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Non è vero che siamo tutti figli di Abramo e non è vero che le tre religioni: ebraica, cristiana e islamica sono tutte e tre religioni abramitiche e del libro chiamato Bibbia.
Non è vero che siamo tutti figli di Abramo.
Solo gli ebrei sono i veri figli naturali e religiosi di Abramo e di una donna ebrea.
Gli altri, i cristiani e i mussulmani sono figli di altri padri e di altre madri naturali.
Solo i cristiani sono figli religiosi adottivi dell'ebraismo ma non sono figli di padri e madri ebree.
Solo i cristiani riconoscono Jahvè il dio degli ebrei come il loro dio integrato e incarnato nel suo figlio l'ebreo Gesù Cristo; gli islamici hanno un'altro dio che è Allah, un dio che non ha nulla a che vedere con Iahvè e non possono dichiararsi nemmeno figli religiosi di Abramo.
Gli islamici poi per lo più hanno altri padri e altre madri naturali che non sono certo ebrei e discendenti da Isacco il figlio di Abramo. Gli islamici che discendono da Ismaele il figlio di Abramo concepito con una donna non ebrea sono una minoranza minimale impossibili da identificare e che in quanto islamici hanno una religiosità che non ha alcun legame con l'ebraismo; come è impossibile identificare la minoranza cristiana dei descendenti dei primi cristiani che erano solo ebrei quantunque i cristiani siano gli unici ad avere una religiosità le cui radici sono esclusivamente ebraiche.
Non è vero che le tre religioni: ebraica, cristiana e islamica sono religioni abramitiche e del libro detto Bibbia.
Solo l'ebraismo e i cristianismo sono fondate sulla Bibbia, l'Islam è fondato sul Corano che è un altro libro che si richiama a un altro dio che non è Iahvè ma Allah il cui profeta è Maometto che è profeta di Allah e non di Jahvè.
Lo stesso dicasi della terra di Israele e della sua capitale Gerusalemme.
Solo l'ebraismo e il cristianismo hanno radici nella terra di Israele e a Gerusalemme.
L'Islam invece ha radici altrove in Arabia, a Medina e alla Mecca. In terra di Israele e a Gerusalemme l'Islam è solo una religione invasiva violenta e senza rispetto alcuno come lo furono i suoi portatori arabi ai tempi di Maometto e come lo sono oggi i suoi seguaci di origini siriache, giordane, arabe, egiziane e di altre località dei paesi a egemonia islamica.
Il Monte del Tempio, uno spazio per le religioni dei figli di Abramo?
Un saggio spiega come gli studiosi islamici, all’opposto di quelli cristiani, abbiano scelto di negare il legame storico del mondo ebraico col Monte del Tempio
Giuseppe Reguzzoni
21 dicembre 2022
https://morasha.it/il-monte-del-tempio- ... di-abramo/
Yerushalayim shel zahav … «Gerusalemme d’oro, di bronzo e di luce, / forse che io non sono un violino per tutte le tue canzoni? / Come si sono seccate le cisterne d’acqua, la piazza del mercato è vuota, / non c’è nessuno che visita il Monte del Tempio nella Città Vecchia, / nelle grotte che sono nella roccia gemono i venti, / e non c’è nessuno che scenda verso il Mar Morto sulla strada di Gerico. / Gerusalemme d’oro…».
Così recita una canzone di Naomi Shemer, di qualche anno fa, ma ormai divenuta popolarissima, e che, peraltro, riprende il filo di antiche citazioni bibliche. E certamente nelle immagini più comuni della Città – santa a ebrei, cristiani e musulmani – spicca la cupola dorata della moschea di Al-Aqsà, parte più evidente del complesso di edifici religiosi di Gerusalemme, conosciuto come come Har ha-Bayit (il monte del Tempio) dagli ebrei, come Monte Majid o al-Ḥaram al-Sharīf (il nobile santuario) dai musulmani, come Tempio di Salomone dai cristiani, come la «spianata delle moschee» per le semplificazioni giornalistiche occidentali.
La storia, pur in mezzo ai dolorosi conflitti che hanno segnato questo luogo, non ha mai lasciato dubbi circa la sua sacralità per le tre religioni monoteiste, almeno sino alla contemporaneità, che ha visti e vede un conflitto che ha anche un suo specifico versante culturale.
È una contemporaneità che ha toccato il suo vertice con la controversa decisione dell’Unesco del 13 ottobre 2016, in forza della quale il Monte del Tempio e l’area prospiciente il Muro Occidentale sono stati riconosciuti come luoghi santi esclusivamente dell’islam.
Questo provvedimento, fortemente voluto da alcuni paesi arabo-musulmani e imposto a maggioranza, ha un suo preciso retroterra culturale su cui getta ora una luce nuova il volume di Yizhak Reiter e Dvir Dimant, Il Monte del Tempio. Ebraismo, Islam e la Roccia contesa, appena pubblicato da Guerini e Associati (Milano 2022, 206 p., euro 17, 58), nella magistrale traduzione italiana di Vittorio Robiati Bendaud, con postfazione dello stesso e di Antonia Arslan.
Studiosi islamici
Si tratta di un’opera coltissima, che sorprende per la ricchezza dei documenti prodotti a illustrare il cambiamento radicale avvenuto nel punto di vista islamico sul Monte del Tempio e sul suo rapporto con la storia e la tradizione ebraica. Dopo l’Introduzione, la prima parte del volume dimostra, infatti, come le fonti islamiche tradizionali, almeno sino all’inizio del XX secolo, abbiano sempre riconosciuto la storia ebraica di quei luoghi, proprio perché, in linea con la ripresa parziale e la reinterpretazione della tradizione biblica, l’islam «santifica Gerusalemme e il complesso dell’area del Monte del tempio (la Moschea Al-Aqsà/Al-Haram al-Sharif) in primo luogo perché originariamente sacra per gli ebrei e, quindi, per i cristiani».
Le cose cambiano, radicalmente, a cominciare dall’inizio del secolo XX, quando gli studiosi islamici, con pochissime eccezioni, in un crescendo polemico, iniziano a negare il legame storico del mondo ebraico col Monte del Tempio. Ciò avviene, in molti casi con tesi e argomenti a tratti bizzarri, come quando si citano studi secondo cui «gli israeliti non hanno lasciato in Palestina vestigia alcuna» o, addirittura, che il Tempio non sarebbe stato che un modesto luogo di culto, per di più non sito in Palestina ed esistito solo per un tempo assai limitato.
«Il Tempio non fu importante per gli ebrei»
Risparmiamo al lettore l’elenco dei nomi di questi studiosi, tutti «a tesi», le cui posizioni sono ampiamente documentate nel volume di Reiter e Dimant, ma osserviamo almeno che da parte loro si pone la questione del rapporto con le fonti islamiche più antiche, che, quando riconoscono un legame ebraico, sono però considerate non attendibili dalla storiografia islamica contemporanea.
Tanto più che non mancano studiosi di questa linea che sostengono che Abramo, Davide, Salomone eressero la moschea di Al-Aqsà, e non un luogo di culto ebraico, perché figure islamiche (p. 128). Giustamente, gli autori fanno notare che la demolizione delle fonti islamiche della sacralità giudaica di Gerusalemme finisce per distruggere le fondamenta stesse della sua sacralità per lo stesso islam. Non va meglio con i testi arabo-islamici contemporanei che magari riconoscono un qualche legame storico dell’ebraismo con il Monte del Tempio, senza però comprendere il senso del Tempio ebraico come tale, pur ammettendo l’esistenza e l’entità storica dei due antichi edifici, dal momento che «il Tempio non fu importante per gli ebrei e la fede ebraica».
Si scopre così che alla radice della svolta novecentesca nell’interpretazione storica islamica del Monte del Tempio ci sono, con una certa evidenza, motivazioni legate a un certo integralismo religioso, ma anche e soprattutto ragioni politiche: l’ostilità al “sionismo” e parecchie idee confuse al riguardo.
Difesa dei cristiani d’Oriente
Prima di accostare la Conclusione del volume, vale qui la pena di indicare tale mal compreso significato del Tempio, riprendendo le parole di un antesignano del dialogo cristiano-ebraico, quale fu, appunto, il cardinale Jean Daniélou: «L’unità del santuario era il segno dell’unicità di Dio» (Il segno del tempio, Brescia 1953, p. 20). Un’idea che si trova espressa con chiarezza già nelle Antiquitates Iudaicae di Flavio Giuseppe: «Non c’è che un tempio per il Dio unico, perché sempre il simile ama il suo simile, comune a tutti, come Dio è comune a tutti». Del resto, è questo il senso che il Tempio ha anche in numerosi episodi della vita di Gesù (tutti brevemente riportati da Daniélou) ed è anche il senso del suo superamento, per i cristiani, nel nuovo tempio: la dimora dell’Eterno, «la shekinah, non è più il tempio, ma l’Umanità di Gesù» (o.c., p. 24).
Ed è forse anche questa la ragione ideale per cui, come ricordano Bendaud e Arslan nella loro Postfazione, l’edizione italiana del volume di Reiter e Dimant è stata voluta e finanziata dalla Christians in Need Foundation, impegnato nella difesa dei cristiani d’Oriente, armeni, ma anche assiri e copti: il Monte del Tempio è patrimonio comune di ebrei, cristiani e musulmani e tale dovrebbe rimanere.
La negazione dei legami ebraici
Così, nella Conclusione Reiter e Dimant spiegano che «la negazione dei legami ebraici con il Monte del Tempio per fini politici involontariamente va a minare la legittimità stessa della santificazione di Al-Aqsà e della cupola della roccia, come pure l’autorevolezza delle più rilevanti fonti arabe, che costituiscono il fondamento tradizionale dell’Islam» (p.180).
Con un’Appendice: «l’Islam ha da subito messo in discussione l’integrità dei testi sacri ebraici e cristiani», accusando gli uni e gli altri di aver manomesso il testo sacro. Ora, «questo atteggiamento è opposto rispetto a quello cristiano, che recepisce, venerandola, la Bibbia ebraica», la Tanak.
E, aggiungiamo noi: la negazione di questa «venerazione» della Bibbia ebraica – o Antico Testamento – ha il nome di una gravissima eresia dei primi secoli, il marcionismo, che a tratti torna a ripresentarsi nella storia del cristianesimo, a volte in maniera aperta, se non sguaiata, altre volte attraverso forme di silenzio o imbarazzo. Ed è anche per contrastare questi silenzi che «Il Monte del Tempio» si propone al pubblico di lingua italiana, aprendo un orizzonte storico e culturale essenziale per la nostra cultura.
Gino Quarelo
Moametto non è l'ultimo profeta di Jahvè ma il primo e ultimo profeta di Allah il dio del Corano, che nulla ha a che fare con Javhè il dio dell'Antico e del Nuovo Testamento degli ebrei e dei cristiani.
Chiamare l'ebraismo, il cristianismo e l'islamismo religioni abramitiche e del libro chiamato Bibbia è una semplificazione menzognera e fuorviante che serve a confondere, a ingannare, a giustificare l'ingiustificabile e a sostenere la menzogna, la violenza, l'abuso e il sopruso, a negare il vero e storico diritto degli uni e ad affermare come diritto il non diritto e il falso diritto degli altri che sono gli invasori senza rispetto alcuno.
Un candelabro davanti al mondo
Una lezione che possiamo trarre oggi dalla festa di Chanukka
Rav Scialom BahboutRav Scialom Bahbout
3 Dicembre 2015
https://www.progettodreyfus.com/un-cand ... -al-mondo/
La civiltà greca era già riuscita a imporsi in tutto il bacino mediterraneo: comunque si voglia intendere questa storia, è chiaro che si trattò della vittoria di una piccola truppa, pronta a ogni sacrificio pur di non svendere la propria identità culturale di fronte a un nemico molto più numeroso e agguerrito.
Questa “globalizzazione” culturale non incontrò alcuna resistenza in tutto il mondo dell’epoca, anzi fu accolta come portatrice di nuova luce: gli unici a opporsi a questa colonizzazione furono i Maccabei. Il debito che il mondo e le religioni devono ai Maccabei è enorme: scrive il grande filosofo e matematico Bertrand Russel che se non fosse stato per la resistenza opposta dai Maccabei non ci sarebbero stati né il Cristianesimo né l’Islamismo.
Ci chiediamo però se il messaggio che i Maccabei volevano trasmettere è stato davvero recepito dal mondo; i popoli hanno fatto propria l’idea che l’identità spirituale, culturale e storica di un popolo è la cosa più preziosa che detiene e che non deve essere violentata da altri? L’idea che la verità dell’altro è rispettabile quanto la propria è diventata veramente retaggio di tutti?
La risposta a queste domande purtroppo non può che essere negativa e la perdurante crisi in Medio Oriente ne è una prova.
La negazione di eventi storici rilevanti e fondanti del popolo ebraico da parte del mondo arabo e islamico è una delle affermazioni più incredibili e fantasiose cui abbiamo assistito negli ultimi anni: il Tempio costruito dal re Salomone (là dove i Musulmani molti secoli dopo costruirono la Moschea di Al Aqsa e di Omar) non sarebbe mai esistito, Gerusalemme (città che non viene mai ricordata nel Corano) non sarebbe mai stata capitale del popolo ebraico e molte altre menzogne che il mondo accetta per vere.
Si tratta non solo di una “ricostruzione fantasiosa” della Storia, ma anche un segno evidente della mancanza di riconoscenza di quanto il popolo ebraico ha dato al mondo, negando così il debito religioso e culturale che questi popoli hanno nei confronti del popolo ebraico.
Questo negazionismo (che si associa a quello della negazione della Shoah) è alla base di quanto avviene nei continui attentati terroristici scatenati dai palestinesi in Israele, dopo che Hamas continua ad aggredire con razzi lanciati da Gaza la popolazione civile israeliana.
Il rifiuto e la negazione di Israele, iniziata con i massacri del 1929 di Hevron (città in cui gli ebrei risiedono da oltre 3.000 anni), continuò con la guerra lanciata contro lo Stato d’Israele dopo la proclamazione dell’Indipendenza nel 1948: l’emigrazione forzata di quasi 1.000.000 di ebrei dai Paesi arabi ha completato il rifiuto arabo e musulmano nei confronti del popolo del Libro, cui le altre due religioni monoteiste si sono ispirate.
La lezione di Chanukkà deve essere ancora recepita da quella parte del mondo che continua ad aggredire verbalmente Israele negandone la storia, le persecuzioni e le discriminazioni subite.
Oggi come allora gli ebrei in terra d’Israele sono rimasti gli unici ad accendere la lampada della libertà e della democrazia, del riconoscimento del diritto degli altri ad esprimere la propria identità, tanto che nel suo Parlamento siede una folta rappresentanza della minoranza araba.
Ancora una volta “i pochi contro i molti” sono stati costretti a far uso delle armi per difendere il diritto ad essere se stessi.
Non è un caso che lo Stato d’Israele abbia assunto come suo simbolo la Menorà, il Candelabro affiancato da due rami d’ulivo. Il candelabro è il simbolo della luce primordiale che il Creatore stesso ha dato al mondo nel momento della Genesi (“Dio disse sia la luce e la luce fu”); l’ulivo è il simbolo della pace e della fine di ogni guerra e ricorda l’ulivo che la colomba portò a Noè alla fine del Diluvio universale.
Chanukà è quindi sempre attuale: la resistenza di Israele per circa quattromila anni è una testimonianza del fatto che l’insegnamento dei Maccabei non è stato vano e che Israele vuole preservare intatta la propria cultura, basata sulla luce e sulla pace. Quest’ultima sarà raggiunta solo quando i palestinesi capiranno che i loro veri alleati sono gli ebrei che abitano in Israele.
Nonostante gli eventi tragici di questi ultimi mesi, nonostante le aggressioni cui sono stati soggetti anche in vari paesi europei e gli attentati recenti di Parigi, anche quest’anno gli ebrei accenderanno il Candelabro nella Diaspora e in Israele. E l’accensione verrà ancora una volta fatta pubblicamente, nella speranza che i suoi detrattori e nemici riconoscano l’insegnamento che è celato nella luce che da esso emana: come gli ebrei, così ogni popolo potrà così accendere la propria Chanukkà, senza negare e spegnere quella degli altri.
Canale 5: Israele, viaggio nella grande bellezza. Finalmente un racconto equo e delicato di Israele
Vivanti Carla
https://mediasetinfinity.mediaset.it/vi ... 7101000101
Commento di Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele"
https://www.facebook.com/carla.vivanti/ ... 1HMFoN1Q5l
Confesso di essermi seduta davanti alla Tv per guardare quello che, dalla pubblicità, doveva essere un documentario su Israele, con molta diffidenza a causa delle spiacevoli esperienze riguardanti trasmissioni analoghe, a dire poco, imbarazzanti e apertamente filopalestinesi. “Prepariamoci alle solite incazzature”, ho pensato dubbiosa. Già dopo le prime immagini e le parole di Cesare Bocci, l’attore-conduttore della trasmissione ho dovuto ricredermi, mi sono messa più comoda e mi sono goduta lo spettacolo che è durato più di due ore. Ore di commozione e assoluta piacevolezza. La produzione (RTI) scritta da Raffaella Solieri, Silvia Ladisa con la consulenza di Marcello Fidenzio, è stata di grande livello, senza accenni alla situazione politica, solamente, come dice il titolo, un viaggio dentro la bellezza dei luoghi, delle fedi, dell’umanità. Il racconto era rivolto soprattutto ai telespettatori cristiani in prossimità del Natale ma con un rispetto assoluto per Israele, gli ebrei e le altre fedi e popoli che convivono in questa terra. Gerusalemme presentata come la “la città dorata”, Il Monte del Tempio, raccontato fin dalle sue origini millenarie, visitato fin dentro le sue viscere, è poi apparso in tutta la sua maestosità in un plastico che si trova al Museo di Israele. Cenni storici datati più di 3000 anni con la consulenza di Dan Bahat, lo storico-archeologo ben noto al pubblico italiano e ai lettori di IC. Cesare Bocci racconta la fede e la spiritualità ebraica con grande delicatezza: "Nei luoghi sacri mi aspettavo il silenzio, come quello delle nostre chiese invece il modo di intendere la spiritualità lì è diverso, il Kotel (il Muro del Pianto) è una grande sinagoga all’aperto dove tutti pregano in libertà. C'era chi piangeva, chi pregava dondolandosi, chi stava immobile attaccato a quelle antiche pietre. Ma la potenza dei luoghi è incredibile". Poi, sempre a Gerusalemme, il Santo Sepolcro, il Golgota, le due Moschee, costruite nell’VIII secolo e.v. su quelli che erano i resti del Tempio di Salomone, i quattro quartieri della Città Vecchia, ebraico , musulmano, armeno e cattolico. Poi la bellezza di Masada, il Mar Morto con delle immagini incredibili, il deserto di Giuda, un saltino nella città bianca di Tel Aviv con tutta la sua gioventù e infine lo Yad vaShem, il mausoleo della Shoah, con i suoi terribili contenuti. Il viale dei Giusti, i carri bestiame e poi: “Adesso entreremo nel Memoriale dei bambini. Qui serve soltanto il silenzio” avverte l’attore e entra avvolto dal buio in cui si riflettono milioni di luci, un milione e mezzo di luci, e poi i nomi, uno ad uno, i nomi dei bambini e l’età della loro morte, 5 anni, 13 anni, 2 anni...Bocci non si fa riprendere all’uscita, probabilmente e giustamente non ha voluto mostrare la propria emozione. Io ho visto persone uscire da quel Memoriale incantato che racconta dei bambini ebrei assassinati, sedersi, prendersi la testa fra le mani e piangere.
Gino Quarelo
Io credo che ciò che si ritiene sia "la verità dell'altro" si possa considerare come verità rispettabile solo se contiene valori universali condivisi rispettati anche dagli altri tra cui il rispetto per la diversità non offensivamente violenta e distruttiva degli altri.
Gli invasori mussulmani in quanto invasori di Israele hanno dimostrato un'assoluta mancanza di rispetto verso la terra degli ebrei. Mancanza totale di ripetto ribadita in modo grave nell'aver costruito una moschea nel sacro territorio del Tempio ebraico di Salomone distrutto dai romani
https://it.wikipedia.org/wiki/Tempio_di_Salomone
https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_del_Tempio
Nella tradizione il Monte del Tempio è anche identificato con il monte Moriah, una montagna (o meglio serie di montagne) citate nell'Antico Testamento come luogo dove avvenne il sacrificio di Isacco, ma la effettiva collocazione di Moriah è oggetto di dibattito. Comunque, l'unico risalto attualmente visibile coincide con quella che è considerata la cima del monte Moriah.
All'epoca dell'imperatore Adriano, dopo la rivolta ebraica, sul sito sorse un tempio dedicato a Giove andato distrutto. In seguito venne costruita una basilica dedicata alla Vergine Maria. Dopo la conquista musulmana (VII secolo), invece, vi furono costruite le moschee ancora oggi esistenti. Con la Prima Crociata il luogo fu nuovamente occupato dai cristiani: nella moschea al-Aqsa, costruita sul sito della basilica bizantina, stabilirono la loro sede i Cavalieri Templari, che presero il nome proprio dal risiedere sul sito dell'antico Tempio, mentre la Cupola della Roccia fu trasformata in cappella. Con la riconquista musulmana di Gerusalemme, entrambe ritornarono alla loro destinazione d'uso religioso musulmano.
Dopo la proclamazione dello Stato di Israele nel 1948 e la guerra che ne seguì, il Monte del Tempio rimase nella parte araba di Gerusalemme (Gerusalemme Est); con la Guerra dei Sei Giorni del 1967 fu invece controllato dagli israeliani (assieme al resto della città); oggi lo status quo è garantito in base ad un accordo tra lo stato ebraico e la Giordania, la quale gestisce la spianata tramite il gruppo Waqf.[4]
Il Monte del Tempio è sacro agli ebrei in quanto sede del Tempio di HaShem. Di esso, dopo la distruzione operata dai Romani, rimangono oggi soltanto alcuni tratti del Muro Occidentale di contenimento, detto anche Muro del Pianto. Gli ebrei usano recarsi in preghiera alla base di tale muro (quindi all'esterno della spianata).
Per i musulmani, il Monte del Tempio è sacro perché, secondo una tradizione, il profeta Maometto venne assunto in cielo dalla roccia situata in cima al monte, oggi all'interno della Cupola della Roccia (che da essa appunto prende il nome).
Il luogo è sacro per i cristiani, che condividono con gli ebrei le memorie del Tempio di Israele e che ricordano le numerose visite di Gesù. Qui si svolsero le sue dispute con i sacerdoti e altri episodi della sua vita pubblica. In Israele e Palestina sono presenti altri luoghi sacri cristiani, fra i quali particolarmente importante a Gerusalemme la Basilica del Santo Sepolcro e la Basilica della Natività di Betlemme.