I suprematismi del Male

I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:42 pm

I suprematismi del Male: il suprematismo russo di Dugin e Putin, Eurasia
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https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 8KagjhZobl

I suprematismi sociali, politici e religiosi nazifascisti con i loro imperialismi militari, portatori di inciviltà e di disumanità, di morte e distruzione, gli imperi del male, della sopraffazione e dell'ingiustizia, della depredazione e della miseria, degli assassini e degli stermini.

Dove imperano queste mostruosità sociali, politiche e religiose la buona umanità fugge, se può scappa da questi imperi del male del terrore e dell'orrore.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:43 pm

Indice:

1)
Equivalenze storiche

2)
Il suprematismo russo di Dugin e Putin, Eurasia

3)
I convertiti, i seguaci e gli apprezzatori/sostenitori di Dugin e di Putin in Italia e nel Mondo

4)
L'attentato a Dugin da cui si è fortunosamente salvato e che ha ucciso sua figlia, accesa sostenitrice del criminale suprematismo imperialista russo e dell'aggressione all'Ucraina

5)
I primati maligni della Russia aggravati dal suo demenziale e criminale suprematismo che illude e inganna i russi stessi, che promuove l'inciviltà e la disumanità e che non difende affatto i cristiani come uomini, persone, cittadini liberi e sovrani.

6)
I filo nazifascisti russi andrebbero perseguiti con la Legge Mancino come con i nazifascisti italiani adoratori di Mussolini e tedeschi adoratori di Hitler e come si dovrebbe fare con quelli nazimaomettani adoratori di Allah e di Maometto

7)
I nazifascisti russi sono falsi cristiani, non hanno nulla di cristiano se non l'idolatria religiosa che copre la loro mostruosità umana, civile e politica

8)
Tutti i suprematismi totalitari e violenti oltre ad essere fondati sulla menzogna lo sono anche sul vittimismo

9)
La Russia non merita alcun rispetto e alcun riguardo, l'Ucraina sì

10)
Il male è sempre destinato a soccombere anche se a volte uccide e fa strage


11)
Uno dei suprematismi del male assoluto!
Questo è l'orrido Islam!
Questo è il criminale idolatra Moametto!
Questo è il demenziale Corano!
Questo è il mostruoso idolo Allah!

12)
Il suprematismo disumano dell'ideologia utopica degli ultimi, un'altro orrore del Politicamente Corretto sinistrato e cristiano.
Una volta erano i poveri oggi sono gli ultimi, ma chi sono gli ultimi e chi decide in merito, chi assegna il titolo di ultimo e quindi il diritto politicamente corretto imposto per legge di essere servito come primo da tutti gli altri?

13)
Il suprematismo nazifascista russo nei demenziali e calunniosi discorsi di Putin contro l'Occidente
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:43 pm

1)
Equivalenze storiche


a) con il nazismo maomettano
b) con l'internazi comunismo sovietico
c) con il nazismo hitleriano


Gino Quarelo
La prima equivalenza è con il suprematismo nazi maomettano arabo.
La seconda equivalenza è con l'imperialismo russo degli zar e poi con l'Imperialismo russo sovietico dell'URSS e di Stalin.
Cos'altro accomuna questi suprematismi?
Il totalitarismo fideista ideologico e religioso, la dittatura politica e la totale mancanza di democrazia e di libertà di parola e di critica, la violenza e il razzismo con il terrorismo e la paura.
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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:43 pm

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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:44 pm

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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:44 pm

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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:45 pm

2)
Il suprematismo russo di Dugin e Putin, Eurasia


Il demenziale progetto suprematista di Dugin e di Putin, il nazifascismo russo imperiale euroasiatico, variante di quello di Hitler, di Stalin e di Moametto


Aleksander Dugin, l’antisionismo come necessità
Niram Ferretti
22 Agosto 2022

http://www.linformale.eu/aleksander-dug ... necessita/

A seguito dei fatti recenti, l’uccisione in un attentato alle porte di Mosca di Darya Dugina, figlia di Alexander Dugin, considerato uno degli ideologhi di Vladimir Putin, ripubblichiamo un suo ritratto a firma Niram Ferretti, apparso qui per la prima volta il 3 marzo 2017.

Apprendiamo da Aleksander Dugin, filosofo e intellettuale osannato dai rossobruni e propugnatore di un grande blocco euroasiatico a guida russa, ontologicamente antiamericano e antioccidentale ciò che segue:

“Sono assolutamente contro il Sionismo. In primo luogo, questo movimento contraddice l’ideologia stessa del Tradizionalismo Ebraico, dato che il dogma basilare del sionismo è in contraddizione con i tre principi talmudici primari: 1) Non ergersi contro i popoli, fra i quali gli ebrei vivono; 2) Non ritornare in Terra Santa prima della venuta del Messia; 3) Non accelerare la fine dei tempi. Chiunque infranga questi principi non può essere considerato un ebreo nel senso religioso, mistico del termine. I libri del rabbino Meyer-Schiller di New York danno maggiori informazioni su questo tema. Meyer-Schiller non è soltanto la più alta autorità del Giudaismo contemporaneo, ma porta il titolo di Maggid Shiur, qualcosa che agli ebrei dirà molto.

“In secondo luogo, lo stato di Israele è stato sin dall’inizio una base strategica per l’Atlantismo militante (prima l’Inghilterra, ora gli Stati Uniti) nel Medio Oriente. Questo stato è sia ideologicamente che politicamente orientato al capitalismo ed occidentalizzato per quanto riguarda il sistema di valori. Questi valori sono in completa contraddizione con la visione nazionale russa del mondo, così come l’intera idea di Geopolitica Eurasiatica”.

Dugin informa tutti gli ebrei sionisti che in base alla propria concezione e a quella di Rav Meyer Schiller, il quale è a favore dell’etnonazionalismo ebraico, che Israele non è “kosher”. Addirittura viene data la scomunica. Gli ebrei sionisti non sarebbero propriamente ebrei. Per Dugin il controverso rabbino antisionista newyorkese sarebbe niente di meno che “la più alta autorità del Giudaismo contemporaneo”, il che equivale a sostenere che Cirillo I, patriarca di Mosca, sarebbe la più alta autorità del cristianesimo. Naturalmente, nell’ebraismo non ci sono papi, ma non esistono nemmeno autorità rabbiniche che possano fregiarsi o essere riconosciute in modo unanime come se appunto fossero un pontefice.

Israele, per Dugin è macchiato dalla colpa di atlantismo. Essere antamericani è indispensabile per essere filoputiniani e anche, filoiraniani. Come è noto il Grande Satana, per Teheran sono gli Stati Uniti, e il Piccolo Satana è Israele.

Dugin non usa questi termini, ma è chiaro il suo pensiero. “I valori” rappresentati da Israele sono in totale contraddizione con la visione nazionale russa e anche con l’ebraismo essenzialistico e ultraortodosso propugnato da Meyer Schiller. Emblematico che uno degli uomini considerati più vicini a Putin la pensi in questo modo.

Permette di fare luce su alcune cose. Vediamole.

L’antiatlantismo è una costante dall’Unione Sovietica ad oggi. La Russia di Putin è fortemente sovranista, etnonazionalista e alfiera di un cristianesimo mistico tipicamente slavo insufflato di nazionalismo. Questa Russia, è animata da uno spirito neoimperiale euroasiatico con al centro se stessa in opposizione agli Stati Uniti. Il vasto impero euroasiatico è un’idea ottocentesca radicata nel cuore del conservatorismo russo e poi ritornata in auge negli anni ’60 anche grazie a figure come l’ex SS Jean Thiriart a cui da noi, Franco Cardini deve il suo svezzamento ideologico. Non c’è dunque da sorprendersi se la Russia sia in ottimi rapporti con un’altra potenza neoimperiale e, quest’ultima, dichiaratamente antisionista e antisemita, l’Iran. Gli sciiti da sempre considerano se stessi l’aristocrazia dell’Islam. Non va dimenticato, anzi va tenuto ben presente, che per la mistica fascista e ultranazionalista l’Iran fa parte della costellazione indoiranica, da qui gli amorosi sensi rossobruni sia per la Russia che per l’Iran. Da una parte l’etnonazionalismo slavo, dall’altra quello indoiranico.

La riscossa suprematista, bianca caucasica russa contro la “decadenza occidentale” si sposa perfettamente con quella neoimperiale iraniana. Gli Stati Uniti e Israele sono nello stesso calderone per i Dugin e i suoi accoliti di estrema destra europei. Non a caso, per modo di dire, Marine Le Pen, in perfetta consonanza con questa costellazione di idee, ha caldeggiato sia l’euroasianesimo a livello geopolitico sia l’alleanza con lo stato più antisemita del Medioriente, l’Iran.

Non può dunque meravigliare che nel 1992, Aleksander Dugin redigerà il manifesto del Partito Nazional Bolsecevico, ora considerato fuorilegge. Il vessillo del partito amalgamava falce e martello al centro della bandiera nazionalsocialista tedesca. Il nazionalismo come fusion e rebrending tra nazismo e comunismo.

Quello che va tenuto presente è come, tutto questo rigurgito cadaverico di vecchie idee ultrareazionarie, il nazionalismo misticheggiante, il purismo etnico, il tradizionalismo antimoderno che hanno infiammato il Novecento totalitatario, sono in opposizione radicale con il sionismo che non si fonda su alcuna mistica razziale o sulla convinzione messianica del ritorno a Sion, ma sulla necessità laica per il popolo ebraico di avere un proprio stato che potesse garantirne la salvaguardia.

Il progetto egemonico restaurativo russo propugnato da Dugin va di pari passo con quello egemonico iranico. In questo progetto antiamericano e necessariamente antiliberale e antidemocratico, Israele non può essere vocazionalmente se non sulla sponda opposta.



La criminale "operazione speciale" del Cremlino nazifascista di Putin

viewtopic.php?f=143&t=3008
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 9492799153


Una grande Eurasia, con capitale Mosca e guidata da Putin. Il sogno imperiale degli accoliti dello zar
HuffPost Italia
08 Aprile 2022 alle 16:31

https://www.huffingtonpost.it/esteri/20 ... a-9137856/

Le tesi di Dugin ma anche i libri di Il'in, Solovëv e Berdjaev: nella martellante propaganda degli uomini più vicini a Putin, il concetto di Eurasia diviene speculare e complementare a quello di Grande Russia. Per un unico dominio "da Lisbona a Vladivostok"

"In Ucraina stiamo combattendo una guerra esistenziale contro l'espansionismo occcidentale". Così stamattina il fidato ex consigliere del capo del Cremlino Sergej Karaganov al Corriere. La Russia quale grande potenza transcontinentale e "comunità di destino" è chiamata a difendersi dal caos globale creato dall'atlantismo che minaccia la sua sacra missione storica di ricreare una Grande Eurasia, "da Lisbona a Vladivostok".


Eurasia: il vero obiettivo di Mosca
Gabriele Minotti
4 aprile 2022

https://www.opinione.it/esteri/2022/04/ ... sia-putin/

Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov si rivolge direttamente alla Nato e all’Europa. Quanto alla prima sostiene si tratti di un’organizzazione che ha perso di vista il fine difensivo per il quale è stata creata, finendo per diventare fautrice di una politica estera aggressiva e imperialista (critica credibile, se proveniente da chi di espansionismo e imperialismo non ne sa assolutamente nulla). Al tempo stesso, il rappresentante di Vladimir Putin, dichiara che gli Stati europei, difendendo l’Ucraina e mettendosi contro la Russia, stanno andando contro i loro interessi nazionali. “I rapporti tra questi due blocchi – chiarisce Peskov – potranno essere ripresi quando l’Europa avrà smaltito la sbornia americana e avrà capito che il suo futuro (del “nostro Continente”, dice il funzionario ruteno) è nell’alleanza e nel dialogo con la Russia, nell’ambito del progetto chiamato Eurasia”.

Finalmente un membro della cerchia di Putin che riesce a essere sincero, anche se in maniera del tutto involontaria e probabilmente solo per dabbenaggine. Finalmente qualcuno che chiarisce quali sono sempre stati gli obiettivi e le mire geopolitiche del Cremlino, il fine per il quale la Russia fascio-mafiosa del novello zar ha lavorato per vent’anni: l’Eurasia. In un primo momento, hanno provato a realizzare questo progetto avvicinandosi con discrezione all’Europa, simulando amicizia e offrendole gas e petrolio a prezzi stracciati per renderla energeticamente dipendente e, quindi, vincolata alle scelte del Cremlino. In un secondo momento, cercando di destabilizzare dall’interno il sistema liberal-democratico europeo attraverso i finanziamenti e la cyber-propaganda (a base di fake news e di complottismo, che hanno indotto una parte considerevole dell’opinione pubblica a diffidare delle istituzioni e dell’informazione ufficiale per rifugiarsi nella controinformazione) in favore dei movimenti euroscettici e sovranisti. Solo quando questi primi due tentativi si sono rivelati fallimentari, i russi hanno deciso di scoprire le carte, di rendere manifeste le loro intenzioni e di passare alle prove di forza.

Ma cos’è, veramente, l’Eurasia, e cosa si intende con questo termine nel linguaggio politico russo? Si tratta di un concetto da sempre presente nelle logiche e nelle visioni dei governanti e degli intellettuali russi, nonché nella loro ambizione di fare di Mosca la “Nuova Roma”. Già lo zar Alessandro I al Congresso di Vienna sosteneva la necessità di riunire gli Stati dell’Europa continentale in una federazione sotto l’egida russa. Successivamente, sul finire dell’Ottocento, tale visione geopolitica fu espressa e sintetizzata da Konstantin Leont’ev, il quale contrapponeva il “bizantinismo” –peculiare della civiltà russa e avente quali segni distintivi l’autocrazia e il cristianesimo – al “razionalismo” di matrice illuminista, ritenuto distruttore e nefasto per le popolazioni europee: da qui la necessità, per la Russia, di raggruppare sotto la sua influenza tutti i popoli non ancora “contaminati” dagli ideali illuministi per salvarli dal progressismo, dall’imborghesimento e dalla decadenza morale. Sembrano le parole di Putin, quelle dei suoi tirapiedi o del grottesco patriarca Kirill, effettivamente.

La visione di Leont’ev fu approfondita e sistematizzata successivamente, agli inizi del Ventesimo secolo, da intellettuali come Nickolaij Trubeckoj, Georgij Vernadskij e Petr Savickij. Fuggiti dalla Russia in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, i tre iniziarono a porsi degli interrogativi sulla cultura russa, ritenuta erede diretta di quella asiatica e, particolarmente, mongola. Nella loro teoria, le istituzioni e la mentalità della Russia zarista erano state fortemente influenzate dai modelli di governo e di organizzazione sociale delle tirannidi asiatiche, il cui retaggio avrebbe favorito più di ogni altra cosa la trasformazione della Russia in un’autocrazia potente, unita e monolitica e della società russa in una comunità disciplinata e organica. Da ciò i tre intellettuali derivavano il concetto di eurasiatismo, il cui postulato era l’integrazione politica di tutti i popoli culturalmente affini per resistere e opporsi all’influenza omologatrice dell’Occidente. Cosa ancor più interessante è la straordinaria lungimiranza con cui seppero prevedere l’evoluzione politica che il loro Paese avrebbe vissuto nei successivi decenni, in quanto preconizzarono la trasformazione del regime comunista sovietico in un regime autocratico, nazionalista, fortemente legato al cristianesimo ortodosso e alternativo all’Occidente democratico e individualista: il ritratto della Russia di Putin, insomma. L’ultimo degli eurasiatisti (come lui stesso amava essere definito) fu Lev Gumilev, il quale, da studioso di etnologia, faceva risalire le origini della civiltà russa alle tribù asiatiche e, particolarmente, mongole, la cui influenza – in termini di sangue e cultura – avrebbe “protetto” e reso immuni i russi dalle “contaminazioni” culturali dell’Occidente.

Arriviamo così ai giorni nostri e alla Russia contemporanea, il cui intellettuale di punta è senz’altro Alexander Dugin che, neanche a dirlo, di Gumilev è stato allievo. A lui si deve la formulazione del “neo-eurasiatismo”, che postula la necessità dell’integrazione politica e strategica tra la Russia e le nazioni europee in funzione anti-americana, anti-liberale e anti-globalista. Dopo la militanza nel gruppo ultranazionalista, fondamentalista cristiano e antisemita Pamyat – che nella Russia dei primi anni Novanta denunciava la democrazia parlamentare come strumento della “giudeo-massoneria” e che venne sciolto a seguito dei numerosi episodi di violenza di cui i suoi militanti furono protagonisti – Dugin fondò, assieme allo scrittore Eduard Limonov, il Partito nazionale bolscevico, fautore della conservazione dell’eredità morale e culturale del periodo sovietico e della fusione politica tra i popoli europei e quello russo, secondo la teoria di Jean Thiriart, teorico della “nazione europea” da Dublino a Vladivostok.

Abbandonato il progetto per dissidi con la linea di Limonov, Dugin fondò il Movimento politico panrusso “Eurasia”, che a partire dal 2001 divenne una costola di Russia Unita, il partito capeggiato da Vladimir Putin. Gli obiettivi rimangono gli stessi e sembrerebbero essere proprio quelli portati avanti dalla politica ufficiale del Cremlino: primo, quello di riunire i popoli europei sotto l’influenza di Mosca, pur lasciando ciascuna nazione libera di conservare la propria identità e le proprie radici storico-culturali; secondo, costituire un blocco antagonista agli Stati Uniti d’America e lavorare per la creazione di un mondo multipolare; terzo, lottare contro l’egemonia politico-culturale del liberalismo democratico e contro quella economica del capitalismo, in favore di una visione autocratico-collettivista, in cui i diritti e gli interessi degli individui sono subordinati e strumentali al raggiungimento di un fine generale e utile per tutti. In estrema sintesi, l’eurasiatismo non è altro che la nuova formula con cui l’imperialismo neo-zarista e post-sovietico russo cerca di accreditarsi agli occhi delle popolazioni europee. Non è altro che l’idea alla base di un progetto deprecabile, qual è quello di imporre il giogo di Mosca ai popoli liberi del Vecchio Continente. Non è altro che una teoria “fascio-comunista” in salsa moscovita.

I russi non hanno mai voluto limitarsi a difendere i propri interessi nazionali o a sperimentare forme di governo e di organizzazione sociale diverse e alternative a quelle occidentali – come spesso dichiarato da Putin in risposta alle accuse mosse al suo Paese dalle organizzazioni internazionali – ma hanno sempre cercato di esportare tale visione e di fare della Russia il cuore di un sistema di “nazioni-satelliti” (i Paesi europei) orbitanti nella sua galassia; lo “Stato-guida” di un’Europa governata da leader autocratici e assoggettati ai diktat del Cremlino. Questo, se non altro, dimostra che hanno ragione il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il premier Mario Draghi quando dicono che gli ucraini non stanno lottando solo per la loro libertà, ma per quella di tutti i popoli europei, poiché Mosca vuole asservire ognuno di loro proprio come sta cercando di fare con l’Ucraina.

Quelli che demonizzavano l’Europa come nemica della democrazia e della sovranità nazionale e che vedevano negli Usa la quintessenza dell’imperialismo e dell’unilateralismo, avvicinandosi a questa teoria e vedendo nella Russia putiniana una specie di “ancora di salvezza” hanno volontariamente (e si direbbe paradossalmente) scelto di cooperare con uno Stato che è davvero irrispettoso del diritto dei popoli all’autodeterminazione e che intende perseguire i suoi interessi nazionali a discapito di quello di altri Paesi, come nella miglior tradizione del vero imperialismo. Ciò dimostra che il problema di costoro non è mai stato la difesa della sovranità nazionale o l’indipendenza dei popoli da qualunque influenza politico-culturale esterna, ma la loro avversione alla democrazia liberale. Il motivo per cui amano i russi è solo il loro odio per la cultura e le istituzioni liberali che tanto la Ue quanto gli Usa incarnano. Tanto la destra radicale quanto la sinistra pseudo-pacifista e anti-americana osannano e strizzano l’occhio a Putin perché disprezzano l’Occidente democratico e liberale e perché auspicano di vedere le nazioni europee trasformarsi in autocrazie collettiviste agli ordini di Mosca, in tanti “protettorati” russi, in un consesso di Stati-fantoccio agli ordini del Cremlino.

Questo, se non altro, contribuisce a rafforzare e a rendere più evidente – semmai ce ne fosse stato bisogno – quello che era già abbastanza chiaro: la sfida di oggi non è più tra destra e sinistra; tra conservatori e progressisti; tra globalisti e sovranisti; ma tra visione liberal-democratica e concezione autocratico-collettivista. Ragion per cui, all’eurasiatismo di Putin, Dugin, Peskov e dei loro sodali europei (nella cultura, nella politica e nell’informazione), è oggi più che mai opportuno contrapporre una rivisitazione dell’atlantismo, che non deve più limitarsi a essere una visione geopolitica e strategica, ma che deve assurgere al rango di identità politico-culturale schierata in difesa del mondo libero rispetto a qualunque disegno volto a metterne in crisi o a ridimensionarne la predominanza e l’egemonia. Il futuro – degli Stati come degli individui – è determinato unicamente dalle scelte che compiamo nel presente. Di conseguenza, il futuro degli Stati europei – che hanno scelto di essere delle democrazie e di vivere secondo i valori di libertà – non è al fianco delle autocrazie come quella russa, ma in un serio progetto di integrazione europea e nel consolidamento dell’alleanza e della storica amicizia con gli Stati Uniti.

Quanto agli interessi nazionali – che Peskov sostiene siano stati traditi dai vari Stati europei che hanno sposato la causa ucraina – il portavoce di Putin non ha evidentemente compreso come il senso dell’Europa sia proprio quello di procedere verso il superamento degli egoismi e della logica “dell’orticello” in favore di una visione e di una strategia comune. Questo non sorprende più di tanto, visto il feroce nazionalismo che anima la Russia e che questo Paese ha cercato di risvegliare anche in Europa per dividerci, per renderci più deboli e, quindi, facili prede dei disegni espansionistici di Mosca.

Da ultimo, il fatto che la Nato abbia adottato una linea di sostanziale co-belligeranza al fianco dell’Ucraina è segno del fatto che l’alleanza è più viva che mai e sta semplicemente adempiendo alle sue funzioni: quella di difendere la sua sfera d’influenza (e i Paesi che gravitano attorno a essa) da qualunque minaccia. Peskov farebbe bene a ricordare chi è l’aggressore in questa vicenda e chi è l’aggredito. Cosa stiamo facendo se non dare agli ucraini la possibilità di resistere e di respingere i russi che sono entrati in armi nel loro territorio, che hanno distrutto le loro case, bombardato le loro infrastrutture e seminato morte e distruzione in ogni dove? Il ruolo della Nato nel conflitto russo-ucraino conferma la natura difensiva dell’Alleanza Atlantica nella misura in cui stiamo aiutando un Paese ingiustamente aggredito a difendersi da uno Stato autoritario che non tollera l’idea di avere una democrazia ai suoi confini, che pensa di poter imporre il suo volere con la violenza e di avere il diritto di esternalizzare i costi delle sue politiche di sicurezza interna sui suoi vicini di casa.



Il neo imperialismo russo porta il nome di Alexader Dugin
Leonardo Tirabassi
4 Ott 2008

https://www.loccidentale.it/articoli/59 ... ader-dugin

Adesso che in Georgia la situazione sul campo è purtroppo chiara – disastrosa sconfitta militare di Tiblisi, occupazione dell’Abkazia e dell’Ossezia del sud, pulizia etnica dei villaggi georgiani in quest’ultima regione, batosta economica, umiliazione dell’alleato americano – diventa urgente elaborare una risposta che limiti i danni e disinneschi una crisi ormai internazionale e costituisca una base di rilancio per una soluzione credibile dell’ennesima crisi caucasica. Per riuscire ad elaborare una simile strategia tutti i paesi occidentali, ma soprattutto quelli europei, devono capire la logica dell’azione russa, comprendere appieno la narrazione e le percezioni che hanno ispirato una reazione così forte e inaspettata. E la non previsione della rabbiosa risposta di Mosca infatti significa una drammatica sola cosa. Che le nostre cancellerie, servizi, analisti e quant’altro non hanno né informazioni né chiavi di lettura degli eventi adatti a leggere la “scatola nera” del Cremlino.

Questa incomprensione delle vicende internazionali è una caratteristiche del dopo ‘89: sembra proprio che “la rivincita della storia” a seguito della chiusura definitiva del “secolo breve” caratterizzato dalla guerra civile europea, e la fine delle ideologie, sia solo uno slogan a cui ricorrere “dopo” che qualche catastrofe è successa. In altri termini, sembra che la storia non fornisca nessun strumento né di previsione né di elaborazione di possibili soluzioni politiche alle tanti crisi in atto. Conclusione drammatica: se così fosse, significa che la politica di cui oggi disponiamo – quella prodotta dagli Stati Uniti, dalla Unione Europea, dalle organizzazioni internazionali e quant’altro – non è in grado di governare gli eventi, che la politica è, in una parola, impotente o per lo meno sempre in ritardo e in affanno. Ripresa della storia vuol dire una cosa soltanto: riscoperta delle forze profonde di lunga durata, architravi della società nei tempi della globalizzazione e capire che ancora una volta, come nel caso dello scontro di civiltà tra occidente e islam, la chiave di volta sta lì nello snodo tra modernizzazione cosmopolita e storie e tradizioni particolari, nei contraccolpi che lo sviluppo del mercato globale provoca nei teatri locali. E’ questo sfondo epocale che disegna e delimita il campo d’azione della politica, delle strategie dei vari attori, uomini in carne ed ossa, trait d’union tra presente e passato, tra innovazione e tradizione con le loro identità composte di storia, sensibilità e percezioni.

Comprendere la portata dei drammatici eventi caucasici vuol dire allora leggere l’aggressione russa contro la Georgia entro un quadro culturale e ideologico della politica estera del gigante eurasiatico che ha attraversato tutte le vicende storiche a partire dall’epoca post napoleonica ad oggi, attraversando anche la Russia sovietica in sostanziale continuità dagli zar alla democrazia autoritaria post comunista di Putin. Si tratta di disegnare un quadro coerente che riesca a spiegare allo stesso tempo la matrice culturale, e sentimentale, delle reali azioni politiche. La parola magica usata dai commentatori in questo caso è “sindrome d’accerchiamento”. La Russia agisce in modo aggressivo a causa della sua naturale situazione geografica, impero terrestre senza confini naturali che lo difendano dalle minacce esterne. È sempre stato così dai tempi di Pietro il Grande a Lenin, che soffocò l’indipendenza della Georgia nel 1921, a Stalin per finire a Putin. Il tratto costante è sempre l’espansionismo territoriale che si afferma per volontà del governo centrale sulla base del nazionalismo russo. La Russia con la sua missione speciale di mondo diverso sia dall’occidente che dall’oriente, sia dal materialismo mercantile che dal mondo barbaro dell’Asia. Come tutte le ideologie, l’appello al ruolo unico di Mosca nella storia serve anche a giustificare e razionalizzare la sua situazione, a dare una spiegazione della cronica arretratezza e delle difficoltà con cui la Russia fa i conti con i processi di modernizzazione.

Anche oggi è così. A riprova si prendano le dichiarazioni dell’ideologo Alexander Dugin, nazional-bolscevico, ammiratore di Evola e Guenon, nonché fondatore del movimento Eurasia, docente di geopolitica all’Accademia militare russa e consigliere di Putin. Una premessa necessaria. La cultura occidentale ufficiale, in modo particolare quella liberal, ha scarsa simpatia e dimestichezza con pensatori e idee non ortodosse e accademiche perché ha bollato il filone conservatore reazionario e tradizionalista, a causa dell’adesione dei suoi ammiratori nel campo della destra nazifascista, come qualcosa di riprovevole, superato e non scientifico, frutto dei deliri irrazionali di qualche folle visionario spesso antisemita. Anche la asistemacità, una certa frammentarietà, una lunga consuetudine con il pensiero esoterico hanno contribuito a isolarlo dall’accademia internazionale esclusa una cerchia limitata di studiosi. A parte la necessità di distinguere tra politica e storia delle ideologie, c’è da dire che questo area di pensiero, che per comodità possiamo definire tradizionalista e misticheggiante, risulta disorganica e difficilmente assimilabile sia al nazifascismo che al comunismo. Lo dimostrano le vicende di un personaggio quale il tedesco Ernst Karl August Niekish, fondatore del nazionalbolscevismo, volontario nella prima guerra mondiale, aderente prima alla socialdemocrazia, poi al nazismo che lo mise in campo di concentramento da cui fu liberato dai russi, iscritto alla SED – il partito comunista della DDR – nella ricerca di un comunismo veramente tedesco e quindi messo al bando anche dai tedeschi dell’est perché approvò gli scioperi di Berlino del 1953. Morì infine nella Germania occidentale nel 1967.

Dugin, in una formula, è la risposta russa alla globalizzazione, è la reazione slava al mercatismo tremontiano. In due interviste, una rilasciata a Marcello Foa sul Giornale dell’11 agosto e l’altra sul Los Angeles Times del 3 settembre, sostiene un quadro coerente e le sue posizioni estremiste, nonostante non siano certamente condivise dall’ala modernizzatrice, costituiscono comunque un orizzonte comune a gran parte del popolo e della leadership russa.

Il punto d’avvio è una visione della politica di potenza, realista, dove la geopolitica, nuova visione del mondo post moderna, al posto dei vecchi “ismi”, occupa il ruolo centrale di tutta la costruzione neotradizionalista per concludersi in un antiamericanismo forsennato. Se gli Stati Uniti sono la nazione con un “destino manifesto”, la Russia non è da meno: ad essa spetta il ruolo di guida dell’alleanza eurasiatica contro lo strapotere atlantico. Ancora una volta terra contro mare, Sparta contro Atene. Nel mondo esistono più poli di potere, ogni popolo ha il suo destino e compito di Mosca è di difendere la propria tradizione ortodossa e slava. Ecco allora la traduzione strategica: alleanza tra i paesi dell’ex Unione Sovietica, riproposizione della logica delle sfere di influenza, asse con la rivoluzione nazionalpopolare dell’ariano Iran, sguardo benevolo verso la Cina. Sembra di riascoltare un disco già sentito: la “grande proletaria”, l’impero romano, l’arci italiano, l’anticapitalismo romantico contro le potenze anglosassoni. Ma non si sorrida sdegnati dall’approssimazioni teoriche o dall’antisemitismo o dalla rozzezza politica: l’uso del petrolio e del gas come armi stanno davanti a noi a rendere credibile qualsiasi sogno o sragionamento.

Rimane per i paesi atlantici, e in modo particolare per quelli europei, il compito di dipanare una matassa internazionale estremamente intricata. Al di là delle superfetazioni retoriche, il senso della sfida è chiaro e verte su uno snodo centrale: la globalizzazione deve portare il sigillo dell’unipolarismo americano? E se così, gli Stati Uniti sono in grado, hanno la forza per mantenersi come unica super potenza imperiale? E per quanto ancora?



Il neonazista russo Alexander Dugin sul podio della Fondazione Konrad-Adenauer (CDU)?
Arndt Ginzel
22 agosto 2022

https://www.facebook.com/arndt.ginzel.9 ... wBA7XsbbAl

Vista l'occasione attuale, ieri ho guardato i miei documenti di ricerca per Dugin. L'estremista di destra è considerato un prepensiero ideologico del movimento eurasiatico, che nel suo cuore mira a creare un'Europa sotto la guida russa. Dugin ha mantenuto stretti rapporti con gli estremisti di destra in Europa per molti anni. Questa foto mi stupisce ancora di più. Secondo il francobollo, la foto è stata scattata nel 2012, due anni prima dell'annessione della Crimea. Dugin aveva i suoi seguaci addestrati in armi a metà degli anni 2000. Alcuni membri del suo movimento eurasiatico si sono uniti ai separatisti filo-russi nel Donbass.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:46 pm

Russkiy Mir: la dottrina di dominio del mondo di Putin
Luca Della Torre
13 Aprile 2022

https://www.corrispondenzaromana.it/rus ... -di-putin/

Il conflitto in Ucraina generato dall’aggressione militare russa ad uno Stato sovrano – in palese violazione di tutti i più importanti trattati politici di diritto internazionale ed ONU, a cui la stessa Russia ha aderito da decenni – non è il frutto di una irrazionale “volontà di potenza” nella mente della intellighentsia legata all’autocrate Vladimir Putin.

Esiste infatti un livello interpretativo di questa guerra di aggressione, che deve essere collegato alla dimensione geopolitica internazionale, un livello interpretativo in realtà assai ben noto da anni alle cancellerie diplomatiche occidentali, alla intelligence degli stati maggiori delle forze armate europee, USA e NATO, ai giuristi ed analisti che seguono il settore delle relazioni internazionali e dei trattati sulla sicurezza e sovranità degli Stati nazionali.

Parliamo di Russkiy Mir, la vera e propria leva strategica ideologica che è alla base del putinismo, inteso come dottrina politica che non condivide nè riconosce i valori filosofici della civiltà cristiana, del primato religioso della Chiesa cattolica di Roma, dell’esperienza storico culturale romano-germanica: insomma, un sistema geopolitico che si contrappone all’Europa ed all’Occidente in nome di un programma in cui l’ideologia panrussa, la mitologia eurasiatica, il misticismo ortodosso e puerili teorie complottiste si fondono pericolosamente.

I pezzi di questo complicato puzzle hanno origine di lunga data. Chi scrive ha insegnato in università russe materie afferenti al diritto internazionale, ai diritti umani ed ai conflitti armati, e può certificare che l’elaborazione del pensiero di Russkiy Mir si sia diffuso trasversalmente ben prima della aggressione alla Ucraina nelle strutture di vertice della società civile russa.

Russkiy Mir ha assunto ufficialmente visibilità quasi vent’anni orsono: nel 2007 Putin nel corso di un suo celebre intervento alla Conferenza di Monaco ha espressamente respinto la possibilità di cooperazione ed integrazione in una piattaforma comune di trattati e accordi secondo i principii di diritto internazionale del rispetto della reciproca sovranità ed integrità territoriale tra Russia e Occidente.

Il complesso melting pot dell’ideologia di Russkiy Mir si basa sostanzialmente su tre concetti: l’esistenza di una unica comunità e civiltà identitaria etnica linguistica e religiosa dominata dal primato politico nazionalista di Mosca, comunità che include autoritariamente anche i cosiddetti “compatrioti”, ovvero tutti i popoli slavi di lingua russa o Paesi che abbiano minoranze russofone all’estero del confine russo: quindi anche ucraini e bielorussi, armeni e kazaki, lettoni ed estoni, georgiani e moldavi, che non avrebbero diritto ad essere riconosciuti come popoli e Stati sovrani. Esemplari sono al riguardo le parole di Putin all’avvio dell’invasione in Ucraina: gli ucraini non sono un popolo e non sono uno Stato, non hanno diritto ad esistere se non sotto il tallone russo.

Il secondo ed il terzo perno di questo pasticciato progetto politico revanscista, oltre alla sottomissione dei popoli confinanti con la Russia, sono l’esaltazione della religione ortodossa come vera incarnazione del mito della Terza Roma, e l’odio viscerale nei confronti del complesso valoriale dei diritti civili e politici dell’individuo, lascito del primato cattolico della centralità della persona umana in contrapposizione alla mistica collettivista propria delle culture asiatiche di cui si imbeve Russkiy Mir.

Nella sfida ai valori ed alla tradizione religiosa e culturale dell’Occidente, dell’Europa in particolare, Putin trova nella Chiesa ortodossa e nel patriarca Kirill un alleato strumentale al potere politico del Cremlino: la fede ortodossa è il braccio spirituale di questo progetto di dominio sul mondo, facendosi portatrice di una feroce carica polemica contro il Cattolicesimo e contro la Chiesa di Roma, in nome di un equivoco pericoloso concetto di Tradizione antitetico al primato del Pontefice romano, pretendendo di incarnare la missione della vera Rivelazione divina che sarebbe stato assegnato al ruolo del patriarcato di Mosca quale Terza Roma.

Secondo la logica anticattolica del patriarca Kirill, alfiere della Chiesa ortodossa per combattere la difesa dei cristiani nel mondo sarebbe il leader Putin, coscienza della comunità panrussa contro l’Occidente, nel solco della tradizionale sinergia bizantina tra Trono ed Altare.

Il terzo perno, infine, di questo pericolosissimo quanto abborracciato brodo di cultura alla base di Russkiy Mir è dato da una pletora di ideologi, intellettuali, pensatori, in realtà di assai scarsa valenza accademica internazionale, che hanno sempre incarnato posizioni estremamente radicali e provocatorie nella elaborazione di una presunta mistica geopolitica euroasiatica nel panorama culturale russo.

Lev Gumilev (1912-1992), il filosofo da Putin, secondo cui le nazioni traggono la loro spinta da raggi cosmici, così che la volontà di esistere dell’Occidente sarebbe quasi esaurita e la Russia, al contrario, avrebbe ancora l’energia per formare un potente stato slavo che abbraccia l’Eurasia e sottomette l’Europa alla missione purificatrice dell’Ortodossia.

Konstantin Leontyev (1831-1891), un monaco ultra-reazionario del 19° secolo, che ammirava gerarchia e monarchia, Trono ed Altare secondo il primato della Terza Roma ortodossa, e aveva in sprezzo la fede cattolica.

Il politologo esperto di relazioni internazionali Serghei Karaganov, che sostiene che il deprecabile crollo dell’Unione Sovietica abbia lasciato interi popoli privi del senso di nazionalità incapaci di affermarsi come Stati sovrani perché le élites politiche di questi popoli sono prive degli elementi storico valoriali che li dovrebbero caratterizzare. Da ciò secondo Karaganov deriva la missione della Russia di costituire una unione euroasiatica, in grado di dirigere e coordinare il bene comune di questi popoli sotto la sua autorevole guida, in partnership con la solida alleanza della Russia con il regime totalitario comunista asiatico in Cina.

Infine, il pittoresco quanto squalificato Aleksander Dugin, docente allontanato dall’Università di Mosca, filosofo e politologo, che incarna una vena delirante mistico-esoterica di ispirazione nazional-socialista, valorizzato in Italia ed Occidente da puerili ambienti di destra radicale. Dugin, intervistato di recente da media italiani, descrive l’invasione dell’Ucraina in questi termini: «Non si tratta solo di denazificare il paese e proteggere il Donbass, è una battaglia contro l’Occidente, cioè l’Anticristo». Nel pantheon del pensiero geopolitico di Russkiy Mir si evidenzia inequivocabilmente, secondo gli analisti e studiosi europei, la matrice del livello ideologico di scontro tra civiltà che ispira il disegno politico del regime di Putin: si tratta di una guerra tra l’Occidente e la Russia, tra l’Occidente e il sogno euroasiatico delle potenze orientali – Mosca ma soprattutto Pechino – di imporre i loro modelli totalitari, atei e collettivisti contro la civiltà millenaria dell’Occidente cristiano.



Il Russkij Mir diventa dottrina, Putin approva la filosofia del “mondo russo”: ecco perché guerra e rapporti con Occidente si complicheranno
https://www.lastampa.it/esteri/2022/09/ ... s-8642506/
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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:46 pm

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Re: I suprematismi del Male

Messaggioda Berto » gio ago 25, 2022 8:46 pm

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