14) come il maccartismo se non peggio è la cancell culture di sinistra"Nel nuovo maccartismo di sinistra basta l'accusa di razzismo per cancellare una persona"Giulio Meotti
15 febbario 2021
https://meotti.substack.com/p/nel-nuovo ... i-sinistra Alan Dershowitz è stato definito “il penalista più vincente della storia”. Professore di diritto a Harvard e protagonista di molti fra i casi più eclatanti della storia giuridica americana (il miliardario Claus von Bülow, Mike Tyson e O. J. Simpson, oltre ad aver fatto prosciogliere Donald Trump dal secondo impeachment), Dershowitz ha appena detto: “È tempo che il popolo americano metta fine alla cancel culture. Sta rapidamente diventando la cultura americana". Promette di difendere gratuitamente le vittime della cancel culture. “Li rappresenterò pro bono. Mi dedicherò a far sì che il nuovo maccartismo dell'estrema sinistra non diventi la cultura americana. Questo è il problema numero uno che il Paese deve affrontare oggi".
In esclusiva per gli abbonati alla newsletter traduco un brano del nuovo libro di Dershowitz contro la cancel culture. Un grande documento contro la nuova intolleranza.
La cancel culture è il nuovo maccartismo della generazione woke. Come il vecchio maccartismo, pone fine a carriere, distrugge eredità, scioglie famiglie e provoca suicidi, senza alcuna parvenza di giusto processo o opportunità di confutare le accuse spesso false o esagerate. Come con il maccartismo, anche quando le accuse sono vere, o parzialmente vere, generalmente riguardano atti compiuti, dichiarazioni fatte o posizioni assunte molti anni prima, quando prevalevano valori e atteggiamenti diversi. E, come con il maccartismo, l'impatto va oltre l'individuo cancellato e colpisce altri membri della società, dal pubblico a cui è stato negato il diritto di ascoltare gli artisti cancellati, agli studenti a cui è stato negato il diritto di imparare dagli insegnanti cancellati, ai cittadini a cui è stato negato il diritto di votare per i politici cancellati.
Ricordo l'originale maccartismo e l'impatto devastante che ebbe sulla mia generazione. Venivamo avvertiti dai nostri genitori a non parlare, firmare petizioni, aderire a organizzazioni o partecipare a concerti che fossero in qualche modo associati a membri di sinistra, per non essere etichettati come ‘sovversivi’ e le nostre prospettive future annullato. I miei genitori, specialmente mia madre, erano terrorizzati dalle ‘liste’. ‘Ti metteranno in una lista’, mi avvertiva mia madre. Quando avevo quattordici anni ho fatto qualcosa che potrebbe avermi inserito in una lista. Fu durante l'apice del periodo di McCarthy, poco dopo che Julius ed Ethel Rosenberg furono condannati a morte per presunto spionaggio per l'Unione Sovietica. Un parente di Rosenberg stava chiedendo alla gente di firmare una petizione per salvare le vite dei Rosenberg. Ho letto la petizione e per me aveva senso, quindi l'ho firmata. Un vicino l'ha riferito a mia madre. Era convinta che la mia vita fosse finita.
Durante il culmine del maccartismo, non potevamo vedere film, andare a spettacoli o guardare programmi tv realizzati o interpretati da artisti nella lista nera, perché non ce n'erano. Non potevamo essere istruiti da insegnanti inseriti nella lista nera, perché erano stati licenziati. Non potevamo essere pazienti, clienti o elettori per medici, avvocati o politici inseriti nella lista nera, perché gli era stata negata la possibilità di esercitare la professione. Ancora più fondamentale, il vecchio maccartismo ha messo in pericolo i nostri diritti costituzionali alla libertà di parola e al giusto processo, che sono i principali protettori della libertà e le barriere contro la tirannia. Il nuovo maccartismo – la cancel culture - minaccia questi diritti. Questo potere è amplificato dalla pervasività e dalla velocità di Internet e dei social media, che sono le armi utilizzate dalla cultura dell'annullamento. L'arma più potente del maccartismo era su privati, aziende, istituzioni educative e media dell'epoca. Una volta che una persona veniva etichettata come comunista, quella persona veniva cancellata. Lui o lei non poteva più partecipare alla vita pubblica in America. Il City College, a Manhattan, era un focolaio di radicalismo e attivismo politico. Un giorno ci fu una manifestazione comunista e la polizia entrò per scioglierla. Un poliziotto ha colpito un manifestante alla testa. Il manifestante ha gridato: ‘Non picchiarmi. Sono un anticomunista’. Il poliziotto gli ha detto: ‘Non mi interessa che tipo di comunista sei’ e ha continuato a picchiarlo. Qualsiasi associazione con la parola comunista era sufficiente per cancellare, distruggere, diffamare ed emarginare la persona associata a quel termine.
Lo stesso vale per la cancel culture. Una semplice accusa di razzismo, sessismo, omofobia, pregiudizi anti-musulmani o incapacità di sostenere Black Lives Matter o il movimento #MeToo sono sufficienti per cancellare una persona innocente.
“Il nuovo antirazzismo è una religione razzista. Firmato: un prof di colore”Giulio Meotti
19 febbraio 2021
https://meotti.substack.com/p/il-nuovi- ... -religione “Per tutti tranne pochissimi, essere definiti razzisti è così intollerabile oggi che si preferirebbe tollerare qualche dissonanza cognitiva. Questo non avrebbe funzionato altrettanto bene, diciamo, nel 1967. In quell'America, molti bianchi chiamati razzisti da questo tipo di persone, nel bene e nel male, avrebbero semplicemente risposto con ‘Vaffanculo!’”.
È il libro che sta scrivendo John McWhorter, intellettuale afroamericano e linguista docente alla Columbia University, che nella sua newsletter anticipa i contenuti del suo prossimo libro sull’antirazzismo come religione. “The elect”, questo il titolo. Non capita tutti i giorni che ad attaccare gli antirazzisti sia una personalità di colore, per questo la critica di McWhorter è tanto più rara e merita di essere conosciuta al pubblico italiano.
“Si può dividere l'antirazzismo in tre ondate. La prima ha combattuto la schiavitù e la segregazione. La seconda, negli anni '70 e '80, ha combattuto atteggiamenti razzisti e ha insegnato all'America che essere razzisti era un difetto. La terza, diventando mainstream negli anni 2010, insegna che il razzismo è radicato nella struttura della società, quindi la ‘complicità’ dei bianchi. Questa terza ondata di antirazzisti è una religione e ha riorganizzato la definizione di razzismo dall'essere un'accusa onesta e utile a un randello retorico (…) I consigli scolastici di tutto il paese stanno costringendo insegnanti e amministratori a sprecare tempo in infusioni ‘antirazziste’ che non hanno più senso di qualsiasi cosa proposta durante la Rivoluzione culturale cinese (…) Molti mi vedranno come un traditore nello scrivere questo libro in quanto persona di colore. La terza ondata antirazzista sfrutta la paura degli americani di essere ritenuti razzisti per promulgare non solo l'antirazzismo, ma un tipo ossessivo, totalitario e assolutamente inutile di riprogrammazione culturale (…) Non sto attaccando la sinistra. Sto attaccano un particolare ceppo della sinistra che è arrivato ad esercitare una grave influenza sulle istituzioni americane, al punto che stiamo iniziando ad accettare come normali i tipi di linguaggio, politiche e azioni di cui George Orwell aveva scritto come finzione (…) Chiameremo queste persone ‘gli Eletti’. Nel 1500 si trattava di non essere abbastanza cristiani. Nel 2020 si tratta di non essere sufficientemente antirazzisti. Non vedono che anche loro stanno perseguitando le persone per non aderire alla loro religione. Ma come la maggior parte di noi può vedere, c'è una differenza tra l'essere antirazzista e l'essere antirazzista in modo religioso, fingendo che l'America non faccia mai alcun reale progresso e privatamente quasi sperando che non lo faccia, perché li priverebbe di uno scopo”.
Via il razzista William Gladstone"Giulio Meotti
11 marzo 2021
https://meotti.substack.com/p/via-il-ra ... -gladstoneL'Università di Liverpool sbattezza la Gladstone Hall dopo che gli studenti si erano battuti per la sua rimozione. La “colpa” di William Gladstone, che diede forma al partito liberale inglese e che fu per quattro volte primo ministro? Avere un padre che possedeva schiavi nel XIX secolo. La decisione di cambiare il nome dell'edificio segue le proteste di Black Lives Matter. Cosa hanno in comune tutti questi politici, filantropi, militari e filosofi inglesi che cadono da oltre un anno, dai nomi delle strade, dalle biblioteche, dalle statue?
Dagli Stati Uniti è partita una campagna ultra progressista e fanatica contro la famiglia reale inglese. L’intervista a Meghan Markle, dove accusa la monarchia di razzismo, non era materia di gossip. Era molto di più. Ogni giorno ci sono editoriali e articoli sul New York Times contro i Windsor, come “Abbasso la monarchia inglese”. E poi “la fantasia post-razziale della famiglia reale” (CNN), “la problematica storia con la razza della monarchia” (TIME), “il razzismo nella famiglia reale non deve sorprenderci” (Huffington) e via dicendo. Elenco infinito.
La filosofa francese Simone Weil, morta di tubercolosi nel Kent nel 1943, scrisse che la Gran Bretagna era eccezionale tra le potenze europee nel mantenere “l’antica tradizione di libertà garantita dalle autorità”. Il compianto filosofo Roger Scruton ha descritto la monarchia come “la luce sopra la politica che risplende sul trambusto umano da una sfera più calma”. Il paradosso della monarchia è evidente nell'incoronazione. La regina è unta alla presenza di Dio e giura solennemente di obbedire ai rappresentanti eletti del popolo. Questo è il cuore della monarchia costituzionale britannica, unica al mondo. Storia, ordine, tradizione, gerarchia, decoro, eredità …Questo incarna la monarchia. Sono concetti da smantellare.
“Un giornalista francese una volta mi ha detto che la monarchia è stata una delle cose che hanno salvato la Gran Bretagna dal fascismo” scriveva George Orwell. “Quello che voleva dire era che le persone non possono, a quanto pare, andare d'accordo senza tamburi, bandiere e sfilate, e che è meglio che leghino il loro culto a una figura che non ha un vero potere. In una dittatura il potere e la gloria appartengono alla stessa persona. In Inghilterra il vero potere appartiene a uomini poco attraenti in bombetta. In ogni caso è possibile che mentre esiste questa divisione di funzioni un Hitler o uno Stalin non possano salire al potere. Nel complesso, i paesi europei che hanno evitato con maggior successo il fascismo sono state le monarchie costituzionali (…) In un'epoca come la nostra penso che la monarchia faccia molto meno male dell'esistenza della nostra cosiddetta aristocrazia”.
La monarchia oggi definisce il Regno Unito in tutto il mondo, per giunta dopo la Brexit e l’uscita dall’Unione Europea. E’ la grande istituzione che lega il passato, il presente e il futuro. Per questo è intollerabile agli occhi di chi vuole fare tabula rasa dei primi due e costruire un futuro distopico fatto di razze contrapposte.
Il prossimo obiettivo della "cancel culture" è George WashingtonRoberto Vivaldelli
16 marzo 2021
https://it.insideover.com/societa/georg ... lture.htmlLa guerra identitaria avviata dalla cancel culture progressista, il movimento che vuole cancellare e riscrivere la storia, si prepara a mettere nel mirino della sua folle battaglia ideologica George Washington. Il presidente della Convenzione costituzionale di Filadelfia (1787) e primo presidente eletto degli Stati Uniti d’America (1789) è già stato messo in discussione dalla furia iconoclasta che vuole cancellare la storia. Come riporta la rivista The National Interest, l’eredità politica e culturale di George Washington è stata messa in discussione dal San Francisco School Board, che alla fine dello scorso anno ha annunciato che avrebbe cambiato i nomi di quarantaquattro scuole del rispettivo distretto ritenuti “offensivi” e non al passo con i tempi. A farne le spese Abraham Lincoln, Paul Revere e George Washington, la cui eredità è stata definita “disonorevole”.
Il politicamente corretto colpisce i padri fondatori
George Washington, infatti, è una delle dozzine di personaggi storici che, secondo il comitato del distretto scolastico di San Francisco, hanno vissuto una vita così macchiata di “razzismo, oppressione o violazioni dei diritti umani”, da non meritare di avere il proprio nome su un edificio scolastico. “Lo sradicamento dei nomi e dei simboli problematici che attualmente ingombrano edifici, strade, in tutta la città è uno sforzo degno”, ha spiegato Jeremiah Jeffries, presidente del comitato e insegnante di prima elementare a San Francisco.
Come nota il San Francisco Chronicle, tuttavia, la storia non è sempre così chiara e limpida. Le persone sono complicate. L’eroismo e il coraggio possono essere oscurati da credenze e comportamenti ritenuti abominevoli al giorno d’oggi se visti attraverso la lente della modernità. E applicare al passato gli standard morali di oggi è spesso sinonimo di fondamentalismo e fanatismo. Lo stesso che anima questa assurda battaglia contro statue e simboli del passato. Contro la stessa storia degli Stati Uniti, in questo caso.
Perché George Washington non è certo un personaggio qualunque: è il primo presidente degli Usa, colui che fu il fautore fondamentale del rafforzamento dei poteri del governo federale. Non solo. Come ricorda l’Enciclopedia Treccani, la sua amministrazione riassestò le finanze pubbliche, favorì la creazione di un sistema bancario nazionale e rafforzò contro i nativi le frontiere occidentali dell’Unione, mentre in politica estera si preoccupò soprattutto di tenere il Paese lontano dai conflitti tra potenze europee. È il padre degli Stati Uniti, e niente e nessuno potrà cancellare questo.
Come siamo arrivati a questo punto?
Com’è possibile che un movimento fanatico e profondamente ignorante come quello della cancel culture riesca a fare breccia, soprattutto negli Stati Uniti e fra i più giovani? Come spiega the National Interest, diverse generazioni di americani sono cresciute con poca conoscenza dell’educazione civica e della storia americana e molti giovani americani hanno imparato la storia attraverso le opere di Howard Zinn. Zinn era uno storico di estrema sinistra il cui famoso libro, A People’s History of the United States (Storia del popolo americano dal 1942 ad oggi), ha creato un’immagine imperfetta e ingannevole della storia americana. Come molti altri storici di estrema sinistra, il mantra delle loro argomentazioni è sempre lo stesso, carico di moralismo posticcio: è tutta colpa dell’Occidente e dell’uomo bianco. E questa visione moralistica e semplicistica fa apparire la storia per quello che non è.
Ad esempio, Zinn ha trasformato Cristoforo Colombo in un mostro genocida che ha gettato le basi per il capitalismo sfruttatore nel Nuovo Mondo. Per questo motivo le statue di Colombo sono state prese di mira dalla cancel culture. In onore di Zinn, infatti, è nato il Zinn Education Project, che promuove nelle scuole una profonda revisione – in senso politicamente corretto, ovviamente – della storia americana. Meno “bianca”, più “meticcia” e secondo i rigorosi dogmi del politically correct.
Quei classici greco-romani fascisti, razzisti, misogini e suprematisti bianchi”Giulio Meotti
14 marzo 2021
https://meotti.substack.com/p/quei-clas ... i-fascisti “Dovremmo bruciare l'eredità greco-romana? Questa assurda domanda non proviene da un visigoto del V secolo, ma dalle migliori università americane del XXI secolo”. A raccontarlo su Le Figaro è Raphaël Doan, saggista e studioso francese, autore di “Quand Rome inventait le populisme”. Il suo articolo è importante, perché fa luce su una nuova ondata di odio per i Classici nelle università americane.
Un professore di Storia romana a Stanford, Dan-el Padilla Peralta, ha detto che gli Studi classici sono fonte di razzismo e suprematismo bianco: “Spero che la materia muoia, e il prima possibile”, ha detto lo studioso. Per un altro professore di Stanford, Ian Morris, “l'antichità classica è un mito fondante euro-americano. Vogliamo davvero questo genere di cose?”. Johanna Hanink, associata di Classici alla Brown University, la disciplina è “un prodotto della supremazia bianca”. Donna Zuckerberg, classicista e fondatrice del sito Eidolon, si chiede se possiamo salvare una “disciplina implicata nel fascismo e nel colonialismo e che continua ad essere collegata alla supremazia bianca e alla misoginia”. In breve, riassume Nadhira Hill, studentessa di dottorato in storia dell'arte e archeologia all'Università del Michigan, "i classici sono tossici".
Uno degli obiettivi di questa ideologia è spezzare la supremazia dei Greci e dei Romani, per sostituirli con lo studio di popoli “invisibili”. Le minoranze. Katherine Blouin, professoressa di Storia romana all'Università di Toronto, ha detto che la conoscenza del Latino costituirebbe un “retaggio coloniale”. L'Università di Wake Forest nel North Carolina ha costretto gli studenti a un corso chiamato “Classics Beyond White”, i classici oltre il suprematismo bianco.
Questo non è il primo attacco subito dagli studi antichi, ma è senza precedenti arrivando dagli studiosi dell'Antichità e per l’ambizione distruttiva, scrive Doan. Eravamo abituati a studiosi come Jean-Pierre Vernant e Paul Veyne, che ci hanno tramandato la grandezza dei Classici. “Ora ci sono specialisti in Antichità, che hanno dedicato la loro vita a questi studi, ma li condannano e desiderano ardentemente vederli bruciare. E ciò che viene inventato nelle università degli Stati Uniti spesso si presenta a noi qualche tempo dopo”.
Alla Columbia la lettura delle “Metamorfosi” di Ovidio è preceduta da un “trigger warning”, un avvertimento agli studenti, perché il grande libro “contiene materiale offensivo e violento che marginalizza le identità degli studenti”. A Oxford lo studio dell’Iliade e dell’Odissea di Omero e dell’Eneide di Virgilio va ridimensionato per facilitare la “diversity” nei litterae humaniores, insegnati da 900 anni. Alla Sorbona, una rappresentazione delle “Supplici” di Eschilo è stata cancellata. In Inghilterra vogliono abbattere la statua dell’Imperatore Costantino. L’Iliade di Omero è stata proibita da un distretto scolastico nel Massachusetts. La logica conclusione? Arrivare a coprire le statue in Campidoglio, come abbiamo fatto in occasione della visita del presidente iraniano Rohani.
Cancel Culture, l'idiozia è il nuovo standard: un favore ai nemici esterni e interni dell'AmericaAtlantico Quotidiano
Rob Piccoli Europeo per nascita, Americano per filosofia
http://www.srpiccoli.eu24 marzo 2021
https://www.atlanticoquotidiano.it/rubr ... llamerica/Non più tardi di cinque o sei anni fa, chi avrebbe mai pensato che le piattaforme dei social media dominanti d’America, come Facebook, Google-YouTube e Twitter, avrebbero attaccato i diritti del Primo Emendamento impegnandosi a mettere a tacere un numero enorme di loro utenti tramite censura, cancellazione e deplatforming? Di tutte le maledizioni che si potevano abbattere sugli Stati Uniti d’America, la censura e la cancel culture sono forse le peggiori.
Ma questi due fenomeni del nostro tempo non avrebbero mai oltrepassato il livello di guardia se non si fossero sommati ad un altro flagello biblico, non meno devastante, un fiume in piena che da qualche mese a questa parte ha rotto tutti gli argini e sta dilagando in tutto il Paese. Ne ha parlato qualche giorno fa, su American Thinker, un tale che utilizza lo pseudonimo A.C. Smith e che ha giustamente ritenuto opportuno ricordarci un film del 2006, Idiocracy, commedia di ambientazione fantascientifica in cui viene rappresentato uno scenario distopico del futuro dove, a causa della maggiore prolificità degli idioti, il livello di intelligenza medio raggiunge livelli talmente bassi da mettere addirittura a rischio la sopravvivenza del genere umano.
Nell’America raffigurata dal film, qualunque cosa somigliasse alla ragione e alla logica era stata del tutto abbandonata. “Nel corso dei decenni i fondamentali erano precipitati così in basso che i contadini annaffiavano i loro raccolti con Gatorade invece che con l’acqua e le persone si comperavano lauree di risulta al supermercato”. Molto divertente, osserva Smith, peccato che in questi ultimi mesi la profezia si sia tragicamente avverata, essendo ormai evidente che non solo il dissenso politico e culturale, ma anche la logica è stata “cancellata”, ed ora osserviamo increduli come, una stupidata dopo l’altra, l’idiozia è diventata il nuovo standard, portandosi dietro nuove regole, convenzioni e persino leggi. “L’idiozia sta diventando necessaria quanto una volta lo era la logica,” e nei grandi dibattiti sui maggiori problemi della nazione la logica non ha più bisogno di essere applicata, al contrario, visto che, oltretutto, è probabilmente “razzista”.
Del resto, la nazione più potente della Terra ha un leader che sempre di più ha l’espressione di uno che sembra chiedere “Dove sono, e cosa diavolo dovrei fare qui?“ Questa è un’assurdità, ok, ma in un’idiocrazia l’assurdità va bene. E quando Biden dice a Nancy Pelosi cose tipo “Whatever you want me to do“ (qualunque cosa tu voglia che io faccia), nessuno, tranne i notiziari conservatori, osa obiettare che è brutto che il leader del mondo libero segnali all’opinione pubblica dell’intero pianeta che lui, Joseph Robinette Biden Jr., detto Joe, in teoria il 46esimo presidente degli Stati Uniti, non è realmente in carica – “nessuno ha eletto Nancy Pelosi alla presidenza l’ultima volta che ho controllato,” annota sarcastico Smith. D’altra parte, “i media mainstream hanno elogiato quasi tutto ciò che Biden fa, ma non sta facendo nulla e tutti fanno finta che questo non abbia importanza,” constata sconsolato l’autore del pezzo.
Ma torniamo al punto dal quale siamo partiti e poniamoci la domanda fondamentale sulla cancel culture (cultura della cancellazione), che, ricordiamolo, è una linea di pensiero che spinge verso l’annichilimento – anche attraverso l’online shaming – di prodotti culturali, ma anche di persone, aziende e istituzioni colpevoli di discriminazione nei confronti di minoranze, etnie, generi, ecc. La domanda è questa: perché la cultura della cancellazione – che pure ha dimostrato ampiamente di essere capace soltanto di dividere e di fomentare l’odio tra gli americani – è così drammaticamente in aumento in America? Perché dopo generazioni e generazioni di americani che hanno considerato sacre le libertà di parola e di associazione, nonché la presunzione di innocenza, adesso molti giovani (ed anche meno giovani) sembrano accettare di buon grado, se non addirittura abbracciare con entusiasmo, queste pratiche censorie e liberticide? La risposta migliore la si ottiene se si individuano innanzitutto i beneficiari del movimento, che sono alcuni nemici esterni degli Stati Uniti, in particolare quelli che vogliono “rifare” il mondo, come il Partito Comunista Cinese e, come suggerisce su American Thinker Scott S. Powell, senior fellow presso il think tank conservatore di Seattle Discovery Institute, le élite associate al World Economic Forum di Klaus Schwab, famoso per i suoi incontri annuali a Davos e per la spinta a realizzare il “Grande Reset”.
A queste forze ostili esterne si uniscono nemici interni che si nascondono tra le élite statunitensi, nei partiti politici, nelle burocrazie governative, nel mondo accademico e aziendale, nonché in gruppi come Black Lives Matter (BLM) e Antifa. “Le élite – spiega Powell – usano questi ultimi gruppi nello stesso modo in cui Hitler usava le camicie brune. BLM e Antifa sono essenzialmente i fanti delle élite usati per fomentare la paura interna e la divisione, oltre che per distruggere il legame della società con il suo passato e persino per far precipitare il Paese in una guerra civile, il che facilita il gioco finale di subordinare gli Stati Uniti al Nuovo Ordine Mondiale voluto dall’élite globale”. Insomma, cancellare e distruggere l’eredità americana è necessario per raggiungere la nuova “Terra promessa”: il Nuovo Ordine Mondiale. Quello che probabilmente (ma non necessariamente) i “nemici interni” ignorano è che la cultura della cancellazione è regressiva, non progressiva.
Il futuro distopico immaginato da George Orwell nel suo “1984”, pubblicato nell’anno che segnò l’inizio del regime comunista di Mao Zedong in Cina, il 1949, si è infine avverato. Orwell non ha usato l’espressione cancel culture, ma ha descritto con precisione come la cosa funziona: “Colui che controlla il passato controlla il futuro [e] colui che controlla il presente controlla il passato”. Interessante, per chi ha voglia di approfondire, la ricostruzione storico-critica di Powell sulle radici marx-leniniste della cultura della cancellazione – non che ci fossero dubbi in proposito, ma sempre meglio essere precisi…
Di certo in America (e in tutto l’Occidente) siamo stati troppo lenti ed esitanti ad affrontare la minaccia comunista dalla Cina. Il PCC, ammonisce Powell, non è solo la nostra più grande minaccia militare all’esterno: in realtà, attraverso i suoi programmi multimiliardari di spionaggio e sovversione industriale, accademica e politica in corso negli Stati Uniti, è anche la nostra più grande minaccia esistenziale.
“Il punto di partenza per proteggere le nostre libertà ed espandere le opportunità in America è rifiutare di accettare o facilitare forze che sono chiaramente associate alla repressione e alla tirannia. Anche quando le nostre fazioni politiche e le differenze rendono difficile costruire un consenso, la prima regola è ‘non fare (farsi) del male’. Quando riconosciamo chiari modelli di pratiche che sono stati parte integrante dei sistemi politici più distruttivi della storia umana, gli americani non possono permettersi di essere ingannati. Non c’è posto negli Stati Uniti per la cultura della cancellazione e per la censura”.
Infine, già che ci siamo, avete mai sentito parlare di Bari Weiss? È la giovane scrittrice che ad un certo punto si è sentita in dovere di dimettersi dal New York Times perché non sopportava il “pensiero di gruppo”, cioè l’indottrinamento progressista che ora pervade quel giornale. Ebbene, è appena uscito un suo saggio sul City Journal, “The Miseducation of America’s Elites”, che vale senz’altro la pena di leggere. Lo stesso tipo di pensiero di gruppo che è stato l’incubo della Weiss si è ormai impadronito anche delle prestigiose scuole superiori private del Paese, ormai prigioniere dell’ideologia della “giustizia sociale”, nelle quali i genitori ricchi stanno versando enormi quantità di denaro col risultato di far indottrinare i figli. Scuole in cui l’idea di mentire per compiacere un insegnante, cosa un tempo normale nell’Unione Sovietica, è ormai la regola. “A Brooklyn – scrive Weiss – un insegnante di discipline scientifico-tecnologiche noto per essere friendly verso gli studenti scettici ha riso quando mi ha riferito dell’ultima assurdità: gli studenti gli hanno detto che la loro lezione di storia aveva un’unità su Beyoncé e si sono sentiti obbligati a dire che amavano la sua musica, anche se non era vero. ‘Ho pensato: non hanno nemmeno diritto alle proprie preferenze musicali’, ha detto. ‘Cosa significa quando non puoi nemmeno dire la verità sulla musica che ti piace?’ Un insegnante di inglese a Los Angeles riconosce tacitamente il problema: chiede alla classe di disattivare i propri video su Zoom e chiede a ogni studente di rendere anonimo il proprio nome in modo che possano avere discussioni disinibite.”
Non esistono dati affidabili di indagine sulla libertà di espressione tra gli studenti delle scuole superiori, ma la scorsa settimana, la Heterodox Academy – un gruppo formato da 4 mila e passa accademici impegnato a contrastare la mancanza di diversità di punti di vista nei campus universitari – ha pubblicato il suo rapporto annuale, basato su un sondaggio sulla libertà di espressione nei campus: è risultato che, nel 2020, il 62 per cento degli studenti universitari intervistati ha convenuto che il clima nel loro campus impedisce agli studenti di dire cose in cui credono.
L’economista austriaco Joseph Schumpeter sosteneva che il capitalismo non cadrà perché non riesce a produrre prosperità, ma piuttosto perché ne produce così tanta da generare una classe di ricchi oziosi con niente di meglio da fare che lamentarsi che la società deve essere abbattuta perché non è perfetta. Il saggio di Bari Weiss conferma in pieno la tesi di Schumpeter, nonché il dato di fatto che l’imbarazzante distopia di Idiocracy è diventata la realtà concreta e tangibile dei nostri giorni. Parafrasando Mao Zedong, “Grande è l’idiozia sotto il cielo. La situazione è indecente”.
“Abbattete Napoleone, suprematista bianco genocida”La statua di Giuseppina, moglie di Napoleone, decapitata a Fort-de-France
Giulio Meotti
20 marzo 2021
https://meotti.substack.com/p/abbattete ... prematista “Dopo un anno in cui le statue di schiavisti e colonizzatori sono state rovesciate, deturpate o abbattute in tutta Europa e negli Stati Uniti, la Francia ha deciso di muoversi nella direzione opposta”. Scrive così sul New York Times l’accademica Marlene Daut. “Sta per commemorare il più grande tiranno francese, un'icona della supremazia bianca, Napoleone Bonaparte, morto 200 anni fa sull'isola di Sant'Elena”. Daut spiega che, “come donna nera di origine haitiana e studiosa del colonialismo francese, trovo particolarmente irritante vedere che la Francia intende celebrare l'uomo che ha restaurato la schiavitù nei Caraibi francesi, un architetto del genocidio moderno”.
A Fort-de-France, in Martinica, attivisti del Black Lives Matter hanno tirato giù un cartello stradale con il nome di Victor Hugo, prima di bruciarlo. “Se Victor Hugo è indegno, nessuno è degno”, ha detto la Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo. La statua di Giuseppina, moglie di Napoleone, è stata decapitata. Stessa sorte per il monumento a Victor Schoelcher, il legislatore francese che abolì la schiavitù.
“Napoleone era, nel bene e nel male, un uomo bianco; non era vegano, non divideva la spazzatura” commenta ironico Michel de Jaeghere, direttore del Figaro Histoire. “Vogliono imporci i canoni della loro nuova moralità decretando ciò che ha diritto o meno alla nostra ammirazione. Ciò che li affligge, in Napoleone, non sono le vere o presunte debolezze del suo regno, è l'aver illustrato in modo brillante questo ‘mondo di prima’ di cui intendono farci vergognare. La risposta che daremo ai suoi accusatori testimonierà il nostro desiderio di continuare l'avventura, o la nostra rassegnazione di uscire confusi dalla storia”.
In Francia la sinistra militante che si abbevera al New York Times ci sta provando. Se il sindaco di Rouen vuole sostituire la statua di Napoleone con una donna, il ministro dell’Uguaglianza Elisabeth Moreno lo definisce “uno dei più grandi misogini della storia”. Ma se non va bene Napoleone, come commemorare tutti gli altri, si chiede l’editrice Teresa Cremisi sul Journal du dimanche: “È il momento di celebrare Voltaire? Figurarsi, un islamofobo e antisemita. Rousseau? Impossibile, abbandonò i figli. Richelieu? Un traditore nato. Baudelaire? Un drogato misogino e depresso. C'è da domandarsi se almeno Santa Teresa di Lisieux potrebbe sfuggire al cattivo umore dei nostri contemporanei”.