18)
Il nuovo governo d'Israele oggi 29 dicembre 2022 si è insediato ufficialmente.
Ecco il programma preannunciato:
Le linee-guida del 37esimo governo d’Israele
Israele.net
Marco Paganoni
28 dicembre 2022
https://www.israele.net/le-linee-guida- ... o-disraele
Riforma del sistema giudiziario, rafforzamento dell'identità ebraica nel rispetto delle altre tradizioni, mantenimento dello status quo fra stato e religione anche nei Luoghi Santi, attività di popolamento in tutte le regioni del paese
Il primo ministro incaricato Benjamin Netanyahu
Alla vigilia del giuramento del nuovo governo israeliano, il primo ministro incaricato Benjamin Netanyahu ha presentato le linee guida e l’agenda generale della sua nuova coalizione, impegnandosi fra l’altro a promuovere attività di insediamento abitativo in tutto il paese, Cisgiordania compresa, nonché passi volti a “ristabilire l’equilibrio” di potere tra parlamento, governo e magistratura (un riferimento alla proposta di legge per la “prevalenza” della Knesset sulla Corte Suprema). Fra gli altri impegni enunciati, quello di rafforzare l’identità e il patrimonio ebraico in Israele nel rispetto delle altre tradizioni religiose, di preservare lo status quo fra stato e religione, di combattere la criminalità comune che imperversa soprattutto nella comunità araba del paese, di abbassare i prezzi e migliorare i trasporti pubblici.
Il documento delle linee-guida non è legalmente vincolante e non enuncia molti degli impegni programmatici che figurano invece nei vari accordi di coalizione siglati da Netanyahu con i singoli partiti. Peraltro anche quegli accordi non sono legalmente vincolanti. Tuttavia, le linee guida illustrate mercoledì vengono allegate ai vari accordi di coalizione e considerate parte integrante di essi. Ed è nei singoli accordi di coalizione che figurano alcune delle più controverse proposte di riforma che stanno suscitando vivaci contestazioni in molti ambienti sionisti, sia in Israele che all’estero. Tra queste, si possono ricordare in particolare: la modifica della legge che vieta agli esercizi privati di rifiutare servizi ai clienti in base alle proprie “convinzioni religiose”; la legalizzazione di insediamenti non autorizzati e l’estensione della giurisdizione israeliane su parti della Cisgiordania (pur demandandone la tempistica alla valutazione del premier in base a “interessi nazionali e internazionali dello stato di Israele”); modifiche alla Legge del Ritorno, che regola l’attribuzione automatica della cittadinanza agli immigrati ebrei, col proposito di escluderne le persone che non sono ebree secondo la Halakhà (legge religiosa); l’aumento dei finanziamenti a favore degli ultra-ortodossi che studiano la Torà a tempo pieno. Negli accordi fra il Likud e i partner di coalizione non figura invece la ventilata revoca del divieto delle candidature per “razzismo”, che era fra le richieste del partito di estrema destra Otzma Yehudit.
I principali esponenti della nuova maggioranza. Da sinistra: Itamar Ben-Gvir, Bezalel Smotrich, Benjamin Netanyahu, Aryeh Deri, Yitzhak Goldknopf
A fronte delle numerose voci che nelle scorse settimane hanno messo in guardia il governo entrante dall’adottare politiche che potrebbero erodere la democrazia israeliana, Netanyahu ha ribadito il suo personale impegno a difendere i valori democratici, benché il suo partito Likud persegua una radicale riforma del sistema giudiziario con lo scopo di ribaltare l’equilibrio dei poteri fra parlamento e magistratura.
Le linee guida, che per legge devono essere presentate alla Knesset 24 ore prima che il nuovo governo presti giuramento, costituiscono da prima comunicazione pubblica ufficiale del governo entrante circa le sue intenzioni e priorità. “È importante – spiega Amir Fuchs, esperto di istituzioni democratiche presso l’Israel Democracy Institute – perché sentiamo cosa sta per fare il governo, quali sono le sue priorità, quali problemi vuole risolvere e quali riforme intende attuare”. Ma è anche “un atto formale” previsto dalla Legge fondamentale sul governo, aggiunge Fuchs, e “non è affatto vincolante”, il che significa che il governo non può essere legalmente vincolato a questi impegni.
Qui di seguito, l’agenda del 37° governo israeliano (come riportate da Times of Israel)
Il governo agirà secondo le seguenti linee guida:
– Il popolo ebraico ha diritto esclusivo e inalienabile su tutte le parti della Terra d’Israele. Il governo promuoverà e svilupperà l’insediamento di tutte le parti della Terra d’Israele: Galilea, Negev, Golan, Giudea e Samaria.
– Il governo si adopererà attivamente per rafforzare la sicurezza nazionale e fornire sicurezza personale ai cittadini, combattendo con risolutezza e determinazione la violenza e il terrorismo.
– Il governo agirà per continuare la lotta contro il programma nucleare iraniano.
– Il governo si adopererà per rafforzare lo status di Gerusalemme.
– Il governo si adopererà per promuovere la pace con tutti i vicini, preservando la sicurezza e gli interessi storici e nazionali di Israele.
– Il governo mirerà alla giustizia sociale, sviluppando le regioni periferiche del paese, riducendo i divari sociali e combattendo senza compromessi la povertà attraverso l’istruzione, l’occupazione e una maggiore assistenza alle fasce più deboli della popolazione.
– Il governo agirà per incentivare l’uso dei trasporti pubblici e risolvere i problemi di congestione del traffico sulle strade.
– Il governo avanzerà un piano per far fronte all’aumento del costo della vita e si adopererà per creare condizioni economiche che consentano una crescita sostenibile.
– Il governo considererà la riduzione dei prezzi delle case e l’aumento dell’offerta di appartamenti come un obiettivo nazionale e agirà per abbassare il costo delle abitazioni.
– Il governo adotterà misure per garantire la governance e ripristinare il giusto equilibrio tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario.
– Il governo agirà per incrementare l’immigrazione ebraica da tutti i paesi del mondo.
– Il governo considererà l’istruzione come una massima priorità nazionale e si adopererà per promuovere riforme nel sistema educativo, garantendo al contempo l’uguaglianza tra tutte le popolazioni nei vari sistemi educativi e rafforzando l’identità ebraica.
– Il governo preserverà il carattere ebraico dello stato e il retaggio d’Israele e rispetterà le pratiche e le tradizioni dei membri di tutte le religioni nel paese, in conformità con i valori della Dichiarazione di Indipendenza.
– Lo status quo sulle questioni fra religione e stato sarà preservato come lo è stato per decenni in Israele, anche per quanto riguarda i Luoghi Santi.
– Il governo agirà per affrontare il problema della sicurezza personale nella società araba e per combattere la criminalità nella società araba, nel contempo incoraggiando l’istruzione, offrendo soluzioni adeguate e appropriate per i giovani e investendo ove necessario in infrastrutture nelle località arabe.
– Il governo agirà per promuovere la formazione professionale e l’istruzione nelle professioni tecnologiche al fine di soddisfare adeguatamente le attuali esigenze dell’industria in Israele come importante fattore di crescita economica.
– Il governo si adopererà per integrare nella vita sociale le persone con disabilità di qualsiasi tipo, assistendole nella loro istruzione e occupazione, si prenderà cura dei bisogni fondamentali di coloro che non sono in grado di sostenersi e agirà per migliorare la condizione di anziani, disabili e famiglie con molti figli.
– Il governo agirà per proteggere l’ambiente, per migliorare la qualità della vita degli abitanti del paese e per fare in modo che Israele contribuisca allo sforzo globale sulle questioni climatiche e ambientali.
– Il governo si adopererà per rafforzare le forze di sicurezza e garantire sostegno a soldati e agenti di polizia nel combattere e sconfiggere il terrorismo.
– Il governo agirà per il riconoscimento delle alture del Golan come regione strategica con un ampio potenziale di sviluppo e si farà promotore di uno slancio di insediamento, sviluppo e promozione di iniziative nel Golan preservando i suoi valori unici di natura, umanità e ambiente.
Netanyahu e il Caos
Niram Ferretti
30 Dicembre 2022
http://www.linformale.eu/netanyahu-e-il-caos/
Ciò che le anime belle hanno di bello è che sono belle, si potrebbe tautologicamente dire.
L’anima bella è sempre, per definizione, dalla parte della giustizia e del bene, è ontologicamente umanitaria e progressista, nel senso che crede nell’inevitabilità del progresso (inteso come bene collettivo, anche se bisognerebbe intendersi una buona volta sulla fisionomia di questo “bene”). L’anima bella è anche accoratamente allarmista, a volte fino all’isteria. David Grossman, ultimo membro di quella che fu la trimurti glamour “de-occuppazionista” israeliana (dove per “occupazione” si intende la legittima presenza di Israele in Cisgiordania) composta da lui, Amos Oz e Avraham Yehoshua, ha scritto un articolo per Haaretz, in cui ci informa che il Caos è arrivato. Non è più alle porte, non dobbiamo attenderlo. È arrivato.
Il Caos (urge la maiuscola) è qualcosa di imponente e atterrente. Nelle scritture ebraiche esso ha la forma del Leviatano, un gigantesco serpente marino, un mostro abominevole che minaccia, come sempre fa il caos, l’ordine e la convivenza civile. Grossman scrive che “Il caos è qui, con tutta la sua forza di risucchio”. No, non ha più la forma simbolica del mostro che emerge dalle acque, ma quella del nuovo governo Netanyahu. Si potrebbe dire che il caos è Netanyahu stesso, il più longevo primo ministro di Israele, dato per morto e risorto molte volte e di nuovo sulla scena nonostante si sia cercato costantemente di toglierlo di mezzo.
Nel suo articolo, Grossman afferma con esplicito riferimento a Isaia, che “coloro che chiamano bene il male e male il bene sono già qui”. Gli agenti del Caos hanno un nome, un corpo, una fisionomia tangibile. “L’anarchia mostra le zanne”. Insomma, siamo sull’orlo dell’abisso, o meglio, siamo già dentro l’abisso. “Il mio cervello brucia”, scrive Grossman, ed è, gli va dato atto, la frase più sensata di tutto il suo canovaccio caricaturale.
Il bruciare di un organo interno al corpo quando non brucia a causa di un fattore esterno, si chiama “infiammazione”, e in medicina l’infiammazione di un organo o di una parte del corpo è considerata una anomalia o una patologia da curare.
Il caso Grossman è soltanto l’ennesimo esempio di questa patologia in corso nei confronti di Netanyahu e del suo nuovo governo che da ieri è in carica, il suo nome è demonizzazione. Vecchia prassi naturalmente, longeva e inossidabile. Già Ben Gurion, padre nobile della patria, associava a Vladimir Jabotinsky il nome di Hitler, e, naturalmente, per i suoi avversari, Menachem Begin era un fascista, ma qui si è giunti a un parossismo che, come nel caso emblematico del “mite” Grossman (le anime belle sono sempre necessariamente miti), deve ricorrere alla Bibbia e ai suoi profeti (lo scrittore cita Isaia esplicitamente) per potere descrivere l’orrore puro del nuovo governo, la catastrofe senza ritorno che sta per abbattersi su Israele. Forse più di Grossman ci vorrebbe Lovecraft.
Il fatto che Netanyahu, il moderato Netanyahu, più simile al nostro Giulio Andreotti che a Viktor Orban, o a Donald Trump, abbia imbarcato nel suo governo due estremisti come Itmar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, è stato ed è il boccone più succulento per tutti coloro i quali vedono sempre, quando un politico di destra vince le elezioni, il pericolo imminente per la tenuta democratica del paese che lo ha eletto. Gli “impresentabili” al governo sono diventati immediatamenti i simboli della sua natura demoniaca, la prova provata che ora, con loro, Israele si trasformerà in una distopia totale, una teocrazia munita di polizia speciale, qualcosa di molto simile all’Iran, tanto per intenderci.
Il “mite” Grossman è soltanto l’ultimo megafonista, in ordine di tempo, di questa narrazione, la sempre preferita a sinistra, urbi et orbi (lo abbiamo visto qui in Italia recentemente il tentativo forsennato di presentare Giorgia Meloni come l’erede di Benito Mussolini). Appena Netanyahu il “reprobo” è risultato di nuovo vincitore, si è immediatamente provveduto a delegittimare la sua vittoria utilizzando la solita retorica, anche se, adesso si è giunti all’acme. Il già mostro Netanyahu, per anni presentato come un po’ peggio di Al Capone, e i nuovi mostri Ben-Gvir e Smotrich. Come rinunciare allo scannatoio preventivo?
“Sarà impossibile eliminare o anche solo addomesticare il caos che ha creato”, scrive Grossman a proposito di Netanyahu.
Al cospetto dell’Apocalisse, in effetti c’è poco da fare, bisogna viverla fino in fondo sperando che dopo di essa trionfi finalmente la Giustizia.
Il giudice demiurgo e il vulnus alla democrazia
Niram Ferretti
8 Gennaio 2023
http://www.linformale.eu/il-giuduce-dem ... emocrazia/
A seguito della annunciata e necessaria riforma della giustizia da parte del neo eletto governo Netanyahu e dei ripetuti interventi per presentarla come un attentato alla democraticità di Israele, da parte di colui che è stato per decenni, quando era in carica e poi successivamente, l’autoproclamato supplente della democrazia iraeliana, Aharon Barak, ripubblichiamo, per la sua stretta attualità, un articolo di Niram Ferretti del 2019.
Chi governa in Israele? La risposta a questa domanda è fondamentale per comprendere il funzionamento dello Stato e il peso reale degli attori politici. Ma chi sono gli attori politici? Gli attori politici dovrebbero essere, tautologicamente, i politici, cioè i membri del governo in carica che siedono in parlamento in virtù della volontà degli elettori. Alla Knesset, nello Stato ebraico. Dovrebbe essere cioè l’esecutivo il principale organo di decisione politica, di emanazione delle leggi, il luogo che indirizza il paese nelle decisioni fondamentali che riguardano lo Stato. Da Lo Spirito delle Leggi in poi. Teoricamente. Perché c’è un altro potere, quello giudiziario, che in Israele, più che in qualsiasi altro paese, e non da molto, non solo fa da supplente al potere dell’esecutivo, ma si sovrappone ad esso, lo soverchia, lo umilia.
Un nome per tutti. Aharon Barak, presidente della Suprema Corte di Israele dal 1995 al 2006 e precedentemente Procuratore Generale di Israele dal 1975 al 1978, nonché decano della facoltà di Legge dell’Università di Gerusalemme dal 1974 al 1975. Insomma un mandarino della legge, o come lo ha definito recentemente Ben Dror Yamini, il “rabbino imperiale della legge”.
Barak, più di ogni altro giurista israeliano ha impresso all’Alta Corte una svolta che ne ha mutato profondamente la funzione trasformandola in quella che un altro giurista, Amnon Rubinstein ha definito, “un governo parallelo”. Difficile dare torto a Rubinstein, poiché sotto la lunga presidenza di Barak la Corte, da organo di interpretazione della legge, si è trasformata in organo interventista sulla stessa formazione delle leggi.
Nella visione decisionista di Aharon Barak la Suprema Corte è attore attivo a tutti gli effetti sulla carne dello stesso corpo sociale e dunque legislativo, andando ben oltre la funzione che un simile organo ha in qualsiasi altro paese democratico. Una sorta di Soviet supremo, in cui il giudice è demiurgo plasmatore e non solo arbitro ultimo della legalità. Tutto ciò, ovviamente in nome della “democrazia” e della sua salvaguardia. Aharon Barak, come tutti i virtuosi assolutamente convinti di avere una missione è uomo di pochi dubbi ma determinazione ferrea.
Nell’aprile del 2007 il giurista americano Richard Posner, certamente non un simpatizzante di Israele, scrive su The New Republic un articolo dedicato a Barak, dal titolo emblematico, Despota illuminato, in cui sottolinea l’eccezionalità delle norme di legge partorite dalla mente di questo politico travestito da giudice, di questo fondamentalista della legge che anche oggi che è in pensione, continua ad esercitare la sua influenza sulla scena giuridica e politica israeliana . Vediamone qualcuna.
“Tra le norme di legge, le opinioni giuridiche di Barak sono state strumentali nel creare leggi che non hanno alcuna controparte nel diritto americano: i giudici non possono essere rimossi dalla legislatura, ma solo da altri giudici; ogni cittadino può chiedere a un tribunale di bloccare l’azione illegale da parte di un funzionario governativo, anche se il cittadino non ne è personalmente colpito; qualsiasi azione governativa che sia “irragionevole” è illegale (“in parole povere, l’esecutivo deve agire ragionevolmente, perché un atto irragionevole è un atto illecito”); un tribunale può proibire al governo di nominare un funzionario che ha commesso un reato (anche se è stato graziato) o che è messo sotto esame etico in un altro modo, e può ordinare il licenziamento di un ministro se deve affrontare un procedimento penale. In nome della “dignità umana” un tribunale può costringere il governo ad alleviare i senzatetto e la povertà e un tribunale può revocare gli ordini militari e decidere “se impedire il rilascio di un terrorista nel quadro di un ‘accordo politico’, e indirizzare il governo nello spostare il muro di sicurezza che impedisce ai kamikaze di entrare in Israele dalla Cisgiordania”.
La volontà del popolo di Rousseau è qui trasformata nella volontà della Legge che si incarna nel suo grande sacerdote, di cui Aharon Barak ha assunto le vesti, o nel caso del monarca, si è conferito da se medesimo, l’unzione. Non a caso, sempre Posner, nell’articolo citato, sottolinea come Barak dia “per scontato che i giudici abbiano l’autorità intrinseca di scavalcare gli statuti. Un tale approccio può essere descritto con precisione come usurpativo”.
Se per Montesquieu “Non c’è piú libertà se il potere di giudicare non è separato dal potere legislativo e dall’esecutivo. Infatti se fosse unito al potere legislativo, ci sarebbe una potestà arbitraria sulla vita e la libertà dei cittadini, in quanto il giudice sarebbe legislatore” (Lo Spirito delle Leggi, XI, 6), per Barak vale esattamente il contrario. Il giudice deve essere legislatore. Ma attenzione, in una parodia dell’incunabolo che sta alla base della separazione dei poteri nelle democrazie moderne, anche Barak afferma la separazione dei poteri, solo che, come sottolinea sempre Posner:
“Barak invoca la ‘separazione dei poteri’ come ulteriore supporto alla sua concezione aggressiva del ruolo giudiziario. Ciò che intende per separazione dei poteri è che i rami dell’esecutivo e del’legislativo non abbiano alcun grado di controllo sul ramo giudiziario…nella concezione della separazione dei poteri di Barak, il potere giudiziario è illimitato e la legislatura non può rimuovere i giudici“.
Veniamo ora al caso scottante dei nostri giorni, o forse è meglio dire all’inverno di scontento di Benjamin Netanyahu, accusato di abuso di ufficio, frode e corruzione. Ben Dror Yamini, come già accennato, acuto analista di centro sinistra, in un articolo pubblicato su Ynet il 3 di marzo, non risparmia bordate severe al sistema giudiziario israeliano e a quello che è, a tutti gli effetti, il suo potere parallelo e assoluto. Così scrive:
“I membri del Karmim Forum, ex alti avvocati dello Stato e giudici della Corte Suprema che si sono incontrati al Kramim Hotel, hanno fatto pressione sul Procuratore Generale per indirizzarlo in un senso molto specifico. Non che conoscessero i dettagli. Non avevano letto le migliaia di pagine che dovrebbero essere lette prima di prendere una decisione. Ma sapevano in anticipo quale sarebbe stato l’esito. A tal fine, anche questa settimana si sono arruolati in una campagna che crea un clima di intimidazione. ‘Lo Stato di diritto è nei guai, i guardiani devono essere sorvegliati, il Procuratore Generale è uno di loro’, ha detto il rabbino imperiale legale, Aharon Barak, questa settimana”.
Sì, bisogna sorvegliare i guardiani e soprattutto “indirizzarli”. In attesa che Benjamin Netanyahu sia ascoltato in audizione dal Procuratore Generale Mandelblit, prima della quale, non sarà possibile sapere se verrà effettivamente processato oppure se Mandelblit accoglierà la sua versione dei fatti, c’è un’altra urgenza ben maggiore, ed è quella di riformare l’impianto assolutista impresso da Aharon Barak alla Corte Suprema di Israele, un vulnus insopportabile per la democrazia.
Prima del tentativo di rimuovere a forza Netanyahu dal suo ruolo di primo Ministro attraverso una virulenta campagna di demonizzazione interamente basata su prove indiziarie, è necessario che ai giudici e al potere giudiziario sia restituito il ruolo che essi dovrebbero avere, non secondo Aharon Barak ma secondo Montesquieu.
Occore fare presto.
Ho visto le immagini strazianti ieri sera alla manifestazione della sinistra che ha paragonato il ministro della giustizia ai leader dei nazisti
Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו
8 gennaio 2023
https://www.facebook.com/Netanyahu/post ... 32DHMSpqUl
Le bandiere di Esf alla manifestazione.
I cartelli che dicono "Libera la Palestina dal dominio coloniale sionista".
Si tratta di un incitamento selvaggio passato senza condanna da parte dell'opposizione o dei canali media mainstream.
Chiedo a tutti di fermarlo immediatamente e di condannare questa selvaggia istigazione.
Israele: Netanyahu attacca manifestazione opposizione
Agenzia ANSA
8 gennaio 2023
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... a13a3.html
Il premier Benyamin Netanyahu ha attaccato la manifestazione dell'opposizione al suo governo di ieri sera a Tel Aviv per aver comparato il ministro della giustizia Yariv Levin, e la sua riforma del settore, ai leader nazisti.
Netanyahu - che ha parlato oggi alla riunione di governo a Gerusalemme - ha denunciato anche la presenza di bandiere palestinesi durante la protesta e di cartelli con la scritta 'Libera Palestina dal giogo coloniale sionista".
"Questo - ha sottolineato è istigazione selvaggia che non è stata condannata dall'opposizione né dal mainstream mediatico".
"Chiedo che tutti - ha concluso - mettano fine immediatamente a questo".
I sinistrati isareliani anti Netanyahu
Nasce un nuovo partito ebreo e arabo: «Per un Israele di tutti i suoi cittadini»
Michele Giorgio
8 gennaio 2023
https://ilmanifesto.it/nasce-un-nuovo-p ... -cittadini
Israele. Non si definisce sionista o antisionista e secondo i suoi leader sarà «una federazione di tendenze che concordano su una cosa: tutti gli israeliani, ebrei e arabi, devono essere uguali». Ieri sera in migliaia a Tel Aviv contro il governo Netanyahu
Sami Abu Shahadeh ci accoglie al Cafè Paul, una storica caffetteria di Giaffa dove il leader del partito arabo Balad/Tajammo rilascia interviste e spesso discute di politica con amici e conoscenti. Abu Shahadeh non è più un deputato. La sua formazione politica, nazionalista di sinistra, parte fino alla scorsa estate della Lista unita araba, alle elezioni del primo novembre, ha ottenuto 140mila voti, un buon risultato ma non sufficiente per superare la soglia di sbarramento ed entrare nella Knesset. Una sorte toccata anche al Meretz, storico partito della sinistra sionista. «Non mi pento della scelta di correre da soli», esordisce Abu Shahadeh. Ora la Knesset è dominata dalla destra in tutte le sue espressioni laiche e religiose e da essa a fine dicembre è nato il governo estremista guidato da Benyamin Netanyahu. «In questo clima – aggiunge il leader di Balad – in cui forze fanatiche minacciano la democrazia e i diritti delle minoranze a cominciare da quella araba, il dialogo tra gruppi, organizzazioni e formazioni politiche di sinistra è utile e va favorito il più possibile».
Con questo spirito Abu Shahadeh ha accolto l’invito a partecipare, in qualità quasi di ospite principale, al primo incontro pubblico del partito ebraico-arabo «Di tutti i suoi cittadini», nato da poche settimane, che nei giorni scorsi ha riunito nell’Abraham Hostel di Tel Aviv circa 250 persone di varie ramificazioni della sinistra sionista e antisionista, incluso il Meretz. A presiedere il nuovo partito sono l’ebreo Avraham Burg, ex speaker laburista della Knesset che anni fa ha annunciato di non essere più sionista, e l’arabo (palestinese) Faisal Azaiza, preside della facoltà di previdenza sociale dell’università di Haifa. L’attore protagonista comunque è Burg che da tempo cercava senza successo di fondare una formazione politica. L’ascesa al potere del governo più a destra della storia di Israele, con evidenti venature razziste e antidemocratiche, la scomparsa quasi totale della sinistra in Parlamento e l’appetito per nuove idee unito al desiderio di colmare le divisioni, hanno finito per creare interesse intorno al suo progetto. Ispirati dal nome del partito di Burg e Azaiza, sul palco allestito all’Abraham Hostel esponenti della società civile, attivisti locali, intellettuali, accademici e personalità politiche hanno discusso dell’idea di un Israele non più Stato ebraico e democratico ma Stato di tutti i suoi cittadini, ebrei e arabi in completa uguaglianza.
Ad eccezione di quelli arabi, i leader dei partiti israeliani sionisti di qualsiasi orientamento difendono la definizione di Israele come Stato ebraico e democratico. Che nel 2018 è stata scritta in una legge fondamentale: Israele è lo Stato della nazione ebraica e in cui (anche nei territori occupati nel 1967) il popolo ebraico ha diritti esclusivi. «Israele – aggiunge Abu Shahadeh – è fondato sulla separazione, con la supremazia assegnata agli ebrei. Tutto ruota intorno a questo principio. Faccio un esempio. Come può essere democratico uno Stato che mentre sviluppa la rete ferroviaria non pianifica la costruzione di una stazione in un centro abitato arabo? Lo stesso vale per gli ospedali pubblici. Eppure gli arabi compongono più del 20% della popolazione».
La formula Israele Stato di tutti i suoi cittadini è considerata da molti israeliani l’incarnazione dell’antisionismo che respingono. «Per questo è difficile dire quanta strada potrà fare il partito di Burg e Azaiza» dice al manifesto il giornalista Meron Rapoport intervenuto al dibattito all’Abraham Hostel. Secondo Rapoport «‘Di tutti i suoi cittadini’ più che un partito dovrebbe essere un cantiere di idee per far maturare le coscienze». Il giornalista vede l’aspetto più positivo dell’incontro a Tel Aviv nel numero e nella varietà delle presenze politiche. «Un segnale interessante», afferma.
Avraham Burg ha spiegato che il nuovo partito non si definisce sionista o antisionista e sarà «una federazione di tendenze che concordano su una cosa: tutti gli israeliani devono essere uguali». Ma le differenze ideologiche tra le varie forze potenzialmente interessate restano ampie. Appare assai difficile che possa concretizzarsi una collaborazione tra «Di tutti i suoi cittadini» e il Meretz che resta ancorato ai principi del Sionismo. L’attrice ebrea Einat Weizman, compagna di partito di Sami Abu Shahadeh, ha alzato il tiro spiegando che non è possibile un partenariato tra ebrei e arabi in una realtà asimmetrica come quella israeliana e, pertanto, è necessaria una lotta guidata dai palestinesi per la decolonizzazione. All’Abraham Hostel inoltre non è sfuggita l’assenza di Ayman Odeh, leader di Hadash l’unico partito israeliano che si definisce di sinistra con un carattere arabo-ebraico. Nel vago sono rimaste questioni centrali. Israele Stato di tutti i suoi cittadini dovrà includere o escludere i cinque milioni di palestinesi che da 55 anni vivono sotto occupazione in Cisgiordania e Gaza? Quale sarà il destino degli altri cinque milioni di palestinesi profughi nel mondo arabo?
Intanto ieri sera migliaia di persone si sono riunite in piazza Habima a Tel Aviv, con lo slogan Standing Together, per protestare contro le minacce al potere dei giudici e ai diritti delle minoranze che contengono i disegni di legge presentati da alcuni ministri del governo di estrema destra guidato da Netanyahu.