Ebraeixmo spertoałetà e rełixon

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Messaggioda Berto » sab nov 30, 2013 6:14 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ebraeixmo : la Cabalà e la Creasion del Mondo

Messaggioda Sixara » ven dic 13, 2013 8:23 pm

A.M.Di Nola in Cabbala e mistica giudaica, Roma, 1984,p.86 el dixe so la creasion del mondo :

La creazione nel tempo qual'è consacrata nella redazione del Genesi, postula che si concepisca l'atto creativo personale come un accadimento concluso nella metastoria primordiale e aurorale, il quale costituisca il cosmo una sola volta e per sempre. Invece la teoria delle emanazioni teofaniche esige che la creazione sia concepita come un perpetuo processo dinamico della sfera divina, un continuamente produrre e manifestarsi in luce, in parola, in pensiero.
Avviene così che nella esegesi zoharica lo stesso termine scritturale che si riferisce, per esempio la luce, viene assunto in una doppia dimensione significante, ed è posto in relazione ora con il piano della creazione nel tempo, ora con quello della dialettica interna ed esterna di Dio. la luce è, perciò, l'elemento di natura che fu creato nel primo giorno e una volta per sempre, ma è pure una modalità teofanica che fluisce senza interruzione e fuori del tempo dal seno dell' En Sof.
La Cabbala risolve, in parte, l'aporia adottando vari schemi di corrispondenza e di analogie che presuppongono sempre una dualità di piani di creazione : da un lato il mondo inferiore o di natura costruito nel tempo come corpo visibile della gloria divina, e dall'altro il mondo superiore come corpo invisibile di una teofania eternamente autoproducentesi.

Endexe de li contribù de Sixara:
...
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Re: Ebraeixmo: la Qabbalàh

Messaggioda Sixara » ven dic 13, 2013 8:32 pm

No' stemo confondare, parpiatsere, la Qabbalàh co la Cabala (napoletana):

Qabbalàh
Qabbalàh letteralmente significa “ciò che è stato ricevuto”, in rapporto al sapere esoterico, alle tradizioni segrete attraverso le quali gli uomini possono intravedere Dio ed avere accesso all'esperienza religiosa. La parola giunse ad avere questo significato nel Medioevo. Qabbalàh, in particolare, si riferisce ai testi, alle pratiche e alle dottrine della mistica ebraica medievale ed ai suoi successivi sviluppi. In senso più lato (per quanto tecnicamente erroneo), il termine Qabbalàh viene usato in riferimento a tutta la dottrina ebraica esoterica o mistica.
L'insegnamento qabbalistico originario era concentrato sulle dieci sefiròt e i vari aspetti simbolici sotto i quali si presentano. Il ruolo delle mitzvòt, in quanto incarnazioni delle sefiròt in questo mondo, costituisce una parte importante di questa dottrina, in particolar modo perché il vivere la pratica ebraica è considerato dalla Qabbalàh come un potere cosmico o teurgico. Quest'idea che le azioni umane possano influire sul mondo superiore evidenzia che la Qabbalàh ha le sue radici nelle antiche tradizioni di magia conservate nelle fonti ebraiche. La “Qabbalàh pratica”, che comprende l'azione sui nomi sacri, la preparazione di amuleti, la protezione contro gli spiriti malvagi ecc., mette in collegamento la Qabbalàh con la sfera della magia.
I più grandi maestri della Qabbalàh evitarono quasi sempre queste associazioni con la magia. Essi si considerarono impegnati nella ben più importante opera di sostenere il cosmo stesso e favorirne la redenzione. Con tale progetto in mente, si concentrarono sull'unione delle sefiròt, e in particolare degli elementi simbolici maschili e femminili all'interno della Divinità. Un regime di vita ascetico venne sempre più associato alla Qabbalàh, comprendendo il digiuno, speciali penitenze e vari modi di purificare il corpo, pratiche che erano unite ad una speciale concentrazione nella preghiera, in particolare alla meditazione sul nome di Dio. Questa vita intensamente religiosa viene vissuta in concomitanza con lo studio dei testi sacri dell'ebraismo, sempre con la speranza di trarne nuove intuizioni da aggiungere al bagaglio di conoscenza mistica.
La Qabbalàh raggiunse il suo apice come teologia principale dell'ebraismo nel sedicesimo secolo. Alla fine i tempi moderni hanno oscurato il ruolo della Qabbalàh nell'ebraismo occidentale, soprattutto perché sembrava antirazionale, superstiziosa e medievale. Queste caratteristiche apparivano negative agli ebrei che cercavano di assimilarsi in un mondo moderno, scientifico e, auspicabilmente, razionale. Oggi, soltanto piccoli gruppi di qabbalisti, in particolare originari del Vicino Oriente, continuano ad esistere, principalmente a Gerusalemme.
Negli ultimi decenni l'interesse per la Qabbalàh si è ridestato e molti libri e corsi di studio hanno tentato di presentare la dottrina qabbalistica in modo da attirare i ricercatori contemporanei. In molte di queste opere il cambiamento è puramente di facciata. Il sistema fondamentale di credenze e la struttura dell'antica Qabbalàh restano immutati; soltanto le metafore e gli esempi sono stati ammodernati. Ma se la Qabbalàh deve realmente ispirare una rinascita mistica ebraica ai nostri tempi, allora dobbiamo darle un nuovo significato. L'esclusiva pretesa ebraica deve dare spazio all'idea che la Qabbalàh è parte di un recupero generale di verità spirituali. L'accento posto dalla Qabbalàh sul “mistero della fede” contenuto nelle mitzvòt deve essere posto anche sui comandamenti etici, interpersonali e anche rituali. Un nuovo linguaggio della Qabbalàh dovrebbe servire a rafforzare e a chiarire
l'affermazione essenziale dell'ebraismo che ogni persona è un'immagine divina e che tutte le cose contengono e celano la presenza vivente di Dio.
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Re: Ebraeixmo

Messaggioda Berto » ven dic 13, 2013 9:13 pm

Par mi lè tuto on mistero e no go la megnola pretexa de sciarirlo.
Tante 'olte me sento pi a rente de li ebrei ke de li cristiani e co penso ke Cristo el jera n'ebreo pì ke on cristian, me par de entoirghe el parké.
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Re: Ebraeixmo

Messaggioda Sixara » sab dic 14, 2013 8:08 pm

filarven ha scritto:Par mi lè tuto on mistero e no go la megnola pretexa de sciarirlo.


Bravo. Fa de manco ke :
" Nulla può dirsi di quanto è prima della Parola. Prima di allora, nell'ordine della creazione, c'è solo quanto è tohu wavohu 'informe e vuoto'. Secondo il celebre ammonimento della Mishnah : Chiunque dedica la propria mente a quattro cose : Cosa c'è sopra? Cosa c'è sotto? Cosa c'è prima? Cosa c'è dopo? sarebbe meglio per lui che non fosse venuto al mondo. (...) "
Però ( e scumiziemo co i raxonamenti da taldumisti) "affermare che tutto prende inizio dalla Parola non significa sostenere che ci sia solo la parola, e non già anche il silenzio, il prima e il dopo, il sopra e il sotto; vuol dire semplicemente che : Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere ( L.Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 7)." :?

filarven ha scritto:e co penso ke Cristo el jera n'ebreo pì ke on cristian, me par de entoirghe el parké.


parké?
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Re: Ebraeixmo : La Giuntina

Messaggioda Sixara » sab dic 14, 2013 8:26 pm

Te on filò indoe ca se parla de Ebraixmo no' se pòe far senza de la Giuntina
http://www.giuntina.it/
ke l è na caxa editrice de Firenze ke la publica tuta roba so Materia Judaica. Straordinaria, e nò solo par i titoli ma anca par la beleza de i so libri, propio come carta, coertina, colori.. anca i prezi ke no' i xe mai exajerà e la jeneroxità ke i dimostra, par ex. tel metare a dispoxizion Una parola al giorno dal Dizionario delle parole della vita spirituale ebraica de A. Green.
La parola de oncuò la xe :

Shulchan Arùkh
Lo Shulchàn `Arùkh, o “Tavola apparecchiata”, è una codificazione della legge ebraica (halakhàh) scritta da Rabbi Yosef Caro (1488-1575). Venne stampato per la prima volta a Venezia nel 1564. Lo Shulchàn `Arukh finì per essere accettato come l'“ultima parola” dell'autorità legale ebraica, ed i rabbini contemporanei seguono ancora la sua guida nel determinare le norme del comportamento. Essi vi fanno riferimento perfino in risposta alle invenzioni moderne ed ai cambiamenti della società che non avrebbero potuto essere immaginati dal suo autore.
La struttura dello Shulchàn `Arùkh segue quella di una precedente compilazione di leggi, l'Arba`àh Turìm o Quattro colonne di Rabbi Ya`aqov ben Asher. Le sue quattro parti sono: l'Orach Chayyìm o “Sentiero della vita” che tratta del comportamento rituale durante tutto il calendario ebraico; lo Yoréh De`àh o “Maestro del sapere”, sulle leggi della kashrùt (kashèr*), del lutto, e di altri ambiti della pratica religiosa; l'Even ha-`Ezer o “Il compagno”, che tratta le leggi sul matrimonio, sul divorzio e sullo status delle donne, e infine il Chòshen Mishpàt, “Il pettorale del giudizio”, ovvero i codici civile e penale. Lo Shulchàn `Arùkh di Caro è essenzialmente la quintessenza delle regole che si trovano nel suo Bet Yosèf, un commento sull'Arba`àh Turìm.
Caro era un ebreo sefardita e le sue decisioni riflettono la prassi delle comunità sefardite dell'area mediterranea a lui contemporanee. La sua opera venne adattata all'uso delle comunità ashkenazite da Rabbi Moshé Isserles, le cui brevi glosse sono designate con il nome di Mappàh (“Tovaglia”) e sono sempre state pubblicate insieme al testo di Caro.
Lo Shulchàn `Arùkh non deve essere confuso con un'altra opera intitolata Kitzùr Shulchàn `Arùkh (“La piccola tavola apparecchiata”) di Rabbi Salomon Ganzfried. Quest'opera, largamente diffusa in inglese sotto il titolo Code of Jewish Law, presenta le opinioni più rigorose, e talvolta estreme, dei rabbini ungheresi del diciannovesimo secolo.

Shulchan Arùkh : la Tòla Parecià :D ( vòto morire ignorante e no' savere còsa ke l xe el Shulchan Arukh.. nò-eh..)
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Re: Ebraeixmo : IN PRINCIPIO

Messaggioda Sixara » dom dic 15, 2013 11:02 am

"IN PRINCIPIO": Le parole della creazione e le parole del Sinai ( P.Stefani,La parola e il commento. Dodici letture bibliche, La Giuntina, Firenze,1993,pp. 11-20)

IN PRINCIPIO .. còsa ghe jèra?
Come ke l insegna Rashi, i primi 2 verseti de la Jènexi i va lèti tuti d on fià " come proposizione subordinata alla proposizione principale e con la quale ha inizio il terzo versetto. Non dobbiamo leggere : 'In Principio Dio creò il cielo e la terra'. Punto e a capo. ' Dio disse : 'sia la luce ' e la luce fu'. Ma dobbiamo leggere e sentire che in principio dell'atto con cui Dio creò il cielo e la terra e quando la terra non era ancora che caos ecc. ecc. al di sopra delle acque Dio disse : sia la luce!. E' con il dire di Dio, con la parola, che tutto ha avuto inizio." ( A. Neher, L'esilio della parola, Marietti, Casale M., 1985)

Gnente se pòe dire de cuéo ke ghe jèra prima de la parola. Còsa ghe jèra pardesora, par soto, prima, dopo..? Gnente se pole dire e mejo saria taxere.
E inveze, varda on fià come ca va le robe, a xe pì de mila àni ke i ebrei i ghe discore sol PRIMA-DOPO-SOTO-DESORA.
Dio el ga dà la Toràh ( la 'dottrina', l'insegnamento) scrita e lori i ghe ga fato el 'commento' : el Talmùd, ke no' xe la Bibia, no' xe l Antico Testamento, nol xe ON libro ma
" un monumentale, immenso compendio formato da 63 libri, costituiti da discussioni, dialoghi, conclusioni, commenti, supercommenti, commenti ai supercommenti, il tutto opera degli studiosi e maestri che, per un migliaio di anni, interpretarono la Toràh e applicarono i suoi dettami a tutto ciò che concerne la vita: dalla giurisdizione all'etica, dal cerimoniale alle tradizioni." ( L.Rosten,Oy,oy,oy!. Umorismo e sapienza nel mondo perduto dello yìddish,Mondadori, MI, 1999).
A ghè de tuto drento sto "magnifico serbatoio del pensiero rabbinico" : dall'esegesi all'estetica, da la filoxofia a la medicina, agricoltura, jeografia, storia, astronomia, astroloja.. "sofistica e retorica, maestosa e pedante, brillante e tediosa; illuminante e tremendamente oscura, superstiziosa e piena di casuistica fine a se stessa." Si, anca na certa tendenza a 'spaccare il capello in quattro'.
Parké l Talmùd no xe dogma, el xe discusion so i 'dogmi' ( ke comuncue l ebraixmo el ghe conose ben poki).

Ma tornemo in principio: BERESHIT.
" La parola iniziale della Toràh, e in particolare la sua prima lettera, la bet, contengono in loro stesse miriadi di significati. Il guardare alla Toràh come modello indica renderla eloquente nella sua struttura grafica ( e ciò specie nella qabbalah, implica far tesore anche delle corrispondenze fra lettere e numeri) ... In principio creò. Questo testo non dice altro che : Interpretami! così come lo hanno interpretato i nostri rabbini."

Al principio a ghè on comando : interpretami.
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Re: Ebraeixmo : el Talmùd

Messaggioda Sixara » lun dic 16, 2013 9:03 am

Vàra ke bravi a la Juntina, vàra come ca se conbina le robe.. eh ma parké a go méso la Beit :D
http://www.giuntina.it/Una_parola_al_giorno/

Talmùd
Il Talmùd, letteralmente “studio”, è il grande compendio della legge, della sapienza, delle tradizioni e della vita quotidiana ebraiche che risale ai primi secoli dell'era volgare. Esso si presenta come un resoconto conciso delle discussioni rabbiniche intorno alla Mishnàh, dall'epoca in cui quel testo venne redatto (intorno al 220 e.v.) fino al quinto secolo. Il Talmùd esiste in due versioni: il Talmùd babilonese e il Talmùd palestinese. Quest'ultimo è anche chiamato “di Gerusalemme”. Il Talmùd babilonese presenta un testo più completo e comprende discussioni più estese, soprattutto sul codice civile. Sin dall'inizio del Medioevo è stato considerato la versione più autorevole.
I rabbini le cui voci sono più importanti e cospicue nel Talmùd sono quelli che insegnarono e studiarono nelle grandi accademie. In terra d'Israele queste erano presenti a Tiberiade, Sefori e Cesarea; in Babilonia si trovavano a Sura, Pumbedita e Neardea. In ognuna di queste accademie la Mishnàh, un codice ancora tramandato oralmente, veniva insegnata e la sua autorità confermata. Accanto al testo codificato della Mishnàh, la tradizione orale conservava anche un gran numero di altre precedenti dottrine, conosciute come beraitòt, o insegnamenti “esterni” (“esterni” vuol dire semplicemente che questi insegnamenti non erano stati scelti dai compilatori della Mishnàh perché venissero inclusi in essa). Man mano che un passo della Mishnàh veniva insegnato e discusso, venivano incoraggiate le contestazioni e le eccezioni allo stesso. Queste potevano basarsi su delle beraitòt contrarie, su ipotizzate contraddizioni all'interno del testo della Mishnàh, e (in particolare nelle scuole babilonesi) su presupposti princìpi di logica e senso comune. Il Talmùd difende la Mishnàh al meglio che può, ma abbastanza spesso corregge o re-interpreta in modo significativo il testo della Mishnàh in modo da adeguarsi alle obiezioni ritenute valide.
La “stenografia orale” che riportava queste discussioni racchiudeva spesso diversi secoli di dibattiti in un'unica pagina. Successive fasi delle discussioni possono presentare delle contraddizioni con princìpi della legge che erano stati formulati dalle generazioni precedenti, talvolta quando il problema trattato era completamente diverso. Malgrado il diverso contesto, il principio sembra essere valido. La discussione può allora cambiare rotta e andare a comprendere alcune righe o perfino un'intera pagina che si riferisce a quell'altra questione, talvolta sottoponendo ad una nuova verifica il principio prima della sua nuova applicazione. Alcuni altri casi sussidiari possono essere portati a sostegno in quel contesto, prima che la discussione ritorni al problema preso originariamente in considerazione. Pertanto può accadere che una pagina del Talmùd presenti elementi che risalgono al primo secolo ed altri che arrivano fino al quinto secolo, con un contenuto che spazia attraverso l'insieme più ampiamente concepibile di campi che interessavano i rabbini o raffiguravano la vita quotidiana del loro tempo.
Il Talmùd finì per essere il testo principale della dottrina ebraica. Lo studio del Talmùd richiede padronanza del suo lucido stile dialogico, della sua peculiare combinazione linguistica di ebraico e aramaico babilonese, dei modelli di associazione con i quali argomenti apparentemente senza alcuna relazione fra loro vengono collegati, e anche della vasta gamma di argomenti discussi dai rabbini. Questo tipo di studio è tradizionalmente portato avanti in coppia o in piccoli gruppi di studenti (chevrutà). In questo scenario lo stile interrogatorio e dialogico del testo può essere conservato al meglio. Lo studio del Talmùd, per quanto difficile e spesso astruso nei suoi contenuti, è visto dal vero talmìd chakhàm come un atto d'amore e fonte di grande gioia. Il completamento dello studio di un trattato è occasione di celebrazione. Un siyyùm ha-shas, o completamento dell'intero Talmùd, è un evento importante ma piuttosto raro nella vita di chi si dedica allo studio del sapere ebraico.

© Arthur Green, Queste sono le parole. Un dizionario della vita spirituale ebraica.
Ultima modifica di Sixara il lun dic 16, 2013 9:38 am, modificato 1 volta in totale.
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Re: Ebraeixmo : Alef- Bet

Messaggioda Sixara » lun dic 16, 2013 9:20 am

L alfabeto ebraico el gà ventido letare ( 22 l è la circonferenza aprosimà de on tsercio co diametro 7, uno de i nùmari-ciàve de la creasion). I è tute consonanti ( ghe saria anca 9 vocali, ke le vien raprexentà da on punto ma de solito no' le conpare sol testo scrito o almanco nò sol Sefer Torah - el Ròdolo de la Leje). La tradizion ebraica la dixe ke le Letare no' le xe 'segni arbitrari' par figurare ojeti e conçeti MA 'pre-esistenti alla stessa creazione del mondo'.
la Kabalàh la dixe ke ' tramite opportune combinazioni di lettere Dio creò, formò, e plasmò ogni cosa che esiste nei mondi spirituali e materiali'.
Lo studio delle 22 lettere occupa un vasto settore della Cabalà. Ogni lettera possiede una forma ( la sua figura visibile, e le associazioni che ne derivano); un nome e un valore numerico. Ognuno di questi tre elementi può venire studiato su piani diiversi, dato che le lettere si estendono dal livello divino a quello materiale. Ogni lettera diventa quindi strumento di meditazione, contenente, secondo la tradizione orientale : Mantra ( il suono di valore meditativo). Yantra ( la figura archetipa) e Tantra ( l'insegnamento esoterico, morale o pratico che ne deriva).

La ME letara la xe propio la Bet: :D

La casa della scelta :
Forma : un recipiente chiuso da tre lati ( Est-Sud-Ovest) e aperto da un lato ( Nord) per dare la possibilità al male di esistere, onde vi sia 'libera scelta'. Due stati di conoscenza di Dio : essoterica ( aperta) e esoterica ( chiusa).
Nome: 'Casa', la casa dell'universo. Beit è la prima lettera della Torah, la lettera della creazione. Il lato femminile dell'anima. Il concetto di 'ricezione', di disponibilità. Rettificazione finale di tutta la realtà, che deve diventare la Casa di Dio ( beit è l'iniziale di berakhà - benedizione).
Numero : due. Inizio della pluralità, della creazione. Segreto dell'anima che ama Dio ( mishne) ; l'anima è seconda solo a Dio.
Dio è : il paradosso di ogni paradosso, in quanto appare duplice, ma la sua essenza ultima è al di là di ogni dualità.
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Re: Ebraeixmo : Scelta obbligata

Messaggioda Sixara » lun dic 16, 2013 8:24 pm

Bereshit sta a indicare che la creazione non rappresenta una realtà del tutto completa (...) l'inizio instaura uno spazio aperto, quello appunto dell'interpretazione ... in cui un ruolo del tutto particolare è riservato a chi quelle parole è in grado di accogliere : I cieli e la terra non furono creati se non grazie a Israele ( Levitico Rabbah 26,1). I cieli e la terra furono cioè creati in vista d'Israele o per un suo amore e furono creati riferendoli alla Torah : Così il Santo benedetto Egli sia : guardò la Torah e creò il mondo ( Bereshit Rabbah 1,1).
L'incompiutezza della creazione dovrà trovare, infine, il proprio completamento proprio attraverso Israele. (...) Tutto ciò. in primissima istanza, non va letto né come privilegio d'Israele e neppure, in un certo senso, come suo compito - dimensione quest'ultima che rappresenta peraltro un punto di riferimento assolutamente non accantonabile. La griglia interpretativa si trova, infatti, ancora una volta nell'impossibilità di riferirsi a una parola creatrice prescindendo dai modi in cui essa si fa presente nel mondo, cioè dalla modalità in cui la rivelazione è divenuta parola in grado di essere accolta e messa in pratica dagli uomini. Per questo il reshit, il principio è costituito tanto da Israele quanto dalla Torah.
Come indica la vicenda del Logos nel Prologo Giovanneo ( Gv 1,1-18) la parola creatrice allorquando scende nel mondo, ha bisogno di un interlocutore disposto ad accoglierla, e che perciò è anche nelle condizioni di poterla respingere.
Quale, in questo contesto, la posizione dell'uomo?
Il senso autentico dell' antropocentrismo biblico ... si manifesta nell'affermare che il completamento della creazione rappresenta un compito affidato anche all'uomo. E, come sempre, chi è chiamato a dare il proprio contributo per portare a compimento le cose, può anche, all'opposto, farle scivolare verso il lato oscuro della caotica distruzione : " Il Santo, benedetto Egli sia, pose una condizione alle opere della creazione e disse loro : Se Israele accoglie la Torah dei cinque libri, va bene; se no, Io vi faccio ritornare alla vanità e al vuoto (tohu wavohu)". ( Tanchuma Bereshit, 1; Cantico dei Cantici Rabbah 1,9).

E còsa podeveli fare o cusì o te tornavi drito drito al tohu wavohu.. Certo però ke anca D-o, prima el ghe ne fa el so 'popolo eletto' po' el li abandona, o mejo el se sconde .. se fa mai vedare.
Se podaria anca dire, co Woody Allen : Dio non esiste ... e noi siamo il suo popolo eletto!. :)
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