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I peggiori nemici di Trump e dei suoi repubblicani sono la casta dei repubblicani collusa con i democratici e traditori di Trump, quelli del potere ad ogni costo per il potere personaleI conflitti interni ai repubblicani in Georgia tra i trumpiani e gli antitrumpiani hanno fatto vincere due seggi al senato ai democratici che prima erano dei repubblicani.
Le primarie tra le minacce per la figlia dell’ex vicepresidente repubblicanoLiz Cheney si oppone a Trump e si inabissa (nell’indifferenza)
Giuseppe Sarcina
14 agosto 2022
https://www.corriere.it/esteri/22_agost ... 6598.shtmlCHEYENNE (WYOMING) — I trumpiani si sono dati appuntamento ieri a mezzogiorno davanti alla sede dell’Fbi di Cheyenne, la capitale del Wyoming. Domani si voterà per le primarie repubblicane. Sarà il momento decisivo per Liz Cheney, l’anti-Trump, l’anti papa del mondo conservatore. Ma i fedelissimi dell’ex presidente sembrano pensare ad altro, alle manovre del «sistema» per impedire a «The Donald» di vincere nel 2024 . Forse perché il risultato del Wyoming appare scontato: Cheney ha poche speranze di restare deputata a Washington. Nel 2016 e poi nel 2018 vinse il turno preliminare con percentuali schiaccianti, tra il 65 e il 70%. Ora i sondaggi le accreditano un consenso pari appena al 28%, quasi trenta punti in meno rispetto alla sua rivale, Harriet Hageman, appoggiata da Trump e da circa 100 parlamentari del Congresso.
Sappiamo che il consenso di Cheney è in caduta libera da ormai un anno e mezzo. Con altri nove compagni di partito ha votato a favore dell’impeachment contro Trump e poi ha accettato la proposta di Nancy Pelosi: vicepresidente della Commissione di inchiesta sull’assalto a Capitol Hill.
Ora il Wyoming, 600 mila abitanti, lo Stato dei Cheney, potrebbe voltarle le spalle. Suo padre, ex vicepresidente di George W. Bush, vi arrivò con i genitori. Cominciò qui la scalata politica, mantenendo, dal 1979 al 1989, il seggio da deputato che ora è della figlia. Cheney, 56 anni, è cresciuta a Casper. Come il padre è partita da qui. Ha studiato, si è sposata, ha avuto cinque figli, si è costruita una fama di conservatrice inflessibile, intransigente, arrivando a litigare con la sorella Marie, omosessuale dichiarata (poi la crisi familiare è rientrata). Per almeno dieci anni Cheney ha dominato il territorio. Adesso è costretta a nascondersi. Nessun comizio, nessun evento pubblico. Solo interviste televisive e qualche incontro in circoli ristretti. Nelle ultime settimane ha ricevuto troppe minacce. Serie e credibili.
Così la campagna più attesa, osservata con attenzione dalla politica nazionale, sta scivolando via in un clima surreale. A Cheyenne non c’è agitazione. Dopo un lungo giro per le strade di questa cittadina di 65 mila abitanti, abbiamo contato pochi cartelli piantati nei giardinetti davanti alle casette e alle ville, e divisi tra Cheney e Hageman. Tutti gli altri per i candidati locali alla carica di segretario di Stato o di sceriffo. Anche gli attivisti sembrano mimetizzarsi. Sabato scorso, i sostenitori di Liz avevano organizzato il tour «Defend principles: knock doors for Cheney». Il programma era ambizioso: «bussare alle porte» delle abitazioni fino a domenica pomeriggio. Ma sabato mattina si sono presentati in pochi davanti al Municipio di Cheyenne, il punto di ritrovo. E alla fine la maratona si è risolta in un semplice e breve volantinaggio.
In teoria questa competizione non avrebbe ragione di essere. I programmi delle due concorrenti sono identici. Entrambe seguono alla lettera le indicazioni che il partito repubblicano ha messo in vetrina, nella sua sede, in centro, non lontano dall’unica attrazione di Cheyenne: l’antica stazione ferroviaria della Union Pacific. Per titoli: «Proteggere gli innocenti» (cioè no all’aborto); «no a nuove tasse»; «ridurre la spesa pubblica»; «no alla legalizzazione della marijuana»; «correttezza nei diritti civili». Del resto Harriet Hageman, 58 anni, avvocata, è stata una delle collaboratrici di Liz nel 2014, quando la figlia di Dick tentò, invano, la scalata allo scranno da senatore. Ora Harriet si è convertita al trumpismo puro. I commentatori dei media americani pensano che Cheney userà la sconfitta come piattaforma per proporsi come alternativa a Trump sul piano nazionale. Forse si presenterà come indipendente nelle elezioni di midterm. Forse correrà per le primarie repubblicane nel 2024. Sì, ma con quali «centurie», con quali voti?
Intanto sarà interessante verificare quanti democratici del Wyoming voteranno per lei. Magari in tanti, come sospettano i repubblicani, in questa tornata di primarie. Ma sul lungo periodo gli stessi elettori di Cheney sono scettici. La signora Johanna Vailpondo, 60 anni, si gode il fresco serale nel giardinetto di casa. È una fan di Liz, ma si chiede: «Perché mai i progressisti pro aborto dovrebbero appoggiare una come lei che è al cento per cento “pro life”»?
Stati Uniti, in Georgia il governatore disobbediente guida la rivolta anti-TrumpMassimo Basile
23 maggio 2022
https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 350939200/"Non guardate i sondaggi", dice Brian Kemp. In realtà il governatore della Georgia è molto fiducioso: l'ultimo rilevamento, di Fox News, gli attribuisce il 60 per cento dei consensi contro il 28 dello sfidante, l'ex senatore David Perdue, spinto da Donald Trump. Oggi è il giorno in cui la Georgia sceglie i candidati alla corsa da governatore, in programma a novembre: alle primarie repubblicane Kemp sarà "l'uomo referendum", inteso referendum su Trump: se dovesse vincere, sarebbe la prima vera bocciatura per l'ex presidente, che cerca la vendetta dopo aver perso le elezioni in Georgia, stato risultato chiave per la vittoria di Joe Biden nel 2020.
Contro ogni pronostico Brian Kemp ha vinto le primarie repubblicane per il candidato governatore. Sconfitto, invece, l’uomo sostenuto da Trump, l’ex senatore David Perdue.25 maggio 2022
https://blog.ilgiornale.it/sacchelli/20 ... n-georgia/Perché è importante la vittoria di Kemp? Essenzialmente per due motivi. Trump l’aveva giurata al governatore Kemp, che nel 2020 non appoggiò la battaglia dell’allora presidente per far annullare il voto in Georgia (per la presunta frode elettorale), riconoscendo di fatto la vittoria di Biden. Stizzito, Trump non gliele mandò certe a dire, arrivando a definirlo “il peggiore della storia” e un “disastro”. Disse persino che avrebbe preferito veder vincere la sua avversaria, la democratica Stacey Abrams. Che è tutto dire.
Ma c’è un altro elemento interessante in questa delicata vicenda politica. Nelle primarie del Gop Kemp era sostenuto da Mike Pence, l’ex vicepresidente di Trump. Segno, questo, che tra i due ormai la linea è distinta (e distante). Almeno per ora. Non si può escludere che Pence possa provare a buttarsi nella mischia nel 2024, giocando proprio su quella parte del Gop che non ha mai digerito troppo The Donald.
A onor del vero le chance di Kemp di riottenere la candidatura non sono mai state messe in discussione. Perdue nonostante il sostegno di Trump non è mai riuscito a fare breccia nell’elettorato repubblicano della Georgia. Anche perché Kemp, governatore in carica, non si è distanziato dall’identikit del perfetto conservatore (in uno stato conservatore): favorevole alle armi anche senza licenza, contrario all’aborto (dopo la sesta settimana). A novembre Kemp se la vedrà con Stacey Abrams, già sconfitta nel 2018.
Tensioni a WashingtonUSA: cosa cambia dopo il voto in Georgia e l'assalto al Campidoglio
Mario Del Pero
06 gennaio 2021
https://www.ispionline.it/it/pubblicazi ... glio-28828Dai due ballottaggi per le elezioni dei senatori della Georgia escono vincitori i due candidati democratici Raphael Warnock, e il giovane Jon Ossoff. Nel mentre, i manifestanti pro-Trump si rendono protagonisti di uno sfregio tanto grottesco quanto simbolicamente forte al cuore della democrazia americana; a uno dei suoi luoghi simbolo e custodi ultimi.
Quali sono le conseguenze e quali i significati di questo voto? Provo in estrema sintesi a indicarne tre ciascuno
Le conseguenze, innanzitutto.
Una maggioranza fragile
Con l’elezione di Warnock e Ossoff, i democratici conquistano la maggioranza al Senato. Maggioranza stringatissima, ché i repubblicani saranno 50 su 100, i democratici 48, e gli indipendenti – che però fanno gruppo (caucus) con i democratici – 2. Un 50/50, insomma, rotto dal voto della Vice-Presidente Harris che presiede anche la Camera Alta. Ciò permetterà al partito del Presidente-eletto Joe Biden di dettare il calendario dei lavori e imporre quindi la propria agenda. E di procedere con maggior sicurezza all’approvazione delle tante nomine (diplomatiche, giudiziarie, membri del Gabinetto) che richiedono il voto favorevole del Senato. La maggioranza rimane fragile, intendiamoci, e il regolamento del Senato, che per molte materie richiede una supermaggioranza di 60 su 100 per porre termine alla discussione e procedere al voto, rappresenta un blocco forte verso qualsiasi, ambiziosa agenda progressista incapace di convincere almeno qualche repubblicano moderato a sostenerla. Nel 2009-2011, Obama con una ben altra maggioranza di 57D+2I a 41R, faticò non poco; e non mancano i democratici conservatori (come Manchin della West Virginia o Tester del Montana) contrari ad azioni radicali, ad esempio per modificare i regolamenti. Detto questo, si tratta di una vittoria importantissima, dalla quale esce un governo democratico unitario, premessa indispensabile per permettere a Biden di operare.
Repubblicani divisi
Anche perché il voto potrebbe agire da ulteriore cuneo del dividere un partito repubblicano lacerato da quanto accaduto a Washington, che dimostra una volta ancora la sua capacità di mobilitare elettori, ma che perde un suo bastione in una contesto nel quale vi è un chiaro scontro – a livello nazionale e negli Stati – tra chi vuole seguire la linea – ideologicamente radicale e istituzionalmente eversiva – di Trump e chi Trump e il trumpismo vorrebbe poterli archiviare, dopo averli sfruttati appieno per ottenere le politiche che da tempo qualificano progetto e visione repubblicani. Già in Georgia le tensioni sono state evidenti, con la leadership statale messa sotto accusa da Trump per la sua indisponibilità a rovesciare l’esito del voto di novembre e i due candidati al Senato obbligati ad assecondare le follie trumpiane convincendo al contempo i loro elettori a non disertare le urne. L’assalto al Congresso e quel che ne è seguito ha acuito ancor più questa frattura.
Una lezione per il futuro
La terza conseguenza è che la Georgia non solo galvanizzerà i democratici, ma diventerà lezione se non paradigma per il futuro. Modello di come promuovere una campagna massiccia di mobilitazione e registrazione elettorale capace di valorizzare appieno quella che è, in teoria, la strutturale maggioranza democratica. E modello di come scegliere i candidati: non moderati centristi o figure di sintesi che, nel contesto iperpolarizzato di oggi, non solo non non entusiasmano il proprio di elettorato, ma hanno una limitatissima capacità di fare breccia in quello, altrettanto impermeabile, della controparte.
E questo ci porta alle indicazioni.
Un paese spaccato a metà
La prima rimanda una volta ancora alla polarizzazione. Le linee di frattura sono plurime, di periodo lungo (le guerre culturali che lacerano gli Usa ormai da decenni; gli effetti delle dinamiche d’integrazione economica globale; il cleavage razziale) e breve (la risposta al Covid; la mobilitazione contro le violenze della polizia; il voto di novembre e quel che è seguito; Trump, ovviamente). La conseguenza è però una spaccatura chiara, quasi plastica nel dividere il voto a metà tra le due parti, in un contesto peraltro di piena moblitazione e di grande crescita della partecipazione elettorale: in un ballottaggio, e quindi senza il traino del contestuale voto presidenziale, abbiamo quasi un milione di votanti in più rispetto al 2016 e uno e mezzo rispetto al 2008 (su un totale di 4milioni e mezzo). Il traino di questa polarizzazione – mille studi e indicatori ce lo mostrano – tende però a essere precipuamente negativo: la rappresentazione, non di rado caricaturale, dell’avversario come un nemico assoluto e un pericolo esistenziale per la democrazia statunitense, per l’idea molto normativa d’America che l’una e l’altra parte ambisce a rappresentare e incarnare. Governare diventa difficilissimo e a volte impossibile, in un sistema federale e a presidenzialismo debole che imporrebbe in realtà costanti compromessi e mediazioni.
Una vittoria storica
La vittoria democratica è per molti aspetti storica. Warnock, pastore della Chiesa battista (Ebenezer Church) che fu di Martin Luther King è il primo senatore nero della Georgia; il primo senatore nero democratico del sud ex-confederale (vi è un senatore nero repubblicano della South Carolina, Tim Scott); il primo democratico della Georgia eletto al Senato da 20 anni a questa parte. E ci mostra l’effetto politico ed elettorale, carsico ma inarrestabile, di profonde trasformazioni sociali, demografiche e culturali catalizzate da dinamiche economiche particolarmente visibili nel caso della Georgia (o, per usare un esempio comparabile, dell’Arizona). La Georgia è stato primariamente rurale dentro cui staglia il corpaccione del gigantesco agglomerato metropolitano di Atlanta. Che da solo conta per circa il 60% della popolazione dello Stato e per più del 70% del suo PIL; dove la percentuale di afro-americani rispetto alla popolazione totale è superiore rispetto a quella, già elevatissima (32%) dello Stato; dove la crescita demografica è stata particolarmente impetuosa negli ultimi decenni; dove operano imprese altamente globalizzate, dalla Coca Cola alla CNN, da UPS a Delta. Dove si forma insomma quella coalizione urbana che caratterizza oggi l’elettorato democratico. Ovvero dove il principale ostacolo al suo formarsi, il conservatorismo dei milioni di elettori che risiedono nella vastissima area suburbana ed exurbana di Atlanta, pesa meno, ché questi elettori si sono fatti più liberal, partecipano anch’essi all’economia della città e di certo trovano respingente il nazionalismo razziale ed essenzialista di Trump.
Trump, i Rep e la democrazia americana
Trump che però continua a mobilitare, come abbiamo visto alle Presidenziali e di nuovo in Georgia. Trump che è traino elettorale; entusiasma e porta alle urne come nessun altro repubblicano. Mantiene insomma un’ipoteca sulla base repubblicana. Ce lo dice questo voto; ce lo ricordano i suoi tassi di approvazione con l’elettorato conservatore; ce lo mostra la disponibilità a giustificarne anche gli atti più estremi, e posizioni che tracimano nell’eversione vera e propria, come il suo discorso a Washington che ha dato il là all’assalto del Capitol.. E l’ipoteca di Trump sui repubblicani è a tutti gli effetti un’ipoteca sulla democrazia statunitense, come anche i ballottaggi della Georgia si sono premurati di ricordarci.
Primarie dei Repubblicani, Liz Cheney sfida la candidata di Trump in WyomingAnna Lombardi
16 agosto 2022
https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 361859606/ NEW YORK - Abbasso Liz, evviva Cheney. E pazienza se, sulla carta, la candidata in corsa per riconfermare il seggio alla Camera che detiene dal 2016, ha già perso le primarie che si tengono oggi in Wyoming (e i cui risultati arriveranno solo stasera). Coi sondaggi a dare per vincente l'ex amica, oggi avvocatessa trumpiana, Harriet Hageman, avanti addirittura di 29 punti, che nella terra dei cow boys l'attacca tuonando: "Conosco il Wyoming. Amo il Wyoming. Sono il Wyoming. Rivendico l'unico seggio del nostro Stato da quella virginiana che oggi lo occupa", ripete.
Opportunamente dimenticando le radici della famiglia Cheney nello Stato e di fatto suggerendo che la deputata di tre mandati è più a suo agio nei salotti di Washington. Polticamente, in realtà, i loro programmi sono interscambiabili. Se non fosse che Liz Cheney "ha tradito". E sa bene che i suoi elettori gliel'hanno promessa.
L'ascesa politica all'ombra di papà Dick
La repubblicana di sangue blu - figlia maggiore dell'ex vicepresidente Dick, il guerrafondaio che dopo l'11 settembre convinse George W Bush a invadere l'Afghanistan - ultraconservatrice che dopo l'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 riconobbe in Donald Trump il mandante morale della rivolta votando con pochi altri compagni di partito a favore del suo impeachment. Per quello un anno fa ha perso la presidenza della conferenza repubblicana con un voto orale (inizialmente doveva essere segreto), dato dai suoi ex colleghi letteralmente a gran voce, conclusosi in pochi minuti. Sacrificata sul tabernacolo del nuovo patto di fedeltà all'ex presidente di cui lei ha denunciato fino all'ultimo la "grande bugia" delle "elezioni rubate": voltando talmente le spalle al tycoon da entrare pure nella commissione della Camera che indaga sulla rivolta.
Cinquantasei anni e cinque figli, Liz è però un falco della politica. Si è fatta le ossa nell'amministrazione di papà servendo come assistente del Segretario per gli affari del Vicino Oriente, e pur di debuttare al Congresso, nel 2013, s'impelagò pure in una lite con la sorella lesbica Mary criticandone il matrimonio gay a cui pure aveva partecipato. Sconfitta quell'anno in Senato è entrata alla Camera solo nel 2016, proprio nei ranghi di Donald Trump nonostante le accuse rivolte da questi a George W Bush (e dunque a suo padre) per aver mentito sulle armi in Iraq. In poco tempo, e votando col tycoon nel 90 per cento dei casi, ha fatto molta strada: diventando, appunto "House Republican Conference Chair", terza carica del partito e donna più alta in grado del Gop al Congresso.
L'attacco a Trump dopo Capitol Hill
E infatti non si è mai fatta da parte. Lo ha subito dimostrato dopo l'espulsione con un intervento agguerrito nell'aula (semivuota) della Camera, con tanto di bellicosa spilla appuntata alla giacca con su la bandiera sfoggiata da George Washington in battaglia: "La libertà dura solo se la difendiamo. Non guarderò in silenzio coloro che seguono la crociata di Trump per minare la democrazia. Dobbiamo dire la verità. L'elezione non è stata rubata".
Sa d'altronde di poter contare sull'aiuto del potente padre, attivamente impegnato a sostenerla. Ci fu proprio lui dietro la lettera firmata da oltre 100 eminenti repubblicani dove si minacciava di formare un terzo partito se l'Elefante sceglierà di restare all'ombra di Donald Trump, che comprendeva i nomi di ex senatori, deputati, ambasciatori e membri delle diverse amministrazioni dell'Elefante. Papà Dick l'ha sostenuta pure di recente, con un video dove appare col cappello da cowboy dove attacca frontalmente The Donald chiamandolo "codardo": "Nei 246 anni di storia della nostra nazione, non c'è mai stato un individuo che rappresenti una minaccia maggiore per la nostra Repubblica di Trump. Ccodardo perché un vero uomo non avrebbe mentito ai suoi sostenitori", ha detto senza giri di parole.
Sottolineando che l'impegno della figlia nella Commissione ha anche lo scopo di evitare che Trump si ricandidi alle primarie del Grand old party per il 2024. "Sta guidando lo sforzo per assicurarsi che lui non rimetta più piede nello Studio Ovale. E ci riuscirà". Certo, quasi certamente non vincendo le primarie di stasera: d'altronde, dopo aver ricevuto innumerevoli minacce di morte, non ha neanche tentato di giocarsela. Evitando comizi, porta a porta e le town hall di rito, limitandosi alle apparizioni tv. Per gli analisti, ha già il discorso della sconfitta in tasca. Ma non sarà un ritiro. C'è chi dice che potrebbe addirittura lanciare la sua candidatura al 2024. La battaglia per l'anima del Gop, insomma, è appena cominciata.
Il fiasco di Liz Cheney in Wyoming sarà solo il preludio ad una sua fastidiosa corsa alle presidenziali del Partito Repubblicano
Supportata e spinta dai media che la adorano, dai soldi dei Democratici e dal suo stesso ego, Liz Cheney andrà avanti fino alle primarie del 2024The Federalist
Tratto e tradotto da un articolo di Jonathan S. Tobin per The Federalist
16 agosto 2022
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ederalist/ Per i Repubblicani che non ne possono più di sentirsi fare la predica da Liz Cheney su quanto sia triste che non abbiano il carattere e l’integrità che lei invece possiede, questa settimana ci sono due notizie: una buona e una cattiva.
La buona notizia è che, nonostante abbia raccolto enormi somme di denaro per uno Stato di piccole dimensioni come il Wyoming, sia la beniamina della stampa nazionale e la portabandiera di una dinastia familiare del GOP, Liz Cheney sembra stia per subire una clamorosa bocciatura alle primarie. I sondaggi pre-elettorali la danno perdente con un margine di 20-30 punti contro la sfidante Harriet Hageman, appoggiata dalla nemesi di Liz Cheney, l’ex presidente Donald Trump.
La cattiva notizia è che comunque non sparirà. Al contrario, ci si aspetta che riceva altrettanta, se non maggiore, attenzione nei prossimi due anni, anche dopo che sarà stata cacciata dal Congresso. Questo perché, come continua a far intendere in interviste ossequiose con i giornalisti liberal, la sua crociata contro Donald Trump è appena iniziata. Questo, assieme alle sue dichiarazioni secondo cui non cambierà comunque Partito, porta ad una sola conclusione ineluttabile.
Probabilmente si candiderà alla nomination repubblicana per le presidenziali del 2024 come oppositrice di Donald Trump, o di qualsiasi altro repubblicano scenderà in campo. In questo modo potrà continuare a portare avanti quella che si è rivelata un’efficace truffa alla “Never Trump“, che ha dato uno scopo al suo marchio personale, altrimenti divenuto obsoleto ed irrilevante.
Quindi, aspettatevi di vederla ancora molto nei notiziari via cavo e nei canali televisivi di sinistra, in posa come una “Giovanna d’Arco del GOP” in missione per “salvare” il suo Partito ed il Paese dal “cattivo uomo arancione” e dalla stragrande maggioranza dei Repubblicani che ancora lo preferiscono, con tutti i suoi difetti, a quel repubblicanesimo dell’era Bush che lei ancora rappresenta.
La sua carriera alla Camera sta per finire perché gli elettori del Wyoming credono che li abbia traditi. Lo pensano non solo perché ha votato per il finto impeachment di Donald Trump, ma anche perché l’anno scorso si è essenzialmente unita ai Democratici accettando di far parte del Comitato sul 6 gennaio dopo che, con un passo senza precedenti, la Presidente della Camera Nancy Pelosi si è rifiutata di permettere al gruppo parlamentare del GOP di nominare i propri membri.
Da allora, Liz Cheney ha trascorso la maggior parte del suo tempo a Washington fingendo di essere il membro di più alto rango della commissione, guidando la sua spedizione di caccia e poi servendo come protagonista del suo processo televisivo teatralmente prodotto sotto forma di finta udienza del Congresso.
Come ha notato anche un recente profilo elogiativo del New York Times (“Liz Cheney è pronta a perdere ma non è pronta a mollare“), Liz Cheney ha speso per la corsa solo la metà dei 13 milioni di dollari raccolti per le primarie da Repubblicani e Democratici dell’ancien regime. In effetti, anche quando si è degnata di visitare il Wyoming, ha evitato gli eventi pubblici, presentandosi solo davanti ad un pubblico ristretto e preselezionato. Questo le ha permesso di evitare di affrontare gli elettori che ha tradito e di continuare a vivere in un bozzolo dove, leggendo dal libro di testo composto dal suo fan club mediatico, un gruppo ristretto di ammiratori può dirle che sta scrivendo un nuovo capitolo di “Profiles in Courage“.
È roba da non credere, soprattutto se paragonata alla demonizzazione che la sua famiglia ha dovuto affrontare per anni da parte di quegli stessi media. Suo padre, l’ex vicepresidente Dick Cheney, è coinvolto nei suoi sforzi per riportare l’orologio indietro al 2004. È stato trattato come la progenie del Diavolo dagli stessi imbroglioni che ora li lodano per screditare la “Versione 2022” del repubblicanesimo.
Nonostante la retorica di Liz Cheney sulla prevenzione di una minaccia fittizia alla democrazia, il suo astio nei confronti di Donald Trump e degli elettori del Partito Repubblicano è radicato nel risentimento che lei ed altri membri del vecchio establishment nutrono nei confronti di Trump per avergli sottratto il Partito Repubblicano da sotto il naso. Già fuori dal contatto con la base a causa del suo entusiasmo per le disastrose guerre all’estero e della netta mancanza di interesse per le questioni sociali ed economiche che stanno a cuore ai Repubblicani della base, le speranze di Liz Cheney di continuare ad essere una leader del Partito erano già finite ben prima che si accanisse contro Donald Trump.
La pretesa di Liz Cheney di rappresentare da sola il “Vero Repubblicanesimo TM” è presumibilmente la motivazione che sta alla base del non voler cambiare Partito. Ma una ragione migliore è che il suo ruolo di “martire” che sacrifica la sua carriera sull’altare dei principi avrà un futuro solo se non seguirà la strada di molti altri suoi compagni “Never Trump”, diventati Democratici a tutti gli effetti. Se lo facesse, sarebbe solo un’altra ex testa parlante repubblicana che sostiene che la metà del Paese che ha mantenuto la propria fede nel Partito Repubblicano, ed in una misura o nell’altra in Donald Trump, è composta da “deplorevoli insurrezionisti adoratori di idoli”.
Candidandosi alla presidenza, anche senza la minima speranza di successo, la sua celebrità continuerebbe a vivere. I Democratici continueranno a darle soldi. Ed i profili sul suo “coraggio” nei media tradizionali continueranno a venire pubblicati mentre lei gira per il Paese rimproverando proprio le persone di cui vuole il voto. Questo non potrebbe mai accadere se semplicemente si unisse ai Democratici: a quel punto non avrebbe più alcuna utilità per loro.
Ma alla fine, Liz Cheney dovrà comunque accontentarsi di unirsi ai Democratici una volta che Donald Trump o qualche altro Repubblicano otterrà la nomination. È facile immaginare che le verrà assegnato un posto da oratore alla convention democratica del 2024 e che faccia campagna per la rielezione di Joe Biden o di chiunque verrà nominato in quella sede, sperando di essere ricompensata con un posto di lavoro nel 2025 in caso di vittoria.
Ma si tratta ancora di due anni nel futuro. Nel frattempo, lo spettacolo di Liz Cheney può continuare. Il fatto che la sua imminente candidatura presidenziale, come il The Lincoln Project e quasi tutto ciò che i Never Trumpers hanno fatto negli ultimi anni, sarà una palese truffa, non è importante. Finché il ruolo di Liz Cheney, l’ultima “Repubblicana Giusta TM”, sarà utile alla Sinistra e le darà la possibilità di ottenere notorietà e forse anche un incarico in una futura amministrazione democratica, continuerà a recitare la sua parte.
Jonathan S. Tobin è collaboratore senior di The Federalist, redattore capo di JNS.org ed editorialista del New York Post.
Dieci Repubblicani della Camera avevano votato per l’impeachment di Donald Trump: Ecco come sono messi oggi
Almeno sette dei dieci Repubblicani della Camera che hanno votato per l’impeachment dell’ex presidente Donald Trump l’anno scorso non torneranno nel prossimo Congresso – ma il numero è destinato a salire.The Epoch Times
16 agosto 2022
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... och-times/Con l’avvicinarsi delle primarie della rappresentante Liz Cheney (R-Wyoming), la maggioranza dei Repubblicani della Camera che hanno votato per l’impeachment del presidente Donald Trump per la seconda volta una settimana prima della fine del suo mandato, nel gennaio 2021, sono per la maggior parte usciti a pezzi dal loro processo della rielezione.
Il futuro politico poco roseo per coloro che hanno rotto con l’ex presidente Donald Trump dopo il 6 gennaio sottolinea quanto il Partito Repubblicano sia diventato un luogo inospitale nei confronti di chi ha tradito il mandato degli elettori oltre che Donald Trump.
Liz Cheney
Diversi sondaggi mostrano che Liz Cheney si trova in uno svantaggio a doppia cifra nelle primarie del Partito Repubblicano del Wyoming per l’unico seggio alla Camera che esprime lo Stato, ed uno mostra che si trova sotto di circa 30 punti percentuali rispetto alla sfidante repubblicana, Harriet Hageman, sostenuta da Donald Trump.
Dopo che Liz Cheney ha votato per l’impeachment di Donald Trump non una ma ben due volte, è stata essenzialmente il volto favorevole e la partecipazione all’indagine della Camera sul 6 gennaio ad aver attirato una significativa condanna da parte degli altri Repubblicani.
Jaime Herrera Beutler
La rappresentante Jaime Herrera Beutler (R-Washington), un altra Repubblicana che ha votato per l’impeachment di Donald Trump all’inizio del 2021, ha ammesso la sconfitta contro lo sfidante repubblicano Joe Kent, sostenuto da Donald Trump.
“Sin dalla mia prima elezione a questo seggio ho fatto del mio meglio per servire la mia regione ed il nostro Paese”, ha dichiarato la Beutler in un comunicato dopo la sua sconfitta. “Anche se questa volta la mia campagna non è andata a buon fine, sono orgogliosa di tutto ciò che abbiamo realizzato insieme per il luogo in cui sono cresciuta e che ancora chiamo casa”.
Anthony Gonzalez
Anthony Gonzalez (R-Ohio), ex ricevitore della NFL, aveva dichiarato alla fine dello scorso anno che non avrebbe cercato un terzo mandato al Congresso. Questo è avvenuto alcuni mesi dopo aver votato per l’impeachment del 45° Presidente.
Gonzalez si era attirato delle significative critiche da parte del Partito Repubblicano dell’Ohio, che l’anno scorso lo aveva censurato ed aveva chiesto le sue dimissioni.
Gonzalez “si è affrettato in conclusioni emotive che hanno attribuito la colpa al Presidente Donald Trump, il Presidente della legge e dell’ordine e dell’America First“, si legge nella risoluzione del Partito Repubblicano. “Crediamo che il deputato Gonzalez abbia consapevolmente e volontariamente violato il suo giuramento“.
Adam Kinzinger
Il rappresentante Adam Kinzinger (R-Illinois), un’altra figura di spicco del Comitato della Camera sul 6 gennaio, aveva anch’egli analogamente annunciato che non avrebbe cercato un altro mandato alla Camera. Kinzinger, che ha cavalcato lo slancio del Tea Party per ottenere la sua prima candidatura alla Camera nel 2013, è stato uno dei più importanti critici di Donald Trump, accanto a Liz Cheney, tra i Repubblicani della Camera.
Da quando Donald Trump è entrato in carica nel 2017, il legislatore è spesso apparso sulla CNN e su altri organi di informazione per denigrare l’ex presidente.
Fred Upton
Come Adam Kinzinger, un altro Repubblicano favorevole all’impeachment, il rappresentante Fred Upton (R-New York) aveva annunciato nell’aprile 2022 che non avrebbe cercato la rielezione.
Durante un’intervista alla CNN, aveva ammesso che Donald Trump ha ancora una presa significativa sul Partito Repubblicano.
Donald Trump ha “ottenuto una serie di vittorie decisive in cui ha appoggiato i candidati che hanno vinto”, aveva detto Upton a giugno durante il programma “State of the Union” della CNN. “Ha riportato anche alcune sconfitte, ma certamente diverte la maggioranza della base repubblicana e sarà difficile fermarlo“, ha aggiunto.
John Katko
Il rappresentante John Katko (R-New York) aveva annunciato all’inizio dell’anno che si sarebbe ritirato dalla Camera. Tuttavia, ha negato che il suo voto per l’impeachment di Trump abbia giocato un ruolo.
“Ero abbastanza sicuro, anche con la riorganizzazione dei distretti nello Stato di New York, di avere una strada per la vittoria”, ha dichiarato Katko al Washington Post a marzo.
Ben quattro dei dieci Repubblicani che hanno votato l’impeachment non si sono nemmeno presentati alla rielezione, annunciando quindi l’intenzione di ritirarsi. Kinzinger, Gonzalez ed Upton dovevano affrontare un vasto campo di avversari alle primarie, tutti sostenuti da Donald Trump ed, in alcuni casi, hanno visto la loro strada verso la vittoria ulteriormente complicata dalla riorganizzazione dei distretti.
Peter Meijer
Il deputato Peter Meijer (R-Michigan), esponente della ricca famiglia Meijer, proprietaria dell’omonima catena di supermercati, è diventato il secondo Repubblicano pro-impeachment in ordine di tempo ad essere sconfitto alle primarie. Ha perso alcune settimane fa contro contro l’ex funzionario della HUD, John Gibbs, sostenuto da Donald Trump, nonostante avesse speso molto di più nella propria campagna elettorale.
Il candidato Gibbs ha ricevuto un aiuto all’ultimo minuto anche da parte dei Democratici, nella speranza di facilitare il percorso delle elezioni generali per la loro candidata, Hilary Scholten, con grande disappunto dei legislatori di entrambi i Partiti.
“Dopo che abbiamo ricevuto la buona notizia e l’elezione è stata chiamata, abbiamo ricevuto una telefonata dal Presidente Donald Trump, che voleva solo congratularsi con me”, ha commentato John Gibbs a WZZM.
“Era molto emozionato e mi ha detto di tornare presto a lavorare sodo, perché a novembre sarà dura, e noi lo sappiamo, e saremo pronti per questo, quindi penso che sarà andrà bene”.
Tom Rice
Il deputato Tom Rice (R-Carolina del Sud) è stato il primo Repubblicano favorevole all’impeachment a non sopravvivere alla sua sfida per la rielezione all’inizio di quest’anno. Rice è stato battuto con oltre 25 punti percentuali di scarto dallo sfidante Repubblicano ed ex rappresentante di Stato Russell Fry, appoggiato da Donald Trump.
Dan Newhouse
Il rappresentante Dan Newhouse (R-Washington) è invece riuscito a battere i suoi sfidanti del GOP durante le elezioni primarie ed è diventato uno dei due Repubblicani della Camera favorevoli all’impeachment a sopravvivere finora alla loro sfida alle primarie.
Nella corsa, Donald Trump aveva appoggiato la repubblicana Loren Culp.
David Valadao
L’unico altro repubblicano favorevole all’impeachment a sopravvivere è stato il deputato David Valadao (R-California), che è avanzato dalle primarie di giugno.
Dovrà però affrontare il membro dell’Assemblea statale della California, Rudy Salas, un Democratico, in un distretto congressuale i cui confini sono stati ridisegnati e che si trova in un’area che ha votato per Joe Biden con un margine a doppia cifra. Donald Trump, dal canto suo, non ha appoggiato alcuno sfidante contro David Valadao, che ha votato per l’impeachment di Trump all’inizio del 2021, un giorno dopo che Valadao aveva prestato giuramento per il suo secondo mandato.
Il leader della minoranza della Camera Kevin McCarthy è intervenuto per rimproverare quei Repubblicani che sono rimasti in silenzio “mentre i Democratici a Washington abusano del loro potere”– John Nolte, Breitbart News
Tratto e tradotto da un articolo di John Nolte per Breitbart News
16 agosto 2022
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... bart-news/Il post di Kevin McCarthy arriva sulla scia della scandalosa e senza precedenti irruzione dell’FBI nella residenza privata dell’ex presidente Donald Trump a Mar-a-Lago. Il giorno dopo, gli agenti federali hanno anche sequestrato il cellulare del deputato Scott Perry (R-Pennsylvania).
“Se sei un Repubblicano eletto e rimani in silenzio mentre i Democratici a Washington abusano del loro potere“, ha scritto Kevin McCarthy, “sei la ragione stessa per cui pensano di farla franca. Ora è il momento di parlare e di fare la voce grossa!”.
Negli ultimi cinque e sei anni abbiamo visto le forze dell’ordine, locali e federali, assieme al Partito Democratico e ai loro propagandisti nei media, lanciare una bufala dopo l’altra contro Donald Trump. Dalla bufala della collusione con la Russia, orchestrata con l’aiuto dell’FBI, alla bufala del primo impeachment, alla bufala del secondo impeachment, fino alla bufala sul 6 gennaio. […] Oltre a tutto questo, Donald Trump è stato falsamente accusato di affari loschi, di non pagare le tasse, e così via…
È solo una bugia, una montatura fallita dopo l’altra…
Ma quei “Repubblicani” senza principi come l’uscente Liz Cheney (R-Wyoming) se ne fregano. Sono animali politici che cercano solo la vendetta ed il potere. L’idea che la bestia un giorno possa rivoltarsi anche contro di loro (e lo farà) non ha alcuna importanza. Sono così miopi ed amareggiati che non importa quali norme siano state infrante, come la Costituzione sia stata stracciata, oppure il male fatto da un’istituzione di polizia troppo politicizzata. A loro interessa solo vendicarsi di Donald Trump.
Santo cielo, persino l’ex governatore Andrew Cuomo (D-New York), uno dei Democratici più di spicco solamente due anni fa, è rimasto inorridito dall’irruzione nella casa di Donald Trump. Fortunatamente, alcune persone, persino alcuni Democratici, non sono rimasti così accecati dall’odio e dall’ideologia da non riuscire nemmeno a vedere dove ci porterà questo pendio scivoloso.
Nel loro eccessivo zelo per incastrare Donald Trump, i Democratici hanno politicizzato l’impeachment ed il sistema giudiziario. Quindi cosa impedirà ai Repubblicani di fare lo stesso con loro?
Ricordate cosa è successo con la morte dell’ostruzionismo nelle nomine giudiziarie? In una mossa miope e disperata per ottenere velocemente la conferma dei giudici di sinistra voluti da Barack Obama, l’allora leader della maggioranza del Senato Harry Reid (D-Nevada) eliminò l’ostruzionismo. Il risultato finale? Donald Trump ha potuto nominare tre giudici della Corte Suprema e la sentenza “Roe vs. Wade” è stata così ribaltata.
Tuttavia, una cosa che mi piace dell’era di Joe Biden è il ritorno della normalità in America.
GOOD BYE CHENEY
Secondo le proiezioni, Harriet Hageman, sostenuta da Donald Trump, ha sconfitto l’uscente deputata Liz Cheney nelle primarie repubblicane del Wyoming 66% a 28%Breitbart News
17 agosto 2022
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... bart-news/ La prevista sconfitta di Liz Cheney è l’ottava di dieci Repubblicani che votarono a favore del secondo l’impeachment di Donald Trump a lasciare il Congresso e consolida la reputazione di questo voto sull’impeachment del 2021 come uno dei voti che più hanno distrutto le carriere politiche nella storia del parlamento americano.
La vittoria di Harriet Hageman non sorprende più di tanto dopo che Liz Cheney si è alleata con i Democratici per combattere l’ex presidente Donald Trump nella Commissione faziosa sul 6 gennaio.
Nel maggio del 2021, Liz Cheney era stata estromessa dalla leadership del GOP con un voto di sfiducia sulla scia del voto a favore dell’impeachment dell’ex presidente. Nel novembre del 2021 anche il Partito Repubblicano del Wyoming ha votato per non riconoscerla più come una repubblicana.
Alcuni mesi dopo, a febbraio, il leader della minoranza della Camera Kevin McCarthy ha annunciato il suo appoggio ad Harriet Hageman, sfidante di Liz Cheney, quando di solito i leader del partito appoggiano i membri del Congresso in carica. Ma dopo che Liz Cheney ha lavorato contro i Repubblicani ed avrebbe “orchestrato un sabotaggio deiu Repubblicani senza precedenti”, il leader McCarthy ha presumibilmente ritenuto dovesse essere rimossa dal Congresso.
“Liz Cheney ha perso il Wyoming. Liz Cheney non vive in Wyoming. Non ci rappresenta“, ha dichiarato Harriet Hageman a Breitbart News a gennaio. “Non rappresenta i nostri valori”.
Sebbene Liz Cheney abbia perso il sostegno di molti colleghi del GOP e degli elettori del Wyoming, è riuscita a trovare conforto tra i ricchi e i famosi esponenti dell’establishment. Durante la sua campagna per la rielezione, Liz Cheney ha sollecitato il voto dei Democratici ed ha ottenuto l’appoggio delle élite di Hollywood, come l’attore Kevin Costner. Ha anche raccolto fondi dai donatori di Hillary Clinton e di Barack Obama.
In totale, Liz Cheney ha superato Harriett Hageman nelle donazioni con un rapporto di quasi tre a uno (15 milioni di dollari), con gran parte del denaro proveniente però da altri Stati. La Cheney ha raccolto solo circa 386.000 dollari da donatori del Wyoming, molto meno delle donazioni della Hageman, che ha raccolto circa 940.000 dollari dai donatori del Wyoming, per un totale di 4,5 milioni di dollari di contributi alla campagna.
Il messaggio conclusivo di Liz Cheney agli elettori del Wyoming, che avevano sostenuto in modo schiacciante Donald Trump nel 2020, è stato quello di affermare che Trump avesse manipolato “gli americani ad abbandonare i loro principi”. Questo punto di vista è arrivato una settimana dopo che suo padre, l’ex vicepresidente Dick Cheney, ha fatto uno spot per sua figlia in cui ha definito Donald Trump un “codardo”. Lo spot di Dick Cheney non ha mai menzionato lo Stato del Wyoming, ma menzionava Trump sei volte.
I media dell’establishment hanno fatto eco alla narrativa anti-Trump di Liz Cheney per mesi verso le ultime settimane delle elezioni primarie, nonostante i sondaggi di giugno avessero rilevato che stesse perdendo contro la Hageman con uno scarto di ben 30 punti. Altri due sondaggi di luglio hanno confermato che si trovava in grave difficoltà contro la Hageman. Un sondaggio di agosto tra i probabili elettori repubblicani ha mostrato che Liz Cheney stava perdendo con uno scarto di 57 punti.
Nella settimana conclusiva della battaglia per le primarie, Breitbart News ha riferito che il patrimonio netto di Liz Cheney è passato dai 7 milioni di dollari stimati al momento del suo insediamento nel 2017 ad oltre 44 milioni di dollari nel 2020.
È inoltre emerso che il marito di Liz Cheney, Philip Perry, è socio di uno studio legale che rappresenta Hunter Biden nell’inchiesta del Gran Giurì del Dipartimento di Giustizia sulle sue “questioni fiscali”. Secondo la Personal Financial Disclosure 2020, Perry detiene una quota compresa tra 1.000.001 e 5.000.000 di dollari nello studio legale Latham & Watkins. Latham & Watkins ha anche fornito consulenza a una società tecnologica legata al Partito Comunista Cinese, la TME, e alla Exelon Corporation.
Quando si sono svolte le primarie del Partito Repubblicano, la figlia della potente dinastia della famiglia Cheney, che si trovava in grave difficoltà, aveva solo tre centesimi di dollaro di possibilità di tornare al Congresso nel 2023, come hanno rivelato le quote di PredictIt.
“Mi sento molto orgogliosa di tutto il lavoro che ho svolto insieme ai cittadini del Wyoming negli ultimi sei anni”, ha dichiarato martedì pomeriggio Liz Cheney, secondo quanto riportato da CBS News.
Donald Trump elogia la vittoria di Harriet Hageman su Liz Cheney
L’ex presidente Donald Trump ha festeggiato la vittoria di Harriet Hageman sulla deputata Liz Cheney nelle primarie del Congresso repubblicano del Wyoming.
Inutile dire che il Presidente Trump, che ha appoggiato con entusiasmo la Hageman sin all’inizio, ha esultato per la sconfitta di Liz Cheney sul suo sito di social media, Truth Social, sperando che segni l’inizio della fine del “Comitato per l’elezione dei ciarlatani e dei delinquenti politici”, ovvero il Comitato che indaga sul 6 gennaio.
“Congratulazioni ad Harriet Hageman per la sua grande e decisiva vittoria in Wyoming“, ha detto. “Questo è un risultato meraviglioso per l’America, ed un rimprovero totale al Comitato per l’elezione dei ciarlatani e dei delinquenti politici”. Ha proseguito:
Liz Cheney dovrebbe vergognarsi di se stessa, del modo in cui si è comportata e delle sue parole ed azioni dispettose e bigotte nei confronti degli altri. Ora può finalmente scomparire negli abissi dell’oblio politico dove, sono sicuro, sarà molto più felice di quanto lo sia ora. Grazie WYOMING!
Durante il suo discorso di concessione, Liz Cheney si è paragonata all’ex presidente Abraham Lincoln e al generale Ulysses S. Grant. Liz Cheney ha detto:
Il grande ed originale campione del nostro Partito, Abraham Lincoln, fu sconfitto nelle elezioni per il Senato e la Camera prima di vincere l’elezione più importante di tutte. Alla fine Lincoln ha prevalso. Ha salvato la nostra Unione. E ha definito i nostri obblighi come americani per tutta la storia.
“È stato detto che il lungo arco della storia si piega verso la giustizia e la libertà. È vero, ma solo se lo facciamo piegare”, ha poi aggiunto Liz Cheney. “Oggi, il nostro più alto dovere è quello di piegare l’arco della storia per preservare la nostra nazione e le sue benedizioni, per assicurare che la libertà non perisca, per proteggere le fondamenta stesse di questa repubblica costituzionale”.
Harriet Hageman: Liz Cheney ha perso a causa della sua ossessione per Donald Trump quando gli elettori si preoccupavano di inflazione, energia, immigrazione illegale
Durante la trasmissione di martedì di Fox News “The Ingraham Angle“, la candidata al Congresso del Wyoming Harriet Hageman ha dichiarato che la sua avversaria Liz Cheney ha perso perché “non si è concentrata sul Wyoming. Non si sta concentrando sui nostri problemi. Si sta ancora concentrando sull’ossessione per il Presidente Trump”. Ed ha aggiunto che l’inflazione, l’immigrazione clandestina e l’energia erano i temi più importanti per gli elettori, non l’ex presidente.
La Hageman ha detto che, pur non avendo avuto la possibilità di ascoltare il discorso di concessione di Liz Cheney, “non mi sorprende che torni agli stessi vecchi argomenti, perché è proprio questo, in gran parte, che l’ha fatta sconfiggere. Non si sta concentrando sul Wyoming. Non si sta concentrando sui nostri problemi. Si sta ancora concentrando su un’ossessione per il Presidente Trump“.
La conduttrice Laura Ingraham ha poi raccontato che quando si trovava in Wyoming, “le cose che ho sentito più spesso dalla gente del posto erano l’impossibilità di trovare lavoratori, il costo del carburante ed il costo della vita di base, dell’affitto e del cibo. Nessuno pensava a Donald Trump. Non credo che nessuno di quelli con cui ho parlato abbia pensato a questo”.
Harriet Hageman ha risposto: “No. L’inflazione, l’immigrazione illegale e la protezione dei nostri posti di lavoro nel settore energetico sono le questioni più importanti per il Wyoming e la responsabilità. Ci aspettiamo che i nostri rappresentanti rappresentino i nostri interessi“.
Il discorso di concessione di Liz Cheney potrebbe aver violato le regole di finanziamento della campagna elettorale
La futura ex deputata Liz Cheney potrebbe aver violato le regole della Commissione elettorale federale (FEC) durante il suo discorso di concessione a causa di una donazione in natura che pare abbia ricevuto da un ex dirigente televisivo che fa da consigliere del Comitato che indaga sul 6 gennaio.
Jeff Zeleny della CNN ha riferito martedì sera che l’atteso discorso della sconfitta di Liz Cheney sarebbe stato ambientato su uno sfondo drammatico e filmato da James Goldston, l’ex presidente di ABC News che è anche consulente del Comitato 6 gennaio.
Chiunque filmi un candidato può generalmente farlo, sotto la protezione del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Tuttavia, se la troupe sta producendo un video appositamente per un candidato, questo conta come servizio fornito alla campagna elettorale.
I servizi di Goldston, compresa la sua troupe, hanno probabilmente un valore di decine di migliaia di dollari. Inoltre, Zeleny ha riferito che Goldston stava filmando la Cheney come “favore”, come “amico”. Di conseguenza, il suo contributo sarebbe un “contributo in natura” a Liz Cheney.
Le regole della FEC sui contributi in natura prevedono che:
Un contributo in natura è un contributo non monetario. I beni o i servizi offerti gratuitamente o a un prezzo inferiore a quello usuale costituiscono un contributo in natura. Analogamente, quando una persona o un’entità paga dei servizi per conto del comitato elettorale, il pagamento è un contributo in natura. Anche una spesa effettuata da qualsiasi persona o entità in collaborazione, consultazione o concerto con la campagna di un candidato, o su richiesta o suggerimento di quest’ultimo, è considerata un contributo in natura al candidato.
Il valore di un contributo in natura, ossia la spesa abituale e normale, viene conteggiato ai fini del limite di contribuzione come una donazione in denaro. Inoltre, come qualsiasi altro contributo, i contributi in natura vengono conteggiati nel limite del contribuente per l’elezione successiva, a meno che non siano designati diversamente.
Inoltre, il limite attuale per i contributi è di 2.900 dollari per ciclo elettorale.
Pertanto, non solo i servizi di Goldston devono essere segnalati alla FEC nei documenti della campagna di Liz Cheney, ma probabilmente superano anche i limiti di finanziamento della campagna.
In caso di accertata violazione, Goldston potrebbe incorrere in un’indagine ed in una multa da parte della FEC.