Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2021 5:57 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2021 5:58 am

7) Israele non è degli ebrei, il sionismo è criminale invasione coloniale, in Israele vi è l'apartheid (così credono i nazi maomettani, i fascio nazisti, gli internazi comunisti atei e taluni cristiani)


Il sionismo non è invasione degli ebrei e nemmeno colonialismo ebraico ma un recupero per gli ebrei rimasti in Israele e un ritorno per gli ebrei perseguitati della diaspora
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2124

Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e occupato alcuna terra altrui e non opprimono nessuno
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2825
Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato nessuna terra altrui, nessuna terra palestinese poiché tutta Israele è la loro terra da 3mila anni e la Palestina è Israele e i veri palestinesi sono gli ebrei più che quel miscuglio di etnie legate dalla matrice nazi maomettana abusivamente definito "palestinesi" e tenute insieme dall'odio per gli ebrei e dai finanziamenti internazionali antisemiti.

Demografia storica ed etnica in Giudea, Palestina, Israele lungo i millenni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2774

Calunnie e falsità dei criminali terroristi antisemiti nazi-palestinesi contro Israele e gli ebrei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2824

I terroristi nazi maomettani palestinesi di Gaza stanno bombardando Israele che si difende
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2779




Il libello del sangue di Amnesty International
Niram Ferretti
1 Febbraio 2022

http://www.linformale.eu/il-libello-del ... rnational/

La demonizzazione di Israele, a cui lo scrivente ha dedicato un libro uscito nel 2017, è un processo lungo, che si può sostanzialmente datare dalla fine della Guerra dei Sei Giorni ad oggi anche se aveva cominciato ad attivarsi già prima in virtù dell’attivismo sovietico indispensabile nel fornire agli arabi tutta la strumentazione propagandistica in vigore fino ai nostri giorni.

Le accuse rivolte a Israele di essere uno Stato razzista, dove vigerebbe l’apartheid, in cui i palestinesi verrebbero sterminati, nonché il paragone invalso tra nazisti e israeliani è frutto dell’opera indefessa del Cremlino. Come ha ricordato Robert Spencer in un articolo pubblicato su questo sito http://www.linformale.eu/come-furono-in ... lestinesi/ :

“Ion Mihai Pacepa, già vicedirettore del servizio di spionaggio della Romania comunista durante la Guerra Fredda, in seguito rivelò che ‘l’OLP era stata una invenzione del KGB, che aveva un debole per le organizzazioni di ‘liberazione’. C’era l’Esercito di liberazione nazionale della Bolivia, creato dal KGB nel 1964 con l’aiuto di Ernesto ‘Che’ Guevara (…) inoltre, il KGB creò il Fronte democratico per la liberazione della Palestina, che perpetrò numerosi attacchi dinamitardi. (…) Nel 1964, il primo Consiglio dell’OLP, composto da 422 rappresentanti palestinesi scelti con cura dal KGB, approvò la Carta nazionale palestinese – un documento che era stato redatto a Mosca. Anche il Patto nazionale palestinese e la Costituzione palestinese nacquero a Mosca, con l’aiuto di Ahmed Shuqairy, un influente agente del KGB che divenne il primo presidente dell’OLP'”.

Fu a Mosca che venne consigliato a Yaser Arafat come muoversi, e soprattutto venne dotato dell’armamentario lessicale da utilizzare contro Israele. Non c’è da meravigliarsi particolarmente. Con la caduta del Terzo Reich nel 1945, il più pervasivo laboratorio di propaganda anti-occidentale in esercizio rimase e rimane quello russo.

Il recente rapporto di Amnesty International di cui sono state date delle anticipazioni, si iscrive perfettamente in questa continuità propagandistica, presentando Israele come uno Stato criminale nel quale il razzismo sarebbe istituzionalizzato e l’apartheid una realtà di fatto. Ma non si parte dal 1967, no, Israele manterrebbe un “sistema di oppressione e dominazione sui palestinesi” addirittura dal 1948, anno della sua fondazione. Nemmeno l’ex Unione Sovietica si era spinta così avanti ma i tempi sono oggi maturi per affermarlo.

Così come gli Stati Uniti sarebbero nati sullo schiavismo e non dai Padri fondatori e dall’indipendenza, come ha affermato il New York Times, lanciando l’inchiesta 1619 Project, Israele si sarebbe fondato sull’oppressione dei palestinesi, o meglio degli arabi, perché fino al 1964 lo specifico “popolo palestinese” non era ancora in essere. La storia viene così frantumata, ridotta in polvere. Nulla contano nè possono contare in un dispositivo propagandistico i numerosi tentativi fatti prima del 1948 da parte ebraica di giungere a un accordo con gli arabi, fino all’accettazione della Risoluzione 181 del 1947 delle Nazioni Unite, ulteriormente penalizzante per gli ebrei, che gli arabi rigettarono come hanno sempre programmaticamente rigettato la presenza di uno Stato ebraico in Medio Oriente. Al posto della realtà, dei fatti, c’è solo una torva fiction in cui gli israeliani sono rappresentati come dei delinquenti.

Il rapporto parla esplicitamente di politiche di dispossessamento, segregazionismo e suprematismo razzista esercitate da Israele nei confronti dei palestinesi “negrizzati”, come se lo Stato ebraico fosse il sud degli Stati Uniti all’epoca delle Leggi Jim Crow, o il Sud Africa di de Klerk. Non viene fornito alcun dato oggettivo, alcuna specificità circostanziata per queste accuse grottesche, in compenso viene chiesto alla comunità internazionale di non fornire più armi a Israele e di boicottare i suoi prodotti.

Questo Israele inesistente, questo mostro del Medio Oriente, è interamente frutto della propaganda, come lo erano gli ebrei raffigurati dal pornografo Julius Streicher sul settimanale nazista Der Stürmer, rappresentati come vampiri e creature delle tenebre, intente a prosciugare la linfa del popolo tedesco.

Il rapporto di Amnesty International, è, sotto questo aspetto, niente più che un libello del sangue aggiornato, dove, al posto degli ebrei omicidi di bambini cristiani, ci sono i rapaci razzisti israeliani che vittimizzano i palestinesi. Esso prosegue lungo la scia di un altro rapporto quello di Human Right Watch, di cui abbiamo dato conto in aprile http://www.linformale.eu/human-rights-w ... sraeliano/ e che sostanzialmente è un florilegio composto delle stesse false accuse.

Il rapporto ha la funzione primaria e programmatica di presentare Israele agli occhi dell’opinione pubblica come uno Stato criminale, nato nel crimine e dunque geneticamente predisposto a perpetuarlo. Non importa che in Israele la popolazione araba sia integrata nel tessuto del paese contribuendo al suo funzionamento, che alla Knesset, nella coalizione di maggioranza, vi sia un partito arabo, che arabi siedano nella Commissione israeliana per la nomina dei giudici, che nei territori della Giudea e Samaria l’unica vera forma di apartheid, se si vuole usare questo termine, è quella che non consente ai cittadini israeliani di potere entrare nella zona A interamente sotto la giurisdizione dell’Autorità Palestinese, o che sul Monte del Tempio-Spianata delle Moschee, a un ebreo in visita non è nemmeno concesso formulare una preghiera. Tutto questo scompare dalla vista, ovviamente, bisogna che resti solo il ritratto in nero del reo Israele, colpevole fin dalla nascita, come lo erano gi ebrei per Adolf Hitler.



BENVENUTI NEL PIU' STRANO STATO DI "APARTHEID" NEL MONDO: ISRAELE
Amnesty accusa Israele di apartheid per negare il diritto ad esistere dello stato ebraico
1 febbraio 2022

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 8272898197

La manovra è trasparente: proprio quando buona parte del mondo arabo si muove verso la pace con Israele, si moltiplicano a copia/incolla accuse faziose e infondate
La maggior parte degli arabi israeliani sono così traumatizzati dalla nostra apartheid che non possono immaginare di vivere altrove.
Nei nostri ospedali dell'apartheid, pazienti ebrei e arabi, tra cui terroristi arabi feriti , sono curati da medici e infermieri arabi ed ebrei.
Nel nostro stato di apartheid, gli arabi e le altre minoranze lavorano come giudici nella Corte Suprema , come ministri, sindaci, generali dell'esercito e avvocati.
Il nostro sistema politico è talmente opprimente che i membri arabi del parlamento israeliano possono liberamente demonizzare e diffamare il paese, che li protegge e li nutre.
Nel frattempo, i nostri vicini, dove non vivono ebrei, stanno portando la civiltà umana a livelli senza precedenti ....lodando il Mein Kampf, lapidando donne, condannando a morte gli omosessuali e opprimendo i cristiani.
Il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid ha personalmente commentato: “Un tempo Amnesty era un’organizzazione stimata che tutti rispettavamo. Oggi è l’esatto contrario. Non è un’organizzazione per i diritti umani, ma solo un’ennesima organizzazione estremista che riecheggia la propaganda senza un’analisi seria. Invece di controllare i fatti, Amnesty ripete bugie diffuse da organizzazioni terroristiche. Cinque minuti di seria verifica dei fatti bastano per constatare che i fatti riportati nel rapporto sono un’illusione avulsa dalla realtà. Israele non è perfetto, ma è una democrazia impegnata verso il diritto internazionale e aperta alle critiche, con una stampa libera e una forte Corte Suprema. Amnesty non definisce ‘stato dell’apartheid’ la Siria, un paese il cui governo ha ammazzato mezzo milione di propri cittadini, né l’Iran o qualsiasi altro regime corrotto e omicida in giro per il mondo. Detesto dover usare l’argomento che se Israele non fosse uno stato ebraico, nessuno in Amnesty oserebbe attaccarlo in questo modo, ma in questo caso non si può fare altrimenti”.
ISRAELE UNO STATO DI APARTHEID? MEDITATE GENTE...
Grazie a chi condividera' questo post.


DEDICATO AD AMNESTY INTERNATIONAL
1 febbraio 2022

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 8286169529

"Evidentemente ci sono persone che non hanno limiti. Come osano dire che io – un arabo israeliano che ha servito insieme a soldati ebrei nelle Forze di Difesa israeliane e che ha gestito centinaia di dipendenti ebrei – vivo sotto un regime di apartheid? Come si può affermare che la nostra società vive sotto un regime di apartheid quando tra di noi trovate dottori, giudici e anche parlamentari? Come si può sostenere che Samer Haj-Yehia vive sotto un regime di apartheid quando è a capo della più grande banca in Israele?
Equiparare Israele a un regime di apartheid con le sue leggi razziali non è solo una stralunata menzogna: è innanzitutto un insulto a tutti quei sudafricani che hanno effettivamente subìto l’apartheid. È disprezzo per il concetto e sfruttamento cinico del termine.
Guardo i nostri vicini nella regione e, grazie a D-O, sono nato nello stato d’Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente. È vero, la minoranza araba in Israele deve affrontare delle sfide, proprio come fanno altre minoranze nazionali in altri paesi. Eppure, mentre le minoranze di tutti i tipi in tutto il Medio Oriente – musulmani sciiti, musulmani sunniti, yazidi, curdi e, naturalmente, cristiani – sono perseguitate, lo stato d’Israele è l’unico paese mediorientale che garantisce alle minoranze uguali diritti e la possibilità di determinare il proprio futuro.
Con mia grande gioia Israele sarà probabilmente il primo paese a uscire dalla crisi del coronavirus e forse fra non molti mesi persone da tutto il mondo potranno di nuovo venire qui e vedere coi loro occhi come appare l’apartheid in Israele. Potranno sentire l’ebraico e l’arabo che si mescolano nel mercato di Nazareth, vedere moschee, chiese e sinagoghe l’una accanto all’altra a Giaffa, e la coesistenza del mosaico israeliano che si ritrova in tutto il paese. E forse, solo forse, la loro visita qui gli farà venir voglia di vivere sotto un “regime di apartheid”.
Yoseph Haddad, arabo israeliano ( Israele. Net)

Alberto Pento
Certo ma non è tutto oro quello che luccica.
Sotto sotto, sia tra i cristiani e molto di più tra i maomettani, il disprezzo e l'odio per gli ebrei e tra i maomettani l'odio anche per i cristiani cova e di tanto in tanto esplode e si manifesta in tutta la sua cruda verità.


Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2558



Amnesty International vuole la fine dello Stato ebraico
Richard Kemp
2 Febbraio 2022
Traduzione di Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/amnesty-intern ... o-ebraico/

L’ultima esibizione grottesca del vetriolo anti-israeliano in corso tra le ONG è la pubblicazione questa settimana di un rapporto di Amnesty International che ricicla stanchi tropi antisemiti, smentiti ripetutamente ma deliberatamente provocatori e accuse di razzismo. Da un’organizzazione che l’anno scorso è stata bollata come “sistematicamente razzista”.

Il titolo del rapporto, “L’apartheid israeliano contro i palestinesi: un sistema crudele di dominio e crimine contro l’umanità”, non solo è una menzogna palese e infondata, ma anche un insulto ai neri sudafricani che hanno sofferto così orribilmente sotto un regime di autentico apartheid. Pochi leggeranno questa diatriba di oltre 200 pagine di falsità, distorsioni e mezze verità, ma molti vedranno e assorbiranno il suo titolo, che è già stato avidamente appiccicato sui giornali di sinistra e diffuso a milioni sui social media. La BBC, ad esempio, ha strombazzato “le politiche israeliane contro i palestinesi equivalgono all’apartheid” in un articolo online, dando pieno peso alle affermazioni di Amnesty, citando diverse persone che le supportano, ma alla fine concedendo solo brevemente il punto di vista opposto al governo israeliano.

Cosa suscita una ONG come Amnesty e Human Rights Watch, che lo scorso anno ha pubblicato un rapporto screditato analogo, eccessi sempre maggiori di propaganda anti-israeliana? Perché l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha appena approvato una commissione d’inchiesta permanente senza precedenti su Israele da parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite? Il problema di queste lobby anti-israeliane è che le cose non stanno andando per il verso giusto. Tatticamente, il loro intento generale di trascinare gli israeliani sul banco degli imputati all’Aia sembra vacillare, con un procuratore capo presso la Corte penale internazionale apparentemente meno entusiasta. Strategicamente, lontano dall’auspicato ridimensionamento e dalla sua eventuale cessazione lo Stato ebraico sta diventando sempre più forte con una crescente portata diplomatica ed economica a livello globale; c’è stato inoltre un totale fallimento da parte del movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni nel determinare un impatto sull’economia israeliana nonostante anni di sforzi velenosi.

Soprattutto, gli storici Accordi di Abramo, sono stati l’equivalente di un panno rosso davanti a un toro per tutti queste organizzazioni – agitato in faccia nuovamente la scorsa settimana dall’Hatikva che veniva suonata mentre il presidente israeliano veniva ricevuto al Palazzo Reale di Abu Dhabi dallo sceicco Mohammed bin Zayed. Questo non era nel copione, il quale richiedeva continue concessioni non corrisposte ai palestinesi da parte di Israele, conducenti all’imposizione di uno Stato islamico sul territorio israeliano, prima che potesse essere raggiunta una pace più ampia con il mondo arabo. Sfortunatamente per gli inveterati propugnatori di pace e per i loro seguaci, il mondo arabo è andato oltre la loro opposizione a Israele. Vedono il Paese per quello che è: una fonte di stabilità e prosperità nella regione. Capiscono i pericoli della continua intransigenza e animosità palestinese e hanno negato loro un veto sull’avanzamento del progresso, veto che Amnesty e i suoi compagni che rifiutano Israele vogliono vedere ripristinato.

La precedente bozza del rapporto, ottenuta da ONG Monitor e frettolosamente modificata, ha inavvertitamente rivelato il vero motivo dietro la campagna anti-israeliana di Amnesty. Includeva le parole: “Il sistema dell’apartheid ha avuto origine con la creazione di Israele nel 1948”. Come afferma l’Anti Defamation League, le accuse del rapporto secondo cui “i crimini di Israele risalgono al peccato della sua creazione nel 1948, servono a presentare lo stato ebraico e democratico come illegittimo nelle sue stesse fondamenta”.

Secondo ONG Monitor:, lo scopo del rapporto è “caratterizzare il diritto degli ebrei all’uguaglianza sovrana nella loro patria storica come una violazione dell’ordine legale [internazionale]”.

Non ci siano dubbi in proposito, questo rapporto non è una critica allo Stato di Israele. È un manifesto di una chiarezza agghiacciante il quale dichiara Israele è un’entità illegale che non ha diritto di esistere. Pagina dopo pagina, mostra un’ossessione profondamente preoccupante nel volere raddrizzare il presunto torto del 1948. Chiede che Israele sia inondato generazione dopo generazione di discendenti di arabi che se ne andarono nel 1948 e che si aspettavano di tornare dopo che cinque eserciti invasori avrebbero dovuto spazzare via Israele dalla mappa. Un tale afflusso di cosiddetti rifugiati sarebbe senza precedenti in qualsiasi parte del mondo. Significherebbe la fine dello Stato di Israele, una condizione di conflitto perpetuo tra arabi ed ebrei sotto un unico Stato palestinese, e la fine del diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione.

Presentare Israele come un’impresa razzista, come cercano di fare anche altre ONG di sinistra e istituzioni internazionali, ci porta al punto di partenza. La stridente e feroce opposizione agli ebrei nel paese, opposizione che in epoca moderna risale agli anni ’20, era basata sul puro razzismo. Era la conseguenza della dottrina islamica secondo la quale nessun altro popolo poteva essere sovrano in una terra dominata dai musulmani. Pertanto gli ebrei autoctoni non avrebbero mai potuto avere un proprio Stato e dovevano essere combattuti fino alla sottomissione o alla morte.

Come ho spiegato nell’articolo “Smascherare la menzogna dell’apartheid israeliano”, la natura religioso-razzista del conflitto è stata trasformata dall’Unione Sovietica in una lotta nazionalista-imperialista, per ottenere maggiore accettazione e sostegno nel mondo democratico. E ora siamo tornati a un’inversione inventata del conflitto razzista originario.

Come capirono i sovietici, le accuse di razzismo sono giustamente oggetto di orrore tra le persone civilizzate. Da qui l’attrazione di Amnesty e dei loro compagni di viaggio nel ritrarre Israele come uno Stato dove vige l’apartheid. Come ha spiegato questa settimana l’avvocato esperto di diritto internazionale Eugene Kontorovich, Israele = Apartheid non è altro che una versione leggermente aggiornata del mantra Sionismo = Razzismo indotto dall’Unione Sovietica e adottato in modo immorale dalle Nazioni Unite nel 1975 prima di essere abrogato.

Ancora una volta, come i sovietici, l’obiettivo principale di Amnesty non è il mondo arabo, è l’Occidente. Alla pari della propaganda dell’Autorità Palestinese e di Hamas, l’intenzione è quella di provocare indignazione in tutto l’Occidente, isolare e diffamare Israele tra i governi mondiali, gli organismi internazionali, le università e le imprese.

Questo rapporto provocherà anche un aumento della violenza, abusi e boicottaggi contro gli ebrei in Israele e gli ebrei che sostengono Israele nella diaspora, in un’era in cui gli attacchi antisemiti sono già al culmine e in aumento. Questo potrebbe non essere l’obiettivo di Amnesty nel produrre questo documento deformato, ma non possono essere così ciechi da non vederne le sanguinose conseguenze, che si sono verificate nel corso di decenni a seguito di rapporti, dibattiti, risoluzioni e fabbricazioni dei media analogamente deformati.

La definizione di antisemitismo da parte dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) include: “Negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione, ad esempio, affermando che l’esistenza dello Stato di Israele è una impresa razzista”. Il governo britannico ha aderito alla definizione IHRA. Amnesty ha sede nel Regno Unito e la polizia britannica dovrebbe aprire un’inchiesta per avere diffuso queste gravi bugie antisemite.


ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2404



"ISRAELE PRATICA L'APARTHEID VERSO I PALESTINESI". ECCO PERCHÈ L'ACCUSA DI AMNESTY È UNA VERGOGNA
Fiamma Nirenstein
2 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Quando Salman Rushdie, con quei 600mila dollari di taglia che gli pendevano sul capo, condannato a morte con una fatwa, affermò nel 2016 che Amnesty International era stata travolta da «un'autentica bancarotta morale», si riferiva alla sua resa all'Islam violento, ai suoi regimi e gang, alla paura, al suo sentimento antioccidentale, antiamericano, antisraeliano.
Questo viene oggi una volta di più sancito dal rapporto con cui questa organizzazione criminalizza lo Stato di Israele, e non solo la sua politica, ma l'esistenza stessa. Amnesty dichiara lo Stato Ebraico illegittimo in quanto coloniale e razzista. Non fondato per una scelta di autodeterminazione di una popolazione che torna a casa, non una decisione indispensabile alla sopravvivenza, non una scelta difesa con le unghie e con i denti contro un terrorismo sanguinario ed eserciti in movimento.
Il rapporto stilato dalla sezione inglese è una vergogna per l'organizzazione di cui invece si ricordano le battaglia per i dissidenti comunisti o contro l'apartheid (quello vero, del Sud Africa). Poi l'organizzazione è stata travolta dalla politica: lacune sistematiche nel denunciare abusi di diritti umani in Siria, in Iran, in Turchia, per avventarsi sugli Usa o sui Paesi europei; uno sguardo ideologico che confonde l'aggredito con l'aggressore; il terrorismo di Hamas giustificato; sguardo sull'immigrazione che criminalizza solo i Paesi di approdo. E un tripudio di odio contro lo Stato ebraico.
Il rapporto è un viaggio, come ha scritto Dan Diker, in 211 pagine di «realtà alternativa», il remake di un film del 1975 quando l'Onu votò «sionismo uguale razzismo», e poi ha cancellato il voto; o la conferenza di Durban nel 2001; o quando il giudice Richard Goldstone stilò nel 2009 un suo rapporto che disegnava Israele come un criminale di guerra, e poi nel 2011 pentito lo ritirò. Amnesty si avventura nella folle accusa di apartheid, mentre gli arabi sono al governo e nella Corte Suprema, negli ospedali, alla Knesset, all'università. Ovunque ti imbatti nella incredibile varietà di culture, religioni e razze di questo Paese che non si è mai arreso moralmente di fronte all'aggressione di eserciti e terroristi arabi. Amnesty usa il termine apartheid perché è il peggiore, indegno, destinato a scomparire, appunto come il Sud Africa. Con un'assoluzione collettiva urbi et orbi al terrorismo e alle guerre, simile a quello (Alan Dershowitz disse «Crimine di Guerra per Israele è tutto ciò che fa per difendere i propri cittadini»), della violazione sistematica dei diritti umani da parte palestinese.
Intorno a questa delegittimazione si costruisce un castello che Amnesty pretende costruito su prove (proprio come fece Goldstone). Ma la delegittimazione invece appare vecchia e rifritta, e suggerisce che il popolo ebraico non sia originario di Israele, che gli ebrei segreghino i palestinesi in nome di ideali suprematisti, che i check point siano un gesto di arroganza razzista, e non una necessità senza la quale gli assassini, come è avvenuto, colpiscono a migliaia; il contesto è cancellato, Israele impone la sua morsa a un mondo innocente. In realtà, appena si apre uno spiraglio col mondo arabo, si può osservare il caleidoscopio dei mille ruoli degli arabi israeliani mescolati con la società di Tel Aviv e di Haifa; e della passione con cui ci si precipita a fraternizzare con i Paesi del patto di Abramo. Le balle di Amnesty fanno uso di un linguaggio sovversivo sotto la copertura del tema dei diritti umani e il mondo intero dovrebbe chiedere all'organizzazione di chiedere scusa per questo.
La delegittimazione di Israele è il vero sfondo su cui si basa l'incitamento antisemita e lo scopo terrorista di distruggere Israele: se Israele è un Paese ignobile, gli ebrei sono degni di quelle manifestazioni che ormai sconvolgono il mondo in cui si urla «Hitler aveva ragione» e «Fuck the jews». Così funziona la logica pubblica, e, nello stesso paradigma, l'Iran ha ragione quando dichiara di voler distruggere Israele. Amnesty quindi ha agito in maniera irresponsabile fregiandosi di un bene morale, i diritti umani, che appartiene a tutti: mostra con prosopopea quella medaglia, ma in realtà la fa a pezzi. Denuncia i torti che gli arabi secondo lei ricevono da Israele, e non le centinaia di migliaia di morti per mano di Bashar Assad, né la tortura quotidiana di essere un cittadino del regime autoritario di Gaza.


Antisemitismo nazi comunista e nazi maomettano (e nazi cristiano)

http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2804


ISRAELE: "RESPINGIAMO TUTE LE FALSE ACCUSE CONTENUTE NEL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL"
2 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

“Lo stato di Israele respinge senza mezzi termini tutte le false accuse che compaiono nel rapporto che Amnesty ha in programma di pubblicare domani – afferma una nota diffusa lunedì dal Ministero degli esteri israeliano – Il rapporto ricicla e rafforza bugie, incongruenze e affermazioni infondate che provengono da note organizzazioni di odio anti-israeliano, il tutto con l’obiettivo di spacciare merce avariata in una nuova confezione. Ripetere più e più volte le stesse menzogne non trasforma le menzogne in realtà: piuttosto scredita Amnesty”.
Il falso rapporto di Amnesty, prosegue la nota, “fa ricorso a doppi standard e demonizzazione per delegittimare Israele: sono esattamente gli elementi di cui si compone l’antisemitismo moderno. Il rapporto nega il diritto d’Israele ad esistere come stato nazionale del popolo ebraico. Il linguaggio estremista e la distorsione del contesto storico sono pensati per demonizzare Israele e gettare benzina sul fuoco dell’antisemitismo. Pochi giorni dopo la Giornata Internazionale della memoria della Shoah, ancora una volta scopriamo che l’antisemitismo non è solo un fatto della storia, ma purtroppo fa anche parte della realtà odierna. Proprio lo scorso fine settimana, degli ebrei sono stati aggrediti a Londra per il solo fatto di essere ebrei. Il rapporto di Amnesty funziona di fatto come un via libera a questi e altri aggressori per colpire non solo Israele, ma gli ebrei di tutto il mondo”.
“Lo stato di Israele – ricorda il comunicato del Ministero degli esteri – è una democrazia forte e vivace che garantisce a tutti i suoi cittadini eguali diritti, indipendentemente da etnia e religione. Lo stato d’Israele è stato istituito come la sede nazionale del popolo ebraico, con un ampio sostegno internazionale, alla luce dell’insegnamento della Shoà”: as the national home of the Jewish people dice la nota di Gerusalemme, citando testualmente la Dichiarazione Balfour adottata dalla Società delle Nazioni come testo di diritto internazionale, poi sfociata nella risoluzione 181 del 1947 che prevedeva esplicitamente la nascita di uno “stato ebraico”.
Invece Amnesty, denuncia il Ministero israeliano, “critica l’esistenza stessa dello stato d’Israele come stato nazionale del popolo ebraico e nega di fatto il suo diritto di esistere”. E rincara: “Non sorprende che questo rapporto venga pubblicato dalla filiale britannica di Amnesty International e sotto gli auspici del Segretariato Generale dell’organizzazione. Quella filiale è nota per essere contaminata da razzismo e xenofobia e in passato il Segretariato Generale dell’organizzazione ha accusato Israele, senza alcuna prova o base fattuale, di aver ucciso Yasser Arafat. Non sorprende che Amnesty abbia impiegato otto anni per fare marcia indietro da quella accusa grave e infondata”. Il Ministero chiede ad Amnesty di fare subito marcia indietro rispetto al rapporto che ha in programma di pubblicare, confidando che questa volta l’organizzazione non ci metta così tanto tempo. E conclude: “Lo Stato d’Israele continuerà a promuovere i valori di democrazia e inclusione, alla cui luce è stato istituito e continua ad esistere”.
Il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid ha personalmente commentato: “Un tempo Amnesty era un’organizzazione stimata che tutti rispettavamo. Oggi è l’esatto contrario. Non è un’organizzazione per i diritti umani, ma solo un’ennesima organizzazione estremista che riecheggia la propaganda senza un’analisi seria. Invece di controllare i fatti, Amnesty ripete bugie diffuse da organizzazioni terroristiche. Cinque minuti di seria verifica dei fatti bastano per constatare che i fatti riportati nel rapporto sono un’illusione avulsa dalla realtà. Israele non è perfetto, ma è una democrazia impegnata verso il diritto internazionale e aperta alle critiche, con una stampa libera e una forte Corte Suprema. Amnesty non definisce ‘stato dell’apartheid’ la Siria, un paese il cui governo ha ammazzato mezzo milione di propri cittadini, né l’Iran o qualsiasi altro regime corrotto e omicida in giro per il mondo. Detesto dover usare l’argomento che se Israele non fosse uno stato ebraico, nessuno in Amnesty oserebbe attaccarlo in questo modo, ma in questo caso non si può fare altrimenti”.



Elementi di propaganda - Il grottesco impianto accusatorio di Amnesty International
David Elber
4 Febbraio 2022

http://www.linformale.eu/il-grottesco-i ... rnational/

Nei giorni scorsi si è assistito all’ennesima messa in scena da parte di una ONG – in questo caso Amnesty International – che in un proprio corposo report di 278 pagine ha accusato Israele di uno dei peggiori crimini che si possono commettere: crimini contro l’umanità.

Nel caso in esame il crimine commesso sarebbe quello di apartheid. Dopo la pubblicazione del report di Amnesty International sono seguite svariate interviste da parte di alti membri dell’organizzazione, rilasciate per comprovare le accuse formulate nel report. È da sottolineare che, ad una più attenta analisi, sia il report che le varie interviste non forniscono la minima fondatezza delle accuse formulate ma solo delle prese di posizione basate su dei principi generali completamente decontestualizzati, mezze verità e vere e proprie falsità ideologiche e storiche, insomma le solite accuse rivolte agli ebrei da due millenni. Costruite oggi nella sua variante più accettabile: l’accusa allo Stato del popolo ebraico di commettere crimini contro l’umanità. Il report è talmente ricco di menzogne da risultare imbarazzante e per certi versi ridicolo per come ha “ricreato” una fiction criminalizzante. Ma questo è appunto il suo scopo principale, criminalizzare.

Prima di addentrarci nello specifico della grottesca accusa di apartheid rivolta a Israele è utile soffermarci sul reale scopo di questa mistificazione: attirare l’attenzione dell’opinione pubblica con titoli accusatori (con la compiacenza di numerose testate ad iniziare dalla BBC) per tentare di delegittimare Israele fin dalla sua nascita (questa è la tesi fondamentale propugnata da Amnesty International) agli occhi del pubblico, utilizzando lo strumento del Lawfare ideologico e accusatorio non basato su violazioni reali ma su mistificazioni create ad hoc. È un metodo che procede in maniera sistematica da Durban 2001. Si tratta della guerra perseguita con altri mezzi. Non essendo riuscito agli arabi di eliminare Israele tramite la forza militare, si tenta in tutti i modi di distruggerlo in effige.

Proveremo a capire come l’apartheid è disciplinato nel diritto internazionale e se è un termine che può essere applicato nella sua specificità a Israele.

Apartheid, definizione e utilizzo

La fonte principale del diritto internazionale che equipara l’apartheid ai crimini contro l’umanità si trova nello Statuto di Roma con cui si è istituito il Tribunale Penale Internazionale nel 1998. Nel suo articolo VII “Crimini contro l’umanità” al paragrafo 2 comma h si legge la definizione di apartheid, che qui si riporta per intero:

h) “per «apartheid» s’intendono gli atti inumani di carattere analogo a quelli indicati nelle disposizioni del paragrafo 1, commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziale, ed al fine di perpetuare tale regime”;

Quindi, come recita il comma h, per esserci apartheid ci deve essere un “…regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziali, ed al fine di perpetuare tale regime”. Da questo postulato ricaviamo due essenziali e necessari principi:

Deve esistere una legislazione che normi e disciplini la segregazione raziale, come avvenne in Sud Africa che si era dotato di numerose e capillari leggi segregazioniste.
Deve esistere un “gruppo razziale” ben definito che “domina” su “altro o altri gruppi razziali”.

Per quanto concerne il punto 1, in Israele non esiste una sola norma che disciplini una presunta segregazione raziale, tanto è vero che lo stesso rapporto di Amnesty International non è in grado di fornire il caso di una singola legge che abbia queste caratteristiche. L’unico riferimento, per altro vago e completamente decontestualizzato è fatto in merito alla legge sullo Stato nazionale del popolo ebraico del 2018. Però addentrandosi nello specifico di questa legge fondamentale dello Stato, in nessuno dei suoi 11 articoli si trova il ben che minimo riferimento a pratiche segregazioniste o semplicemente a criteri differenziati di diritti tra i suoi cittadini in base all’appartenenza etnica o religiosa. Tanto è vero che gli arabi di Israele godono degli stessi diritti di tutti gli altri abitanti: hanno partiti politici (ora anche al governo), pieno accesso a tutti i gradi di istruzione in scuole o università in lingua araba o ebraica a loro scelta. Sono avvocati, notai, medici, infermieri in strutture aperte a tutti i cittadini senza distinzioni etniche o religiose, sono giudici (anche alla Corte Suprema), poliziotti, funzionari statali. La stessa lingua araba è equiparata all’ebraico. In pratica gli arabi godono dei medesimi diritti dei cittadini ebrei. Infine, questa legge fondamentale non dice nulla di diverso da quanto stabilito del diritto internazionale quando ha approvato il Mandato per la Palestina che è l’embrione legale dello Stato di Israele.

Per quanto concerne il punto 2, cioè pensare che il popolo ebraico sia un gruppo razziale è semplicemente surreale. Basta osservare gli ebrei di origine europea (askenaziti), quelli scappati dai paesi arabi o dai paesi mediterranei (sefarditi), quelli di origine etiope (falashà) per accorgersi dell’enorme diversità che li contraddistingue. L’unico punto in comune è la condivisione di una stessa lingua, di medesime tradizioni culturali/religiose, e del forte attaccamento alla Terra di Israele: cioè “sentirsi” appartenenti ad uno stesso popolo. In conclusione, mancano completamente tutti i requisiti stabiliti dall’articolo VII dello Statuto di Roma per poter definire Israele come Stato di apartheid.

Un’altra fonte che definisce il crimine dell’apartheid è la Convenzione contro l’apartheid del 1973. Qui si trova una definizione – all’articolo 2 –di apartheid che fa esplicito riferimento alla situazione del Sud Africa nel quale vigeva un regime di segregazione raziale molto ben disciplinato legislativamente. Però la Convenzione del 1973 non fa un riferimento puntuale a leggi e a disposizioni normative precise e inequivocabili (come nel caso del Sud Africa), ma si attiene a dei principi generali vaghi e di conseguenza manipolabili e interpretabili per convenienza politica che era la ragione stessa per la quale si è volle istituire la convenzione contro l’apartheid: cioè attaccare politicamente un qualsiasi Stato utilizzando dei principi vaghi, interpretabili e manipolabili. Fu questa la ragione per la quale la convenzione venne ratificata solamente da una trentina di paesi in tutto il mondo ad iniziare dall’Urss. L’Italia, gli USA e tutti i paesi occidentali, oltre che la stragrande maggioranza dei paesi del mondo, non fanno parte di questa convenzione perché compreserò l’utilizzo politico che si poteva fare della medesima. Il rapporto di Amnesty International si colloca in questa linea di azione: utilizzare un termine – apartheid – svuotandolo dei suoi contenuti oggettivi e legali per manipolare politicamente l’opinione pubblica al fine di attaccare un ben preciso Stato: Israele.

Questa interpretazione è corroborata dal rapporto stesso di Amnesty International: non vi è la minima traccia o riferimento a una presunta legislazione segregazionista presente in nessuna delle leggi di Israele. E questo semplicemente perché non esiste nulla di tutto ciò nell’ordinamento legislativo israeliano.

Su cosa si basa quindi il rapporto di Amnesty International? Semplicemente su una serie di fatti storici (molti dei quali falsificati), controversie legali e giudiziarie completamente decontestualizzate e manipolate ad arte. Da “impressioni soggettive” di presunte discriminazioni che non trovano riscontro nei dati o nei fatti oggettivi della realtà sociale di Israele.

Se si volessero utilizzare questi disonesti criteri di giudizio e di manipolazione dei dati e applicarli ad altri contesti si potrebbe descrivere la realtà di tutti i paesi democratici come Stati nei quali vige l’apartheid. Vediamo brevemente degli esempi.

Italia

In Italia si potrebbe stilare un rapporto come quello calunnioso e manipolato di Amnesty International, ad esempio, relativo alla situazione dei gruppi etnici sinti e rom di cittadinanza italiana da numerosissime generazioni. Se decontestualizziamo e deformiamo i dati relativi a questi due gruppi etnici e ci basassimo esclusivamente su dati relativi a scolarizzazione, situazione abitativa, impieghi lavorativi, interazioni sociali e retribuzioni oltre che ad “impressioni soggettive”, non vi è dubbio che l’Italia applichi un regime di apartheid nei loro confronti.

Gran Bretagna

Se applicassimo i su menzionati criteri alla popolazione nord irlandese di religione cattolica (divisa anche fisicamente da quella protestante a Belfast da un muro in cemento) non ci dubbi sul regime di apartheid applicato dalla Gran Bretagna.

Lo stesso principio lo si potrebbe utilizzare in Stati quali: Stati Uniti d’America con la popolazione nativa indiana e di colore, Spagna con i baschi e i gitani, Francia con i gitani, Brasile e tutti gli Stati del sud America con le popolazioni native, Cuba con la popolazione di colore fortemente discriminata e totalmente assente da rilevanti incarichi legislativi e giudiziari per essendo maggioranza della popolazione, Giappone con la popolazione di origine coreana, tutti i paesi arabi con le minoranze non musulmane, Cina con le minoranze degli Uiguri e con quell tibetana, Australia e Nuova Zelanda con le popolazioni native, i territori amministrati dall’Autorità Nazionale palestinese ove vige un completo ordinamento giuridico basato sulla discriminazione etnica. L’elenco, in pratica, comprenderebbe la totalità dei paesi del mondo.

La riflessione che dovrebbe essere fatta in merito al report fraudolento di Amnesty International, dovrebbe essere relativa a due punti:

Chi finanzia organizzazioni non governative di questo genere e perché? E’ mai stata fatta chiarezza su come vengono spesi i numerosi milioni di dollari che ricevono annualmente?

Dove sta il confine tra libertà di espressione, diritto di critica e tutela dei diritti umani e diritto di calunnia, diritto a diffamare, manipolazione della realtà per fini politici e circonvenzione dell’opinione pubblica?

A seguito del report di Amensty international sono queste le informazioni che governi, organizzazioni internazionali e mass media dovrebbero chiedere conto alla dirigenza della ONG inglese.


Alberto Pento


Nel caso dell'Italia è lampante la falsità di quanto ipotizzato in analogia per spiegare l'accusa demenziale verso Israele.

Anche in Italia non vi è alcuna apartheid e discriminazione verso questa minoranza etnica nonostante la ferocia predatoria razzista di parte di questa etnia nei confronti degli italiani, dei non rom e sinti.
Gli zingari rom e sinti integrati e in quanto tali prevalentemente non più nomadi che lavorano e si guadagnano il pane onestamente e rispettano i valori umani e le regole civili non sono discriminati in alcun modo.

Lo sono invece e giustamente discriminati quelli di questa minoranza etnica che vivono parassitando, predando (con truffe, furti, rapine, ricatti, estorsioni mafiose, omicidi), costringendo i figli al crimine, senza alcun rispetto per la proprietà altrui, per l'ambiente, per la vita dei non zingari.


Cit.:
"Italia

In Italia si potrebbe stilare un rapporto come quello calunnioso e manipolato di Amnesty International, ad esempio, relativo alla situazione dei gruppi etnici sinti e rom di cittadinanza italiana da numerosissime generazioni. Se decontestualizziamo e deformiamo i dati relativi a questi due gruppi etnici e ci basassimo esclusivamente su dati relativi a scolarizzazione, situazione abitativa, impieghi lavorativi, interazioni sociali e retribuzioni oltre che ad “impressioni soggettive”, non vi è dubbio che l’Italia applichi un regime di apartheid nei loro confronti."


Niram Ferretti
Alberto Pento è esattamente quello che intende l'autore David Elber. Se si applicasse il criterio che Amnesty International applica ai palestinesi, ai rom, qui da noi o ai gitani in Francia si potrebbe sostenere che sia l'Italia che la Francia applicano un regime di apartheid. Anzi, bisognerà segnalare che in Italia l'apartheid nei confronti dei rom, e in Francia quello nei confronti dei gitani è assai maggiore perché non risultano giudici Rom o gitani e nemmeno ci sono rom e gitani al governo.





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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2021 5:59 am

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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2021 6:00 am

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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2021 6:00 am

8) i bianchi specialmente euro americani, cristiani ed ebrei sono il male della terra, responsabili di ogni conflitto, della povertà, della miseria e del sottosviluppo dei popoli e dei loro paesei, di ogni carestia e di ogni epidemia, specialmente i sovranisti che promuovono e difendono i loro diritti umani, civili e politici


Razzismo dei neri contro i bianchi euro americani
viewtopic.php?f=196&t=2913
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 7477876384

Suprematismo, identitarismo/civilizzazionismo e sovranismo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2832

I popoli del mondo e i popoli nativi o indigeni d'Europa si rivoltano contro l'invasione e la violenza islamica e le demenziali e irresponsabili caste europee e mondiali che la promuovono e la sostengono
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2054

Si liberi l'Europa dai sensi di colpa, dai miti e dai pregiudizi
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =92&t=2669


Ecco un caso orrendo di razzismo dei neri BLM USA verso i bianchi, da punire con la pena di morte


Se fosse vero questa persona, questa donna nera e suo marito meritano la pena di morte, per aver ucciso la bambina bianca in preda al fanatismo del suprematismo nero all'insegna del " basta con il privilegio bianco" sostenuto dalla banda Biden Harris che dovrebbero essere chiamati in causa come istigatori

NERA ANTIRAZZISTA UCCIDE LA FIGIOLETTA ADOTTIVA BIANCA: “BASTA CON IL PRIVILEGIO BIANCO”
25 gennaio 2021

https://www.islamnograzie.com/nera-anti ... io-bianco/


La tragica storia della bambina di 3 anni di Simpsonville, South Carolina, picchiata a morte, sta facendo scalpore in tutto lo Stato. La donna aveva attaccato il privilegio bianco sui social media: è stata arrestata con il marito per l’omicidio e l’abuso della figlia adottiva bianca di 3 anni.

Cosa stiamo facendo, stiamo dando loro in pasto i nostri bambini in nome dell’antirazzismo.

Jerry Austin Robinson, 34 anni, e Ariel Robinson, 29 anni, sono stati entrambi accusati di omicidio e di abusi su minori in seguito alla morte avvenuta il 14 gennaio della loro figlia adottiva Victoria “Tori” Rose Smith, secondo una dichiarazione della South Carolina State Law Enforcement Division ( SLITTA).

Ariel Robinson è meglio conosciuta per aver vinto la stagione 20 di “Worst Cooks in America” su Food Network ad agosto. Secondo il suo sito web , Ariel era un’insegnante di scuola media che cercava di farsi un nome come comica, conduttrice radiofonica e personaggio televisivo.

Ariel Robinson ha tenuto un podcast con suo marito, anch’egli arrestato per omicidio colposo su minori. La sua vita di comica e di madre è stata accuratamente documentata sulle sue pagine Facebook, Instagram, Youtube e Twitter , dove spesso si presentava come madre di cinque figli. […]

Una donna su Facebook ha detto che sua figlia era stata la madre affidataria di Tori prima che i Robinson la adottassero.

“Era la bambina più dolce e amorevole”, ha scritto. “Aveva la migliore personalità. Era così spiritosa e ci faceva ridere tutto il tempo… .. Eravamo felici per lei perché poteva finalmente stare con i suoi due fratelli e avere una casa permanente (anche se avrebbe potuto averne una prima di essere presa in questa famiglia). Il mio cuore sta così male che non ho parole ”.



L'uso improprio e criminale o abuso dell'Olocausto per colpevolizzare e demonizzare l'Europa e gli europei
viewtopic.php?f=205&t=2888
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6124104303



Bruckner smaschera il nuovo razzismo antibianco
Mauro Zanon
Ven, 29/01/2021

https://www.ilgiornale.it/news/spettaco ... 1611906832

Continua a fare discutere il libro del filosofo francese contro le follie e l'intolleranza del finto antirazzismo

Parigi. Quando pubblicò Il singhiozzo dell'uomo bianco, nel lontano 1983, alcuni dei suoi ex compagni della gauche militante dissero che quel libro era «in odore di razzismo», perché Pascal Bruckner, figura di spicco dei «Nouveaux philosophes», denunciava il sentimentalismo terzomondista che dominava in una certa sinistra e l'autolesionismo di un'élite bianca consumata da un delirante odio di sé, dall'idea che tutti i mali della terra trovassero origine in Occidente.

Oggi, nonostante le previsioni di Bruckner trovino sempre più riscontro nella realtà, a colpi di strade sbattezzate, università «decolonizzate», statue abbattute e libri censurati perché infarciti di «stereotipi razzisti», il filosofo francese viene trattato come un «reazionario» irredimibile, un «vecchio maschio bianco eterosessuale», nostalgico di un mondo che non esisterà più.

Bruckner di questi «marchi d'infamia» che gli vengono appiccicati addosso ne ha fatto un motivo di fierezza, e combatte contro i suoi avversari con l'arma che sa utilizzare meglio: la penna. Il suo recente Un coupable presque parfait. La construction du bouc émissaire blanc (Grasset) - che non smette di far discutere - è il grido di allarme di uno dei più lucidi intellettuali francesi viventi, che osserva preoccupato la progressiva decadenza dell'Occidente e del progetto universalista dei Lumi, a beneficio di una società tribalizzata in preda alla lotta di generi, razze e comunità, dove l'uomo bianco è «il nuovo Satana». «Non invoco la rivincita dell'uomo bianco, denuncio l'idea che sia considerato come il capro espiatorio: il discorso femminista, antirazzista e decoloniale che designa l'uomo bianco e la donna bianca come la fonte di tutte le disgrazie dell'universo è un discorso semplicistico», ha dichiarato Bruckner a France Culture. Il femminismo tradizionale era universalista, «il neofemminismo», invece, «è apertamente separatista, se non addirittura suprematista, e mette i sessi l'uno contro l'altro», attacca il filosofo parigino, secondo cui «il femminismo del progresso si è trasformato in un femminismo del processo».

Un esempio di questa tendenza è la recente esternazione della femminista radicale Alice Coffin, autrice del libro Le Génie lesbien, che ha invitato le donne a «eliminare gli uomini dalle nostre menti: non dobbiamo più leggere i loro libri, né guardare i loro film, né tantomeno ascoltare la loro musica». Molte neofemministe americane, a cui le colleghe francesi si ispirano, presentano l'uomo bianco come uno «stupratore in potenza», ontologicamente predatore, dice Bruckner, ma tacciono quando a macchiarsi di episodi di aggressione sessuale sono le minoranze arabe e africane che vivono in Occidente, come è accaduto con le violenze di massa del Capodanno di Colonia del 2016.

Il neofemminismo va a braccetto con il nuovo antirazzismo, che non ha nulla a che vedere con l'antirazzismo originario, difensore di un'idea di umanità comune al di là della diversità delle origini e delle culture. Il nuovo antirazzismo esaspera le identità, si concentra sul colore della pelle e resuscita un concetto di razza che si credeva abolito, creando le condizioni di un nuovo apartheid. «Oggi vengono denigrati i volti di gesso, per celebrare gli altri colori della pelle attribuendo loro tutte le virtù», spiega Bruckner. La nuova ideologia antirazzista, dietro cui si nasconde un razzismo anti-bianco alimentato dalle minoranze e un autorazzismo folle delle élite occidentali, si sta diffondendo in tutti i settori della società francese. Delphine Ernotte, direttrice di France Télévisions, ha dichiarato che nella tv pubblica del futuro «gli uomini bianchi di più di cinquant'anni» avranno sempre meno spazio, a favore delle persone figlie della «diversità». Sulla sua scia, anche il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, ha dato prova di apprezzare certe idee di provenienza americana. In un'intervista al settimanale L'Express di poche settimane fa, Macron ha infatti evocato l'esistenza in Francia di un «privilegio bianco», uno dei capisaldi del movimento Black Lives Matter. La frase ha fatto trasalire Bruckner, perché «parlare di privilegio bianco significa risvegliare l'idea di un peccato originale». In nome del multiculturalismo, l'Occidente sta cancellando se stesso, la sua storia millenaria, i suoi capolavori, e l'uomo bianco eterosessuale occidentale, ormai, «è in fondo alla gerarchia», afferma Bruckner, prima di aggiungere: «Meglio essere scuri che pallidi, omosessuali o transgender che eterosessuali, donne piuttosto che uomini, musulmani anziché ebrei o cristiani, africani, asiatici e indigeni piuttosto che occidentali». Secondo Bruckner, «l'unica identità che ai bianchi viene ancora concessa è quella della contrizione. I professatori di vergogna, le neofemministe, i decolonialisti e gli indigenisti dilagano, e ci invitano a pentirci». E ancora: «È in corso una vasta impresa di rieducazione, all'università, sui media, che chiede ai bianchi di rinnegare se stessi. L'ultima volta che abbiamo subìto la propaganda razziale è stata con il fascismo negli anni Trenta: la scomunica a priori di una parte della popolazione. Eravamo vaccinati, grazie. Ma ci torna indietro da oltreoceano mascherata da antirazzismo, con nuovi protagonisti». I nuovi fanatici della «cancel culture» che vogliono affossare l'Occidente. E l'uomo bianco.



“L’uomo bianco è il nuovo Satana. Temo la guerra tribale”
Giulio Meotti
24 marzo 2021

https://meotti.substack.com/p/luomo-bia ... atana-temo

“L'uomo bianco è come una nuvola scura: entrambe portano il male”. Così scrive il celebre scrittore e saggista Pascal Bruckner in esergo al suo lungo saggio pubblicato dalla Neue Zürcher Zeitung, il più antico e prestigioso giornale in lingua tedesca (primo numero nel 1780). “Le persone non sono più giudicate per le loro azioni, ma sono ridotte al loro sesso o al colore della pelle. Questo è l'opposto del progressismo. Dove una volta c'era la lotta di classe, le parole d'ordine sono ora razza, genere e identità. Nel neofemminismo, nell'antirazzismo e nel decolonialismo, questi concetti strutturano il pensiero e il nuovo nemico di classe viene rapidamente trovato: il maschio bianco eterosessuale appare ora come il colpevole. Ridotto al suo colore della pelle e al suo orientamento sessuale, è il cattivo che dovrebbe essere responsabile di tutti i mali del mondo”.

Ciò che rende il mondo occidentale il capro espiatorio per eccellenza è il fatto che riconosce e si pende dei suoi crimini e le sue menti più brillanti ne parlano apertamente e in continuazione, scrive Bruckner. “Questo è in contrasto con altri paesi e imperi che fanno di tutto per celare i misfatti. Pensate alla Russia, all'Impero Ottomano, alle dinastie cinesi, o agli eredi dei vari regni arabi che hanno occupato la Spagna e cercato di colonizzare la Francia per quasi sette secoli”.

Ma cosa significa la nuova Vulgata, che collega la colpa al colore della pelle? “Si ha l'impressione di vivere un brutto remake, ma invertito, degli anni '60” scrive Bruckner. “Se l'emancipazione della razza allora era all'ordine del giorno, questo progetto è diventato una farsa. Ora ci sono solo piccoli gruppi etnici, tribù e comunità. Siamo di fronte a un grande paradosso: è proprio nelle democrazie occidentali, dove i diritti delle donne o delle minoranze sono meglio protetti, che si fanno le proteste più forti contro le violazioni. Contro chi sono rivolte le accuse? Non contro le dittature o le autocrazie, no, criticano le condizioni che prevalgono nelle democrazie parlamentari, cioè in quella forma di governo che concedono al popolo il massimo di autonomia”.

A cosa corrispondono i discorsi sul sesso, il colore della pelle e altre caratteristiche, ispirati dalle università americane? “L'umanità dovrebbe essere ri-gerarchizzata. In fondo alla scala, come un paria, dovrebbe esserci il maschio bianco eterosessuale occidentale. In cima, la donna nera, araba o indigena, lesbica o queer, naturalmente. E tra lei e lui, in varie gradazioni, tutte le possibili sfumature trovano il loro giusto posto; dal bianco al beige, dal beige al marrone, dal marrone al nero. Fino a quando non raggiungeremo questo nuovo idillio, i misfatti del Satana maschio devono essere incessantemente denunciati. Nessun bianco ha il diritto di considerarsi vittima del razzismo, poiché egli stesso è razzista per natura. E qualsiasi cosa l'uomo bianco faccia, è sbagliato”.

Come rispondere a questa isteria? “Che porta inevitabilmente a una guerra in cui il motto è ‘tutti contro tutti’. Degradando l'uomo bianco allo status di capro espiatorio, una forma di razzismo viene sostituita da un'altra, aprendo la strada a un futuro in cui una moltitudine di tribù difende gelosamente le proprie identità”.



Miseria del terzomondismo
Lucio Leante
6 agosto 2021

https://opinione.it/editoriali/2021/08/ ... omondismo/

Molti non sono pienamente coscienti del fatto che la diffusa tesi secondo cui l’Occidente, con il suo colonialismo imperialista ed il suo “neo-colonialismo” delle multinazionali, sarebbe ancor oggi “la causa” di tutti i persistenti mali dei Paesi poveri africani ed asiatici (e quindi anche dei flussi migratori attuali) è una balla colossale che trova origine nell’ideologia para-comunista, fintamente umanitaria e in realtà anti-occidentale del terzomondismo. Il terzomondismo sembrava essere morto come il marxismo da cui è nato e di cui costituiva un’eresia ed un surrogato. E, invece, una delle ideologie più perniciose per gli stessi Paesi del cosiddetto “terzo mondo”, pur sconfessata e smentita dalle dure repliche dei fatti e della storia, continua a vivere sotto altre sembianze e altre denominazioni. Oggi continua a serpeggiare quasi soltanto in Occidente mentre nel “terzo mondo” le nuove generazioni di intellettuali, economisti, sociologi e antropologi lo considerano obsoleto e, anzi una delle principali cause ideologiche della persistente arretratezza dei loro Paesi e persino una forma di vero neocolonialismo mascherato dietro gli “aiuti esteri”.

Rifugio dei post-comunisti (e cattolici di sinistra)

In Occidente è divenuto il rifugio – spesso inconfessato e travestito di aspirazioni alla giustizia universalista ed egualitaria – di molti ex-post-comunisti e di “cattolici di sinistra”. Per i post-ex-comunisti il terzomondismo ha sempre rappresentato un’eresia del marxismo ed un ripiego ideologico e teorico finalizzato a salvare la prospettiva rivoluzionaria ad opera non più – come prevedeva Karl Marx – del proletariato industriale dei Paesi avanzati (già da Lenin considerato nel suo testo “L’Imperialismo fase suprema del capitalismo” – almeno nelle sue “aristocrazie” – “integrato” nel sistema capitalistico-borghese perché “corrotto dai corrotti riformisti”), ma delle masse povere e diseredate dei contadini dei Paesi arretrati, per di più considerate portatrici di una purezza e innocenza primigenia, che prefiguravano comunque un diverso tipo di “uomo nuovo” dal cuore antico, frugale, austero e anti-consumista. Ai contadini che Marx considerava alla stregua di “sacchi di patate” e che Lenin e Stalin non nascondevano di volere sterminare “come classe” (nobile progetto poi in gran parte realizzato) i terzomondisti attribuivano invece nientemeno che la funzione di motore di massa per la rivoluzione mondiale. Marx aveva previsto un socialismo ricco ed i terzomondisti ne proponevano uno povero e anzi misero. Una bella giravolta, che però consentiva loro di mantenere viva la prospettiva “rivoluzionaria” e cioè quella della distruzione dell’Occidente e della sua civiltà cristiana e liberale.

Per i cattolici di sinistra il terzomondismo riproduce soprattutto temi pauperisti, sempre risorgenti come un fiume carsico non solo in vari movimenti ascetici e in qualche misura gnostici (e pelagiani) non tutti e non sempre dichiarati eretici, come i catari, i valdesi, i poveri di Lione, gli umiliati, gli apostolici, le beghine e soprattutto gli ordini mendicanti tra cui i francescani. Nella storia stessa del cristianesimo ortodosso la povertà programmatica è un tema ricorrente. Una vena pauperista e terzomondista anti-occidentale è certamente presente anche nell’attuale papa Bergoglio, che non a caso ha scelto il nome di Francesco. Non è forse scritto che “è più facile che un cammello passi per la cruna dell’ago che un ricco entri nel regno di Dio”? (Matteo 19–23–30).

Il pauperismo è insomma il cemento ideologico-religioso che tiene insieme i terzomondisti: gli ex-post comunisti e i cattolici umanitari. Particolare curioso è che entrambi da un lato si stracciano le vesti per la povertà del “terzo mondo” (accusandone l’Occidente), ma dall’altro entrambi esaltano le virtù salvifiche della povertà. I comunisti come strada per il paradiso terrestre comunista popolato da quel particolare “uomo nuovo” molto simile al mitico “buon selvaggio” russoviano. I cattolici la esaltano come strada per la salvezza ultraterrena nel regno di Dio.
Istanze nettamente terzomondiste (e pauperiste) si ritrovano poi ai nostri tempi mascherate nell’ideologia multiculturalista, nella “cancel culture”, nel movimento “Black lives matter”, nelle aspirazioni alla cosiddetta “decrescita felice”, nell’atteggiamento pregiudizialmente filopalestinese e anti-israeliano di molti e in generale in tutte le ideologie anti-occidentali contemporanee. Del terzomondismo di un tempo esse sono le ultima variante e incarnazione. In ogni caso il terzomondismo può considerarsi oggi una teoria ideologica smentita dai fatti.

Le dure repliche dei fatti

Gli europei che arrivarono in Africa nel XIX secolo non trovarono un Eden che poi avrebbero distrutto, ma carestie, epidemie, tratte di schiavi (anche tra indigeni) malattie endemiche e guerre tribali. Il colonialismo fu un fenomeno complesso che qui sarebbe impossibile analizzare perché di colonialismi ve ne furono diversi e vari. Comunque secondo la maggior parte degli storici non può essere ridotto alla categoria ottocentesca dello sfruttamento e della rapina come fanno semplicisticamente i terzomondisti. Certo, di crimini i colonialisti europei ne hanno commessi: dalla repressione inglese del grande ammutinamento indiano del 1857, ai massacri nel Congo belga, al genocidio dei popoli Herero in Namibia, allo sterminio dei ribelli cirenaici nella Libia occupata dagli italiani. Ma tali fatti, seppur tragici e ripugnanti, non confermano affatto la semplicistica versione terzomondista sull’intricato rapporto tra colonialismo e sviluppo mancato. Su questo punto la vera “colpa” dei colonialisti è stata di non avere creato una vera classe dirigente locale responsabile, una vera borghesia grande e piccola ed un’economia di mercato.

In ogni caso l’era coloniale è terminata oltre 60 anni fa, tra la fine della Seconda guerra mondiale e la fallita spedizione anglo-francese a Suez nel 1956. “Il bilancio deve cominciare da allora, non da cent’anni prima. E l’esame di coscienza devono farlo anzitutto i ‘decolonizzati’, non i colonizzatori” – ha scritto tra gli altri Sergio Romano. E la sua opinione è ampiamente condivisa oggi da molti giovani intellettuali africani ed asiatici stanchi della vulgata terzomondista finalizzata a esportare tutte le “colpe” al “perverso Occidente”.

Subito dopo la fine del colonialismo, molti leader dell’indipendenza contro il colonialismo divennero capi di Stato, adottando politiche socialiste (e tribaliste), sotto influenza sovietica, per contrapporsi all’ “imperialismo” occidentale.
Il Ghana del leader storico Nkrumah, filo-socialista e nazionalista, la Guinea del filosovietico Sékou Touré, al potere per oltre un ventennio, fino allo Zimbabwe di Robert Mugabe, tutti dominati da leader terzomondisti, panafricani ed anti-occidentali, non sono stati soggetti per lunghi periodi alle politiche neocoloniali. Tutti quei Presidenti hanno nazionalizzato le compagnie straniere, cacciato via le deprecate multinazionali. Anzi Mugabe cacciò via nel 2000 tutti gli europei bianchi dallo Zimbabwe e spartì delle loro terre tra gli autoctoni (anche se poi nel 2020 il nuovo governo dello Zimbabwe ha dovuto restituire le terre agli ex coloni risarcendoli persino). Eppure i loro Paesi sono in condizioni non meno tragiche di altri.

Il fallimento del socialismo terzomondista

Quelle loro politiche socialiste erano estranee alla cultura locale e furono fallimentari per le economie locali come lo furono in tutti i Paesi socialisti del mondo che hanno subito lunghi periodi di scarsezza e di illibertà. Il risultato è che da tempo l’Africa è costretta ad importare prodotti alimentari per decine di miliardi di dollari (secondo recenti stime siamo oggi attorno ai 100 miliardi annui) dall’estero, mentre nel deprecato periodo coloniale era un esportatrice netta di cibo. Lo Zimbabwe quando era Rhodesia e la Repubblica Democratica del Congo quando era Congo belga esportavano cibo, ma oggi le loro popolazioni non riescono a sfamarsi. La stessa Tanzania e la Sierra Leone erano un tempo auto-sufficienti.

Questa ed altre circostanze, come le continue guerre politico-tribali, la stagnazione sociale, i faraonici arricchimenti dei dittatori e dei loro clan e tribù dominanti a spese delle popolazioni, la corruzione dilagante, le epidemie ricorrenti, la mancanza infrastrutture scolastiche ed ospedaliere, hanno indotto molti giovani intellettuali africani ad abbandonare l’ideologia terzomondista ed anzi ad accusare i terzomondisti occidentali di essere la vera causa ideologica dei disastri dei loro Paesi . Mentre un tempo, l’intellighenzia, influenzata e blandita dai terzomondisti occidentali, seguiva i leader africani filo-sovietici che accusavano la colonizzazione europea per tutti i mali dell’Africa, oggi una buona parte della nuova generazione di intellettuali incolpa soprattutto i dittatori locali di avere assorbito dall’Urss e dai terzomondisti occidentali il dogma del collettivismo comunista e la convinzione che il libero mercato e o stato di diritto fossero “roba da bianchi” anche se non soprattutto perché quell’ideologia garantiva loro ed alle loro tribù e clan un potere totalitario immenso e incontrollato. “Un grande ostacolo alla crescita economica dell’Africa è stata la tendenza di incolpare le forze esterne per i nostri fallimenti… il progresso sarebbe potuto arrivare se avessimo provato a rimuovere la polvere dagli occhi” – ha scritto l’intellettuale ghanese Said Akobeng Eric, in una lettera all’editore di Free Press.

La nuova intellighenzia africana

La parte più sveglia della nuova intellighenzia africana e asiatica nutre ormai ben pochi dubbi sull’efficacia del libero mercato e dello stato liberale di diritto nell’arricchire e migliorare l’economia dei Paesi che li adottano: è inequivocabile la forte relazione tra libertà economica, civile e politica e i maggiori indicatori di ricchezza e benessere. Lo dimostrano i casi della Cina e del Vietnam (e di altri Paesi ) che sistematicamente hanno cominciato a crescere non certo da quando sono divenuti indipendenti dal dominio coloniale, ma da quando hanno scelto il libero mercato e hanno abbandonato la ricetta collettivista e statalista. Anche in Africa il Rwanda, il Botswana e l’Etiopia stanno cominciando a vedere i primi risultati positivi delle incipienti liberalizzazioni. Per converso tutti i Paesi che si sono attardati e hanno conservato la vecchia ricetta statalista e collettivista come Cuba, il Laos e vari Paesi africani languono nella miseria e stagnano nel sottosviluppo.
Anzi l’economista ghaniano George Ayittey, pur non negando le responsabilità e le malefatte dei colonialisti, sostiene che la vera tragedia per lo sviluppo dell’Africa sia nata non con il colonialismo, ma con l’indipendenza (v. George B. N. Ayittey, Defeating Dictators: Fighting Tyranny in Africa and Around the World, Ed. St. Martin’s Griffin, 2012, Pp. 396–406).

Secondo vari studiosi, sia occidentali, sia africani il vero neocolonialismo oggi non è quello delle multinazionali, ma quello dagli aiuti esteri degli stati occidentali, delle organizzazioni internazionali, dei progetti delle varie agenzie di cooperazione e delle Ong, unificati da una stessa perniciosa ideologia: quella del terzomondismo sia pure in versione non più rivoluzionaria, ma gradualista. Sono gli “aiuti” internazionali che, infatti, hanno perpetuato le dittature collettiviste, causa principale dei mali dell’Africa. (per una più completa documentazione si veda Anna Mahiar Barducci, Aiutiamoli a casa loro? Lo stiamo già facendo, ma male, Fondazione Einaudi, 26 aprile 2020). Lo stesso economista ghaniano Ayittey ha scritto: “Abbiamo rimosso i colonialisti bianchi e li abbiamo rimpiazzati con neo-colonialisti neri” mantenuti al potere ed arricchiti, insieme con i loro clan, tribù e greppie di potere proprio dagli aiuti internazionali e dalla loro ideologia terzomondista (v. therisingcontinent.com 25 Ottobre 2011).

Il vero neo-colonialismo: gli aiuti esteri

Il giornalista ugandese Andrew Mwenda, definisce da vari anni gli aiuti come antitetici alla crescita, perché creano gli incentivi sbagliati e distorcono la relazione tra Stato e cittadino. A causa degli aiuti internazionali, il governo non ha più alcun interesse a dialogare con la popolazione e a cercare consensi, perché sostenuto economicamente dall’esterno (v. Andrew M Mwenda: aid creates the wrong incentives for progress, theguardian.com 24 luglio, 2008.).

Sembra pertanto sempre più chiaro che anche la formula “aiutiamoli a casa loro”, che può sembrare una valida alternativa all’immigrazione incontrollata e illimitata sia solo una formula semplicistica e propagandistica destinata a non funzionare, almeno per come è impostata adesso la cooperazione internazionale. Si sta facendo sempre più forte l’idea che un Piano Marshall per l’Africa possa risollevare i Paesi africani e frenare così l’emergenza migranti. Ne hanno parlato con enfasi sia l’allora presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, sia la cancelliera tedesca Angela Merkel. Tuttavia, sia gli aiuti internazionali, sia un eventuale Piano Marshall, promuoverebbero soltanto trasferimenti “da governo a governo”, ovvero incentiverebbero solo lo statalismo, con le sue solite dispersioni e distorsioni e non la “libera impresa”, la libertà economica ed il libero mercato. Nemmeno il supposto Piano Marshall per l’Africa sembra una soluzione. Già nel 2002 l’ex Presidente del Senegal Abdoulaye Wade, dichiarò: “Non ho mai visto Paesi svilupparsi grazie agli aiuti… I Paesi che si sono sviluppati come gli Stati Europei, l’America, il Giappone…hanno tutti creduto nel libero mercato. Non c’è alcun mistero. L’Africa ha preso una strada sbagliata dopo l’indipendenza”.

La economista dello Zambia, Dambisa Moyo, ha scritto nel suo famoso libro “Dead Aid” (“Aiuto morto”): “Il foreign aid sostiene i governi corrotti (africani) – fornendo loro denaro utilizzabile liberamente. Questi governi corrotti interferiscono con lo Stato di diritto, con la creazione di istituzioni civili trasparenti e con la protezione delle libertà civili”. Ed ha poi aggiunto: “In risposta all’aumento della povertà, i Paesi donatori danno più aiuti economici, continuando così la spirale della povertà. Questo è il circolo vizioso degli aiuti. Il circolo che strozza il bisogno di investimenti, che infonde la cultura della dipendenza, e facilita la corruzione sistematica, con deleterie conseguenze per la crescita. Questo è il circolo che perpetua il sottosviluppo e garantisce il fallimento economico dei Paesi poveri, dipendenti dal foreign aid.”.

La soluzione per la Moyo è pertanto chiara: innanzitutto cancellare gli aiuti, una proposta che ha suscitato le vivaci e terrorizzate critiche di molte Ong dirette da noti terzomondisti, che da (e su) quegli aiuti ci campano discretamente (v. D. Moyo, “Dead Aid”, Penguin, London 2009). Il discorso sull’Africa (e sul terzomondismo) dovrebbe continuare, e lo continueremo. Il fine di questo articolo era solo quello di sottolineare il fallimento e la cialtroneria dei terzomondisti, la cui vera “passion predominante” non è affatto la cura umanitaria per i popoli degli “ultimi” o “dannati della terra”, come vorrebbero fare credere. A costoro essi non hanno apportato che danni enormi e irreparabili. La loro vera passione è un’avversione pregiudiziale per l’Occidente, vissuto come colpa collettiva di tutti i mali del mondo. Un’avversione che essi hanno ereditato dal marxismo e che è anche un paradossale e patologico odio di sé.
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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2021 6:03 am

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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » gio gen 28, 2021 6:03 am

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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » ven feb 05, 2021 8:19 pm

9) i ricchi, il denaro e la finanza, l'industrializzazione, i capitalisti e le multinazionali sono il male, specialmente quelle in mano ai bianchi e agli ebrei


La ricchezza non è un male ma un bene
viewtopic.php?f=202&t=2915

La ricchezza non è un male ma un bene e i ricchi non sono assolutamente i cattivi e i carnefici, come i poveri e gli ultimi non sono necessariamente e naturalmente i buoni e le vittime.
La ricchezza come la salute o lo star bene, la bellezza, la bontà e la forza non sono un male.
Anche il denaro è un bene e non un male

Non è colpa dei ricchi se esistono anche i poveri, come non è colpa dei sani se esistono pure i malati, e non è responsabilità dei forti se ci sono i deboli, tanto meno è responsabilità dei belli se esistono i brutti, come la sapienza non è causa dell'ignoranza, allo stesso modo che la giustizia non è causa dell'ingiustizia, come non è colpa della vita se esiste la morte, e del bene se esiste il male.
L'ossessione per i poveri e gli ultimi che arriva alla demenza di demonizzare i ricchi e i primi per poi aggredirli, derubarli, schiavizzarli e ucciderli è il massimo della idiozia più disumana e assurda.
E ciò è un danno e un male per l'umanità intera e per ogni società civile e per ogni sistema economico benefico capace di realizzare benessere diffuso, progresso e sviluppo per tanti e alla lunga per tutti.



L'uomo di buona volontà e l'ipocrita
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2515

La proprietà non è un furto e un male ma un bene prezioso e rubare non è un bene ma un male
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2495

I peggiori sono quelli che si servono degli ultimi o dei presunti ultimi per derubare e opprimere tutti gli altri, tra cui la loro stessa gente.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2706

La proprietà distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo
viewtopic.php?f=205&t=2936
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 2247064892


Il demenziale disprezzo e la demonizzazione dell'uomo di buona volontà che si guadagna il pane con il sudore della fronte e che con il suo quotidiano e incessante lavoro rende la vita sulla terra un paradiso, meno dolorosa, meno faticosa, più lunga, ... per sé e per gli altri.
viewtopic.php?f=205&t=2956
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0193612832



Il conto salato dei trucchetti della sinistra
Antonio Pilati
21 maggio 2021

https://www.nicolaporro.it/il-conto-sal ... -sinistra/

Sta per giungere al termine la Seconda Repubblica, avviata nel 1993-94 sulle macerie di Mani Pulite, e con essa evapora anche il suo tratto principale: la demonizzazione dell’avversario, visto non come un soggetto politico che sostiene idee diverse, ma come un corpo estraneo che agisce ai limiti della legalità – anzi spesso oltre – e mette in pericolo la democrazia. Per un quarto di secolo Berlusconi è rappresentato come una macchia e una minaccia per la Repubblica, poi arriva il turno di Salvini e, quando lascia il Pd, anche Renzi conosce assaggi del trattamento.

Oggi, mentre tramonta una legislatura che ha visto tre governi molto diversi fra loro ma fondati tutti su maggioranze acrobatiche mai neppure accennate in campagna elettorale e perdura una gravissima emergenza sanitaria contrastata, almeno fino a inizio 2021, con azioni costrittive e poco efficaci, la demonizzazione è un incongruo residuo fossile: come osserva Angelo Panebianco sul Corriere del 12 maggio, è finito il contesto che la giustificava e Berlusconi diventa un potenziale alleato della sinistra (maggioranza Ursula).


Berlusconismo e anti-berlusconismo

Tuttavia Panebianco forse edulcora la realtà: la demonizzazione gli appare infatti un’attitudine condivisa, bipartisan, quasi una caratteristica indelebile del sistema politico nato nel 1994 con Berlusconi che reagisce agli attacchi agitando il pericolo comunista. Sembra però difficile negare una differenza di fondo: Berlusconi fa un discorso storico-politico indicando la continuità sostanziale fra il Pci integrato nel sistema di potere sovietico e i suoi successori convertiti al mercato e ai successi della finanza; la sinistra invece fa un discorso personale parlando di crimini che mettono a rischio l’assetto democratico. Uno biasima una vicenda politica scandita da fatti corposi (su cui i protagonisti, con una reticenza analitica che dura tuttora, non hanno mai fatto una reale autocritica), gli altri, coadiuvati da una interminabile sequenza di processi alla persona e alle sue aziende, delegittimano in termini penali l’avversario trasformandolo in nemico.


La via giudiziaria come arma politica

È un’asimmetria che conta: i successori del Pci con il loro vario seguito di amici (Di Pietro, Orlando) hanno usato la demonizzazione anche giudiziaria come un’arma ideologica in più che, in assenza di una visione dell’interesse nazionale e di una conseguente attraente proposta politica, ha funzionato per un quarto di secolo da perno, efficace e comodo, di ogni strategia elettorale. Il prezzo pagato dal sistema politico italiano, è stato pesante: la delegittimazione di una parte si è ribaltata sull’intero sistema che non ha mai goduto di un condiviso riconoscimento popolare ed è vissuto, trascurando la sostanza politica finita in stallo, sul contrasto di leader percepiti come campioni di un torneo per nulla cavalleresco.

Ciò ha limitato l’agibilità politica rendendo, tra l’altro, impossibili accordi tra i partiti tanto su riforme di rango costituzionale (o anche solo elettorale) quanto su patti di governo da stringere in condizioni straordinarie: Letta, fatto primo ministro di un governo di coalizione con Forza Italia dopo un voto privo di chiari vincitori, non tutela Berlusconi, partner di maggioranza, che il Pd vuole cacciare dal Senato con sforzate interpretazioni giuridiche e preferisce surrogarlo con Alfano pensando di avere vita più facile: in un paio di mesi arriva Renzi e gli spiega l’errore.


Il nuovo nemico: Salvini

Le elezioni del marzo 2018 con il trionfo dei 5Stelle rimescolano le carte: Berlusconi, passato attraverso i servizi sociali e ridotto a forza politica minore, è riscoperto come faro europeista. Ciò svela la strumentalità della passata demonizzazione, ma nello stesso tempo, senza alcun ritegno, innesca la campagna contro un nuovo pericolo: avere nel mirino un nemico crea danni alla politica ma è un ottimo surrogato per una strategia che manca e un’azione politica che si contraddice (vedi l’epopea di Zingaretti). Salvini, reduce da un cospicuo successo elettorale, è un bersaglio perfetto anche perché, difendendo l’autorità dello Stato cui rivendica – come accade in ogni Paese cosciente di sé, vedi Ventimiglia o Ceuta – le decisioni sui confini senza cederle a scafisti e Ong, fornisce carburante a quell’idea di superiorità morale che attanaglia la sinistra.

Salvini, però, come nemico dura poco: quando Draghi forma il suo esecutivo e la Lega sceglie di farne parte, il Pd scopre che dipingere come minaccia per la democrazia il leader di un partito che è partner di governo suona un po’ stravagante. L’infelice Letta finge di non capirlo pur di non perdere un buon argomento di propaganda, ma quasi subito si ritrova oltre la soglia del ridicolo. Tutto ciò significa che è finito il tempo delle demonizzazioni e che il Pd decide di far politica con mezzi usuali, senza sponde esterne e tattiche discriminatorie? Niente affatto.
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Re: Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » mar feb 16, 2021 10:06 pm

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Menzogne demenziali per demonizzare, criminalizzare

Messaggioda Berto » mar mar 30, 2021 9:43 pm

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