Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:09 pm

17)
Ron DeSantis, il repubblicano che piace ai republicani antitrumpiani e ai democratici è quanto meno sospetto.


Trump è stato un presidente tutto d'un pezzo e perciò fortemente divisivo, poco accomodante, non incline al facile compromessi, odiato profondamente dai democratici per le sue politiche:
anti Politicamente Corretto,
anti invasione clandestina,
anti tasse e anti spesa pubblica scriteriata a debito, anticomuniste e antisocialiste,
anti demenzialità LGBT,
anti nazifascismo BLM e il suprematismo nero,
anti le demenziali Teorie della Razza e del Gender,
contro la libertà dell'aborto omicida non motivato dalla legittima difesa,
anti nazismo maomettano, a difesa dei cristiani, degli ebrei e di Israele
e sopratutto anti Deep State (il potere occulto, dietro le quinte, quello dei maneggioni e dei traffici segreti) e perciò odiato da quella parte parassitaria, castuale e infida dei repubblicani del Deep State collusi con i democratici a danno degli elettori repubblicani e della democrazia americana.



Per Stato profondo si intende a livello politico l'insieme di quegli organismi, legali o meno, che grazie ai loro poteri economici o militari o strategici condizionano l'agenda degli obiettivi pubblici, di nascosto e a prescindere dalle strategie politiche degli Stati del mondo, lontano dagli occhi dell'opinione pubblica. Detto anche "Stato dentro lo Stato", è costituito da lobby e reti nascoste, segrete, coperte, di potere in grado di agire anche contro le pubbliche istituzioni note.
Quando è affermata senza supporti fattuali, l'esistenza di un governo invisibile (detto anche Shadow government, criptocrazia o governo segreto) appartiene ad una famiglia di teorie della cospirazione basata sull'idea che il potere politico reale non risieda nei detentori visibili, ma in eminenze grigie: nelle monarchie questo avverrebbe con i powers behind the throne, mentre nelle democrazie vi sarebbero potentati privati che esercitano potere dietro le quinte, utilizzando come schermo gli eletti nelle assemblee rappresentative; lo stesso governo eletto ufficiale sarebbe sottomesso al governo ombra, che sarebbe il vero potere esecutivo.
https://it.wikipedia.org/wiki/Stato_profondo



La vicenda di Trump dimostra chiaramente che questo Deep State USA (almeno a Washington DC sull'Atlantico da non confondere con lo Stato di Washington che è sul Pacifico) esiste davvero e che non è una sua visione menzognera una sua allucinazione complottista.
Washington che è la città capitale degli USA, sede delle istituzioni politiche federali, vota in stragrande maggioranza democratico, oltre il 93%.


Le roccaforti dei due partiti
https://www.youtrend.it/2020/11/18/usa- ... occaforti/
Questi numeri confermano la forza dei Democratici nelle grandi aree metropolitane. Come nel 2016, la roccaforte Dem resta Washington D.C., dove Biden ha per ora il 93,2% di consensi – contro il 92,8% ottenuto da Clinton – insieme ad altre contee in cui si trovano grandi città come Baltimora, New York e San Francisco.


Anche l’America sta finendo: il grido d’allarme di Victor Davis Hanson - Rob Piccoli
Rob Piccoli
17 dicembre 2022

https://www.nicolaporro.it/atlanticoquo ... is-hanson/

Victor Davis Hanson, noto commentatore politico, nonché acclamato classicista e senior fellow del prestigioso think tank della Stanford University noto come Hoover Institution, non è nuovo ad uscite spiazzanti e anticipatrici di eventi.



Il destino di Trump
Come un libro, “The Case for Trump”, di cui annunciammo l’uscita qui su Atlantico Quotidiano nel marzo 2019 e nel quale l’autore teorizzava dottamente su quello che a lui sembrava l’inevitabile destino dell’allora presidente uscente.
Il libro, dopo aver raccontato e spiegato come nel 2016 un uomo d’affari e una celebrità mediatica senza esperienza politica sia riuscito a trionfare su sedici qualificatissimi rivali repubblicani e contro una candidata democratica con un quarto di miliardo di dollari a disposizione per la campagna elettorale, esponeva una tesi singolare e affascinante: The Donald è una sorta di “eroe tragico” di tipo classico, di cui l’America ha disperatamente bisogno, ma che era destinato a ricevere ben presto il ben servito dal suo Paese. E così fu, effettivamente, venti mesi dopo, alle presidenziali del novembre 2020.


Le rovine
Adesso il professore si lancia in un’altra predizione, stavolta relativa all’intera nazione americana, e non è un pronostico favorevole, per usare un eufemismo. Il sottotitolo e una citazione di Adam Smith all’inizio dell’articolo dicono tutto. La citazione: “Stai certo, giovane amico, che c’è molta rovina in una nazione”. Il sottotitolo: “Sì, c’è molta rovina nelle grandi nazioni. Ma anche l’America ormai sta finendo”.
Lo scenario che abbiamo di fronte, scrive il professore, è eloquente: abbiamo un debito collettivo di 31 trilioni di dollari, scrive Hanson, un esercito che è politicizzato e a corto di reclute, un FBI corrotto e screditato, che “collabora con gli appaltatori della Silicon Valley per sopprimere la libertà di parola e deformare le elezioni”.
Siamo un Paese che ha già conosciuto la sconfitta, continua VDH, “ma mai una degradante e deliberata umiliazione come a Kabul, quando siamo fuggiti e abbiamo abbandonato ai terroristi Talebani un’ambasciata da un miliardo di dollari, un’enorme base aerea ristrutturata, migliaia di amici e decine di miliardi di dollari in materiale militare…”.


La convivenza civile
Hanson menziona poi “il crollo delle norme di base essenziali per la vita civile”, ad esempio passeggiare al Cairo sembra “più sicuro di un viaggio in metropolitana fuori orario o di un’uscita al tramonto in molte delle principali città americane”, e “le strade della Londra medievale erano probabilmente più pulite di Market Street a San Francisco“. E se questo non basta, “la parola era più libera nell’America degli anni ‘20 di quanto non lo sia adesso”. Bel quadretto, vero? Ma è solo l’incipit del cahier de doléances hansoniano.


California: il preambolo
Cominciamo dalla California, che è sempre stata “un preambolo per il futuro dell’America”, tanto che il suo presente, scrive Hanson, è probabilmente il domani dell’intero Paese – se non di tutto l’Occidente, potremmo aggiungere noi.
Ebbene, “qui ogni estate ci aspettiamo impotenti incendi boschivi”, ammette VDH, californiano doc. Milioni di acri di fiamme riversano nei cieli altri milioni di tonnellate di fumo, carbonio e fuliggine. Decine di milioni di odiati motori a combustione non possono eguagliare i danni provocati da quella catastrofe all’aria che si respira. Lo Stato pensa di cavarsela dicendo che gli incendi sono inevitabili e naturali.
Pertanto le vecchie strategie di gestione forestale e antincendio, affinate nel corso dei secoli, sono messe al bando perché giudicate obsolete dagli “esperti del verde”.
Ciò che ci è stato lasciato in eredità dalle generazioni precedenti – magnifici acquedotti, belle autostrade, superbi aeroporti, fantastiche scuole e università, bacini idrici perfettamente progettati e arditi centri con i loro maestosi grattacieli – nella California di oggi, con una popolazione quasi raddoppiata rispetto agli anni ’80 del secolo scorso, sono congelati a tempo indeterminato o in decomposizione.
La decrepitezza ricorda i fori erbosi e le fontane soffocate delle città romane dell’era vandalica, che è ciò che accade quando una successiva generazione parassitaria si fa beffe di ciò che eredita, consumandolo senza tuttavia essere in grado di ricrearlo. […] E le nostre strade urbane puzzano di feci. Sembrano tutte testimonianze della nostra incompetenza, arroganza e ignoranza. Abbiamo orrore dell’idea stessa dei senzatetto, quindi cediamo ai senzatetto i nostri centri ed evitiamo quel che ne consegue.

Università woke
E cosa ne è stato delle grandi università californiane, un tempo tra le più prestigiose del mondo, da Berkeley e Stanford a UCLA e USC? Semplicemente, ammette a denti stretti il professore, pullulano di “commissari” (quelle figure tipiche del regime comunista sovietico che imperversavano ovunque in Russia ai tempi dell’Urss), i loro corpi docenti, per lo più sovraffollati, si sono “militarizzati” per il trionfo della causa dell’ideologia woke, e i loro studenti non sono mai stati più ignoranti e nel contempo presuntuosi.
“Un ritorno ai programmi di studio e agli standard di valutazione di soli trent’anni fa comporterebbe bocciature di massa”. Insomma, siamo di fronte all’erosione della meritocrazia e della competenza. Ed “ecco perché i nostri ponti impiegano decenni per essere costruiti invece che pochi anni, perché i binari del treno non vengono posati dopo un decennio di pianificazione”, ecc., ecc.


Istituzioni canaglia: l’FBI
Contemporaneamente, prosegue VDH, abbiamo “istituzioni che sono diventate canaglia”, come l’FBI, che “è diventato un servizio di recupero e investigazione da Terzo Mondo per il Partito Democratico”, con i suoi ultimi quattro direttori che hanno mentito e ingannato, oppure si sono trincerati dietro ai “non ricordo”, mentre erano sotto giuramento.
Nel 2016, il Bureau e il Comitato Nazionale Democratico hanno cercato di distruggere l’integrità di un’elezione fabbricando la bufala della collusione con la Russia.
Tutta la storia, fino al suo insabbiamento finale, ha visto gli agenti e gli avvocati dell’FBI alterare documenti legali, mentire sotto giuramento, distruggere i dati telefonici citati in giudizio e delegare la soppressione illegale dei diritti sanciti dal Primo Emendamento (che include la libertà di parola) agli “appaltatori” della Silicon Valley (cioè Google, Facebook, Twitter, Apple e Amazon).



“Mr 10 per cento”
“Ed ora”, chiosa Hanson, “la nazione teme che non ci sia nulla che l’FBI potrebbe non fare”. Non solo, “man mano che siamo diventati iperlegali con Trump, siamo più sublegali con l’intera famiglia Biden”.
Quest’ultima, per un decennio, si è rimpinzata con i profitti multimilionari della ditta “Big Guy”, aka “Mr. 10 per cento”, che altri non è se non Joe Biden: denaro per la maggior parte nascosto ed entrate probabilmente non completamente tassate. “Sappiamo tutti che è vero, e sappiamo tutti che l’FBI e il Dipartimento di Giustizia sanno che è vero, e sappiamo inoltre che la verità non significa nulla”.


Le elezioni
Aggiungiamo alla lista la distruzione di un giorno un tempo considerato sacro: quello delle elezioni. “Non molto tempo fa il 70-80 per cento dell’elettorato si prendeva la briga di votare secondo protocolli trasparenti,” spiega Hanson, ma abbiamo pensato bene di sostituire quel rituale con un altro, che prevede nella maggior parte degli Stati che il 60-70 percento dei voti sfugga a tutti i controlli.


La classe media
E che dire della disfatta della classe media, un tempo spina dorsale della nazione baluardo della democrazia? Si sta riducendo e impoverendo sempre di più, e la società si sta biforcando: “una minuscola e potente minoranza ha più influenza di qualsiasi altra élite nella storia della civiltà”, mentre una grande sottoclasse di poveri che vivono di sussidi pubblici condivide con i ricconi il disprezzo per la classe media in difficoltà.
È di fatto “un nuovo medievalismo”. Al posto delle penitenze e dei giuramenti cavallereschi, nota il professore, l’élite prende voti tipo “combattere il cambiamento climatico” o sostenere la “transizione” e garantire “diversità, equità e inclusione”, ma come i loro fratelli medievali, lo fanno solo migliorando, non mettendo in pericolo, la propria posizione di dominio.


L’immigrazione illegale
Ma andiamo avanti con i paragoni storici:
L’America sta rapidamente assomigliando a qualcosa come la Roma “spalancata” del V secolo d.C., quando i suoi tradizionali confini settentrionali inviolabili sui fiumi Reno e Danubio svanirono. Migliaia di tribù non assimilate si incrociavano a loro piacimento sulla base del presupposto che nessuno tra i loro ospiti troppo maturi e molli poteva o avrebbe osato fermarli.
Ciò, naturalmente, è la conseguenza delle politiche nefaste di Joe Biden in tema di immigrazione illegale, con probabile attraversamento del confine da parte di oltre 5 milioni di clandestini dal giorno dell’insediamento ad oggi. Cosa che, tra l’altro, procura al presidente il disprezzo sia di chi cerca di far rispettare il confine sia quello di chi lo attraversa illegalmente.
E così l’America si sta avvicinando al dato storico di 50 milioni di residenti non nati negli Stati Uniti…
In un mondo sano, potremmo sopravvivere alla sfida: se i nuovi arrivati fossero tutti venuti legalmente, se avessero imparato i costumi e la lingua della loro nuova e agognata casa, se fossero stati controllati e messi in coda da un logico processo meritocratico e fossero rapidamente assimilati e integrati da una popolazione ospitante fiduciosa, certa che chiunque aspiri vivere in America sia anche sinceramente desideroso di aiuto per diventare americano e di conseguenza provi gratitudine per il popolo ospitante.
Ma, appunto, così non è. E la conseguenza è solo e sempre il caos. Per questo, tra l’altro:
L’idea di 330 milioni di cittadini americani di diverse razze ed etnie uniti da una comune identità americana di valori, costumi e tradizioni condivisi è quasi derisa. Al suo posto sta sorgendo qualcosa come l’ex Jugoslavia, un miscuglio indefinito di interessi tribali in competizione e sempre più ostili, con i residenti che si suddividono in Stati rossi e blu che alla fine porteranno a due Americhe antitetiche.

La proprietà
Hanson accenna infine al tema crimini contro il patrimonio, l’ennesimo tassello di un mosaico desolante, con tassi da far accapponare la pelle. Del resto cosa ci si può aspettare quando gli stessi procuratori distrettuali sono attivisti militarizzati e i sindaci fanno i moralisti e mandano ai criminali segnali inequivocabili di tolleranza, sostenendo che i crimini contro la proprietà non richiedono l’arresto, tanto meno la condanna, e tanto meno l’incarcerazione?
Insomma, quell’America che un tempo era notoriamente legalista “è diventata una vera e propria terra di ladri”.


Il redde rationem
La conclusione di Victor Davis Hanson è tristissima:
Abbiamo assistito a molte rivoluzioni culturali in questo Paese, ma mai ad una così singolarmente focalizzata sul radere al suolo le fondamenta dell’America – almeno fino ad ora. Sì, c’è molta rovina nelle grandi nazioni. Ma anche l’America ormai sta finendo.
La speranza è che denunce tanto lucide e ben documentate quanto appassionate e in certa misura strazianti, come appunto quella di uno dei maggiori intellettuali americani, servano a scuotere un’opinione pubblica per lo più dormiente e distratta dal piccolo cabotaggio della vita quotidiana.
Purtroppo, infatti, non è più tempo di distrazione e neppure di ottimismo a buon mercato. L’Armageddon del Free Speech in atto tra Elon Musk e i suoi sostenitori da una parte e le sinistre di tutto il mondo dall’altra insegna che è arrivato il tempo del redde rationem.
Per gli Stati Uniti, e quindi per il mondo. Perché se cade l’America cade il mondo. O almeno l’Occidente, ammesso che non siano in qualche modo la stessa cosa.




Ecco un esempio del Deep State Le parole dell’ex capo del Pentagono James Mattis

Il generale rompe il silenzio. L’ex capo del Pentagono Mattis dice che Trump è il primo presidente che non tenta di unire il popolo americano
L’ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti in un comunicato critica duramente l’inquilino della Casa Bianca, accusandolo di dividere gli Usa e di essere un leader non maturo
Zach Gibson
4 giugno 2020
https://www.linkiesta.it/2020/06/james- ... tro-trump/
L’ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti, James Mattis, dimessosi nel 2018 in contrasto con la politica di Trump sulla Siria, in un comunicato rompe il silenzio e critica duramente Donald Trump come «il primo presidente della mia vita che non tenta di unire il popolo statunitense e che non fa nemmeno finta di farlo». Dopo le proteste per la morte dell’afroamericano George Floyd, l’ex capo del Pentagono scrive invece che Trump «al contrario, prova a dividerci». E aggiunge: «Siamo testimoni delle conseguenze di tre anni di questo sforzo deliberato, di tre anni senza una leadership matura. Possiamo unirci senza di lui, attingendo alla forza interna alla nostra società civile. Questo non sarà facile, come hanno dimostrato gli ultimi giorni, ma lo dobbiamo ai nostri concittadini; alle generazioni passate che hanno combattuto per difendere la nostra promessa; e ai nostri figli».

James Mattis
https://it.wikipedia.org/wiki/James_Mattis
Il 1º dicembre 2016, viene annunciato che il Presidente eletto Donald Trump lo ha scelto come segretario alla difesa. Essendosi ritirato da meno di 7 anni dal servizio militare attivo, è stato necessario approvare una deroga speciale alla legge vigente per potergli consentire di ricoprire l'incarico, così come avvenne nel 1950 col generale Marshall, scelto da Harry Truman.
Durante la seduta al Congresso, interrogato dalla senatrice Kirsten Gillibrand, gli viene chiesto un parere riguardo alla presenza di soldati LGBT all'interno dell'Esercito, ed il generale così le risponde: "Francamente, senatrice, non m'importa di quello che due adulti consenzienti fanno nel letto. A me interessa che siano pronti a combattere per opporsi al nemico." Fra molte altre frasi celebri quella che lo lega al complesso militare-industriale e politico: Ci sono persone che credono che tu debba odiare qualcuno per ucciderlo. Non credo che sia così per voi. È semplicemente business. Al termine delle audizioni, il 20 gennaio 2017, Mattis è stato ufficialmente confermato dal Senato con 98 voti favorevoli e un voto contrario.
Il 20 dicembre 2018 ha rassegnato le dimissioni dopo aver mostrato la sua contrarietà per la decisione del presidente Trump di ritirare le truppe americane in Siria. Tali dimissioni, inizialmente programmate il 28 febbraio 2019, sono state rese effettive il 31 dicembre 2018.
In seguito ha criticato apertamente le decisioni prese dalla Casa Bianca. Commentando la sua gestione delle proteste di maggio e giugno 2020, ha detto: "Nella mia vita, Donald Trump è il primo presidente che non cerca di riunire gli americani, che non finge nemmeno di provarci. Invece, sta cercando di dividerci. (...) Stiamo pagando le conseguenze di tre anni senza adulti al comando". Donald Trump ha reagito chiamandolo "il generale più sopravvalutato del mondo" e un "cane pazzo ".

Gino Quarelo
Trump si era fidato di questo generale che poi ha dimostrato tutta la sua inaffidabilità e demenzialità politica.
Un tipo infido e colluso con i democratici come lasciano intendere le sue critiche a Trump

L’ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti in un comunicato critica duramente l’inquilino della Casa Bianca, accusandolo di dividere gli Usa e di essere un leader non maturo
Zach Gibson
4 giugno 2020
https://www.linkiesta.it/2020/06/james- ... tro-trump/
L’ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti, James Mattis, dimessosi nel 2018 in contrasto con la politica di Trump sulla Siria, in un comunicato rompe il silenzio e critica duramente Donald Trump come «il primo presidente della mia vita che non tenta di unire il popolo statunitense e che non fa nemmeno finta di farlo». Dopo le proteste per la morte dell’afroamericano George Floyd, l’ex capo del Pentagono scrive invece che Trump «al contrario, prova a dividerci». E aggiunge: «Siamo testimoni delle conseguenze di tre anni di questo sforzo deliberato, di tre anni senza una leadership matura. Possiamo unirci senza di lui, attingendo alla forza interna alla nostra società civile. Questo non sarà facile, come hanno dimostrato gli ultimi giorni, ma lo dobbiamo ai nostri concittadini; alle generazioni passate che hanno combattuto per difendere la nostra promessa; e ai nostri figli».



George Floyd era un nero delinquente rapinatore e drogato e la sua morte non è dovuta al razzimo del poliziotto bianco ma al fatto di essere un drogato di fentanyl e di aver resistito al legittimo e giusto arresto.
I democratici politicamente corretti hanno sobillato le piazze e giustificato la violenza latente dei neri, dei BLM e degli antifa; è loro la colpa e la responsabilità e non di Trump che ha solo fattoi il suo dovere e difeso l'ordine costituito e la legalità, la polizia e il poliziotto bianco.


Il Fentanyl uccide
come la criminalità diffusa dei neri negli USA e il suprematismo razzista nero dei BLM, come il suprematismo nazifascista russo di Putin, come il suprematismo sinistrato politicamente corretto razzista antibianco, come il suprematismo razzista nazi maomettano anti ogni diversamente religioso e pensante
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6044447193

La condanna di Derek Chauvin è una sentenza criminale e razzista
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2951
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3230758840
La condanna di Derek Chauvin è una sentenza criminale e razzista, nel comportamento del poliziotto bianco non vi è alcun razzismo anti uomo nero.



Twitter Files 6, la sussidiaria dell’FBI: come opera il cartello della censura - Max Balestra
Max Balestra
18 dicembre 2022

https://www.nicolaporro.it/atlanticoquo ... a-censura/

Il sesto lotto dei Twitter Files rilasciato a cura di Matt Taibbi questo Venerdì, offre una decisiva conferma a quanto rivelato negli scorsi mesi da The Intercept basandosi su altri documenti ufficiali del governo federale Usa.

Negli Stati Uniti è oggi all’opera un vero e proprio cartello della censura, di cui fanno parte il governo, le società del Big Tech, e organizzazioni formalmente private, in realtà così vicine al governo da essere in pratica parastatali, dedito a controllare il flusso delle informazioni in internet. Che “raccoglie, analizza, e segnala i tuoi contenuti sui social media“, per dirla con Taibbi.

La confidenzialità con l’FBI
Sempre secondo Taibbi: “I contatti con l’FBI di Twitter erano costanti e pervasivi, come se si trattasse di una società sussidiaria“.
Tra il 2020 e il 2022 oltre 150 email vennero scambiate tra Yoel Roth, il capo della oramai famigerata commissione Trust&Safety di Twitter, ora disciolta da Elon Musk, e agenzie di intelligence e sicurezza federali.
Ciò si va ad aggiungere alle riunioni personali tra Twitter e agenti governativi già ammesse da Roth in precedenti Twitter Files, e riportati da The Intercept.
Un messaggio del 2022 proveniente dall’ufficio legale di Twitter conferma che le riunioni con FBI, DOJ, e DHS sono “settimanali”. E che addirittura “non ci sono impedimenti” da parte dell’FBI nel condividere con Twitter informazioni classificate come confidenziali.
Come fatto notare da un anonimo agente dell’FBI citato da Taibbi, questo livello di confidenzialità non è usuale: “Molte compagnie con le quali abbiamo a che fare ci sono ostili. Come T-Mobile, che è totalmente ostile. Ci provano gusto a far trapelare ciò che abbiamo detto quando facciamo degli errori di procedura”.
L’ufficio legale di Twitter era in quel momento presieduto da Jim Baker, egli stesso ex legale dell’FBI, coinvolto nell’inchiesta Russiagate, e licenziato da Elon Musk a inizio dicembre dopo essere stato scoperto a ritardare il rilascio dei Twitter Files, specialmente di quelli che implicavano l’FBI.

Nel nome della guerra alle fake news
Questo conferma quanto riportato da The Intercept su come la sorveglianza dei social media da parte del governo federale sia stata incrementata dall’amministrazione Biden tramite misure come, ad esempio, la trasformazione della CISA, una sotto-agenzia del Department of Homeland Security nata per impedire attacchi cibernetici contro infrastrutture strategiche, in una agenzia di “caccia alla disinformazione“.
Abbiamo già notato come la “guerra alle fake news“, con tutti i suoi corollari di sorveglianza e censura, sembra essere cominciata intorno al 2015-2016 a causa della percepita “onda populista” nella politica occidentale.
Matt Taibbi conferma che, a giudicare dai documenti Twitter, “l’ubiquità della storia dell’interferenza russa nel 2016 come pretesto citato per la costruzione della macchina di censura non può essere sovrastimata. È simile a come l’11 Settembre ispirò l’espansione della sicurezza di Stato”.

Portali speciali
Nel corso del Russiagate l’FBI creò una task force apposita, denominata FITF (Foreign Influence Task Force), che crebbe fino a comprendere 80 agenti.
I Twitter Files confermano che l’FBI e altre agenzie federali avevano a disposizione portali speciali, sia governativi che privati, attraverso i quali segnalare contenuti che poi Twitter “gestiva” (handled), censurandoli o sopprimendo la loro diffusione.
Tra i portali citati Teleporter, e il Partner Support Portal, creato dal Center for Internet Security, una no-profit basata a Washington DC che agisce in cooperazione con il DHS. Poi l’Election Integrity Project di Stanford, il Digital Forensics Research Laboratory dell’Atlantic Council, e il Center for Informed Policy dell’Università di Washington.
Si tratta per la maggior parte di organizzazioni private, no-profit e ong, che comunque orbitano intorno al governo, sia in forma di partnership, sia a livello di contatti personali.
A questi si aggiungono contractor privati del governo federale, come nel caso di un messaggio inviato a Twitter dall’EIP di Stanford su un video riguardante le elezioni in Pennsylvania, sulla base di informazioni ottenute dal Center for Information Security, un contractor del DHS.


L’FBI segnala, Twitter esegue
La sintonia era completa: queste organizzazioni para-governative segnalavano contenuti sgraditi alle agenzie federali, che le segnalavano a Twitter, che provvedeva a rimuoverle.
In un particolare messaggio l’FBI segnala a Twitter certi contenuti con la dicitura: “Possibile violazione dei termini di servizio Twitter“, che evidentemente l’agenzia federale conosceva altrettanto bene che Twitter stesso.
Il 5 novembre 2022 il National Election Command Post dell’FBI manda una lunga lista di account Twitter all’ufficio di San Francisco, chiedendo di inoltrarla a Twitter. Tra le richieste, oltre alla verifica di eventuali violazioni dei termini di servizio, la preservazione dei contenuti in caso di cancellazione, e addirittura la geolocalizzazione degli autori.
Per la maggior parte si tratta di account satirici di piccola portata, con due notabili eccezioni: l’account appartenente all’attore Billy Baldwin e l’account del sito di news conservatore RSB Network.
L’agente Elvis Chan dell’ufficio di San Francisco, un nome che ricorre spesso nei Twitter Files come contatto tra l’FBI e gli alti vertici dell’azienda, passa il messaggio a Twitter. Twitter risponde con una lista di azioni intraprese: un misto di sospensioni e messe al bando permanenti.


Risultati modesti
I risultati di questa grande caccia alla disinformazione sembrano però modesti. Vengono segnalati molti account di entrambi gli schieramenti politici, ma che per lo più fanno satira, oltre a oscuri video come quello sulle elezioni in Pennsylvania.
Alcuni account vengono segnalati anche solo per tweet chiaramente ironici, come @FromMa, un account liberal che “ricordava” ai Repubblicani di votare nella data sbagliata. Tuttavia spesso sono soltanto gli account filo-Repubblicani a venire sospesi. Assolutamente nessuna traccia invece di account del Cremlino.


Deep State
Alla luce di quanto emerso da questo ultimo lotto di Twitter Files, Matt Taibbi arriva ad una conclusione alla quale chi scrive era già arrivato in passato: “Il succo del discorso: ciò che la maggior parte della gente considera il Deep State è in realtà una intricata collaborazione di agenzie statali, contractor privati, e ong a volte finanziate dallo Stato. I confini diventano così labili da essere insignificanti”.
E non bisogna dimenticare che Twitter non è l’unica in Silicon Valley ad avere questo tipo di rapporto con il Deep State. Mark Zuckerberg ha rivelato che fu l’FBI a chiedere a Facebook di censurare la storia del laptop di Hunter Biden. The Intercept cita anche Reddit, Discord, Wikipedia, Microsoft, LinkedIn e Verizon Media tra quanti hanno riunioni regolari con agenzie federali.


Aggirato il Primo Emendamento
Tutto questo proietta una luce sinistra sullo stato della libertà di espressione negli Stati Uniti, e per estensione in tutto l’Occidente, in cui i social media americani dominano. Il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce la libertà di espressione, non può essere aggirato delegando manipolazione e censura delle notizie a compagnie private e organizzazioni non governative.
È difficile tuttavia immaginare che nella politicamente incestuosa Washington DC qualcuno se la senta di scoperchiare un tale vaso di Pandora di agenzie federali, ong, Big Tech, e individui che fanno la spola tra essi, facendo luce su questi abusi di potere al di là della solita indagine “tarallucci e vino” del Congresso.



La più grande promessa di Donald Trump
I nuovi Twitter Files dimostrano il rapporto intimo della piattaforma con l’FBI
Upward News
20 dicembre 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ward-news/

“I contatti di Twitter con l’FBI erano costanti e pervasivi, come se fosse una filiale“, ha dichiarato Matt Taibbi negli ultimi Twitter Files.
Lo scoop: L’FBI e Twitter si sono inviati reciprocamente oltre 150 e-mail tra il gennaio 2020 e il novembre 2022. Alcune riguardavano la richiesta di informazioni da parte dell’FBI per indagini penali, mentre molte riguardavano la censura della “disinformazione sulle elezioni“.
Perché è importante: I Twitter Files illustrano ulteriormente la stretta relazione del governo federale con Twitter come strumento di censura prima dell’acquisizione da parte di Elon Musk. L’agente Elvis Chan, che ha guidato la censura su più piattaforme, ha persino inviato un “buon anno” al capo della sicurezza e della fiducia di Twitter Yoel Roth, ricordandogli un’imminente “telefonata trimestrale” con lui. Negli ultimi anni, l’FBI è stata ripetutamente messa sotto accusa per la sua manifesta faziosità politica.
Un’azione politicamente motivata: I contatti con Twitter hanno spesso coinvolto la Foreign Influence Task Force dell’FBI, creata nel 2017 mentre l’FBI sosteneva la tesi dell’interferenza russa nelle elezioni del 2016. Il Bureau avrebbe aiutato Twitter a dare la caccia ai contenuti che considerava sfavorevoli – persino i tweet scherzosi o parodici di account con pochi follower – e ad etichettarli come “disinformazione” e minaccia alla sicurezza nazionale.
Le domande rimangono: Non sappiamo ancora chi abbia preso la decisione nel campo di Twitter di censurare la storia del portatile di Hunter Biden in base alla politica aziendale sul “materiale violato”. L’agente Chan ha testimoniato che i funzionari dell’intelligence non hanno menzionato Hunter Biden quando hanno avvertito Twitter delle minacce informatiche russe, ma Roth ha detto di essere stato specificamente avvertito di una “operazione di hacking e leaking [che] avrebbe coinvolto Hunter Biden”.


Il piano di Donald Trump per affrontare la censura online
L’ex presidente Donald Trump ha reso nota la sua strategia per contrastare la censura durante il suo secondo mandato.
Cosa è successo: La scorsa settimana, l’ex presidente Donald Trump ha pubblicato un video che illustra un piano per distruggere il “cartello della censura”. Il piano si concentra sull’intervento del governo federale che favorisce e promuove la censura e sulla capacità delle aziende di social media di attuarla.
Il ruolo delle agenzie federali: Donald Trump vuole rendere illegale per le agenzie federali la collusione con le piattaforme di social media per censurare gli americani, come è accaduto a Twitter e Facebook. Vuole anche licenziare, indagare e perseguire penalmente tutti i burocrati che si sono impegnati in questo processo.
Il divieto di assunzione: Il piano di Donald Trump prevede anche un divieto di assunzione di 7 anni prima che i funzionari federali possano essere assunti dalle piattaforme Big Tech. Tra le altre grandi piattaforme, Twitter è nota per aver assunto ex funzionari dei servizi segreti dell’FBI e della CIA, che hanno permesso una censura di massa influenzata dal governo.
No al finanziamento da parte dei contribuenti: Il piano di censura mira a rendere illegale l’uso dei fondi dei contribuenti per il fact-checking: l’amministrazione Biden ha cercato di istituire un Disinformation Governance Board per fare proprio questo. Il piano chiede anche di vietare i finanziamenti dei contribuenti alle università e alle organizzazioni non profit che sostengono e consentono la censura.
La Sezione 230 garantisce alle piattaforme di social media l’immunità rispetto alla moderazione dei contenuti degli utenti che ospitano sulle loro piattaforme. Il piano di Donald Trump prevede di concedere alle piattaforme l’immunità per la moderazione dei contenuti ai sensi della Sezione 230 solo se “soddisfano elevati standard di neutralità, trasparenza, equità e di non discriminazione“.
Carta dei diritti digitali: L’ex presidente ha chiesto il diritto al giusto processo digitale, richiedendo ai funzionari governativi di avere un’ordinanza del tribunale prima di rimuovere i contenuti online, invece dell’attuale processo in cui gli agenti di parte dell’FBI possono chiedere informalmente alle piattaforme di social media di censurarle.



Dimissioni di Musk? Pessima idea: l’importanza della narrazione
Max Balestra
21 dicembre 2022

https://www.nicolaporro.it/atlanticoquo ... arrazione/

Le eventuali dimissioni di Elon Musk dalla carica di ceo di Twitter, in questo momento, sarebbero una pessima idea, che annullerebbe molti dei risultati che la sua acquisizione di Twitter ha ottenuto.
Ovviamente Elon passerà comunque, prima o poi, a cose più grandi e migliori. E naturalmente possiamo ancora sperare che un nuovo amministratore delegato non ripristini il regime precedente (e probabilmente non lo farà, se non altro per quanto era bizantino). Ma resterebbe un duro colpo.

Il protocollo anti-dissenso
Il fronte anti-Elon ha dipinto fin dal primo giorno un quadro disastroso sul nuovo Twitter gestito da Musk, insistendo sul fatto che la piattaforma sarebbe ormai un caos di malfunzionamenti e arbitrari abusi alla libertà di parola, quando in realtà lo era prima, quando non trovavano mai da lamentarsi. E spesso si tratta delle stesse persone impegnate a minimizzare le rivelazioni dei Twitter Files.
I livelli di livore manifestati nei confronti di incidenti di policies minori, e l’ipocrita improvvisa preoccupazione per la libertà di parola da parte di persone che per anni hanno attivamente sostenuto più censura, non sono conciliabili con una semplice, o onesta preoccupazione da utenti.
Questo comportamento non è casuale, fa parte del modo in cui la nuova intellighenzia occidentale di tendenza tecnocratica affronta il dissenso. Funziona in tre passaggi: (1) negare e/o sminuire il problema; (2) ridicolizzare il dissenso; (3) demonizzare i dissidenti.

Primo: negare
Il protocollo inizia negando l’esistenza stessa del problema, o se esiste è un problema minore. Per anni è stato negato che censura sistematica e discriminazione esistessero su Twitter e altre piattaforme social.
Ora che abbiamo visto, grazie ai Twitter Files, fino a che punto lo erano, queste rivelazioni vengono minimizzate, quando non del tutto ignorate.

Secondo: ridicolizzare
Il secondo passo è cercare di far credere alle persone che sì, le cose non vanno bene, ma l’alternativa è peggiore. Al giorno d’oggi, questo obiettivo viene perseguito in gran parte ridicolizzando chiunque proponga linee d’azione alternative come un buffone incompetente, i cui attributi plebei gli impediscono di comprendere correttamente ciò che è veramente necessario fare per risolvere il problema.
Ciò ha perfettamente senso dal punto di vista del pensiero tecnocratico, poiché le tecnocrazie sono in realtà aristocrazie sotto mentite spoglie.

Terzo: demonizzare
Se non basta, il terzo passo è la demonizzazione. Il dissidente non è solo un buffone incompetente, ma è anche pericoloso, e ora sta mettendo in pericolo l’intero sistema con la sua dissidenza. La democrazia è in pericolo!
Con Elon Musk e Twitter siamo al secondo passaggio. Se si dimette in questo momento, è probabile che è lì che i suoi sforzi per correggere Twitter rimarranno nella leggenda popolare. Questo renderebbe anche più difficile proseguire sulla strada della riforma che Musk ha inaugurato.
La narrazione del fallimento si ripercuoterà su qualsiasi nuovo ceo che gli succederà e vorrà continuare il suo percorso. Un fallimento di Musk, diventerà un fallimento della sua visione per Twitter.
Ma anche se alla fine Twitter dovesse migliorare notevolmente (e lo è già), e anche se i poteri forti decidono di non passare alla fase tre, verrà stabilita una narrazione secondo cui Musk ha fallito e Twitter era migliore sotto Vijaya Gadde e Yoel Roth.
Ma la narrazione è davvero così importante? Sì. Una narrazione secondo cui nemmeno l’uomo più ricco del mondo può fronteggiare i poteri costituiti è estremamente importante per i poteri costituiti. La maggior parte del loro potere odierno si basa infatti sull’idea che non ci sia alternativa ad essi.
Non importa quanto falliscano o abusino del loro potere, la loro contro-argomentazione è sempre che i loro potenziali sostituti sono più incompetenti o più abusivi.

La rassegnazione delle persone comuni
Questa strategia, unita al controllo della narrazione attraverso la censura e la disinformazione, ha avuto successo nel far tollerare alle persone livelli di disfunzione politica che non avrebbero mai tollerato solo pochi anni fa.
Dissoluzione dei confini e immigrazione clandestina a milioni, senzatetto dilaganti e scene di droga all’aperto, criminalità alle stelle, inflazione e prezzi dei carburanti fuori controllo, blackout continui dovuti a politiche energetiche sbagliate, sorveglianza governativa quasi totale.
Purtroppo funziona. Le persone comuni non sono rivoluzionarie. Rimuovere le alternative attraverso i tre passaggi citati le spinge alla rassegnazione, non alla ribellione. E così diventa troppo facile isolare i pochi che scelgono la ribellione.
Questa strategia sta facendo credere alle persone comuni che il dissenso non valga la pena, e che i dissidenti siano solo piantagrane che peggiorano le cose. Non c’è niente di nuovo sotto il sole, questo è il trucco più antico del potere.

La speranza
A costo di apparire eccessivamente drammatici, la liberazione di Twitter rappresenta una speranza per molti. Speranza nella possibilità che il dissenso possa ancora portare alla riforma.
Anche se Musk lascerà Twitter in una condizione migliore di come l’ha trovata, le conseguenze di non riuscire a infrangere la narrazione secondo cui i suoi sforzi sono stati un fallimento, e che la resistenza è quindi inutile, sarebbero gravi.





Why Do Liberals Hate Trump So Much?
Mark Lewis
18 dicembre 2022

https://townhall.com/columnists/marklew ... ds=jXzuobp
The question in the title needs, I believe, critical examination. Why DOES the Left hate Trump so much?

The answer, as usual, can largely be found by analyzing history.

But first. Do they hate him because the average price of a gallon of gas in his administration was far lower than under Biden? Is it because inflation was low (around 2%) and trending downward? Is it that the USA was energy independent and didn’t need to beg our enemies for oil, deplete our strategic oil reserve or sell it to China? Is it because black and Hispanic unemployment was lower than at any time in history? Is it because Trump forced China into a fairer trade agreement, got a strong trade deal with Japan, and a solid peace in the Middle East?

Are these the reasons (more in a subsequent article) that the Left despises Trump so much?

These reasons may be symptoms, but don’t touch the main issue. If you ask a liberal why they hate DJT so much, they aren’t going to say, “Well, because gas prices and inflation were manageable, minority unemployment was at record low levels, America was energy independent” etc., etc. Those aren’t the answers you are going to receive. More likely, they might mention something about his “mean, hateful tweets” or maybe opposition to their Green God. Mr. Liberal, are you better off now than you were four years ago? “Trump is a Nazi racist!” Are you paying less for gasoline, groceries, and heating oil? “He is an insurrectionist and dictator!” I truly doubt any of them will respond, “I hate Trump because we now have to beg Saudi Arabia and Venezuela for oil.” I’ve just a hunch you’ll get a different reply.
Recommended

But, we all know the Left’s hatred of Donald Trump is real. It is a visceral, vicious, primeval, vindictive, animal. Unending and never ceasing. To them, he is the worst President the country has ever had. The above accomplishments of Mr. Trump mean absolutely nothing to liberals. Theirs is a total, and blind, unreasoning hatred.

But, crucially, it isn’t just Mr. Trump they hate. He is simply the current target. If Mr. DeSantis, or some other conservative Republican, gets the nomination in 2024, the hatred will simply be transferred, and perhaps worse. They loathed George W. Bush, they especially despised Ronald Reagan, and you are deplorable.

Most “common” Leftists probably can’t tell you why hatred of the Right runs so deeply, and many would probably deny it does. But you and I know better. Most folks don’t understand the historical or ideological reasons why the leadership of the Left is so vindictive toward the Right. There is no one, single, simple explanation, but it starts with the leadership’s arrogance and lust for power, and their inherent belief in their right to have and exercise it. They are elitists, which makes them better than you, and thus, by right, they should rule and you should obey. It isn’t a new feature in human history; the current manifestation spins out of Darwinism and Marxism. But elitism itself isn’t recent.

Perhaps the best known (though certainly not the only) example of the same kind of bitter loathing is the rabbinical clique’s attitude toward Jesus. The scribes, Pharisees, and chief priests were the “elitists” in Palestine in Jesus’ day. They were the local “rulers” of the people, they controlled, they intimidated, they spoke for God, and the common people were expected to submit. They loved their power and the positions it gave them—the “Jerusalem Establishment.” Jesus, the outsider, represented a danger to all that. “The common people heard him gladly.” Abomination! Jesus constantly exposed the “establishment’s” failures and hypocrisies, and that drove them insane with venomous odium.

Thus, those religious leaders continually and viciously attacked him. They couldn’t answer his arguments, so they resorted to ad hominem assaults and name-calling, incessantly strove to destroy his reputation and belittle him and lower his esteem in the eyes of the people. He had to be removed. But being unsuccessful in their attempts, they sought help. They took him to the Romans (illegally in the middle of the night) and got him executed. For one reason, and one reason only.

Power.

Now, Donald Trump is not Jesus Christ, of course, far from it, but the parallels are intriguing. And the principle of corrupting power remains the same. Trump, more than any Republican since Reagan, is/was perceived as the greatest menace to the Establishment’s desire for continued dominance over the American people. Whatever Trump likes (America), they hate. His policies were enormously successful and beneficial to the American people, but that is 100%, wholly irrelevant to the Left. The people mean nothing to them, except as slaves who must submit to their masters or be removed. Mao Zedong’s 60-70 million slaughtered Chinese is a testament to this. The same with Stalin and every other Leftist thug. The American Left’s “love” for children is manifested in their willingness to let them be mutilated in the name of a perverted ideology that gives the Democratic Party its slavish devotion in return. Elitists hate Trump because, like Jesus, he exposes them for the hypocrites they are. They spent four years, every day, 24/7, trying to destroy the man. And, as we are now learning, evoked every shady practice they could concoct to deny him re-election in 2020. And should, for example, DeSantis receive the nomination in 2024, and be perceived as a similar threat (and he will be so perceived), they will shift all of their animosity and venom toward him. It isn’t Trump, per se. It’s that the Left worships power, and like every Torquemada who ever lived, elitists will do all they can to destroy anyone who opposes their insatiable lust for dominance.

They hate you because you stand in the way of the thing they love most. A mother bear defends her cubs. Viciously.

Christmas is just a few days away. Uncle Elbert loves westerns, you know, especially during the cold winter months. My western novels, Whitewater and River Bend are available at Amazon, Barnes and Noble, and Eliva.com. A third western, Allie’s Dilemma, is available for Kindle only. Inexpensive and no gas is needed. And read some different posts on my blog at thailandlewis.blogspot.com.
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Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:09 pm

Perché i liberali odiano così tanto Trump?
Mark Lewis
https://townhall.com/columnists/marklew ... ds=jXzuobp

La domanda del titolo necessita, a mio avviso, di un esame critico. Perché la sinistra odia così tanto Trump?
La risposta, come al solito, può essere trovata in gran parte analizzando la storia.

Ma prima. Lo odiano perché il prezzo medio di un gallone di benzina durante la sua amministrazione è stato di gran lunga inferiore a quello di Biden? È perché l'inflazione era bassa (circa il 2%) e in tendenza al ribasso? È perché gli Stati Uniti erano indipendenti dal punto di vista energetico e non avevano bisogno di elemosinare il petrolio ai nostri nemici, di esaurire la nostra riserva strategica di petrolio o di venderlo alla Cina? È perché la disoccupazione dei neri e degli ispanici è stata più bassa che in qualsiasi altro momento della storia? È perché Trump ha costretto la Cina a un accordo commerciale più equo, ha ottenuto un forte accordo commerciale con il Giappone e una solida pace in Medio Oriente?

Sono queste le ragioni (di cui parleremo in un prossimo articolo) per cui la sinistra disprezza così tanto Trump?

Queste ragioni possono essere dei sintomi, ma non toccano la questione principale. Se chiedete a un liberale perché odia tanto DJT, non vi dirà: "Beh, perché i prezzi del gas e l'inflazione erano gestibili, la disoccupazione delle minoranze era a livelli record, l'America era indipendente dal punto di vista energetico", ecc. Non sono queste le risposte che riceverete. Più probabilmente, potrebbero parlare dei suoi "tweet cattivi e odiosi" o forse dell'opposizione al loro Dio verde. Signor liberale, sta meglio ora di quattro anni fa? "Trump è un razzista nazista!". Paga meno la benzina, la spesa e il gasolio per il riscaldamento? "È un insurrezionalista e un dittatore!". Dubito davvero che qualcuno di loro risponda: "Odio Trump perché ora dobbiamo chiedere il petrolio all'Arabia Saudita e al Venezuela". Ho solo la sensazione che otterrete una risposta diversa.


Consigliato

Ma sappiamo tutti che l'odio della sinistra per Donald Trump è reale. È un animale viscerale, feroce, primordiale, vendicativo. Senza sosta e senza mai fermarsi. Per loro, è il peggior Presidente che il Paese abbia mai avuto. I risultati ottenuti da Trump non significano assolutamente nulla per i liberali. Il loro è un odio totale, cieco e irragionevole.

Ma, cosa fondamentale, non è solo il signor Trump che odiano. È semplicemente il bersaglio attuale. Se DeSantis, o qualche altro repubblicano conservatore, otterrà la nomination nel 2024, l'odio sarà semplicemente trasferito, e forse peggio. Detestavano George W. Bush, disprezzavano soprattutto Ronald Reagan, e voi siete deplorevoli.

La maggior parte della sinistra "comune" probabilmente non è in grado di dirvi perché l'odio verso la destra sia così profondo, e molti probabilmente negherebbero che sia così. Ma io e voi lo sappiamo bene. La maggior parte della gente non capisce le ragioni storiche o ideologiche per cui la leadership della sinistra è così vendicativa nei confronti della destra. Non c'è una spiegazione unica e semplice, ma inizia con l'arroganza e la brama di potere dei dirigenti e la loro intrinseca convinzione di avere il diritto di esercitarlo. Sono elitari, il che li rende migliori di voi e quindi, per diritto, devono governare e voi dovete obbedire. Non è una novità nella storia dell'umanità; la manifestazione attuale deriva dal darwinismo e dal marxismo. Ma lo stesso elitarismo non è recente.

Forse l'esempio più noto (anche se non certo l'unico) dello stesso tipo di avversione è l'atteggiamento della cricca rabbinica nei confronti di Gesù. Gli scribi, i farisei e i capi dei sacerdoti erano le "élite" della Palestina ai tempi di Gesù. Erano i "governanti" locali del popolo, controllavano, intimidivano, parlavano a nome di Dio e la gente comune doveva sottomettersi. Amavano il loro potere e le posizioni che questo dava loro: "l'establishment di Gerusalemme". Gesù, il forestiero, rappresentava un pericolo per tutto questo. "La gente comune lo ascoltava volentieri". Abominio! Gesù esponeva costantemente i fallimenti e le ipocrisie dell'"establishment" e questo li faceva impazzire di odio velenoso.

Così, quei capi religiosi lo attaccarono continuamente e ferocemente. Non potendo rispondere alle sue argomentazioni, ricorrevano ad aggressioni ad hominem e ad insulti, cercando incessantemente di distruggere la sua reputazione, di sminuirlo e di abbassare la sua stima agli occhi del popolo. Doveva essere rimosso. Ma non avendo avuto successo nei loro tentativi, cercarono aiuto. Lo portarono dai Romani (illegalmente, nel cuore della notte) e lo fecero giustiziare. Per un motivo, e uno solo.

Il potere.

Ora, Donald Trump non è Gesù Cristo, ovviamente, tutt'altro, ma i parallelismi sono intriganti. E il principio della corruzione del potere rimane lo stesso. Trump, più di ogni altro repubblicano dai tempi di Reagan, è/era percepito come la più grande minaccia al desiderio dell'establishment di continuare a dominare il popolo americano. Tutto ciò che piace a Trump (l'America), loro lo odiano. Le sue politiche hanno avuto un enorme successo e sono state benefiche per il popolo americano, ma questo è al 100%, del tutto irrilevante per la sinistra. Il popolo non significa nulla per loro, se non come schiavi che devono sottomettersi ai loro padroni o essere rimossi. I 60-70 milioni di cinesi massacrati da Mao Zedong ne sono una testimonianza. Lo stesso vale per Stalin e per tutti gli altri criminali di sinistra. L'"amore" della sinistra americana per i bambini si manifesta nella loro disponibilità a lasciarli mutilare in nome di un'ideologia perversa che in cambio dà al Partito Democratico la sua devozione servile. Gli elitari odiano Trump perché, come Gesù, li espone per gli ipocriti che sono. Hanno passato quattro anni, ogni giorno, 24 ore su 24, cercando di distruggere quest'uomo. E, come stiamo apprendendo, hanno evocato ogni pratica losca che potevano architettare per negargli la rielezione nel 2020. E se, per esempio, DeSantis dovesse ricevere la nomination nel 2024 ed essere percepito come una minaccia simile (e lo sarà), sposteranno tutta la loro animosità e il loro veleno verso di lui. Non si tratta di Trump, di per sé. È che la sinistra adora il potere e, come tutti i Torquemada mai esistiti, le élite faranno di tutto per distruggere chiunque si opponga alla loro insaziabile brama di dominio.

Vi odiano perché ostacolate ciò che amano di più. Una madre orso difende i suoi cuccioli. Con ferocia.




Gino Quarelo
Paragonare Trump a Gesù Cristo e i democratici liberal agli ebrei ortodossi detti farisei è semplicemente demenziale, una manipolazione della realtà.
Non vi è alcuna analogia tra Trump e l'ebreo esaltato e fanatico Gesù Cristo che demenzialmente si credeva il Messia figlio di Dio, come non vi è alcuna analogia tra i liberal di Biden e gli ebrei detti farisei che accusarono giustamente l'ebreo Gesù Cristo di blasfemia.
Per il resto sono abbastanza d'accordo.

Tassilo Del Franco
Gino Quarelo
Io sto sempre attento a non urtare la sensibilità dei miei amici ebrei.
Fai anche tu altrettanto con i cristiani, poiché parecchi di loro sostengono le cose in cui credi e difendono te e l’Ebraismo. Solo così meriterai di condividere un terreno di dialogo con chi ha una fede diversa dalla tua.

Gino Quarelo
Io non sono ebreo sono un ex cristiano divenuto aidolo.
L'antisemitismo dei cristiani che ha portato allo sterminio degli ebrei nasce proprio da questa credenza idolatra. Io conosco un mucchio di cristiani che odiano gli ebrei proprio per questo.
I cristiani usano demonizzare gli ebrei usando malamente le figure dei farisei accusati di aver ucciso o di aver fatto uccidere Gesù Cristo - Dio.

Tassilo Del Franco
Gino Quarelo
Ciò che ho detto vale comunque. Chiunque abbia una fede merita rispetto, e non questi toni poco civili.

Gino Quarelo
Una fede che manca di rispetto non merita rispetto.
Anche i nazi maomettani che demonizzano e uccidono i non mussulmani (specialmente ebrei e cristiani) hanno una fede e quindi secondo te dovrebbero essere rispettati in questo?

Tassilo Del Franco
Gino Quarelo
Ok. Vaff…

Gino Quarelo
Grazie!


Quali sarebbero i miei toni poco civili e in che cosa avrei mancato di rispetto?
Io rispetto tutti gli esseri umani nei loro valori umani e universali che hanno a loro volta rispetto per gli altri, ma non rispetto assolutament chi non ha rispetto per gli altri in ciò che tutti gli esseri umani hanno in comune e di universale, tra cui la vita, la libertà, la dignità e la spiritualità comune a tutti gli esseri viventi a all'intero universo.
Ma non posso rispettare le credenze o fedi o ideologie religiose o socio politico religiose che si appropriano di Dio per imporsi attraverso Dio a tutti gli altri esseri umani, fedi religiose che inducono a disprezzare, odiare, discriminare, demonizzare, depredare, schiavizzare, uccidere e sterminare.
Nessuna credenza religiosa contiene Dio, l'universalità divina e la spiritualità universale.


RON PAUL CHIEDE LA FINE DELL'FBI
22 dicembre 2022

https://www.facebook.com/maria.buzolich ... FfSrpQ7eml

Il senatore repubblicano Ron Paul ha chiesto l'abolizione dell'FBI, in risposta a un thread su Twitter del giornalista Matt Taibbi che indica che l'ufficio chiedeva ai dipendenti di Twitter di agire contro determinati account, compresi quelli che pubblicavano quella che consideravano disinformazione elettorale.
Lunedì il senatore ha pubblicato un articolo intitolato "'Twitter Files' Make It Clear: We Must Abolish the FBI" (Dai TwitterFiles la prova che dobbiamo abolire l'FBI), sul suo sito web del Ron Paul Institute. "Quindi, ora abbiamo la prova che l'FBI (insieme alle agenzie di intelligence statunitensi e al Dipartimento per la sicurezza interna) ha agito attraverso società di social media" private "per manipolare ciò che gli americani sono autorizzati a dire quando comunicano tra loro.
"C'è qualcosa di più antiamericano di questo? Personalmente, lo trovo disgustoso. Non abbiamo bisogno che l'FBI e la CIA e altre agenzie federali ci vedano come il nemico e attacchino la nostra Costituzione. Fine della Fed ... e fine del Federal Ufficio investigativo!"
Ron Paul ha sostenuto che Twitter era "essenzialmente una sussidiaria dell'FBI" durante "l'era pre-Musk", aggiungendo: "Sta diventando fin troppo ovvio che le agenzie federali come l'FBI vedevano il Primo Emendamento della nostra Costituzione come un fastidio e un impedimento"




Un titolo del tutto falso e fuorviante, proprio della casta antitrumpiana questa sì "entità" veramente eversiva della democrazia e della sovranità popolare.
Democrazia significa sovranità popolare che il popolo dei cittadini esercità attraverso la volontà della maggioranza e i suoi eletti tra cui il Presidente della Repubblica che negli USA è anche Capo del del governo, a cui le agenzie e gli apparati statali federali sono subordinati e debbono obbedienza.



Made in Usa | Le tre mosse di Trump per destabilizzare la democrazia americana - Linkiesta.it
Mario Patrono
30 Dicembre 2022

https://www.linkiesta.it/2022/12/donald ... americana/

Bisogna ragionare adesso sui poteri presidenziali o, meglio, su come Trump li ha esercitati nel corso del suo mandato, e ciò allo scopo – anche qui – di trarre dalla lezione trumpiana lo spunto per suggerire da parte nostra qualche accorgimento che possa aiutare a rimettere in qualche modo quei poteri sui binari di un loro uso corretto. Due parole, intanto, sul processo evolutivo della presidenza USA, dando per scontata la continua e crescente centralità potestativa e di ruolo acquisita dal Presidente sulla scena politica nazionale.

Delle due teorie che da sempre, si può dire, si sono contese il campo in materia di poteri presidenziali: la teoria per cui nel Presidente degli Stati Uniti i poteri di Capo dello Stato e quelli di Capo del potere esecutivo coincidono senza residui e sono quei soli poteri «limitati, enumerati e delegati» che la Costituzione all’art. II gli conferisce15, o gli abbia temporaneamente delegato il Congresso in forza di una legge; e la contrapposta teoria per cui competono al Presidente, oltre ai poteri di Capo del potere esecutivo, quelli ben più ampi e indeterminati di Capo dello Stato; ha prevalso, delle due, quella che riconosce al Presidente anche poteri non concessi dalla Costituzione ma inerenti all’essere egli l’interprete privilegiato degli interessi permanenti e unitari della comunità nazionale, nella loro continuità storica e nell’ambito del Plan of Government delineato dalla Costituzione.

(…)

Poi, all’improvviso, sul proscenio della politica americana sale nel 2016 Donald Trump. «Asserting that his election represents a “mandate” from people for massive change» (c.d. Ackerman’s Prophecy), Trump tenta di condurre in porto un’impresa che nessun Presidente aveva tentato prima di lui: fare dell’Esecutivo un potere autosufficiente e indipendente dagli altri poteri. Questo tentativo, che certo sarebbe stato condotto assai avanti se Trump fosse ritornato alla Casa Bianca il 20 gennaio 2021, e che altrettanto certamente chiunque dopo Trump e come Trump non potrebbe che mettere in atto, si è andato articolando su tre “mosse” complementari e convergenti ad uno scopo: fare della presidenza un potere incontrollato.

La prima mossa
La prima “mossa” ha riguardato le agenzie indipendenti che operano all’interno dell’Amministrazione (independent agencies). Sappiamo che intorno al Presidente vi è una struttura esecutiva che può essere descritta come un insieme di cerchi concentrici. Nel primo vi sono i più stretti collaboratori del Presidente, che costituiscono l’Ufficio della Casa Bianca (Executive Office). Il secondo cerchio è costituito dai Dipartimenti, presieduti dai Segretari, nominati e revocabili dal Presidente. Nel cerchio più lontano vi sono le agenzie indipendenti e in particolare le commissioni regolatrici indipendenti (independent regulatory commissions). Il tentativo fatto da Trump è stato appunto quello di assorbire nella sfera del controllo presidenziale anche queste strutture, cancellando così il loro distintivo carattere di indipendenza. Su questo piano, qualche risultato Trump lo ha conseguito.

(…)

La seconda mossa
Una seconda “mossa” con la quale Trump ha tentato di fare dell’Esecutivo un potere autosufficiente e indipendente dagli altri poteri è stata quella di governare attraverso strumenti capaci di schivare i controlli del Congresso25. Lo strumento più di altri usato a tal fine è l’executive order. Trump, semplicemente, ha saputo abilmente sfruttare, come altri suoi immediati predecessori, quelli che sono i maggiori “spazi di labilità” del sistema: l’assenza di un controllo politico (congressuale) sugli executive orders; e la rinuncia delle Corti, e segnatamente della Corte suprema, ad espletare un controllo di ragionevolezza delle azioni esecutive nel timore di ostacolare le scelte politiche del Presidente; e lo ha fatto, Trump, rovesciando per mezzo di executive orders settori cruciali della politica americana: clima, istruzione, assistenza sanitaria, immigrazione, regime dei media.

Fin qui, niente di nuovo. L’uso fatto da Donald Trump degli (o meglio, di alcuni degli) executive orders non si è però limitato allo scopo di aggirare l’ordinario procedimento legislativo, ma ha inteso eludere la stessa rule of law chiamando in causa a tal fine la “ragion di Stato”, vale a dire la national security, forzando così la mano al Congresso e nello stesso tempo mettendo “in fuori gioco” il controllo delle Corti, come è dimostrato dalla richiesta dei cosiddetti defence funds utilizzati per la costruzione del muro con il Messico, nonché dalla tribolatissima vicenda del travel ban/Refugee Admissions Programme. Questa situazione, che rischia di sbilanciare in modo irreparabile l’equilibrio tra le istituzioni di governo, e che rischia altresì di oscurare le decisioni del potere agli occhi dell’opinione pubblica, è tutt’altro che facile da frenare.

(…)

La terza mossa
La terza “mossa” fatta da Trump al fine di sganciare – per quanto possibile “a Costituzione vigente” – la presidenza dalla rete dei controlli predisposti dall’ordinamento sull’azione esecutiva è stata quella che passa attraverso la nomina di giudici delle Corti federali d’appello e, in primis, di giudici della Corte suprema, istituzione che ha il privilegio unico e incommensurabile di “dire” ciò che dice la Costituzione. Da questo punto di vista, le nomine decise da Trump presentano un elemento di singolarità che le accomuna. E ciò è vero non perché Trump ha voluto scegliere coloro che avessero una forte consonanza di vedute con lui, in particolare su temi sensibili come l’omosessualità, i diritti delle donne, la violenza sessuale, la libertà di mettere al mondo dei figli, l’atteggiamento nei confronti dell’ambiente e dei disabili; e neppure perché ha circoscritto la scelta dei giudici della Corte suprema a coloro che seguono l’originalismo. In realtà, ogni Presidente, tutte le volte che nel corso del suo mandato si renda vacante, per morte o per dimissioni, uno o più posti di giudice federale o di giudice della Corte suprema, provvede alla sostituzione designando, previo advice and consent del Senato, qualcuno che ne condivida la visione politica.
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Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:10 pm

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Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:10 pm

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Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:10 pm

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Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:11 pm

18)
Il colpo di coda della Camera eversiva a maggioranza democratica che a gennaio 2023, con l'insediamento dei nuovi eletti, diverrà a maggioranza repubblicana, ha votato per incriminare il buon Trump per insurrezione e frode. Con il concorso dei repubblicani antitrumpiani come la Liz Cheney che non è stata rieletta.
Nell'Occidente democratico i cattivi e gli eversori non usano la violenza fisica bensì le menzogne, le diffamazioni, le calunnie, le censure e le persecuzioni giudiziarie.

Assalto a Capitol Hill, Trump deferito per insurrezione e frode - Mondo
Agenzia ANSA
19 dicembre 2022

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... c7fcb.html

Con una mossa senza precedenti nella storia americana, una commissione parlamentare ha deferito un ex presidente al ministero della giustizia, per reati gravissimi.

Il 'panel' della Camera che da un anno e mezzo sta indagando sull' assalto al Capitol del 6 gennaio 2021 ha concluso la sua ultima udienza pubblica approvando all'unanimità la relazione finale dell'inchiesta (che sarà diffusa mercoledì) e decidendo di deferire alla giustizia Donald Trump per almeno quattro reati: aver assistito o aiutato un'insurrezione, aver ostruito il Congresso nella certificazione della vittoria di Joe Biden, aver cospirato per rendere false dichiarazioni (al governo federale) e per frodare gli Stati Uniti.

Una mossa che mina la sua nuova corsa presidenziale, dipingendolo come il regista di un' operazione premeditata con la falsa dichiarazione di vittoria, la 'big lie' sulle frodi di massa e l'istigazione ad una marcia sovversiva sul Capitol.

Insieme al tycoon sono stati deferiti il suo ex avvocato John Eastman, uno degli 'architetti' del tentativo di ribaltare il voto, ed altri stretti alleati di Trump. Quattro parlamentari repubblicani (Kevin McCarthy, speaker in pectore della Camera, Jim Jordan, Scott Perry e Andy Biggs) saranno inoltre deferiti alla commissione etica della Camera per non aver ottemperato alle citazioni. "Il presidente è stato molto chiaro, la nostra democrazia continua a rimanere sotto minaccia e tutti noi abbiamo una parte per proteggerla", ha reagito la Casa Bianca tramite la portavoce Karine Jean-Pierre. "Il nostro non è un sistema dove i fanti vanno in prigione e le menti e i capobanda restano in liberta'", ha ammonito alla fine dell'udienza il dem Jamie Raskin, uno dei nove deputati 'inquirenti'. Trump ha dimostrato di essere "inadatto per qualsiasi nuovo incarico pubblico", aveva accusato in apertura Liz Cheney, una dei due soli repubblicani della commissione, di cui è vicepresidente.

"Ha infranto la fiducia" nel sistema elettorale, aveva detto poco prima Bennie Thompson, presidente della commissione: "sapeva di aver perso le elezioni del 2020 ma scelse di rimanere in carica attraverso uno schema articolato per ribaltare i risultati. Non abbiamo mai avuto un presidente che ha scatenato un violento tentativo di bloccare il trasferimento del potere". "Ogni presidente nella nostra storia ha difeso questo ordinato trasferimento dei poteri, tranne uno", ha rincarato Cheney. "Tra le cose più vergognose scoperte dal questa commissione - ha proseguito - c'è il fatto che Trump restò seduto nella dining room fuori dell'Ufficio Ovale a guardare alla tv la violenta sommossa al Capitol. Per ore non fece alcuna dichiarazione pubblica per ordinare ai suoi supporter di disperdersi e di lasciare il Capitol, nonostante le sollecitazioni dello staff della Casa Bianca e di decine di altre persone".

"Durante quel periodo di tempo, agenti furono attaccati e seriamente feriti, il Capitol fu invaso, il conteggio dei voti fu bloccato e le vite di coloro che stavano in parlamento furono messe a rischio", ha aggiunto Cheney, definendo il comportamento dell'ex presidente non solo "illegale ma anche un completo fallimento morale e una chiara inadempienza del dovere".

Il deferimento non obbliga il dipartimento di giustizia ad intraprendere alcuna azione ma manda un segnale potente sulle responsabilità di Trump nell'assalto al Campidoglio. In ogni caso il dipartimento ha già i fari puntati su Trump in un' indagine penale sulla stessa vicenda, come pure in quella del sequestro di documenti classificati nella sua residenza di Mar-a-Lago. Ad aggravare la situazione del tycoon potrebbe essere martedì la commissione fiscale della Camera se decidesse di rendere pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi di ben otto anni dopo essere riuscita ad acquisirle.



La commissione sull'attacco al Congresso ha chiesto di incriminare Trump - Il Post
lunedì 19 Dicembre 2022

https://www.ilpost.it/2022/12/19/commis ... 6-gennaio/

Nella sua ultima udienza pubblica ha raccomandato al dipartimento di Giustizia di perseguire l'ex presidente per quattro accuse

La commissione d’inchiesta della Camera statunitense sull’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021 durante la sua ultima udienza pubblica, il 19 dicembre 2022 (AP Photo/Jacquelyn Martin, LaPresse)

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La commissione d’inchiesta della Camera statunitense che ha indagato sull’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021, compiuto dai sostenitori dell’allora presidente Donald Trump per cercare di fermare la certificazione dell’elezione vinta da Joe Biden, ha raccomandato al dipartimento di Giustizia di indagare Trump per quattro reati: intralcio a una procedura ufficiale – la certificazione del risultato elettorale – del Congresso, cospirazione ai danni degli Stati Uniti, cospirazione per false dichiarazioni e incitamento o assistenza all’insurrezione. L’ultima accusa è la più grave.

Quelle della commissione, di cui lunedì si è svolta l’ultima udienza pubblica dopo 18 mesi di indagini, non sono incriminazioni formali. La commissione infatti non ha il potere di mettere sotto processo nessuno. I suoi nove membri, di cui sette Democratici e due Repubblicani, hanno votato all’unanimità le raccomandazioni al dipartimento di Giustizia (l’analogo americano del ministero della Giustizia italiano). Nell’ultimo anno e mezzo hanno ascoltato più di mille testimoni per l’indagine e raccolto più di un milione di documenti.

Il dipartimento di Giustizia sta già portando avanti una propria indagine sull’attacco del 6 gennaio e centinaia di persone si sono già dichiarate colpevoli di vari reati federali. Non è detto che seguirà le raccomandazioni della commissione della Camera.

La commissione era stata istituita il primo luglio 2021 ed era stata il risultato di un lungo e duro dibattito tra Democratici e Repubblicani al Congresso su come indagare sui fatti del 6 gennaio. Dopo un primo periodo in cui avevano criticato Trump per l’assalto al Congresso, quasi tutti i Repubblicani erano tornati a sostenere l’ex presidente, che è tuttora la figura più potente e influente del partito: per questo il tentativo dei Democratici di istituire una “commissione bicamerale”, cioè un organo bipartisan, e quindi più partecipato e autorevole, come quello che indagò sugli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, era fallito.

La commissione che ha indagato è una “commissione speciale”, istituita quasi esclusivamente con i voti dei Democratici. I due Repubblicani che ne fanno parte sono stati ostracizzati dai loro colleghi per questo. Sono Liz Cheney, deputata del Wyoming nonché figlia dell’ex vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney, che per la sua decisione ha lasciato tutti gli incarichi di responsabilità che deteneva nel partito, e Adam Kinzinger dell’Illinois, che non si è presentato alle elezioni di novembre.

Durante l’udienza Cheney, che era la vicepresidente della commissione, ha detto che tra i fatti «più vergognosi» che la commissione si è trovata a prendere in considerazione ci sono le prove che durante l’assalto al Congresso Trump rimase seduto nella sala da pranzo vicina allo Studio Ovale nella Casa Bianca guardando gli scontri in televisione, senza diffondere alcun messaggio che invitasse i suoi sostenitori a desistere dall’assalto. E questo nonostante gli inviti dei suoi collaboratori e dei membri della sua famiglia. Per questo secondo Cheney Trump «non è adatto a ricoprire nessun incarico pubblico».

Non era mai successo che una commissione parlamentare raccomandasse di incriminare un ex presidente.



La Commissione sull’assalto al Congresso: «Trump sia incriminato». Ora che succede?
La Commissione della Camera degli Usa che ha indagato sull’assalto al Congresso del 6 gennaio ha tenuto oggi l’ultima audizione, stabilendo che «Trump ha cercato di rimanere al potere attraverso un complotto teso a rovesciare i risultati» delle elezioni 2020. Cosa può succedere adesso?
Viviana Mazza
19 dicembre 2022

https://www.corriere.it/esteri/22_dicem ... 476d.shtml

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK —Dopo 18 mesi, dieci audizioni in diretta tv e oltre mille testimonianze raccolte, la Commissione della Camera che indaga sul 6 gennaio 2021 ha raccomandato all’unanimità al dipartimento di Giustizia di perseguire penalmente Donald Trump per incitamento all’insurrezione e almeno altri tre capi d’accusa: ostruzione di un procedimento ufficiale (ovvero la certificazione delle elezioni del 2020 e il trasferimento del potere al suo successore Joe Biden); cospirazione per frodare gli Stati Uniti; cospirazione per rendere false affermazioni (in particolare producendo certificati elettorali falsificati dei Grandi Elettori).


Senza precedenti

I deferimenti nei confronti di un ex presidente sono senza precedenti nella storia degli Stati Uniti ma anche simbolici: non vincolano il dipartimento di Giustizia, che sta già indagando su Trump, ad incriminarlo. Nell’audizione di ieri, l’ultima prima dell’insediamento della nuova Camera a maggioranza repubblicana a gennaio, la repubblicana Liz Cheney ha affermato che l’ex presidente, per ragioni legali e morali, non deve mai più svolgere un ruolo politico. Sulla base del 14esimo emendamento, una condanna per «insurrezione» potrebbe impedire a Trump, che si è ricandidato alla Casa Bianca, di occupare una carica federale in futuro.


L’incriminazione

La Cnn ha convocato in studio Bob Woodward e Carl Bernstein, i reporter del Watergate, i quali hanno dichiarato che, in base alle loro fonti, il dipartimento di Giustizia va verso la decisione di incriminare Trump. Se così fosse non è chiaro se seguirebbe i capi d’imputazione consigliati dalla Commissione. Mentre l’ostruzione di procedimento ufficiale è stata usata in numerosi processi contro i rivoltosi del 6 gennaio, l’incitamento all’insurrezione è un’accusa rara e difficile da provare. Nonostante la Commissione citi il parere favorevole di un giudice federale e affermi che non è necessario provare l’accordo esplicito di Trump con i rivoltosi ma che basta dimostrare che abbia fornito «aiuto e conforto» (invitandoli via Twitter a «lottare come dannati» e aspettando 187 minuti prima di fare appello alla calma), l’ex presidente si appellerebbe al Primo emendamento che protegge il discorso politico. Procedere con l’incriminazione non è una decisione semplice per il ministro Merrick Garland, che ha nominato un procuratore speciale Jack Smith: verrebbero accusati dalla destra di fare un uso politico della Giustizia. I repubblicani già stanno preparando un contro-rapporto per rispondere a quello della Commissione. Trump è già criticato da molti repubblicani dopo le elezioni di midterm, bisognerà vedere in che modo una eventuale incriminazione cambierebbe le carte sul tavolo.


«Gli altri» (Giuliani compreso)

Il deputato democratico James Raskin ha sottolineato che per il 6 gennaio non si possono punire solo i «pedoni», bisogna colpire i «mandanti» e i «capobanda». Oltre all’incriminazione di Trump, la Commissione raccomanda quella del suo avvocato John Eastman (considerato l’ideatore della teoria secondo cui il vicepresidente Mike Pence avrebbe potuto bloccare la certificazione delle elezioni) e «altri». Non è un’assoluzione per l’avvocato Rudy Giuliani, l’ex capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, il funzionario del ministero della Giustizia Jeffrey Clark (eccetera) ma il riconoscimento di non avere sufficienti prove — e forse una tattica per spingere ulteriori ex membri dell’Amministrazione a collaborare. Diversi lo hanno fatto, inclusa la ex direttrice della comunicazione Hope Hicks, sentita ieri per la prima volta. La Commissione afferma che Trump «sapeva di aver perso» e ha agito in modo premeditato con pressioni a ogni livello, dagli Stati al ministero della Giustizia fino alla folla di sostenitori armati. Hicks ha affermato che, già prima del 6 gennaio, lei e altri tentarono di convincerlo ad ammonire i sostenitori a manifestare in maniera «non violenta», ma avrebbe rifiutato, dicendo: «L’unica cosa che conta è vincere». Un altro punto saliente: ci sono stati «diversi tentativi» di Trump di contattare testimoni, offrendo compensi e impieghi per dissuaderli dal collaborare: il rapporto che sarà pubblicato per intero domani darà altri dettagli. La Commissione ha infine raccomandato che quattro repubblicani tra cui il possibile futuro speaker Kevin McCarthy compaiano di fronte alla Commissione etica della Camera per aver rifiutato di testimoniare, ma è improbabile che ricevano sanzioni.


6 Gennaio, atto finale: contro Trump accuse infondate e un processo politico
Federico Punzi
23 dicembre 2022

https://www.nicolaporro.it/atlanticoquo ... -politico/

La Camera dei Rappresentanti sta per passare – da gennaio – sotto il controllo dei Repubblicani, ma la Commissione 6 Gennaio ha voluto piazzare in extremis il suo colpo di teatro finale, deferendo l’ex presidente Donald Trump al Dipartimento di Giustizia con le accuse di ostruzione al Congresso, frode contro gli Stati Uniti e addirittura insurrezione, per il noto assalto al Campidoglio di Washington del 6 gennaio 2021.

Solo raccomandazioni, senza effetti legali. Ma se si vanno a guardare i procedimenti penali in corso da due anni nei confronti dei manifestanti in relazione ai fatti di quel 6 gennaio emerge limpidamente la totale strumentalizzazione politica da parte della Commissione voluta da Nancy Pelosi.

Basti pensare che su oltre 800 “rivoltosi” perseguiti, il Dipartimento di Giustizia non ha accusato una sola persona del crimine federale di insurrezione. Nemmeno quelli che hanno chiaramente commesso atti di violenza. Inoltre, nei procedimenti per i capi d’accusa più gravi – cospirazione sediziosa e cospirazione per ostacolare il Congresso – il DOJ non ha nemmeno citato Trump come co-cospiratore, tanto meno lo ha accusato.

Al contrario, i procuratori hanno ritenuto che Trump sia stato un pretesto per la violenza, non il suo catalizzatore, e hanno persino respinto con forza i tentativi di alcuni rivoltosi di difendersi addossando la colpa all’ex presidente.

Impensabile anche incriminare Trump per istigazione ad un crimine violento, perché l’ex presidente ha esplicitamente chiesto una manifestazione pacifica. E se la Commissione ha potuto deliberatamente eliminare dai suoi atti ogni riferimento di Trump alla nonviolenza, un procuratore non potrebbe farlo. E in ogni caso, emergerebbe come prova a discarico durante il dibattimento.

Come ha ricordato sul New York Post l’ex procuratore Andrew McCarthy, non di simpatie trumpiane, spetta al Dipartimento di Giustizia avviare l’azione penale. E poiché ha “una competenza istituzionale e un arsenale investigativo superiori, non è né necessario né prudente per i procuratori fare affidamento su una valutazione del Congresso, un organo politico, per stabilire se siano stati commessi crimini”.


Processo politico

In particolare, proprio la Commissione 6 Gennaio è risultata essere molto faziosa nella sua composizione e nel suo operato. Formalmente bipartisan, in realtà anche i due membri Repubblicani sono stati scelti dalla Speaker Nancy Pelosi – nonostante la contrarietà della leadership Gop – in base al criterio dell’odio per Trump.

La Commissione non ha consentito alcun controinterrogatorio, le sue udienze si sono svolte in assenza di contraddittorio. Testimonianze e video montati ad arte per offrire una rappresentazione drammatica, a supporto di una unica narrazione rimasta incontrastata. In breve, si è trattato di un processo politico a senso unico.


La difesa di Trump

Ecco perché il deferimento di Trump al Dipartimento di Giustizia da parte della Commissione può persino minare la credibilità di una eventuale azione penale nei suoi confronti.

Come osserva McCarthy, infatti, anche se i procuratori dovessero mettere in piedi in modo scrupoloso un caso con prove e testimonianze attendibili, dopo la richiesta di incriminarlo arrivata dalla Commissione 6 Gennaio Trump potrebbe sostenere in modo plausibile che l’accusa è politicamente motivata.

Potrebbe per esempio osservare, senza poter essere smentito, che il Dipartimento di Giustizia di Joe Biden non aveva intrapreso alcuna azione fino a quando la Commissione del Congresso, sotto il controllo dei Democratici, non ha espressamente richiesto un procedimento giudiziario.

E sarebbe in grado di sostenere correttamente che il DOJ non aveva accusato Trump, né accennato ad un suo coinvolgimento diretto nei casi che ha intentato contro 800 persone nell’arco di due anni.

E potrebbe altresì notare che solo dopo aver annunciato la sua candidatura alla Casa Bianca contro il presidente Biden, e su richiesta di una Commissione estremamente partigiana, solo allora il Dipartimento di Giustizia di Biden ha formulato il suo atto d’accusa, con il plausibile scopo di eliminare un candidato scomodo.

Le richieste della Commissione 6 Gennaio, conclude McCarthy, “non aiutano il DOJ a costruire un’accusa, ma potrebbero benissimo aiutare Trump a costruire la sua difesa“.


Il fallimento della Commissione

In realtà, il fallimento della Commissione è evidente: non solo non ha trovato il minimo nesso penalmente perseguibile che possa collegare Trump alla violenza del 6 gennaio. Ammesso che intendesse davvero interrompere la transizione pacifica del potere, la Commissione non si è avvicinata a provare oltre ogni ragionevole dubbio nemmeno questo.


Responsabilità della Pelosi insabbiate

Tra l’altro, dalle e-mail e dai messaggi resi pubblici da cinque Repubblicani della Camera – e ovviamente ignorati dalla Commissione 6 Gennaio – emerge che la Speaker Pelosi non solo rifiutò l’assistenza della Guardia Nazionale offerta dall’amministrazione Trump, ma ignorò gli avvertimenti di minacce alla sicurezza, negando alla polizia le risorse adeguate che pure erano state richieste.

Come riportato da John Solomon, i messaggi indicano che il suo staff iniziò a incontrare e comunicare con i funzionari che pianificavano la sicurezza del Campidoglio, e ne modificavano anche i piani, dall’inizio di dicembre 2020 fino alle ultime 48 ore prima dell’assalto, nonostante Pelosi avesse negato che lei o il suo staff avrebbero potuto influenzare la sicurezza quel giorno in cui il Congresso fu violato (“non ho alcun potere sulla polizia del Campidoglio”) .

Comunicazioni intercorse nello stesso periodo in cui la polizia del Campidoglio iniziava a ricevere informazioni ampie e dettagliate secondo cui gruppi estremisti stavano discutendo di assaltare il Campidoglio, attaccare i parlamentari, prendere di mira i tunnel sotto il complesso e bloccare la prevista certificazione dei risultati delle elezioni del 2020.


???


Michael Wolff: «Trump senza famiglia né consiglieri. Ma la base è con lui, il partito è impotente»
Il giornalista che su The Donald ha scritto tre libri: «Correrà, e DeSantis potrebbe sottrarsi. Strategie di lungo periodo? Per lui non esistono»
Massimo Gaggi
24 dicembre 2022

https://www.corriere.it/esteri/22_dicem ... a441.shtml

Il rapporto finale della commissione parlamentare d’indagine sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 accusa Donald Trump di essere il principale responsabile della sommossa, invita il ministro della Giustizia a incriminarlo e chiede che sia dichiarato ineleggibile a cariche pubbliche . Dalle prime anticipazioni sulla sua posizione di contribuente davanti al Fisco emerge l’immagine di un imprenditore ed ex presidente allergico al pagamento delle tasse. E la holding che raggruppa le sue attività, la Trump Organization (da lui sempre descritta come una società ricca, di grande successo, mentre nelle sue dichiarazioni fiscali sembra una collezionista di bilanci in perdita) è stata appena condannata per frode. La stella di The Donald sta tramontando? La candidatura alle presidenziali 2024 può evaporare? Strada libera per il governatore della Florida Ron DeSantis, nuova bandiera dei conservatori?

«Trump non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. È sotto attacco, ma vede nella candidatura la sua miglior difesa. E, se decide di andare fino in fondo, non vedo repubblicani in grado di contrastarlo», sentenzia Michael Wolff, suo critico feroce nei libri di enorme successo che ha pubblicato negli anni scorsi, da Fuoco e Furia (5 milioni di copie vendute nel mondo) ad Assedio e Landslide, suo frequente interlocutore.

Secondo alcuni sondaggi, DeSantis ha più chance di Trump di battere Biden nelle presidenziali 2024.
«Non so se DeSantis si candiderà. Al suo posto ci penserei bene: Trump non sa governare, ma è molto bravo a demolire. E, a 43 anni, Ron può permettersi di non avere fretta. Non so se gli conviene impegnarsi ora in una battaglia che potrebbe anche risolversi, per lui, in un massacro. Comunque non dico che Trump sarà il prossimo presidente. Biden ha sicuramente il vantaggio delle capacità professionali necessarie per governare e per condurre una campagna elettorale efficace. D’altro canto, i democratici hanno anche l’handicap di un linguaggio politico lontano da quello della gente, incomprensibile per gran parte degli americani».

Ma se i repubblicani sanno che con lui è probabile la sconfitta perché dovrebbero dare la nomination a un leader sempre più solo che non ha più una squadra di persone capaci attorno a sé?
«Di più: è stato mollato anche dalla sua famiglia. Ivanka e Jared Kushner non lo seguono nella nuova avventura politica. Perfino un fedelissimo come il primogenito Donald Jr. si tiene un po’ in disparte. Ed è vero, non ha più un team. Ma non lo vuole nemmeno, non gli serve. Per lui gli assistenti sono un impaccio: vive nella prigione dei suoi monologhi che non tollerano interruzioni o verifiche sulla realtà dei fatti. Meglio evitare pensosi consiglieri: tutto dipende dalla sua testa caotica. E quindi anche la campagna sarà caotica. Il partito lo sa ed è preoccupato, ma non può fare nulla: Trump è blindato dalla sua base entusiasta. È minoritaria nel Paese, ma è comunque un esercito sterminato e determinato. Chi lo ferma?».

Un’incriminazione?
«Non credo, anche se qui è meglio essere prudenti. Le inchieste aperte sono diverse e, oltre ai grand jury i cui atti sono già noti, ce ne sono almeno altri due o tre al lavoro su filoni di cui non sappiamo ancora nulla. Certo, non ci sono precedenti in America di politici candidati alla presidenza mentre erano sotto incriminazione penale. Un Trump sotto processo sarà più debole nel voto presidenziale, ma l’indictment galvanizzerà ancora di più la sua gente».

Campagna caotica con la spada di Damocle dell’incriminazione. Ma Trump si è anche dimostrato un animale politico e mediatico che, sottovalutato, è stato capace di sorprendere. Imparerà dai suoi errori? Tornerà Steve Bannon ad aiutarlo?
«Trump commette molti errori, ma non li corregge perché li considera virtù. E Bannon, che pure lo sostiene, non tornerà: nel 2016 Trump gli lasciò la guida della campagna quando era ormai convinto di perdere. Steve azzeccò alcune mosse che consentirono a Donald di recuperare un paio di Stati che i sondaggi attribuivano alla Clinton. Bannon si vantò del suo successo e lì si ruppe il rapporto con Trump, che non tollera comprimari. Ora il problema è lo stesso: Bannon vuole essere protagonista: inaccettabile per The Donald».

Una curiosità: perché continua a parlare con te e con altri, come Bob Woodward, che poi lo demolite nei vostri libri e articoli? Dovrebbe essere furioso.
«Sbagli. Trump può anche arrabbiarsi per i nostri giudizi, ma alla fine per lui conta una parola sola: more, di più. Vuole più interesse, anche con giudizi negativi. Dite sempre che vuole assolutamente vincere: in realtà la cosa che gli interessa di più è essere al centro dell’attenzione. Erano i suoi consiglieri che cercavano di non farlo parlare coi giornalisti “nemici”. Ora che non ci sono più filtri, per noi è molto accessibile. E spesso è lui a chiamare».

Ma se i giudizi negativi lo porteranno alla sconfitta, per lui arriverà una dura resa dei conti, forse anche giudiziaria. Questo non dovrebbe frenarlo?
«Pensi che Trump sia uno che concepisce strategie di lungo periodo? Lui reagisce in base agli istinti del momento: esiste solo qui e ora».




Ecco i titoli dei media antitrump, una panoramica di google, piattaforma antitrumpiana come era Twitter





L'ambigua posizione di falsi liberali anti Trump e chiaramente filo democratici, che riciclano l'eversiva versione dei democratici contro Trump, facendosi passare per filo repubblicani.

La pericolosa situazione del Partito Repubblicano
Antonio Donno
26 dicembre 2022

https://www.facebook.com/groups/1807630 ... 226872240/
https://www.facebook.com/groups/1807630 ... 8152774528

I tempi si stringono intorno alla messa in stato di accusa di Donald Trump. Cospirazione, incitamento all’insurrezione, ostruzione di un procedimento ufficiale sono stati i reati per i quali Trump è stato deferito al Dipartimento di Giustizia. Ma il percorso è ancora lungo e soprattutto deve essere concluso entro il 3 gennaio, quando la Commissione della Camera dei Rappresentati passerà nelle mani dei Repubblicani. In questo caso, è certo che i reati contestati a Trump non saranno convalidati. Da questa situazione nasce la necessità dei Democratici di accelerare i tempi per la conclusione del procedimento contro Trump e per portare l’ex presidente di fronte a un tribunale.
Intanto, però, Trump ha provveduto nei mesi passati a rafforzare la parte del Partito Repubblicano a lui favorevole e a riportare sotto il suo controllo i reprobi del partito. Le elezioni di medio termine negli Stati Uniti non hanno affatto visto il crollo del Partito Repubblicano. Al contrario, la Camera dei Rappresentanti ha una maggioranza repubblicana e, a livello dei singoli Stati, i politici repubblicani seguaci di Trump hanno spesso prevalso su quelli contrari all’ex presidente. La situazione all’interno del Partito Repubblicano è, dunque, in una fase di difficile orientamento politico in vista delle elezioni presidenziali del 2024.
Infatti, al di là di queste considerazioni sulla sorte di Trump dal punto di vista giudiziario, quello che oggi pesa sulla vita politica americana è il futuro comportamento elettorale del popolo repubblicano. Il Grand Old Party, una delle due colonne della democrazia americana, potrebbe rischiare di scindersi a causa del peso politico che il caso Trump lascia sulle spalle del Partito. Il Gop ha rappresentato, nella storia degli Stati Uniti, il principio dell’ordine sociale, del rispetto dell’autorità, della moderazione. Dopo i fatti del 6 gennaio 2021, quando un’orda di scalmanati ha invaso la Casa Bianca su esplicita sollecitazione dell’ex presidente, producendo un vero e proprio shock nell’intera popolazione americana, oltre che a livello internazionale, il Partito Repubblicano si è visto derubato proprio di quei principi di democrazia, che ne hanno fatto un pilastro insostituibile nella storia degli Stati Uniti.
Due, dunque, possono essere gli esiti di questa tristissima vicenda della storia americana, di un Paese che dalla sua nascita ha rappresentato, nonostante gli inevitabili errori, un punto di riferimento indispensabile per tutti gli uomini liberi o che anelano alla libertà. In primo luogo, se Trump dovesse essere incriminato in via definitiva, la crisi in seno al Partito Repubblicano sarebbe verticale. Il partito potrebbe frantumarsi in diversi rivoli, a seconda delle personalità politiche presenti nei vari Stati e desiderose di acquisire il primato in seno all’elettorato repubblicano. In Florida Ron DeSantis rappresenta l’esempio più evidente di un leader repubblicano intenzionato a prendere in mano le redini del partito; ma, in altri Stati, potrebbero emergere altrettanti aspiranti alla leadership del Gop. In questo caso, però, la lotta tra vari esponenti repubblicani potrebbe portare a una frantumazione del Partito in varie fazioni in lotta fra di loro, con gli esiti politici altamente negativi che ne deriverebbero, soprattutto per un elettorato senza un punto di riferimento politico solido e compatto.
La seconda soluzione sarebbe il contrario della prima. La messa in stato di accusa di Donald Trump potrebbe provocare una reazione di sdegno nei confronti del Partito Democratico che sarebbe accusato di voler monopolizzare il potere politico negli Stati Uniti. Ciò, di conseguenza, potrebbe portare l’elettorato repubblicano a stringersi ancor più intorno alla bandiera del partito e a dar vita a una lotta durissima nelle varie sezioni territoriali nelle quali si divide la Repubblica americana. Trump, in questo caso, avrebbe buon gioco a porsi come la vittima di un complotto politico contro l’intero Partito Repubblicano. La conseguenza sarebbe la prospettiva di vedere gli Stati Uniti in preda a una sorta di guerra civile, con tutto ciò che ne deriverebbe anche per gli equilibri internazionali che oggi sono messi in pericolo dalla presenza di due potenze antidemocratiche intenzionate a espandere il proprio potere egemonico in vari scacchieri della politica globale.


Alberto Pento
Non mi pare che questo articolo sia ben costruito, ad esempio cito questa frase:
"Dopo i fatti del 6 gennaio 2021, quando un’orda di scalmanati ha invaso la Casa Bianca su esplicita sollecitazione dell’ex presidente, producendo un vero e proprio shock nell’intera popolazione americana, oltre che a livello internazionale, il Partito Repubblicano si è visto derubato proprio di quei principi di democrazia, che ne hanno fatto un pilastro insostituibile nella storia degli Stati Uniti."
Non vi è stata alcuna invasione della Casa Bianca ma caso mai del Congresso federale; Trump non ha sollecitato ad invadere e a compiere violenze eversive ma caso mai a manifestare con forza la propria contrarietà per come erano state fatte le elezioni con tutte le loro irregolarità eversive.


La nuova Camera USA a guida repubblicana e a maggioranza trumpiana.
La nuova Camera dei deputati USA a maggioranza e a guida repubblicana, a forte prevalenza trumpiana.
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:11 pm

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Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:12 pm

19)
La Corte Suprema USA conferma la misura introdotta da Trump per bloccare i migranti alla frontiera con il Messico




Usa, Corte suprema mantiene misura di Trump per bloccare migranti
20 dicembre 2022

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/u ... 202k.shtml

Il presidente della Corte suprema Usa John Roberts ha emesso un provvedimento che mantiene provvisoriamente il cosiddetto "Titolo 42".

Si tratta di una misura sanitaria di emergenza introdotta da Donald Trump in nome della lotta al Covid per consentire al governo Usa di espellere senza possibilità di appello i migranti richiedenti asilo che attraversano illegalmente la frontiera col Messico. Un giudice federale aveva stabilito che il provvedimento avrebbe dovuto venir meno mercoledì, ma Roberts ha accolto una richiesta urgente di sospensione presentata da 19 Stati a guida repubblicana, secondo cui la misura è necessaria per evitare un ulteriore aumento dei flussi migratori al confine sud. La sospensione consentirà alla Corte suprema di entrare nel merito del ricorso nei prossimi giorni.



Nella giornata di ieri, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è diretto alla volta di El Paso, la città texana al confine con il Messico, nella prima tappa di un viaggio lungo tre giorni, incentrato su questioni legate all'immigrazione e narcotraffico, che porterà il Presidente a Città del Messico.
Francesco Terracciani
10 gennaio 2023

https://www.facebook.com/francesco.terr ... qUQ8vgzXSl

Nella Capitale messicana il Presidente americano parteciperà a un vertice con il suo omologo messicano Andres Obrador e il Primo Ministro canadese Justin Trudeau.
"Hanno bisogno di molte risorse e noi gliele daremo", questa la dichiarazione di Biden nella cittadina di El Paso.
È la prima volta in più di due anni di presidenza che Joe Biden si mostra di persona a El Paso, accolto dal governatore del Texas, il repubblicano Greg Abbott, che accusa il Presidente, a buon ragione, di aver trasformato il confine in un colabrodo.
Insomma, meglio tardi che mai.
A metà del suo mandato, Biden vuole dimostrare agli americani che la sua amministrazione sta prendendo sul serio la questione migratoria, rafforzando i rapporti con gli agenti della Border Patrol, la forza di polizia incaricata di difendere i confini da immigrati clandestini e narcotrafficanti.
Il membro della Camera dei Rappresentanti Jim Jordan ha dichiarato la volontà di collaborare con il Presidente, a patto che Biden adotti determinate politiche migratorie già prese in passato dall’ex Presidente Donald Trump.
Stando agli ultimi sondaggi, gli americani non sono affatto contenti delle contromisure verso l’immigrazione del democratico Joe Biden. E hanno tutte le ragioni.
Il Governatore del Texas Greg Abbott, prendendo le misure necessarie, sta contrastando le ondate di immigrati clandestini nei quali si nascondono anche esponenti del narcotraffico.
Il suo lavoro lo sta svolgendo nel migliore dei modi difendendo i confini del suo Stato.
Se il Presidente intende collaborare, bene, altrimenti il Governatore continuera' a fare ciò che deve.
Dear President, don't mess with Texas.
Caro Presidente, non si scherza con il Texas.


Migranti, così l’amministrazione Biden difende le politiche di Trump
Roberto Vivaldelli
12 agosto 2021

https://insideover.ilgiornale.it/politi ... p.html/amp

Quando erano all’opposizione i democratici accusavano Donald Trump di essere “disumano” e di applicare politiche sull’immigrazione non degne della tradizione valoriale degli Stati Uniti d’America. Ora che sono al governo sposano la realpolitik e difendono gran parte dei provvedimenti adottati dall’amministrazione Trump. Nonostante l’impegno a invertire rapidamente l’agenda sulle politiche migratorie del suo predecessore, Joe Biden sta facendo l’esatto contrario. Come spiega Politico, negli ultimi sei mesi, il governo degli Stati Uniti ha sostenuto la scadenza di alcuni visti, ha sollecitato requisiti più severi per chi vuole ottenere la green card e ha negato visti a migliaia di immigrati che vivono legalmente negli Stati Uniti. Secondo alcuni esperti ed ex funzionari interpellati dalla testata americana, il dipartimento di Giustizia potrebbe essere in qualche modo costretto a dover difendere i provvedimenti adottati da Trump, ma ciò che è sicuro è che la politica di Biden sull’immigrazione sta mettendo a durissima prova la pazienza degli attivisti e dell’ala più “liberal” del partito democratico.

Attivisti preoccupati dalle politiche di Biden sull’immigrazione

Tant’è vero che alcune settimane fa, diversi gruppi per i diritti degli immigrati, tra cui l’Immigration Hub, l’American Immigration Lawyers Association e il National Immigration Law Center, hanno incontrato il vice procuratore generale Lisa Monaco e il procuratore generale associato Vanita Gupta per esprimere tali preoccupazioni, secondo fonti sentite dal giornale. “Il Dipartimento di Giustizia è stato davvero un centro di gravità per alcune delle più orribili politiche anti-immigrazione partorite dall’amministrazione Trump e in qualche modo è stato davvero il punto di partenza per l’agenda anti-immigrazione di Donald Trump”, ha affermato Sergio Gonzales, che ha lavorato alla transizione di Biden e ricopre il ruolo di direttore esecutivo dell’Immigration Hub.

Qualche cambiamento, in realtà, c’è stato. Il procuratore generale Merrick Garland ha emesso quattro pareri sull’immigrazione negli ultimi due mesi, inclusi quelli che hanno ribaltato le sentenze dell’era Trump che avevano ristretto gli standard di asilo negando protezione alle vittime di violenza domestica e minacce da parte delle gang nel Paese d’origine. Tuttavia, siamo ben lontani dal ribaltare quanto deciso da Donald Trump in questi anni e l’amministrazione Biden continuerà a difendere obtorto collo buona parte dei provvedimenti adottati dall’ex Presidente in tribunale. E all’interno del Partito democratico le divisioni non mancano. “Smettiamola di fingere che i democratici che minacciano di rovinare l’agenda del presidente, distruggere l’espansione dell’assistenza all’infanzia/Medicare e lavorare con il governo repubblicano per rafforzare le parti più crudeli del nostro sistema di immigrazione siano moderati. Non sono moderati. Sono conservatori” ha twittato nelle scorse ore Alexandria Ocasio-Cortez, che non ha mai risparmiato critiche nei confronti della politica migratoria di Biden.


Differenze con Trump? Gli ingressi irregolari

Dire che tutto sia come prima, però, potrebbe essere fuorviante. La grande differenza fra l’amministrazione Trump e quella del suo successore è che continuano a crescere gli ingressi irregolari nel Paese e il governo non sembra avere il polso della situazione. Come riporta Newsweek, “a febbraio hanno attraversato illegalmente il confine 101.095 persone, la popolazione di San Angelo, in Texas; a marzo 173.265 persone, la popolazione di Salem, nell’Oregon; a giugno 188.829 persone, la popolazione di Knoxville, nel Tennessee, mentre a luglio 210.000 persone, la popolazione di Birmingham, in Alabama”.

Crescono, invece, gli arresti al confine meridionale. Come già evidenziato sulle colonne di questa testata nelle scorse settimane, con buona pace della retorica open borders e dei liberal e dei salotti progressisti, lo scorso mese si è registrato il record di arresti di migranti al confine fra Stati Uniti e Messico. Come conferma il Wall Street Journal, la polizia di frontiera degli Stati ha effettuato più di un milione di arresti di profughi dall’inizio dell’anno ad oggi, secondo gli ultimi dati del Customs and Border Protection, il numero più alto dal 2005 ad oggi, segnale che la situazione al confine meridionale è davvero esplosiva e rappresenta una delle partite più complicate per l’amministrazione Biden.

Gli agenti hanno effettuato oltre 178.000 arresti a giugno, con un aumento del 3% rispetto al mese precedente. Il numero di migranti che viaggiano come famiglie e varcano il confine illegalmente è aumentato ancora una volta a giugno a circa 50.000 unità, registrando così un aumento del 23% rispetto al mese precedente. Anche il numero di minori non accompagnati arrestati che attraversano il confine è leggermente aumentato a giugno, toccando quota 15.000. Numeri e segnali che confermano come l’immigrazione sia il tallone d’Achille dell’amministrazione Biden.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » ven gen 13, 2023 11:12 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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