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Il caso di Salman Rushdie e di Bergoglio FrancescoRushdie migliora, staccato dal respiratore, riesce a parlareMondo
13 agosto 2022
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 96024.htmlSono ore di angoscia e apprensione per le condizioni di Salman Rushdie che, dopo essere stato accoltellato tre volte al collo e quattro all'addome durante un festival letterario nello Stato di New York, è ancora ricoverato in condizioni gravi e rischia di perdere l'occhio destro.
La notte scorsa lo scrittore è stato staccato dal ventilatore e riesce a parlare, ma le condizioni sono sempre critiche.
Intanto cominciano a montare le polemiche sulla mancanza di protezione per un uomo che vive da oltre 30 anni sotto la minaccia dell'estremismo islamico.
La Casa Bianca ha condannato "l'orribile attacco" avvenuto su suolo americano e ha fatto sapere che prega per Rushdie. Nessuna informazione ufficiale sul movente dell'attacco ma l'aggressore, un 24ennne nato in New Jersey da genitori libanesi, sembra essere vicino all'estremismo sciita e ai pasdaran iraniani. L'ultimo aggiornamento sulle condizioni dell'autore dei 'Versi Satanici' risale ormai a diverse ore fa. E' stato il suo agente, Andrew Wylie, a dare le informazioni via email. "Le notizie non sono buone. Salman è attaccato a un respiratore, in questo momento non è in grado di parlare", ha fatto sapere l'agente dello scrittore rivelando che le sue condizioni sono più gravi di quanto si potesse immaginare. "Probabilmente perderà un occhio, i nervi del suo braccio sono stati recisi e il suo fegato è stato ferito e danneggiato".
Salman Rushdie, iraniani felici per l'attacco allo scrittore
Dopo il premier britannico Boris Johnson e il presidente francese Emmanuel Macron, è arrivata anche la condanna del presidente americano. "Salman Rushdie, con la sua visione dell'umanità, con il suo impareggiabile senso per la storia, con il suo rifiuto di essere intimidito o messo a tacere, rappresenta ideali essenziali e universali. Verità. Coraggio. Resilienza. La capacità di condividere idee senza paura. Questi sono gli elementi costitutivi di qualsiasi società libera e aperta", ha affermato Joe Biden in una nota. "Oggi riaffermiamo il nostro impegno nei confronti di quei valori profondamente americani in solidarietà con Rushdie e tutti coloro che sostengono la libertà di espressione", ha sottolineato.
"Gli Stati Uniti e il mondo hanno assistito a un attacco orribile contro lo scrittore Salman Rushdie. Questo atto di violenza è spaventoso", ha affermato in una nota il Consigliere per la sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan. "Tutti noi nell'amministrazione Biden-Harris preghiamo per la sua pronta guarigione", ha aggiunto esprimendo gratitudine ai "bravi cittadini e soccorritori che hanno aiutato così velocemente Rushdie dopo l'attacco e alle forze dell'ordine per il loro lavoro efficace".
'I Versi Satanici' è di certo il libro più noto di Salman Rushdie, ma anche quello che gli ha rovinato la vita. Da Khomeini a Khamenei una vendetta promessa, tra decine di morti (ANSA)
In effetti stando alla ricostruzione della polizia, sono state proprio le persone presenti nella sala del Chautauqua Institution, dove Rushdie stava per prendere la parola, a bloccare Hadi Matar prima dell'arrivo degli agenti. E questa circostanza ha scatenato le critiche contro gli organizzatori per la mancanza di sicurezza a un evento al quale partecipava un uomo che rischia la vita dal 1989. Molti dei presenti hanno denunciato come all'ingresso non ci fossero né metal detector né controlli delle borse tanto che un uomo in possesso di un coltello è riuscito a entrare e sedersi tra il pubblico come un normale spettatore. E' emerso inoltre che in sala ci fossero solo due agenti della sicurezza, uno dei quali alla fine è riuscito ad arrestare Matar.
Salman Rushdie attaccato al respiratore, rischia un occhio
Il giovane è stato rinchiuso nel carcere locale ed è accusato di tentato omicidio di secondo grado. Ancora nulla, invece, sul movente ma comincia a farsi largo la pista dell'estremismo islamico. Da un'analisi dei social media dell'aggressore, che è nato in California da immigrati libanesi, emerge una vicinanza alla Guardia rivoluzionaria islamica iraniana, nella lista nera Usa delle organizzazioni terroristiche. In un'app di messaggi sul suo telefono sono state trovate quattro foto di Qassem Solemani, il generale iraniano capo delle forze speciali Al Quds, braccio armato dei pasdaran, ucciso da un drone americano in Iraq nel gennaio 2020. E sul suo account Facebook una foto dell'ayatollah Khomeini, autore della fatwa contro Rushdie e colui il quale offrì per la morte dello scrittore una ricompensa da 3 milioni di dollari, e dell'ayatollah Khamenei. Inoltre, durante una perquisizione gli è stata trovata una patente falsa intestata a un 'martire' di Hezbollah, Imad Moghniyé, il comandante militare del gruppo ucciso nel 2008 a Damasco. Ma il movimento radicale sciita sostiene di non sapere niente di lui.
Alberto PentoIl traduttore giapponese dei Versetti Satanici di Salman Rushdie è stato accoltellato a morte nel luglio del 1991. Il traduttore italiano del romanzo è stato accoltellato a Milano un mese dopo. Il traduttore turco è stato il bersaglio di un rogo nel 1993, lui è sopravvissuto, 37 persone sono morte arse vive. Il traduttore norvegese è stato ferito gravemente a colpi di pistola. Per anni abbiamo ignorato il fascismo islamico che ieri ha cercato di nuovo di ammazzare Rushdie.
Ci sono innumerevoli Rushdies nel mondo. Chiunque osi criticare l'Islam vive una vita pericolosa.https://www.nzz.ch/feuilleton/es-gibt-u ... duced=trueIl mio insegnante in Egitto ha definito Salman Rushdie "un cane". Da bambino, come molti musulmani, odiavo lo scrittore, finché non ho letto personalmente i suoi "Versi satanici".
Dietro l'odio per Rushdie c'è un odio profondo per la cultura occidentale.
"Quindi lei è il Salman Rushdie egiziano di cui tutti parlano?", mi chiese Salman Rushdie con un sorriso al nostro primo e unico incontro a Berlino tre anni fa. Si trattava di una celebrazione del trentennale della caduta del Muro di Berlino, che coincideva con il 30° anniversario della fatwa emessa contro Rushdie dall'Ayatollah Khomeiny. "Trent'anni fa c'era un solo Salman Rushdie nel mondo, oggi c'è almeno un Salman Rushdie in ogni Paese islamico, per non parlare di quelli occidentali. Questo dovrebbe renderti felice", risposi.
Rushdie era composto, spiritoso, ma rifiutava con veemenza il ruolo di eroe e di modello. Non voleva essere ridotto alla fatwa, si è presentato all'evento senza una guardia del corpo e voleva semplicemente essere percepito come un romanziere. Gli ho detto che trent'anni fa lo odiavo senza aver letto una sola sua parola. Oggi, però, sono un suo grande ammiratore, non per la fatwa di morte, ma per i suoi grandi romanzi come "L'ultimo sospiro del Moro" e "I figli della mezzanotte".
Un cavaliere musulmano contro Satana
Nel 1989, frequentavo ancora il liceo in un villaggio egiziano quando Khomeiny chiese la morte di Rushdie. Il nostro insegnante di arabo sosteneva che uno scrittore indiano di nome Salman Rushdie, pagato dall'Occidente, aveva insultato il profeta Maometto chiamandolo "cane". Ha citato una poesia del famoso poeta egiziano Farouk Gouida in cui quest'ultimo critica Rushdie e lo accusa di aver bestemmiato l'Islam e il suo Profeta. Il poeta descriveva Rushdie come una persona il cui cuore era posseduto dal diavolo e profetizzava che un giorno un cavaliere musulmano avrebbe tagliato la sua testa satanica.
Sì, non è stato un ecclesiastico ma un poeta, tra tutti, a suscitare il mio odio per Rushdie. In quanto musulmano devoto che venerava il Profeta, all'epoca non avevo altra scelta che odiare Rushdie, proprio come tutti gli altri intorno a me. Alla fine dello stesso anno ho iniziato a studiare letteratura inglese al Cairo e in seguito mi sono imbattuto in una copia di contrabbando de I versetti satanici. Non ho trovato nulla che giustifichi il grande odio contro Rushdie. Era un romanzo di realismo magico come le opere di Gabriel García Márquez, solo con un tocco di umorismo britannico e un pizzico di narrazione indiana.
Quando venerdì sera ho saputo dell'attentato a Salman Rushdie, sono rimasto scioccato, arrabbiato e profondamente colpito. Per prima cosa ho pensato a lui, un uomo di 75 anni in bilico tra la vita e la morte, che non ha commesso alcun crimine se non quello di esercitare il suo diritto alla libertà artistica. Poi ho pensato al poeta egiziano che, all'epoca, non si era schierato a favore della libertà di parola di uno scrittore, ma aveva appoggiato la folla inferocita e previsto l'esecuzione di Rushdie.
Chi sarà il prossimo?
Questo poeta è ancora considerato un eccellente intellettuale, non un islamista, anche se molti dei suoi pensieri sono profondamente radicati nell'islamismo. Poi ho pensato a me, uno scrittore che critica l'Islam con molta più veemenza di Rushdie e che per questo riceve continue minacce di morte. Ho pensato a quel giorno in cui un funzionario dell'Ufficio di Polizia Criminale di Berlino è venuto da me e mi ha detto che d'ora in poi sarei stato sotto protezione della polizia per ventiquattro ore, mi ha dato un giubbotto antiproiettile e mi ha detto che d'ora in poi avrei dovuto indossarlo durante le mie lezioni, perché le minacce di morte contro di me stavano diventando sempre più concrete e c'erano piani per metterle in pratica.
Tutto perché avevo osato scrivere un libro intitolato "Fascismo islamico". Ho pensato ai numerosi casi in cui il personale di sicurezza, perquisendo le borse degli ospiti prima delle mie lezioni, ha confiscato oggetti metallici che potevano essere usati come armi. E delle molte volte in cui sono stato aggredito in strada a Berlino, nonostante fossi scortato dalla polizia. Delle tante notti di paura e disperazione.
Sarò la prossima vittima? Una domanda che mi è venuta in mente automaticamente dopo l'attacco a "Charlie Hebdo", poi di nuovo dopo la decapitazione dell'insegnante francese Samuel Paty, che aveva osato mostrare le vignette di Maometto nella sua classe, e ora dopo l'attentato a Salman Rushdie.
Deve esserci per forza una prossima vittima? Dove si trova la fonte dell'errore? Si tratta forse di un'ideologia e di una teologia della violenza che prospera da secoli nel cuore dell'Islam e che non può essere fermata? Oppure perché la politica occidentale nasconde la paura del terrorismo e la preoccupazione per le relazioni economiche con i Paesi musulmani dietro il rispetto, la tolleranza e la diversità?
O è perché la maggior parte delle persone qui non si preoccupa troppo della libertà? Perché va bene criticare Gesù, Mosè e Buddha, ma non Maometto? Perché un salafita può vivere e predicare indisturbato in Occidente, mentre ogni critico dell'Islam deve temere per la sua vita qui? Perché i critici dell'Islam sono considerati disturbatori nel paradiso multiculturale, anche se professano i valori occidentali e anche se questa dottrina multiculturale offre oggi molti rifugi agli islamisti?
Auguri di pronta guarigione dal mondo arabo
Dopo una notte insonne, ero stufo dei giornali tedeschi che continuavano a riportare che i motivi dell'assassinio di Rushdie erano ancora sconosciuti. Mi sono chiesto cosa avessero da dire i letterati e gli intellettuali del mondo arabo sull'assassinio, così ho visitato i loro account sui social media e sono rimasto sorpreso nel vedere che alcuni di loro sostenevano Salman Rushdie e gli auguravano una pronta guarigione.
Hanno sottolineato che si deve rispondere ai pensieri solo con i pensieri. Questo mi ha dato un po' di speranza. Ma leggendo, sono rimasto deluso. Molti hanno condannato l'attacco, ma hanno insistito sul fatto che anche il romanzo di Rushdie "I versetti satanici" fosse un crimine perché ferisce i sentimenti dei musulmani.
La maggioranza assoluta non pensava al vecchio in bilico tra la vita e la morte, ma vedeva che la propria religione era la vera vittima dell'attacco. Temevano che l'incidente potesse danneggiare l'immagine dell'Islam e gettare acqua sul mulino dell'islamofobia in Occidente. Le loro opinioni erano espressione di infantilismo, egoismo e mancanza di senso di responsabilità, che considero molto più pericolosi dell'islamismo stesso. Stiamo parlando dell'élite intellettuale, non dei cittadini medi che spesso reagiscono in modo irrazionale alle critiche.
Rivestimento laico
Questa élite continua a nascondere la testa sotto la sabbia e si preoccupa più dell'immagine dell'Islam che delle vittime della violenza islamista. Non è in grado di indicare le vere cause della miseria. La scrittrice siriana Mais al-Kridi ha definito Rushdie volgare e razzista. Il suo libro, ha detto, mira solo a insultare 1,5 miliardi di musulmani. Il giornalista e presentatore di Al-Jazeera Nazih al-Ahdab ha scritto su Facebook: "Sono contro l'omicidio, ma sono anche contro Salman Rushdie". Ha detto che lo scrittore era troppo insignificante perché un giovane passasse la vita in prigione a causa sua.
Dietro l'odio per Rushdie c'è un odio profondo per l'Occidente e per tutto ciò che ne deriva. Molti membri dell'élite sono cresciuti con il discorso islamista fin dai primi giorni di vita e, anche se si dichiarano laici, le fondamenta del loro pensiero rimangono islamiste. Non si rendono conto di dove sia il problema. Una diagnosi sbagliata porta sempre a una medicina sbagliata, come è avvenuto negli ultimi decenni. Sostengono che il problema viene dall'esterno, dall'atteggiamento dell'Occidente verso l'Islam, invece che dall'atteggiamento dell'Islam verso l'Occidente e il mondo in generale. Una tattica comune è quella di vedere Salman Rushdie come parte di un programma occidentale per minare l'Islam. Alcuni arrivano persino a paragonarlo all'Isis e a Osama bin Laden per evitare di simpatizzare con lui. Usano le stesse vecchie tattiche per screditare tutti i critici dell'Islam.
Così il fondamentalismo si scatena e l'odio supera i confini del mondo islamico e colpisce luoghi come New York, Londra, Berlino e Parigi. Questo odio è trasversale a tutte le classi e trascende anche le generazioni. L'autore dell'attacco a Rushdie ha 24 anni. Ciò significa che è nato anni dopo il libro di Rushdie e dopo la fatwa di Khomeiny. Eppure ha sentito il dovere di mettere a tacere Rushdie per sempre, perché l'odio si trasmette di generazione in generazione.
Ovunque manca la razionalità
Non mi ha sorpreso leggere commenti pieni di odio, gongolamenti e teorie cospirative da parte di musulmani comuni, ma è stato scioccante vedere intellettuali - che a loro volta chiedono sempre più libertà di espressione nei loro Paesi - non solo abbandonare un collega scrittore, ma anche istituire un tribunale per lui mentre giace ferito in un'unità di terapia intensiva. Questo mi ha in qualche modo ricordato le reazioni di alcuni intellettuali tedeschi che, all'epoca del caso Rushdie, invece di essere solidali con il loro collega minacciato di morte, sottolinearono che il suo romanzo non era buona letteratura, come se la libertà di espressione fosse legata alla qualità letteraria dell'opera.
Abbiamo a che fare con uno Zeitgeist in cui la razionalità gioca un ruolo sempre più piccolo in Occidente e in Oriente. In questo vuoto creato dall'assenza di ragione, le ideologie radicali identitarie si diffondono e costruiscono centri di potere a cui non rinunciano. Lo Stato è impotente e non ha concetti. Ecco perché i redattori di "Charlie Hebdo", poi Samuel Paty e ora Salman Rushdie sono diventati vittime di un multiculturalismo squilibrato. Ed è per questo che ci sarà una prossima vittima, purtroppo!
di Hamed Abdel-Samad, politologo tedesco-egiziano e autore di libri.
Eroi e martiri della libertà e dell'umanitàviewtopic.php?f=102&t=2976 https://www.facebook.com/Pilpotis/posts/972910339952403 Apostati dell'Islam, eroi dell'umanitàhttp://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=1922 Je suis Theo van Gogh - Je suis Charlie Hebdo - Je suis Magdi Allam - Je suis Asia Bibi - Je suis Mila - Je suis Samuel Patyviewtopic.php?f=205&t=2920 https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674
Criticare l'Islam è una necessità vitale primaria, un dovere civile universale prima ancora che un diritto umano;
poiché l'Islam è il nazismo maomettano.Non va solo criticato ma denunciato, contrastato, perseguito e bandito.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2811 La blasfemia vera è quella che sta alla base delle religioni, ossia la presunzione sacrilega di detenere il monopolio di Dio, dello Spirito Universale;
questa blasfemia è la fonte di ogni male, specialmente laddove questa presunzione demenziale si accompagna alla mostruosa e disumana violenza coercitiva.
L'odio e la violenza sono intrinseci all'Islam, a Maometto e al Corano, vanno denuciati, perseguiti e banditi come il male assoluto.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6248299139 SALMAN RUSHDIE, JK ROWLING MINACCIATA DA ISLAMICI: “SEI LA PROSSIMA”Pesanti minacce a JK Rowling, l’autrice della serie fantasy su “Harry Potter”, per aver condannato l’attacco al collega scrittore angloindiano Salman Rushdie. La scrittrice aveva condiviso un tweet in cui esprimeva orrore per l’attentato alla vita del 75enne collega. “Notizie orribili. Mi sento molto male in questo momento. Auspico che stia bene”, aveva postato.
Un utente islamico ha commentato questo post, dicendo “Non preoccuparti, sei la prossima”, dopo aver definito Matar – il terrorista islamico dell’aggressione – come un “combattente islamico”.
Rowling ha condiviso lo screenshot del commento e ha chiesto a Twitter di prenderne atto. “Qualche possibilità di aiuto?”, ha scritto, per poi precisare successivamente che la polizia è stata coinvolta nella vicenda.
Quei Rushdie d'Europa, fantasmi della nostra libertàGiulio Meotti
13 agosto 2022
https://meotti.substack.com/p/quei-rush ... asmi-dellaNon sappiamo neanche che esistono perché la nostra stampa conformista e timorata non racconta mai le loro storie incredibili. Vivono in mezzo a noi, a Parigi, a Londra, a Oslo, a Copenaghen, a Berlino, ad Amsterdam e in tutte le altri capitali europee. Vivono secondo un dispositivo di sicurezza militare: devono dire in anticipo alla polizia cosa faranno durante la giornata, chi vedranno e quali locali intendono frequentare e, nel caso non sia ritenuto sicuro, sono costretti a cambiare programma. Spesso, se c’è una minaccia nuova, cambiano anche casa, scompaiono per un po’, protetti dall’anonimato. Non sono pentiti di mafia, sono accademici, attiviste, scrittrici, giornalisti, intellettuali. Parliamo di oltre cento personalità in Europa. La loro “colpa”? Aver criticato l’Islam. Le loro precauzioni per proteggersi non sono mai troppe. Salman Rushdie aveva smesso di essere protetto da molti anni.
Un professore di origine iraniana, Afshin Ellian, lavora all'Università di Utrecht, in Olanda, dove è protetto da guardie del corpo. Al secondo piano del dipartimento di Diritto, dove insegna, si arriva attraverso un corridoio con accesso elettronico e vetri blindati; sembra una banca, più che in un normale dipartimento di Diritto. Quando gli ho fatto visita mi ha aperto un poliziotto, che mi ha fatto entrare dopo avermi controllato lo zaino e avermi perquisito. In Danimarca è sotto protezione Lars Hedegaard, il direttore della International Free Press Society, sopravvissuto miracolosamente a un attentato sotto casa. Un uomo lo ha avvicinato vestito da postino e gli ha sparato alla testa, mancando di un pelo il bersaglio. Una esecuzione in piena regola di fronte alla casa dell’intellettuale in un quartiere borghese di Copenaghen.
La scrittrice turca Lale Gül, racconta Le Monde, per aver denunciato le scuole coraniche della Turchia in Olanda è finita sotto scorta. Siamo nel paese dove l’artista iraniana Sooreh Hera doveva esporre in un museo dell’Aia una serie di opere fotografiche che ritraevano Maometto e Alì. “Ti bruceremo viva”, “abbiamo ucciso una volta siamo pronti a farlo una seconda…”. Kadra Yusuf, giornalista somala, si è infiltrata nelle moschee di Oslo per denunciare gli imam e vive sotto protezione. La giornalista francese Zineb El Rhazoui ha più guardie del corpo di molti ministri di Macron. "Bisogna uccidere Zineb El Rhazoui per vendicare il Profeta", recita una fatwa. Non è difficile capire perché a Le Point Rhazoui abbia confessato: “Sono arrivata in un momento del mio viaggio in cui sento l'urgente bisogno di uscire dal combattimento”.
Un accademico francese è finito sotto la protezione per aver voluto discutere un argomento tabù in Francia: il concetto di “islamofobia”. Alla celebre Università Sciences Po a Grenoble, definito "islamofobico" e "fascista", l’accademico Klaus Kinzler è sotto scorta. Fra le accuse, quella di “ricordare le origini cristiane della Francia".
Il nuovo indirizzo del giornale Charlie Hebdo è sconosciuto e, come ha rivelato uno dei sopravvissuti alla strage del 7 gennaio 2015 Fabrice Nicolino (era accanto a Bernard Maris, ucciso nell’attacco), oggi la sede di Charlie ha sei porte blindate, un sistema a raggi X e una panic room, in cui devono entrare se sentono rumori sospetti. Come tutti i giornali, Charlie non può permettersi di perdere copie. Ma per un motivo diverso dagli altri. “E’ normale per un giornale di un paese democratico che più di una copia su due venduta in edicola finanzi la sicurezza dei locali in cui i giornalisti lavorano?”, ha chiesto il direttore, “Riss”. Lo stato francese non protegge i locali, è responsabile esclusivamente della protezione delle persone. Ogni dipendente di Charlie è sempre accompagnato da un’auto con a bordo due poliziotti. E se la minaccia sale, arriva un’altra moto o auto blindata.
In Germania ci sono decine di personalità sotto scorta, come il sociologo Hamed Abdel Samad. Non ricopre cariche pubbliche, ma questo intellettuale di origine egiziana vive sotto la più stretta protezione della polizia come i più alti vertici della politica, sorveglianza a 360 gradi 24 ore su 24. Nessuna residenza permanente, spostamenti in veicoli blindati, ufficiali armati. Non si muove senza scorta Mina Ahadi, che ha fondato il Consiglio degli ex musulmani, coloro che hanno abbandonato l’Islam compiendo “apostasia”, reato passibile di pena di morte in decine di paesi musulmani. Il sociologo tedesco Bassam Tibi è sotto sorveglianza. Come Fatma Bläser, vittima di un matrimonio forzato e autrice del romanzo Hennamond, protetta dalla polizia. L’avvocato di origine turca Syran Ates è protetta da sei agenti della polizia a Berlino. “Riceve tremila di minacce”, ha rivelato l’avvocato. Ates non è nuova alle minacce. Chiuse il suo studio legale a Kreuzberg, il “quartiere turco” di Berlino, sospendendo la collaborazione con i due consultori che offrivano assistenza alle donne musulmane dopo che, fuori dal metrò, venne aggredita dal marito di una cliente che voleva divorziare. Le gridò “hure!”, puttana. Seyran Ates si è beccata anche una pallottola alla gola (i segni di quell’attentato se li porta ancora dietro). I lupi grigi volevano mettere a tacere questa splendida dissidente islamica nata a Istanbul e cresciuta a Berlino. Ma Ates non era destinata a finire come il giornalista armeno Hrant Dink. Il proiettile si fermò tra la quarta e la quinta vertebra. Ates ci ha messo cinque anni per riprendersi dalle ferite. Quando Can Dündar, il più coraggioso giornalista turco, corsaro direttore di Cumhuriyet (l’unica testata turca che ha espresso solidarietà con Charlie Hebdo), ha lasciato Ankara alla volta della Germania, non avrebbe mai immaginato di aver bisogno anche a Berlino della protezione della polizia. Con la differenza che, in Turchia, i poliziotti perquisivano la sua casa in cerca di articoli compromettenti, mentre a Berlino sono a guardia della sua abitazione.
In Danimarca c’è un giornale, il Jyllands Posten, la cui redazione assomiglia oggi a un bunker militare. Nel 2006 pubblicò le vignette su Maometto. Circondata da una barriera di filo spinato, sbarre, lastre metalliche e telecamere che circondano per un chilometro il giornale, la redazione è protetta dallo stesso meccanismo delle chiuse dei fiumi. Si apre una porta, entra una macchina, la porta si richiude e si apre quella di fronte. I giornalisti entrano uno alla volta, digitando un codice personale (una misura che non ha protetto i giornalisti di Charlie Hebdo). Numerosi dipendenti del quotidiano hanno dovuto lasciare il giornale a causa di un forte stress psicologico. I loro vignettisti sono scampati a numerosi attentati, anche dentro casa.
Sotto scorta è Mohammed Sifaoui, giornalista franco-algerino, la sua foto e il suo nome pubblicati sui siti jihadisti accanto alla scritta “apostata”. “Non potrai ritardare la tua ora”. Molte scortate sono donne, da Marika Bret, “esfiltrata” di casa, e la turca Claire Koc. O la giornalista Ophélie Meunier, la reporter di Zone Interdite che ha filmato in prima serata tv l’islamizzazione di Roubaix assieme al giurista Amine Elbahi, che ha ricevuto minacce di decapitazione.
Non si tratta solo di politici come Marine Le Pen o di giudici come Albert Lévy, titolare di inchieste sui fondamentalisti islamici. Ci sono semplici insegnanti come Fatiha Agag-Boudjahlat, che ha rimproverato alcuni studenti di non aver rispettato il minuto di silenzio durante l'omaggio a Samuel Paty. E imam come Hassen Chalghoumi, inserito in “Uclat 2”, il programma di protezione di cui beneficiano gli ambasciatori di Stati Uniti e Israele a Parigi. Un professore ha raccontato la sua ultima visita a Trappes per un documentario tv: “Mi è stata concessa solo una ripresa di cinque minuti davanti alla stazione di polizia, circondato da una dozzina di agenti. Il resto del tempo sono dovuto rimanere nascosto in auto. Uno dei poliziotti mi ha detto: ‘Se tirano fuori i kalashnikov, non abbiamo niente con cui rispondere, quindi non resteremo a lungo’. Il giornalista voleva che dicessi qualche parola davanti alla scuola, ma la polizia ha rifiutato per motivi di sicurezza. Mi è stato permesso passarci davanti senza fermarmi. Sono stato scortato in un albergo, il cui ingresso era sorvegliato da quattro agenti di polizia, per condurre l'intervista”.
“Dateci la sua testa”, hanno urlato gli islamisti fuori dalla scuola inglese a Batley. Volevano uccidere un insegnante di cui non conosciamo neanche il nome e costretto a lasciare la scuola oggetto di pesanti minacce di morte reo di aver mostrato in classe le vignette su Maometto durante una lezione sulla libertà di espressione, che ora vive in una "casa sicura" con sua moglie e i figli a causa del timore di essere uccisi. La minaccia è giudicata così grave che nemmeno i loro parenti sanno dove vivono. “Le finestre della casa dove l’insegnante ha vissuto per più di otto anni sono coperte di lenzuola bianche”.
Adesso è un po’ più chiaro che, assieme alla cancel culture di civiltà, l’Islam radicale è oggi la principale minaccia alla cultura occidentale? Stiamo diventando come dei tacchini che celebrano il giorno del Ringraziamento.
Salman Rushdie è un uomo libero?Pubblichiamo un articolo a firma di Daniel Pipes scritto dall’autore il 2 ottobre 1998 che risulta oggi di presciente attualità.
Daniel Pipes
14 Agosto 2022
http://www.linformale.eu/salman-rushdie ... mo-libero/Il 24 settembre 1998, a soli due giorni dal decimo anniversario della pubblicazione de I versi satanici di Salman Rushdie, il ministro degli Esteri iraniano Kamal Kharrazi ha fatto una dichiarazione importante alla presenza del suo omologo britannico, dicendo: “Il governo della Repubblica islamica dell’Iran non ha alcuna intenzione di prendere qualsiasi misura né di minacciare la vita dell’autore de I versi satanici o di qualsiasi altra persona legata al suo lavoro, e di non voler incoraggiare o aiutare chiunque a farlo. Di conseguenza, il governo si dissocia da ogni ricompensa offerta a questo riguardo e non finanzia nessuna iniziativa in tal senso”.
Molti commenti su questo episodio sono stati pressoché entusiastici. Ad esempio, la Radio Pubblica Nazionale ha concluso che “le minacce di morte sono ora ufficialmente revocate. (…) Rushdie sta per riprendersi la sua vita”. Lo stesso Rushdie non avrebbe potuto essere più euforico: “Sembra che sia finita. Significa tutto, significa libertà. È stato raggiunto un risultato straordinario”. Lo scrittore ha ammesso che potrebbero esserci ancora uno o due “sedicenti estremisti” in Inghilterra, ma ha affermato che non avevano importanza.
Al primo impatto, la dichiarazione di Kharrazi sembra segnare un sostanziale passo indietro rispetto all’editto di morte emesso dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini contro Rushdie nel febbraio 1989. Ma come ogni documento accuratamente elaborato, l’osservazione di Kharrazi deve essere letta con attenzione: più viene analizzata in dettaglio, meno cambiamenti rappresenta.
Ma cosa dice la dichiarazione di Kharrazi? La dichiarazione consta di tre parti:
Teheran non tenterà di uccidere Rushdie o altri collegati a I versi satanici. Questo non apre nuovi orizzonti. Da anni Teheran dice al Regno Unito e ad altri Paesi europei che, sebbene l’editto non possa essere formalmente revocato, non ha alcuna intenzione di rendere operativa la sentenza. Già nel giugno 1989, pochi giorni dopo la morte di Khomeini, un portavoce non ufficiale iraniano a Londra, Kalim Saddiqui, annunciò che mentre la minaccia di morte non sarebbe stata formalmente revocata, Teheran “è pronta a lasciar cadere la questione”. Gli iraniani hanno più volte ripetuto questa formulazione. In quella che probabilmente è la più forte dichiarazione di questo tipo, Ali Ahani, direttore generale per l’Europa occidentale presso il ministero degli Esteri di Teheran, ha affermato nel dicembre 1997 che l’editto Rushdie “è una questione puramente religiosa, con la quale il governo iraniano non ha nulla a che fare”. Questo messaggio è stato chiaramente ascoltato in Occidente. Quando è stato chiesto nell’aprile 1997 al ministro degli Esteri tedesco Klaus Kinkel quali benefici ha ottenuto il dialogo critico dell’Europa con l’Iran, Kinkel ha indicato come un risultato “la promessa verbale che l’Iran non invierà alcun commando killer contro lo scrittore Salman Rushdie”.
Teheran non incoraggerà altri a uccidere Rushdie. In passato, i funzionari iraniani hanno chiarito solo occasionalmente questo punto, ma lo hanno fatto. Nel maggio 1997, l’ambasciatore iraniano in Ungheria ha affermato chiaramente che “i leader iraniani non hanno mai detto o suggerito che qualcuno dovrebbe uccidere questa persona”, riferendosi a Rushdie.
Teheran si dissocia dal fatto di essere a conoscenza dei 2,5 milioni di dollari proposti dalla Fondazione 15 Khordad per l’esecuzione dell’omicidio di Rushdie. Teheran aveva già chiarito questo punto. Ad esempio, nel febbraio 1997, l’allora presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani ha dichiarato: “Questa fondazione è un’istituzione non governativa e le sue decisioni non sono legate alle politiche del governo”.
Cosa non dice il documento. Non meno importante è quello che non dice la dichiarazione di Kharrazi. La cosa più rilevante è che il ministro degli Esteri iraniano non ha riprovato l’editto né in qualche modo lo ha limitato, e non ha messo in discussione l’editto né ne ha contestato la validità come base della politica del governo. In effetti, c’è un accordo quasi unanime tra l’élite iraniana che il decreto contro Rushdie è:
Una sentenza permanente. L’Islam sciita duodecimano, il tipo praticato in Iran, distingue tra due tipi di enunciazioni religiose, la fatwa e l’hukm, con la prima che rimane valida solo durante la vita dell’autorità religiosa che la pronuncia e il secondo che continua a essere valido oltre la morte dell’autorità sapienziale che l’emette. Negli ultimi dieci anni, i portavoce iraniani hanno ritenuto all’unanimità la sentenza su Salman Rushdie un hukm. Pertanto, l’Ayatollah Abdallah Javadi-Amoli ha dichiarato nel febbraio 1997: “Questa non è una fatwa che si è estinta con la morte del leader religioso che l’ha emessa. (…) È un hukm permanente e resterà in vigore fino a quando non sarà eseguito”. I media iraniani hanno ribadito questo punto, a volte citando espressamente la distinzione tra hukm e fatwa. La radio di Teheran ha affermato nel luglio 1998, ad esempio, che “ciò che l’imam [cioè Khomeini] ha emesso contro Rushdie era un hukm, una sentenza esplicita di natura irrevocabile che ha una portata più ampia di una fatwa”.
Al di là della competenza del governo ad apportare modifiche. Mahmud Du’a’i, vicepresidente della commissione per gli Affari Esteri del Parlamento iraniano, ha definito la condanna a morte di Rushdie “un decreto religioso immutabile”. Il portavoce del ministero degli Esteri ha concordato: “Una fatwa emessa da un supremo giurista religioso è irrevocabile”. E l’Ayatollah Ahman Jannati, a capo di diversi potenti organi di governo, ha dichiarato: “La questione [di Salman Rushdie] è stata definitivamente decisa dall’imam e nessuno ha l’autorità di revocare la fatwa dell’imam”.
Politica governativa. Ad un certo punto nel 1997, il principale negoziatore dell’Iran con Londra, Muhammad Javad Larijani, ha cercato di dissociare il regime dall’editto di Khomeini citando lo stesso Khomeini: “Ho espresso le mie opinioni come seminarista e il governo dovrebbe seguire la propria strada sulla base dei propri calcoli”. In risposta, il primo ministro al momento dell’emanazione dell’editto nel 1989, Mir-Hoseyn Musavi, ha replicato con veemenza: “Non solo l’imam non ha detto una cosa del genere al governo, ma mi ha inviato un messaggio invitando anche il governo ad adottare una posizione su questo tema (…) lo stesso giorno in cui è stato emesso l’editto dell’imam”. Musavi ha continuato a dire come avesse eseguito gli ordini di Khomeini e segnalato al suo governo di “attuare qualsiasi azione appropriata” contro Rushdie.
Conclusioni: la dichiarazione di Kharrazi si limita a riaffermare una posizione iraniana ormai logora e che in nessun modo apre nuovi orizzonti. Perché allora la dichiarazione di Kharrazi ha ottenuto un’accoglienza così importante? L’Associated Press ha colto nel segno: “Kharrazi e [il ministro degli Esteri britannico Robin] Cook hanno cercato di presentare la mossa come qualcosa di nuovo e significativo, come un modo per migliorare i legami che sono rimasti tesi sulla questione”. E perché una tale spinta a migliorare i legami? Difficilmente si può fornire una risposta migliore che citare quanto affermato dallo stesso Salman Rushdie nel 1997: “Quando è il formaggio feta danese o il manzo irlandese halal a interferire con la Convenzione europea dei diritti umani, è difficile che sia la libertà d’espressione a prevalere”. Il richiamo del mercato iraniano, per quanto piccolo, è forte.
Infine, un invito alla prudenza rivolto a Salman Rushdie. Farebbe bene a moderare il suo entusiasmo in merito a quest’ultima dichiarazione iraniana. Per più di nove anni gli iraniani hanno promesso che l’editto di Khomeini non sarebbe stato rispettato, eppure lo stesso Rushdie ha rivelato nel 1997 che il Foreign Office britannico lo aveva informato più volte di “tentativi reali” di attentare alla sua vita. E gli agenti del governo iraniano sono solo una potenziale fonte di assassini; un’altra è costituita dai devoti accoliti dell’Ayatollah Khomeini. Molti musulmani fondamentalisti tengono il defunto leader iraniano in grande considerazione e non consentono ai semplici burocrati di vanificare la sua sentenza. Per loro, la condanna a morte rimane un’eredità irrevocabile di Khomeini, ben oltre il controllo degli apparatchik di Teheran.