Israele una buona democrazia e una grande civiltà

Israele una buona democrazia e una grande civiltà

Messaggioda Berto » mer apr 10, 2019 7:39 pm

Il leader, i rosiconi e le ghigliottine di cartone
10 aprile 2019
Niram Ferretti

http://www.italiaisraeletoday.it/il-lea ... 2JGDwtW02g

Eccoli a rosicare, come si dice a Roma. Netanyahu si appresta al suo quinto mandato consecutivo come premier. Un record. Benny Ganz ha ottenuto un ottimo risultato, non c’è che dire, ma la sua coalizione non ha i numeri sufficienti per diventare maggioranza. Funziona così nelle democrazie. Si va a votare e dopo il voto si contano i voti e chi ne ha di più ha vinto. Però per quelli che volevano Netanyahu rimosso, che lo vogliono in prigione, questo risultato è disfunzionale.

Si sono attaccati alle toghe dei giudici, hanno portato ghigliottine di cartapesta in piazza, ci hanno detto che Netanyahu è come Ceausescu (Ehud Barak), che è come Erdogan (Benny Gantz), ma nonostante questo il Likud ottiene più voti del 2015 e fornisce la migliore prestazione elettorale dal 2003, quando con Sharon, che non era al centro di una forsennata campagna di delegettimazione giudiziaria, il Likud ottenne 38 seggi.


È fallito l’assalto di Benny Gantz, Moshe Ya’alon, Gabi Ashkenazi e Yair Lapid a Netanyahu

Non hanno ancora capito che cercare di disarcionare i leader politici attraverso le procure non paga più, che per disarcionarli, in una democrazia, occorre andare alle urne. Ma per capirlo bisogna essere democratici, e loro non lo sono.

Ora urleranno ancora più forte che Israele si avvia alla dittatura, che è solo questione di giorni. Bene. Che si trasferiscano altrove. Non qui in Italia dove ci stiamo avviando a un’altra dittatura, quella di Salvini, ce lo dice Scalfari, e se lo dice lui…non negli Stati Uniti, dove c’è un altro potenziale dittatore, ma ci sono molti altri paesi ospitali, la Svizzera per esempio.

Netanyahu ha diverse pecche. Non è un decisionista, ma un tattico, è troppo politicamente scaltro, gli piace gestire e non cambiare, la cautela è la sua filosofia, ma come antagonisti ha una compagnia di nani e ballerine che non sono assolutamente in grado di competere con lui. Quindi bentornato, nella speranza che cambi un po’ pelle, diventi più trumpiano, dia seguito alla sua promessa elettorale di annettere l’Area C in Cisgiordania, e si dia da fare per riformare l’Alta Corte. Si rivolga per questo ad Ayelet Shaked, ha un ottimo programma.



Il “Re” ancora in sella
Niram Ferretti
10 Aprile 2019

http://www.linformale.eu/il-re-ancora-i ... jw2HUI_mqo

Tra i dati che emergono chiari dalle elezioni israeliane appena concluse, uno si staglia in modo netto, il Likud ha portato a casa il suo migliore risultato dal 2003 con 35 seggi conquistati alla Knesset, sotto solo di tre seggi rispetto a quelli conquistati da Ariel Sharon all’epoca. La differenza è che Sharon, nel 2003, non era stato al centro di inchieste giudiziarie che avrebbero potuto portarlo a un rinvio a giudizio come è accaduto a Benjamin Netanyahu. Ciò significa che nonostante la serrata campagna di delegittimazione nei suoi confronti per abuso di ufficio e corruzione, si è confermato ciò che con lucido buonsenso scrisse qualche settimana fa Alan Dershowitz, “In una democrazia, le critiche alla relazione tra media e governo dovrebbero essere lasciate agli elettori , non ai pubblici ministeri”. E così è stato. Con una vittoria limpida sul partito Blue e Bianco guidato da Benny Gantz, il quale, debuttando sulla scena elettorale come principale antagonista di Netanyahu, ha ottenuto lo stesso risultato, 35 seggi in parlamento, Netanyahu, in base ai voti complessivi ottenuti dalla propria cordata partitica, si appresta a ottenere l’incarico per la formazione del nuovo governo con, a suo vantaggio, 65 seggi a disposizione su i 120 disponibili.

Dopo dieci anni consecutivi da primo ministro, il più scaltro, carismatico e smaliziato politico israeliano, si conferma nuovamente, quel “Re” di Israele, (ha Melech), che i suoi numerosi e agguerriti avversari politici hanno cercato e sperato di rimuovere dalla scena.

La vittoria di Netanyahu evidenzia in modo plastico come la parte maggioritaria degli elettori ritenga che nonostante le inchieste a suo carico, a proposito delle quali, sempre Alan Dershowitz ha dichiarato, “Non ci sono prove sufficienti di un reato, ritengo molto pericoloso iniziare a rinviare a giudizio le persone basandosi sulle negoziazioni con i giornali. È quello che fanno i politici”, Netanyahu sia ancora sulla piazza il leader più credibile, nonostante la novità Gantz per guidare il paese.

Hanno sicuramente pesato in questa ennesima affermazione del primo ministro in carica, i grandi cadeaux politici che gli ha fornito con larghezza, Donald Trump: dalla dichiarazione di Gerusalemme capitale di Israele, dallo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, dalla rescissione dell’accordo sul nucleare iraniano, alla decisione di riconoscere la sovranità israeliana sul Golan. E ci possono essere pochi dubbi sul fatto che il presidente americano sia particolarmente soddisfatto nel vedere confermato un uomo con il quale ha stretto un solido sodalizio personale e le cui vedute politiche relative al Medio Oriente risultano fortemente convergenti.

Si apre dunque una nuova prospettiva, quanto nuova sarà tutto da vedere, a cominciare dalla dichiarazione dirompente di Netanyahu di volere annettere l’Area C della Cisgiordania. I fatti diranno se in questa nuova legislatura che si annuncia, Bibi haMelech saprà essere più decisionista e risoluto di quanto abbia saputo essere fino ad oggi, in cui si è dimostrato oltre a un infaticabile promotore di Israele e un abile tessitore di alleanze, assai cauto nel modificare assetti fondamentali dello status quo.
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » gio apr 11, 2019 6:16 pm

I nazi comunisti antisemiti e antisraeliani

Trump dice di volere la pace ma festeggia la vittoria di Netanyahu
Pierre Haski
11 aprile 2019

https://www.internazionale.it/opinione/ ... AUF-i_IKTM

La reazione più bizzarra al risultato delle elezioni israeliane è stata quella di Donald Trump. Il 10 aprile il presidente degli Stati Uniti ha infatti dichiarato che le possibilità di una pace tra israeliani e palestinesi sono “aumentate” con la vittoria di Benyamin Netanyahu.

A stupire, evidentemente, non è il fatto che Trump esulti per la vittoria di Netanyahu – anche perché Washington è il principale alleato internazionale di Israele insieme a Vladimir Putin – quanto piuttosto che il presidente degli Stati Uniti possa affermare che questa vittoria favorirà il processo di pace tra israeliani e palestinesi.

Il motivo di questo stupore è semplice: il primo ministro israeliano non è stato incaricato dagli elettori di lavorare per la pace. Al contrario, la questione palestinese è stata la grande assente della campagna elettorale, con due eccezioni: i dibattiti sulla sicurezza dopo ogni incidente con Hamas a Gaza o dopo le violenze in Cisgiordania e la promessa fatta da Netanyahu alla vigilia del voto di annettere alcune aree della Cisgiordania in cui si trovano gli insediamenti dei coloni israeliani.

La convergenza di interessi internazionali permetterà a Israele di agire liberamente

Dopo poco più di due anni trascorsi alla Casa Bianca, Trump ha annunciato un piano di pace per la Palestina. Il presidente ha confidato le sue intenzioni al genero Jared Kushner, che ha aumentato i viaggi nella regione ma non ha ancora prodotto il fantomanitco piano.

Mercoledì Washington ha annunciato che succederà presto, senza aggiungere dettagli, ma nessuno pensa davvero che questa amministrazione – la stessa che l’anno scorso ha trasferito l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme e successivamente ha riconosciuto l’annessione delle alture del Golan da parte di Israele – possa realmente trovare una soluzione a uno dei conflitti più inestricabili del pianeta.

È significativo che la Casa Bianca si sia astenuta da qualsiasi commento all’annuncio della possibile annessione di alcune aree della Cisgiordania, una manovra che violerebbe la risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza dell’Onu sui territori conquistati da Israele in occasione della guerra del giugno 1967.

Il primo ministro israeliano ha vinto la sua scommessa è sarà probabilmente alla guida di una coalizione nettamente spostata a destra e sostenuta dai coloni, contrari a qualsiasi evacuazione.

Netanyahu ha l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti e quello, meno appariscente ma altrettanto concreto, della Russia di Putin e dell’Arabia Saudita, spinta dall’ostilità nei confronti dell’Iran. Questa convergenza di interessi internazionali permetterà a Israele di agire liberamente.

I palestinesi, invece, appaiono pesantemente indeboliti e divisi in fazioni, hanno perso la fiducia nei dirigenti e ormai mancano di prospettive.

Resta il fatto che la retorica di Netanyahu e l’appoggio di Donald Trump non costituiscono una risposta politica a un secolo di conflitti. Il primo ministro israeliano è padrone della situazione, ma in Medio Oriente non sempre le ragioni del più forte sono necessariamente le migliori.





https://www.facebook.com/iki.ro/posts/10217485950333009

I comunisti Italiani osano da una vita a criticare Israele, unica democrazia in tutto il M.O. dove esiste una solida democrazia nella quale hanno il diritto di voto ebrei, cristiani e musulmani. Tali comunisti del manifesto pubblicano le parole di un fascista palestinese, Hanan Ashrawi: "gli israeliani hanno votato per l'apartheid". Pretendo che il manifesto pubblichi immediatamente un elenco dei paesi arabi dove esiste un sistema democratico e scrivono quanti ebrei ci sono in questi paesi. Vi anticipo che da questi paesi arabi, dominati da monarchie o ditttature, sono stati espulsi (salvo marocco), tutti gli ebrei gia' negli anni 50. In questi paesi i libri piu' venduti dopo il Corano sono Mein Kampf e i Protocolli dei Savi di Sion, libri che ti inietano nelle vene antisemitismo. Manifesto, vergognati!




https://ilmanifesto.it/edizione/il-mani ... A66lWTr4ws
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » ven apr 12, 2019 7:53 pm

Vi spiego perché Netanyahu ha vinto le elezioni in Israele. Parla Fiamma Nirenstein

aprile 2019

https://formiche.net/2019/04/elezioni-i ... pUXpgTGM2s


La vittoria della coalizione di destra, capeggiata dall’attuale (e anche futuro) primo ministro Benjamin Netanyahu, è pressoché certa. Secondo l’esperta autrice e giornalista attualmente Fellow presso il Jerusalem Center for Public Affairs, Fiamma Nirenstein, i risultati attuali manifestano il sentimento realista della popolazione israeliana. Ecco perché.

Cosa rivela questo esito?

Israele sta premiando l’incredibile quantità di benefici che i tredici anni di Netanyahu alla carica di primo ministro hanno portato allo Stato. Stiamo parlando di un Paese minuscolo che si presenta con 42mila dollari di pil pro capite e un tasso di disoccupazione praticamente inesistente. Fondato in un contesto geografico privo di petrolio, nonché circondato da stati nemici, Israele si ritrova oggi ad essere tra le economie più importanti al mondo, primo Paese per numero di start up, con un investimento di oltre il 4% del Pil totale in ricerca, una crescita media annua del 3% e una rete di relazioni internazionali che conta anche diverse Nazioni che per decenni avevano manifestato ostilità nei confronti di Gerusalemme. Insomma, i cittadini di Israele hanno capito che Netanyahu ha cambiato il modo in cui il resto del mondo si rivolge a Israele. Russia e Stati Uniti sono attualmente le nazioni più vicine a Israele, ma il dato più incredibile è la capacita del Pm di aver stretto relazioni molto forti con numerose nazioni del Sud America, dell’Africa, e, ovviamente, arabe.

Donald Trump e Vladimir Putin, che in numerose arene internazionali sono rivali, hanno entrambi trovato in Netanyahu un alleato valido. Quanto è importante questo per Israele?

Donald Trump, e in generale gli Stati Uniti, sono il principale alleato di Israele. Il leader americano, a partire dallo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, con il riconoscimento di quest’ultima come capitale, fino al riconoscimento ultimo della sovranità israeliana sul Golan, passando per l’uscita di Washington dall’Accordo sul Nucleare Iraniano, ha dimostrato di avere a cuore la sicurezza di Israele. Trump e Netanyahu condividono visioni comuni su una pluralità di argomenti, tra cui il pericolo che rappresenta l’imperialismo iraniano in Siria. Putin, invece, che pure collabora con Teheran, sostiene l’importanza per Israele di avere un confine sicuro con la Siria; da questo punto di vista Netanyahu ha sempre dialogato molto con Mosca, e quest’ultima ha sempre permesso ad Israele di avere le “mani libere” per combattere le incessanti provocazioni iraniane (e di Hezbollah). Inoltre, recentemente l’esercito russo ha riportato in Israele le spoglie del soldato Bauman, scomparso 37 anni fa durante la guerra in Libano. Un gesto molto importante che catalizza la solidità delle relazioni tra Russia e Israele.

Gantz e la coalizione Bianco-Blu ha comunque ottenuto un elevato numero di seggi, a differenza dei laburisti che invece contano uno dei risultati peggiori della storia. A cosa è dovuto il successo di Gantz?

Gantz, nonostante abbia svolto una campagna terribilmente aggressiva sul fronte giudiziario, non ha mai accusato Netanyahu di essere un guerrafondaio, o di aver creato un’escalation sul fronte palestinese. Mentre, infatti, i partiti più progressisti accusano Netanyahu di non agire in nome della pace, l’ex capo di Stato Maggiore ha visto e riconosciuto non solo i tentativi di Netanyahu di tendere una mano ad Abbas, ma anche l’impegno a non scatenare una guerra contro Hamas nonostante la pioggia di razzi provenienti da Gaza e diretti sulle case degli israeliani. Anche sulla questione Iran, Gantz sembra aver assimilato una posizione pragmatica ma comunque molto dura nei confronti delle mire espansionistiche della Repubblica Islamica, di fatto non allontanandosi troppo dall’inflessibilità di Netanyahu sull’argomento. Teheran, come commentato anche alla presenza dell’Aipac, rappresenta una minaccia prioritaria anche per il partito Bianco-Blu. Un’altra ragione a cui si deve il successo di Gantz è la spinta populista e anti-establishment, catturata soprattutto dal forte utilizzo della componente giudiziaria che ha caratterizzato questa campagna elettorale.

Cosa rappresenta Netanyahu per Israele?

Netanyahu è il Churchill israeliano: rappresenta il realismo puro, la moderazione conservatrice che è sapientemente riuscita a conciliare la priorità della sicurezza, con la volontà di restare uno Stato libero democratico. Per unire questi concetti solitamente contrapposti, è necessario essere una figura non solo rispettata ma anche lontana dalle utopistiche realtà dell’estremo pacifismo. Il leader del Likud, ad esempio, ha evitato l’acuirsi dell’escalation con Hamas nonostante le provocazioni di quest’ultimo, ma allo stesso tempo non è intenzionato a concedere neanche una piccola porzione di territorio alla guida palestinese. Il ritiro di Israele da Gaza del 2005 rappresenta un forte trauma per gli Israeliani, proprio perché nonostante la speranza di un futuro utopistico di pace, l’hanno lasciata nelle mani di Hamas.

Quali sono i pilastri delle politiche “interne” di Netanyahu?

Economia liberista, impegno nel campo delle assicurazioni pubbliche, occupazione (anche se ad oggi il tasso di disoccupazione è inferiore al 4%). Una delle problematiche più rilevanti dovute proprio a questa spinta nell’economia di mercato è il carovita: case costosissime a fronte di stipendi medi. La società è invece contenta per quanto concerne le scuole (il tasso di natalità altissimo con una media di tre figli a famiglia), la parità di genere, la sanità, e i diritti Lgbt.

Come proseguiranno i rapporti tra Italia e Israele?

Per quanto riguarda l’attuale governo italiano, la Lega è molto vicina a Israele. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini (ma anche il Sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi) è venuto qui diverse volte, e durante l’ultimo viaggio si è detto intenzionato ad avere una struttura diplomatica a Gerusalemme. Ciononostante, l’altra parte dell’esecutivo con il Movimento Cinque Stelle, per motivi che non comprendo e di cui mi dispiaccio, non sembra voler assumere un atteggiamento molto positivo nei confronti di Israele. Mi auguro che questo possa cambiare.

Netanyahu, se avrà l’incarico di governo come previsto, supererà la longevità di Ben Gurion cme leader. La sua impronta sarà indelebile come quella del padre fondatore di Israele?

Ben Gurion è stata una figura di vitale importanza per Israele, un uomo con un coraggio inenarrabile perché ha affrontato il periodo di maggiore ostilità del mondo circostante nei confronti di Israele. Ha creato uno Stato dal nulla mentre i sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti arrivavano in cerca di un luogo dove vivere finalmente in libertà, ha dato il via al nuovo esercito, trasformato i deserti in campi coltivabili, inaugurato le università, Insomma, ha praticamente costruito una Nazione partendo solo da desertico fazzoletto di terra. Netanyahu sta ancora lavorando, ma quel che è certo è che la sua enorme intraprendenza nei rapporti internazionali ha cambiato il modo in cui il mondo guarda a Israele. Lascerà un’impronta positiva di lungo periodo, in particolare per quanto concerne le incredibilmente rivoluzionarie relazioni con i Paesi arabi, il boom di innovazioni tecnologiche, e i traguardi (primo su tutti l’approdo sulla Luna) in campo scientifico.



LA VECCHIA VOLPE CHE VI HA MESSI TUTTI NEL SACCO

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"Le elezioni del 2019 sono passate. I funzionari potranno ricontare i voti, ma nulla cambierà il fatto che Benjamin Netanyahu ha battuto inequivocabilmente i generali, i sondaggisti, e i gufi. Con un 1.138.772 dI voti andati al Likud, il partito di Netanyahu è il primo nella storia di Israele a superare la soglia scrutinata del milione".

Questi sono i dati. Alla lista degli sconfitti, vanno aggiunti, i giacobini, gli estremisti di sinistra, e le procure. Sì, lo sappiamo che Netanyahu potrebbe essere rinviato a giudizio. Forse, dopo l'audizione con il Procuratore Generale. Ma potrebbe essere anche il caso che le accuse accumulate contro di lui si mostrino per ciò che sono, una mongolfiera della fuffa come quella del Russiagate contro Trump. In ogni caso, gli israeliani, la maggioranza, ha dato nuovamente credito a questo scaltrissimo e inossidabile politico che si appresta a entrare nella Hall of Fame con cinque mandati consecutivi.

Il nuovo governo sarà, speriamo "fascistissimo", molto di più di quello democristiano che lo ha preceduto, che per gli urlatori, le tricoteuses di Tel Aviv, gli ex primi ministri trasformati in tribuni della plebe (che pena vedere come si è ridotto Ehud Barak) era già l'anticamera del Terzo Reich. Figuriamoci adesso.

Cosa ci auguriamo? Lo abbiamo già scritto. Un Netanyahu più trumpiano, più decisionista. Prima di tutto, Giudea e Samaria, l'area C. È ora di risolvere la questione in modo definitivo, poi l'Alta Corte. La casta braminica che governa Israele di soppiatto (e nemmeno tanto), deve essere ricondatta a quelle che sono le sue funzioni in tutti i paesi democratici, valutare se le leggi promosse dall'esecutivo sono costituzionali o no, non indirizzare l'esecutivo nella loro stesura. Inoltre, il ramo legislativo dovrebbe avere il potere di rimuovere i giudici come avviene negli Stati Uniti. I rami dell'esecutivo e del legislativo dovrebbero avere un grado di controllo sul ramo giudiziario. Senza che sia così, il potere giudiziario diventa totalmente autorferente e illimitato.

Il nuovo governo deve ancora nascere. Intanto, Yair Lapid promette una opposizione durissima...Yair Lapid...
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » sab apr 13, 2019 7:08 pm

???
I sinistri di Israele, nazi comunisti israeliani


La seconda Repubblica La vittoria di Netanyahu Il veleno degli sconfitti
12 aprile 2019
Gideon Levy

http://www.italiaisraeletoday.it/la-sec ... Boyq2WItFA

Martedì 9 aprile 2019 è nata la seconda repubblica di Israele. Sarà diversa dalla precedente. La prima repubblica ha ottenuto risultati impressionanti accompagnati da bugie e inganni. La seconda farà a meno di qualsiasi messinscena. Il nuovo Israele non avrà più bisogno di travestimenti. Con la vittoria in pugno e una popolarità crescente, Benjamin Netanyahu sarà in grado di annunciare la nascita della seconda repubblica, creata a sua immagine. Sia dato a Cesare quel che è di Cesare. Nessuno potrà più dire che quest’uomo non ha lasciato il segno sul paese e sulla regione.

La nuova repubblica non nasconderà più quanto succede a casa sua né cercherà di costruirsi un’immagine più accettabile. La prima repubblica era caratterizzata da una miscela di realtà e inganno: unica democrazia del Medio Oriente ma dotata all’inizio di un governo militare nei territori arabi e poi di una dittatura militare nei territori occupati; beniamina del mondo libero ma anche ultimo regime coloniale del mondo; è una stimata esponente della famiglia delle nazioni, ma al contempo viola quasi ogni legge internazionale e non annette i territori occupati in modo da creare un falso senso di provvisorietà; si vanta dello stato di diritto e della corte suprema che operano nel paese, ma possiede due diversi ordinamenti fondati sulla nazionalità: è ebraica e democratica ma ha in sé un’intrinseca contraddizione, impossibile da risolvere.

Tutto questo è finito. Il prossimo governo sarà in continuità con il precedente, ma più forte, più ultranazionalista e razzista, meno legittimo e democratico. E sarà, va ammesso, più coerente riflesso della realtà.

Il 9 aprile gli elettori hanno proclamato a gran voce il loro sostegno a questo Israele. La scelta non era così difficile come può essere sembrato ad alcuni: era la scelta tra un governo di generali, che avrebbero dato seguito alla mascherata, con il plauso del mondo e degli israeliani illuminati, e un altro governo Netanyahu che modellerà Israele a sua immagine e somiglianza, senza scuse o messinscene.

Le cose appariranno in maniera diversa. L’incendio che ha cominciato ad ardere col precedente governo si diffonderà. Tribunali, stampa, gruppi di difesa dei diritti umani e la comunità araba lo sentiranno presto sulla propria pelle.

Alcuni editoriali in questo giornale non saranno più pubblicati, per legge. Sarà proibito, per esempio, criticare i soldati israeliani. Qualcuno è contrario? Sarà vietato sostenere un boicottaggio di Israele. L’aeroporto Ben-Gurion sarà ancora più inaccessibile per i detrattori del regime. Le ong saranno vietate. Gli arabi saranno ancora più emarginati di oggi, mentre ci avviamo verso la creazione di uno stato ebraico con legislatori unicamente ebraici. La rappresentanza degli arabi alla Knesset potrebbe presto riflettere sparire. E naturalmente c’è l’annessione di una parte della Cisgiordania in arrivo dietro l’angolo.

Questo succede quando si ha a che fare con il Likud. Questo succede quando le elezioni riguardano solo Netanyhau, l’essere con lui o contro di lui. Questo succede quando i due principali partiti fanno a gara nelle loro affermazioni razziste contro gli arabi.

Se c’è un luogo nel quale Benny Gantz, il candidato della coalizione centrista, dovrebbe immediatamente andare è una città vicino a casa sua, Kafr Qasem, per chinare la testa e chiedere scusa ai cittadini arabi di cui ha insultato i rappresentanti. Gantz ha perso anche perché ha preso le distanze da questa comunità, umiliandola come se fossero dei lebbrosi, proprio come ha fatto Netanyahu. La vendetta degli elettori arabi è la punizione toccata in sorte a noi tutti.

Ma forse non è una punizione. Forse la realtà è comunque preferibile. Lasciamo che il mondo osservi e giudichi. Lasciamo che gli israeliani progressisti osservino e giudichino, decidendo se è possibile continuare a vivere con questa accondiscendenza, fingendo di non vedere.

Lasciamo che in Europa, nel Partito democratico americano e nei quartieri liberal di Tel Aviv continuino a osservare tutto questo. Forse l’annessione dell’area C in Cisgiordania senza la concessione della cittadinanza israeliana ai cittadini arabi, l’approvazione di altre leggi sullo stato-nazione, la chiusura delle organizzazioni non governative e la censura delle istituzioni culturali riusciranno a ottenere quello che, in tutti questi anni, l’incapacità di ammettere la realtà non è riuscita a ottenere.

Forse tutto questo risveglierà finalmente un’opposizione che per molti anni pochissimi hanno desiderato. Haaretz, di fatto, non ha pubblicato un necrologio dopo le elezioni. Ma il giorno precedente una dolce illusione era morta. Forse è meglio così.

Un altro ebreo sinistro





L’utopia della convivenza fra gli arabi e gli ebrei …
12 aprile 2019
Benny Morris
Aldo Cazzullo

http://www.italiaisraeletoday.it/lutopi ... DMynqLQxbY

Benny Morris ha l’età di Israele. Nato nel 1948 nel kibbutz di Ein HaHoresh, con il suo libro Righteous Victims — pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo Vittime : 941 pagine di sofferenza ma anche di piacere intellettuale — ha cambiato il nostro modo di pensare la storia del Medio Oriente.

Professor Morris, perché ha vinto Netanyahu? «A causa della demografia: ortodossi e sefarditi fanno più figli, e quasi tutti votano a destra. E per responsabilità degli arabi israeliani: molti odiano Israele e non votano, favorendo lo statu quo».

A Gerusalemme non cambierà nulla, quindi? «Al contrario. Cambierà tutto».

Perché? «La vittoria di Netanyahu è una vittoria di Pirro. Entro un anno gli scandali e i processi lo costringeranno a dimettersi».

Chi gli succederà? «Un altro uomo del Likud. Non so chi».

Come passerà alla storia Netanyahu? «Be’, la maggioranza degli storici sono di sinistra, quindi ne scriveranno male…».

Lei viene da sinistra ma ne è stato molto criticato, quindi il suo giudizio è obiettivo. «Lo considero un cattivo leader e un uomo corrotto. Anche se gli vanno riconosciuti alcuni meriti. È stato cauto: non ha fatto guerre inutili; e non ha corso rischi bombardando l’Iran».


Cosa accadrà dopo di lui? «Può accadere di tutto. Le cose possono migliorare ma pure peggiorare. Di sicuro, l’idea che il Medio Oriente sia immobile è un abbaglio clamoroso. Tenga conto che siamo alla vigilia di un cambiamento anche nel campo avverso».

Abu Mazen è finito? «Sì. Sarà presto sostituito. Non so dirle se il suo erede sarà più moderato o più radicale».

Israele non è mai stato così sicuro? O l’Iran può minacciarlo? «Israele è sempre in bilico. Sono certo che l’Iran stia proseguendo il suo programma nucleare. Va fermato».

Come? «Ci sono soltanto due strade. Sanzioni severe che ne blocchino l’export e mettano in ginocchio l’economia. O le bombe. Poi c’è l’altra grande minaccia».

Quale? «I palestinesi. Non hanno mai rinunciato a distruggere Israele. La pace è impossibile, perché per fare la pace ci vuole un partner. E come fai con uno che vorrebbe sgozzarti?».

Abraham Yehoshua pensa a uno Stato in cui ebrei e arabi possano convivere. «È un’utopia. Ci sono luoghi come Hebron in cui ebrei e arabi si ammazzano tra loro da centinaia di anni. Come possono stare insieme? Il Muro, la separazione sono una dolorosa necessità».

Ben Gurion disse nel 1938: «Noi stiamo difendendo le nostre vite. Ma sul piano politico, siamo noi che attacchiamo, e loro che si difendono». «Ben Gurion aveva ragione. Ma ora quel ragionamento non vale più. Israele ha creduto davvero alla pace. I palestinesi no».

Per questo la sinistra israeliana non esiste più? «Sì. Rabin e Barak si fidarono di Arafat. La disillusione è stata terribile».

Rabin assassinato. Sharon che cade in coma dopo il ritiro da Gaza. Sembra che il diavolo in questa terra meravigliosa e tragica ogni tanto infili la coda. «Non serve il diavolo, fanno già tutto gli uomini. Anche se la malattia di Sharon è stata davvero una disgrazia, anche politica. Credo che, dopo Gaza, si sarebbe ritirato anche da parte della Cisgiordania».

Con Sharon in «Vittime» lei non è tenero. «Ma lo considero uno dei più grandi comandanti militari che Israele abbia mai avuto. Passare il Canale di Suez sulle zattere, sotto il fuoco dell’artiglieria egiziana, la pioggia di missili sovietici e i Mig 21 che mitragliano a bassa quota, richiede una certa personalità».

E Dayan? «Quando i siriani sembravano vicini a sfondare sul Golan, e già vedevano il Lago di Tiberiade e la Valle del Giordano, Golda Meir perse la testa. È possibile che abbia ordinato di armare missili a lunga gittata con testate nucleari. A quel punto l’Urss avrebbe reagito e chissà come sarebbe finita. Dayan allora rivolse un messaggio ai carristi: “Voglio che teniate duro fino all’ultima cartuccia. Vi state battendo come i Maccabei. Se non vi farete piegare, rimarremo padroni del Golan”».

Era il 9 ottobre 1973. Non si fecero piegare. «Contrattaccarono e giunsero a trenta chilometri da Damasco, fermati dal corpo di spedizione iracheno. Metà dei nostri 2.300 caduti nella guerra del Kippur erano carristi».

Lei scrive che il 4 ottobre un agente segreto al Cairo aveva avvertito Israele che la guerra sarebbe cominciata «dopodomani alle 18». «Invece gli egiziani attaccarono alle 14, l’aviazione non si mosse — e lì Dayan sbagliò —, fummo colti di sorpresa. La notizia era giusta. L’ora era sbagliata».

Il Mossad si convinse che l’errore fosse deliberato, e l’agente facesse il doppio gioco. «Io invece credo che fosse leale. Infatti i capi dell’intelligence furono rimossi. E alla fine saltarono pure Dayan e Golda Meir».

Ancora una cosa. Trump può dare una mano, o combinerà solo guai? «Trump è del tutto imprevedibile. Questa è la sua forza, e la nostra condanna. Prepariamoci a ogni eventualità».




Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste
viewtopic.php?f=197&t=2802




Come fanno a guardarsi allo specchio? Netanyahu ha vinto con una mano legata dietro la schiena
14 aprile 2019
Dror Eydar *

http://www.italiaisraeletoday.it/come-f ... -zfLCFT95U

La vittoria di Benjamin Netanyahu questa volta è maggiore delle sue precedenti quattro. È una vittoria di proporzioni epiche, quasi bibliche. L’ho detto all’inizio della campagna: Netanyahu affronterà tutte le istituzioni della vecchia élite: il sistema legale, la maggior parte dei media, il mondo accademico, l’establishment della difesa e persino i vecchi socialisti sono risorti dalla morte formando il quartetto blu e bianco per sconfiggerlo. E nessuno poteva. “Jacob fu lasciato tutto solo, e là un uomo lottò con lui fino allo spuntare del giorno. … Non poteva sopraffare Giacobbe “(Genesi 32: 25-26). Solo che questa volta, Benjamin non era solo; era circondato da masse che erano grate per il suo lavoro a nome della gente e del paese e lo difendevano con i loro voti.

Il verso biblico che mi girava per la testa durante la notte, mentre i risultati finali venivano raccontati, era “Così il popolo riscattò Jonathan in modo che non morisse” (I Samuele 14:45). Nella guerra di Israele contro i Filistei, il re Saul fece giurare ai suoi soldati di non mangiare finché non fossero alla ricerca del nemico. Suo figlio Jonathan, che in una audace missione fece fuggire i filistei e provocò l’inizio della loro sconfitta, non sapeva del giuramento e assaggiò un po ‘di miele che trovò nelle foreste.

Per farla breve, Saul aveva bisogno che suo figlio morisse, ma il popolo non avrebbe accettato quell’approccio purista – Jonathan aveva fatto così tanto per riscattare la gente, e anche se qualche studioso legale o un altro avesse deciso di aver infranto la lettera della legge, lui non poteva essere danneggiato a causa di quel purismo: “Allora il popolo disse a Saul ‘, morirà Jonathan, chi ha operato questa grande salvezza in Israele? Lontano da esso! Come il Signore vive, non ci sarà un capello della sua testa cadere a terra, perché oggi ha lavorato con Dio “. Così la gente riscattò Jonathan in modo che non morisse “.

Suggerisco di non dare speranza all’introspezione da parte dei media e della sinistra in Israele per il risultato di queste elezioni. Scrivo da circa 25 anni e ho imparato che nessuno sta veramente ascoltando i nostri argomenti più profondi. Siamo solo delle statistiche che li infastidiscono nella loro immaginaria battaglia per sistemare le cose e riorganizzare la gloria dei governi socialisti nel corso degli anni.

Per loro, gli ultimi decenni sono solo un blip, un contrattempo, storico e molto presto ora, in alcune elezioni o in quella successiva o anche in quella attuale, il pubblico si sveglierà e si sottometterà alla propaganda quotidiana di un piccolo gruppo, importante ai suoi occhi, che crede veramente che detenga il monopolio della saggezza e della moralità e giudichi la realtà.

Ho visto un post di Avri Gilad ai suoi colleghi dei media, esortandoli a smettere di insultare il pubblico e lasciar perdere la loro persecuzione senza fine di Benjamin Netanyahu. Era una chiamata per onorare la decisione delle persone e la loro visione del mondo. Ha provato invano. Non succederà.

Perché ciò accada, avrebbero bisogno di auto-riflessione, di guardarsi allo specchio e ammettere il loro errore. Ciò non può accadere con persone che si vedono come lo specchio in cui noi, i non intelligenti, dobbiamo guardare per scoprire la radice del nostro errore.Non c’è alcuna possibilità di introspezione per le persone che sono convinte con ogni fibra del loro essere che sono semplicemente un canale per la segnalazione rigorosa della realtà così com’è: ma la realtà è che sono attivisti politici come tutti gli altri.Non vi è alcuna situazione in cui i giornalisti convinti di essere liberali e democratici, mentre in realtà il loro liberalismo è unilaterale e non si applica a chiunque non sia d’accordo con loro, guarderà dentro di sé.

Non vi è alcuna possibilità che le persone si guardino dentro quando sposano ancora la dottrina di Oslo quando, di quando in quando, la realtà contraddice le loro assunzioni di base e ancora non riescono ad essere modesti quando si parla di storia. Non c’è situazione di introspezione per coloro che parlano solo politici di destra e quasi mai di intellettuali di destra, al punto da diventare un boicottaggio sommerso, sui loro programmi. La risposta non è quella di integrarsi in entità esistenti, ma solo di stabilire alternative.

Il giorno in cui Ehud Barak vinse le elezioni del 1999, il giornalista Amnon Abramovich disse: “Benjamin Netanyahu è fuori dal palcoscenico della storia senza lasciare alcun segno, senza alcun risultato reale; sarà una nota a piè di pagina, se mai, nella storia dei primi ministri israeliani. ”

Abramovich non ha mai imparato la lezione. Questa settimana, dopo che il risultato è stato ufficializzato, ha detto: “Non credo che Benjamin, il figlio di Benzion Netanyahu, trasformerà la residenza del Primo Ministro in una città di santuari.” Non credo neanche io a quello che Abramovich va dicendo. Non credo che il suo fare giornalistico sia basato su considerazioni morali.

Più di altri giornalisti, è un giocatore politico identificato con il campo avversario. La politicizzazione del suo lavoro ha spianato la strada a molti che sono venuti dopo di lui per comportarsi allo stesso modo. In contrasto con ciò che dice, l’istituzione dell’immunità politica non è una “città santuario”, ma è progettata per onorare la decisione degli elettori e consentire al leader eletto di lavorare per il bene del popolo e della nazione, senza un gruppo di funzionari che fanno della sua vita una miseria e dei raggi attaccati alle ruote.

Anche prima che tutti i voti venissero contati, l’ufficio del procuratore di stato si è affrettato a scoprire che il procuratore generale avrebbe informato il primo ministro che potevano esserci delle difficoltà nel portare il leader di Shas Arye Deri nella coalizione. Nelle prossime settimane assisteremo a nuovi attacchi a Netanyahu da parte dell’accusa e del sistema giudiziario.

Di conseguenza ci saranno fughe di notizie sui media; non c’è nulla di “innocente” in questo, e la purezza del governo non viene esaminata, ma piuttosto la scelta del popolo. Potremmo aver partecipato a elezioni democratiche questa settimana, ma l’ultima parola non riguarda le persone, ma piuttosto i funzionari che si sono autoproclamati guardiani del piccolo gruppo che sta perseguitando Netanyahu. Tutte le sue grandi conquiste sono state fatte con una mano legata dietro la schiena.

I media riflettono le posizioni di un élite specifica a cui appartiene il sistema giudiziario, e non possiamo nemmeno aspettarci alcuna insolita introspezione da loro.

La Corte Suprema continuerà a controllare la scelta dei cittadini e continuerà a violare l’equilibrio tra il ramo legislativo ed esecutivo e giudiziario del governo, a meno che il prossimo governo non prenda provvedimenti per cambiare la situazione e ripristinare parte del potere che è stato tolto la gente. Tuttavia, possiamo sicuramente aspettarci l’introspezione dell’avvocato generale Avichai Mendelblit. “Vox populi, vox Dei”: quello che dice la gente, va.

I casi in cui Netanyahu sarebbe stato accusato dipendono da norme poco chiare e accordi governativi che per anni sono rimasti intatti dal sistema legale, che li ha lasciati al pubblico per giudicare. E il popolo ha detto la sua: dopo una lunga campagna di accuse, fughe e incriminazioni, ha deciso di votare per Netanyahu, per “riscattarlo”. Sarebbe sbagliato annullarlo e dipendere da un’interpretazione giuridica controversa che danneggerebbe il voto popolare e la sua chiara scelta. Dobbiamo ripristinare la fiducia del pubblico nel sistema legale. La legge è molto chiara quando si tratta del primo ministro: non deve dimettersi se incriminato. Tuttavia, Mendelblit potrebbe salvarci quella battaglia.

Al comando di “consulenti strategici”, il discorso mediatico si concentrava sul lamentarsi della “superficialità della campagna politica”, su come stesse andando in discesa, su come non c’erano dibattiti approfonditi sull’ideologia, solo calunnia.

Quando abbiamo incontrato per la prima volta un articolo dalla sinistra che rispettava la visione del mondo conservatore-destra e onestamente valutato i risultati degli ultimi governi Likud? Quando abbiamo visto per l’ultima volta un articolo di giornale, un editoriale televisivo o anche un post online sui social media che ha parlato di Benjamin Netanyahu come un ideologo, un leader che stava attuando una visione ben ponderata in conformità con il mandato degli elettori che lo elessero ? Ho provato a ricordare ma non sono riuscito a trovare alcun esempio.

Un attimo dopo che i risultati delle elezioni sono stati annunciati, sono aumentati i post pieni di rabbia nei confronti degli abitanti del sud, che nonostante la difficile situazione a Gaza e le abituali molestie dei razzi Qassam e palloncini dolosi hanno votato per lo più il Likud. “Ora non lamentatevi più…” Questa frase riassume la rabbia di sinistra contro di loro. L’assunto di fondo è che queste persone sono stupide e poco sagge, che non hanno una visione del mondo ampia. E’ l’arroganza di un certo gruppo che non ha mai visto la visione del mondo della destra come legittima.

Gli insulti e le comparazioni del governo di destra israeliano con i governi fascisti di destra in Europa e persino la destra neonazista sono diventati comuni. Anche sui social media, di solito troviamo un’immagine distorta di argomenti e dibattiti. A destra, viene pubblicato un articolo o commento di sinistra e la gente ne discute; a sinistra invece si parla principalmente delle personalità dei funzionari eletti a destra e ne fanno l’obiettivo degli abusi.

Per loro, Benjamin Netanyahu è il leader del demonio, il cavaliere oscuro, l’uomo di cui non si deve discutere le opinioni, ma che deve ricevere ogni tipo di insulto mai lanciato a qualsiasi leader del nostro popolo. Quanta vergogna, disprezzo e scherno verso qualcuno che ha dedicato la sua vita a rendere Israele forte, a rafforzare la sua economia, a glorificare il suo nome nel mondo, un primo ministro a cui molti cittadini israeliani sono grati per il suo lavoro a loro nome. Insultandolo costantemente e sistematicamente, anche i suoi elettori e sostenitori vengono insultati.

Esiste una connessione diretta tra gli elettori e il loro leader eletto. Il popolo non è cieco; capisce che il disprezzo per il loro leader è effettivamente un disprezzo per loro per aver continuato a votare per lui. E i risultati lo riflettono.

C’è stato poi il fallimento della politica dell’identità. Il pensiero che si voti per i rappresentanti di vari settori della società – ebrei di Mizrahi, moshavniks, omosessuali, donne, arabi, etiopi o russi – non ha dimostrato di essere vero. Il voto per la destra era per un percorso e una visione del mondo. A sinistra, la campagna si basava principalmente sull’identità del candidato principale della destra, in altre parole sugli attacchi a Netanyahu e sulla differenziazione da lui (“Chiunque tranne Bibi”).

Ma uno sguardo approfondito, dopo che tutto il rumore è calato, mostra che anche qui il voto era per un percorso e una visione del mondo. Il pubblico affronta le idee che i leader portano con sé e meno alla loro collocazione sociale. A parte il fallimento della politica dell’identità, dobbiamo ammettere che anche la demografia ha avuto un ruolo. Signore e signori di sinistra, hanno più figli.

Dopo la campagna, dopo le grandi dispute, dobbiamo pulire la scrivania e ascoltare. Ho parlato della scelta di rifiutare la destra. D’altra parte, non dobbiamo ignorare l’impressionante fenomeno dei voti per la lista blu e bianca. Tre partiti hanno unito le forze e hanno ottenuto il sostegno di oltre un milione di cittadini. Anche qui, quello che dice la gente vale.

Il governo di destra dovrebbe considerare i modi di cooperare con quel gruppo importante. Discorso a parte per Yair Lapid: il ruolo di un’opposizione responsabile non è “rendere miserabile la vita del governo”. È lecito criticarlo duramente, obiettare, suggerire alternative. È anche possibile unirsi a esso e lavorare insieme per il bene dei cittadini e della nazione. Siamo ormai quasi Pasqua, il nostro compleanno nazionale, quando siamo nati come popolo. Ricordiamolo.

Infine, nella notte successiva alle elezioni, un versetto della poesia di Nathan Alterman “Night of Parking” mi ha risuonato nella testa: “Tempo di guerra. L’immagine di queste cose / era l’immagine della meraviglia cantata nelle poesie / Come strappare un filo dalla cera di una candela / tirerà l’anima di una generazione, e nel campo seminare / Ricordare, non solo per la cattiveria, giorni orribili.
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » lun mag 20, 2019 1:50 pm

Quella catena disumana in difesa della Suprema Corte contro la riforma della giustizia
20 maggio 2019
Niram Ferretti

http://www.italiaisraeletoday.it/quella ... XdF6Y_nCfM

Ci siamo, come era prevedibile. Il nuovo gabinetto Netanyahu non ha ancora visto la luce, ma già si muovono gli attivisti contro l’annunciata anche se non specificata nei suoi dettagli, riforma della Giustizia che era già nel programma del centrodestra nel 2015 e che non è mai stata implementata. Dunque, 200 avvocati, la nuova falange dei difensori della democrazia israeliana dalla sua erdoganizzazione da parte di Recep Tayyip Netanyahu, annunciano barricate, addirittura una cordata di corpi umani a formare una catena intorno alla Suprema Corte.

La Suprema Corte è, in Israele, uno Stato nello Stato. In nessun altro paese democratico la Corte Suprema è dotata di un simile attivismo. Come ha scritto Richard Posner, uno dei maggiori giuristi americani.”I rami dell’esecutivo e dell’legislativo non hanno alcun grado di controllo sul ramo giudiziario. Il potere giudiziario è illimitato e la legislatura non può rimuovere i giudici”.

Israele è l’unico paese democratico in cui i giudici della Suprema Corte hanno il potere di veto sulla nomina di altri giudici. Ciò che rende Israele ulteriormente assai speciale in merito all’azione della Suprema Corte è che, rispetto ad altre democrazie, dove le istanze che possono essere presentate dinanzi all’ultimo grado di giudizio è assai circoscritto, esse non trovano alcun limite dinanzi alla funzione da lei svolta.

Ci vogliono solo 10-15 giudici della Suprema Corte e non una maggioranza di due terzi o l’intero plenum per respingere una legge votata dalla Knesset.

La riforma proposta dal governo Netanyahu nel 2015 e non ancora incardinata con il nuovo esecutivo non vuole minare l’indipendenza del potere giudiziario. Ha come obbiettivo quello di limitarne l’estensione. Infatti, il potere giudiziario indipendente, che è alla base degli ordinamenti democratici e la cui specifica autonomia è stata teorizzata da Montesquieu ne “Lo Spirito delle Leggi”, non prevede che al posto della tirannia della maggioranza si insedi la propria. È lo stesso Montesquieu a scrivere: “non c’è più libertà se il potere di giudicare non è separato dal potere legislativo e dall’esecutivo. Infatti se fosse unito al potere legislativo, ci sarebbe una potestà arbitraria sulla vita e la libertà dei cittadini, in quanto il giudice sarebbe legislatore” (Lo Spirito delle Leggi, XI, 6),

Dunque, per resituire maggiore dignità al potere esecutivo e a quello legislativo e per conformare Israele, sotto il profilo del potere giudiziario ad altre e più antiche democrazie, è auspicabile che il nuovo governo proceda con il suo programma nonostante la catena umana dei 200 legali a presidio dello strapotere del potere giudiziario.

Quando un potere consolidato si sente minacciato nelle sue prerogative, nella sua rendita di posizione ormai acquisita, la sua immediata reazione è quella di aggredire chi desidera riformarlo.
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » lun mag 27, 2019 8:59 pm

Il governo israeliano che manca
Ugo Volli
27 maggio 2019

https://www.progettodreyfus.com/il-gove ... K8GGqBl-EI

Dalle elezioni in Israele è passato oltre un mese e mezzo, il verdetto degli elettori è stato molto chiaramente a favore del centrodestra, tanto che nessuno ha messo in discussione che Netanyahu sarebbe stato di nuovo primo ministro. Ma il governo non c’è ancora, e il 29 scade il termine ultimo di legge per formarlo, dopo che Netanyahu ha già ottenuto e in buona parte speso la sola proroga consentita. Bisogna chiedersene perché.

Il primo fattore è la frammentazione dell’elettorato. Il Likud ha avuto una delle migliori vittorie degli ultimi decenni, ma con 36 seggi su 120 della Knesset è sotto il 30%, ben lontano dalla maggioranza necessaria. Per formare il governo occorrono altri quattro partiti, il Kulanu che è una formazione liberista che ha come leader un ex del Likud che potrebbe anche rientraci presto, Moshe Kahlon; due partiti che esprimono il mondo religioso tradizionale, uno sefardita e uno askenazita; la formazione che ha unificato la maggior parte del mondo dei nazionalisti religiosi (ma non tutti, perché i vecchi leader Bennet e Shaked hanno tentato senza successo di costituirne un altro) e infine il partito di Liberman, espressione soprattutto degli immigrati dall’ex unione sovietica, nazionalista ma – diciamo in termini europei – decisamente anticlericale.. Ciascuno di questi gruppi ha fra il 5 e il 10 % dei voti, hanno preso l’impegno elettorale di stare assieme, ma ciascuno ha le sue esigenze, sia sul piano un po’ volgare ma inevitabile in democrazia, del piazzare i loro esponenti al governo e dell’ottenere influenza governativa sui temi che interessano i loro elettori, sia su quello delle grande scelte politiche.

In particolare c’è contrasto fra i partiti religiosi, che tentano di mantenere per i giovani studenti che frequentano le scuole talmudiche l’esenzione dal servizio militare di cui godono e Liberman che invece punta a obbligare anch’essi a servire come tutti, forte anche di alcune sentenze della corte suprema. Un altro tema divisivo è quello del conflitto sempre più aperto fra i partiti che vogliono condurre una politica rigorosa a difesa delle forze armate e degli insediamenti e la corte suprema che si è ritagliata la possibilità concreta se non il diritto di intromettersi in nome della giustizia in scelte che sono chiaramente politiche. C’è chi vuole una legge per assicurare che la Knesset abbia la possibilità di annullare con un voto qualificato le sentenze con cui la corte suprema annullasse delle leggi in quanto “anticostituzionali” (ma Israele non ha una costituzione scritta) e chi non la vuole.In questo dibattito entra anche quella che molti nel Likud sentono come una persecuzione giudiziaria ai danni di Netanyahu, che ha colpito prima altri ministri e leader politici colpevoli di essere contrari alle scelte dei giudici supremi, magari stabilendo una sorta di immunità giudiziaria per i deputati come quella che per molti decenni, e quelli che sono contrari.

Bisogna aggiungere che da sempre in Israele la politica è molto personalizzata, alquanto teatrale e rissosa e che la liturgia postelettorale è sempre andata più o meno in questo modo, con una drammatizzazione dei conflitti nella maggioranza che poi si risolve all’ultimo momento con compromessi che si potevano magari raggiungere anche prima, ma si giustificano proprio alla luce dell’”emergenza” dei tempi agli sgoccioli.

Questa volta però l’emergenza c’è davvero. Nessun altro se non questa maggioranza può formare il governo e ci sono alcune scadenze politicamente importantissime che si avvicinano velocemente. La prima è la crisi dell’Iran, che potrebbe indurre gli ayatollah a provocare un’aggressione a Israele per ritrovare una solidarietà interna e internazionale intorno al loro governo, che è in gravissima difficoltà economica e politica. La seconda è il piano di pace di Trump, che verrà presentato fra una decina di giorni e richiederà risposte da Israele e naturalmente da un governo pienamente legittimato e non da quello in proroga che regge il paese oggi. La terza e la quarta, connesse alla prima, sono le crisi con Gaza e con la Siria, che attualmente sono in un momento di calma, ma potrebbero riesplodere senza preavviso. Ricordiamo che la Jihad islamica di Gaza, secondo movimento terrorista della Striscia subito dopo Hamas e satellite diretto dell’Iran, ha “previsto” una guerra per l’estate. Infine vi è la vicenda di Netanyahu e in generale il contrasto fra Knesset e corte suprema, che si attiva spesso con contrasti minori ma di alto valore simbolico, come quando i giudici supremi hanno annullato la proibizione del Primo Ministro e autorizzato la provocatoria manifestazione di sudditi dell’Autorità Palestinese in Israele per ricordare la “Naqbah”, cioè la fallita guerra di aggressione araba, proprio il giorno della festa dell’Indipendenza.

Insomma, Israele non può permettersi altri mesi di governo e parlamento in proroga, di campagna elettorale, di incertezza. Chi li provocasse sarebbe certamente punito dall’elettorato. Per questo è probabile che il governo si faccia, magari con la liturgia di una maratona all’ultimo minuto.
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » mer mag 29, 2019 9:09 pm

Israele verso nuove elezioni: Netanyahu entro mezzanotte deve trovare 61 voti, che per ora non ci sono
(di U. De Giovannangeli)
29 maggio 2019

https://www.huffingtonpost.it/entry/isr ... 78035e22dc

“Negoziare non significa dover sottostare ai ricatti. Chi sta esercitando questa pratica se ne assumerà la responsabilità di fronte al Paese”. Nel giorno più lungo per Benjamin Netanyahu, così dichiara ad HuffPost Yuval Steinitz, tra i ministri più vicini al premier. Steinitz non dà un volto e un nome a quel “chi”, ma tutti, in Israele, sanno che quel “chi” ricattatore è l’ex ministro della Difesa, nonché leader di Yisrael Beiteinu (Israele Casa nostra), Avigdor Lieberman.

Entro mezzanotte, “Cenerentola-Netanyahu” dovrà tirare le somme delle estenuanti trattative ancora in corso per raggranellare quei 61 voti necessari per formare il nuovo governo. Ad ora, i 61 non ci sono. E non solo per la resistenza di “Avigdor il russo”. Netanyahu e i suoi più stretti collaboratori aggiornano i conti. Sommano o sottraggono, ma il risultato finale resta appeso a un filo. I messaggi che giungono dall’entourage di Bibi in queste ore cruciali, sono un misto di speranza e nervosismo. Scaduta la fatidica mezzanotte, la patata bollente tornerà nelle mani del capo dello Stato, quel Reuven Rivlin che pur facendo parte dello stesso partito del premier, il Likud, non può certo annoverarsi tra i più convinti sostenitori di Netanyahu. Se “Bibi” non dovesse presentarsi alla residenza del presidente con la certezza dei 61 voti, a Rivlin rimarrebbero due strade: dare un ulteriore tempo al premier per provarci (ipotesi che gli analisti politici a Tel Aviv ritengono la più improbabile), ovvero affidare ad un altro politico l’incarico di provare a formare il nuovo esecutivo. Una possibilità che lo stesso Rivlin sta alimentando, facendo sapere che “farò di tutto per scongiurare nuove elezioni”. “Siamo pronti ad un ostruzionismo di almeno due tre giorni che è il tempo massimo per Rivlin- dichiara la leader del Meretz (sinistra pacifista) Tamar Zandberg - per chiedere ad un altro deputato di formare un governo”. Una “mission impossible”, o quasi, perché vorrebbe dire chiedere a Netanyahu di farsi da parte, cosa che “Bibi” e i suoi fedelissimi nel Likud non faranno mai. E allora si andrebbe allo scioglimento della Knesset e a nuove elezioni, e la data più probabile è quella che HuffPost ha anticipato ieri: martedì 17 settembre.

Solo cinque mesi dopo le ultime politiche. Ufficialmente, lo scontro tra Netanyahu e Lieberman è la spinosa questione relativa all’estensione della leva militare anche agli ebrei israeliani ultraortodossi. L’Alta corte di giustizia di Israele aveva emesso una sentenza nel 2017, sollecitando l’Esecutivo ad individuare una soluzione. Oggi Lieberman non sembra vuol sentire ragioni. Non vuole cedere agli altri piccoli partiti religiosi (Shas, United Torah Judaism e l’Unione dei Partiti di Destra) disponibili a dar vita al nuovo governo di Netanyahu. La sua linea è rigida: o tutto – in questo caso il servizio militare come per tutti gli altri cittadini israeliani – o niente, vale a dire nessuna partecipazione al nuovo governo di “Bibi”. Che senza Avigdor non avrebbe i numeri. Ma dalle parti del Likud le ricostruzioni sono altre e meno “nobili”: “Lieberman sta alzando il prezzo per i suoi 5 voti. Pretende di tornare alla Difesa e altro ancora. E poi ha maturato un odio personale verso Netanyahu...”, si lascia andare, con la garanzia dell’anonimato, una fonte molto vicina al premier.

E altri parlamentari del Likud accusano, come si fosse già in campagna elettorale, Lieberman addirittura di “sovversione”. E allora vale la pena di andare alla fonte. Dopo vari tentativi, riusciamo a parlare con il numero due di Yisrael Beiteinu , Oded Forer. “Sappiamo bene dei veleni che stanno spargendo contro di noi e il nostro leader – dice Forer, raggiunto telefonicamente nel suo ufficio alla Knesset -. Ma se pensano di poterci piegare in questo modo hanno fatto male i loro calcoli. Noi abbiamo posto un problema ineludibile e non possiamo accettare che il governo del quale ci si chiede di far parte sia condizionato dai diktat degli ultraortodossi”. E aggiunge: “C’è qualcuno che ha memoria corta”. Il riferimento, neanche troppo velato è proprio a Netanyahu. Lo scorso luglio, pochi mesi dopo che in Israele si era rischiata la crisi di governo su questo tema, la Knesset aveva approvato, in prima lettura, una legge che prevede un graduale aumento della partecipazione degli ultraortodossi al servizio militare, ma anche multe per le yeshiva, i seminari religiosi, che ostacoleranno l’arruolamento dei loro studenti.


Padre del provvedimento era proprio Lieberman, allora ministro della Difesa, che aveva preparato il testo d’accordo con l’establishment militare. Già allora i due partiti religiosi – Shas e United Torah Judaism – si erano opposti. Il provvedimento era passato grazie ai voti di un partito di opposizione, la formazione laica centrista Yesh Atid di Yair Lapid, che ora è confluita nel partito “Blue and White” dell’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz. La legge si era poi arenata, di fronte alla minaccia degli ultraortodossi di uscire dal governo. Alla fine era stato Lieberman a sbattere la porta a metà novembre, in polemica anche sulla gestione del conflitto con Hamas nella Striscia di Gaza, accusando il premier di “arrendevolezza” nei confronti dei “terroristi”. Per restare in sella, Netanyahu ha condotto una campagna elettorale dai toni fortissimi, radicalizzando a destra le posizioni del Likud non solo sul conflitto con i palestinesi, ma sull’identità d’Israele, sulla minaccia dell’“invasione” di migranti, sul pericolo di mettere il destino dello Stato degli ebrei in mano alla minoranza araba (il “popolo cancellato”). Su questo terreno, “Bibi” ha retto recuperando a destra, ma senza fare quel pieno che gli avrebbe permesso di non essere dipendente dai voti di partititi ancora più a destra di lui. Partiti che vogliono capitalizzare i loro quattro, cinque, otto seggi, sapendo che possono essere quelli decisivi per far nascere il quinto governo Netanyahu. E allora alzano il prezzo, trasformando le trattative in un “suk” dove ogni voto parlamentare ha un costo. E così, mentre nelle segrete stanze si continua a trattare, alla Knesset si è aperta, in un atmosfera infuocata, la seduta fiume che potrebbe portare, nella notte, al secondo passaggio dei tre necessari per sciogliere il Parlamento e andare a nuove elezioni. “La politica non è mai stata poesia, e nella mia ormai lunga vita di alleanze fondate sullo scambio di poltrone o di finanziamenti ne ho viste tante. Ma qui siamo di fronte a vero e proprio mercimonio, e i protagonisti non fanno nulla per nasconderlo. Una conferma in più di ciò che penso da tempo sul degrado della politica nel mio Paese”, annota il professor Zeev Sternhell, il più autorevole e affermato storico israeliano.

E così, nel giro di nemmeno due mesi, il “trionfo” può trasformarsi in fallimento. Dall’altare alla polvere. È l’incubo di “Re Bibi”. Un incubo che nelle prossime ore potrebbe diventare realtà.
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » mer mag 29, 2019 9:09 pm

FATTI, FATTI, FATTI...
Niram Ferretti
29 maggio 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Non so chi sia Alberto Corcos il quale scrive per "Mosaico", ma una cosa la so per certo, che le baggianate che scrive e che il giornale gli permette di pubblicare, rasentano il grottesco.

In un articolo dall'originalissmo titolo, "La democrazia sotto attacco" con una prosa febbricitante ci informa che lui riferisce "fatti e non opinioni", tra i quali i seguenti:

"le destre hanno stigmatizzato ogni parola di Ganz e alleati, arrivando anche alla diffamazione e al dileggio, ma senza mai confrontarsi sul vero tema elettorale, ossia la rielezione di Netanyahu che punta a legiferare l’immunità parlamentare retroattiva per tutti i membri del nuovo governo delle destre. Un atto indispensabile, in quanto ben quattro personalità a lui legate sono imputate, oltre a lui stesso".

Balle.

Non esisiste allo stato attuale dei FATTI, alcuna proposta di legge in questo senso, ma solo VOCI, amplificate a dismisura dall'opposizione. Si è parlato e si parla di modalità con cui Netanyahu dovrebbe garantirsi una tutela al fine di portare a compimento il suo mandato (mentre scrivo, in Israele, il governo è sull'orlo di una crisi per l'impossibilità di formare una coalizione).

"Così Netanyahu oltre ai suoi galantuomini ha riunito i partitini di estrema destra religiosa, per lo più digiuni di conduzione di uno Stato ma cinicamente assetati di potere e denaro e “consigliati” da alcuni noti rabbini".

La sete di potere e di denaro e il cinismo dei membri della "estrema destra" sono, notoriamente un FATTO, come l'alba e il tramonto. Nessuno li discute. Sicuramente non l'articolisita, per i quali essi, sono, incontrovertibilmente dati.

"Ha dichiarato a più riprese che intende ricondurre alla sovranità del Governo le nomine e l’operato di tutto l’apparato giudiziario. Il bersaglio è l’Alta Corte di Giustizia preposta alla tutela della legalità delle norme governative, in base ai principi della Dichiarazione d’Indipendenza e delle Leggi Base dello Stato (una sorta di pre-Costituzione)".

Balle.

Non esiste alcuna dichiarazione in questo senso. Esiste un programma di legge del 2015, mai implementato, in cui è prospettata una riduzione del potere dell'onnipotente Corte Suprema israeliana a favore dell'esecutivo. Proprio perchè, come è noto, Israele non ha una Costituzione, ma un corpus di leggi base, la Corte, negli anni, in virtù del suo ex presidente Aharon Barak, ha trovato il modo di forzare la “clausola delle limitazioni” contenuta nella legge Base sulla Dignità Umana e la Libertà del 1992, e stabilire che essa arginerebbe la facoltà del Parlamento di passare delle leggi che, a suo parere, la violerebbero. Tutto ciò ha fatto si che la Corte Suprema, sotto la lunga tutela di Barak si sia fatta organo supplente della Knesset attraverso un attivismo che ha inciso in profondità sulla sua operatività legislativa e continui a farlo fino ad oggi.

"Per tutti gli esperti dell’arco liberal-democratico laico, inclusi diversi noti leader del Likud fra i quali Benny Begin, Dan Meridor, Yuli Edelstein, Netanyahu vorrebbe realizzare una sorta di golpe bianco, offrendo inoltre ampie concessioni agli haredim per i quali la democrazia deve necessariamente essere subordinata alla Halachà. Vale a dire che per interesse personale Netanyahu aprirà la strada a uno Stato teocratico halachico".

A parte gli "esperti" citati, tutti ferocemente anti Netanyahu, affermare che Netanyahu vorrebbe trasformare Israele in uno Stato teocratico, è di una tale imbecillità da non meritare neanche un commento (però lo faccio).

Gli haredim sono già al governo con Netanyahu dal 2015 e, a parte alcune leggi che salvaguardino gli interessi legittimi della comunità religiosa, nessuno in Israele ha visto avanzare terribili restrizioni alla libertà laica. Ma nel futuro governo teocratico si vedranno eccome. La prima sarà la soppressione del gay pride a Tel Aviv, la chiusura dei sex shop, la chiusura forzata di tutti i negozi che sono aperti di Shabbat, e la lapidazione delle adultere.

"Centomila cittadini pensanti liberamente, tolleranti, emancipati, di ogni orientamento religioso e partitico dell’arco parlamentare si sono ritrovati fianco a fianco per chiedere un’opposizione ferma, intransigente, “una muraglia in difesa della democrazia liberale” in Israele".

Notare gli aggettivi usati per gli israeliani che due giorni fa si sono radunati a Tel Aviv per protestare contro Netanyahu. Essi sono "pensanti", "tolleranti", "emancipati". Claro? Dall'altra parte ci sono per antitesi i "decerebrati", gli "intolleranti", i "bigotti"...per non parlare, naturalmente, dei cinici assettati di potere...

Mi raccomando. Si tratta di FATTI, non di opinioni.
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » gio mag 30, 2019 5:23 am

Israele, Knesset vota lo scoglimento: nuove elezioni il 17 settembre
30 maggio 2019

https://www.ilmessaggero.it/mondo/israe ... vqQTrIFKMs

Il Parlamento israeliano ha votato a favore dello scioglimento dopo che il primo ministro Benjamin Netanyhau non è riuscito nel tentativo di formare un governo di coalizione. Alla Knesset lo scioglimento è stato approvato con 74 voti favorevoli.

La data fissata per le prossime elezioni è il 17 settembre, segnando una situazione senza precedenti di una seconda elezione in un anno e lo scioglimento del parlamento solo un mese dopo il suo insediamento. Netanyahu aveva tempo fino alla mezzanotte di mercoledì per riuscire a formare un governo.

«Lieberman non voleva nessun accordo, voleva arrivare solo a nuove elezioni. Ha ingannato i suoi elettori e per ambizione personale ha scelto di andare di nuovo al voto». Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu subito dopo la notizia di nuove elezioni il 17 settembre. «Lieberman - ha proseguito - ha voluto lo stesso andare al voto per aumentare i propri consensi. Ha preso voti a destra, però si è comportato da sinistra integrale. Ma il Likud vincerà anche le prossime elezioni».
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Re: Ixrael na bona democrasia e na granda çeveltà

Messaggioda Berto » mer giu 05, 2019 8:01 am

Netanyahu contro deputato Smotrich: Israele non sarà un Paese teocratico
4 giugno 2019

https://www.shalom.it/blog/news-in-isra ... co-b466031

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu si e' apertamente dissociato dal deputato nazionalista Bezalel Smotrich, che oggi ha auspicato che Israele ''torni ad operare secondo la Torah, come ai tempi di Re Davide e di Re Salomone''. Su Facebook Netanyahu ha replicato in maniera secca: ''Israele non sarà uno Stato di halachà '', ossia non opererà sulla base della ortodossia ebraica. Aperte critiche a Smotrich sono giunte sia da destra sia da sinistra. Il leader del partito nazionalista laico Israel Beitenu Avigdor Lieberman - che la settimana scorsa si è opposto ad un accordo di coalizione con i partiti ortodossi, innescando così la attuale crisi politica - ha ribadito che si opporrà a qualsiasi tentativo di fare di Israele ''uno stato di halachà ', ossia uno Stato teocratico. Dure critiche a Smotrich sono giunte anche dalla parlamentare laburista Shelly Yehomovic, secondo cui è allarmante che egli ''non è una persona dalla mente annebbiata che parla fra sè e sè, bensì un deputato che aspira ad essere nominato ministro della giustizia''.
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