Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Re: Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » gio nov 11, 2021 10:18 pm

Il virus editoriale antisemita
11 novembre 2021

http://www.linformale.eu/il-virus-edito ... ntisemita/

Non solo le Edizioni Segno, in Italia sono numerose le case editrici, di estrema destra e di estrema sinistra, che stampano libri dai contenuti antisemiti e antisionisti.

In tal senso, sul versante della destra radicale, si distinguono la Thule Italia Edizioni e la Ritter. La prima, il cui nome evoca la Thule-Gesellschaft, il cenacolo antisemita che, secondo lo storico Giorgio Galli, costituì il “nucleo primigenio del Partito Nazionalsocialista e, di conseguenza, uno dei presupposti fondamentali della vicenda storica del regime hitleriano”, per sua stessa ammissione si è assunta “l’onere e (l’onore) di rendere in italiano e in versione integrale libri come Il Mito del XX secolo di Rosenberg, I Fondamenti del XIX secolo di Chamberlain, il Mein Kampf di Hitler, Datemi 4 anni di tempo di Berndt, Horst Wessel di Ewers“.

Con l’obiettivo di “conoscere la storia del XX secolo, e in special modo il nazionalsocialismo, di cui tanto ancora si discute, dai documenti piuttosto che dalle opinioni”, la Thule Italia Edizioni propone, oltre ai libri sopra citati, i discorsi di Hitler, i diari di Goebbels, testi di propaganda nazista, tra i quali spicca Lotta contro il nemico mondiale di Julius Streicher, il malefico direttore del torbido e pornografico settimanale antisemita Der Stürmer, il cui tono è il seguente: “Quando, dopo la funesta guerra mondiale, una marmaglia di galeotti messa insieme dall’ebreo si era impadronita del potere in Germania, quando trionfavano codardia e meschinità – mentre coraggio e fedeltà venivano invece disprezzati –, era del tutto tipico che il borghese, divenuto vile, si sottomettesse volontariamente alla subumanità“.

Non manca nemmeno il Manifesto per spezzare l’asservimento all’interesse del denaro di Gottfried Feder, militante nazista e studioso di economia. Viene spontaneo chiedersi se la pubblicazione di libri dal contenuto inequivocabilmente antiebraico sia, veramente, orientata solo agli storici dell’argomento e non piuttosto a cultori di rune e svastiche. Inoltre, se consideriamo che la Thule Italia Edizioni è espressione di un’omonima associazione culturale, che intende fare informazione “alternativa”, il sospetto che la casa editrice celi motivazioni ideologiche diventa piuttosto consistente. Non a caso, sei anni fa, l’Osservatorio antisemitismo, aveva pubblicato un articolo di Francesco Germinario, intitolato Goebbels & C, i cattivi maestri che piacciono agli italiani, nel quale si descriveva la casa editrice Thule come “gravitante nell’ambiente di Casa Pound”. È un caso che un editore con un nome ambiguo, che pubblica testi nazisti, sia anche legato a un movimento di estrema destra?

Passiamo ora alle Edizioni Ritter, che si dichiarano specializzate in “Storia Militare, Fascismo e Nazionalsocialismo, Armi e Forze Speciali, Neofascismo, Ultras, Musica Alternativa ed Etnonazionalismo”, ha pubblicato i libri deliranti di Gianantonio Valli, medico antisemita, autore di testi dai titoli piuttosto eloquenti: Sessantottismo. Radici ebraiche di una devastazione e Giudeobolscevismo. Il massacro del popolo russo, nella cui nota editoriale si legge: “Se la storia ebraica riflette sempre il tema che il popolo di Israele è il popolo scelto da Dio per redimere il mondo, è vero che questo popolo deve essere un partner attivo, nelle imprese umane come in quelle divine. Per questo, nel XIX e XX secolo, impazienti, senza attendere l’arrivo di quel Messia che avrebbe liberato l’umanità, gruppi sempre più numerosi di ebrei, fidenti nelle nuove Tavole laicizzate da Marx, diedero vita al più atroce tentativo di distruggere il mondo reale. Questo ponderoso saggio documentale mette in evidenza, senza possibilità di dubbio o confutazione, come dietro al bolscevismo, come dietro a ogni comunismo che tra le due guerre cercò di incendiare l’Europa, ci sia stata la longa manus ebraica non solo ideologica ma anche organizzativa, e non tanto a livello dei sottufficiali, quanto proprio a livello degli ufficiali superiori”.

Il testo di Valli sul “Giudeobolscevismo” è stato elogiato da Maurizio Blondet, decano degli antisemiti italiani, in un articolo apparso sul sito Blondet & Friends, intitolato Confessione di un intellettuale: sono del tutto inutile. Altri testi di Valli, ormai non più disponibili, vennero pubblicati dalla casa editrice Effepi, vera e propria miniera di letteratura antisemita.

Sul fronte dell’estrema sinistra, si segnala Zambon editore, d’impronta marcatamente rossobruna, che fa uscire testi radicalmente antisionisti, come quelli di Alan Hart e dell’esponente del movimento BDS Amedeo Rossi. Tra i titoli spiccano La censura di Facebook agli ordini dei sionisti di Diego Siragusa, un attivista antisionista tra i più accaniti e il falsario Ilan Pappé con Controcorrente. La lotta per la libertà accademica. Zambon editore sembra specializzato in propaganda filopalestinese, tra le pubblicazioni si rinvengono anche i seguenti titoli: Missione di inchiesta delle Nazioni Unite sul conflitto di Gaza, Spezzare l’assedio. Il cinema del conflitto israelo–palestinese, USA: padroni o servi del sionismo? I meccanismi di controllo del potere israeliano sulla politica degli USA e L’Occidente all’ultima crociata. L’impero, NATO e Al Qaida: predatori di primavere.

Anche in questo caso, i suddetti testi sono disponibili nel sito di IBS, in quello di Amazon e nello store online della Feltrinelli. Sebbene si tratti di piccoli editori, case editrici come quelle qui presentate non vanno sottovalutate, poiché il commercio online ha reso la promozione dei testi poco costosa e più capillare. Le tesi antisemite contenute in molti dei libri elencati si sono diffuse sul web in modo impressionante, attirando non pochi sprovveduti e coalizzando fanatici di diversa estrazione politica. Sottovalutare l’influenza di gruppi neototalitari è sempre un errore.


Alberto Pento
Che vergogna per il Veneto!
https://www.amministrazionicomunali.it/ ... zioni-srl#
ZAMBON EDIZIONI SRL
ITALIA VENETO VENEZIA JESOLO
VIA ANTICHE MURA, 12


Antisemiti veneti: comunisti, fascisti, venetisti, cristiani e nazisti maomettani

http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2690
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Re: Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » mar dic 28, 2021 10:25 pm

ROSENBERG AGGIORNATO
Niram Ferretti
28 dicembre 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Leggiamo sul numero di Limes uscito a maggio, dedicato alla "questione israeliana", il contributo di Diego Fabbri, l'allucinato collaboratore di quella che si presenta come "Rivista italiana di geopolitica". Vale la pena riportarne il primo paragrafo. Il turgore della prosa e non solo quello, lo vedremo a breve, fa immediatamente pensare a un autore più noto, Alfred Rosenberg:
"Che ne sarà dell’impero israeliano dopo la rivolta dei palestinesi interni? Benché scambiata per nazionalistica, la Legge fondamentale sulla nazione del 2018 confermò il dominio del ceppo ebraico sulla minoranza araba, protagonista di una spettacolare crescita demografica, superiore a quella dei concittadini ebrei. Escamotage giuridico per cristallizzare una superiorità già sostanziale, formalizzazione dell’egemonia, grammaticalmente centrata su di una specifica stirpe. Prodromo della materiale annessione di metà della Cisgiordania, sospesa soltanto su pressione statunitense, temporaneamente barattata con la resa di Emirati Arabi Uniti e Bahrein, tradotta nei cosiddetti accordi di Abramo, ispirati dall’Arabia Saudita, altro ex nemico in tragica difficoltà".
Già, Israele, che a seguito della Guerra dei Sei Giorni conquistò la penisola del Sinai, restituita interamente all'Egitto con gli Accordi di Camp David del 1979, che con gli Accordi di Oslo del 1993-1995 consenti la gestione amministrativa del 40% del territorio della Giudea e Samaria che il Mandato per la Palestina del 1922 gli aveva assegnato interamente, all'Autorità Palestinese, che nel 2005 lasciò Gaza, oggi diventata la roccaforte di Hamas, sarebbe per il Fabbri furioso, un "impero".
Mai si vide nella storia un impero che non solo non si estendeva oltre i confini legali che un impero vero, quello britannico, gli aveva assegnato, ma cedeva progressivamente territori, non invasi per allargare la propria estensione (la vocazione di ogni impero) ma catturati a seguito di guerre di aggressione.
Ma Dario Fabbri, consulente ISPI, ha in mente altro. Per lui gli ebrei sono "stirpe", per non dire "razza", non si usa più, ricorda troppo un antisemitismo d'antan, duro e puro, meglio dire "ceppo ebraico", camuffa meglio, ma poi la mascherina cade subito, è troppo più forte dell'autore il conato mentale, che ripropone l'immarcescibile paradigma antisemita degli ebrei dominatori e spossessatori.
La legge fondamentale del 2018, la quale null'altro ha fatto se non statuire tautologicamente che Israele è lo Stato degli ebrei, scopo con il quale fu fondato nel 1948, per fornire al popolo ebraico appunto proprio Stato, diventa il suggello della pervicace volontà di dominio ebraica, la stessa che aveva messo in luce Alfred Rosenberg, in "Der staatsfeindliche Zionismus" (Sionismo, nemico dello Stato) libro pubblicato nel 1921.
Rosenberg scriveva che in Palestina gli ebrei usavano “Il vecchio metodo di espellere e cacciare attraverso mezzi ‘legali’ la vera popolazione che aveva vissuto lì per migliaia di anni”.
Il mito della cacciata o espulsione della autoctona popolazione araba da parte del protervo dominatore ebreo, è duro a morire, nonostante i fatti, inesorabilmente lo smentiscano, poichè già a metà Ottocento con le prime immigrazioni ebraiche, le terre vennero comprate spesso a prezzi esorbitanti dalle famiglie dei latifondisti arabi che le possedevano, dagli ebrei che dall'Europa avevano deciso di trasferirsi in Palestina. Non che Fabbri sostenga questo, no, si limita a dirci che Israele, l'Israele della sua convulsa immaginazione, è una nazione "scossa da impulsi identitari", in cui "il ceppo ebraico", la "stirpe" imperiale è impegnata nella sottomissione della popolazione araba e nel consolidamento di un impero.
Null'altro che un aggiornamento di "Der staatsfeindliche Zionismus" di Alfred Rosenberg del quale Limes si fa megafono solerte.


Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2558
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Re: Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » gio gen 13, 2022 7:41 pm

L'antisemitismo di Vittorio Sgarbi nella versione moderna di antisraelismo


IL PUDORE DI MONI OVADIA E LA SPUDORATEZZA DI VITTORIO SGARBI
Niram Ferretti
13 gennaio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Ora sappiamo che Israele ha perpetrato un genocidio nei confronti del popolo palestinese. Era arrivato il momento finalmente di saperlo e lo abbiamo saputo. Ce lo ha detto non Moni Ovadia, presente alla conferenza di presentazione del Festival delle Momorie, (badate bene la declinazione al plurale), che si terrà al Teatro Comunale di Ferrara di cui è direttore, ma il suo sponsor, Vittorio Sgarbi, signorotto di Ferrara e piccolo boss culturale.
Quando è stato il suo turno di parlare, Sgarbi ha detto quello che Ovadia dice da anni. Ascoltiamolo.
"Io ho chiamato Moni Ovadia per la considerazione del suo grande impegno e anche per la natura di ebreo, tra l'altro in forte contrasto con il mondo ebraico tradizionale, perché di uno sterminio lui per pudore non si occupa, quello dei palestinesi. Sarebbe una provocazione troppo grave, aggiungere anche quello sterminio che lo Stato di Israele è venuto facendo in questi anni, per ragioni che si possono discutere, ma che sono indiscutibili, rispetto al fatto".
Sì, conosciamo tutti il pudore di Moni Ovadia, nei confronti dello "sterminio" dei palestinesi da parte di Israele, lo ha sempre coltivato con dolore, sommessamente e dobbiamo ringraziare Sgarbi per averlo sottolineato, lui che invece questo pudore non lo ha e ci dice che Israele stermina i palestinesi.
Con un amico così chi ha bisogno di nemici?



Conferenza stampa presentazione Festival delle Memorie - dal ridotto del Teatro Comunale Ferrara
Festival delle Memorie | In occasione del Giorno della Memoria, una settimana di incontri e spettacoli con testimoni e voci autorevoli del mondo della cultura. Uno sguardo nuovo e inedito nel segno di una “memoria universale” che abbraccia tutti i popoli vittime di genocidi. Dal 25 al 30 gennaio a Ferrara.

https://www.facebook.com/teatrocomunale ... 184057190/
Conferenza stampa di presentazione del progetto ideato da Moni Ovadia
Lunedì 10 gennaio 2022 ore 12 in diretta dal Ridotto del Teatro Comunale di Ferrara
intervengono:
Marco Gulinelli, assessore alla Cultura del Comune di Ferrara
Moni Ovadia, direttore della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
Marcello Corvino, direttore artistico della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
Franco Cardini, curatore degli incontri pomeridiani del Festival
Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Ferrara Arte



Moni Ovadia l'ebreo ateso e sinistrato che odia Israele e che sta dalla parte dei nazi maomettani

Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2802
Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane, razziste, antisraeliane e antisemite, antidemocratiche e castuali, che violano e calpestano i diritti umani naturali universali e civili dei nativi e cittadini europei ed italiani.
L'orrore degli ebrei di sinistra che sostengono e promuovono il nazismo maomettano.

Demenziali e fanatici ebrei antisionisti
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2240

Ebrei e non più ebrei che odiano gli ebrei e/o Israele
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2469
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Messaggioda Berto » dom giu 12, 2022 7:33 pm

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Messaggioda Berto » dom giu 12, 2022 7:33 pm

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Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » dom giu 12, 2022 7:33 pm

Franco Cardini
https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Cardini

ROSSOBRUNO CARDINIANO
Niram Ferretti
12 giugno 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 9216938854
Nel mondo di cartapesta di Franco Cardini, fu medievalista e poi ideologo e fabbricatore di fiction in cui i fatti e la realtà si dissolvono per lasciare apparire al loro posto immagini tra l’onirico e il fantastico, c’è una costante che non delude mai i suoi lettori, il cattivo, infatti, è sempre l’Occidente e il buono è sempre ciò che ad esso si contrappone.
Nulla di che meravigliarsi, già ragazzo, Cardini venne folgorato dall’ex collaborazionista e ardente ammiratore del Terzo Reich, Jean Thiriart, fondatore dell’organizzazione Giovane Europa che aveva come finalità quella di sganciare il vecchio continente dagli Stati Uniti e dal Patto Atlantico. Da allora e forse anche prima, non è dato saperlo, gli USA, agli occhi di Cardini, come a quelli del suo assai più celebre omologo americano, Noam Chomsky, sono diventati come Mordor ne “Il Signore degli Anelli”.
Tutto è buono quando si tratta di resistere all’impero del denaro, all’arrembaggio del Weltmarket. Non importa se oggi l’ex Cina comunista vi si sia convertita, sono gli USA la minaccia maggiore alla sopravvivenza del pianeta. E Cardini, che, nella sua vita è stato uomo di intersecazioni, in modo particolare quella tra gli “ismi”, di cui, l’Islam è l’ultima folgorazione dopo le amorevoli inclinazioni fascio-catto-comuniste che lo hanno preceduto, ha trovato anche in esso un buon antidoto.
Lo si comprende. L’Islam è l’approdo di tutto ciò che sanamente si contrappone alla tabe occidentale, ed è, infondo, la soluzione ultima, anche se iniziale (essendo esso, per i suoi seguaci, la religione primigenia dell’umanità), a ogni alienazione.
Lo scrisse chiaramente un eroe cardiniano, l’ayatollah Khomeini a Gorbaciov, il 1 1°gennaio del 1989: “Dichiaro chiaramente che la Repubblica Islamica dell’Iran, che è il bastione più saldo dell’Islam nel mondo, può facilmente riempire il vuoto ideologico del vostro sistema”. Ed è davvero un peccato che Cardini non sia giunto prima di ora a queste stesse conclusioni, si sarebbe risparmiato molta fatica, deviazioni e strade senza uscita.
Leggerlo fa sempre gusto. Il campionario è vintage, ma come il classici non delude mai. Così, in una intervista di un paio di anni concessa al sito, Osservatorio globalizzazione impariamo che:
“Il Patto di Varsavia, l’alleanza politico-militare tra URSS e i paesi suoi “satelliti”, è stata la necessaria risposta al patto NATO, a sua volta determinato dal fatto che gli statunitensi, rompendo una loro consuetudine politica che datava dalla cosiddetta “dottrina Monroe”, hanno preso a impegnarsi sempre di più come potenza egemone non solo sul Pacifico, ma anche sull’Atlantico. Una volta disintegrata l’Unione Sovietica, anche grazie all’impegno politico, diplomatico e culturale statunitense e allo strumento propagandistico degli ideali della “società del benessere”, vale a dire del consumismo, quella politica si è procurata altri nemici, sempre più agguerriti nella misura nella quale essa, provocando una sempre maggior concentrazione di ricchezza, determinava un generale impoverimento dei popoli”.
Nemmeno Gianni Minà o Lucio Manisco. L’URSS virtuosa con i suoi alti ideali di eguaglianza e fraternità che ha dovuto soccombere contro il Weltmarket, il peggiore flagello che ha colpito l’umanità e di cui Adam Smith, Ludwig Von Mises, Friederich Hayek sono stati i sacerdoti. Esemplare.
La politica imperialista economica americana che impoverisce i popoli e arricchisce se stessa è filastrocca assai stantia, ma sempre efficace nonostante i fatti la smentiscano inesorabilmente. Basta guardare i dati concreti (ma gli ideologhi hanno sommo orrore della realtà) dal dopoguerra ad oggi per quanto riguarda il livello di povertà nel mondo. Come ha dichiarato recentemente il presidente del World Bank Group, Jim Yong Kim, “Negli ultimi 25 anni, più di un miliardo di persone sono uscite dall’estrema povertà e il livello globale della povertà è oggi inferiore a quello mai storicamente registrato. Questo è uno dei più grandi conseguimenti umani della nostra epoca ”. Ma non c’è nulla da fare, “I fatti non hanno accesso nel regno delle nostre fedi”, scriveva Marcel Proust. E la fede di Cardini è granitica, la sua ortodossia non ammette smagliature. Nella stessa intervista può infatti proclamare:
“Le potenze occidentali sottoposte all’egemonia statunitense hanno largamente provato di aver bisogno, per sopravvivere a se stesse conferendosi valori etici e culturali che evidentemente non sono più in grado di promuovere, di un “nemico metafisico”. L’Occidente contemporaneo, dopo aver battuto il “Male assoluto” nazista e l’”Impero del Male” comunista e sovietico (espressione coniata da Ronald Reagan nel 1983), aveva bisogno d’inventarsi un altro nemico, il “Terrore islamico”. Questa espressione si diffuse globalmente nel 2001, dopo l’11 settembre, e fu poi adottata dal governo di George W. Bush jr. a proposito del rais iracheno Saddam Hussein, precipitosamente derubricato da alleato nella tensione contro l’Iran a “nuovo Hitler” nella seconda guerra del Golfo.. L’adozione del passepartout ideologico costituito dal libro The clash of civilizations di Samuel Huntington e i movimenti neoconservative e theoconservative statunitensi, facilmente impiantati anche da noi, hanno fatto il resto, favorendo un ridicolo clima da “nuova crociata”.
È questo il feuiletton preferito del cantastorie rossobruno. Torvo, cupo. Un po’ Dumas, un po’ Eugène Sue. L’Occidente a traino americano che si inventa i mali, prima il nazismo, poi il comunismo, e poi, sì, poi, l’Islam nella forma del “terrore islamico”. Perché anche questa è una fola. Certo. Il jihad non fu mai praticato dai seguaci di Maometto se non come tenzone spirituale, è cosa nota. L’Islam è sempre stato pacifico e se, a volte, è stato guerriero, lo è sempre stato per reazione, per necessità, mai per vocazione. Fu solo e unicamente per reazione che nel settimo secolo il jihad detonò dall’Arabia. L’imperialismo islamico si impose solo per difesa, in Occidente come in Asia e in Africa. Certamente reazione fu, a chi non voleva e non vuole sottomettersi al Verbo del Profeta. Ma, per Cardini, le crociate sono solo state cristiane, e i cattivi da copione sono caucasici, europei in primis e poi, in seconda battuta, ameriKani. Quanto a Samuel Huntington è un vero villain, va bene per tutte le occasioni. I terzomondisti, o alterglobalisti, ne hanno fatto una caricatura, come gli atei militanti alla Hitchens e Dawkins l’hanno fatta dell’Altissimo. Colui che scrisse un libro rimasto negli annali della politologia della seconda metà de Novecento, ben sapeva che, “Fintanto che l’Islam resterà l’Islam (cosa che farà) e l’Occidente resterà l’Occidente (che è più dubbio) il fondamentale conflitto tra queste due civiltà e modi di vita continuerà a definire le loro relazioni nel futuro come le ha definite nel passato per quattordici secoli“. E a Bernard Lewis non pareva proprio che la violenza perpetrata in nome dell’Islam fosse una conseguenza della protervia occidentale, ma un dispositivo intrinseco alla sua stessa vocazione, quando scriveva: “La divisione tradizionale islamica del mondo in Casa dell’Islam e Casa della Guerra, due gruppi necessariamente opposti, dei quali il primo ha l’obbligo collettivo della lotta continua contro il secondo, ha ovvi paralleli con la visione comunista degli affari mondiali…il contenuto delle credenze è del tutto diverso, ma il fanatismo aggressivo del credente è il medesimo”.
Di nuovo nulla di tutto ciò nel dispositivo concettuale del burbanzoso fiorentino. L’Islam è solo palingenesi e umiliati e offesi, sublimi porte e angelologia. L’intervista in questione contiene altre perle.
“La grande crisi nasce nel 1979 dal susseguirsi di due eventi precisi e quasi contemporanei. Primo: l’impiantarsi in Iran della repubblica islamica nata coralmente da una grande rivoluzione di popolo contro la tirannia interna e l’umiliazione esterna imposta alla sua gente dallo shah Mohammed Reza Palhevi che aveva inaugurato un regime di dura repressione con introduzione coatta dei costumi occidentali in Iran e aveva nel contempo consentito agli statunitensi di spadroneggiare nel suo regno, provocando un sentimento di quasi unanime esasperata reazione dal quale fu cacciato a furor di popolo. Secondo: la necessità di cacciare i sovietici dall’Afghanistan e di metter fine all’esperimento socialista afghano, obiettivi che si sarebbero potuti ottenere in modo relativamente facile se gli afghani avessero accettato l’aiuto della repubblica islamica dell’Iran, vicina e disposta a muoversi (com’era nei voti del capo militare afghano comandante Massud, che pur era un musulmano sunnita mentre gli iraniani sono sciiti). Per “liberare” l’Afghanistan senza ricorrere agli iraniani, gli USA scelsero di appoggiarsi al loro principale alleato musulmano, il wahhabita re dell’Arabia saudita, che inviò in Afghanistan i suoi combattenti-missionari. Questi ultimi immisero in quel Paese un tipo d’Islam fanatico e retrivo, estraneo alle tradizioni afghane e tipico invece della setta wahhabita, fino ad allora confinata nel sud dell’Arabia. Da allora il wahhabismo ha innervato l’intero Islam, dilagando e distorcendone il carattere, fino a giungere al punto al quale siamo adesso: i wahhabiti, egemonizzati dal primo alleato degli USA nel mondo arabo, intendono egemonizzare a loro volta l’intero Islam sunnita sostenendo una guerra civile (fitna) contro gli sciiti in genere e gli iraniani in particolare. Tale guerra ha purtroppo il supporto sia degli USA, sia d’Israele, per ragioni e considerazioni di carattere politico-strategico che personalmente ritengo infauste”.
È stato necessario riportarla tutta intera questa infilata esorbitante di grotesqueries. Per Cardini è irrilevante che la guerra fratricida tra sunniti e sciiti cominci con la morte stessa di Maometto e perduri fino ad oggi. La colpa dell’estremismo islamico sarebbe solo dei wahhabiti a seguito della guerra in Afghanistan. E, ovviamente, ça va sans dire, i mandanti sarebbero loro, gli Stati Uniti, promotori anche del terribile Scià di Persia. Il fatto che il jihad, nella sua versione moderna, nasca in Egitto nel 1928 grazie ad Hassan al Banna e alla Fratellanza Musulmana, è un altro di quei fatti scomodi, che vanno doviziosamente rimossi dalla scena onde possano intaccare la fiction cardiniana. Quanto ai missionari, chi fu più missionario dell’ayatollah Khomeini il quale innestò l’Islam sull’impianto ideologico rivoluzionario marxista, la cui ispirazione trovò in Alì Shariati? Ce lo ricorda Melanie Phillips in The World Upside Down: The Global battle over God, Truth and Power:
“Ali Shariati, un prominente ideologo della rivoluzione islamica in Iran, era un islamo-marxista che si basò cospicuamente sull’estremista anticolonialista Franz Fanon e la sua concezione di creare ‘un uomo nuovo’. Shariati mutuò da Fanon la descrizione dei ‘diseredati della terra’ e la tradusse in persiano rivitalizzando il termine coranico, mostazafin, o ‘il diseredato’. Sotto l’influenza di Shariati, gli estremisti iraniani diventarono marxisti e lessero Che Guevara, Regis Debray e il terrorista della guerriglia urbana, Carlos Marighela…Sotto l’influenza di Shariati, l’ayatollah Khomeini introdusse nel pensiero islamico radicale il fondamentale concetto marxista del mondo diviso in oppressi e oppressori…Nel 1980 Khomeini aveva stabilito una ‘rivoluzione islamica’ culturale di stile comunista per purgare ogni traccia di influenza occidentale dai licei e dalle università”.
Ma guai a incolpare l’Islam sciita, così puro e nobile e soprattutto antagonista degli amerikani, mentre, come è noto, i sunniti, soprattutto la Casa di Saud, sono intrecciati agli USA dal 1945.
Occorre fermarsi. Prendere respiro. Gli ebrei sono alle porte, ma Cardini è scaltro, evita accuratamente di cadere in un antisemitismo troppo corrivo. Gli ebrei restano in filigrana, presunti e non desunti. E sempre nella medesima intervista, a un certo punto, ecco aprirsi l’uscio su Israele:
“L’alleanza statunitense-israeliana-saudita, alla quale si sono accodati tanto la NATO quanto paesi arabi quali Egitto e Giordania, sta seriamente minacciando la pace, nel Vicino Oriente e nel mondo…La lotta ai migranti dall’Africa condotta senza combattere le vere cause della migrazione, ovvero l’alleanza tra le lobbies multinazionali che depredano suolo e sottosuolo africano, i governi locali tirannici e corrotti loro complici e la copertura internazionale che Francia e Gran Bretagna forniscono loro utilizzando sistematicamente lo strumento del veto in sede di consiglio di sicurezza ONU a tutte le risoluzioni che potrebbero fornire qualche via d’uscita al problema continentale africano, è il secondo grande problema del nostro mondo. Politica degli USA ed egemonia delle lobbies finanziarie internazionali sono le prime responsabili della situazione internazionale odierna”.
Questo è il nadir. C’è tutto, ma proprio tutto l’armamentario. Le calcificazioni, le ossidazioni della mente. Israele, gli Usa, i sunniti, le lobbies delle multinazionali, gli immigrati africani. Mancano gli Illuminati, il gruppo Bilderberg, i Savi. Sono impliciti, dentro nell’impasto. I topoi sono vecchi, stantii, puzzano di muffa, ma Cardini non demorde. La pace nel mondo sarebbe a rischio a causa di Israele, gli USA e gli arabi sunniti. Attenzione all’incastro. Non è Israele da solo che mette a repentaglio la sicurezza mondiale, rodato paradigma di antisemiti e antisionisti pluridecorati, ma lo è insieme agli USA e alla Casa di Saud. Se voglio lanciare il sasso contro gli ebrei e gli israeliani, lo lancio contemporaneamente contro altri bersagli. Mi limitassi al solo Israele, si noterebbe troppo, e Cardini non è un Blondet o un Fusaro qualunque.
Il Medioriente non sarebbe in tensione perenne da settanta anni a causa delle opposte mire arabo-islamiche, delle lotte intestine e tribali per conseguire il basto del potere, unicamente convergenti e solidali quando si tratta di unirsi nel tentativo di distruggere Israele. Il problema attuale non sarebbe l’espansionismo neo-imperiale sciita che si protende sulla Siria, in Libano, in Iraq, in Yemen, con appendice a Gaza. Non sarebbe l’impulso millenarista della rivoluzione islamica congiunto alla dichiarata intenzione di volere distruggere Israele. No. Anche qui gli sciiti sono rimossi dalla scena. I puri buoni sciiti. L’ultima frase del pistolotto brilla di luce propria.
Sembra uscita da un comunicato radio di Berlino o di Roma degli anni Trenta. Chi c’è dietro le lobbies finanziare internazionali e la politica degli USA? Chi gobierna el mundo? Cardini non lo dice, anche se in un suo feuilleton sulla seconda guerra del Golfo, Astrea e i Titani, scriveva a proposito degli USA
“Politica degli USA ed egemonia delle lobbies finanziarie internazionali sono le prime responsabili della situazione internazionale odierna”.
“Di quale potere sovrano esso è rappresentante, di quale sovrana volontà esso è l’esecutore, al di là delle forme giuridiche preposte a legittimarlo. È sua la detenzione del potere imperiale o dietro ad esso ed altre forze, attualmente ‘in presenza’ nel mondo, si cela un ‘impero invisibile’-nel senso etimologico del termine, che cioè non è responsabile, non deve rispondere alle sue azioni-dinanzi ai suoi sudditi, i quali neppure sanno-o almeno, non con chiarezza-essere tali?“
Basta una leggera spinta, un tocco in più, ed ecco apparire I Protocolli.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » dom giu 12, 2022 7:34 pm

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Re: Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » ven ago 19, 2022 9:06 am

Alain De Benoist antisemita, antisraeliano filo nazi maomettano palestinese

https://it.wikipedia.org/wiki/Alain_de_Benoist


Un articolo dell'UGEI sinistrata che confonde il popolismo, il sovranismo democratico con quello delle destre estreme social fasciste e social naziste che poi non divergono dalle sinistre estreme social comuniste.

I populisti sovranisti come Trump, Salvini, Netanyahu e il sottoscritto non sono né antisemiti, né razzisti, né totalitari antidemocratici.



L’internazionale dell’odio – Razzisti, antisemiti e populisti a raduno
Francesco Moises Bassano
22 Novembre 2017

https://www.ugei.it/tag/alain-de-benoist

L’Europa si è risvegliata. Ricorda un po’ il film “Nell’anno del Signore” del 1969 di Luigi Magni, i due carbonari Leonida Montanari e Angelo Targhini prima di essere condotti al patibolo, sentono il vociare del popolo che sembra sollevarsi per liberarli e compiere l’attesa rivolta contro il papato, quando in realtà il popolo si era svegliato sì, ma per accorrere in festa alla loro esecuzione in Piazza del Popolo. A Varsavia a destarsi è l’Europa bianca, quella cristiana e non di sangue misto s’intende, quella che grida contro gli “ebrei al potere”, i neri, gli arabi e tutto ciò che è altro. C’era anche Forza Nuova, Casa Pound no, troppo impegnata probabilmente nei dibattiti televisivi e a darsi “sembianze democratiche” prima delle elezioni, per il manganello e le ronde c’è tutto il tempo dopo. Non importa se visto il passato e l’invasione nazista, la Polonia dovrebbe essere un paese sensibile verso l’antisemitismo e la xenofobia, la storia si può sempre cambiare e adattare ai tempi che corrono. Persino la destra e la sinistra adesso possono finalmente combaciare nel nome di una lotta comune, il sovranismo, l’Alt-right, Diego Fusaro o Alain de Benoist ne sono gli esempi, si prende qualche lotta e termine della sinistra, utile a incantare le masse, e ci si aggiunge i “valori” patriottici della destra. Già il primo fascismo ed il nazionalismo di Iosif Stalin ne furono i precursori, del resto se si guarda per l’appunto all’Est Europa, il mantra “non esistono più destra e sinistra” acquista pieno valore.

Quindi se queste definizioni non hanno più senso, sarebbe inutile parlare di fascismo e antifascismo, ci s’ispira al fascismo senza chiamarlo così in modo esplicito, perché in fondo adesso i problemi sarebbero “altri” e più urgenti, quello che chiamano “fascismo” non è altro che un’ “ossessione dei media”, e allora anche la Shoah è “una cosa accaduta 70 anni fa, che senso ha riparlarne?” – parole degli amministratori dalla pagina di 60.000 membri “Donald Trump Italian Fan Club”, sul caso degli adesivi di Anna Frank. Anche per altre vulgate, la xenofobia e il neofascismo sono pur sempre problemi minori o inesistenti e fittizi, tra cui per buona parte di quella destra che si considera filo-israeliana e “vicina agli ebrei”. Il vero antisemitismo per essa, è soltanto quello proveniente dalla sinistra e dall’Islam “che controlla media ed istituzioni” ed ha come fine la distruzione di Israele e l’invasione islamica.

L’antisemitismo è certo un fenomeno insito ovunque, il jihadismo è un problema reale con cui fare seriamente i conti anche per contrastare questi moti regressivi. Ma se nell’Islam oltre ai tagliagole di Daesh possiamo trovare anche personaggi come Dervis Korkut il quale mentre la Bosnia era invasa da nazisti e ustasha mise a repentaglio la propria vita per salvare degli ebrei e la Haggadah di Sarajevo (nascosta poi da un chierico dentro una moschea), e se essere di sinistra non dovrebbe equivalere ad essere antisemita o anti-israeliano, sfiderò invece a trovare un qualunque suprematista bianco o neofascista che non vede nell’ebraismo, senza distinzioni, un nemico. Quando l’antisemitismo e la xenofobia sono, velatamente o no, tratti distintivi insiti nei nazional-populismi, dove l’altro sarà ogni qual volta percepito come elemento avulso e nocivo per una supposta integrità nazionale. Si potrà poi controbattere, che i neofascisti o gli xenofobi sono nient’altro che degli haters presenti soprattutto nel mondo del web, ma essi non sono creature mitologiche, vivono intorno a noi, votano, e un giorno potrebbero (come già accade) sedere in parlamento.


L’intervista. Alain de Benoist: “L’islamofobia è una pericolosa semplificazione”
Nicolas Gaultier Nicolas Gaultier su Barbadillo.it

https://www.barbadillo.it/83624-linterv ... ficazione/

Alain de Benoist, l’islamofobia, una parola recente e piuttosto vaga, tende a invadere lo spazio pubblico. È anche ora nel dizionario. Ma, in fondo, cosa significa?

“Nel suo stesso significato, il termine si riferisce alla paura o alla repulsione (phobos), ma l’ideologia dominante preferisce trascinarla verso l’odio e il disprezzo. Poiché la paura è contagiosa e l’odio provoca odio, non c’è ovviamente alcun termine per descrivere l’effetto della reciprocità. Detto questo, ci sono naturalmente persone che odiano l’Islam in linea di principio e tutto ciò che è collegato ad esso, e le loro ossessioni convulse invadono i social network ogni giorno. Ma in realtà, si sa, la contemporanea denuncia del “fobie” è in primo luogo parte di una tattica ormai consolidata di fare uso di un moto di repulsione per sviluppare una retorica volta radicalmente a delegittimare certe posizioni. Questo vale per l’islamofobia come per l’omofobia, la gynophobie, la giudeofobia, la cattofobia, l’americanismo, la transfobia, grossophobie, e non dimenticate la tripofobia, che è la paura del buco.

Nel caso di denuncia di “islamofobia”, prima di rivelare qualsiasi critica, ne consegue che anche l’Islam moderato diventa moralmente insopportabile, politicamente ripugnante e penalmente perseguibile. Secondo la Commissione consultiva nazionale per i diritti umani (CNCDH), i francesi sarebbero “islamofobi” per l’86% sull’indossare il velo integrale, ma solo per il 24% riguardo il digiuno del Ramadan (non è chiaro se l'”Islamofobia” si abbatte ancora per quanto riguarda i “jolies Beurettes”). Nel suo recente libro, “L’islamofobia: intossicazione ideologica”, Filippo d’Iribarne dimostra perfettamente che l’uso di questa parola ha due obiettivi: convincere i musulmani che sono oggetto di discriminazione pervasiva e sono quindi vittime (oggi tutti passano per vittime) e mantenere negli europei un senso di colpa che li rende incapaci di vedere la realtà così com’è.

Se pensiamo, ad esempio, che esiste necessariamente una relazione tra l’Islam e il jihadismo, poiché, fino a quando non sono più informati, è Allah che i terroristi islamisti rivendicano e non Giove o il Buddismo Zen, quindi dovremmo fare una “amalgama” e invocare l’odio contro i musulmani, il che è ridicolo. Ci si trova così bloccati tra quelli per cui “non c’è nulla da fare” e quelli, allo stesso modo ciechi, per i quali tutto è spiegato dalle sure del Corano. La gente, me compreso, che crede che nessuna religione dovrebbe essere protetta per legge dalle critica (che sono lecite anche per la religione secolare come per la religione dei diritti umani, o per la religione progressista del profitto), è costretta a scegliere tra slogan semplicistici altrettanto inaccettabili”.

L’appello di Christchurch, rivolto ai capi di Stato e grandi capi del web, è stato lanciato dopo l’uccisione di 51 musulmani il 15 marzo ad opera del famigerato Brenton Tarrant in due moschee della Nuova Zelanda. Un esempio di radicale dispezzo dell’Islam, ispirato alle azioni di Anders Behring Breivik?

“A meno che non mi sbagli, Breivik non ha mai ucciso un solo musulmano. Ha attaccato quelli dei suoi compatrioti che considerava favorevoli all’immigrazione. Per quanto riguarda l’esempio seguito da Brenton Tarrant, sarebbe meglio guardare altrove.

Il 25 febbraio 1994, un estremista ebreo ortodosso chiamato Baruch Goldstein ha fatto irruzione a Hebron nella tomba dei Patriarchi, e ha massacrato con un fucile d’assalto 29 palestinesi musulmani in preghiera – uomini, donne e bambini – ferendo più o meno seriamente altri 125. Questo gesto mi sembra molto simile a quello di Tarrant. La differenza è che oggi il nome di Brenton Tarrant è odiato in tutto il mondo, mentre in Israele, la tomba di Baruch Goldstein è diventato un luogo di pellegrinaggio per un certo numero di coloni israeliani che lo vedono come un “eroe”. C’è stato un appello da Christchurch, non c’è mai stato un appello da Hebron”.

Al posto dell’islamofobia, si dovrebbe parlare di ostilità verso l’islam o disprezzo per i musulmani?

“Cambia tutto. Ognuno ha predilezioni e gli odi , razionali o irrazionali, simpatici o antipatici, giustificati o ingiustificati perfettamente, e tutti dovrebbero essere liberi di esprimere le loro pulsioni, che ovviamente non si deve essere costretti a condividere. La fobia, considerata da Freud come il sintomo di una “ansia isterica”, frequentemente associata alla nevrosi, è un termine di psicologia clinica. In definitiva si considera la fobia una malattia, mentre è solo un parere (che può essere considerato detestabile). La conseguenza perversa è che diventa impossibile provare la sua falsità: non confutiamo una malattia. Lo stesso accade ogni volta che scegliamo, non di “medicalizzare”, ma di criminalizzare. Dal momento in cui si asserisce che questa o quella opinione “non è un’opinione ma un crimine”, è vietato allo stesso tempo confutarla, perché non si discute del crimine. In entrambi i casi, il dibattito è impossibile e la libertà della mente è vanificata”.





L’antisemitismo degli intellettuali
Valentino Baldacci
3 giugno 2021

https://moked.it/blog/2021/06/03/lantis ... llettuali/

A chi è abituato a frequentare certi ambienti è capitato molto spesso di trovarsi, a proposito del giudizio su Israele – in minoranza, soverchiato, almeno numericamente, da chi abitualmente assume una posizione di ostilità nei confronti dello Stato ebraico. Finora ho attribuito questa diversità di giudizio alla diversa appartenenza politico-culturale: mentre la mia cultura fa riferimento alla democrazia laica che, sia detto tra parentesi, non ha più in Italia una adeguata rappresentanza politica, quella di molti miei interlocutori è ancora legata alle reminiscenze dell’egemonia del PCI sulla cultura italiana e da lì non riescono a muoversi. Semplici controversie politiche quindi, per giunta più legate al passato, anche se hanno conseguenze sul presente.
Ma da un po’ di tempo ho cominciato a riflettere in termini diversi e in questo mi hanno aiutato proprio certi miei amici che hanno preso l’abitudine di definire Israele come uno Stato d’apartheid: Che cos’è l’antisemitismo se non la costruzione di stereotipi non verificati e non verificabili che, senza alcun riscontro nella realtà, vengono ossessivamente ripetuti fino ad assumere l’aspetto del senso comune? Questi stereotipi non sono invariabili nel tempo: in certe epoche storiche hanno assunto l’aspetto di tesi religiose oppure scientifiche, come nel caso del razzismo. Certo, oggi è piuttosto raro imbattersi in qualcuno che ripete l’accusa del sangue o che è convinto dell’inferiorità della “razza” ebraica. La scomparsa o comunque l’emarginazione di queste forme antiquate di antisemitismo fa sentire molte persone al sicuro da tale rischio che, anzi, reagiscono con sdegno se tale accusa viene formulata nei loro confronti. Ma queste persone non si rendono conto del meccanismo della creazione degli stereotipi antisemiti e diventano così non solo portatori ma anche diffusori di tali pregiudizi.
L’esempio dell’accusa di apartheid rivolta ad Israele è a questo proposito illuminante. Si può essere d’accordo oppure dissentire anche radicalmente dalla politica dei vari governi israeliani; ma chi abbia una conoscenza anche superficiale della realtà israeliana sa che in Israele non esiste alcuna forma di apartheid. Apartheid è una parola pesante con un preciso significato che non può essere dilatato al di là del contesto per il quale è stata coniata e utilizzata se non nel caso in cui si verifichino situazioni analoghe. Il termine apartheid è stato usato per definire la realtà del Sudafrica prima del 1994 o. in passato, quella di alcuni Stati del Sud degli Stati Uniti: si tratta di una discriminazione legale sulla base della quale a una parte degli abitanti vengono negati i diritti che vengono riconosciuti agli altri cittadini e se ne teorizza un’esistenza “a parte”, separata dagli altri. Chi conosce, ripeto, anche superficialmente, Israele, sa che non esiste niente che possa essere definito apartheid. Che esista un conflitto non risolto con i palestinesi è sotto gli occhi di tutti ed è anche vero che questo conflitto si sia esteso negli ultimi tempi anche a una parte dei cittadini israeliani di etnia araba. Ma mai questo conflitto ha assunto le forme che siamo soliti definire con il termine apartheid. Se poi si vuol alludere alla diversità di condizione sociale, allora questa linea di frattura attraversa anche la popolazione ebraica e anche in questo caso non ha senso usare il termine apartheid.
Si tratta quindi di uno stereotipo introdotto inizialmente per scopi di polemica politica, ma che poi ha camminato per forza propria, come accade, appunto, con gli stereotipi.
D’altra parte gli intellettuali hanno poche armi per difendersi da tali rischi. Nel migliore dei casi, un atteggiamento diffuso è quello della falsa neutralità che abbiamo visto all’opera proprio nei giorni scorsi in occasione dell’ultimo conflitto con Gaza: un atteggiamento che ha portato un buon numero di intellettuali a pensare e scrivere che, se Hamas non era certo dalla parte della ragione, Israele era sicuramente da quella del torto con i suoi bombardamenti di reazione che hanno fatto vittime tra la popolazione civile. Questo atteggiamento – che in un altro contesto si potrebbe definire pilatesco se questo termine non ingenerasse più equivoci di quanti ne chiarisca – non è nuovo: per esempio ebbe una sua diffusione tra gli intellettuali al tempo del terrorismo degli anni ’70 e ‘80 del Novecento, dove ebbe una certa fortuna l’espressione “Né con lo Stato né con le Brigate Rosse”. È un atteggiamento mentale che fa sentire gli intellettuali al di sopra delle parti, quindi in una posizione di equanimità, di serenità. In realtà è una forma di rinuncia al proprio compito, che è quello di cercare di avvicinarsi alla verità, la verità storica naturalmente. non altri tipi di verità. È un ennesimo caso di “trahison des clercs”. È questo diffuso atteggiamento che rende molti intellettuali privi di difese di fronte all‘emergere di nuovi stereotipi antisemiti.

Se mi sono soffermato tanto sul problema della diffusione di forme inconsapevoli di antisemitismo tra gli intellettuali è perché è evidente che oggi l’antisemitismo non è più qualcosa di residuale ma è riemerso in forme nuove e particolarmente virulente. Bene ha fatto perciò il Presidente Biden a denunciare con forza il riemergere di questo fenomeno, che è particolarmente evidente negli Stati Uniti, non solo nelle frange più radicali del Partito Democratico, ma anche, appunto, in ambienti accademici e intellettuali, spesso attraverso il linguaggio insidioso del “politicamente corretto”.
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Re: Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » ven ago 19, 2022 9:06 am

Christopher Hitchens non era grande
Meir Y. Soloveichik
Traduzione di Niram Ferretti
5 Febbraio 2022

http://www.linformale.eu/christopher-hi ... ra-grande/

“È la stagione per ricordare Christopher Hitchens”. Così il mio collega editorialista di Commentary Matthew Continetti ha scritto a dicembre in un saggio del Washington Free Beacon in occasione del decimo anniversario della morte prematura del controverso scrittore.

Il tributo di Continetti nei confronti di Hitchens è uno dei tanti nel corso degli anni provenienti da autori che ammiro, ed è per questo che mi sento obbligato, se questa è veramente la stagione, a spiegare perché considero l’eredità di Hitchens così poco degna di essere celebrata. Nei suoi scritti sulla fede, e soprattutto nelle sue critiche all’ebraismo e allo Stato d’Israele, Hitchens rifletteva, con sconcertante costanza, gli stessi vizi che pretendeva di criticare nel corso della sua carriera: il bigottismo, la disonestà e l’ignoranza.

Il libro più venduto della carriera di Hitchens, e quello per cui è più conosciuto, è Dio non è grande, perchè la religione avvelena tutto. È facile documentare gli orrori storici commessi in nome della religione. Ciò che distingue questo libro, come ha documentato Benjamin Kerstein nel Jewish Ideas Daily, sono le dichiarazioni azzardate sull’ebraismo che sono ovviamente false, così come l’ossessione dell’autore per l’ebraismo. Hitchens non solo critica i comandamenti biblici che sono in tensione con lo Zeitgeist; attacca quelli che chiama “Gli spietati insegnamenti del Dio di Mosè, che non menziona mai la solidarietà e la compassione umana”. È strano affermare questo del Pentateuco che comincia con la proibizione dell’omicidio perché tutta l’umanità è creata ad immagine di Dio, e si conclude nel Deuteronomio con l’esortazione ad «amare lo straniero» e a non detestare l’Edomita, «perché è tuo fratello.”

Allo stesso modo, Hitchens lamenta gli eventi che commemora Hanukkah, perché se gli assalti di Antioco Epifane al giudaismo fossero riusciti, il giudaismo sarebbe stato sradicato. Antioco, sottolineava, “disabituava molte persone ai sacrifici, alle circoncisioni, alla fede in un rapporto speciale con Dio e dalle altre manifestazioni reazionarie di una fede antica e crudele”. Tralasciando i molteplici omicidi del regime di Antioco documentati nei testi classici, è curioso affermare che il pagano Antioco disabituasse i suoi sudditi ai sacrifici; basta cercare su Google, o recarsi ad Atene per trovare il “Tempio di Zeus Olimpio” commissionato da Antioco. La sua esistenza è prova di quanto fosse importante l’atto del sacrificio per l’imperatore seleucide. “Ciò che può essere affermato senza prove può anche essere respinto senza prove” è una famosa affermazione di Hitchens. Ma come dobbiamo comportarci riguardo ad affermazioni in contrasto con tutte le prove a disposizione, prove che anche le ricerche più rudimentali rivelerebbero? Le affermazioni di Hitchens contro l’evidenza delle prove non sono la prova stessa che i suoi attacchi sono l’espressione di una disonestà deliberata?

Alcuni ammiratori di destra di Hitchens ammettono quanto ciò sia imbarazzante. L’ex autore dei discorsi di Reagan, Peter Robinson, disse di aver sempre saputo che, sulla religione, “Hitch può essere ingiusto volontariamente e capace di presentare come se fosserò delle novità argomenti che erno già stantii un secolo fa”. Robinson aggiunse: “Quello di cui non mi ero reso conto, però, era che Hitch era profondamente ignorante, nello specifico. Quando discuteva della Bibbia semplicemente non aveva idea di cosa stesse parlando”.

L’ammirazione di Robinson per Hitchens, come scrisse nel 2011, derivava dal fatto che Hitchens “teneva alto per tutti lo stendardo della libertà”. Allo stesso modo, Continetti conclude che l’insegnamento esistenziale di Hitchens è che “la libertà necessita di difensori”. Indubbiamente, ma i commenti di Hitchens sulla fede dimostrano che le lezioni che imparò da un Ventesimo secolo segnato dalle battaglie tra libertà e tirannia furono quelle sbagliate.

La sua propensione a eliminare intenzionalmente le prove si rifletteva nella sua descrizione della fede come “l’origine di ogni dittatura”. Queste parole sono state scritte da un uomo che aveva assistito a un secolo segnato da dittature comuniste militanti atee che, nel corso della storia, hanno ucciso più esseri umani di qualsiasi comunità di fede. Suo fratello Peter, ha sottolineato con forza che gli scritti sulla religione di Hitchens erano punti di vista riciclati dagli stessi regimi a cui sosteneva di opporsi:

“Sono anche sconcertato e frustrato dalla strana insistenza di mio fratello antiteista sul fatto che la crudeltà dei regimi antiteisti comunisti non testimonierebbe a sfavore del suo caso e della sua causa. Lo fa indubbiamente. Il comunismo sovietico è organicamente legato all’ateismo, al razionalismo materialista e alla maggior parte delle altre cause sostenute dai nuovi atei. Utilizzava lo stesso linguaggio, custodiva le stesse speranze e faceva appello ai medesimi sostenitori odierni dell’ateismo”.

Nel frattempo, mentre la sua vita volgeva al termine, le critiche di Hitchens nei confronti di Israele diventavano sempre più ripugnanti. Nel 2010, pubblicò su Slate un famigerato articolo dal titolo “Il Goy di Shabbat di Israele”, in cui affermava che il sostegno dell’America a Israele incarnava il “vecchio concetto del goy di Shabbat: il non ebreo a cui viene pagata una piccola tassa per spegnere le luci o accendere i fornelli, o quant’altro sia necessario per aggirare le norme più fastidiose del Sabato». Come evidenzia Kerstein, questa frase riunisce in una volta sola tutti gli stereotipi antisemiti. È, se si vuole, un triplo salto carpiato demagogico. Unisce un tropo classico secondo cui gli ebrei sarebbero ciarlatani farisaici con lo stereotipo più moderno degli ebrei come disonesti, e completa il tutto con il progressivo assalto contemporaneo nei confronti dello Stato ebraico.

Questo esecrabile saggio indica un aspetto interessante dell’eredità e della vita di Hitchens. Perché un uomo che inveì con tale passione a proposito della Guerra al Terrore continuò a scrivere in modo così putrido del paese che era in prima linea in quella guerra? Non sono sicuro della risposta, ma ho un’ipotesi. Ciò che guidava Hitchens soprattutto il suo odio per la fede; inizia Dio non è grande spiegando: “Ho scritto questo libro nel corso di tutta la mia vita”. Forse l’unico fatto che Hitchens non è mai stato in grado di spiegare, la migliore prova dell’esistenza di Dio che non sarebbe scomparsa, era Israele stesso.

Migliaia di anni fa, le scritture ebraiche hanno affermato che la famiglia di Abramo avrebbe influenzato il mondo ben oltre il proprio numero, che c’era una terra legata al suo destino, che questo piccolo popolo avrebbe vissuto l’esilio, che sarebbe sopravvissuto a tutti gli sforzi per distruggerlo e che un giorno avrebbe fatto ritorno da tutto il mondo. Poi si è verificato l’evento più inaspettato di tutti: si è avverato tutto. Come lo spiega Hitchens? Ciò che può essere affermato senza prove può essere respinto senza prove; ma le prove erano lì, proprio davanti a lui. Se Israele, nonostante i suoi errori e difetti, era davvero il faro della libertà nella stessa Guerra al Terrore che egli stava sostenendo, allora il suo insipido ateismo ne era minacciato. E così Israele doveva essere aggredito, con tutta l’eloquenza di Hitchens, anche se richiedeva l’adunata di tropi antisemiti di cui conosceva fin troppo bene la storia.

Leggendo i numerosi tributi che furono scritti dieci anni fa e oggi, si palesa che Hitchens fosse un amico leale, pieno di gioia di vivere e dotato di molti talenti. Guardando le sue ultime interviste è doloroso vedere qualcuno che ha così chiaramente gustato la vita combattere contro il declinare della luce. Ma nella mia esperienza pastorale ho visto molti morire troppo giovani, uomini e donne che hanno riempito la loro vita di amore e amicizia senza dedicare così tanto del loro tempo sulla terra a invettive odiose e irresponsabili. Quindi, dieci anni dopo, non celebrerò un uomo che ha attaccato tutto ciò a cui tengo, in un modo così superficiale, insensibile e disonesto. E poiché non sono disposto a respingere le prove che ci ha fornito la dittatura antireligiosa, credo che la libertà in Occidente sia resa più sicura quando gli scritti di Hitchens sulla religione vengono denunciati per le affermazioni scurrili e ignoranti da cui sono composti.


Alberto Pento
Io che non sono ateo ma aidolo, ossia un credente naturale senza religione e senza idoli religiosi, trovo che la credenza religiosa ebraica per me idolatra come tutte le credenze religiose, sia però quella che abbia fatto meno danni all'umanità e più del bene di ogni altra, specialmente agli ebrei quantunque da essa si sia sviluppata l'eresia cristiana dell'ebreo Gesù Cristo e ha generato l'antisemitismo cristiano e che ha impregnato e che ancora impregna l'Europa causando/"giustificando pregiudizialmente e motivando demenzialmente" in parte la Shoà, ossia lo sterminio di milioni di ebrei europei.
Questa credenza religiosa però non ha impedito a parte degli ebrei di essere poco teocratici e laici, di diventare in atei e di essere tra i popoli umani e civili più ragionevoli e scientifici della terra, non per nulla gli ebrei sono l'etnia che è stata premiata con il maggior numero di riconoscimenti nobel per la scienza con una percentuale di varie volte quella dei paesi scientificamente e tecnologicamente più sviluppati e con una popolazione assai più numerosa.
Capisco che per gli ebrei è importante la loro religione in quanto tradizione e istituto mitico, culturale e civile fondante e tessuto connettivo delle loro comunità e del loro stato di Israele che è uno dei fari del mondo civile, e personalmente pur non essendo ebreo, sia come ex cristiano che come credente aidolo naturale, la storia ebraico con le sue valenze analogiche universali e comuni aiuta a riempire i vuoti di memoria sul loro passato protostorico del mio popolo veneto, delle genti itale ed europee e credo anche quelli di tutti i popoli della terra.
Poi negli ebrei come etnia e nella loro religione, nel loro credo e nel loro dio, come pure nel loro stato nazionale di Israele non percepisco alcuna minaccia alcuna fonte di male per me e per il resto dell'umanità, anzi da loro sento che arrivano solo sprazzi di luce, di civiltà e di buona umanità.
Senza di loro e senza Israele l'umanità intera sarebbe priva di una delle radici più salde e vitali su cui si poggia la migliore speranza dell'uomo universale.
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Re: Demenziali pseudo intellettuali di destra e di sinistra

Messaggioda Berto » ven ago 19, 2022 9:07 am

Greta Thunberg la sinistra sinistrata invasata climatista antisemita e antisraeliana

https://www.facebook.com/ema.bolo.10/po ... 9651264576

Davos: il messaggio di Greta Thunberg per il Medio Oriente.
24/01/2020 di Invicta Palestina
https://www.invictapalestina.org/archives/37680


Greta Thunberg: "No a violenza Israele-Palestina"/ Ira social: "Meglio se non parli!"
https://www.ilsussidiario.net/autori/alessandro-nidi/
11 maggio 2021

https://www.ilsussidiario.net/news/gret ... i/2168867/

Fa discutere il tweet pubblicato nella giornata di oggi, martedì 11 maggio 2021, da Greta Thunberg, nel quale la giovane svedese chiama in causa Israele e Palestina. Quello che doveva essere un post di chiarimento, come indicato dalla ragazza, è divenuto uno degli argomenti più dibattuti sui social network. Ecco le parole della scandinava: “Per essere chiari, non sono ‘contro’ Israele o la Palestina. Inutile dire che sono contro qualsiasi forma di violenza o di oppressione da parte di chiunque o di qualsiasi parte. E – ancora – è devastante seguire gli sviluppi in Israele e Palestina.

Un messaggio di “non violenza”, insomma, quello che l’attivista per l’ambiente ha voluto lanciare attraverso il proprio profilo, precisando di non parteggiare né per l’una né per l’altra fazione, ma molti utenti non hanno gradito questa sortita telematica di Greta, con critiche che sono piovute da più parti nei suoi confronti (una situazione alla quale ormai lei è piuttosto abituata, ma comunque mai troppo piacevole per chi la vive, ndr), anche e soprattutto per la sua scelta di non schierarsi.

GRETA THUNBERG, ATTACCHI SUI SOCIAL: “STAI DALLA PARTE DELL’OPPRESSORE”

Greta Thunberg, dopo il tweet contro la violenza che si continua a registrare fra Israele e Palestina, ha ricevuto numerose critiche. C’è, ad esempio, chi le ha dedicato una massima di Desmond Tutu: “Se sei neutrale in situazioni di ingiustizia, hai scelto la parte dell’oppressore. Se un elefante ha il suo piede sulla coda di un topo e voi dite che siete neutrali, il topo non apprezzerà la vostra neutralità”. Altri, invece, l’hanno pregata di non uscire dal seminato: “Greta per favore, concentrati sul cambiamento climatico. Se cominci ad esprimere posizioni politiche sui vaccini, sul conflitto israelo-palestinese e così via, avrai pro e contro e questo indebolirà la tua lotta. Per favore non farlo, abbiamo bisogno di te!”. E, infine: “Capisco che non eri viva negli ultimi 70 anni, ma se non capisci pienamente la questione e volevi solo esprimere la tua neutralità su questa ingiustizia, sarebbe stato meglio non parlarne”.
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