L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:32 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:33 pm

Questo articolo, sulla morte dell'etiope Agitu Ideo Gudeta è l'esempio più condensato e significativo della manipolazione e delle menzogne propalate sul caso.


Perché anche definire Agitu Gudeta “simbolo di integrazione” è razzismo
Annalisa Girardi
31 dicembre 2020

https://www.fanpage.it/politica/perche- ... -razzismo/

Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa due giorni fa. È stata trovata morta nella sua casa a Frassilongo, in provincia di Trento, dove si era trasferita dall'Etiopia. Nelle ultime 48 ore i media hanno dedicato moltissima attenzione all'omicidio e una parola ricorrente che è stata usata, che però non si capisce bene cosa c'entri con la violenza che ha messo fine alla vita di Agitu Ideo Gudeta, è stata "integrazione". Ma perché? Se la sua storia fosse stata diversa, la sua vita avrebbe forse avuto meno valore? I lettori avrebbero forse dovuto dispiacersi meno per la sua morte?

Il racconto della morte di Agitu Ideo Gudeta trasuda razzismo

Le parole usate per raccontare l'omicidio di Agitu Ideo Gudeta trasudano razzismo. E ci mostrano come i media italiani siano lo specchio di una cultura intrinsecamente xenofoba, incapace di raccontare storie come quella di Agitu Ideo Gudeta, della sua vita tanto quanto della sua morte, se non in maniera fuorviante. Sottolineando che in Italia una donna come lei sarà sempre etichettata come una migrante. Perché in fondo, definirla un "modello di integrazione", è solo un altro modo per ricordare che lei non fosse italiana. Ma che, nonostante questo, potesse essere un esempio. I giornali, in queste ore, hanno semplicemente alimentato la retorica del "deserving migrant", evidenziando come siamo ancora anni luce dall'essere veramente un Paese accogliente, solidale e libero dal razzismo.

La sua non è solo una storia di migrazione

Agitu Ideo Gudeta era già stata in Italia prima di stabilirsi a Frassilongo e fondare la sua attività. Aveva infatti studiato alla facoltà di Sociologia a Trento, per poi decidere di tornare nella sua città natale, Addis Abeba, dove aveva denunciato le politiche di land grabbing, cioè l'appropriazione di terre da parte di multinazionali o governi stranieri senza il consenso delle comunità che le abitano. Nel suo Paese aveva ricevuto minacce ed era stata costretta a fuggire. Era quindi tornata in Italia, in Trentino, dove aveva iniziato la sua attività come allevatrice di capre di razza mochena, una specie autoctona a rischio estinzione, recuperando allo stesso tempo terreni abbandonati. Aveva anche aperto una bottega nel centro di Trento, la Capra Felice. Anche qui, tuttavia, aveva ricevuto minacce per il colore della sua pelle. Che però non sono state riconosciute come tali, perché in Italia è ancora facile fare finta che il razzismo non esista. Due anni fa, infatti, un vicino di casa è stato condannato a 9 mesi per lesioni dopo averla aggredita, ma sono cadute le accuse per stalking e l'aggravante dell'odio razziale, avanzate dal pm.

Basta con la retorica del deserving migrant

Oggi però non sentiamo parlare di Agitu Ideo Gudeta come imprenditrice, come simbolo di emancipazione per le donne, come allevatrice ambientalista. Tutto viene in secondo piano rispetto al suo essere un'immigrata. Raccontare la sua vita sotto la definizione di "esempio di integrazione" è l'ennesima affermazione del razzismo in questo Paese. Se fosse stata "solamente" una donna arrivata dall'Africa, magari su un barcone, in fuga da violenza e discriminazione, la sua morte sarebbe stata meno grave? Perché è questo che suggerisce una retorica che ancora una volta separa tra i migranti buoni, ben integrati e protagonisti di storie eroiche, e quelli cattivi. Quelli che uccidono e stuprano, proprio come il suo presunto assassino.

Parlare di Agitu Ideo Gudeta come dell'eccezione alla regola non le fa onore. Svilisce anzi la sua memoria. Perché il fatto che fosse "perfettamente integrata" non c'entra nulla con il suo valore. Che è dato da ben altro, come ci racconta la sua storia. Ma una persona come Agitu Ideo Gudeta in Italia resterà sempre una migrante. Certo, ben integrata, ma una migrante.


Gino Quarelo
1)
Intanto non è proprio del tutto vero che questa donna sia stato un buon esempio di integrazione, al contrario del caso di Toni Iwobi questi ottimo esempio.
All'anagrafe Tony Chike Iwobi (Gusau, 26 aprile 1955), è un politico nigeriano naturalizzato italiano, primo eletto di origine africana al Senato della Repubblica nel partrito della Lega.
https://it.wikipedia.org/wiki/Toni_Iwobi
Agitu Ideo Gudeta come molti migranti/rifugianti/asilanti clandestini o regolari, manipolati dai demo sinistri, non aveva un grande rispetto per i cittadini italiani, in fatti non riconosceva loro il diritto/dovere umano, civile e politico di contrastare l'invasione criminale.
Lei, ospite nella terra altrui si permetteva la demenzialità di dare del razzista agli italiani che difendono il loro paese e che si oppongono ad una scriteriata, indiscriminata e demenziale invasione.

2)
La violenza criminale e disumana che ha posto fine alla sua vita non è una violenza comune magari semplicemente e genericamente maschile, essa è arrivata da un'altro africano anch'esso migrante, forse giunto clandestino in Italia e che lei si era portato irresponsabilmente in casa.
Sperimentando sulla sua pelle la demenzialità di questa accoglienza scriteriata e indiscriminata.
Che lei e tutti quelli come lei vorrebbe farci subire, imporci anche con la forza e la violenza.

3)
Non vi è nulla di razzista nel chiamarla migrante o straniera come anche per il suo assassino, perché
questa donna era di fatto una straniera, una migrante che mi pare ancora non avesse la cittadinanza italiana come lo era il suo assassino; e non vi è nulla di disumano e di irrispettabile nell'essere un migrante regolare e rispettoso ma vi è altresì tutto di irrispettabile nell'essere un criminale clandestino che viola la sovranità degli altri paesi, che entra di frodo, che sfrutta ignobilmente le leggi sul soccorso in mare e sull'asilo politico e umanitario.
Non vi è alcuna civiltà nell'accogliere irresponsabilmente e demenzialmente, indiscriminatamente e scriteriatamente chichessia a prescindere dalla sua certicazione di buona umanità, dalla sua compatibilità cuturale, dalle dalle ragioni della migrazione, dalle sue possibilità economiche e di quelle di chi dovrebbe accogliere e ospitare. Non esiste il diritto umano a violare la casa e i paesi altrui.

4)
Non è vero che questa straniera insediatasi in valle dei Mocheni fosse stata oggetto di aggressioni razziste da parte di un residente trentino e mocheno suo vicino di casa, infatti nel dibattimento di I grado il giudice ha emesso una sentenza di condanna per sole lesioni lievi e non per stalking con l’aggravante dell’odio razziale.
Il processo probabilmente è ancora in corso con la fase di appello.
Il vicino di casa, condannato nella sentenza di primo grado, pare si lamentasse perché le capre della donna danneggiavano la sua proprietà, sarebbe interessante approfondire la questione per verificare la cosa.
In Etiopia la pastora si lamentava che non venivano rispettate le terre a pascolo dei pastori locali, vediamo se anche lei faceva altrettanto con le proprietà degli italiani trentini dove aveva trovato ospitalità, sarebbe veramente il colmo.


Minacce e lesioni alla pastora Condannato a 9 mesi
27 gennaio 2020

https://www.ladige.it/news/cronaca/2020 ... ato-9-mesi

Nove mesi di reclusione per il reato di lesioni, 50 euro di multa e un risarcimento danni di 2.000 euro, più 3.500 euro di spese legali, con eventuale sospensione condizionale della pena legata alla rifusione effettiva del danno. Questa la sentenza pronunciata dal giudice Elena Farhat nei confronti di un 54enne residente a Frassilongo, finito a processo a Trento con l’accusa di aver aggredito e compiuto atti persecutori, con l’aggravante dell’odio razziale, nei confronti di Agitu Ideo Gudeta, allevatrice etiope che proprio in val dei Mocheni, nella proprietà vicina a quella dell’imputato, porta avanti la sua azienda agricola «La capra felice».

La giudice ha dunque riconosciuto il reato di lesioni per un episodio, documentato da un referto, mentre è caduta l’accusa di stalking e l’aggravante dell’odio razziale. Al termine della requisitoria, stamane, il pubblico ministero Maria Colpani aveva chiesto una condanna a un anno di reclusione, con il riconoscimento dell’aggravante, mentre la parte civile - rappresentata dall’avvocatessa Elena Biaggioni - aveva chiesto una provvisionale da 15.000 euro e un risarcimento di 50.000 euro da liquidare all’allevatrice.

L’uomo era accusato di aver preso di mira la donna con un’escalation di insulti, frasi razziste e minacce contro di lei e contro i suoi animali, culminati in un’aggressione fisica documentata con lo smartphone, che l’allevatrice denunciò nell’estate del 2018 ai carabinieri e a seguito della quale scattò la misura degli arresti domiciliari, commutati dopo 7 mesi in un divieto di avvicinamento. Fatti e parole che l’uomo - difeso dall’avvocato Claudio Tasin - ha sempre negato, pur ammettendo che ci fossero stati dei diverbi legati, in particolare, ad alcuni danni arrecati dal gregge di capre nella sua proprietà.

Litigi per i pascoli e tra confinanti, il razzismo non c'entra nulla o meglio è possibile che se vi è stato del razzismo sia stata più lei ad avere comportamenti discriminatori, aprofittando della benevolenza e della troppa tolleranza riservata agli stranieri a discapito dei diritti degli indigeni locali:

Finisce a roncolate una lite per il pascolo
https://www.lanuovasardegna.it/nuoro/cr ... 1.17329558


Art. 86.
Esercizio e limitazione del pascolo

https://www.gazzettaufficiale.it/atto/r ... Articolo=1

1. Il pascolo nei boschi e negli altri terreni sottoposti a
vincolo idrogeologico e' liberamente esercitabile, ad eccezione dei
casi di cui al comma 2, purche' effettuato nel rispetto dei divieti e
delle disposizioni tecniche del presente articolo.
2. Sono soggetti a dichiarazione:
a) il pascolo delle capre in bosco;
b) l'allevamento di selvaggina ungulata o di suini nei boschi
recintati.
3. Nella dichiarazione di cui al comma 2, da presentare alla
comunita' montana nei territori di propria competenza e alla
provincia nei restanti territori, devono essere indicate le aree di
pascolo, il numero dei capi allevati, le caratteristiche del
soprassuolo e le modalita' di esercizio del pascolo.
4. Le specie ed il numero di animali da immettere al pascolo e le
modalita' dello stesso devono essere commisurati alla effettiva
possibilita' di pascolo ed in modo da evitare danni ai boschi, ai
pascoli ed ai suoli.
5. Nei boschi cedui dopo il taglio di ceduazione e' vietato il
pascolo degli animali ovini e suini prima che i polloni abbiano
raggiunto l'altezza media di 2 metri e quello degli altri animali
prima che gli stessi polloni abbiano raggiunto l'altezza media di 4
metri.
6. Nelle fustaie coetanee e' vietato il pascolo dall'anno in cui
ha inizio il periodo di rinnovazione naturale od artificiale fino a
quando la rinnovazione stessa non abbia raggiunto l'altezza media di
2 metri per il pascolo di ovini o di suini e di 4 metri per il
pascolo di altri animali.
7. Nelle fustaie disetanee il pascolo e' vietato.
...


Nell'agosto del 2018 la donna aveva ricevuto minacce ed aggressioni a sfondo razziale.

Il 27 gennaio scorso l'uomo che si era reso colpevole degli atti persecutori e lesioni - C. C., 54 anni residente a Frassilongo nella proprietà accanto a quella di Agitu - era stato condannato dal Tribunale di Trento a nove mesi di reclusione per il reato di lesioni.

La giudice Elena Farhat aveva condannato l'uomo per il reato di lesioni a seguito di un fatto documentato con referto derubricando l'accusa di stalking e soprattutto l'aggravante dell'odio razziale.

Nel giugno scorso in piena crisi economica causata dalla pandemia di Covid-19, Agitu Ideo Gudeta aveva aperto in piazza Venezia a Trento la prima 'Bottega della Capra Felice'.

In quell'occasione la pastora disse, "non dobbiamo fermarci, con i sogni costruiamo il nostro futuro". All'interno del negozio oltre a trovare ortaggi, formaggi, uova e anche prodotti di cosmesi, i clienti possono godere anche di un angolo lettura e del caffè etiope.



I giornali locali del Trentino hanno fatto notare che in passato Gudeta era stata perseguitata da uno dei suoi vicini, che nel gennaio del 2020 è stato condannato a nove mesi di carcere per lesioni a causa di un’aggressione – preceduta da diversi altri episodi sgradevoli – avvenuta nel 2018. L’avvocato di Gudeta aveva chiesto di includere nella condanna anche i reati di stalking e di considerare l’aggravante razziale, ma il giudice respinse la richiesta. Al momento comunque non c’è alcun elemento che collega l’uomo alla morte di Gudeta, e fonti investigative hanno detto al Dolomiti che «tendono ad escludere» un suo coinvolgimento.




Il capodanno dei radical chic: così s'inventano omicidi razzisti
Giuseppe De Lorenzo
1 gennaio 2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 13548.html

Il caso di Agitu Ideo Gudeta, rifugiata uccisa a martellate in Trentino, rivela il tic di cercare sempre la pista razzista

Avevo pensato di dedicare il primo appuntamento del 2021 di questa rubrica ad una classifica dei peggiori esempi di chiccismo dell’ultimo anno.

Poi è successa quell’immane tragedia di Frassilongo dove è stata uccisa una signora etiope, simbolo di accoglienza e integrazione. Agitu Ideo Gudeta aveva creato un allevamento, vendeva formaggio di capra, aiutava i migranti. Aveva pure subito minacce razziste. Il suo decesso è un orrore, come tutti i delitti. Ma la reazione alla notizia della sua morte riassume non pochi tic radical chic che vale la pena raccontare.

Non appena si scopre che il corpo di Gudeta è stato ritrovato esanime nella sua casa in Trentino il pensiero, e il racconto senza conferme, si concentra sulle “minacce razziste” denunciate dalla 43enne etiope in passato. L’occasione è ghiotta: muore una donna, rifugiata, imprenditrice vittima di attacchi xenofobi e pure “pastora” (con la “a” finale di ordinanza radical). Gli ingredienti ci sono tutti per cavalcare la vicenda politicamente. Torniamo all’articolo pubblicato mercoledì da Repubblica, oracolo dei radical chic. Il problema della donna, racconta il quotidiano, negli ultimi due anni erano diventati i vicini: “Mi insultano, mi chiamano brutta negra, dicono che me ne devo andare e che questo non è il mio posto”, aveva denunciato ai carabinieri. Il tribunale si era espresso e aveva condannato un uomo del posto a 9 mesi per lesioni. Il signore in questione, che ha sempre negato pregiudizi razzisti, subito dopo l’omicidio ha pensato giustamente di schivare eventuali accuse: con la sua morte non c’entro nulla, “nonostante la mia personale esperienza”. I carabinieri in effetti di certezze sulla matrice dell’assassinio non ne hanno. Ma Repubblica titola: “Uccisa la rifugiata icona d’integrazione: aveva denunciato le minacce razziste”. Come a dire: sento puzza di crimine xenofobo.

Anche Mimma Dardano, capogruppo della lista Nardella al Comune di Firenze, interpreta a suo modo i contorni della vicenda. E su Facebook si lascia andare ad un lungo sfogo: “Gesti ignobili si consumano nel nostro paese ‘libero’ e ‘democratico’, dove l’inclusione e il colore della pelle fanno ancora paura - scrive - Agitu era una imprenditrice di successo ma era nera e questo in una delle tante regioni italiane dove, grazie ad una politica di intolleranza delle destre e della Lega, per qualcuno non era ammissibile”. Il messaggio è chiaro: colpa del (presunto) razzismo destroide. E invece?

E invece l’assassino reo confesso della proprietaria de “La capra felice” è un ghanese. Sbarcato in Italia nel 2015, Adams Suleimani, 32 anni, era stato assunto da Gudeta come pastore. Un lavoro, un alloggio dove vivere, uno stipendio. Mica male. Per colpa di una mensilità pagata in ritardo, però, l’immigrato l’ha colpita a martellate e poi ha abusato di lei mentre agonizzava a terra. In meno di 24 ore crolla così la pista xenofoba. Repubblica lo deve ammettere, quasi dispiaciuta per l’epilogo di quella che “poteva sembrare una storia di razzismo” ed è “in realtà un femminicidio”. Capito? Pure la Dardano, alla fine, si è dovuta scusare usando la classica formula del sono stata “evidentemente fraintesa”. Ma tant’è: storia già vista.

Il tic radical chic di cercare sempre il movente xenofobo, infatti, non nasce con l’orribile morte di Gudeta. Ricordate le uova lanciate addosso all’atleta italiana di colore? Si parlò per giorni di un Paese incattivito e prossimo alle leggi fascistissime (al Viminale c’era Salvini), accecato dall’odio e dal razzismo di stampo leghista, e invece a prendere di mira la giovane Daisy Osakue erano stati tre scemotti capitanati dal figlio di un esponente Pd. Niente uova razziste allora così come non c’è alcun assassino xenofobo oggi. I radical chic se ne dovranno fare una ragione. E magari aspettare un po’ prima di puntare il ditino. Intanto auguriamo buon anno pure a loro.





5)
Non è vero, come falsamente scrive l'articolo che le multinazinali e i governi stranieri si approppriavano delle terre locali delle comunità etiopi, ecco cosa scrive il demenziale articolo:
"Agitu Ideo Gudeta era già stata in Italia prima di stabilirsi a Frassilongo e fondare la sua attività. Aveva infatti studiato alla facoltà di Sociologia a Trento, per poi decidere di tornare nella sua città natale, Addis Abeba, dove aveva denunciato le politiche di land grabbing, cioè l'appropriazione di terre da parte di multinazionali o governi stranieri senza il consenso delle comunità che le abitano. Nel suo Paese aveva ricevuto minacce ed era stata costretta a fuggire. Era quindi tornata in Italia, in Trentino, dove aveva iniziato la sua attività come allevatrice di capre di razza mochena, una specie autoctona a rischio estinzione, recuperando allo stesso tempo terreni abbandonati."


Gino Quarelo

L'Etiopia è un paese a regime sinistro, una dittatura oligarchica social comunista e non è certo in mano alle cattive multinazionali che rubano la terra ai poveri e buoni africani.
La terra etiope è espropriata dai social comunisti etiopi, dal loro regime che per farla fruttare meglio la danno in concessione o l'affittano a buon prezzo a multinazionali di tutto il mondo specialmente cinesi e indiane che la sfruttano per produrre cibo principalmente per le loro enormi popolazioni; e queste attività economiche danno lavoro anche agli etiopi, certamente i piccoli proprietari etiopi come i kulaki ucraini non amano l'esproprio collettivista e la sua pianificazione economica e nemmeno i pastori di vacche e di capre i cui pascoli sono espropriati dallo stato etiope e non dalle multinazionali che sono di tutto il mondo anche cinesi e indiane.


Land grabbing
https://it.wikipedia.org/wiki/Land_grabbing

Il land grabbing, in italiano accaparramento di terra, è un discusso fenomeno economico e geopolitico di acquisizione di terreni agricoli su scala globale, venuto alla ribalta nel primo decennio del XXI secolo.

La questione che tale fenomeno solleva riguarda gli effetti di tali pratiche di acquisizione su larga scala nei paesi in via di sviluppo, che si realizzano mediante affitto, o acquisto, di grandi estensioni agrarie da parte di imprese transnazionali, governi stranieri, o singoli soggetti privati. Sebbene il ricorso a simili pratiche sia stato assai diffuso nel corso della storia umana, il fenomeno ha assunto una particolare rilevanza e connotazione a partire dagli anni 2007-2008, quando l'acquisizione di terre è stata stimolata e guidata dagli effetti della crisi dei prezzi agricoli registratasi in quegli anni e dalla conseguente volontà, da parte di alcuni paesi, di assicurarsi la disponibilità di approvvigionamenti e di proprie riserve alimentari al fine di tutelare interessi nazionali alla sovranità e alla sicurezza nel campo dell'approvvigionamento alimentare.

Il fenomeno del land grabbing non è negativo in sé, dal momento che può essere portatore tanto di buone opportunità per i paesi destinatari del fenomeno quanto di rischi: da un lato, le acquisizioni possono garantire un'iniezione di preziose risorse per investimenti, in realtà economiche in cui queste ultime sono necessarie ma scarseggiano; d'altro canto, esiste il rischio concreto che le popolazioni locali possano perdere potere di controllo e di accesso sulle terre cedute e sulle risorse naturali collegate alla terra e ai suoli, come, ad esempio, l'acqua[1]. Risulta cruciale, pertanto, assicurare che le acquisizioni siano realizzate in modo da minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità di crescita e sviluppo economico. Una delle condizioni sfavorevoli da rimuovere è stata individuata, da ricercatori della Banca Mondiale, nella detenzione privata di terre, da parte di comunità locali, sulla base di titoli di proprietà informali e non certi, una condizione giuridica precaria che incide in modo negativo sulla valutazione degli appezzamenti come capitale produttivo.

L'attenzione mediatica sul fenomeno insiste spesso sul ruolo della Cina quale principale motore del fenomeno economico: tuttavia, i dati disponibili negli anni 2010 indicano gli Stati Uniti d'America e il Regno Unito come i protagonisti di maggior rilievo nella campagna di acquisizioni transnazionali di fondi agricoli.

La crisi dei prezzi agricoli verificatasi negli anni dal 2007 in poi ha posto l'accento sul problema della sicurezza alimentare nei paesi sviluppati e, al contempo, ha messo in evidenza nuove opportunità economiche per investitori e speculatori nel campo agricolo, determinando un picco notevole negli investimenti agricoli su larga scala nel Sud del mondo, soprattutto stranieri, allo scopo di produrre cibo e biocarburanti.

All'inizio, gli investitori e alcuni paesi sviluppati salutarono il fenomeno come una nuova opportunità per lo sviluppo agricolo, ma, in seguito, l'acquisizione massiccia ha raccolto una serie di critiche da parte di vari soggetti della società civile, da governi, e da soggetti multinazionali, organizzazioni non governative, per il fardello di impatti negativi che, a loro dire, peserebbero sulle comunità locali.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:34 pm

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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:35 pm

E davano colpa alla Lega e ai suoi leghisti razzisti per aver fomentato l'odio xenofo contro gli stranieri e i migranti e causato la sua morte, ma come si è visto l'omicidio è stato opera di un africano nero migrante, clandestino e nazi maomettano che dopo averla presa a martellate e ridotta in fin di vita l'ha anche violentata mentre stava morendo.
E lei questa donna, questa falsa icona del migrante integrato era in realtà una donna razzista che non aveva rispetto per i nostri diritti e doveri umani, civili e politici di abitanti di questa terra, diritto/dovere come quello di difendere la nostra casa, la nostra proprietà, il nostro paese, i suoi confini e le nostre risorse private e pubbliche da chi le vorrebbe rubare, estorcere e sperperare a nostro danno.
Questa donna straniera non aveva rispetto per il suo vicino di casa che è stato costretto a difendersi dalle sue capre che gli danneggiavano la proprietà, e che il giorno di natale ha avuto la demenza di augurare Buon Natale a tutti i migranti (a quelli che arrivano da nord, da sud e da ogni dove) ma a noi che siamo gli abitanti autoctoni i legittimi proprietari di questa terra NO, nessun saluto e nessun augurio di natale; per questa donna noi non esistiamo valiamo meno delle sue capre.


La gaffe della capogruppo di Nardella: "Omicidio Gudeta? Colpa della Lega"
Elena Barlozzari
31 dicembre 2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 13588.html

Omicidio Gudeta, Mimma Dardano, capogruppo della lista Nardella al Comune di Firenze chiama in causa "la politica di intolleranza delle destre e della Lega" ma l'omicida è un ghanese. Salvini: "Questa è la sinistra"

Il mistero del delitto di Agitu Ideo Gudeta per qualcuno era una trama già scritta.

Ancor prima che gli investigatori dessero un nome e un volto al suo omicida c’è chi aveva già risolto il caso. Subito dopo la scoperta del corpo senza vita dell’imprenditrice, d’altronde, le ricostruzioni giornalistiche puntavano tutte nella stessa direzione: quella dell’odio razziale.

Per saltare alle conclusioni è bastato inserire il suo nome nel motore di ricerca. Scoprendo così che due anni fa era stata insultata, minacciata e persino aggredita per ragioni squisitamente razziali. È vero, la donna simbolo dell’integrazione gentile non piaceva a tutti, ma stavolta l’intolleranza non c’entra. E non c’entra neppure la Lega. Già, la Lega. A tirarla in ballo è stata Mimma Dardano, capogruppo della lista Nardella al Comune di Firenze.

In un post Facebook pubblicato il giorno successivo al ritrovamento del cadavere la consigliera emette il suo verdetto. Il movente è sicuramente da ricercare nel colore della pelle della vittima: “Mentre siamo distratti dalla domanda: cosa farai il giorno di Capodanno? – scrive la capogruppo – gesti ignobili si consumano nel nostro Paese "libero" e "democratico", dove l’inclusione e il colore della pelle fanno ancora paura”.

Cosa c’entra la Lega? La Dardano lo spiega qualche riga dopo: “Agitu era un’imprenditrice di successo, ma era nera e questo in una delle tante regioni italiane dove, grazie ad una politica di intolleranza delle destre e della Lega, per qualcuno non era ammissibile”. Insomma, la nardelliana sembra suggerire che ad armare idealmente la mano dell’assassino siano stati proprio i sovranisti.

Qualche ora dopo il giallo viene risolto e le congetture della Dardano si rivelano errate. L’omicida è un pastore ghanese che lavora alle dipendenze di Agitu, si chiama Adams Suleiman ed ha agito per questioni di denaro. Nel frattempo il j’accuse della consigliera è arrivato all’orecchio di Matteo Salvini. “La capogruppo della lista Nardella – scrive sui social il leader del Carroccio – aveva già messo la Lega e il "razzismo" sul banco degli imputati per l’orribile omicidio di Agitu Gudeta, questa è la sinistra”.

Del post incriminato adesso non c’è più traccia. Al suo posto ce n’è un altro dove la nardelliana prova a correggere il tiro. “La mia posizione è stata evidentemente fraintesa (…) non era certo mia intenzione individuare alcun mandante dell’omicidio, questo – chiarisce – non spetta a nessuno fuorché alla giustizia, che ha fatto il suo corso individuando il responsabile, né tantomeno addossare colpe a parti politiche”.

Ma la toppa è peggio del buco. Sì perché adesso è lei a rivolgere al mittente le accuse di strumentalizzazione: “Adesso smettiamola con le strumentalizzazioni su una tragedia che ha sconvolto tutti e su una giovane donna, vittima di una violenza feroce”.


Morte di Gudeta, confessa un suo dipendente. Donna uccisa e violentata
Gerry Freda

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 13271.html

Il presunto assassino di Gudeta è un pastore ghanese impiegato presso l'azienda della vittima ed egli avrebbe ammesso la propria colpevolezza
Sembra sia arrivata la svolta nelle indagini sulla morte di Agitu Ideo Gudeta, la rifugiata etiope di 42 anni di età diventata simbolo di integrazione per il successo della sua azienda agricola biologica Capra Felice.
La donna era stata trovata morta ieri sera, a Maso Villalta a Frassilongo, nella propria camera da letto, apparentemente assassinata, e i carabinieri avrebbero finalmente trovato l’aggressore. I militari hanno infatti fermato, quale sospettato dell’omicidio, un dipendente della vittima e lo stesso avrebbe ammesso stanotte la sua colpevolezza. Agitu Gudeta, nata ad Addis Abeba nel 1978, aveva studiato sociologia all'Università di Trento ed era in seguito tornata nel suo Paese. Nel 2010, a causa della situazione di conflitto interna nella nazione africana, aveva fatto ritorno in Italia e nella trentina Valle dei Mocheni aveva dato vita alla sua azienda, estesa undici ettari e caratterizzata dalla presenza di ottanta capre autoctone. A Trento aveva inoltre aperto un punto vendita di formaggi e prodotti cosmetici a base di latte di capra.
Relativamente al ritrovamento del cadavere della malcapitata, il corpo senza vita era stato rinvenuto, apparentemente colpito da martellate, da dei vicini di casa della 42enne, allertati da un conoscente dell’imprenditrice preoccupato perché la donna etiope non era andata a un appuntamento. I carabinieri erano subito accorsi sul luogo del delitto assieme a un magistrato.
Le indagini scattate subito dopo la scoperta del reato hanno quindi portato all’arresto, da parte dei carabinieri della Compagnia di Borgo Valsugana, di un dipendente e collaboratore di Gudeta, ossia di un cittadino ghanese 32enne, Adams Suleimani. L'interrogatorio notturno del sospettato ha alla fine spinto quest'ultimo a confessare e a fornire agli inquirenti anche il particolare per cui la rifugiata etiope, dopo essere stata colpita con un mazzotto dal suo assassino ghanese, sarebbe stata anche violentata sessualmente dal 32enne.
Il soggetto arrestato, che ha lavorato finora presso l’azienda Capra Felice con l’incarico di pascolare le capre, avrebbe confessato inoltre che, alla base del suo gesto omicida, vi sarebbero stati motivi economici.
In base alle prime indiscrezioni, tali motivazioni sarebbero legate a uno stipendio che l’uomo avrebbe rivendicato dall’imprenditrice come non pagato.

Dal web:
La metto giù così senza esaurire gli argomenti e le sollecitazioni infinite - insieme alla rabbia - che ho:
Un pezzo d’Italia ancora sana, ancora libera, ancora prospera, ancora capace di dare valore, al lavoro, all’impresa, alla fatica al sacrificio, riesce a offrire a qualcuno che viene da lontano, e donna, un pezzo di vita, di libertà, di riscatto, proprio nel lavoro, nel sacrificio, nell’investimento economico.
Poteva essere un caso di successo, poteva essere un esempio di integrazione, poteva essere un antico e virtuoso che si sposa con il nuovo.
Stavano per raccontarla immancabilmente con i soliti stereotipi: il bianco revanchista di destra non acculturato e sovranista oppure il branco fascioleghista che abusa di una donna nera. L’oppositore alle politiche immigrazioniste o il maschilista minacciato dall’emancipata e capace rifugiata africana.
Ci troviamo con un caso differente - e bestiale - che apre interrogativi proprio sulla assenza di una politica e di una strategia per comprendere
a CHI apriamo il paese,
COME facciamo entrare questo CHI,
COSA offriamo a CHI entra, PERCHÉ’ consentiamo a CHI entra di non andare a meritarsi l’accoglienza prima di consentirgli tutto?
E ancora:
QUANDO si penserà a dei meccanismi virtuosi di integrazione che - soprattutto - ci faccia uscire dalla retorica “corretta”?!
Avrei molto altro da dire: ma lo lascio dire a chi vorrà commentare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:35 pm

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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:36 pm

Appena aprono le chiuse pandemiche, andiamo a Frassilongo nel Trentino a sentire cosa hanno da dire i suoi abitanti, di questa straniera e delle sue capre, specialmente la testimonianza del suo vicino di casa (probabile vittima delle angherie razziste di questa donna e di chi la sosteneva), condannato per aver difeso la sua proprietà (probabilmente dagli sconfinamenti delle sue capre) e ingiustamente fatto passare calunniosamente per razzista da questa straniera, dai suoi avvocati, dalle incivili associazioni sinistre e dall'eversivo PM.
Il giudice ha sentenziato non esserci stata alcuna persecuzione razzista da parte del vicino indigeno a cui vanno riconosciuti i suoi diritti come in Etiopia questa donna etiope pretendeva che fossero riconosciuti e tutelati i diritti degli agricoltori e degli allevatori etiopi dagli espropri del governo social comunista.
Anche qui da noi il governo grillino social comunista vorrebbe espropriaci della nostra sovranità politica, dei nostri diritti civili e dei nostri beni umani e sociali come le risorse pubbliche, i guadagni e i risparmi personali e famigliari, le nostre case e le nostre terre, per darle in regalo agli invasori clandestini o meno che arrivano da ogni dove senza alcun sensato criterio e indiscriminatamente come un'invasione di cavallette o di bande di razziatori e schiavizzatori assassini medievali maomettani via terra a cavallo o via mare per nave.



Agitu, barbaramente uccisa: tantissimi in corteo per ricordarla
Michele Vigano
30 dicembre 2020

https://www.trentotoday.it/cronaca/agit ... olata.html

La coda si snoda lungo piazza Venezia, dove al civico 12 Agitu Ideo Gudeta aveva aperto nel maggio scorso il suo negozio, fino al fondo di via Galilei. Sono tantissimi i trentini che hanno voluto ricordare la pastora della Val dei Mocheni, simbolo di integrazione e di tanto altro, uccisa da un suo dipendente martedì 29 dicembre.

La manifestazione spontanea è nata nel pomeriggio di mercoledì 30 dicembre, grazie al tam tam sui social network. Alle 17 le persone hanno iniziato a radunarsi in piazza Santa Maria Maggiore, dove Aghi, com'era conosciuta, era presente ogni giovedì con una bancarella all'interno del Mercato dell'Economia Solidale.

La fila lungo piazza Venezia e le vie del centro

Il corteo ha percorso in silenzio le vie del centro storico, scortato dalle forze dell'ordine. Quando le persone sono arrivate di fronte alla porta del negozio hanno lasciato a terra le candele accese e deposto fiori e messaggi in omaggio ad una donna che aveva saputo conquistare l'affetto di tanti.

Cittadini di ogni età, famiglie, tante donne, alcuni pastori scesi dalla Val dei Mocheni, dove Agitu dieci anni fa aveva trovato casa al suo progetto, "La capra felice", un'impresa di allevamento delle capre di razza mochena e produzione di formaggi biologici premiati anche da Slow Food e Legambiente.

È lì, a Maso Villalta nel comune di Frassilongo, che il dramma si è consumato nella giornata di martedì 29 dicembre. Adams Suleimani, il collaboratore ghanese 32enne che viveva con lei l'ha uccisa colpendola con un martello per poi tentare di violentarla quand'era già agonizzante. I carabinieri lo hanno trovato a tarda sera, nascosto in una stalla. Nell'interrogatorio ha confessato tutto.

La notizia ha scosso il Trentino e l'Italia. Come detto Agitu era un simbolo in tanti sensi: donna, rifugiata, imprenditrice, laureata ma custode di una tradizione antica, in simbiosi con la terra e le sue risorse. Una storia di riscatto sociale, di impresa sostenibile, di tenacia di fronte ai tanti ostacoli, finita purtroppo con un dramma all'apparenza imprevedibile.



Chi era Agitu: non solo simbolo di integrazione
Michele Vigano
30 dicembre 2020

https://www.trentotoday.it/cronaca/agit ... i-era.html

"Simbolo di integrazione": così è definita, nei titoli che si rincorrono in queste ore drammatiche sul web, Agitu Ideo Gudeta, la pastora di origini etiopi uccisa barbaramente nella sua casa in Val dei Mocheni, in Trentino. In carcere il suo collaboratore, Adams Suleimani, che ha confessato l'omicidio nella notte. Aghi, come molti la conoscevano, era arrivata a Trento nel 2010, fuggendo dalla sua terra natìa perchè perseguitata in quanto attivista ambientale e sociale. Era nata ad Addis Abeba il 1° gennaio 1978. Tra pochi giorni avrebbe compiuto 43 anni.


La confessione di Adams: "L'ho uccisa e violentata"

Le grandi corporation stavano comprando letteralmente l'Etiopia, un fenomeno chiamato land-grabbing, con la compiacenza del governo. Lei si era opposta, lottando al fianco dei contadini. Aveva visto compagni morire ammazzati per questo fino a che, temendo per la propria vita, era fuggita. Aveva preso un aereo per l'Italia. Trento fu il primo pensiero: ci aveva già vissuto alla fine degli anni '90, grazie ad un permesso di studio all'estero, e si era laureata in Sociologia.


La pastora arrivata dall'Etiopia

Ritornata in Trentino si era dedicata ad un'attività che accomuna tutti i popoli fin dall'alba della civiltà: l'allevamento delle capre. Prima in Val di Gresta, per un breve periodo, poi definitivamente a Frassilongo in Val dei Mocheni. Allevava solamente capre mochene, una razza trentina che stava scomparendo. Aveva anche lavorato al bar del paese. La sua attività aveva attirato la curiosità della stampa, che ha raccontato ai lettori, trentini e non, la sua storia. Agitu curava il gregge, produceva il formaggio e lo vendeva. La sua attività è cresciuta negli anni ma il gregge è sempre stato al centro del suo lavoro. Pochi anni fa aveva aperto un negozio a Trento, in via Dietro le Mura, ed era una presenza costante al Mercato dell'Economia Solidale Trentina, tutti i giovedì, in piazza Santa Maria Maggiore.

La sua attività è stata premiata con vari riconoscimenti, tra cui la Bandiera Verde di Legambiente per il Trentino ed il premio di Resistenza Casearia assegnato da Slow Food. Agitu si era fatta conoscere conquistanto piano piano l'affetto di tanti clienti, il rispetto dei residenti, la stima dei colleghi allevatori e contadini. Era entrata nel cuore dei trentini. Purtroppo, però, la sua storia è anche legata ad un grave episodio di minacce, anche a sfondo razzista, di cui era stata vittima in Val dei Mocheni. L'aggressore era stato condannato per lesioni ma era caduta l'aggravante razziale. E così la sua storia, con tutti i risvolti drammatici del caso, era tornata sui giornali.


Tanti simboli, una donna

Se simbolo è stata, lo è stata di tante cose. Non solo integrazione: simbolo di coraggio, di tenacia, di opposizione allo sfruttamento della terra, di rinascita, di spirito imprenditoriale, di una visione ecologica e sostenibile dell'economia. Era una donna, era di colore, rifugiata, laureata eppure pastora, custode di antiche tradizioni ed innovatrice dell'economia locale. Dopo l'arresto del suo collaboratore, ghanese di 32 anni, reo confesso, è purtroppo diventata anche simbolo di femminicidio. Il Procuratore di Trento Sandro Raimondi, in una nota diffusa al termine delle indagini, parla di un "omicidio particolarmente efferato con risvolti anche di violenza sessuale di genere da parte dell’autore del reato".

"Buon Natale a tutti dalle capre felici, che sia un Natale che porti una nuova luce, visione, consapevolezza nei nostri cuori". Questo il suo ultimo post su Facebook. Poche parole a corredo di un video che parla da solo: le sue capre nella neve, che percorrono silenziose la strada nel bosco che ben conoscono, felici. Non si contano i messaggi di cordoglio, di rabbia, di dolore per la sua scomparsa. Era un simbolo per molti, ed era molti simboli in una persona sola.





L'assassino di Gudeta ha confessato. È un pastore ghanese
Redazione Agi.it
30 dicembre 2020
Inizialmente le indagini si erano anche focalizzate anche su Cornelio Coser, l’uomo di Fierozzo che dopo un rapporto d’amicizia, due anni fa aveva minacciato ed aggredito Agitu venendo, nel gennaio scorso, condannato per lesioni ma non per odio razziale come era stato richiesto dal pm. Coser, tramite il suo legale Claudio Tasin, ha detto, “è una tragedia, non c’è giustificazione per quanto accaduto nonostante la mia personale esperienza”.

https://www.agi.it/cronaca/news/2020-12 ... -10858796/

AGI - Uno stipendio non corrisposto è il movente dell’uccisione di Agitu Ideo Gudeta, la donna-pastore simbolo dell’integrazione in Trentino e in Italia fuggita dieci anni fa dalla natia Etiopia.

Agitu avrebbe compiuto 43 anni il giorno di Capodanno ma la furia di un collaboratore dell’azienda agricola biologica che lei aveva fondato, ‘La Capra Felice’, le ha tolto la vita spegnendo per sempre il suo sorriso e la sua grande voglia di lavorare. La donna è stata uccisa a colpi di mazzuolo e fatali sono state le lesioni alla testa.

Il corpo senza vita è stato trovato ieri pomeriggio riverso a terra nella camera da letto al secondo piano della sua abitazione a Maso Villalta nel comune di Frassilongo in Valle dei Mochèni tra le montagne del Trentino. L’allarme è scattato verso le ore 18 di ieri perché la donna non rispondeva più al cellulare.

Il collaboratore è stato fermato dai carabinieri quindi condotto nella caserma della Compagnia di Borgo Valsugana dove, dopo un lungo interrogatorio, nella notte ha confessato. Adams Suleimani, 32 anni originario del Ghana, si occupava di custodire le 150 capre autoctone mochène.

Ai carabinieri coordinati dal tenente colonnello Michele Capurso, comandante del reparto operativo di Trento, il pastore africano ha riferito che la lite sarebbe scoppiata per uno stipendio non pagato. Inoltre, è emerso che l’uomo avrebbe violentato la donna agonizzante a terra.

Inizialmente le indagini si erano anche focalizzate anche su Cornelio Coser, l’uomo di Fierozzo che dopo un rapporto d’amicizia, due anni fa aveva minacciato ed aggredito Agitu venendo, nel gennaio scorso, condannato per lesioni ma non per odio razziale come era stato richiesto dal pm. Coser, tramite il suo legale Claudio Tasin, ha detto, “è una tragedia, non c’è giustificazione per quanto accaduto nonostante la mia personale esperienza”.

Agitu, arrivata in Italia quando aveva 18 anni per intraprendere gli studi di sociologia, era fuggita dalla natia Addis Abeba a seguito degli scontri sociali e dalle minacce che aveva ricevuto dal suo governo.

Si era rifugiata in Trentino dove con enorme forza di volontà aveva fondato, da un progetto di recupero di terreni abbandonati e di razze rustiche locali, l’Azienda Agricola Biologica ‘La Capra Felice’.

L’azienda si occupa di allevamento caprino (capra pezzata mòchena in via d’estinzione) ma anche della produzione di formaggi biologici, yogurt e prodotti di cosmesi con latte di capra.

Agitu, nota in Italia anche come la ‘Regina delle capre felici’, in quell’angolo delle Alpi era partita allevando 15 capre. Nel giugno scorso in piena crisi economica causata dalla pandemia di Covid-19, aveva aperto in piazza Venezia a Trento la prima ‘Bottega della Capra Felice’. In quell’occasione la pastora disse, “non dobbiamo fermarci, con i sogni costruiamo il nostro futuro”.

All’interno del negozio oltre a trovare ortaggi, formaggi, uova e anche prodotti di cosmesi anche un angolo lettura e il caffè etiope.

Ad ottobre aveva aperto anche un punto vendita all’interno di una floricoltura di Bolzano. Nel capoluogo altoatesino aveva più volte esposto i suoi prodotti alla Fiera Bio. L’ultimo post su Facebook di Agitu risale al giorno di Natale: “Buon Natale a te che vieni dal sud, buon natale a te che vieni dal nord, buon natale a te che vieni dal mare, buon natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori".

???
Inizialmente le indagini si erano anche focalizzate anche su Cornelio Coser, l’uomo di Fierozzo che dopo un rapporto d’amicizia, due anni fa aveva minacciato ed aggredito Agitu venendo, nel gennaio scorso, condannato per lesioni ma non per odio razziale come era stato richiesto dal pm. Coser, tramite il suo legale Claudio Tasin, ha detto, “è una tragedia, non c’è giustificazione per quanto accaduto nonostante la mia personale esperienza”.

Cornelio Coser un tempo amico di Agitu afferma attraverso le parole del suo avvocato che la sua esperienza umana e amichevole con la pastora etiope non è stata proprio delle migliori. Chissà perché?



Aggredì la pastora Agitu, condannato a 9 mesi per lesioni
Cronaca - Trentino
27 gennaio 2020

https://www.giornaletrentino.it/cronaca ... -1.2245330

TRENTO. Nove mesi di reclusione per il reato di lesioni, 50 euro di multa e un risarcimento danni di 2.000 euro, più 3.500 euro di spese legali, con eventuale sospensione condizionale della pena legata alla rifusione effettiva del danno. Questa la sentenza pronunciata dal giudice Elena Farhat nei confronti di Cornelio Coser, 54enne residente a Frassilongo, finito a processo a Trento con l'accusa di aver aggredito e compiuto atti persecutori, con l'aggravante dell'odio razziale, nei confronti di Agitu Ideo Gudeta, allevatrice etiope che proprio in val dei Mocheni, nella proprietà vicina a quella dell'imputato, porta avanti la sua azienda agricola «La capra felice». La giudice ha dunque riconosciuto il reato di lesioni per un episodio, documentato da un referto, mentre è caduta l'accusa di stalking e l'aggravante dell'odio razziale.

Al termine della requisitoria, stamane, il pubblico ministero Maria Colpani aveva chiesto una condanna a un anno di reclusione, con il riconoscimento dell'aggravante, mentre la parte civile - rappresentata dall'avvocatessa Elena Biaggioni - aveva chiesto una provvisionale da 15.000 euro e un risarcimento di 50.000 euro da liquidare all'allevatrice.

Coser era accusato di aver preso di mira la donna con un'escalation di insulti, frasi razziste e minacce contro di lei e contro i suoi animali, culminati in un'aggressione fisica documentata con lo smartphone, che l'allevatrice denunciò nell'estate del 2018 ai carabinieri e a seguito della quale scattò la misura degli arresti domiciliari, commutati dopo 7 mesi in un divieto di avvicinamento. Fatti e parole che l'uomo - difeso dall'avvocato Claudio Tasin - ha sempre negato, pur ammettendo che ci fossero stati dei diverbi legati, in particolare, ad alcuni danni arrecati dal gregge di capre nella sua proprietà.

E' stato condannato in primo grado a 9 mesi Cornelio Coser, il 55enne di Frassilongo che nell'estate 2018 aveva aggredito l’imprenditrice agricola Agiu Ideo Gudeta, la propria vicina di campo, in valle dei Mocheni.

Il giudice Elena Farhat ha addebitato all'uomo solo il reato di lesioni, mentre è caduta l'accusa di stalking aggravato dall’odio razziale. Coser aveva scontato già sette mesi di arresti domiciliari.

Le accuse. La donna, nella denuncia che aveva presentato ai carabinieri, aveva spiegato di essere molto spaventata dal comportamento di Coser tanto da aver cambiato le sue abitudini. Un esempio? Aveva modificato gli orari di lavoro dei suoi collaboratori per non essere mai da sola». Sono diversi gli episodi che erano stati contestati a Coser nel corso di un anno.

Secondo Agitu l’uomo l'avrebbe infatti aggredita con frasi considerate a sfondo razzista e poi l’avrebbe anche persa per il collo mentre lei era intenta alla mungitura e le avrebbe sgonfiato le gomme della macchina. Questo nonostante Agitu lo stesse filmando.

Nell’ordinanza anche l’episodio di agosto quando la pastora ha ripreso l’aggressione subita dall’uomo con tanto di bastone. Un video che era diventato un caso nazionale. L’ultima segnalazione ad inizio settembre quando l’uomo avrebbe disturbato il gregge della donna liberando contro le capre i suoi cani.

«Non ho mai detto negra o negri a nessuno», si era difeso l'uomo. E aveva spiegato che inizialmente fra lui e Agitu si era creato anche un buon rapporto, degenerato - era la versione di lui - a causa dell'"invasione" delle capre di lei che - diceva Coser - gli avevano divorato le 300 piante di carpino.

Coser allora si era recato dalla donna e aveva sgonfiato una gomma della sua auto, in un momento di sfogo. Aveva anche negato di aver liberato i cani contro le capre di Agitu e di aver utilizzato frasi razziste contenenti li termine «negra». Certo, ci sono state parole forti, reciproci insulti, ma senza utilizzare termini discriminatori.

Gino Quarelo
Cornelio Coser il mocheno dai capelli lunghi, non mi pare proprio un uomo cattivo, disumano e razzista, anzi:
Cornelio Coser con il suo avvocato Claudio Tasin: ...
Le capre di Agitu avevano invaso la proprietà di Cornelio e divorato 300 piantine di carpino da poco piantate, non mi pare buona cosa, specialmente se lei aveva poi fatto finta di niente, negato la sua responsabilità e rifiutato di risarcire e magari non avesse fatto nulla per impedire il verificarsi di episodi analoghi a danno del povero nativo Cornelio.
Mi viene il sospetto che quest'uomo sia stato vittima del demenziale razzismo demo sinistro pro stranieri verso i nativi e gli autoctoni cittadini italiani.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:37 pm

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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 3:07 pm

L'Africa ha costretto questa donna etiope ad andarsene dal suo paese e sempre l'Africa l'ha uccisa qui da noi in Europa dove aveva trovato rifugio, ad opera di un altro africano, anch'esso migrante forse clandestino, forse nazi maomettano, sicuramente senza rispetto per la vita umana e per le donne, uno dei tanti clandestini giunti in Italia a causa della demenziale politica delle porte aperte e dell'accoglienza indriscriminata e scriteriata, che scorazzano per la nostra terra, compiendo crimini di ogni tipo, suprando e uccidendo.

Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa dalla sua non vera integrazione (quella vera assomiglia alla storia di Tony Chike Iwobi l'africano cristiano sopsatosi con una donna italiana e che vive a Como e che vota Lega), dalla demenziale politica delle porte aperte, e dall'Africa clandestina e nazi maomettana importata in Europa che dovrebbe insegnarci a vivere e farci umanamente risorgere come recita il fanatismo demosinistro dell'accoglienza assoluta.
È stata l'Africa a cacciarla e a ucciderla, quell'Africa incivile, tribale, razzista e nazi maomettana, adusa alla violenza e alla supremazia maschile che non ha alcun rispetto per le donne e per il nostro vivere civile e che parte di noi importa demenzialemente e irresponabilmente a piene mani che non solo uccide altri africani ma che depreda e uccide anche la nostra gente.


Immigrati padroni: “state zitti italiani di mer…” – VIDEO
2 gennaio 2020

https://voxnews.info/2021/01/02/immigra ... mer-video/

La situazione nel parco della Montagnola, a Bologna, è di assoluto controllo del territorio da parte di gang africane di spacciatori.
In questo video girato tempo fa durante una protesta dei cittadini, uno degli afroislamici che infestano il parco per spacciare ha aggredito i manifestanti, invitandoli a “tornare a casa loro”.
La zona è fuori controllo da anni:
Con arresti che poi finiscono nel nulla:
Secondo il questore di Bologna: “L’attività di spaccio all’interno del Parco della Montagnola analoga alle piazze di spaccio napoletane tipo Scampia, con un giardino pubblico sostanzialmente sottratto all’uso di persone che non siano spacciatori o assuntori di sostanze stupefacenti aventi un organizzazione “a geometria variabile” con soggetti e modalità continuamente interscambiabili, peraltro portate avanti da diverse compagnie raggruppate su base etnica.”

Durante una manifestazione contro lo spaccio, a seguito dell’aggressione dell’inviato di Striscia Brumotti, uno degli afroislamici che infestano il parco per spacciare ha aggredito i manifestanti, invitandoli a “tornare a casa loro”.


Non portarti e non portarci la morte in casa, grazie, non farti e non farci del male!
Non abbiamo nessuna colpa, nessuna responsabilità, nessun obbligo, nessun dovere di farlo e per farlo.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2624
Se tu ti credi salvatore del Mondo e vuoi morire martire, arrangiati, fallo da solo e muori da solo


Non portarti la morte in casa, non accogliere chi non conosci, chi non è certificato o ha documenti falsi, chi non ti ama e può farti del male, derubarti, cacciarti di casa e magari ucciderti e sopratutto non portarti in casa chi non puoi ospitare e mantenere a tempo indeterminato e a tue spese e chi deve essere mantenuto a tempo indeterminato a spese della tua comunità deprivando così tutta la tua gente di risorse e di beni fondamentali.

Noi come occidentali, europei, americani, bianchi, atei, aidoli e cristiani
non abbiamo colpe da scontare e non abbiamo responsabilità anche se "i noti manipolatori e falsari dell'ideologia e della religione" ci accusano di ogni nefandezza e di essere la causa di ogni male del mondo:

dalle guerre tribali alle carestie e alla sovrapopolazione in Africa e in Asia;
delle guerre religiose e civili nei paesi islamici, di aver trasformato una ideologia religiosa come quella maomettana da pacifica e amorevole in religione di odio, di guerra e di atrocità disumane, e di aver fatto passare un sant'uomo come Maometto il profeta prediletto da Dio in un invasato mentitore terrorista sanguinario;
persino della crisi venezuelana del dittatore socialista Maduro viene attribuita all'occidente, da questi occidentali irresponsabili, tarati e dementi che odiano l'occidente.



All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla, ma proprio nulla, niente di niente, tanto meno agli asiatici e ai nazisti maomettani d'Asia e d'Africa. Ci dispiace per i cristiani ma non possiamo accogliere tutti perché non vi è spazio, non vi sono risorse e non c'è lavoro, in Italia vi sono già milioni di poveri, di disoccupati e di giovani costretti a migrare; e un debito pubblico tra i più alti del mondo occidentale che soffoca lo sviluppo e alimenta i parassiti e la corruzione. Gli africani si arrangino e restino in Africa a risolvere i loro problemi.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2494


Africa razzista, il continente nero è tra i più razzisti della terra
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2750

Crimini dei nazisti maomettani marocchini e africani in Europa
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2753

Crimini e delitti dei clandestini, degli irregolari e di altri stranieri più o meno regolari o in attesa di regolarizzazione o di respingimento
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=1814
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 8:07 pm

Assassinio Agitu: le reazioni, lo specchio di ciò che siamo diventati
Marco Cimmino
1 gennaio 2021

https://secolo-trentino.com/2021/01/01/ ... diventati/

Se c’è una cosa che imparato, nella mia lunga esistenza, è quella di non fidarmi. Lo so, non è bello scriverlo, in questi giorni di bontà obbligatoria e di ottimi propositi: tuttavia, se dovessi dare un consiglio ai giovani, sarebbe proprio quello di non fidarsi. Mai e di nessuno.

Meglio mille volte essere piacevolmente sorpresi dai fatti che essere clamorosamente intortati dalle parole: per cambiare idea c’è sempre tempo, mentre, per rimediare a una fregatura, certe volte, non basta una vita intera. Non voglio dire che si debba vivere sospettando di tutto e di tutti, naturalmente: la vita è fatta soprattutto di rapporti normali, chiari, espliciti, nel lavoro, in famiglia, con gli amici. Io mi riferisco piuttosto ai grandi progetti, ai titanici programmi, alle dichiarazioni d’intenti, alle professioni di fede, ai proclami, ai manifesti, alle omelie.

Diffidate dai predicatori, dalle parole piene di fuoco e di passione e, in particolare, da quelli che proclamano umiltà, umanità, amore per i piccoli, i poveri, i bisognosi: mentre s’inginocchiano, le pupille dei predicatori lampeggiano d’orgoglio. Diffidate dei buoni: spesso, sono soltanto dei cattivi privi di artigli, che aspettano solo di trovare qualcuno meno artigliato di loro. Forse, vi chiederete perché io scriva queste cose, così, d’emblée, proprio a Capodanno.

Ve lo dirò: gli ultimi giorni di questo sciagurato 2020, già di per sé funesto, sono stati ulteriormente funestati, da un terribile delitto, come tutti certo saprete, maturato in val dei Mocheni. Sono cose tremende che accadono perché l’umanità è tremenda e alcuni uomini lo sono più di altri. Ma ciò che mi ha letteralmente dato il vomito è stato il trattamento riservato a questa tristissima vicenda dai commenti, sulla stampa e sui social.

Immediatamente, date le caratteristiche della povera vittima, qualcuno si è lanciato sulla notizia, estrudendo il solito prevedibile ripugnante repertorio, prefabbricato e predigerito, che rappresenta la monotona ecolalia di certa subdemocrazia per ritardati. Quando, non molto tempo dopo, si è scoperto che l’autore del delitto aveva caratteristiche del tutto analoghe a quelle della vittima e non era, viceversa, un perfido e pericoloso suprematista bianco, è calato su tutta la vicenda uno sconcertato silenzio.

A quel punto, è iniziato il prevedibile tiro di controbatteria della parte avversa, che si è, a sua volta, appropriata della vicenda, per dimostrare il perfido strabismo dell’informazione nemica: sfruttando un assist formidabile, bisogna dirlo, fornitole dall’orgasmo frettoloso degli integralisti dell’integrazione.

In una terza fase, c’è stato un tentativo, patetico e piuttosto imbarazzante, da parte di costoro, di riprendere le posizioni perdute: una serie di analisi fatte di “ma”, di “se” e di “però”, che è parsa a molti una toppa peggiore del buco. Nel frattempo, in un obitorio, una povera donna, assassinata e violata, giaceva su di un lettino, in attesa di un anatomopatologo, che spiegasse i dettagli del massacro, e di un necroforo che la vestisse per l’ultimo viaggio, quello da cui non si torna. Una povera donna che avrebbe dovuto essere al centro dei pensieri, delle preghiere -per chi ci crede- di un’intera comunità: una morta di tutti, parente di tutti.

Invece, come spesso accade in questi casi, la morte fisica diventa solo un dettaglio, per permettere a tutti di appropriarsi di una morte metaforica: di un argomento che possa diventare un’arma. Pochissimi, in verità, sono stati i commenti da cui percepissi segnali di reale umanità: solidarietà, certo, tanta, ma troppo simile a slogan per non suonarmi falsa come la tolla. Carità, empatia, sentimento di reale vicinanza, hanno latitato, in questa brutta vicenda: in compenso, c’è stato un imbarazzante correre a sfruttare l’evento e, più ancora, gli errori di valutazione che l’evento ha originato.

E questo, con una morta stesa su di un lettino d’obitorio, è volgarità d’animo, prima ancora che sciacallaggio. Per questo, il mio 2020 è terminato con un’amara considerazione sull’umanità: su ciò che siamo diventati.
E, così come l’ho pensata, ve l’ho girata. Inizia il 2021 e, temo, non sarà diverso dal 2020: non vi fidate, amici.


Gino Quarelo
Condivisibile da me solo in minima parte.
Poi non mi pare veramente una visione altra superpartes, poiché questa donna non era proprio un buon esempio di integrazione.
La dubbia vicenda con il vicino autoctono accusato falsamente di persecuzione razziale non riconosciuta dal giudice non è affatto un buon indice e nemmeno l'atteggiamento pro invasione dei migranti clandestini non mi pare sia rispettoso dei diritti umani, civili e politici dei nativi trentini, italiani ed europei, quegli stessi diritti che questa donna rivendicava al suo paese in Etiopia e per cui era stata costretta ad andarsene.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 8:07 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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