerusalemme e dintorni, come un “corpus separatum” in attesa di una futura sistemazione negoziale. I due Stati, però, non nacquero, e nemmeno lo statuto speciale per Gerusalemme. Gli arabi rifiutarono la ripartizione e fu guerra, vinta da Israele che si aggiudicò il 78 per cento del territorio conteso. All’epoca, la popolazione complessiva era di circa 1.845.000 residenti: 608.000 ebrei e 1.237.000 arabi. Di questi ultimi, circa 700.000 si videro costretti a lasciare il territorio occupato da Israele e chiamarono Nakba, catastrofe, questo loro esodo forzato. Ebbene, Neuhaus collega la Nakba alla Shoah, lo sterminio degli ebrei, ed è proprio sull’onda di questo ragionamento che arriva ad avanzare dubbi sulla soluzione dei due Stati: “Molti insistono sul fatto che la Shoah non sia paragonabile ad altri eventi, e qui non intendiamo fare confronti. […] Tuttavia il piano di ripartizione, progettando una patria per gli ebrei sulla scia della Shoah con la speranza di fare spazio anche a una patria araba palestinese, mise in moto la Nakba. Fu una conseguenza necessaria? Il dibattito accademico, politico e speculativo che vorrebbe rispondere al quesito non cambia la realtà derivante da quegli eventi: l’istituzione di uno Stato definito ebraico ha portato a relegare i palestinesi ai margini della storia. […] La decisione di ripartire la Palestina, ‘due Stati per due popoli’, si basa appunto sulla convinzione post-Shoah che il popolo ebraico abbia bisogno di una patria sicura e che ciò non dovrebbe significare che i palestinesi perdano la loro. Ma la sicurezza ebraica può essere compaginata con la giustizia palestinese? Oggi la soluzione dei due Stati è ancora attuale?”. A quest’ultima domanda Neuhaus risponde no. Perché “se si osserva la realtà sul campo dopo decenni di invasione israeliana delle terre ulteriormente occupate nella guerra del 1967, con l’incessante costruzione di insediamenti ebraici, di strade israeliane e di altre infrastrutture, la soluzione dei due Stati oggi sembra poco realistica”. Anzi, prosegue Neuhaus, c’è di più e di peggio: “A partire dal 2004, alcuni hanno sostenuto che il concetto appropriato per definire la situazione attuale è quello dell’apartheid. Negli ultimi anni, l’accusa che Israele utilizzi un sistema di apartheid per dominare i palestinesi è stata persino allargata dai territori occupati allo stesso Stato di Israele e al suo controllo sui cittadini arabi palestinesi di Israele”. A sostegno di questa accusa di “apartheid”, Neuhaus cita una dichiarazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, riunito a Karlsruhe, in Germania, nel settembre del 2022, pur non condivisa da alcuni membri dello stesso Consiglio. La conseguenza che Neuhaus deriva da questo stato di cose è che in campo politico e diplomatico “l’attenzione si stia lentamente spostando verso un mutato vocabolario”, la cui parola chiave è “uguaglianza”. Anche la demografia, a suo giudizio, spinge in questa direzione: “oggi in questi luoghi vivono fianco a fianco sette milioni di ebrei israeliani e sette milioni di arabi palestinesi”, due milioni dei quali risiedono in Israele, circa un quarto della popolazione, e “chiedono uguali diritti esprimendo al tempo stesso una crescente delusione nei confronti del processo politico in atto nel Paese”. Quindi “la lotta per l’uguaglianza tra ebrei israeliani e arabi palestinesi fa parte integrante del tentativo di risolvere il conflitto in corso”. Insomma, “poiché l’eventualità della ripartizione – in una realtà in cui Israele ha quasi annesso gran parte dei territori occupati durante la guerra del 1967 – sembra ogni giorno più dubbia, questo potrebbe essere il momento giusto per rafforzare la coscienza della necessità di una lotta per l’uguaglianza di israeliani e palestinesi, in qualunque quadro politico possa evolversi la situazione”. Già nel 2019, fa notare Neuhaus, i vescovi cattolici di Terra Santa si erano detti scettici sulla soluzione dei due Stati, e invece convinti che l’uguaglianza dei diritti fosse la soluzione giusta: “Nel passato abbiamo vissuto insieme in questa terra, perché non potremmo viverci insieme anche in futuro? Questa è la nostra visione per Gerusalemme e per tutto il territorio chiamato Israele e Palestina, che è posto tra il fiume Giordano e il mare Mediterraneo”. E anche il sentire maggioritario dei cittadini dei due popoli si è già discostato dalla prospettiva dei due Stati, scrive Neuhaus. “In un sondaggio del settembre 2022 dell’Israel Democracy Institute, solo il 32 per cento degli ebrei israeliani si è detto favorevole a tale soluzione. E secondo un sondaggio condotto nell’ottobre 2022 dal Palestinien Center for Policy and Survey Research, l’appoggiava solo il 37 per cento dei palestinesi presenti in Palestina”. E i cristiani che risiedono nella regione? A loro riguardo, l’ultimo rapporto di “Aiuto alla Chiesa che soffre” tratteggia un quadro statistico a due facce. In Israele e in Palestina insieme, dove gli ebrei sono il 49 per cento e i musulmani il 43,5 per cento, i cristiani sono oggi l’1,5 per cento dell’intera popolazione, in cifre assolute 217.000, dei quali un po’ più della metà greco-cattolici melchiti. Ma mentre in Israele i cristiani sono 182.000, il 2,6 per cento, un punto e mezzo in più dell’anno precedente, in Palestina sono calati a picco, dal 18 per cento del 1948 all’1 per cento di oggi. E questo loro esodo non sembra aver fine.


Gino Quarelo
L'autore ha dimenticato di ricordare che Israele (o Palestina) aveva smesso di essere a sovranità ebraica per svariati secoli non per volontà degli ebrei (che non l'hanno mai ceduta, o venduta o regalata e/o abbandonata) ma per effetto prima della violenta invasione e occupazione romana e poi per le violente invasioni e occupazioni nazi maomettane araba prima e ottomana poi, che hanno violato i diritti umani, civili e politici degli ebrei, sterminandoli in parte e in parte cacciandoli dalla loro terra Israele.
I cosidetti palestinesi (arabo nazi maomettani) sono i discendenti e /o gli appartenenti a quest'ultima categoria di invasori.
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Re: L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » mar feb 21, 2023 3:12 am

Una vergogna umana

Chi è il prof negazionista della Shoah e No Vax che ha interrotto lo spettacolo sullo sterminio degli ebrei

https://www.facebook.com/luca.neri.393/ ... CPLnESGzfl

Pietro Marinelli frequentava gli incontri del partito della Meloni. È anche un sostenitore di Putin. I colleghi professori hanno scritto una lettera di scuse
Il prof con Giorgia Meloni dopo il Convegno "Popoli e sovranismo" al Teatro Nuovo in piazza San Babila
Negazionista, no Vax, filorusso e sostenitore della raccolta firme contro la partecipazione del presidente ucraino Zelensky al festival di Sanremo. Basta farsi un giro sul suo profilo Facebook, costantemente aggiornato e ricco di commenti praticamente su ogni fatto di attualità (dalla figura di Benedetto XVI al cessate fuoco chiesto da Putin per il Natale ortodosso), per avere un’idea di chi cosa pensi Pietro Marinelli, il professore di diritto dell’istituto superiore milanese“Marie Curie-Pietro Sraffa che, alla vigilia del Giorno della Memoria, ha interrotto brutalmente uno spettacolo teatrale a cui erano presenti 200 studenti, accusando l’attrice in scena di «gonfiare i numeri» dell’Olocausto e di "dire solo quello che vi fa comodo".
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Re: L'orrore dei cristiani antisemiti e filo nazi maomettani

Messaggioda Berto » mar feb 21, 2023 3:12 am

PER LA PRIMA VOLTA IN POLONIA CONDANNATO UN PRETE PER ANTISEMITISMO
Progetto Dreyfus
20 febbraio 2023

https://www.facebook.com/progettodreyfu ... 7kYfbfjRFl

Per la prima volta in Polonia un sacerdote viene condannato per antisemitismo. Padre Michał Woźnicki è un prete cattolico di Poznan, all’inizio di questo mese è stato condannato da un giudice per le parole espresse in un sermone nell’ottobre del 2021. “Gli ebrei nel mondo hanno assunto il ruolo di sanguisuga, una zecca, un corpo che vive sul un altro corpo, e cresce fino a portarlo alla morte per poi sceglierne un altro”. La comunità ebraica polacca ha acclamato il verdetto ricordando che Woźnicki fosse apertamente contro Papa Francesco che considera “un eretico”. Il sacerdote sconterà la pena trascorrendo 30 ore al mese ai servizi sociali per sei mesi, ai giornalisti ha commentato la sentenza: “Sono stato condannato per aver predicato, gli ebrei non mi amano molto perché io amo Gesù. Come non ebreo, riconosco il re ebreo mentre gli ebrei non fanno lo stesso con il loro re”.



Polonia: storica condanna ad un sacerdote cattolico per i suoi sermoni antisemiti
Luca Spizzichino
15-02-2023

https://www.shalom.it/blog/news/polonia ... i-b1127541

Un prete polacco è stato condannato per incitamento all’odio per i suoi sermoni contro gli ebrei. Padre Michał Woźnicki, sacerdote cattolico della città di Poznan, infatti, era sotto processo per un sermone dell’ottobre 2021. “Gli ebrei nel mondo hanno assunto il ruolo di sanguisughe, di zecche, che vivono sul corpo dell'ospite, conducendolo alla morte", avrebbe detto nel sermone incriminato secondo quanto riportato dai media polacchi. Il prete avrebbe anche detto che gli ebrei sono in combutta con il diavolo.
Woźnicki è stato citato in tribunale dal gruppo Otwarta Rzeczpospolita, che si dedica alla lotta contro l'antisemitismo e la xenofobia in Polonia. "Questo non è stato il primo sermone antisemita di Woźnicki, ma il primo di cui si è occupato l'ufficio del pubblico ministero".
A inizio febbraio è arrivata la condanna. Il sacerdote dovrà svolgere 30 ore di servizio comunitario al mese per i prossimi sei mesi, secondo l'ordine emesso da un giudice all'inizio di questo mese.
"Woźnicki è ben noto per le sue diatribe antisemite e le tirate anti-chiesa (ha chiamato papa Francesco un eretico, ndr)", ha detto il rabbino capo della Polonia, Michael Schudrich, alla rivista ebraica americana Jewish Telegraphic Agency. “Il tribunale polacco ha emesso un chiaro verdetto secondo cui l'incitamento all'odio antisemita è illegale in Polonia. Siamo fiduciosi che i tribunali polacchi continueranno a ritenere altri colpevoli di questo crimine”.
Padre Michał Woźnicki sta affrontando sanzioni anche dalla Chiesa. Infatti, il prete polacco è stato sospeso dal suo pulpito. Essendo a tutti gli effetti ancora un sacerdote ordinato, la sua condanna è rivoluzionaria secondo l’associazione Otwarta Rzeczpospolita che ha insistito perché affrontasse le accuse.
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