Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » sab ago 13, 2022 8:35 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » sab ago 13, 2022 8:35 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » mar ago 16, 2022 8:00 am

8)
I peggiori nemici di Trump e dei suoi repubblicani sono la casta dei repubblicani collusa con i democratici e traditori di Trump, quelli del potere ad ogni costo per il potere personale


I conflitti interni ai repubblicani in Georgia tra i trumpiani e gli antitrumpiani hanno fatto vincere due seggi al senato ai democratici che prima erano dei repubblicani.


Le primarie tra le minacce per la figlia dell’ex vicepresidente repubblicano
Liz Cheney si oppone a Trump e si inabissa (nell’indifferenza)
Giuseppe Sarcina
14 agosto 2022

https://www.corriere.it/esteri/22_agost ... 6598.shtml

CHEYENNE (WYOMING) — I trumpiani si sono dati appuntamento ieri a mezzogiorno davanti alla sede dell’Fbi di Cheyenne, la capitale del Wyoming. Domani si voterà per le primarie repubblicane. Sarà il momento decisivo per Liz Cheney, l’anti-Trump, l’anti papa del mondo conservatore. Ma i fedelissimi dell’ex presidente sembrano pensare ad altro, alle manovre del «sistema» per impedire a «The Donald» di vincere nel 2024 . Forse perché il risultato del Wyoming appare scontato: Cheney ha poche speranze di restare deputata a Washington. Nel 2016 e poi nel 2018 vinse il turno preliminare con percentuali schiaccianti, tra il 65 e il 70%. Ora i sondaggi le accreditano un consenso pari appena al 28%, quasi trenta punti in meno rispetto alla sua rivale, Harriet Hageman, appoggiata da Trump e da circa 100 parlamentari del Congresso.

Sappiamo che il consenso di Cheney è in caduta libera da ormai un anno e mezzo. Con altri nove compagni di partito ha votato a favore dell’impeachment contro Trump e poi ha accettato la proposta di Nancy Pelosi: vicepresidente della Commissione di inchiesta sull’assalto a Capitol Hill.

Ora il Wyoming, 600 mila abitanti, lo Stato dei Cheney, potrebbe voltarle le spalle. Suo padre, ex vicepresidente di George W. Bush, vi arrivò con i genitori. Cominciò qui la scalata politica, mantenendo, dal 1979 al 1989, il seggio da deputato che ora è della figlia. Cheney, 56 anni, è cresciuta a Casper. Come il padre è partita da qui. Ha studiato, si è sposata, ha avuto cinque figli, si è costruita una fama di conservatrice inflessibile, intransigente, arrivando a litigare con la sorella Marie, omosessuale dichiarata (poi la crisi familiare è rientrata). Per almeno dieci anni Cheney ha dominato il territorio. Adesso è costretta a nascondersi. Nessun comizio, nessun evento pubblico. Solo interviste televisive e qualche incontro in circoli ristretti. Nelle ultime settimane ha ricevuto troppe minacce. Serie e credibili.

Così la campagna più attesa, osservata con attenzione dalla politica nazionale, sta scivolando via in un clima surreale. A Cheyenne non c’è agitazione. Dopo un lungo giro per le strade di questa cittadina di 65 mila abitanti, abbiamo contato pochi cartelli piantati nei giardinetti davanti alle casette e alle ville, e divisi tra Cheney e Hageman. Tutti gli altri per i candidati locali alla carica di segretario di Stato o di sceriffo. Anche gli attivisti sembrano mimetizzarsi. Sabato scorso, i sostenitori di Liz avevano organizzato il tour «Defend principles: knock doors for Cheney». Il programma era ambizioso: «bussare alle porte» delle abitazioni fino a domenica pomeriggio. Ma sabato mattina si sono presentati in pochi davanti al Municipio di Cheyenne, il punto di ritrovo. E alla fine la maratona si è risolta in un semplice e breve volantinaggio.

In teoria questa competizione non avrebbe ragione di essere. I programmi delle due concorrenti sono identici. Entrambe seguono alla lettera le indicazioni che il partito repubblicano ha messo in vetrina, nella sua sede, in centro, non lontano dall’unica attrazione di Cheyenne: l’antica stazione ferroviaria della Union Pacific. Per titoli: «Proteggere gli innocenti» (cioè no all’aborto); «no a nuove tasse»; «ridurre la spesa pubblica»; «no alla legalizzazione della marijuana»; «correttezza nei diritti civili». Del resto Harriet Hageman, 58 anni, avvocata, è stata una delle collaboratrici di Liz nel 2014, quando la figlia di Dick tentò, invano, la scalata allo scranno da senatore. Ora Harriet si è convertita al trumpismo puro. I commentatori dei media americani pensano che Cheney userà la sconfitta come piattaforma per proporsi come alternativa a Trump sul piano nazionale. Forse si presenterà come indipendente nelle elezioni di midterm. Forse correrà per le primarie repubblicane nel 2024. Sì, ma con quali «centurie», con quali voti?

Intanto sarà interessante verificare quanti democratici del Wyoming voteranno per lei. Magari in tanti, come sospettano i repubblicani, in questa tornata di primarie. Ma sul lungo periodo gli stessi elettori di Cheney sono scettici. La signora Johanna Vailpondo, 60 anni, si gode il fresco serale nel giardinetto di casa. È una fan di Liz, ma si chiede: «Perché mai i progressisti pro aborto dovrebbero appoggiare una come lei che è al cento per cento “pro life”»?



Stati Uniti, in Georgia il governatore disobbediente guida la rivolta anti-Trump
Massimo Basile
23 maggio 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 350939200/

"Non guardate i sondaggi", dice Brian Kemp. In realtà il governatore della Georgia è molto fiducioso: l'ultimo rilevamento, di Fox News, gli attribuisce il 60 per cento dei consensi contro il 28 dello sfidante, l'ex senatore David Perdue, spinto da Donald Trump. Oggi è il giorno in cui la Georgia sceglie i candidati alla corsa da governatore, in programma a novembre: alle primarie repubblicane Kemp sarà "l'uomo referendum", inteso referendum su Trump: se dovesse vincere, sarebbe la prima vera bocciatura per l'ex presidente, che cerca la vendetta dopo aver perso le elezioni in Georgia, stato risultato chiave per la vittoria di Joe Biden nel 2020.



Contro ogni pronostico Brian Kemp ha vinto le primarie repubblicane per il candidato governatore. Sconfitto, invece, l’uomo sostenuto da Trump, l’ex senatore David Perdue.

25 maggio 2022

https://blog.ilgiornale.it/sacchelli/20 ... n-georgia/

Perché è importante la vittoria di Kemp? Essenzialmente per due motivi. Trump l’aveva giurata al governatore Kemp, che nel 2020 non appoggiò la battaglia dell’allora presidente per far annullare il voto in Georgia (per la presunta frode elettorale), riconoscendo di fatto la vittoria di Biden. Stizzito, Trump non gliele mandò certe a dire, arrivando a definirlo “il peggiore della storia” e un “disastro”. Disse persino che avrebbe preferito veder vincere la sua avversaria, la democratica Stacey Abrams. Che è tutto dire.

Ma c’è un altro elemento interessante in questa delicata vicenda politica. Nelle primarie del Gop Kemp era sostenuto da Mike Pence, l’ex vicepresidente di Trump. Segno, questo, che tra i due ormai la linea è distinta (e distante). Almeno per ora. Non si può escludere che Pence possa provare a buttarsi nella mischia nel 2024, giocando proprio su quella parte del Gop che non ha mai digerito troppo The Donald.

A onor del vero le chance di Kemp di riottenere la candidatura non sono mai state messe in discussione. Perdue nonostante il sostegno di Trump non è mai riuscito a fare breccia nell’elettorato repubblicano della Georgia. Anche perché Kemp, governatore in carica, non si è distanziato dall’identikit del perfetto conservatore (in uno stato conservatore): favorevole alle armi anche senza licenza, contrario all’aborto (dopo la sesta settimana). A novembre Kemp se la vedrà con Stacey Abrams, già sconfitta nel 2018.



Tensioni a Washington

USA: cosa cambia dopo il voto in Georgia e l'assalto al Campidoglio
Mario Del Pero
06 gennaio 2021

https://www.ispionline.it/it/pubblicazi ... glio-28828

Dai due ballottaggi per le elezioni dei senatori della Georgia escono vincitori i due candidati democratici Raphael Warnock, e il giovane Jon Ossoff. Nel mentre, i manifestanti pro-Trump si rendono protagonisti di uno sfregio tanto grottesco quanto simbolicamente forte al cuore della democrazia americana; a uno dei suoi luoghi simbolo e custodi ultimi.

Quali sono le conseguenze e quali i significati di questo voto? Provo in estrema sintesi a indicarne tre ciascuno
Le conseguenze, innanzitutto.
Una maggioranza fragile

Con l’elezione di Warnock e Ossoff, i democratici conquistano la maggioranza al Senato. Maggioranza stringatissima, ché i repubblicani saranno 50 su 100, i democratici 48, e gli indipendenti – che però fanno gruppo (caucus) con i democratici – 2. Un 50/50, insomma, rotto dal voto della Vice-Presidente Harris che presiede anche la Camera Alta. Ciò permetterà al partito del Presidente-eletto Joe Biden di dettare il calendario dei lavori e imporre quindi la propria agenda. E di procedere con maggior sicurezza all’approvazione delle tante nomine (diplomatiche, giudiziarie, membri del Gabinetto) che richiedono il voto favorevole del Senato. La maggioranza rimane fragile, intendiamoci, e il regolamento del Senato, che per molte materie richiede una supermaggioranza di 60 su 100 per porre termine alla discussione e procedere al voto, rappresenta un blocco forte verso qualsiasi, ambiziosa agenda progressista incapace di convincere almeno qualche repubblicano moderato a sostenerla. Nel 2009-2011, Obama con una ben altra maggioranza di 57D+2I a 41R, faticò non poco; e non mancano i democratici conservatori (come Manchin della West Virginia o Tester del Montana) contrari ad azioni radicali, ad esempio per modificare i regolamenti. Detto questo, si tratta di una vittoria importantissima, dalla quale esce un governo democratico unitario, premessa indispensabile per permettere a Biden di operare.


Repubblicani divisi

Anche perché il voto potrebbe agire da ulteriore cuneo del dividere un partito repubblicano lacerato da quanto accaduto a Washington, che dimostra una volta ancora la sua capacità di mobilitare elettori, ma che perde un suo bastione in una contesto nel quale vi è un chiaro scontro – a livello nazionale e negli Stati – tra chi vuole seguire la linea – ideologicamente radicale e istituzionalmente eversiva – di Trump e chi Trump e il trumpismo vorrebbe poterli archiviare, dopo averli sfruttati appieno per ottenere le politiche che da tempo qualificano progetto e visione repubblicani. Già in Georgia le tensioni sono state evidenti, con la leadership statale messa sotto accusa da Trump per la sua indisponibilità a rovesciare l’esito del voto di novembre e i due candidati al Senato obbligati ad assecondare le follie trumpiane convincendo al contempo i loro elettori a non disertare le urne. L’assalto al Congresso e quel che ne è seguito ha acuito ancor più questa frattura.


Una lezione per il futuro

La terza conseguenza è che la Georgia non solo galvanizzerà i democratici, ma diventerà lezione se non paradigma per il futuro. Modello di come promuovere una campagna massiccia di mobilitazione e registrazione elettorale capace di valorizzare appieno quella che è, in teoria, la strutturale maggioranza democratica. E modello di come scegliere i candidati: non moderati centristi o figure di sintesi che, nel contesto iperpolarizzato di oggi, non solo non non entusiasmano il proprio di elettorato, ma hanno una limitatissima capacità di fare breccia in quello, altrettanto impermeabile, della controparte.



E questo ci porta alle indicazioni.


Un paese spaccato a metà

La prima rimanda una volta ancora alla polarizzazione. Le linee di frattura sono plurime, di periodo lungo (le guerre culturali che lacerano gli Usa ormai da decenni; gli effetti delle dinamiche d’integrazione economica globale; il cleavage razziale) e breve (la risposta al Covid; la mobilitazione contro le violenze della polizia; il voto di novembre e quel che è seguito; Trump, ovviamente). La conseguenza è però una spaccatura chiara, quasi plastica nel dividere il voto a metà tra le due parti, in un contesto peraltro di piena moblitazione e di grande crescita della partecipazione elettorale: in un ballottaggio, e quindi senza il traino del contestuale voto presidenziale, abbiamo quasi un milione di votanti in più rispetto al 2016 e uno e mezzo rispetto al 2008 (su un totale di 4milioni e mezzo). Il traino di questa polarizzazione – mille studi e indicatori ce lo mostrano – tende però a essere precipuamente negativo: la rappresentazione, non di rado caricaturale, dell’avversario come un nemico assoluto e un pericolo esistenziale per la democrazia statunitense, per l’idea molto normativa d’America che l’una e l’altra parte ambisce a rappresentare e incarnare. Governare diventa difficilissimo e a volte impossibile, in un sistema federale e a presidenzialismo debole che imporrebbe in realtà costanti compromessi e mediazioni.


Una vittoria storica

La vittoria democratica è per molti aspetti storica. Warnock, pastore della Chiesa battista (Ebenezer Church) che fu di Martin Luther King è il primo senatore nero della Georgia; il primo senatore nero democratico del sud ex-confederale (vi è un senatore nero repubblicano della South Carolina, Tim Scott); il primo democratico della Georgia eletto al Senato da 20 anni a questa parte. E ci mostra l’effetto politico ed elettorale, carsico ma inarrestabile, di profonde trasformazioni sociali, demografiche e culturali catalizzate da dinamiche economiche particolarmente visibili nel caso della Georgia (o, per usare un esempio comparabile, dell’Arizona). La Georgia è stato primariamente rurale dentro cui staglia il corpaccione del gigantesco agglomerato metropolitano di Atlanta. Che da solo conta per circa il 60% della popolazione dello Stato e per più del 70% del suo PIL; dove la percentuale di afro-americani rispetto alla popolazione totale è superiore rispetto a quella, già elevatissima (32%) dello Stato; dove la crescita demografica è stata particolarmente impetuosa negli ultimi decenni; dove operano imprese altamente globalizzate, dalla Coca Cola alla CNN, da UPS a Delta. Dove si forma insomma quella coalizione urbana che caratterizza oggi l’elettorato democratico. Ovvero dove il principale ostacolo al suo formarsi, il conservatorismo dei milioni di elettori che risiedono nella vastissima area suburbana ed exurbana di Atlanta, pesa meno, ché questi elettori si sono fatti più liberal, partecipano anch’essi all’economia della città e di certo trovano respingente il nazionalismo razziale ed essenzialista di Trump.


Trump, i Rep e la democrazia americana

Trump che però continua a mobilitare, come abbiamo visto alle Presidenziali e di nuovo in Georgia. Trump che è traino elettorale; entusiasma e porta alle urne come nessun altro repubblicano. Mantiene insomma un’ipoteca sulla base repubblicana. Ce lo dice questo voto; ce lo ricordano i suoi tassi di approvazione con l’elettorato conservatore; ce lo mostra la disponibilità a giustificarne anche gli atti più estremi, e posizioni che tracimano nell’eversione vera e propria, come il suo discorso a Washington che ha dato il là all’assalto del Capitol.. E l’ipoteca di Trump sui repubblicani è a tutti gli effetti un’ipoteca sulla democrazia statunitense, come anche i ballottaggi della Georgia si sono premurati di ricordarci.



Primarie dei Repubblicani, Liz Cheney sfida la candidata di Trump in Wyoming

Anna Lombardi
16 agosto 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 361859606/

NEW YORK - Abbasso Liz, evviva Cheney. E pazienza se, sulla carta, la candidata in corsa per riconfermare il seggio alla Camera che detiene dal 2016, ha già perso le primarie che si tengono oggi in Wyoming (e i cui risultati arriveranno solo stasera). Coi sondaggi a dare per vincente l'ex amica, oggi avvocatessa trumpiana, Harriet Hageman, avanti addirittura di 29 punti, che nella terra dei cow boys l'attacca tuonando: "Conosco il Wyoming. Amo il Wyoming. Sono il Wyoming. Rivendico l'unico seggio del nostro Stato da quella virginiana che oggi lo occupa", ripete.

Opportunamente dimenticando le radici della famiglia Cheney nello Stato e di fatto suggerendo che la deputata di tre mandati è più a suo agio nei salotti di Washington. Polticamente, in realtà, i loro programmi sono interscambiabili. Se non fosse che Liz Cheney "ha tradito". E sa bene che i suoi elettori gliel'hanno promessa.

L'ascesa politica all'ombra di papà Dick

La repubblicana di sangue blu - figlia maggiore dell'ex vicepresidente Dick, il guerrafondaio che dopo l'11 settembre convinse George W Bush a invadere l'Afghanistan - ultraconservatrice che dopo l'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 riconobbe in Donald Trump il mandante morale della rivolta votando con pochi altri compagni di partito a favore del suo impeachment. Per quello un anno fa ha perso la presidenza della conferenza repubblicana con un voto orale (inizialmente doveva essere segreto), dato dai suoi ex colleghi letteralmente a gran voce, conclusosi in pochi minuti. Sacrificata sul tabernacolo del nuovo patto di fedeltà all'ex presidente di cui lei ha denunciato fino all'ultimo la "grande bugia" delle "elezioni rubate": voltando talmente le spalle al tycoon da entrare pure nella commissione della Camera che indaga sulla rivolta.

Cinquantasei anni e cinque figli, Liz è però un falco della politica. Si è fatta le ossa nell'amministrazione di papà servendo come assistente del Segretario per gli affari del Vicino Oriente, e pur di debuttare al Congresso, nel 2013, s'impelagò pure in una lite con la sorella lesbica Mary criticandone il matrimonio gay a cui pure aveva partecipato. Sconfitta quell'anno in Senato è entrata alla Camera solo nel 2016, proprio nei ranghi di Donald Trump nonostante le accuse rivolte da questi a George W Bush (e dunque a suo padre) per aver mentito sulle armi in Iraq. In poco tempo, e votando col tycoon nel 90 per cento dei casi, ha fatto molta strada: diventando, appunto "House Republican Conference Chair", terza carica del partito e donna più alta in grado del Gop al Congresso.

L'attacco a Trump dopo Capitol Hill

E infatti non si è mai fatta da parte. Lo ha subito dimostrato dopo l'espulsione con un intervento agguerrito nell'aula (semivuota) della Camera, con tanto di bellicosa spilla appuntata alla giacca con su la bandiera sfoggiata da George Washington in battaglia: "La libertà dura solo se la difendiamo. Non guarderò in silenzio coloro che seguono la crociata di Trump per minare la democrazia. Dobbiamo dire la verità. L'elezione non è stata rubata".

Sa d'altronde di poter contare sull'aiuto del potente padre, attivamente impegnato a sostenerla. Ci fu proprio lui dietro la lettera firmata da oltre 100 eminenti repubblicani dove si minacciava di formare un terzo partito se l'Elefante sceglierà di restare all'ombra di Donald Trump, che comprendeva i nomi di ex senatori, deputati, ambasciatori e membri delle diverse amministrazioni dell'Elefante. Papà Dick l'ha sostenuta pure di recente, con un video dove appare col cappello da cowboy dove attacca frontalmente The Donald chiamandolo "codardo": "Nei 246 anni di storia della nostra nazione, non c'è mai stato un individuo che rappresenti una minaccia maggiore per la nostra Repubblica di Trump. Ccodardo perché un vero uomo non avrebbe mentito ai suoi sostenitori", ha detto senza giri di parole.

Sottolineando che l'impegno della figlia nella Commissione ha anche lo scopo di evitare che Trump si ricandidi alle primarie del Grand old party per il 2024. "Sta guidando lo sforzo per assicurarsi che lui non rimetta più piede nello Studio Ovale. E ci riuscirà". Certo, quasi certamente non vincendo le primarie di stasera: d'altronde, dopo aver ricevuto innumerevoli minacce di morte, non ha neanche tentato di giocarsela. Evitando comizi, porta a porta e le town hall di rito, limitandosi alle apparizioni tv. Per gli analisti, ha già il discorso della sconfitta in tasca. Ma non sarà un ritiro. C'è chi dice che potrebbe addirittura lanciare la sua candidatura al 2024. La battaglia per l'anima del Gop, insomma, è appena cominciata.


Il fiasco di Liz Cheney in Wyoming sarà solo il preludio ad una sua fastidiosa corsa alle presidenziali del Partito Repubblicano
Supportata e spinta dai media che la adorano, dai soldi dei Democratici e dal suo stesso ego, Liz Cheney andrà avanti fino alle primarie del 2024

The Federalist
Tratto e tradotto da un articolo di Jonathan S. Tobin per The Federalist
16 agosto 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ederalist/

Per i Repubblicani che non ne possono più di sentirsi fare la predica da Liz Cheney su quanto sia triste che non abbiano il carattere e l’integrità che lei invece possiede, questa settimana ci sono due notizie: una buona e una cattiva.

La buona notizia è che, nonostante abbia raccolto enormi somme di denaro per uno Stato di piccole dimensioni come il Wyoming, sia la beniamina della stampa nazionale e la portabandiera di una dinastia familiare del GOP, Liz Cheney sembra stia per subire una clamorosa bocciatura alle primarie. I sondaggi pre-elettorali la danno perdente con un margine di 20-30 punti contro la sfidante Harriet Hageman, appoggiata dalla nemesi di Liz Cheney, l’ex presidente Donald Trump.

La cattiva notizia è che comunque non sparirà. Al contrario, ci si aspetta che riceva altrettanta, se non maggiore, attenzione nei prossimi due anni, anche dopo che sarà stata cacciata dal Congresso. Questo perché, come continua a far intendere in interviste ossequiose con i giornalisti liberal, la sua crociata contro Donald Trump è appena iniziata. Questo, assieme alle sue dichiarazioni secondo cui non cambierà comunque Partito, porta ad una sola conclusione ineluttabile.

Probabilmente si candiderà alla nomination repubblicana per le presidenziali del 2024 come oppositrice di Donald Trump, o di qualsiasi altro repubblicano scenderà in campo. In questo modo potrà continuare a portare avanti quella che si è rivelata un’efficace truffa alla “Never Trump“, che ha dato uno scopo al suo marchio personale, altrimenti divenuto obsoleto ed irrilevante.

Quindi, aspettatevi di vederla ancora molto nei notiziari via cavo e nei canali televisivi di sinistra, in posa come una “Giovanna d’Arco del GOP” in missione per “salvare” il suo Partito ed il Paese dal “cattivo uomo arancione” e dalla stragrande maggioranza dei Repubblicani che ancora lo preferiscono, con tutti i suoi difetti, a quel repubblicanesimo dell’era Bush che lei ancora rappresenta.

La sua carriera alla Camera sta per finire perché gli elettori del Wyoming credono che li abbia traditi. Lo pensano non solo perché ha votato per il finto impeachment di Donald Trump, ma anche perché l’anno scorso si è essenzialmente unita ai Democratici accettando di far parte del Comitato sul 6 gennaio dopo che, con un passo senza precedenti, la Presidente della Camera Nancy Pelosi si è rifiutata di permettere al gruppo parlamentare del GOP di nominare i propri membri.

Da allora, Liz Cheney ha trascorso la maggior parte del suo tempo a Washington fingendo di essere il membro di più alto rango della commissione, guidando la sua spedizione di caccia e poi servendo come protagonista del suo processo televisivo teatralmente prodotto sotto forma di finta udienza del Congresso.

Come ha notato anche un recente profilo elogiativo del New York Times (“Liz Cheney è pronta a perdere ma non è pronta a mollare“), Liz Cheney ha speso per la corsa solo la metà dei 13 milioni di dollari raccolti per le primarie da Repubblicani e Democratici dell’ancien regime. In effetti, anche quando si è degnata di visitare il Wyoming, ha evitato gli eventi pubblici, presentandosi solo davanti ad un pubblico ristretto e preselezionato. Questo le ha permesso di evitare di affrontare gli elettori che ha tradito e di continuare a vivere in un bozzolo dove, leggendo dal libro di testo composto dal suo fan club mediatico, un gruppo ristretto di ammiratori può dirle che sta scrivendo un nuovo capitolo di “Profiles in Courage“.

È roba da non credere, soprattutto se paragonata alla demonizzazione che la sua famiglia ha dovuto affrontare per anni da parte di quegli stessi media. Suo padre, l’ex vicepresidente Dick Cheney, è coinvolto nei suoi sforzi per riportare l’orologio indietro al 2004. È stato trattato come la progenie del Diavolo dagli stessi imbroglioni che ora li lodano per screditare la “Versione 2022” del repubblicanesimo.

Nonostante la retorica di Liz Cheney sulla prevenzione di una minaccia fittizia alla democrazia, il suo astio nei confronti di Donald Trump e degli elettori del Partito Repubblicano è radicato nel risentimento che lei ed altri membri del vecchio establishment nutrono nei confronti di Trump per avergli sottratto il Partito Repubblicano da sotto il naso. Già fuori dal contatto con la base a causa del suo entusiasmo per le disastrose guerre all’estero e della netta mancanza di interesse per le questioni sociali ed economiche che stanno a cuore ai Repubblicani della base, le speranze di Liz Cheney di continuare ad essere una leader del Partito erano già finite ben prima che si accanisse contro Donald Trump.

La pretesa di Liz Cheney di rappresentare da sola il “Vero Repubblicanesimo TM” è presumibilmente la motivazione che sta alla base del non voler cambiare Partito. Ma una ragione migliore è che il suo ruolo di “martire” che sacrifica la sua carriera sull’altare dei principi avrà un futuro solo se non seguirà la strada di molti altri suoi compagni “Never Trump”, diventati Democratici a tutti gli effetti. Se lo facesse, sarebbe solo un’altra ex testa parlante repubblicana che sostiene che la metà del Paese che ha mantenuto la propria fede nel Partito Repubblicano, ed in una misura o nell’altra in Donald Trump, è composta da “deplorevoli insurrezionisti adoratori di idoli”.

Candidandosi alla presidenza, anche senza la minima speranza di successo, la sua celebrità continuerebbe a vivere. I Democratici continueranno a darle soldi. Ed i profili sul suo “coraggio” nei media tradizionali continueranno a venire pubblicati mentre lei gira per il Paese rimproverando proprio le persone di cui vuole il voto. Questo non potrebbe mai accadere se semplicemente si unisse ai Democratici: a quel punto non avrebbe più alcuna utilità per loro.

Ma alla fine, Liz Cheney dovrà comunque accontentarsi di unirsi ai Democratici una volta che Donald Trump o qualche altro Repubblicano otterrà la nomination. È facile immaginare che le verrà assegnato un posto da oratore alla convention democratica del 2024 e che faccia campagna per la rielezione di Joe Biden o di chiunque verrà nominato in quella sede, sperando di essere ricompensata con un posto di lavoro nel 2025 in caso di vittoria.

Ma si tratta ancora di due anni nel futuro. Nel frattempo, lo spettacolo di Liz Cheney può continuare. Il fatto che la sua imminente candidatura presidenziale, come il The Lincoln Project e quasi tutto ciò che i Never Trumpers hanno fatto negli ultimi anni, sarà una palese truffa, non è importante. Finché il ruolo di Liz Cheney, l’ultima “Repubblicana Giusta TM”, sarà utile alla Sinistra e le darà la possibilità di ottenere notorietà e forse anche un incarico in una futura amministrazione democratica, continuerà a recitare la sua parte.

Jonathan S. Tobin è collaboratore senior di The Federalist, redattore capo di JNS.org ed editorialista del New York Post.


Dieci Repubblicani della Camera avevano votato per l’impeachment di Donald Trump: Ecco come sono messi oggi
Almeno sette dei dieci Repubblicani della Camera che hanno votato per l’impeachment dell’ex presidente Donald Trump l’anno scorso non torneranno nel prossimo Congresso – ma il numero è destinato a salire.

The Epoch Times
16 agosto 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... och-times/

Con l’avvicinarsi delle primarie della rappresentante Liz Cheney (R-Wyoming), la maggioranza dei Repubblicani della Camera che hanno votato per l’impeachment del presidente Donald Trump per la seconda volta una settimana prima della fine del suo mandato, nel gennaio 2021, sono per la maggior parte usciti a pezzi dal loro processo della rielezione.

Il futuro politico poco roseo per coloro che hanno rotto con l’ex presidente Donald Trump dopo il 6 gennaio sottolinea quanto il Partito Repubblicano sia diventato un luogo inospitale nei confronti di chi ha tradito il mandato degli elettori oltre che Donald Trump.


Liz Cheney

Diversi sondaggi mostrano che Liz Cheney si trova in uno svantaggio a doppia cifra nelle primarie del Partito Repubblicano del Wyoming per l’unico seggio alla Camera che esprime lo Stato, ed uno mostra che si trova sotto di circa 30 punti percentuali rispetto alla sfidante repubblicana, Harriet Hageman, sostenuta da Donald Trump.

Dopo che Liz Cheney ha votato per l’impeachment di Donald Trump non una ma ben due volte, è stata essenzialmente il volto favorevole e la partecipazione all’indagine della Camera sul 6 gennaio ad aver attirato una significativa condanna da parte degli altri Repubblicani.
Jaime Herrera Beutler

La rappresentante Jaime Herrera Beutler (R-Washington), un altra Repubblicana che ha votato per l’impeachment di Donald Trump all’inizio del 2021, ha ammesso la sconfitta contro lo sfidante repubblicano Joe Kent, sostenuto da Donald Trump.

“Sin dalla mia prima elezione a questo seggio ho fatto del mio meglio per servire la mia regione ed il nostro Paese”, ha dichiarato la Beutler in un comunicato dopo la sua sconfitta. “Anche se questa volta la mia campagna non è andata a buon fine, sono orgogliosa di tutto ciò che abbiamo realizzato insieme per il luogo in cui sono cresciuta e che ancora chiamo casa”.
Anthony Gonzalez

Anthony Gonzalez (R-Ohio), ex ricevitore della NFL, aveva dichiarato alla fine dello scorso anno che non avrebbe cercato un terzo mandato al Congresso. Questo è avvenuto alcuni mesi dopo aver votato per l’impeachment del 45° Presidente.

Gonzalez si era attirato delle significative critiche da parte del Partito Repubblicano dell’Ohio, che l’anno scorso lo aveva censurato ed aveva chiesto le sue dimissioni.

Gonzalez “si è affrettato in conclusioni emotive che hanno attribuito la colpa al Presidente Donald Trump, il Presidente della legge e dell’ordine e dell’America First“, si legge nella risoluzione del Partito Repubblicano. “Crediamo che il deputato Gonzalez abbia consapevolmente e volontariamente violato il suo giuramento“.
Adam Kinzinger

Il rappresentante Adam Kinzinger (R-Illinois), un’altra figura di spicco del Comitato della Camera sul 6 gennaio, aveva anch’egli analogamente annunciato che non avrebbe cercato un altro mandato alla Camera. Kinzinger, che ha cavalcato lo slancio del Tea Party per ottenere la sua prima candidatura alla Camera nel 2013, è stato uno dei più importanti critici di Donald Trump, accanto a Liz Cheney, tra i Repubblicani della Camera.

Da quando Donald Trump è entrato in carica nel 2017, il legislatore è spesso apparso sulla CNN e su altri organi di informazione per denigrare l’ex presidente.
Fred Upton

Come Adam Kinzinger, un altro Repubblicano favorevole all’impeachment, il rappresentante Fred Upton (R-New York) aveva annunciato nell’aprile 2022 che non avrebbe cercato la rielezione.

Durante un’intervista alla CNN, aveva ammesso che Donald Trump ha ancora una presa significativa sul Partito Repubblicano.

Donald Trump ha “ottenuto una serie di vittorie decisive in cui ha appoggiato i candidati che hanno vinto”, aveva detto Upton a giugno durante il programma “State of the Union” della CNN. “Ha riportato anche alcune sconfitte, ma certamente diverte la maggioranza della base repubblicana e sarà difficile fermarlo“, ha aggiunto.
John Katko

Il rappresentante John Katko (R-New York) aveva annunciato all’inizio dell’anno che si sarebbe ritirato dalla Camera. Tuttavia, ha negato che il suo voto per l’impeachment di Trump abbia giocato un ruolo.

“Ero abbastanza sicuro, anche con la riorganizzazione dei distretti nello Stato di New York, di avere una strada per la vittoria”, ha dichiarato Katko al Washington Post a marzo.

Ben quattro dei dieci Repubblicani che hanno votato l’impeachment non si sono nemmeno presentati alla rielezione, annunciando quindi l’intenzione di ritirarsi. Kinzinger, Gonzalez ed Upton dovevano affrontare un vasto campo di avversari alle primarie, tutti sostenuti da Donald Trump ed, in alcuni casi, hanno visto la loro strada verso la vittoria ulteriormente complicata dalla riorganizzazione dei distretti.
Peter Meijer

Il deputato Peter Meijer (R-Michigan), esponente della ricca famiglia Meijer, proprietaria dell’omonima catena di supermercati, è diventato il secondo Repubblicano pro-impeachment in ordine di tempo ad essere sconfitto alle primarie. Ha perso alcune settimane fa contro contro l’ex funzionario della HUD, John Gibbs, sostenuto da Donald Trump, nonostante avesse speso molto di più nella propria campagna elettorale.

Il candidato Gibbs ha ricevuto un aiuto all’ultimo minuto anche da parte dei Democratici, nella speranza di facilitare il percorso delle elezioni generali per la loro candidata, Hilary Scholten, con grande disappunto dei legislatori di entrambi i Partiti.

“Dopo che abbiamo ricevuto la buona notizia e l’elezione è stata chiamata, abbiamo ricevuto una telefonata dal Presidente Donald Trump, che voleva solo congratularsi con me”, ha commentato John Gibbs a WZZM.

“Era molto emozionato e mi ha detto di tornare presto a lavorare sodo, perché a novembre sarà dura, e noi lo sappiamo, e saremo pronti per questo, quindi penso che sarà andrà bene”.
Tom Rice

Il deputato Tom Rice (R-Carolina del Sud) è stato il primo Repubblicano favorevole all’impeachment a non sopravvivere alla sua sfida per la rielezione all’inizio di quest’anno. Rice è stato battuto con oltre 25 punti percentuali di scarto dallo sfidante Repubblicano ed ex rappresentante di Stato Russell Fry, appoggiato da Donald Trump.
Dan Newhouse

Il rappresentante Dan Newhouse (R-Washington) è invece riuscito a battere i suoi sfidanti del GOP durante le elezioni primarie ed è diventato uno dei due Repubblicani della Camera favorevoli all’impeachment a sopravvivere finora alla loro sfida alle primarie.

Nella corsa, Donald Trump aveva appoggiato la repubblicana Loren Culp.
David Valadao

L’unico altro repubblicano favorevole all’impeachment a sopravvivere è stato il deputato David Valadao (R-California), che è avanzato dalle primarie di giugno.

Dovrà però affrontare il membro dell’Assemblea statale della California, Rudy Salas, un Democratico, in un distretto congressuale i cui confini sono stati ridisegnati e che si trova in un’area che ha votato per Joe Biden con un margine a doppia cifra. Donald Trump, dal canto suo, non ha appoggiato alcuno sfidante contro David Valadao, che ha votato per l’impeachment di Trump all’inizio del 2021, un giorno dopo che Valadao aveva prestato giuramento per il suo secondo mandato.


Il leader della minoranza della Camera Kevin McCarthy è intervenuto per rimproverare quei Repubblicani che sono rimasti in silenzio “mentre i Democratici a Washington abusano del loro potere”

– John Nolte, Breitbart News
Tratto e tradotto da un articolo di John Nolte per Breitbart News
16 agosto 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... bart-news/

Il post di Kevin McCarthy arriva sulla scia della scandalosa e senza precedenti irruzione dell’FBI nella residenza privata dell’ex presidente Donald Trump a Mar-a-Lago. Il giorno dopo, gli agenti federali hanno anche sequestrato il cellulare del deputato Scott Perry (R-Pennsylvania).

“Se sei un Repubblicano eletto e rimani in silenzio mentre i Democratici a Washington abusano del loro potere“, ha scritto Kevin McCarthy, “sei la ragione stessa per cui pensano di farla franca. Ora è il momento di parlare e di fare la voce grossa!”.

Negli ultimi cinque e sei anni abbiamo visto le forze dell’ordine, locali e federali, assieme al Partito Democratico e ai loro propagandisti nei media, lanciare una bufala dopo l’altra contro Donald Trump. Dalla bufala della collusione con la Russia, orchestrata con l’aiuto dell’FBI, alla bufala del primo impeachment, alla bufala del secondo impeachment, fino alla bufala sul 6 gennaio. […] Oltre a tutto questo, Donald Trump è stato falsamente accusato di affari loschi, di non pagare le tasse, e così via…

È solo una bugia, una montatura fallita dopo l’altra…

Ma quei “Repubblicani” senza principi come l’uscente Liz Cheney (R-Wyoming) se ne fregano. Sono animali politici che cercano solo la vendetta ed il potere. L’idea che la bestia un giorno possa rivoltarsi anche contro di loro (e lo farà) non ha alcuna importanza. Sono così miopi ed amareggiati che non importa quali norme siano state infrante, come la Costituzione sia stata stracciata, oppure il male fatto da un’istituzione di polizia troppo politicizzata. A loro interessa solo vendicarsi di Donald Trump.

Santo cielo, persino l’ex governatore Andrew Cuomo (D-New York), uno dei Democratici più di spicco solamente due anni fa, è rimasto inorridito dall’irruzione nella casa di Donald Trump. Fortunatamente, alcune persone, persino alcuni Democratici, non sono rimasti così accecati dall’odio e dall’ideologia da non riuscire nemmeno a vedere dove ci porterà questo pendio scivoloso.

Nel loro eccessivo zelo per incastrare Donald Trump, i Democratici hanno politicizzato l’impeachment ed il sistema giudiziario. Quindi cosa impedirà ai Repubblicani di fare lo stesso con loro?

Ricordate cosa è successo con la morte dell’ostruzionismo nelle nomine giudiziarie? In una mossa miope e disperata per ottenere velocemente la conferma dei giudici di sinistra voluti da Barack Obama, l’allora leader della maggioranza del Senato Harry Reid (D-Nevada) eliminò l’ostruzionismo. Il risultato finale? Donald Trump ha potuto nominare tre giudici della Corte Suprema e la sentenza “Roe vs. Wade” è stata così ribaltata.

Tuttavia, una cosa che mi piace dell’era di Joe Biden è il ritorno della normalità in America.



GOOD BYE CHENEY
Secondo le proiezioni, Harriet Hageman, sostenuta da Donald Trump, ha sconfitto l’uscente deputata Liz Cheney nelle primarie repubblicane del Wyoming 66% a 28%

Breitbart News
17 agosto 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... bart-news/

La prevista sconfitta di Liz Cheney è l’ottava di dieci Repubblicani che votarono a favore del secondo l’impeachment di Donald Trump a lasciare il Congresso e consolida la reputazione di questo voto sull’impeachment del 2021 come uno dei voti che più hanno distrutto le carriere politiche nella storia del parlamento americano.

La vittoria di Harriet Hageman non sorprende più di tanto dopo che Liz Cheney si è alleata con i Democratici per combattere l’ex presidente Donald Trump nella Commissione faziosa sul 6 gennaio.

Nel maggio del 2021, Liz Cheney era stata estromessa dalla leadership del GOP con un voto di sfiducia sulla scia del voto a favore dell’impeachment dell’ex presidente. Nel novembre del 2021 anche il Partito Repubblicano del Wyoming ha votato per non riconoscerla più come una repubblicana.

Alcuni mesi dopo, a febbraio, il leader della minoranza della Camera Kevin McCarthy ha annunciato il suo appoggio ad Harriet Hageman, sfidante di Liz Cheney, quando di solito i leader del partito appoggiano i membri del Congresso in carica. Ma dopo che Liz Cheney ha lavorato contro i Repubblicani ed avrebbe “orchestrato un sabotaggio deiu Repubblicani senza precedenti”, il leader McCarthy ha presumibilmente ritenuto dovesse essere rimossa dal Congresso.

“Liz Cheney ha perso il Wyoming. Liz Cheney non vive in Wyoming. Non ci rappresenta“, ha dichiarato Harriet Hageman a Breitbart News a gennaio. “Non rappresenta i nostri valori”.

Sebbene Liz Cheney abbia perso il sostegno di molti colleghi del GOP e degli elettori del Wyoming, è riuscita a trovare conforto tra i ricchi e i famosi esponenti dell’establishment. Durante la sua campagna per la rielezione, Liz Cheney ha sollecitato il voto dei Democratici ed ha ottenuto l’appoggio delle élite di Hollywood, come l’attore Kevin Costner. Ha anche raccolto fondi dai donatori di Hillary Clinton e di Barack Obama.

In totale, Liz Cheney ha superato Harriett Hageman nelle donazioni con un rapporto di quasi tre a uno (15 milioni di dollari), con gran parte del denaro proveniente però da altri Stati. La Cheney ha raccolto solo circa 386.000 dollari da donatori del Wyoming, molto meno delle donazioni della Hageman, che ha raccolto circa 940.000 dollari dai donatori del Wyoming, per un totale di 4,5 milioni di dollari di contributi alla campagna.

Il messaggio conclusivo di Liz Cheney agli elettori del Wyoming, che avevano sostenuto in modo schiacciante Donald Trump nel 2020, è stato quello di affermare che Trump avesse manipolato “gli americani ad abbandonare i loro principi”. Questo punto di vista è arrivato una settimana dopo che suo padre, l’ex vicepresidente Dick Cheney, ha fatto uno spot per sua figlia in cui ha definito Donald Trump un “codardo”. Lo spot di Dick Cheney non ha mai menzionato lo Stato del Wyoming, ma menzionava Trump sei volte.

I media dell’establishment hanno fatto eco alla narrativa anti-Trump di Liz Cheney per mesi verso le ultime settimane delle elezioni primarie, nonostante i sondaggi di giugno avessero rilevato che stesse perdendo contro la Hageman con uno scarto di ben 30 punti. Altri due sondaggi di luglio hanno confermato che si trovava in grave difficoltà contro la Hageman. Un sondaggio di agosto tra i probabili elettori repubblicani ha mostrato che Liz Cheney stava perdendo con uno scarto di 57 punti.

Nella settimana conclusiva della battaglia per le primarie, Breitbart News ha riferito che il patrimonio netto di Liz Cheney è passato dai 7 milioni di dollari stimati al momento del suo insediamento nel 2017 ad oltre 44 milioni di dollari nel 2020.

È inoltre emerso che il marito di Liz Cheney, Philip Perry, è socio di uno studio legale che rappresenta Hunter Biden nell’inchiesta del Gran Giurì del Dipartimento di Giustizia sulle sue “questioni fiscali”. Secondo la Personal Financial Disclosure 2020, Perry detiene una quota compresa tra 1.000.001 e 5.000.000 di dollari nello studio legale Latham & Watkins. Latham & Watkins ha anche fornito consulenza a una società tecnologica legata al Partito Comunista Cinese, la TME, e alla Exelon Corporation.

Quando si sono svolte le primarie del Partito Repubblicano, la figlia della potente dinastia della famiglia Cheney, che si trovava in grave difficoltà, aveva solo tre centesimi di dollaro di possibilità di tornare al Congresso nel 2023, come hanno rivelato le quote di PredictIt.

“Mi sento molto orgogliosa di tutto il lavoro che ho svolto insieme ai cittadini del Wyoming negli ultimi sei anni”, ha dichiarato martedì pomeriggio Liz Cheney, secondo quanto riportato da CBS News.
Donald Trump elogia la vittoria di Harriet Hageman su Liz Cheney

L’ex presidente Donald Trump ha festeggiato la vittoria di Harriet Hageman sulla deputata Liz Cheney nelle primarie del Congresso repubblicano del Wyoming.

Inutile dire che il Presidente Trump, che ha appoggiato con entusiasmo la Hageman sin all’inizio, ha esultato per la sconfitta di Liz Cheney sul suo sito di social media, Truth Social, sperando che segni l’inizio della fine del “Comitato per l’elezione dei ciarlatani e dei delinquenti politici”, ovvero il Comitato che indaga sul 6 gennaio.

“Congratulazioni ad Harriet Hageman per la sua grande e decisiva vittoria in Wyoming“, ha detto. “Questo è un risultato meraviglioso per l’America, ed un rimprovero totale al Comitato per l’elezione dei ciarlatani e dei delinquenti politici”. Ha proseguito:

Liz Cheney dovrebbe vergognarsi di se stessa, del modo in cui si è comportata e delle sue parole ed azioni dispettose e bigotte nei confronti degli altri. Ora può finalmente scomparire negli abissi dell’oblio politico dove, sono sicuro, sarà molto più felice di quanto lo sia ora. Grazie WYOMING!

Durante il suo discorso di concessione, Liz Cheney si è paragonata all’ex presidente Abraham Lincoln e al generale Ulysses S. Grant. Liz Cheney ha detto:

Il grande ed originale campione del nostro Partito, Abraham Lincoln, fu sconfitto nelle elezioni per il Senato e la Camera prima di vincere l’elezione più importante di tutte. Alla fine Lincoln ha prevalso. Ha salvato la nostra Unione. E ha definito i nostri obblighi come americani per tutta la storia.

“È stato detto che il lungo arco della storia si piega verso la giustizia e la libertà. È vero, ma solo se lo facciamo piegare”, ha poi aggiunto Liz Cheney. “Oggi, il nostro più alto dovere è quello di piegare l’arco della storia per preservare la nostra nazione e le sue benedizioni, per assicurare che la libertà non perisca, per proteggere le fondamenta stesse di questa repubblica costituzionale”.
Harriet Hageman: Liz Cheney ha perso a causa della sua ossessione per Donald Trump quando gli elettori si preoccupavano di inflazione, energia, immigrazione illegale

Durante la trasmissione di martedì di Fox News “The Ingraham Angle“, la candidata al Congresso del Wyoming Harriet Hageman ha dichiarato che la sua avversaria Liz Cheney ha perso perché “non si è concentrata sul Wyoming. Non si sta concentrando sui nostri problemi. Si sta ancora concentrando sull’ossessione per il Presidente Trump”. Ed ha aggiunto che l’inflazione, l’immigrazione clandestina e l’energia erano i temi più importanti per gli elettori, non l’ex presidente.

La Hageman ha detto che, pur non avendo avuto la possibilità di ascoltare il discorso di concessione di Liz Cheney, “non mi sorprende che torni agli stessi vecchi argomenti, perché è proprio questo, in gran parte, che l’ha fatta sconfiggere. Non si sta concentrando sul Wyoming. Non si sta concentrando sui nostri problemi. Si sta ancora concentrando su un’ossessione per il Presidente Trump“.

La conduttrice Laura Ingraham ha poi raccontato che quando si trovava in Wyoming, “le cose che ho sentito più spesso dalla gente del posto erano l’impossibilità di trovare lavoratori, il costo del carburante ed il costo della vita di base, dell’affitto e del cibo. Nessuno pensava a Donald Trump. Non credo che nessuno di quelli con cui ho parlato abbia pensato a questo”.

Harriet Hageman ha risposto: “No. L’inflazione, l’immigrazione illegale e la protezione dei nostri posti di lavoro nel settore energetico sono le questioni più importanti per il Wyoming e la responsabilità. Ci aspettiamo che i nostri rappresentanti rappresentino i nostri interessi“.
Il discorso di concessione di Liz Cheney potrebbe aver violato le regole di finanziamento della campagna elettorale

La futura ex deputata Liz Cheney potrebbe aver violato le regole della Commissione elettorale federale (FEC) durante il suo discorso di concessione a causa di una donazione in natura che pare abbia ricevuto da un ex dirigente televisivo che fa da consigliere del Comitato che indaga sul 6 gennaio.

Jeff Zeleny della CNN ha riferito martedì sera che l’atteso discorso della sconfitta di Liz Cheney sarebbe stato ambientato su uno sfondo drammatico e filmato da James Goldston, l’ex presidente di ABC News che è anche consulente del Comitato 6 gennaio.

Chiunque filmi un candidato può generalmente farlo, sotto la protezione del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Tuttavia, se la troupe sta producendo un video appositamente per un candidato, questo conta come servizio fornito alla campagna elettorale.

I servizi di Goldston, compresa la sua troupe, hanno probabilmente un valore di decine di migliaia di dollari. Inoltre, Zeleny ha riferito che Goldston stava filmando la Cheney come “favore”, come “amico”. Di conseguenza, il suo contributo sarebbe un “contributo in natura” a Liz Cheney.

Le regole della FEC sui contributi in natura prevedono che:

Un contributo in natura è un contributo non monetario. I beni o i servizi offerti gratuitamente o a un prezzo inferiore a quello usuale costituiscono un contributo in natura. Analogamente, quando una persona o un’entità paga dei servizi per conto del comitato elettorale, il pagamento è un contributo in natura. Anche una spesa effettuata da qualsiasi persona o entità in collaborazione, consultazione o concerto con la campagna di un candidato, o su richiesta o suggerimento di quest’ultimo, è considerata un contributo in natura al candidato.

Il valore di un contributo in natura, ossia la spesa abituale e normale, viene conteggiato ai fini del limite di contribuzione come una donazione in denaro. Inoltre, come qualsiasi altro contributo, i contributi in natura vengono conteggiati nel limite del contribuente per l’elezione successiva, a meno che non siano designati diversamente.

Inoltre, il limite attuale per i contributi è di 2.900 dollari per ciclo elettorale.

Pertanto, non solo i servizi di Goldston devono essere segnalati alla FEC nei documenti della campagna di Liz Cheney, ma probabilmente superano anche i limiti di finanziamento della campagna.

In caso di accertata violazione, Goldston potrebbe incorrere in un’indagine ed in una multa da parte della FEC.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » mar ago 16, 2022 8:00 am

Che personaggio ignobile!
Secondo questa ignobile politicante, perquisire la casa di un ex presidente, come mai era accaduto nel passato negli USA, trattando l'ex presidente con un criminale e una volgare spia, sarebbe lecito e giusto, pubblicare i nomi degli agenti che hanno effettuato il bliz eversivo e che hanno depredato persino i passaporti di Trump sarebbe invece cosa illecita e ingiusta.


Usa, Liz Cheney, sconfitta alle primarie nel Wyoming, attacca Trump
Agenzia ANSA
17 agosto 2022

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... fb867.html

Liz Cheney è stata sconfitta alle primarie repubblicane in Wyoming dalla candidata sostenuta da Donald Trump.
Secondo le proiezioni della New York Times, Harriet Hageman ha ottenuto il 61% delle preferenze contro il 31% della figlia dell'ex vicepresidente di George W.

"Gli Stati Uniti non possono essere governati da una folla aizzata sui social media" dice la Cheney nel suo discorso in Wyoming, dopo la sconfitta alle primarie. La deputata ha accusato Trump di aver pubblicato i nomi degli agenti dell'Fbi che hanno partecipato alla perquisizione in Florida. "Lo ha fatto di proposito e con malignità", ha attaccato. Cheney ha poi citato Abraham Lincoln che ha perso le elezioni al congresso, ma poi "ha vinto le più importanti e ha tenuto insieme la nostra Unione". "Ora comincia il lavoro vero", ha detto la deputata citando le parole dell'ex presidente Usa.







Un altro demenziale giornalaccio antitrumpiano

L'ex presidente Usa, indagato per spionaggio, lancia messaggi sibillini. Ma "perde" anche Giuliani
Trump soffia sul fuoco: «Negli Usa c'è una rabbia tremenda»

Giorgio Ferrari
mercoledì 17 agosto 2022

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/tr ... a-tremenda

I guai ci sono. E sono guai grossi. I documenti sequestrati a Mar-a-Lago dal Fbi, il sospetto di materiale talmente sensibile da oltrepassare il segreto di Stato ed essere di fatto più pericoloso di un innesco nucleare se per qualunque motivo (fortuito e non) cadesse nelle mani di avversari golosissimi dei segreti militari e tecnologici americani, come Russia, Cina, Corea del Nord, Iran sono già una pesante spada di Damocle sul futuro politico – qualcuno dice anche sulla libertà personale – di Donald Trump. Non a caso il Dipartimento di Giustizia si è rifiutato perfino di rendere pubbliche le motivazioni con cui i federali hanno perquisito la residenza dell’ex presidente. Un riserbo inutile: un giudice della Florida ha svelato che il presidente è indagato per spionaggio in forza dell’Us Expionage Act.
Ma i guai ora ghermiscono anche i suoi antichi collaboratori. Come il consulente finanziario Allen Weisselberg, inquisito per frode fiscale insieme alla Trump Organization (le società immobiliari di The Donald), o come Eric Herschmann, avvocato ed ex consigliere di Trump, chiamato dal gran giurì federale che sta indagando sull’assalto del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill a testimoniare e a consegnare documenti relativi a quei giorni turbolenti. Anche l’ex consigliere John Bolton lo accusa: «Trump sta quasi certamente mentendo sulle ragioni per cui conservava materiale classificato nella sua villa in Florida». Né gli fa gioco l’indagine cui è sottoposto l’ex sindaco di New York ed ex avvocato di Trump Rudolph Giuliani (lo stesso che trescò per conto di Trump con il presidente ucraino Zelensky per mettere in luce presunte nefandezze finanziarie del figlio di Joe Biden allo scopo di screditarne la corsa alla Casa Bianca) per presunte interferenze nel risultato delle elezioni presidenziali del 2020 in Georgia.
Trump tuttavia ammonisce: «Il Paese è in una posizione molto pericolosa, c’è una rabbia tremenda, come non ho mai visto prima, per tutti gli imbrogli, anni di imbrogli e caccia alle streghe, ed ora questa vicenda. La temperatura deve essere abbassata, altrimenti accadranno cose terribili». Messaggio a duplice lettura: apparentemente conciliante nei confronti dell’inchiesta (il Fbi gli ha restituito i suoi tre passaporti grazie ai quali presto farà un viaggio in Scozia), in realtà Trump agita una fiamma rivolta a tutte le micce che possono accendersi in questi giorni. L’ultima delle quali – ma ce ne saranno sicuramente altre – è l’arresto del Fbi, mentre giorni prima una decina di supporter armati avevano assediato la sede del Bureau di Cincinnati. Un clima, si torna a dire, da guerra civile, per ora limitato a piccoli se pur inquietanti falò. Sotto la cenere, si teme, ribolle ben altro.
Ma al di là delle personali vicissitudini di Donald Trump, ora si guarda con apprensione all’appuntamento di novembre con le elezioni di Midterm. Fino a poche settimane fa il successo repubblicano – o più appropriatamente la débâcle democratica dovuta soprattutto alla crescente impopolarità di Biden – appariva scontato. Ora lo è un po’ meno. Per la prima volta il tycoon – che pure conserva una forza di suggestione e un carisma ancora intatto – appare una figura parecchio ingombrante anche ai suoi stessi sostenitori.
Gli scricchiolii si avvertono un po’ dovunque. Perfino alla Fox, tradizionalmente schierata a fianco di Trump. Come ha fatto la anchorwoman Laura Ingraham, conservatrice d’acciaio, da sempre vicina al presidente, che tuttavia ora si smarca e dice: «Penso che il Paese sia esausto. Le persone sono stremate dalla battaglia, una battaglia costante in cui possono anche credere ma è tempo di voltare pagina se possiamo avere qualcuno che ha tutte le idee di Trump ma non è Trump».
È la cosiddetta «opzione zero», ovvero il trumpismo senza Donald Trump a cui lentamente si sta avvicinando una parte del Grand Old Party con nuove figure emergenti come il quarantaquattrenne governatore della Florida Ron DeSantis, un populista antiabortista già militante nel tea-party, ex militare e accanito sostenitore dell’inalienabile diritto di possedere armi da fuoco. Ancora minuscolo, rispetto a quanto giganteggia la figura tragica di «The Donald», ma sappiamo bene come nel mare senza legge della politica prima ancora dei gusti dell’elettorato si è abituati a fiutare il sangue del cetaceo ferito.



Donald Trump, killer di dinastie politiche: nel 2023 non ci saranno più Bush, Cheney, McCain o Clinton in carica

Breitbart News
17 agosto 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... bart-news/

L’era di Donald Trump ha portato molti cambiamenti nel mondo politico dal 2016, e l’anno 2023 non sarà diverso: le dinastie dei Bush, Cheney, McCain e Clinton non avranno più incarichi né a livello statale né a livello nazionale

Con la sconfitta di Liz Cheney alle primarie repubblicane del Wyoming, martedì scorso, le dinastie in franchising che hanno dominato il panorama politico statunitense a partire dagli anni ’70 sono sparite di colpo.

Indipendentemente dal fatto che il Partito Repubblicano assuma o meno il controllo del Congresso nelle elezioni di metà mandato di novembre, il 23 gennaio, giorno di insediamento del nuovo Congresso, non ci sarà più nessun politico di nome Bush, Cheney, McCain o Clinton nelle aule del Congresso, alla Casa Bianca ed anche a livello statale.

In Texas, ad esempio, George P. Bush, nonostante i suoi migliori sforzi per corteggiare il voto dei sostenitori di Donald Trump, terminerà il suo mandato come Commissario di Stato per il Territorio, mettendo di fatto fine alla dinastia Bush, almeno fino a quando non avrà un ritorno in politica.

Nei decenni passati, in Texas c’erano poche dinastie politiche così inarrestabili come quella dei Bush, con una solida eredità che risaliva agli anni Sessanta. Nell’era di Donald Trump, la capacità di tenuta di questo nome è decisamente diminuita e George P. Bush è stato l’ultima vittima di quest’anno, quando ha perso contro Ken Paxton nella corsa a procuratore generale del Texas. Come ha osservato il Texas Tribune a maggio:

Il riconoscimento del suo nome sta emergendo come un peso nel Partito Repubblicano. George P. Bush, che attualmente ricopre la carica di commissario per il territorio dello Stato, è in svantaggio su Paxton nei sondaggi. Alcuni dei motivi principali per cui gli elettori repubblicani sono riluttanti nei suoi confronti sono i legami con l’orientamento politico di centro-destra della sua famiglia e le sue posizioni politiche del passato.

George P. Bush aveva detto che questi attacchi erano guidati da Ken Paxton e che non riflettevano più il sostegno che aveva riscontrato in campagna elettorale. Gli annunci del procuratore generale in carica contro il giovane Bush si concentrano sull’etichettatura di “RINO” (Republican In Name Only, lett. Repubblicano solo di nome) e sul collegamento con la sua famosa famiglia.

George P. Bush ha però condotto ogni sforzo possibile per corteggiare i favori di Donald Trump, appoggiandolo entrambe le volte per la presidenza e cercando con entusiasmo il suo sostegno, finché l’ex presidente non ha appoggiato Ken Paxton. Al di là della corsa a procuratore generale del Texas, il nome di Bush ha vacillato anche in altri settori, come quando il cugino di George P. Bush, Pierce Bush, è arrivato terzo nella corsa per un seggio congressuale a Houston nel 2020.

Un’ampia varietà di fattori ha contribuito alla caduta della Casata dei Bush, ma gran parte del merito è da attribuire al momento in cui, durante le primarie repubblicane del 2016, Donald Trump attaccò pubblicamente sia Jeb Bush che George W. Bush durante il dibattito in South Carolina.

Come ha osservato la CNN all’epoca:

Anche per Donald Trump, si è trattato di un atto politico pericoloso.

Pochi giorni dopo una vittoria schiacciante nel New Hampshire, il candidato repubblicano in pectore alle presidenziali è salito sul palco del dibattito in South Carolina ed ha accusato l’ex presidente George W. Bush di aver mentito sull’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq e per gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.

Per qualsiasi altro politico repubblicano del passato, sarebbe stato il momento di chiudere la campagna elettorale. Invece, questi attacchi sottolineano la capacità unica di Donald Trump di fare dichiarazioni che avrebbero affossato chiunque altro, ma che gli permettono di uscirne comunque vincitore. Ha vinto facilmente le primarie in South Carolina, battendo il secondo classificato di circa 10 punti. Il fratello dell’ex presidente, Jeb, ha abbandonato la sua candidatura alla presidenza dopo questo risultato deludente.

Sebbene la vedova del defunto senatore repubblicano dell’Arizona John McCain, Cindy McCain, abbia lavorato ai margini della politica, appoggiando Joe Biden nel 2020 ed opponendosi a Donald Trump in ogni occasione, anche la dinastia politica dei McCain si è conclusa con la morte del senatore nel 2018 e non mostra segni di ritornare presto una potenza a livello nazionale.

Sebbene i Democratici abbiano a lungo sostenuto che l’ex primogenita Chelsea Clinton potrebbe seguire un giorno le orme del padre e della madre, anche la dinastia politica dei Clinton ha incontrato il suo destino con l’ascesa di Donald Trump durante le elezioni del 2016.

L’ex Segretario di Stato Hillary Clinton ha accennato ad una possibile candidatura nel 2024, ma non ha detto nulla di definitivo sui suoi piani per il futuro.

Mentre gli Obama hanno certamente fatto sentire la loro presenza nella sfera culturale attraverso la loro società di produzione Higher Grounds, l’ex first lady Michelle Obama non ha dato alcuna indicazione di volersi candidare, nonostante le più grandi speranze dei Democratici.

Quando martedì sera si è diffusa rapidamente la notizia della sconfitta di Liz Cheney, la gente ha subito notato questa nuova tendenza della politica americana.


Il bugiardo Dick Cheney, che ha distrutto milioni di vite, dichiara Donald Trump come la più grande minaccia nella storia degli Stati Uniti – Breitbart News
Tratto e tradotto da un articolo di Rebecca Mansour per Breitbart News
17 agosto 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... bart-news/

“Nei 246 anni di storia della nostra nazione, non c’è mai stato un individuo che sia stato una minaccia più grande per la nostra repubblica come Donald Trump“, così affermava l’ex vicepresidente Dick Cheney in uno spot pubblicitario pubblicato per la campagna di rielezione di sua figlia Liz Cheney.

Dick Cheney basa questa sua valutazione sull’affermazione, sempre sua, che Donald Trump sia un “bugiardo“. Secondo Cheney, Trump è “un codardo” e neanche un “vero uomo”, perché “un vero uomo non mentirebbe ai suoi sostenitori“.

Un “vero uomo” mentirebbe invece al mondo? Perché è proprio quello che ha fatto Dick Cheney.

Come ha affermato Donald Trump già nel 2016 durante il dibattito dei Repubblicani subito prima delle primarie in South Carolina (che proprio Trump vinse): “Ovviamente la guerra in Iraq è stata un grosso, grosso errore. Hanno mentito. Hanno detto che c’erano armi di distruzione di massa. Non c’erano, e sapevano che non c’erano“.

Dick Cheney – considerato la mente dietro la disastrosa amministrazione dell’ex presidente George W. Bush – è stato uno degli architetti della guerra in Iraq.

La miope ed arrogante avventura all’estero di Dick Cheney è costata cara all’America e ai nostri alleati in termini di sangue e tesori, per non parlare degli orrori che la sua guerra ha inflitto al popolo iracheno.

Un resoconto completo delle malefatte di Dick Cheney va oltre la portata di un solo articolo. (Vi ho parlato delle selvagge torture dei prigionieri iracheni che il segretario alla Difesa dell’amministrazione Bush-Cheney ha approvato, secondo il generale di brigata statunitense che dirigeva la prigione? Solo per questo ci vorrebbero parecchi volumi). Ma limitiamoci a considerare le grandi bugie.

Innanzitutto, l’amministrazione Bush-Cheney ci aveva detto che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa. Ci era stato detto che l’Iraq aveva cercato di acquistare ossido di uranio, noto come “Yellowcake“. Questo si è rivelato totalmente falso. Così come tutti i tentativi di collegare Saddam Hussein agli attentati dell’11 settembre. Sì, Saddam Hussein era un uomo malvagio, ma non era una minaccia per gli Stati Uniti. Ed ora sappiamo anche che l’amministrazione Bush sapeva già all’epoca che le sue “informazioni” sulle armi di distruzione di massa fossero “imprecise“. Ma questo non li ha fermati dal lanciare un’invasione di un Paese che non rappresentava una minaccia.

In secondo luogo, l’amministrazione Bush-Cheney ci disse che le forze statunitensi sarebbero state “accolte come liberatori“. L’invasione sarebbe stata, come aveva detto un neocon esaltato, una “passeggiata”. In realtà, le vittime statunitensi in Iraq sono state 4.598, con altri 32.000 feriti.

In terzo luogo, ci è stato detto dall’amministrazione Bush-Cheney, sostenuta dai loro cheerleader nei neocon (la maggior parte dei quali sono i più accaniti Never Trump), che l’operazione Iraqi Freedom avrebbe scatenato un’ondata di democratizzazione in tutto il Medio Oriente. Invece, ha scatenato un’ondata di lotte settarie, attentati suicidi, instabilità regionale, guerre civili, crisi dei migranti ed una pulizia etnica genocida delle antiche comunità cristiane, tanto che nella regione che ha dato i natali al cristianesimo non è rimasto quasi nessun cristiano.

Nella guerra in Iraq sono morti 306.000 tra civili e truppe e circa 3 milioni di iracheni sono rimasti sfollati. La vera portata della devastazione non potrà mai essere conosciuta.

Pensate a tutti i membri delle forze armate che sono morti a causa delle bugie di Dick Cheney.

Pensate a tutti i veterani che sono tornati a casa segnati per sempre a causa delle bugie di Dick Cheney.

Pensate a tutti i bambini americani che sono cresciuti senza padri o madri perché i loro genitori stavano servendo in una guerra lanciata a causa delle bugie di Dick Cheney.

Pensate a tutti gli iracheni innocenti che hanno visto le loro case distrutte, il loro Paese saccheggiato ed il loro mondo stravolto a causa delle bugie di Dick Cheney e del suo “mini-me” George W. Bush. Le conseguenze delle loro bugie si faranno sentire per generazioni.

Ma Dick Cheney vuole farci credere che Donald Trump sia “una minaccia più grande per la nostra Repubblica” di chiunque altro in tutti i nostri 246 anni di storia.

Mi dispiace, Dick Cheney. Ma se c’è qualcuno che si è guadagnato questa menzione, quello sei tu.

Rebecca Mansour è Senior Editor-at-Large di Breitbart News.



Trump, con la sconfitta di Cheney via la Commissione 6 gennaio

Agenzia ANSA
17 agosto 2022

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... 55164.html

(ANSA) - WASHINGTON, 17 AGO - "Presumo che con la grande sconfitta di Liz Cheney, molto più grande di quanto fosse mai stato previsto, il Comitato del 6 gennaio, composto da streghe e inizierà rapidamente il bellissimo processo di dissoluzione? Questo è stato un referendum sulla caccia alle streghe infinita.

La gente ha parlato!".
Lo scrive Donald Trump sul suo social media Truth gioendo per la sconfitta della deputata repubblicana, figura importante della commissione sull'assalto a Capitol, contro la candidata da lui sostenuta alle primarie in Wyoming. (ANSA).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » mar ago 16, 2022 8:00 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » sab ago 27, 2022 4:21 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » sab ago 27, 2022 4:25 pm

9) Demenziali antitrumpiani

Quando Trump congelò l'accoglienza da 7 paesi canaglia ritenuti giustamente a rischio di terrorismo nazi maomettano, alcuni reagirono indignati.

Donald Trump, anche Starbucks contro il presidente Usa: “Assumeremo 10mila rifugiati”
30 gennaio 2017

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/0 ... i/3349394/

La resistenza all’ordine di Donald Trump di congelare l’accoglienza ai cittadini di sette paesi non passa solo attraverso le aule di giustizia e le manifestazioni in piazza. Nei prossimi cinque anni, Starbucks assumerà 10mila rifugiati. La catena di caffetterie – che ha store in tutto il mondo – risponde così alla decisione del presidente. In una lettera ai suoi dipendenti, l’amministratore delegato della azienda, Howard Schultz, ha affermato che le assunzioni riguarderanno i punti vendita in tutto il mondo, anche se inizieranno proprio dagli Stati Uniti, dove la priorità verrà data agli immigrati “che hanno servito con le forze Usa come interpreti o personale di supporto”.

Schultz, che alle elezioni presidenziali era schierato dalla parte di Hillary Clinton, nella sua lettera ha anche preso di mira altre iniziative politiche del presidente Trump, come le misure contro la riforma sanitaria Obamacare, e ha tra l’altro affermato che Starbucks sosterrà i coltivatori di caffè messicani. “Sto ascoltando l’allarme – ha scritto ancora Schultz – che voi tutti state sollevando per la civiltà e i diritti umani che finora davamo per garantiti e che sono sotto attacco”. “Vi scrivo oggi con grande preoccupazione, il cuore pesante e una ferma promessa”, si legge nella lettera scritta ai dipendenti perché sappiano che “noi non rimarremo a guardare, non rimarremo in silenzio mentre l’incertenza sulle iniziative della nuova amministrazione cresce ogni giorno che passa”. Ricordando la “lunga storia” della sua azienda nell’assumere giovani in cerca di opportunità, Schultz ha quindi annunciato: “Ci sono più di 65 milioni di cittadini del mondo riconosciuti come rifugiati dalle Nazioni unite e noi stiamo definendo piani per assumerne 10.000 nei prossimi cinque anni nei 75 paesi del mondo dove è presente Starbucks. E inizieremo qui negli Stati Uniti, concentrandoci inizialmente su questi individui che hanno servito le truppe Usa come interpreti e personale di supporto nei diversi paesi dove il nostro esercito ha chiesto sostegno”.

Nei giorni scorsi anche il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg si era detto preoccupato dalla stretta sui migranti esortando il presidente a mantenere aperti i confini degli Stati Uniti ai rifugiati che hanno bisogno di un rifugio sicuro e a non deportare milioni di persone senza documenti che non pongono alcuna minaccia alla sicurezza nazionale. Sulla stessa lunghezza d’onda i dirigenti di Twitter e Google, quest’ultima affrettatasi a far rientrare il prima possibile circa 100 suoi dipendenti provenienti dai Paesi islamici. Proprio i dirigenti di Google hanno dato vita a un fondo già dotato di 2 milioni di dollari, che con le donazioni dei dipendenti potrà raddoppiare, per rispondere alla crisi dei migranti attraverso quattro organizzazioni che si occupano del problema, American Civil Liberties Union (Aclu), l’Immigrant Legal Resource Center, l’International Rescue Committee e l’Unhcr. Mai il motore di ricerca aveva realizzato uno stanziamento simile per rispondere a una crisi. Anche Airbnb ha la sua strategia: la società degli affitti brevi ha detto che metterà a disposizione gratuitamente alloggi per aiutare coloro che sono rimasti intrappolati nel bando di Trump. Uber sta creando un fondo di difesa legale da 3 milioni di dollari per aiutare i suoi autisti con le questioni legate all’immigrazione. E la rivale Lyft ha annunciato ai suoi iscritti che donerà un milione di dollari all’Aclu per i prossimi 4 anni. L’associazione no profit, riporta il sito Slate, ha già raccolto una cifra record di oltre 24 milioni di dollari in donazioni durante il weekend: 6 volte di quello che raccoglie in un anno.





La corporate Usa si ribella a Trump: Starbucks, Google e Airbnb in favore dei rifugiati
30 gennaio 2017

https://www.repubblica.it/economia/fina ... 157184729/

MILANO - I provvedimenti di Donald Trump che bandiscono dagli Stati Uniti i migranti da sette Paesi islamici e l'ingresso ai rifugiati provocano la reazione delle imprese: chi prende direttamente posizione è Starbucks, la famosa catena di caffetterie, che assumerà 10.000 rifugiati in tutto il mondo nei prossimi cinque anni in risposta al decreto anti-immigrazione del presidente americano. Lo ha annunciato lo stesso fondatore della catena statunitense, Howard Schultz.

E' solo uno dei gesti clamorosi che le grandi Corporation stanno mettendo in atto. I dirigenti di Google, ad esempio, hanno dato vita a un fondo già dotato di 2 milioni di dollari, che con le donazioni dei dipendenti potrà raddoppiare, per rispondere alla crisi dei migranti attraverso quattro organizzazioni che si occupano del problema, tra le quali Unhcr. Mai il motore di ricerca aveva realizzato uno stanziamento simile per rispondere a una crisi. Ma Airbnb non è da meno: la società degli affitti brevi - molto nota ai vacanzieri - ha detto che metterà a disposizione gratuitamente alloggi per aiutare coloro che sono rimasti intrappolati nel bando di Trump.

Tornando a Schultz, il manager di Starbucks ha preso carta e penna (digitali): "Vi scrivo oggi con grande preoccupazione, il cuore pesante e una ferma promessa", si legge nella lettera scritta ai dipendenti perchè sappiano che "noi non rimarremo a guardare, non rimarremo in silenzio mentre l'incertenza sulle iniziative della nuova amministrazione cresce ogni giorno che passa". Ricordando la "lunga storia" della sua azienda nell'assumere giovani in cerca di opportunità, Schultz ha quindi annunciato: "Ci sono più di 65 milioni di cittadini del mondo riconosciuti come rifugiati dalle Nazioni unite e noi stiamo definendo piani per assumerne 10.000 nei prossimi cinque anni nei 75 paesi del mondo dove è presente Starbucks. E inizieremo qui negli Stati Uniti, concentrandoci inizialmente su questi individui che hanno servito le truppe Usa come interpreti e personale di supporto nei diversi paesi dove il nostro esercito ha chiesto sostegno".

Anche la Nike ha preso posizione contro il decreto. L'ad del marchio di abbigliamento sportivo Mark Parker ha spiegato che "Nike crede in un mondo dove tutti possono celebrare il potere della diversità. I nostri valori sono minacciati dal recente decreto. E' una politica che non sosteniamo". E poi ha aggiunto: "Siamo contro ogni forma di discriminazione. Diamo il nostro meglio quando riconosciamo il valore della nostra varia e diversa comunità".

Sabato scorso, infatti, tra le persone fermate all'aeroporto di New York a seguito della direttiva di Trump, che vieta l'ingresso alle persone provenienti da sette Paesi musulmani (Iraq, Iran, Yemen, Libia, Sudan, Somalia e Siria) c'erano anche iracheni che avevano lavorato come interpreti per i militari americani. Schultz è anche intervenuto sulla questione del muro che Trump vuole costruire al confine con il Messico, paese dove Starbucks conta 600 caffetterie con 7.000 dipendenti, affermando che bisogna "costruire ponti, non muri con il Messico". Per ironia della sorte, le sparate di Trump contro il Paese confinante hanno provocato la reazione dei cittadini messicani, che hanno avviato il boicottaggio dei prodotti-simbolo degli Stati Uniti. Proprio Starbucks è stato indicato nel tam tam dei social network come una delle aziende da evitare, in favore di prodotti messicani.

Tornando alla presa di posizione di Schultz, la sua compagnia si è detta in contatto diretto con i dipendenti interessati dal bando sull'immigrazione di Trump e ha garantito che farà "il possibile per aiutarli e permettere loro di districarsi in questo momento complicato". Il numero uno ha colto l'occasione per promettere che sia lui che il direttore operativo Kevin Johnson, che dovrebbe sostituirlo come amministratore delegato nel corso dell'anno, inizieranno a dialogare con il personale con maggior frequenza. "I diritti civili che abbiamo dato per scontati per così tanto tempo sono sotto attacco, e vogliamo utilizzare una forma di comunicazione più immediata per capire e dialogare con voi sulle cose che ci stanno a cuore".




L'intero staff di uno Starbucks se ne va dopo che il manager licenzia un dipendente davanti ai clienti attoniti
15 agosto 2022

https://www.lastampa.it/economia/2022/0 ... /?ref=fbpp

Un intero gruppo di dipendenti di Starbucks a Buffalo, New York, ha abbandonato il negozio dopo che un manager ha licenziato una lavoratrice.Sam Amato, il dipendente in questione, è stato licenziato dal negozio la scorsa settimana dopo aver lavorato per Starbucks per oltre 13 anni.La sede, i cui dipendenti hanno votato per la sindacalizzazione a marzo, è rimasta chiusa dopo la protesta di venerdì, mentre i lavoratori scioperano per chiedere il suo reintegro.Di recente, Starbucks Workers United, un'organizzazione che si propone di aiutare i lavoratori di Starbucks in tutti gli Stati Uniti, ha pubblicato su TikTok un filmato del momento. Nel filmato, che è stato visualizzato più di 20 milioni di volte, si vedono quelli che sembrano essere clienti in attesa di essere serviti.Poi, in una frazione di secondo, si vedono due dipendenti che passano davanti ai clienti con dei pezzi di cartone di forma rettangolare mentre i clienti guardano.Il video passa poi a una scena che mostra altri dipendenti di Starbucks con grembiuli e cartoni in mano e i clienti che escono dal negozio."Quando l'intero negozio se ne va dopo che la direzione licenzia ingiustamente un tuo collega perché è un leader sindacale", si legge nella didascalia del video. Le persone hanno commentato il video per esprimere il loro sostegno, dopo che alcuni avevano affermato che Amato era stato licenziato perché era un leader sindacale.Una persona ha scritto: "Starbucks è davvero decisa a rovinare la propria reputazione, vero?".Un'altra persona ha scritto: "Mi piace vedere le persone unite".Un terzo ha scritto: "Le aziende e le imprese devono rendersi conto che senza le persone non fanno soldi".Altri lavoratori di Starbucks si sono uniti per esprimere la loro vicinanzaSebbene Starbucks sostenga che Amato sia stato licenziato per aver chiuso l'atrio di un punto vendita senza autorizzazione, Starbucks Workers United ha affermato che si tratta di una copertura per il licenziamento di un leader sindacale. Amato ha anche affermato di non aver deciso di chiudere l'ingresso."Sono stato licenziato perché ero un leader sindacale nella mia filiale. La mia direttrice non è riuscita nemmeno a spiegarmi perché mi stavano licenziando. Non riusciva a guardarmi negli occhi", ha dichiarato Amato.Amato è una delle decine di leader sindacali che Starbucks ha licenziato negli ultimi mesi, mentre continua l'ondata organizzativa che si sta espandendo a più di 200 sedi in tutti gli Stati Uniti, nonostante la direzione abbia licenziato i lavoratori.



La Georgia stato USA a guida repubblicana, ma di quelli antiTrump come la demenziale Cheney

Donald Trump sostiene che la protesta contro le elezioni in Georgia "ti manda in prigione" mentre invece gli assassini vengono "liberati rapidamente"
L'Osservatore Repubblicano
18 agosto 2022
https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... EmqT9Vvhzl
L'ex presidente Donald Trump ha criticato lo Stato della Georgia per aver continuato ad indagare su coloro che hanno contestato i risultati delle elezioni presidenziali del 2020.
In un post su Truth Social, Trump ha affermato che lo Stato persegue coloro che denunciano i brogli elettorali più duramente di coloro che commettono degli omicidi nello Stato.
"Quindi, fatemi capire bene! Nel grande Stato della Georgia, se volete contestare o protestare in qualsiasi modo, forma o maniera i risultati delle elezioni (nonostante il fatto che ad Atlanta gli omicidi e la criminalità siano tra i più alti della nazione, con molte persone che muoiono ogni mese - a cifre mai viste prima), vi accuseranno e vi metteranno in prigione", ha scritto.
"Ma se uccidete delle persone, verrete rapidamente liberati per uccidere di nuovo. Non c'è qualcosa di 'leggermente' sbagliato in questo scenario?"
E poi ha aggiunto: "Una telefonata perfetta". Il commento si riferiva alla telefonata con il segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger nel 2020, in cui Donald Trump gli avrebbe chiesto di "trovare" dei voti.
Nella classifica degli omicidi pro capite nelle città americane con popolazione superiore a 200.000 abitanti, compilata dal cofondatore di AH Analytics Jeff Asher, New Orleans, in Louisiana, si trova al primo posto, seguita da Baltimora, nel Maryland; Birmingham, in Alabama; St. Louis, in Missouri; Milwaukee, in Wisconsin; Cleveland, in Ohio; Rochester, a New York; Philadelphia, in Pennsylvania ed infine Atlanta, in Georgia.
(Fox News)




Stati Uniti, in Georgia il governatore disobbediente guida la rivolta anti-Trump
Massimo Basile
23 maggio 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 350939200/

"Non guardate i sondaggi", dice Brian Kemp. In realtà il governatore della Georgia è molto fiducioso: l'ultimo rilevamento, di Fox News, gli attribuisce il 60 per cento dei consensi contro il 28 dello sfidante, l'ex senatore David Perdue, spinto da Donald Trump. Oggi è il giorno in cui la Georgia sceglie i candidati alla corsa da governatore, in programma a novembre: alle primarie repubblicane Kemp sarà "l'uomo referendum", inteso referendum su Trump: se dovesse vincere, sarebbe la prima vera bocciatura per l'ex presidente, che cerca la vendetta dopo aver perso le elezioni in Georgia, stato risultato chiave per la vittoria di Joe Biden nel 2020.




Contro ogni pronostico Brian Kemp ha vinto le primarie repubblicane per il candidato governatore. Sconfitto, invece, l’uomo sostenuto da Trump, l’ex senatore David Perdue.
25 maggio 2022

https://blog.ilgiornale.it/sacchelli/20 ... n-georgia/

Perché è importante la vittoria di Kemp? Essenzialmente per due motivi. Trump l’aveva giurata al governatore Kemp, che nel 2020 non appoggiò la battaglia dell’allora presidente per far annullare il voto in Georgia (per la presunta frode elettorale), riconoscendo di fatto la vittoria di Biden. Stizzito, Trump non gliele mandò certe a dire, arrivando a definirlo “il peggiore della storia” e un “disastro”. Disse persino che avrebbe preferito veder vincere la sua avversaria, la democratica Stacey Abrams. Che è tutto dire.

Ma c’è un altro elemento interessante in questa delicata vicenda politica. Nelle primarie del Gop Kemp era sostenuto da Mike Pence, l’ex vicepresidente di Trump. Segno, questo, che tra i due ormai la linea è distinta (e distante). Almeno per ora. Non si può escludere che Pence possa provare a buttarsi nella mischia nel 2024, giocando proprio su quella parte del Gop che non ha mai digerito troppo The Donald.

A onor del vero le chance di Kemp di riottenere la candidatura non sono mai state messe in discussione. Perdue nonostante il sostegno di Trump non è mai riuscito a fare breccia nell’elettorato repubblicano della Georgia. Anche perché Kemp, governatore in carica, non si è distanziato dall’identikit del perfetto conservatore (in uno stato conservatore): favorevole alle armi anche senza licenza, contrario all’aborto (dopo la sesta settimana). A novembre Kemp se la vedrà con Stacey Abrams, già sconfitta nel 2018.


Un giornalaccio che fa disimformazione antiTrump

Usa. Trump, padre – padrone del Partito Repubblicano
Domenico Maceri
PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
20 Agosto 2022

https://www.notiziegeopolitiche.net/113019-2/

SAN LUIS OBISPO (USA). “Due anni fa ho vinto questa elezione primaria con il 73% dei voti. Avrei potuto ripetermi, ma ciò mi avrebbe obbligata a seguire le menzogne di Donald Trump sull’elezione. Non ho voluto prendere quella strada”. Così Liz Cheney, la battagliera parlamentare del Wyoming, mentre accettava la sua recente sconfitta alle primarie del suo Stato. La sconfitta le bloccherà il ritorno alla Camera a gennaio per rappresentare l’Equality State, cosiddetto per essere stato il primo a concedere il voto alle donne nel 1869.
Una vittoria per l’ex presidente dunque, poiché la sua surrogata Harriet Hageman ha ottenuto il 66% dei consensi comparati al 28% per Cheney. Una vittoria “dolce” per il 45mo presidente poiché la Cheney era divenuta il simbolo anti-Trump con i suoi toni battaglieri emersi specialmente nelle sue vesti di vicecapo della Commissione alla Camera che sta indagando gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio dell’anno corso.
La Cheney, va ricordato, è una dei dieci parlamentari repubblicani alla Camera ad avere votato per l’impeachment di Trump per i suoi incitamenti all’insurrezione del 6 gennaio. Dopo il voto della Camera però il Senato assolse il 45esimo presidente poiché solo 57 dei 60 senatori necessari votarono per condannarlo.
La Cheney non è l’unica dei dieci parlamentari che hanno avuto il coraggio di remare contro Trump. Gli altri nove hanno avuto strada difficile alle primarie a causa degli sforzi di Trump per punirli. Solo due fra di loro, Dan Newhouse (Washington, 4° distretto) e David Valadao (California 22° distretto) sono usciti incolumi dalle primarie e dovranno vedersela con i loro avversari democratici per la loro rielezione. Quattro di loro hanno deciso di non ricandidarsi, avendo capito che la strada gli sarebbe stata ostacolata da Trump. Questi includono Fred Upton (Michigan 6° distretto), John Katko (New York 4°), Anthony Gonzalez (Ohio 16° distretto), e Adam Kinzinger (Illinois 16° distretto). Gonzalez ha giustificato il suo ritiro citando la valanga di minacce alla sua famiglia da sostenitori di Trump. Questo aspetto di scatenare violenza contro i suoi nemici politici è divenuto il modus operandi di Trump. Sfortunatamente i media non hanno trattato abbastanza questo tema e la stragrande maggioranza dei leader repubblicani lo accettano in silenzio invece di condannarlo a voce alta. Kinzinger ha citato ragioni personali per gettare la spugna anche se non lo ha fatto completamente. Come la Cheney, anche lui è membro della Commissione alla Camera che indaga l’insurrezione del 6 gennaio scorso. Anche lui ha attaccato frontalmente Trump e ha pagato il prezzo con serie minacce alla sua famiglia da parte di sostenitori dell’ex presidente.
Gli altri quattro repubblicani che votarono per l’impeachment di Trump si sono ricandidati e sono stati sconfitti da individui scelti dall’ex presidente. Oltre a Cheney, Jaime Herrera Beutler (Washington 3° distretto), Tom Rice (South Carolina, 7° distretto), e Peter Meijer (Michigan, 3° distretto) hanno anche sofferto l’ira dell’ex presidente che ha contribuito notevolmente a mandarli a casa.
Dei dieci che hanno votato per l’impeachment di Trump solo due sono dunque sopravvissuti. Gli altri hanno gettato la spugna volontariamente o sono stati sconfitti alle urne. Il cambiamento di fiducia espresso dagli elettori del Wyoming riguardo la Cheney è sconcertante poiché lei è andata da una vittoria col 73% nel 2020 a una sconfitta ricevendo solo il 28%. La Cheney ha rischiato grosso e lo sapeva poiché aveva attaccato frontalmente Trump. Altri candidati attaccati da Trump hanno seguito un’altra strategia e hanno ottenuto successi. Il candidato repubblicano alle primarie per governatore Brian Kemp e quello a segretario di Stato Brad Raffensperger in Georgia hanno sconfitto i surrogati di Trump usando diplomazia, senza attaccare direttamente l’ex presidente. Sono riusciti dunque a non alienare i fedelissimi di Trump, evitando di creare uno scontro frontale con l’ex presidente, come ha fatto Cheney.
La Cheney però nel suo discorso, in cui ha riconosciuto la vittoria di Hageman, ha anche sottolineato i principi che la guidano alla difesa della costituzione e della verità. I quattro surrogati vincitori di Trump hanno prevalso alle primarie ripetendo i “principi” del loro capo, ossia le menzogne che con l’ex presidente dominano il Partito Repubblicano divenuto in grande misura strumento totale dell’ex presidente.



Anche se le parole che vi posto qui di seguito sono di Guy Millière, e non di Horowitz, il senso è lo stesso; il libro di Horowitz è già uscito, quello di Millière uscirà presto.

Emanuel Segre Amar
28 agosto 2022

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 4922624257

Ma ho ritenuto che l’immagine fosse adatta, molto adatta, e deve far pensare.
I media francesi hanno avuto poche possibilità di parlare direttamente di Donald Trump da quando ha lasciato la Casa Bianca. L'hanno fatto quando il comitato relativo all'insurrezione del 6 gennaio ha lanciato accuse, e hanno riprodotto ciecamente e docile le accuse, anche quando erano grottesche. Queste erano accuse contro Donald Trump, e non potevano che accontentarle.
Ignoravano il fatto che la commissione in questione era stata istituita in violazione di tutte le norme che disciplinano l'istituzione di una commissione del Congresso negli Stati Uniti. Dato che era una commissione incaricata di incriminare Donald Trump, gli sta bene. Inoltre, era una commissione interamente democratica, con due repubblicani in posizione di ospiti compiacenti espulsi dal Partito Repubblicano per tradimento. Siccome amano il PD e disprezzano il PD, questo era perfetto ai loro occhi.
Si aspettava di parlare di più di Donald Trump quando è iniziata la campagna presidenziale statunitense 2024 e avevano già in serbo tutti gli insulti che volevano pronunciare, pronti all'uso.
E poi, lunedì 8 agosto, c'è stato il raid dell'FBI nella casa di Donald Trump, e hanno festeggiato comodamente.
Finalmente! Donald Trump sarebbe trattato come un criminale! Ed erano così felici. Hanno definito Donald Trump un "demagogo populista", un "personaggio sospetto" che ha apparentemente commesso crimini, frodi e cos'altro so. Quando gli è stato chiesto dell'Espionage Act e degli elementi nucleari, hanno detto che Donald Trump potrebbe aver voluto trasferire elementi di difesa segreti ad un potere straniero nemico degli Stati Uniti.
Le osservazioni più ignobili pronunciate contro Trump nei media mainstream di sinistra americani sono state riprodotte parola per parola.
Poiché i media mainstream di sinistra statunitensi hanno detto che questo era un giusto processo, i media francesi hanno detto che era un giusto processo, e non hanno guardato niente di più da vicino.
Poiché i media mainstream di sinistra americani hanno legittimato tutto quello che stava accadendo, i media francesi hanno legittimato tutto quello che stava accadendo. E ne hanno aggiunti anche altri.
I media mainstream di sinistra americani avrebbero detto loro che Donald Trump ha assassinato Cristoforo Colombo nel 1492, i media francesi avrebbero detto che Donald Trump ha assassinato Cristoforo Colombo nel 1492.
Giornalisti dei media mainstream di sinistra americani, appena viene menzionato Donald Trump, ringhiano, affamati di distruzione. I giornalisti dei media mainstream francesi si stanno comportando allo stesso modo, purtroppo, e si fanno trasportare dall'odio, anche i giornalisti francesi che possono fare seriamente lavori su altri argomenti lasciano al più presto la sfera della razionalità. Tronzo.
Negli Stati Uniti ci sono media più scrupolosi, e in quei media i giornalisti riportano i fatti. In Francia i media più scrupolosi sono minoritari e quindi le peggiori menzogne possono circolare senza la minima rettifica. Quando ci sono quattro "specialisti" degli Stati Uniti in un programma televisivo francese, sono quattro falsi propagandisti che si sfogano.
Negli Stati Uniti, all'appetito di distruzione di Trump tra i giornalisti di sinistra è stato dato un nome: disturbo mentale anti Trump. Questo disturbo vale anche per i giornalisti francesi, e per quelli che hanno a che fare con gli Stati Uniti e hanno accesso ai media mainstream, oggi non c'è eccezione. Sarebbe ridicolo se non fosse così patetico e patetico.
Recentemente ho visto un programma televisivo francese dove è stato menzionato un video musicale, descritto dal conduttore dello show come un clip della campagna di Trump: questo video (che ho visto nella sua interezza) ha una prima parte dove è descrutta la distruzione causata dall'amministrazione Biden negli Stati Uniti, un seconda parte dove Trump ricorda cosa ha fatto durante la sua presidenza, e una terza parte dove dice agli americani di essere fiduciosi perché tornerà presto. Solo la terza parte del clip è stata mostrata. Parlare della distruzione causata dall'amministrazione Biden negli Stati Uniti nei media francesi? Impensabile nei media mainstream francesi. Parlare di quello che Trump ha fatto durante la sua presidenza? Impensabile, anche lì, nei media mainstream francesi.
La perquisizione della casa di Donald Trump ha dimostrato ancora una volta che il disturbo mentale anti Trump esiste anche nell'amministrazione Biden di estrema sinistra. I membri di questo vogliono talmente abbattere Trump che devono aver superato una linea rossa.
Mai nella storia degli Stati Uniti è stata condotta una ricerca di un ex Presidente. Violata ogni regola del diritto americano: detto prima e lo ripeto. La Costituzione e la Carta dei Diritti erano in violazione. Specialmente il quarto emendamento alla Costituzione (articolo 4 della Carta dei Diritti: "il diritto del popolo di essere al sicuro nelle proprie persone, case, documenti e beni personali, contro perquisizioni e sequestri, non deve essere stuprato, e nessuna guerra verrà emessa la sfuriata, se non su un causa probabile, supportata da un giuramento o una dichiarazione, e descrivendo compreso il luogo da perquisire, e le persone o le cose da sequestrare"). Quello che è successo è degno di quello che è successo in Unione Sovietica o Germania Est una volta. Questo è successo agli ex membri dell'amministrazione Trump a gennaio 2017: la rimozione del generale Flynn pochi giorni dopo che è stato nominato consigliere per la sicurezza nazionale è stato un episodio sordido, e potrei citare altri nomi: Carter Page, George Papa Dopoulos, Paul Manafort, e più recentemente Roger Stone, Steve Bannon, Peter Navarro. Ma questa volta, riguarda Trump in persona.
Ed è chiarissimo che l'obiettivo è impedire che Trump rielezioni e toglierlo dal panorama americano. L'FBI ha agito ancora una volta come una polizia politica al servizio di un regime autoritario, e il segretario alla Giustizia di Biden Merrick Garland lo ha approvato. I giudici insediati sotto Obama non stanno più facendo giustizia e stanno portando avanti persecuzioni arbitrarie contro i nemici politici. Questo è estremamente grave, sì. E questo va ben oltre la persona di Donald Trump.
Il Partito Repubblicano, che finora ha avuto poca reazione alle violazioni della legge da parte dell'amministrazione Biden, sembra finalmente riunirsi e visto che la posta in gioco è la sopravvivenza della stessa repubblica americana. Ed è meglio che lo faccia se non vuole trovarsi virtualmente eliminato dalla scena politica federale a favore di un PD più che democratico, e diventare un partito unico che non dirà il suo nome.
Non contare sui media mainstream francesi per capirlo se non per farsi le cinghie di trasmissione della propaganda democratica, e quindi per rendersi agenti della trasformazione della democrazia americana in autoritario di regime.
Se volessero mostrare un minimo di pluralismo sarebbe molto facile. Non fanno niente che vada in questo modo. Niente, niente.
Che i giornalisti dei media mainstream di sinistra americani siano al servizio di trasformare la democrazia americana in un regime autoritario è disgustoso, ma logico: sono diventati le cinture di trasmissione del PD prima lettura complete Ly democratico, e quindi strumenti al servizio della distruzione dell'americano repubblica.
Che anche i giornalisti dei media francesi che si occupano degli Stati Uniti si mettano al servizio di trasformare la democrazia americana in un regime autoritario è ripugnante.
La domanda che mi pongo a volte è: ma i giornalisti dei principali media francesi che coprono gli Stati Uniti sanno cosa stanno facendo? Non sono sicuro di tutti questi. Alcuni credo siano utili idioti e seguono il movimento. Altri, credo, sanno anche quello che fanno e si comportano come nemici della democrazia, del diritto e della libertà e senza dubbio desiderano che gli USA vengano distrutti e diventino, come ha ripetutamente detto Donald Trump, l'equivalente del Venezuela sotto Hugo Chave z Non ci siamo ancora, ma se il le marce non si fermano, potrebbe arrivare abbastanza velocemente.
Il mio prossimo libro spiega nel dettaglio cosa sono le marce. Capire cosa sta facendo il PD e cosa sta facendo l'Amministrazione Biden è fondamentale. Questo non riguarda solo gli Stati Uniti. Questo riguarda il futuro del mondo. Siamo sempre più palesi ad un bivio. Oppure vivremo in un mondo dove gli Stati Uniti rimarranno la potenza numero uno del mondo, e il mondo rimarrà al sicuro per la democrazia e la libertà ovunque essi esistano. E le minacce alla democrazia e alla libertà saranno combattute e soppresse. Oppure vivremo in un mondo dominato dalla Cina e dai suoi alleati (Russia, Iran): allora il mondo non sarà più sicuro per la democrazia e la libertà. Le minacce alla democrazia e alla libertà si materializzeranno, e la civiltà occidentale scivolerà verso la rivoluzione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » sab ago 27, 2022 4:25 pm

La disinformazione del Foglio e del suo demenziale giornalista Giulio Silvano

La saga dei documenti segreti di Trump è un colpo fatale al partito
Il Foglio
Giulio Silvano
30 agosto 2022

https://www.ilfoglio.it/esteri/2022/08/ ... o-4369407/

“Ho paura che sarò l’ultimo presidente repubblicano”. Le parole ripescate di Bush (il figlio) di fronte alla vittoria di The Donald segnano un altro tassello del lungo declino del "republican party"

Gli Archivi nazionali, oltre a proteggere ed esporre gli originali delle carte fondative degli Stati Uniti – Dichiarazione d’Indipendenza, Costituzione, Carta dei Diritti – preservano i documenti presidenziali per i posteri. Operazione molto difficile se il presidente ha l’abitudine di buttarli nella tazza del gabinetto e tirare lo sciacquone, o di portarseli nella sua casa al mare dopo la fine del mandato, tenendoli in disordine in degli scatoloni insieme a menu di ristoranti e altri souvenir di Washington. Da meno di un mese dall’incursione a Mar-a-Lago continuano le minacce agli Archivi, istituzione accusata dagli esaltati trumpiani di corruzione e di cospirazione verso l’ex presidente. Così come continuano quelle contro l’Fbi, come contro chiunque cerchi di opporsi in qualche modo a Trump, che sembra ancora avere dalla sua parte un bel po’ di elettorato e parte dell’establishment del partito. Ma se Trump sopravvivrà a tutto questo, il partito potrebbe non farlo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » sab ago 27, 2022 4:25 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Solidarietà assoluta al buon repubblicano Trump

Messaggioda Berto » sab ago 27, 2022 4:27 pm

10)
Lo scriteriato cattolico romano Bergoglio odiatore del cristiano protestante e democratico Trump, a cui preferisce i dittatori comunisti e i nazi maomettani.
Il fanatico invasato utopista sinistrato che non ama molto gli ebrei e Israele contro il sensato uomo di buona volontà che ama gli ebrei e Israele.



Il Papa a Repubblica: "Trump? Non giudico. Mi interessa soltanto se fa soffrire i poveri"
Eugenio Scalfari
11 novembre 2016

https://www.repubblica.it/vaticano/2016 ... 151774646/


SCRIVO questo articolo il giorno successivo all'imprevista vittoria elettorale di Donald Trump su Hillary Clinton. E' un grande evento avvenuto in un grande Paese democratico con procedure democratiche, il che significa che la maggioranza degli elettori ha scelto un nuovo Presidente come successore di Barack Obama. Non si poteva fare una scelta politica così diversa. Tanto più che Obama per un mese si è prodigato in tutte le principali zone degli Stati Uniti in favore del Partito democratico da lui rilanciato fin dalla sua prima campagna elettorale che lo condusse alla Casa Bianca. Trump non ha alcun carisma e alcuna competenza politica. La leadership gliel'hanno data gli elettori, mentre Obama fu lui a convincere gli americani e l'intero mondo occidentale. La differenza è dunque totale.

Quanto a noi europei e italiani la vittoria di Trump è catastrofica. Trump è l'angelo bianco, discute contro gli establishment di tutti gli Stati americani, contro tutti gli immigrati e le loro famiglie e rafforza tutti i movimenti in Europa che si oppongono ai Vip e alle classi dirigenti dei loro paesi, rafforza Grillo, rafforza la Le Pen, la Lega di Salvini e i partiti che hanno determinato il Brexit e i movimenti che da destra e da sinistra insidiano la Cancelliera Angela Merkel. In Italia dovrebbe favorire il No al referendum voluto da Renzi poiché una crisi italiana giova alla posizione internazionale che Trump sostiene. Più confusione c'è altrove e meglio è per lui che deve imporre al mondo intero una nuova strategia di conflitti e di alleanze.

In Italia questo rischio potrebbe perfino aumentare i Sì ma al tempo stesso rafforza i No che metterebbero il nostro governo in crisi con ulteriori difficoltà a risolverla. Una crisi italiana metterebbe in difficoltà anche la moneta comune poiché il nostro movimentismo a cominciare da Grillo è decisamente favorevole a tornare a una moneta locale mettendo l'Eurozona sotto attacco anche da parte dei Paesi che non vi sono mai entrati come Polonia e gli altri dell'Est della Ue.

Questa mia breve premessa era necessaria. Il nostro giornale ha già raccontato e analizzato tutti i nuovi aspetti della situazione che si è creata con la vittoria di Trump e mi pareva opportuno farne anch'io un esame ma molto breve. Il vero tema di questo articolo infatti non riguarda la vicenda americana ma un invito da me da tempo desiderato per un incontro con papa Francesco. Avevo avuto con Lui la settimana scorsa una lunga telefonata perché Sua Santità voleva discutere con me la visita che avrebbe fatto tre giorni dopo in Svezia con i rappresentanti mondiali della religione luterana e della riforma dalla quale è nata mezzo millennio fa. Ho già riferito di questa conversazione solo per dire che ho l'onore di ricevere frequenti telefonate da papa Francesco ma non ci vediamo di persona da oltre un anno e quindi il suo invito mi ha fatto felice. Ci siamo incontrati lunedì 7 e siamo stati insieme oltre un'ora. Due giorni prima e cioè sabato 5 il Papa aveva incontrato i rappresentanti del Movimento popolare. Si tratta di un movimento che conta centinaia di migliaia di aderenti nei principali Paesi dove la presenza cristiana è molto diffusa. Il discorso di papa Francesco a questi volontari della fede occupa sei pagine dell'Osservatore Romano. Naturalmente quando due giorni dopo ha incontrato me avevo già letto il testo integrale di quel discorso. Più volte ho scritto che Francesco è un rivoluzionario ma questa volta altroché rivoluzione...

Ed ora vediamo come e perché.
Ci siamo abbracciati dopo tanto tempo. "La vedo bene" mi ha detto.
Anche Lei sta benissimo nonostante i continui strapazzi della sua vita.
"E' il Signore che decide".

E "sora nostra morte corporale".
"Sì, corporale".

Era la conversazione che cominciava per entrare subito nel profondo.

Santità - gli ho chiesto - cosa pensa di Donald Trump?
"Io non do giudizi sulle persone e sugli uomini politici, voglio solo capire quali sono le sofferenze che il loro modo di procedere causa ai poveri e agli esclusi".

Qual è allora in questo momento tanto agitato la sua preoccupazione principale?
"Quella dei profughi e degli immigrati. In piccola parte cristiani ma questo non cambia la situazione per quanto ci riguarda, la loro sofferenza e il loro disagio; le cause sono molte e noi facciamo il possibile per farle rimuovere. Purtroppo molte volte sono soltanto provvedimenti avversati dalle popolazioni che temono di vedersi sottrarre il lavoro e ridurre i salari. Il denaro è contro i poveri oltreché contro gli immigrati e i rifugiati, ma ci sono anche i poveri dei Paesi ricchi i quali temono l'accoglienza dei loro simili provenienti da Paesi poveri. E' un circolo perverso e deve essere interrotto. Dobbiamo abbattere i muri che dividono: tentare di accrescere il benessere e renderlo più diffuso, ma per raggiungere questo risultato dobbiamo abbattere quei muri e costruire ponti che consentono di far diminuire le diseguaglianze e accrescono la libertà e i diritti. Maggiori diritti e maggiore libertà".

Ho chiesto a papa Francesco se le ragioni che costringono la gente ad emigrare si esauriranno prima o poi. È difficile capire perché l'uomo, una famiglia, e intere comunità e popoli vogliono abbandonare la propria terra, i luoghi dove sono nati, il loro linguaggio.

Lei, Santità, attraverso quei ponti da costruire favorirà il riaggregarsi di quei disperati ma le diseguaglianze sono nate in Paesi ricchi. Ci sono leggi che tendono a diminuirne la portata ma non hanno molto effetto. Non avrà mai fine questo fenomeno?
"Lei ha parlato e scritto più volte su questo problema. Uno dei fenomeni che le diseguaglianze incoraggiano è il movimento di molti popoli da un paese ad un altro, da un continente ad un altro. Dopo due, tre, quattro generazioni, quei popoli si integrano e la loro diversità tende a scomparire del tutto".

Io lo chiamo un meticciato universale nel senso positivo del termine.
"Bravo, è la parola giusta. Non so se sarà universale ma sarà comunque più diffuso di oggi. Quello che noi vogliamo è la lotta contro le diseguaglianze, questo è il male maggiore che esiste nel mondo. E' il danaro che le crea ed è contro quei provvedimenti che tendono a livellare il benessere e favorire quindi l'eguaglianza".

Lei mi disse qualche tempo fa che il precetto "Ama il prossimo tuo come te stesso" doveva cambiare, dati i tempi bui che stiamo attraversando, e diventare "più di te stesso". Lei dunque vagheggia una società dominata dall'eguaglianza. Questo, come Lei sa, è il programma del socialismo marxiano e poi del comunismo. Lei pensa dunque una società del tipo marxiano?
"Più volte è stato detto e la mia risposta è sempre stata che, semmai, sono i comunisti che la pensano come i cristiani. Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i barabba, ma il popolo, i poveri, che abbiano fede nel Dio trascendente oppure no, sono loro che dobbiamo aiutare per ottenere l'eguaglianza e la libertà".

Santità. io ho sempre pensato e scritto che Lei è un rivoluzionario ed anche un profeta. Ma mi sembra di capire oggi che Lei auspica che il Movimento dei popolari e soprattutto il popolo dei poveri entrino direttamente nella politica vera e propria.
"Sì, è così. Non nel cosiddetto politichese, le beghe per il potere, l'egoismo, la demagogia, il danaro, ma la politica alta, creativa, le grandi visioni. Quello che nell'opera sua scrisse Aristotele".

Ho visto che nel suo discorso ai "movimenti popolari" di sabato scorso Lei ha citato il Ku Klux Klan come un movimento vergognoso e così pure quello di segno opposto ma analogo delle Pantere nere. Ma ha citato come ammirevole Martin Luther King. E' un profeta anche lui, che fa senso per quel che diceva nella libera America?
"Sì, l'ho citato perché lo ammiro".

Ho letto quella citazione; penso che sia opportuno ricordarlo anche a chi legge questo nostro incontro.
"Quando ti elevi a livello dell'amore, della sua grande bellezza e potere, l'unica cosa che cerchi di sconfiggere sono i sistemi maligni. Le persone che sono intrappolate in quel sistema le ami, però cerchi di sconfiggere quel sistema: odio per odio intensifica solo l'esistenza dell'odio e del male nell'universo. Se io ti colpisco e tu mi colpisci e io restituisco il colpo e tu mi restituisci il colpo, e così di seguito, è evidente che si continua all'infinito. Da qualche parte qualcuno deve avere un po' di buonsenso e quella è la persona forte, capace di spezzare la catena dell'odio, la catena del male".

Ed ora torniamo alla politica e al suo desiderio che siano i poveri e gli esclusi a trasformare quella politica in una democratica volontà di realizzare gli ideali e la volontà dei movimenti popolari. Lei ha caldeggiato quell'interesse per la politica perché è Cristo che la vuole. "I ricchi dovranno passare per la cruna dell'ago". Cristo la vuole non perché è anche figlio di Dio ma soprattutto perché è figlio dell'uomo. Ma uno scontro comunque ci sarà, è in gioco il potere e il potere, Lei stesso lo ha detto, comporta guerra. Dunque i movimenti popolari dovranno sostenere una guerra, sia pure politica, senza armi e senza spargimento di sangue?
"Non ho mai pensato a guerra ed armi. Il sangue sì, può essere sparso, ma saranno eventualmente i cristiani ad essere martirizzati come sta avvenendo in quasi tutto il mondo ad opera dei fondamentalisti e terroristi dell'Isis i carnefici. Quelli sono orribili e i cristiani ne sono le vittime".

Ma lei, Santo Padre, sa bene che molti Paesi reagiscono anche con le armi per sconfiggere l'Isis. Del resto le armi le usarono anche gli ebrei contro gli arabi ma perfino tra di loro.
"Ebbene, non è questo tipo di conflitti che i movimenti popolari cristiani portano avanti. Noi cristiani siamo sempre stati martiri, eppure la nostra fede nel corso dei secoli ha conquistato gran parte del mondo. Certo ci sono state guerre sostenute dalla Chiesa contro altre religioni e ci sono state perfino guerre dentro la nostra religione. La più crudele fu la strage di San Bartolomeo e purtroppo molte altre analoghe. Ma avvenivano quando le varie religioni e la nostra, come e a volte più delle altre, anteponevano il potere temporale alla fede e alla misericordia".

Lei però, Santità, incita adesso i movimenti popolari ad entrare in politica. Chi entra in politica si scontra inevitabilmente con gli avversari. Guerra pacifica, ma comunque di conflitto si tratta e la storia ci dice che nei conflitti è in gioco la conquista del potere. Senza il potere non si vince.
"Ora lei dimentica che esiste anche l'amore. Spesso l'amore convince e quindi vince anche quanti siamo ora. I cattolici sono un miliardo e mezzo, i protestanti delle varie confessioni ottocento milioni; gli ortodossi sono trecentomila, poi ci sono le altre confessioni come anglicani, valdesi, coopti. Tutti loro compresi, i cristiani raggiungono i due miliardi e mezzo di credenti e forse più. Ci sono volute armi e guerre? No. Martiri? Sì, e molti".

E così avete conquistato il potere.
"Abbiamo diffuso la fede prendendo esempio da Gesù Cristo. Lui fu il martire dei martiri e gettò all'umanità il seme della fede. Ma io mi guardo bene dal chiedere il martirio a chi si cimenterà ad una politica orientata verso i poveri, per l'eguaglianza e la libertà. Questa politica è cosa diversa dalla fede e sono molti i poveri che non hanno fede. Hanno però bisogni urgenti e vitali e noi dobbiamo sostenerli come sosterremo tutti gli altri. Come potremo e come sapremo".

Mentre l'ascolto, sempre più mi confermo di ciò che provo per Lei: di un pontificato come il suo ce ne sono stati pochi. Del resto Lei ha parecchi avversari dentro la sua Chiesa.
"Avversari non direi. La fede ci unifica tutti. Naturalmente ciascuno di noi individui vede le stesse cose in modo diverso; il quadro oggettivamente è il medesimo ma soggettivamente è diverso. Ce lo siamo detto più volte, lei ed io".

Santità l'ho trattenuta forse troppo tempo ed ora la lascio. A quel punto ci siamo salutati con un abbraccio pieno d'affetto. Io gli ho detto di riposarsi ogni tanto e lui mi ha risposto: anche lei deve riposarsi perché un non credente come lei deve essere più lontano possibile da "morte corporale". Era il 7 novembre.



Mike Pompeo attacca Francesco e la sua politica estera. Una strategia per conquistare il voto dei cattolici conservatori?
"Questo Papa è di sinistra". L'affondo dell'ex uomo di Trump
Nico Spuntoni
29 Gennaio 2023

https://www.ilgiornale.it/news/vaticano ... 10218.html

Mike Pompeo scalda i motori in vista delle primarie repubblicane per le presidenziali del 2024 con un libro (dal titolo Never Give an Inch: Fighting for the America I Love) che non risparmia un duro attacco alla politica estera di Papa Francesco.

L'ex segretario di Stato degli Stati Uniti d'America dedica addirittura un capitolo a quella che chiama "l'ipocrisia della Santa Sede" con cui avrebbe fatto i conti nel corso del suo mandato durato dal 2018 al 2021. Per Pompeo "la politica estera del Vaticano ha sempre propeso verso sinistra" e il riferimento va soprattutto all'atteggiamento verso la Cina dimostrato durante questo pontificato. Non è un mistero che il politico repubblicano ha sempre avversato l'accordo provvisorio sino-vaticano sulla nomina dei vescovi stipulato il 22 settembre 2018 al punto da prendere posizione pubblica in un articolo su First Things del settembre 2020 e chiedere alla Santa Sede di non rinnovarlo per non mettere "in pericolo la sua autorità morale".

Quell'intervento del segretario di Stato Usa in carica provocò un grande gelo con il Palazzo Apostolico tant'é che pochi giorni dopo, in occasione della sua visita a Roma, il Papa si rifiutò di incontrarlo. La motivazione ufficiale fu l'inopportunità di ricevere autorità politiche che si trovano in campagna elettorale. Ma Pompeo - che all'epoca si preparava alle presidenziali del 3 novembre 2020 conclusesi con la contestata sconfitta di Donald Trump - non deve aver creduto a questa motivazione e più di due anni dopo ritorna su quei fatti per un giudizio piuttosto netto sul Pontefice argentino. "Reagan aveva avuto come alleato Giovanni Paolo II, noi eravamo incartati con Papa Francesco", scrive l'ex direttore della Cia.


L'alta tensione tra Usa e Santa Sede

Chi era presente, ricorda bene il clima teso tra i rappresentanti della Segreteria di Stato vaticana e quelli dell'amministrazione statunitense nel corso del simposio sulla libertà religiosa organizzato il 30 settembre 2020 dall'ambasciata Usa presso la Santa Sede nell'hotel romano Excelsior. Il segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher non nascose la sua irritazione nei confronti dell'allora omologo americano e lo accusò di voler strumentalizzare il Papa in vista delle elezioni, confermando che quello era anche uno dei motivi per cui Bergoglio non lo aveva voluto ricevere.

Dal canto suo, Pompeo non arretrò e ribadì anche in quell'occasione la necessità di "opporsi ai regimi tirannici" e "sostenere quanti si battono per la libertà religiosa, secondo l'insegnamento di Giovanni Paolo II". Leggendo oggi le pagine del suo libro sembra trovare conferma la ricostruzione di chi interpretò quel richiamo al santo polacco - passato alla storia anche per il suo anticomunismo - come un tentativo di contrapporlo alla politica dialogante con Pechino portata avanti da Francesco. Non a caso, riporta anche Repubblica, il segretario di Stato Usa dell'amministrazione Trump rivela anche che "uno dei miei grandi alleati era il cardinale Joseph Zen" il quale in una telefonata, parlando della situazione delle libertà civili ad Hong Kong, gli disse "che il fallimento del Vaticano è stato peggiore della guerra". Zen è stato il più grande critico dell'accordo sulla nomina dei vescovi, solo di recente ricevuto da Francesco in udienza privata dopo un clamoroso rifiuto avvenuto nello stesso periodo del viaggio romano di Pompeo.


La corsa alla Casa Bianca

Tra le critiche rivolte dal politico repubblicano al Papa, anche la rievocazione di un loro incontro del 2019 durante il quale Bergoglio "riconobbe che le persone del mondo erano perseguitate ma poi cambiò soggetto, sollecitando gli Usa ad allineare le loro politiche sul confine meridionale alla chiamata cristiana di aiutare i più deboli". "Proprio non capiva l'argomento", è il lapidario giudizio di Pompeo. Difficile che le sue parole al vetriolo sull'attuale pontificato possano pregiudicargli consenso nella base repubblicana di fede cattolica in caso di sua eventuale partecipazione alle primarie. Anzi. Non è un mistero, infatti, che Francesco sia poco amato tra i conservatori americani. Lo scontro a distanza che il Papa ebbe con Donald Trump durante la sua corsa presidenziale nel 2016, quando di ritorno dal viaggio in Messico definì "non cristiano" chi pensa di costruire muri beccandosi la reazione stizzita del tycoon che lo accusò di fare politica, non compromise il consenso dei cattolici non progressisti poi determinante per l'elezione alla Casa Bianca.

Al contrario, il malcontento nei confronti dell'attuale pontificato emerso in alcune frange della Chiesa - soprattutto negli States - a seguito della gestione della morte di Benedetto XVI potrebbe fare gola ad un eventuale candidato alla nomination presidenziale sotto le insegne del Gop. La menzione di due figure amatissime tra i cattolici conservatori americani come Giovanni Paolo II e del cardinale Zen potrebbe stare lì a testimoniarlo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Diritti umani, discriminazioni e razzismi

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron