L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:23 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:24 pm

L'africana etiope della Capra felice è stata uccisa da un africano ghanese nero più nero di lei.
Forse era lei una razzista che non rispettava i nostri diritti umani, civili e politici!

Mi dispiace tanto che ti abbiano uccisa in questo modo, mi dispiace veramente, ma sei stata tu stessa a portarti la morte in casa e per mano di un africano come te.
Nessun trentino, nessun italiano, nessun cristiano, nessun ebreo, nessun ateo, ti avrebbe mai uccisa tanto meno violentata mentre stavi per morire.

Il suo caso infelice dimostra come l'apertura scriteriata e indiscriminata sia una demenzialità maligna e mortale, un portarsi in casa la morte, proprio come ha fatto lei.
La sua vicenda è un caso di integrazione mancata e impossibile molto diversa da quella di Toni Iwobi la cui integrazione invece è riuscitissima, che è contro l'immigrazione scriteriata e indiscriminata e che ha rispetto per noi lombardi, trentini, veneti, italiani ed europei, rispetto per i nostri diritti umani, civili e politici, contrariamente all'irrispettosità di Agitu Ideo Gudeta che aveva attenzione solo per gli invasori clandestini e i migranti e che non riconosceva a noi il valore/diritto/dovere universale umano, civile e politico di difendere i confini del nostro paese.
All'anagrafe Tony Chike Iwobi (Gusau, 26 aprile 1955), è un politico nigeriano naturalizzato italiano, primo eletto di origine africana al Senato della Repubblica nel partrito della Lega.
https://it.wikipedia.org/wiki/Toni_Iwobi
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:25 pm

Stava nella nostra terra ma nemmeno si degnava di augurarci "Buon Natale", grazie Agitu!

Grazie della tua riconoscenza, del tuo rispetto e del tuo amore.
Agitu Ideo Gudeta era una rifugiata dall'Africa rifugiatasi nel Trentino autonomo che regala i nostri soldi a tutti fuorché a noi e che probabilmente finanzia anche le capre felici come la sinistra ( anche ambientalistia e grillina) finanzia tutti quelli come il Sindaco di Riace che vorrebbe ripolare la Calabria abbandonata dai calabresi con i clandestini dall'Africa a spese nostre.

A Trento, questa donna, aveva aperto un punto vendita di formaggi e prodotti cosmetici a base di latte di capra. Sul suo profilo Facebook aveva appena scritto "Buon Natale a te che vieni dal sud, buon natale a te che vieni dal nord, buon natale a te che vieni dal mare, buon natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori".
https://www.quotidiano.net/cronaca/ucci ... -1.5862101
Ma a noi che veniamo da questa terra, che è la nostra terra e che siamo gli abitanti autoctoni o nativi di questa terra, lei Agitu non ha augurato alcun buon natale, per questa donna africana rifugiatasi a casa nostra, nella nostra terra europea, italiana e trentina, noi bianchi autoctoni che l'abbiamo ospitata (e forse finanziata nella sua impresa di allevamento delle capre trentine felici) noi non esistiamo, siamo solo uomini invisibili gente che vale meno delle sue capre.


Lei era una dei nostri salvatori e salvatrici africani del mondialismo globalista ed ecumenista, i nuovi messia di color nero dell'umanità, venuti a salvarci dall'insopportabile e desolante inferno del nostro essere bianchi, europei, occidentali, industrializzati, oramai isterili, demograficamente in declino e prevalentemente iinvecchiati e senza speranza, inutile umanità ma utilizzabile come concime per la civiltà che verrà portata sulle vie dell'invasione clandestina per terra e per mare.

Con le capre felici non si va da nessuna parte, questi sono i formaggi che ci danno da vivere, altro che le capre felici finanziate dal pubblico.
https://www.facebook.com/watch/?ref=sav ... 6766896880

Gino Quarelo
Io credo che questa donna etiope, africana, nera, fosse estremamente razzista e che non avesse alcun rispetto per noi autoctoni, bianchi, europei, trentini e italiani a casa nostra.
Lei chiamava l'Etiopia "la sua terra" ma non riconosceva a noi "la nostra terra".
Questa donna non aveva nulla da insegnarci né umanamente, né civilmente, né come scienza dell'allevamento degli animali, né come scienza nella lavorazione del latte, né come capacità imprenditoriale ed economica,
non dava lavoro agli italiani e non si sa quante tasse abbia pagato nei dieci anni di vita in Italia, né quanti finanziamenti a fondo perduto e sussidi abbia ricevuto.
Certamente non era un buon esempio di rispetto umano e civile.
Promuoveva l'invasione dei clandestini, la schiavitù dell'accoglienza, e non riconosceva i nostri diritti.


???
Emma Bonino ricorda Agitu Ideo Gudeta, rifugiata etiope, imprenditrice femminile uccisa in Trentino
Storia di fuga e riscatto delle donne
https://www.radioradicale.it/scheda/625 ... ile-uccisa

Recupera le terre incolte per i nostri bambini ???
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:27 pm

Così raccontano di lei, icona della sinistra cristiana e comunista, icona e della santa e buona immigrazione clandestina o meno, che viene a salvarci e a civilizzarci in senso ambientalista, climatista, universalista, socialista, per un'economia sostenibile ... capre e formaggi senza frontiere.
Il suo caso infelice dimostra il contrario, dimostra come l'apertura scriteriata e indiscriminata sia una demenzialità maligna e mortale, un portarsi in casa la morte, proprio come ha fatto lei.



Trentino. Confessa l'assassino di Agitu: è un suo dipendente
Antonio Maria Mira mercoledì 30 dicembre 2020

https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... tegrazione

Assassinata in casa e violentata la pastora etiope simbolo di integrazione. Rifugiata dal 2010, aveva scelto di recuperare terre e capre di razza Mochena

Agitu Ideo Gudeta, pastora di 42 anni originaria dell'Etiopia, nota con il soprannome di «Regina delle capre felici» è stata uccisa nella sua abitazione di Frassilongo in Val dei Mocheni in Trentino

È stata trovata morta ieri sera, uccisa con un violento colpo alla testa, nella sua casa di Frassilongo in Trentino, Agitu Ideo Gudeta, pastora rifugiata etiope che avrebbe compiuto 43 anni il giorno di Capodanno. Nella notte ha confessato, nell'interrogatorio davanti ai carabinieri e al magistrato, un giovane africano, dipendente dell'azienda della donna, che avrebbe avuto con lei dissidi economici. L'assassino avrebbe anche compiuto atti di violenza sessuale sulla donna agonizzante.

Agitu era arrivata in Italia ad appena 18 anni, si era laureata a Trento in Sociologia ed era tornata nel suo Paese, impegnandosi contro il land grabbing, l'occupazione delle terre da parte di multinazionali e Paesi stranieri per sfruttarle con monoculture estranee, cacciando i contadini. Il suo impegno l'aveva resa invisa al governo così, a rischio di arresto, nel 2010 era dovuta fuggire tornando in Trentino.

Qui la scelta, eredità della sua cultura, di dedicarsi all'allevamento della capre. Ma da cittadina di queste terre. Così la scelta di recuperare terre abbandonate e razze in estinzione, come la capra di razza Mochena. Prima solo un sogno (per anni ha fatto la barista), poi una realtà con l'azienda "La capra felice", undici ettari, 80 capre, latte, formaggi, yogourth, tutto rigorosamente biologico.

A Trento aveva aperto un punto vendita di formaggi e prodotti cosmetici a base di latte di capra.Tutto trentino. Al punto che nel 2015 Agitu e i suoi formaggi hanno rappresentato la Regione all’Expo di Milano. Agitu e le capre, una vita in simbiosi, così dormiva in auto per difenderle dagli orsi. "Gli tiro contro dei petardi e scappano", diceva scherzando, capace di convivere col grande plantigrado.

Donna integrata, lei etiope che insegnava ai giovani trentini l'antico mestiere del casaro o che dava lavoro ad altri africani. Ma circa due anni fa, Agitu aveva ricevuto minacce e subito un'aggressione a sfondo razziale. "Sporca negra te ne devi andare", l'aveva assalita l'uomo che abita la baita vicino all’abitazione della pastora.

Lo scorso gennaio, l’autore della violenza, che si era scagliato anche contro il casaro del Mali che aiutava Agitu, era stato condannato a 9 mesi per lesioni dal Tribunale di Trento, mentre l’accusa di stalking finalizzato alla discriminazione razziale era stata lasciata cadere, contrariamente a quanto aveva chiesto il pm.

Ma Agitu, volto solare e sempre sorridente, ancora una volta aveva reagito positivamente. Sul suo profilo Fb aveva appena scritto: "Buon Natale a te che vieni dal sud, buon Natale a te che vieni dal nord, buon Natale a te che vieni dal mare, buon Natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori". Questa era Agitu, che in Trentino aveva trovato e costruito con convinzione una nuova vita.


Dal web
Simone Boscolo

Non conoscevo la storia di Agitu Ideu Gudeta. A quanto pare uccisa per questioni di soldi da un suo dipendente. In ogni caso un'indagine è in corso, ovviamente, perché di mezzo c'è anche uno stupro.
Mi ricorda molto da vicino le storie dell'oscura Italia, contadina e selvaggia, di un secolo fa. Mi è venuto in mente Antonio Zanella, "l'Ors di Pani", in Carnia (ma le nostre montagne sono piene di storie "nere", come "la farina del Diavolo" di Simone Pianetti, in Val Brembana), benché sia distante anni luce la fisionomia dei due personaggi.
Lei non la conoscevo, no. Bellissima storia la sua. Forse il fatto che fosse di origine etiope, e donna, ha catalizzato moltissimo l'attenzione, ma il suo era uno degli esempi più virtuosi di un ripopolamento inverso. Sono molti i magrebini, gli albanesi e i rumeni che oggi tengono vive le nostre montagne, le antiche attività, la pastorizia e quel poco di transumanza che ancora esiste. Così come molti cittadini o nipoti e pronipoti di pastori, che si sono reinventati una professione.
Senza limiti di lingua, provenienza e confini.
Non dimentichiamo che senza di loro le nostre montagne sarebbero o spopolate oppure dei diorami odiosi e grotteschi, ad uso del turismo senza cultura.
E che siano degli "estranei" a tenere viva un'identità è uno dei paradossi più sorprendenti e proverbiali della Storia umana.
Tutte le genti originarie arrivarono, un tempo, come straniere.
E la terra è di chi ci suda. Non di chi la eredita.



La forza di Agitu Ideo Gudeta, "coraggiosa in ogni passaggio della sua vita"
Giulia Belardelli
31 dicembre 2020

https://www.huffingtonpost.it/entry/agi ... ce833e49ac

Il sorriso, la forza, l’amore incondizionato per le sue capre. Nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di conoscere Agitu Ideo Gudeta questi tre elementi non mancano mai. L’energia e il dinamismo dell’imprenditrice di origini etiopi, rifugiata da dieci anni in Trentino e fondatrice dell’azienda biologica La Capra Felice, sono uno stile di vita e un modello di business sostenibile che andrebbe studiato nelle scuole e nelle università. Agitu era consapevole dell’eccezionalità del suo percorso, originato dalle lotte al fianco dei contadini e degli allevatori etiopi e trasmutato nei terreni recuperati dall’abbandono nelle montagne trentine. Non perdeva l’occasione per raccontare la sua storia, e chissà dove sarebbe arrivata, se solo la sua luce non fosse stata spenta brutalmente da un uomo. Il responsabile dell’omicidio, reo confesso, è Adams Suleimani, 32 anni, ghanese, collaboratore dell’azienda agricola che agli inquirenti ha parlato di uno stipendio non corrisposto: l’avrebbe uccisa colpendola con un martello alla testa, per poi abusare sessualmente di lei mentre era agonizzante a terra.

Agitu avrebbe compiuto 43 anni domani tra quelle montagne che dal 2010 erano diventate la sua casa a Frassilongo, minuscolo comune in provincia di Trento. Aveva lasciato l’Etiopia dopo aver ricevuto minacce da parte del governo per la sua attività di contrasto al land grabbing, l’accaparramento dei terreni a favore delle multinazionali, un problema che affligge molti Paesi africani. Il padre, un professore, aveva trasferito la famiglia negli Stati Uniti quando la situazione politica era diventata oppressiva. Ma lei, dopo gli studi all’Università di Trento, era tornata appositamente in Etiopia, dove abitava con la nonna, per lottare.

“Era scappata dal suo Paese perché minacciata: era un’attivista che si batteva contro il land grabbing, molti dei suoi compagni erano stati uccisi, lei è riuscita a scappare miracolosamente perché avvertita da un funzionario pubblico”, racconta ad HuffPost Caterina Amicucci, attivista per i diritti umani, ambientalista e amica di Gudeta. “Quando l’esercito è andato a prenderla non l’ha trovata, era fuggita quella notte stessa. È riuscita ad arrivare in Italia in aereo e non su un barcone perché aveva studiato a Trento e aveva ancora un permesso di studio”.

Da rifugiata, Agitu aveva trovato nella Valle dei Mòcheni il luogo in cui portare avanti la sua visione e la sua sfida: vivere in armonia con la natura e recuperare dall’estinzione la bellissima capra che vive nella Valle. Il suo gregge, inizialmente composto da 15 animali, conta oggi più di 180 capre di razza pezzata mòchena e camosciata delle Alpi. Grazie alla passione e alle conoscenze apprese dai pastori al fianco dei quali lottava, Agitu allevava personalmente le capre e trasformava il formaggio con metodi tradizionali. Il centro di tutto era la sede della sua azienda - il Maso Villata, circondato da 11 ettari di pascolo incontaminato – unito ai punti vendita di Trento e Bolzano. Il suo banco era un’istituzione al Mercato dell’Economia solidale di Piazza Santa Maria Maggiore a Trento, e le sue consegne a domicilio un appuntamento ormai insostituibile per molti, da Bolzano a Rovereto. Formaggi, yogurt, uova, ma anche ortaggi e cosmetici bio: negli anni, La Capra Felice è diventata un marchio famoso anche fuori dal Trentino.

“Ci siamo conosciute a Trento durante l’Oltreconomia Festival, eravamo state invitate entrambe a un seminario come relatrici”, ricorda Amicucci, autrice della videointervista qui sotto. “Per tanti anni mi sono occupata di una campagna contro una diga sul fiume Omo, in Etiopia, ma senza mai poter avere contatti con attivisti locali. Quando ho incontrato lei, un’attivista etiope che si era battuta sugli stessi temi, è stata una specie di rivelazione. Appena è finito l’incontro le sono corsa dietro perché volevo intervistarla: mi ha invitato ad andare da lei e così è nata la nostra amicizia. Sono rimasta diversi giorni nella malga dove all’epoca teneva le capre in estate, tra schizzi di latte, taglieri di formaggi squisiti, risate, gente che andava e veniva. Sono tornata altre volte a trovarla e siamo sempre rimaste in contatto durante questi anni”.

Descritta come un modello di integrazione, Agitu si era scontrata con episodi di razzismo e discriminazione. Circa due anni fa, aveva ricevuto minacce e subito un’aggressione a sfondo razziale da parte di un suo vicino - “Sporca negra te ne devi andare”, secondo quanto riportato dalla stampa locale. L’uomo era stato condannato a 9 mesi per lesioni, ma assolto dall’accusa di stalking aggravato dall’odio razziale.

Questa storia l’aveva amareggiata ma la sua forza era inarrestabile, racconta ancora Amicucci. “Se dovessi scegliere una parola per descriverla, sceglierei forza. Sia per quello che faceva in Etiopia, dove ha avuto il coraggio di confrontarsi con un sistema così repressivo perdendo amici e compagni, sia per la sua attività in Trentino, dove è riuscita a inserirsi in una comunità di montagna sviluppando una realtà imprenditoriale di grande successo e in armonia con l’ambiente. Era una donna indipendente e aveva costruito attorno a sé una rete di amicizie e persone che la sostenevano. Era una persona iper socievole, allegra, che non si scoraggiava mai, sempre con il sorriso”.

Il 7 marzo del 2017 la senatrice Emma Bonino la volle al suo fianco in un’iniziativa di sensibilizzazione sul ruolo delle donne immigrate e rifugiate in Italia. “L’obiettivo – ricorda la senatrice - era far conoscere la sua storia che rappresenta uno straordinario esempio per tutte le donne rifugiate nel nostro Paese. Dalle sue parole, quel giorno, siamo riusciti a cogliere tutta la sua forza, determinazione, passione politica: la sua scomparsa tragica lascia un grande vuoto”.

Il 4 ottobre sul suo profilo Facebook Agitu pubblicava una foto delle sue capre accompagnata da un vero e proprio messaggio d’amore: “Amore incondizionato, nulla conta di più di loro nella mia vita e nulla mi appaga come il loro amore puro incondizionato, sono la mia forza e il mio rifugio, sono in grado di rigenerarmi, mi trasmettono serenità, tranquillità. Sono grata a loro, esisto perché ci sono loro e sono la mia vita”. Aveva imparato a proteggere le sue capre dagli orsi. “Quando vedo impronte o segnali della presenza di un orso – raccontava sul sito - mi chiudo in auto con dei petardi. Basta fare un po’ di rumore e il mio ‘vicino’ sa che è meglio andare da qualche altra parte”.

Amore incondizionato, nulla conta di più di loro nella mia vita e nulla mi appaga come il loro amore puro...
Pubblicato da La Capra Felice su Domenica 4 ottobre 2020

La scorsa estate Legambiente aveva riconosciuto il valore del progetto di Agitu assegnandole la Bandiera Verde. “Era stata molto contenta e orgogliosa del riconoscimento, la notizia della sua morte ci lascia sgomenti”, commenta ad HuffPost Andrea Pugliese, presidente di Legambiente Trento. “Abbiamo premiato La Capra Felice con la Bandiera Verde per il suo doppio valore di recupero delle tradizioni pastorali ed esperienza imprenditoriale brillante. Ci sono diverse attività di questo tipo in provincia, ma l’unicità dell’esperienza di Gudeta – donna, attivista, rifugiata – ci ha spinto a scegliere lei come modello d’iniziativa capace di coniugare tradizione, qualità e sostenibilità economica, un’attività portata avanti con coraggio come imprenditrice”.

Non aveva paura di niente, Agitu, e la sua mente era in continuo movimento, come la sua azienda. Malgrado le difficoltà imposte dal Covid, l’imprenditrice aveva grandi progetti per il futuro: aveva comprato un edificio dismesso dietro la sua abitazione per poter realizzare un agriturismo bio la prossima primavera. “Aveva un senso imprenditoriale e creativo molto forte, era capace di realizzare, oltre che di pensare”, conclude Amicucci. “Aveva in programma di aprire una foresteria con un piccolo bed and breakfast, aveva già chiesto i permessi per fare i lavori: eravamo tutti in attesa di andare a trovarla. Era una forza della natura, Agitu, la sua morte lascia un vuoto incolmabile”.




Az. Agricola "La Sopravissana dei Sibillini"
di Silvia Bonomi
triste.
E' stata trovata morta a casa sua, nel maso della Valle dei Mocheni dove si era ricostruita una vita dopo essere fuggita nel 2010 dall'Etiopia, pensando di trovare salvezza in Italia.
Un destino crudele quello di #Agitu Idea Gudeta, dolcissima pastora Etiope che tanti trentini avevano imparato a conoscere ed amare, vuoi per la sua fiorente attività a Frassilongo, dove partendo dall'idea di salvare poche capre di razza Mochena era arrivata ad avere 200 capi di bestiame, vuoi per le vicende giudiziarie che l'avevano coinvolta, suo malgrado.
Agitu era infatti fuggita da casa sua, dove aveva tenacemente combattuto il "land grabbing" delle multinazionali - l'accaparramento dei terreni dei paesi poveri a danno delle popolazioni locali, ennesimo furto ai danni del continente Africano -. Per essersi opposta a tale sciacallaggio, era stato spiccato un mandato di arresto nei suoi confronti, e Agitu era fuggita in Italia, scegliendo il Trentino per rifarsi una vita.
Agitu aveva timidamente ed ambiziosamente iniziato il recupero della razza caprina Mochena, una razza reliquia Italiana a rischio estinzione, con un occhio anche all'ambiente in cui viveva: per limitare il problema dei lupi, chiudeva le sue capre in un recinto su cui aveva montato delle lampadine colorate, azionate da un pannello solare, che si accendevano e spegnevano a intermittenza, mettendo in confusione i lupi.
La sua storia però, le aveva insegnato che più che dei lupi, bisogna aver più paura di certi lupi a due zampe: gli uomini.
La donna aveva presentato denunce negli anni scorsi, per le quali era finito ai domiciliari (per minacce e stalking aggravato da discriminazione razziale) un vicino italiano anche lui trapiantato in Val dei Mocheni, evidentemente infastidito dalla presenza di Agitu, donna solare e di successo.
La sua inarrestabile passione, l'amore per le sue adorate capre, però, l'avevano spinta ad andare avanti, a lottare ed andare avanti lo stesso, con tutte le sue forze.
Ieri sera però, i suoi progetti sono stati drammaticamente interrotti, i sogni di questa straordinaria donna infranti.
Agitu è stata trovata morta a casa sua.
Sul suo corpo, ferite che hanno fatto subito pensare ad una fine violenta.
I carabinieri di Borgo Valsugana, arrivati sul posto con il sindaco Bruno Groff, avevano mantenuto il più stretto riserbo fin quando nella notte, dopo ore di interrogatorio serrato, hanno avuto la piena confessione di un ragazzo Ghanese di 32 anni, dipendente di Agitu, il quale avrebbe avuto con lei una lite per motivi economici e l'avrebbe uccisa a martellate.
A MARTELLATE.
Dopo averla VIOLENTATA.
Ci lascia inorriditi la raccapricciante morte di Agitu.
Unica certezza, la sua Azienda Agricola biologica "La Capra felice", da ieri sera è orfana della sua titolare.
Un colpo durissimo anche per gli altri amati collaboratori ai quali aveva dato lavoro, e che aveva coinvolto nella sua passione per le cose naturali, etiche e tradizionali.
Agitu infatti si era proposta capofila di un'intera filiera in cui avevano trovato lavoro moltissime persone.
Con le sue 200 adorate capre Mochene, infatti, Agitu era riuscita a realizzare un caseificio, producendo yogurt, ricotta e formaggi con alcuni suoi collaboratori, ma anche creme cosmetiche a base di latte caprino.
Insieme ad altre realtà, erano riusciti a ristrutturare un antico maso dell'800 per farne un agriturismo, e ad aprire recentemente anche una bottega anche a Trento, in Piazza Venezia, dove venivano venduti i prodotti di queste attività.
Agitu era quindi un simbolo di collaborazione, di unione, nonché la dimostrazione concreta di come sia possibile creare un'economia circolare attorno ad un numero di capi di bestiame non impattante sull'ambiente, in cui possano lavorare numerose realtà, anche molto differenti tra loro.
Ci lascia una donna in gamba, anzi, in gambissima. Una donna che evidentemente faceva paura a qualche essere gretto ed abietto. Una donna che era partita con un progetto ambizioso riuscendo poi a realizzarlo, spaventando i mediocri, gli arrampicatori, gli invidiosi.
Brilla Agitu. Brilla per tutte noi.
Continueremo in tuo nome a denunciare le minacce, le molestie e lo stalking di cui spesso sono vittime le donne che brillano, che spaventano gente frustrata.
È una promessa.
Riposa in pace, amica.
La pagina rimarrà in silenzio in segno di rispetto.



Agitu Ideo Gudeta, simbolo di autonomia e libertà femminile
Montagna.TV

https://www.montagna.tv/172460/agitu-id ... femminile/

“La storia di Agitu Ideo Gudeta parlava di emigrazione, accoglienza, integrazione, valorizzazione del territorio, amore per la terra e gli animali, autonomia e libertà femminile, di nuove radici”. A scriverlo è il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Teresa Bellanova. Un ricordo breve, ma significativo per la sorridente etiope che ha trovato una fine tragica la notte del 29 dicembre scorso, in Trentino, dove la vita le aveva offerto una seconda opportunità. Uccisa a colpi di martello dal custode dell’azienda agricola che la stessa Agitu aveva creato.

Arrivata in Italia diversi anni fa Agitu era una rifugiata fuggita dal suo Paese Natale per scappare al mandato d’arresto emesso dal governo nei suoi confronti. Il suo impegno contro le pratiche del “land grabbind” (acquisto di terreni agricoli da parte di multinazionali a discapito dei popoli locali, repressi e sfruttati) l’aveva resa personaggio scomodo per i vertici del governo etiope. In Trentino, in Valle di Gresta, non senza difficoltà, si era ricreata una vita. Tra queste docili montagne esposte al sole aveva messo in piedi un progetto di recupero e valorizzazione del territorio orbitante intorno alla capra mochena, specie in via di estinzione. Nel giro di poco tempo, per la comunità era diventata la “regina delle capre felici”. Appassionata e meticolosa ci aveva raccontato il suo lavoro, la sua creazione, un paio di anni fa. Partita da appena 15 capre, recuperate brade su per i monti trentini, nel tempo era riuscita a mettere su un vero e proprio allevamento con la produzione di formaggi biologici e a vendita diretta inseguendo una filosofia “no global”.

“La produzione massiccia del cibo lo rende non sostenibile e questo va contro la mia filosofia di vita. Anche la scelta di non vendere ai negozi è fatta per legare a noi il consumatore. Per questo proponiamo anche giornate al pascolo per famiglie: è un modo per conoscersi, per scoprire la mungitura e la produzione del formaggio, fidelizzando il legame e inculcando nelle nuove generazioni la cultura che lega produttore, consumatore e territorio”.

Per la donna, classe 1978, era quasi un dovere la divulgazione delle peculiarità territoriali, della tradizione. “Voglio fare il contrario rispetto a quel che han fatto le multinazionali a casa mia, in Etiopia. Lì gli interessi economici hanno portato a espropriazioni di terreni, allo sfruttamento della manodopera, allo sfruttamento delle terre senza nessun riguardo verso le tematiche ambientali”. Per tutte queste ragioni nell’ultimo periodo la sua realtà era stata premiata con la Bandiera verde di Legambiente.

Era felice di quel che era riuscita a creare, da rifugiata a imprenditrice produttiva capace di offrire lavoro. Il primo gennaio avrebbe compiuto 43 anni, era un simbolo di autonomia e libertà femminile.




Uccisa a colpi di martello la pastora anti-razzista
Trovata morta in casa Agitu Gudeta, 42 anni, simbolo dell’integrazione . Viveva nella Valle dei Mocheni con le sue capre. Sospettato un dipendente
30 dicembre 2020

https://www.quotidiano.net/cronaca/ucci ... -1.5862101

TRENTO

Agitu Gudeta, la rifugiata etiope di 42 anni diventata simbolo di integrazione per il successo della sua azienda agricola biologica la ‘Capra Felice’ - undici ettari e ottanta capre autoctone nella Valle dei Mocheni, in Trentino - è stata trovata morta ieri sera nella sua abitazione, a Frassilongo (Trento).

Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, si tratterebbe di un omicidio. Sul corpo della donna ci sarebbero lesioni riconducibili a un atto violento. Sarebbe stata colpita da un martello, alla testa. Martello poi rirtovato.

A scoprire la donna già morta, in camera da letto, sono stati i vicini di casa, allertati da un conoscente della vittima preoccupato perchè la donna non era andata a un appuntamento.

I carabinieri sono accorsi sul posto assieme al magistrato, e dal medico legale si attendono chiarimenti sulle cause del decesso. Dai primi riscontri non appaiono segni di effrazione. Circa due anni fa, Agitu aveva ricevuto minacce e subito una aggressione a sfondo razziale. L’uomo che abita la baita vicino all’abitazione della ‘pastora bio’ l’avrebbe apostrofata con male parole: "Sporca negra te ne devi andare". Lo scorso gennaio, l’autore della violenza, che si era scagliato anche contro il casaro del Mali che aiutava Agitu, era stato condannato a 9 mesi per lesioni dal Tribunale di Trento, mentre l’accusa di stalking finalizzato alla discriminazione razziale era stata lasciata cadere, contrariamente a quanto aveva chiesto il pubblico ministero.

Ma a tarda sera le indagini si sono concentrate su un giovane africano dipendente dell’azienda, che avrebbe avuto dissidi con la donna per motivi economici.

Agitu, nata ad Addis Abeba nel 1978, aveva studiato sociologia all’Università di Trento e poi era tornata nel suo Paese. Nel 2010, a causa della situazione di conflitto interna, aveva fatto ritorno in Italia e nella Valle dei Mocheni, dove dal Medioevo vive una minoranza di lingua tedesca, aveva dato vita alla sua azienda della quale si erano occupate anche trasmissioni televisive e riviste come Vanity Fair.

A Trento aveva aperto un punto vendita di formaggi e prodotti cosmetici a base di latte di capra. Sul suo profilo Facebook aveva appena scritto "Buon Natale a te che vieni dal sud, buon natale a te che vieni dal nord, buon natale a te che vieni dal mare, buon natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori".



Perché anche definire Agitu Gudeta “simbolo di integrazione” è razzismo
Annalisa Girardi
31 dicembre 2020

https://www.fanpage.it/politica/perche- ... -razzismo/

Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa due giorni fa. È stata trovata morta nella sua casa a Frassilongo, in provincia di Trento, dove si era trasferita dall'Etiopia. Nelle ultime 48 ore i media hanno dedicato moltissima attenzione all'omicidio e una parola ricorrente che è stata usata, che però non si capisce bene cosa c'entri con la violenza che ha messo fine alla vita di Agitu Ideo Gudeta, è stata "integrazione". Ma perché? Se la sua storia fosse stata diversa, la sua vita avrebbe forse avuto meno valore? I lettori avrebbero forse dovuto dispiacersi meno per la sua morte?

Il racconto della morte di Agitu Ideo Gudeta trasuda razzismo

Le parole usate per raccontare l'omicidio di Agitu Ideo Gudeta trasudano razzismo. E ci mostrano come i media italiani siano lo specchio di una cultura intrinsecamente xenofoba, incapace di raccontare storie come quella di Agitu Ideo Gudeta, della sua vita tanto quanto della sua morte, se non in maniera fuorviante. Sottolineando che in Italia una donna come lei sarà sempre etichettata come una migrante. Perché in fondo, definirla un "modello di integrazione", è solo un altro modo per ricordare che lei non fosse italiana. Ma che, nonostante questo, potesse essere un esempio. I giornali, in queste ore, hanno semplicemente alimentato la retorica del "deserving migrant", evidenziando come siamo ancora anni luce dall'essere veramente un Paese accogliente, solidale e libero dal razzismo.

La sua non è solo una storia di migrazione

Agitu Ideo Gudeta era già stata in Italia prima di stabilirsi a Frassilongo e fondare la sua attività. Aveva infatti studiato alla facoltà di Sociologia a Trento, per poi decidere di tornare nella sua città natale, Addis Abeba, dove aveva denunciato le politiche di land grabbing, cioè l'appropriazione di terre da parte di multinazionali o governi stranieri senza il consenso delle comunità che le abitano. Nel suo Paese aveva ricevuto minacce ed era stata costretta a fuggire. Era quindi tornata in Italia, in Trentino, dove aveva iniziato la sua attività come allevatrice di capre di razza mochena, una specie autoctona a rischio estinzione, recuperando allo stesso tempo terreni abbandonati. Aveva anche aperto una bottega nel centro di Trento, la Capra Felice. Anche qui, tuttavia, aveva ricevuto minacce per il colore della sua pelle. Che però non sono state riconosciute come tali, perché in Italia è ancora facile fare finta che il razzismo non esista. Due anni fa, infatti, un vicino di casa è stato condannato a 9 mesi per lesioni dopo averla aggredita, ma sono cadute le accuse per stalking e l'aggravante dell'odio razziale, avanzate dal pm.

Basta con la retorica del deserving migrant

Oggi però non sentiamo parlare di Agitu Ideo Gudeta come imprenditrice, come simbolo di emancipazione per le donne, come allevatrice ambientalista. Tutto viene in secondo piano rispetto al suo essere un'immigrata. Raccontare la sua vita sotto la definizione di "esempio di integrazione" è l'ennesima affermazione del razzismo in questo Paese. Se fosse stata "solamente" una donna arrivata dall'Africa, magari su un barcone, in fuga da violenza e discriminazione, la sua morte sarebbe stata meno grave? Perché è questo che suggerisce una retorica che ancora una volta separa tra i migranti buoni, ben integrati e protagonisti di storie eroiche, e quelli cattivi. Quelli che uccidono e stuprano, proprio come il suo presunto assassino.

Parlare di Agitu Ideo Gudeta come dell'eccezione alla regola non le fa onore. Svilisce anzi la sua memoria. Perché il fatto che fosse "perfettamente integrata" non c'entra nulla con il suo valore. Che è dato da ben altro, come ci racconta la sua storia. Ma una persona come Agitu Ideo Gudeta in Italia resterà sempre una migrante. Certo, ben integrata, ma una migrante.


La morte di Agitu Gudeta
Il Post
martedì 29 Dicembre 2020

https://www.ilpost.it/2020/12/29/agitu-gudeta-morta/

Era un'imprenditrice etiope molto nota in Trentino per via della sua azienda di formaggi e della sua storia: è stata trovata morta in casa, aveva 42 anni

Aggiornamento del 30 dicembre: Nella notte è stato arrestato un uomo per l’omicidio di Agitu Gudeta, una nota imprenditrice etiope che lavorava in Trentino, trovata morta martedì 29 dicembre nella sua casa di Frassilongo, in provincia di Trento. L’uomo si chiama Adams Suleimani, è ghanese e ha 32 anni: lavorava come collaboratore nell’impresa di Agitu Gudeta, dove si occupava del pascolo delle capre. L’uomo, scrivono i giornali Il Dolomiti e Trentino, avrebbe confessato ai carabinieri di aver colpito la donna durante una lite per motivi economici.

Gudeta era arrivata in Italia nel 2010 dall’Etiopia, dove era scappata a violenze e persecuzioni da parte del governo. Da alcuni anni aveva avviato una azienda di formaggi e prodotti caprini dal notevole successo, la Capra Felice, che di recente aveva aperto un negozio anche nel centro di Trento. Qualche mese fa il giornale locale Dolomiti l’aveva definita «la pastora più nota del Trentino».

Le circostanze della morte di Gudeta sono ancora poco chiare. Fonti dell’Adige hanno raccontato che sul suo corpo sono state trovate alcune lesioni, ma la notizia non è ancora stata confermata ufficialmente.

I giornali locali del Trentino hanno fatto notare che in passato Gudeta era stata perseguitata da uno dei suoi vicini, che nel gennaio del 2020 è stato condannato a nove mesi di carcere per lesioni a causa di un’aggressione – preceduta da diversi altri episodi sgradevoli – avvenuta nel 2018. L’avvocato di Gudeta aveva chiesto di includere nella condanna anche i reati di stalking e di considerare l’aggravante razziale, ma il giudice respinse la richiesta. Al momento comunque non c’è alcun elemento che collega l’uomo alla morte di Gudeta, e fonti investigative hanno detto al Dolomiti che «tendono ad escludere» un suo coinvolgimento.

Negli scorsi anni la storia di Gudeta era stata raccontata da molti giornali nazionali, e anche da una puntata della trasmissione Caro marziano di Pif.

«Quando sono arrivata a Trento avevo duecento euro in tasca, niente di più», raccontò nel 2017 ad Annalisa Camilli di Internazionale: «Ho trovato lavoro in un bar, per mantenermi, ma nel frattempo ho cominciato a pensare all’allevamento delle capre. In Etiopia avevo lavorato in alcuni progetti con i pastori nomadi del deserto e avevo imparato ad allevare le capre. Ho pensato che con tutti questi pascoli non sarebbe stato difficile fare del buon latte». I formaggi prodotti dalla Capra Felice hanno ottenuto negli anni diversi riconoscimenti, fra cui un premio ricevuto nel 2015 da Cheese, l’annuale fiera internazionale dei formaggi curata da Slow Food.


La gaffe della capogruppo di Nardella: "Omicidio Gudeta? Colpa della Lega"
Elena Barlozzari
31 dicembre 2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 13588.html

Omicidio Gudeta, Mimma Dardano, capogruppo della lista Nardella al Comune di Firenze chiama in causa "la politica di intolleranza delle destre e della Lega" ma l'omicida è un ghanese. Salvini: "Questa è la sinistra"

Il mistero del delitto di Agitu Ideo Gudeta per qualcuno era una trama già scritta.

Ancor prima che gli investigatori dessero un nome e un volto al suo omicida c’è chi aveva già risolto il caso. Subito dopo la scoperta del corpo senza vita dell’imprenditrice, d’altronde, le ricostruzioni giornalistiche puntavano tutte nella stessa direzione: quella dell’odio razziale.

Per saltare alle conclusioni è bastato inserire il suo nome nel motore di ricerca. Scoprendo così che due anni fa era stata insultata, minacciata e persino aggredita per ragioni squisitamente razziali. È vero, la donna simbolo dell’integrazione gentile non piaceva a tutti, ma stavolta l’intolleranza non c’entra. E non c’entra neppure la Lega. Già, la Lega. A tirarla in ballo è stata Mimma Dardano, capogruppo della lista Nardella al Comune di Firenze.

In un post Facebook pubblicato il giorno successivo al ritrovamento del cadavere la consigliera emette il suo verdetto. Il movente è sicuramente da ricercare nel colore della pelle della vittima: “Mentre siamo distratti dalla domanda: cosa farai il giorno di Capodanno? – scrive la capogruppo – gesti ignobili si consumano nel nostro Paese "libero" e "democratico", dove l’inclusione e il colore della pelle fanno ancora paura”.

Cosa c’entra la Lega? La Dardano lo spiega qualche riga dopo: “Agitu era un’imprenditrice di successo, ma era nera e questo in una delle tante regioni italiane dove, grazie ad una politica di intolleranza delle destre e della Lega, per qualcuno non era ammissibile”. Insomma, la nardelliana sembra suggerire che ad armare idealmente la mano dell’assassino siano stati proprio i sovranisti.

Qualche ora dopo il giallo viene risolto e le congetture della Dardano si rivelano errate. L’omicida è un pastore ghanese che lavora alle dipendenze di Agitu, si chiama Adams Suleiman ed ha agito per questioni di denaro. Nel frattempo il j’accuse della consigliera è arrivato all’orecchio di Matteo Salvini. “La capogruppo della lista Nardella – scrive sui social il leader del Carroccio – aveva già messo la Lega e il "razzismo" sul banco degli imputati per l’orribile omicidio di Agitu Gudeta, questa è la sinistra”.

Del post incriminato adesso non c’è più traccia. Al suo posto ce n’è un altro dove la nardelliana prova a correggere il tiro. “La mia posizione è stata evidentemente fraintesa (…) non era certo mia intenzione individuare alcun mandante dell’omicidio, questo – chiarisce – non spetta a nessuno fuorché alla giustizia, che ha fatto il suo corso individuando il responsabile, né tantomeno addossare colpe a parti politiche”.

Ma la toppa è peggio del buco. Sì perché adesso è lei a rivolgere al mittente le accuse di strumentalizzazione: “Adesso smettiamola con le strumentalizzazioni su una tragedia che ha sconvolto tutti e su una giovane donna, vittima di una violenza feroce”.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:28 pm

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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:29 pm

L'Etiopia è un paese a regime sinistro, una dittatura oligarchica social comunista e non è certo in mano alle cattive multinazionali che rubano la terra ai poveri e buoni africani.
La terra etiope è espropriata dai social comunisti etiopi, dal loro regime che per farla fruttare meglio l'affittano a buon prezzo a multinazionali di tutto il mondo specialmente cinesi e indiane che la sfruttano per produrre cibo principalmente per le loro enormi popolazioni; e queste attività economiche danno lavoro anche agli etiopi, certamente i piccoli proprietari etiopi come i kulaki ucraini non amano l'esproprio collettivista e la sua pianificazione economica.

Agitu Ideo Gudetavì era un'etiope che forse in Etiopia era contro il regime social comunista più che contro le "cattive multinazionali" che non hanno alcuna responsabilità politica in tutta questa vicenda e che non sono affatto le oscure forze del male che corrompono i buoni africani per insediarvi regimi fantoccio compiacenti che opprimono i popoli del continente nero per poterli sfruttare meglio e depredare.
Oltretutto queste multinazionali sono di tutto il mondo e quelle euroamericane sono una minoranza minimale.
Ma in Italia questa donna, per opportunismo personale, non disdegnava di sostenere movimenti e ideologie politiche sinistre che opprimono e sfruttano le genti italiane con le loro politiche di predazione fiscale di esproprio economico-identitario e politico anche mediante il finanziamento e la promozione dell'invasione e della colonizzazione dall'Asia e dall'Africa in particolare da parte di nazi maomettani e uno di questi l'ha uccisa senza alcun riguardo.

Per questa donna etiope africana l'Etiopia è la sua terra la terra degli etiopi, ma qui da noi nel Trentino, in Italia e in Europa per lei queste non sono le terre dei trentini, degli italiani e degli europei ma le terre di tutti, dei migranti che vengono dal sud, dal nord e da ogni dove, come se queste nostre terre fossero disabitate e noi che siamo i suoi abitanti nemmeno esistessero.


Agitu, nata ad Addis Abeba nel 1978, aveva studiato sociologia all’Università di Trento e poi era tornata nel suo Paese. Nel 2010, a causa della situazione di conflitto interna, aveva fatto ritorno in Italia

Etiopia situazione politica intorno al 2010
https://it.wikipedia.org/wiki/Etiopia

Nel maggio del 1998 una disputa di confine con l'Eritrea causò lo scoppio di una nuova guerra tra i due Paesi, che si protrasse fino alla stipula dell'accordo di Algeri nel 2000; l'elevato costo del conflitto, stimato per entrambe le parti intorno al milione di dollari al giorno, causò effetti devastanti sull'economia dell'Etiopia.
Nel 2004 il governo diede avvio al piano di ricollocamento di circa due milioni di persone dagli altopiani aridi dell'est verso le regioni dell'ovest, allo scopo di diminuire la scarsità di cibo.
Il 15 maggio 2005 si svolsero le prime vere elezioni multipartitiche, ma furono segnalate gravi irregolarità dall'organismo di controllo indipendente Carter center e dagli altri osservatori internazionali e i partiti di opposizione denunciarono brogli. I risultati furono resi noti solo il mese seguente, ma fin da subito il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope del premier Meles Zenawi si autoproclamò vincitore; i principali partiti di opposizione, costituiti dalla Coalizione per l'unità e la democrazia (Cud) e dalle Forze unite democratiche etiopiche (Uedf), non ebbero più accesso alla radio e alla televisione; manifestazioni di protesta e scioperi si diffusero nelle settimane seguenti nella capitale, represse violentemente dalle forze di sicurezza, che provocarono almeno 42 morti, centinaia di feriti e numerosi arresti anche tra deputati dell'opposizione e giornalisti, tra i quali il leader del Cud Hailu Shawel, definiti prigionieri di coscienza da Amnesty International.

Nelle successive elezioni legislative del 2010, il partito di Meles Zenawi vinse ancora accaparrandosi oltre il 90 % dei voti; profonde irregolarità, brogli e intimidazioni furono però denunciati dalle forze di opposizione e dagli osservatori internazionali.
Nel corso del 2011, l'Etiopia e i Paesi limitrofi subirono le conseguenze della peggiore siccità avvenuta in Africa orientale da circa 60 anni; per attenuare gli effetti della grave carestia, fu istituito un piano, comprendente strategie di lungo periodo, da parte del governo nazionale in collaborazione con la FAO e altre organizzazioni internazionali.
Il primo ministro Meles Zenawi morì improvvisamente il 20 agosto 2012 a Bruxelles e il suo vice Hailé Mariàm Desalegn ne assunse il ruolo per i tre anni successivi.
Hailé Mariàm Desalegn, primo ministro dal 2012 al 2018.



Etiopia
https://it.wikipedia.org/wiki/Etiopia
Il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope è una coalizione elettorale fondata in Etiopia nel maggio 1988, partecipò alle elezioni parlamentari del 2005 e si ripresentò alle elezioni parlamentari del 2010. Alle elezioni del 2015 ha ottenuto la maggioranza del 100% accaparrandosi tutti i 547 seggi.

La coalizione è composta dai seguenti partiti:

Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè
Movimento Democratico Nazionale Amhara
Organizzazione Democratica del Popolo Oromo
Movimento Democratico dei Popoli del Sud Etiopia



Il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè è un partito politico etiope, di ispirazione marxista e socialista, membro della coalizione del Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF).
https://it.wikipedia.org/wiki/Fronte_De ... olo_Etiope

L'Amhara National Democratic Movement (ANDM) è un Partito politico in Etiopia. Alle elezioni legislative del 2005, il partito era parte della coalizione EPRDF che conquistò 327 dei 527 seggi.[1] Il presidente del partito è Addisu Legesse, e il Vice Presidente è Tefera Walwa.[2]
https://it.wikipedia.org/wiki/Movimento ... ale_Amhara

Il Paritito Democratico Oromo (in inglese Oromo Democratic Party, ODP) è un partito politico attivo in Etiopia, di sinistra, che rappresenta il gruppo etnico Oromo.
Fa parte dell'alleanza Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF), formata insieme al Movimento Democratico Nazionale Amhara, il Fronte democratico dei popoli etiopi meridionali e il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè. Alle elezioni legislative del 15 maggio 2005 la coalizione vinse 327 seggi su 527.
https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Democratico_Oromo
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:29 pm

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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:30 pm

La falsa retorica pro invasione e di buona integrazione nel caso infelice dell'etiope africana Agitu Ideo Gudeta e delle sue capre felici, uccisa da un africano ghanese.
Il suo caso infelice dimostra come l'apertura scriteriata e indiscriminata sia una demenzialità maligna e mortale, un portarsi in casa la morte, proprio come ha fatto lei.
Lei era per l'apertura totale e per la libertà di chiunque a immigrare in Italia a prescindere dalla nostra volontà ed era una di quelle che chiamava gli italiani contrari a tutto ciò razzisti e xenofobi.
Eppoi a ben guardare le capre trentine non avevano e non hanno certo bisogno di essere salvate da Agitu Ideo Gudeta e della sua maestria, come i trentini, gli italiani e gli europei non hanno certo bisogno di essere salvati dalle presunte risorse africane e nazi maomettane.


Le capre trentine non sono affatto in via di estinzione.

Capre da latte allevate in Trentino
Le capre allevate in Trentino sono 9.318
09/07/2014
S. Ferrari

http://www.trentinoagricoltura.it/Trent ... n-Trentino

Le capre allevate in Trentino sono 9.318. Il dato comprende 6.165 capre allevate in stalle che ospitano solo animali di questa specie appartenenti ad una o più delle quattro razze importanti: Saanen, Camosciata delle Alpi, Bionda dell’Adamello e Tingola o Mochena. Le due ultime razze sono autoctone e in fase di ripresa. Gli allevamenti che producono latte caprino sono 115 e ospitano 1729 capre specializzate nella produzione di latte. I caseifici riconosciuti dall’Unione Europea sono 8. I punti vendita di formaggi caprini annessi a caseifici o ad aziende private che trasformano latte caprino sono 18.



Sfizioso di capra alle erbe biologiche, scopri il suo profumo.

https://www.tastetrentino.it/prodotti/f ... iologiche/

Un formaggio davvero sfizioso, di nome e di fatto, prodotto dal Caseificio Sociali Val di Fiemme.
Piccole formagelle fresche a base di latte di capra, ricoperte di fiori ed erbe biologiche trentine. Nel mix che lo rende profumato e colorato ci sono maggiorana, timo, limone, aglio orsino, rosmarino puro, melissa, fiordaliso, rosa canina e calendula.
30 i giorni di stagionatura, per un formaggio fresco dal sapore leggermente dolce che contrasta con l'aromatico dell'affinamento.
Prodotto in piccole quantità, per avere la sicurezza di trovarlo, il consiglio è di prenotarlo.
Ottimo come aperitivo, magari abbinato ad una Birra di Fiemme, a un Trentodoc o un Muller Thurgau, stupirete amici e parenti con il minimo sforzo.


Azienda Agricola Baldassari Fabio Ermes
indirizzo: località Baüs, 2 – 25070 Barghe (Bs)
telefono: 338 6830848

http://www.prodottodimontagna.eu/aziend ... bio-ermes/
capre pascolo azienda Baldassari Fabio Ermes Barghe Valle SabbiaL’Azienda. L’Azienda si trova a Barghe, in Valle Sabbia, ed alleva una settantina di capre, di cui una trentina di razza Bionda dell’Adamello e le restanti meticce; sono inoltre presenti due cavalli di razza Haflinger e alcuni maiali.
Da maggio a novembre gli animali si trasferiscono in alpeggio presso la Riserva naturale Prato della Noce, un’area di rilevante interesse sotto il profilo geologico e botanico, al confine con l’alpe Campei de Sima.
Gli animali sono alimentati in modo del tutto naturale. Le capre sono allevate in gran parte dell’anno al pascolo e l’estate in alpeggio, sono stabulate solo nel periodo precedente il parto e qualora ci sia maltempo; in questi casi vengono alimentate con fieno di produzione propria, sfalciato nei prati circostanti l’azienda. L’allevamento dei capretti non prevede l’utilizzo di latte artificiale. Per l’alimentazione dei maiali viene utilizzato il siero della caseificazione con l’aggiunta di crusca.
caseificio Azienda Baldassari Fabio Ermes Barghe Valle SabbiaLe capre vengono munte manualmente ed il loro latte viene trasformato nel piccolo caseificio aziendale; il latte viene lavorato crudo senza l’utilizzo di innesti.
Durante la bella stagione è possibile visitare la malga Prato della Noce, degustare i prodotti e partecipare alle attività ludico-didattiche alla scoperta degli animali e della natura.



Allevamento di capre cashmere in Trentino nelle Dolomiti di Brenta. Cashmere ecologico.
Perché proprio la capra Cashmere? Principalmente per due motivi.

http://www.laselvatica.org/capre-cashmere.php

La capra Cashmere proviene originariamente dagli altipiani dell’Asia, è selezionata per vivere nei climi freddi ed ostili delle alte quote grazie al suo prezioso sottovello (il Cashmere, appunto) dalle straordinarie proprietà termiche. É una capra molto rustica e di poche pretese, che vuole stare all’aperto in qualsiasi stagione, prediligendo il freddo al caldo, e proprio questo rende il suo vello folto e pregiato; era quindi la razza ideale per vivere con noi a 1.500 metri di quota.

Il secondo motivo è puramente etico. É praticamente l’unica razza in cui nascere maschietto non è una sfortuna; i capretti maschi, infatti, se non servono per la riproduzione, vengono utilizzati per la produzione della fibra preziosa e non rischiano quindi di finire in forno!
C’è anche un altro motivo: quando, nel 2006, abbiamo visto le nostre prime caprette Cashmere ce ne siamo follemente innamorati…

Di qui l’idea di produrre un Cashmere totalmente Italiano, anzi Trentino, completamente ecologico e sostenibile sviluppando una microfiliera tracciabile dall’animale al prodotto finito.



Come avviare un minicaseificio con eventuale allevamento di pecore - capre
https://www.creaimpresa.it/avviare-alle ... FAQAvD_BwE



AVVIARE UN’IMPRESA CON FINANZIAMENTI PUBBLICI
27/06/2011 di Paola De Marinis
https://www.businessplanvincente.com/20 ... blici.html

Avviare un’impresa con finanziamenti pubblici è possibile perché il panorama dei finanziamenti offre si contributi a fondo perduto che finanziamenti agevolati. In particolare la legge 185/2000 sostiene i disoccupati e le persone in cerca di prima occupazione nella realizzazione e nell’avvio di attività imprenditoriali. I fondi pubblici messi a disposizione finanziano: il lavoro autonomo (cioè l’avvio di ditte individuali), la microimpresa sotto forma di società di persone e l’avvio di società in franchising, purché il franchisor sia accreditato presso INVITALIA (clicca qui per maggiori informazioni).

Per accedere a questi contributi pubblici occorre presentare un business plan, per un arco temporale di almeno 5 anni) in cui viene descritta in modo dettagliata la business idea che si intende sviluppare. All’interno del business plan l’aspirante imprenditore deve presentare l’idea, le motivazioni che lo hanno indotto a tale iniziativa nonchè gli aspetti che caratterizzano il mercato di riferimento.

Nella stesura del progetto di impresa occorre prestare molta attenzione alla descrizione del mercato, dell’area geografica di riferimento e della tipologia di clientela che si intende servire. E non solo! Del mercato è bene descrivere anche la concorrenza: quote di mercato, caratteristiche dei prodotti e servizi offerti, punti di forza e di debolezza.
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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:31 pm

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Re: L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice

Messaggioda Berto » sab gen 02, 2021 1:32 pm

Raccontano delle lotte di Agitu Ideo Gudeta contro il fenomeno del Land grabbing prima del 2010, lotte che l'hanno portata ad mettersi contro il governo dell'Etiopia e a dover scappare per non finire in prigione se non uccisa, ma non la raccontano giusta.
Raccontano che le multinazionali della terra espropriano con la violenza le terre degli africani per sfruttarle a loro vantaggio riducendoli alla miseria, alla morte per fame, alla disperazione e costringendoli a emigrare. In verità l'esproprio è quello dei regimi social comunisti africani ad opera degli africani e non delle multinazionali del mondo, le quali caso mai prendono queste terre in concessione o affitto per un certo tempo, dai governi africani ai quali pagano fior di quattrini e di roialty e che danno lavoro anche ai locali portando beneficio all'intero paese.
Poi le multinazionali di questo tipo, più attive in Africa sono cinesi e indiane che cercano terra da coltivare per dar da mangiare alle loro enormi popolazioni.


Land grabbing
https://it.wikipedia.org/wiki/Land_grabbing

Il land grabbing, in italiano accaparramento di terra, è un discusso fenomeno economico e geopolitico di acquisizione di terreni agricoli su scala globale, venuto alla ribalta nel primo decennio del XXI secolo.

La questione che tale fenomeno solleva riguarda gli effetti di tali pratiche di acquisizione su larga scala nei paesi in via di sviluppo, che si realizzano mediante affitto, o acquisto, di grandi estensioni agrarie da parte di imprese transnazionali, governi stranieri, o singoli soggetti privati. Sebbene il ricorso a simili pratiche sia stato assai diffuso nel corso della storia umana, il fenomeno ha assunto una particolare rilevanza e connotazione a partire dagli anni 2007-2008, quando l'acquisizione di terre è stata stimolata e guidata dagli effetti della crisi dei prezzi agricoli registratasi in quegli anni e dalla conseguente volontà, da parte di alcuni paesi, di assicurarsi la disponibilità di approvvigionamenti e di proprie riserve alimentari al fine di tutelare interessi nazionali alla sovranità e alla sicurezza nel campo dell'approvvigionamento alimentare.

Il fenomeno del land grabbing non è negativo in sé, dal momento che può essere portatore tanto di buone opportunità per i paesi destinatari del fenomeno quanto di rischi: da un lato, le acquisizioni possono garantire un'iniezione di preziose risorse per investimenti, in realtà economiche in cui queste ultime sono necessarie ma scarseggiano; d'altro canto, esiste il rischio concreto che le popolazioni locali possano perdere potere di controllo e di accesso sulle terre cedute e sulle risorse naturali collegate alla terra e ai suoli, come, ad esempio, l'acqua[1]. Risulta cruciale, pertanto, assicurare che le acquisizioni siano realizzate in modo da minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità di crescita e sviluppo economico. Una delle condizioni sfavorevoli da rimuovere è stata individuata, da ricercatori della Banca Mondiale, nella detenzione privata di terre, da parte di comunità locali, sulla base di titoli di proprietà informali e non certi, una condizione giuridica precaria che incide in modo negativo sulla valutazione degli appezzamenti come capitale produttivo.

L'attenzione mediatica sul fenomeno insiste spesso sul ruolo della Cina quale principale motore del fenomeno economico: tuttavia, i dati disponibili negli anni 2010 indicano gli Stati Uniti d'America e il Regno Unito come i protagonisti di maggior rilievo nella campagna di acquisizioni transnazionali di fondi agricoli.

La crisi dei prezzi agricoli verificatasi negli anni dal 2007 in poi ha posto l'accento sul problema della sicurezza alimentare nei paesi sviluppati e, al contempo, ha messo in evidenza nuove opportunità economiche per investitori e speculatori nel campo agricolo, determinando un picco notevole negli investimenti agricoli su larga scala nel Sud del mondo, soprattutto stranieri, allo scopo di produrre cibo e biocarburanti.

All'inizio, gli investitori e alcuni paesi sviluppati salutarono il fenomeno come una nuova opportunità per lo sviluppo agricolo, ma, in seguito, l'acquisizione massiccia ha raccolto una serie di critiche da parte di vari soggetti della società civile, da governi, e da soggetti multinazionali, organizzazioni non governative, per il fardello di impatti negativi che, a loro dire, peserebbero sulle comunità locali.


Scala dimensionale del fenomeno

La stima più completa della scala degli investimenti in accaparramento di terreni è stata pubblicata a settembre 2010 dalla Banca Mondiale: lo studio mostra che, nel solo periodo da ottobre 2008 ad agosto 2009 sono state dichiarate acquisizioni di terreni agricoli per un'estensione di 46 milioni di ettari (a titolo di confronto, si tratta di una superficie di circa una volta e mezzo quella dell'Italia, il cui territorio nazionale si estende su circa 31 milioni di ettari), due terzi dei quali ubicati nell'Africa subsahariana[5]. Inoltre, delle 464 acquisizioni esaminate dalla Banca mondiale, solo 203 riportavano l'estensione dei terreni acquisiti: ciò implicherebbe, nelle cifre riportate, una drastica sottostima della reale ampiezza del fenomeno, che potrebbe riguardare aree agricole fino al doppio dei 46 milioni di ettari stimati dalla World Bank.

Uno studio successivo, basato sui dati forniti a un congresso internazionale convocato nell'aprile 2011 dalla Land Deal Politics Initiative, ha valutato che gli accordi territoriali rappresentano 80 milioni di ettari[6].
Natura degli accordi di acquisizione[modifica | modifica wikitesto]

Tali accordi di acquisizione territoriale riguardano lotti di terre con estensioni medie pari a 40.000 ha, per un quarto dei casi superiori a 200.000 ha, e per un quarto al di sotto di 10.000 ha. Il 37% delle superfici interessate è dedicata a colture alimentari, mentre il 21% è destinato a colture commerciali (cash crops) e il 21% alla produzione di biocarburanti[7]. Questo indica quanto vasta sia la diversità degli investitori e dei progetti che hanno a che fare con l'acquisizione di terra: l'estensione dei lotti, il tipo di coltura, e la natura degli investitori coinvolti, variano in misura notevole da caso a caso.

Di questi progetti, il 30% erano ancora in fase esplorativa, mentre 70% erano approvati ma in vari stadi di sviluppo: il 18% non era ancora partito, il 30% erano a stadi iniziali di sviluppo, mentre per il 21% la coltivazione era già iniziata[8] La proporzione incredibilmente bassa dei progetti con coltivazioni già avviate è un dato indicativo delle difficoltà inerenti all'avvio di produzioni agricole su larga scala nei paesi in via di sviluppo.


Forma giuridica degli accordi

Gli investimenti in terreni agricoli prendono spesso la forma giuridica della locazione a lungo termine, anziché dell'acquisto. La durata di questi affitti varia tra i 25 e i 99 anni; in genere, sono stipulati tra investitori e governi nazionali o locali. Poiché i terreni dell'Africa, per la maggior parte dei casi, sono classificati come «beni non-privati» (in conseguenza di politiche pubbliche e di governo, o per la mancanza di un'effettiva intitolazione delle proprietà: quest'ultimo caso avviene, ad esempio, in presenza di un possesso meramente consuetudinario), la gran parte delle terre disponibili per tali investimenti è in possesso di governi o sotto il loro controllo. Gli acquisti sono molto meno diffusi degli affitti per via di divieti costituzionali nazionalistici, che impediscono la cessione di proprietà terriere a stranieri.


Opacità e farraginosità dei processi negoziali

I metodi che stanno dietro alla negoziazione, all'approvazione e all'applicazione dei contratti tra investitori e governi, sono stati oggetto di notevoli critiche a causa della loro complessità e mancanza di trasparenza. In molti casi, i processi di negoziazione e approvazione sono stati opachi, poco divulgati all'esterno, sia durante sia dopo la conclusione di un accordo. Il processo di approvazione, in particolare, può essere arzigogolato e farraginoso: si può passare dall'approvazione a un semplice livello di ufficio distrettuale, all'approvazione da una serie di uffici di rango governativo, con processi che sono molto soggettivi e discrezionali In Etiopia, ad esempio, le società interessate devono prima ottenere una licenza di investimento dal governo centrale. Quindi, il governo intraprende uno studio di fattibilità del progetto e un processo di verifica dei capitali, e, infine, viene stipulato un contratto di affitto con cui la disponibilità delle terre viene trasferita all'investitore. In Tanzania, nonostante il Tanzania Investment Centre favorisca gli investimenti, un investitore deve ottenere l'approvazione da ciascuno di una serie di interlocutori, il TIC stesso, il ministro dell'agricoltura, il ministro dello sviluppo abitativo e terriero, il ministro dell'ambiente, tutti soggetti tra cui, spesso, la comunicazione è intermittente.


Paesi oggetto di acquisizioni

La localizzazione di molti atti di accaparramento di terre ricade nel Sud del mondo, con il 70% di acquisizioni di terre concentrate nell'Africa subsahariana. Altre aree di notevole interesse sono il Sudest asiatico e l'America latina.

Uno degli argomenti comuni ai vari governi è il tema dello sviluppo economico: i governi pubblicizzano i benefici dello sviluppo, della creazione di posti di lavoro, della produzione cash crop, dell'approntamento di infrastrutture, come un volano per lo sviluppo economico e, in definitiva, per la modernizzazione. Molte società investitrici hanno promesso di costruire infrastrutture irrigue, strade, e, in qualche caso, ospedali e scuole per portare avanti i loro progetti di investimento. Ad esempio, in cambio di un canone annuale di 10 dollari per ettaro, al di sotto dei valori di mercato, la Saudi Star ha promesso "di portare cliniche, scuole, strade migliori e fornitura di energia elettrica a Gambella" (Etiopia). I governi fanno anche conto sulla creazione di nuovi posti di lavoro come significativo effetto dell'acquisizione di terre.

La questione dello sviluppo agricolo è un fattore guida significativo, all'interno del più largo contesto dello sviluppo, nel determinare il consenso dei governi a investimenti esterni. L'accettazione, da parte del governo etiopico, di acquisizioni di terre finalizzate al cash crop, riflette la convinzione che il passaggio a questo tipo di produzione sarebbe stato perfino più benefico, per la sua sicurezza alimentare, di un'organizzazione produttiva tutta interna ma basata su un'agricoltura di sussistenza, in cui agricoltori locali producono esclusivamente il necessario per il proprio fabbisogno alimentare. Implicito, nella caratterizzazione dell'agricoltura africana come "sottosviluppata", è il rifiuto dei metodi dell'agricoltura tradizionale praticata dalle comunità locali, giudicati come strumenti inadeguati per l'approvvigionamento del cibo.

Su una scala più piccola, alcuni accordi posso esse ricondotti a un interesse personale al progetto, o forse dovuti a corruzione o al perseguimento di rendite personali (rent-seeking). Dal momento che, nei diversi paesi, tali approvazioni avvengono attraverso procedure ad hoc e decentralizzate, il rischio di un deficit di pratiche di buongoverno e l'apertura di spazi alla corruzione diventano molto alti. In molti paesi, la Banca Mondiale ha notato che gli investitori sono spesso meglio disposti a imparare a districarsi nel labirinto burocratico e, potenzialmente, a ricompensare i funzionari governativi corrotti, piuttosto che impegnarsi nello sviluppo di un business plan fattibile e sostenibile.


Politiche difensive

In alcuni casi, il fenomeno ha determinato l'elaborazione di strategie difensive, messe in atto sul piano normativo all'interno degli ordinamenti interni dei paesi che si considerano possibili obiettivi.

Dal 2010, il Brasile ha rafforzato, in senso restrittivo, una legge già esistente che limitava l'estensione dei terreni coltivabili acquisibili in locazione da soggetti stranieri, bloccando una larga quota di acquisti di terra da parte di forestieri.

In Argentina, da settembre 2011, è stato presentato, per essere discusso parlamento, un disegno di legge che restringerebbe a 1000 ettari l'estensione massima dei lotti di terra alienabili a stranieri.


Provenienza degli investitori

Le ricerche compiute hanno disegnato una situazione variegata circa la provenienza degli investitori. Secondo il Land Portal, il Regno Unito sarebbe il principale paese di origine delle aziende investitrici, seguito da Stati Uniti d'America, India, Emirati Arabi Uniti, Sudafrica, Canada, e Malaysia, con la Cina relegata a un ruolo molto più marginale.

Secondo i dati presenti nel database GRAIN, riferiti alla situazione nota nel 2012:

Stati Uniti d'America, Emirati Arabi Uniti, e Cina coprirebbero insieme il 12% del fenomeno;
all'India sarebbe riconducibile l'8% delle acquisizioni;
Regno Unito ed Egitto per il 6%;
Corea del Sud per il 5%;
Sudafrica, Singapore, Malaysia e Arabia Saudita con il 4 per cento.

Sia il Land Portal sia il database GRAIN indicano negli Stati Uniti e nel Regno Unito gli attori di maggior rilievo nelle acquisizioni transnazionali dii terre. Si tratta di aziende dell'agroalimentare, ma anche di fondi di investimento, che investono soprattutto in canna da zucchero, jatropha, o olio di palma. È evidente che questa tendenza è stata guidata dagli obiettivi prefissi dall'Unione europea e dagli Stati Uniti d'America riguardo ai consumi di biocarburanti, ma anche dalla ricerca di una maggiore integrazione verticale nell'agrobusiness in generale.

Una linea di tendenza minoritaria è quella offerta dal quadro degli investitori del Medio oriente e degli investitori cinesi sostenuti dallo stato. Mentre gli Emirati Arabi Uniti sono stati protagonisti di azioni significative per dimensioni (alcune di esse guidate dall'esigenza di reperire fonti alimentari), con l'Arabia Saudita a giocare un ruolo minore, questo filone non rappresenta il trend dominante. Quest'ultimo aspetto del land grabbing , quindi, non costituisce in alcun modo una rappresentazione completa del fenomeno, nonostante abbia guadagnato in modo particolare l'attenzione dei mass media.

Nel 2019 Focsiv, federazione dei volontari nel mondo e Cidse, l’alleanza delle Ong cattoliche internazionali, hanno realizzato un report congiunto sul land grabbing in cui si confermava il ruolo degli Stati Uniti come primatisti della corsa all'accaparramento globale di terre, che nell'anno precedente aveva raggiunto la quota complessiva 88 milioni di ettari con 13,4 milioni di ettari presi in gestione da istituzioni finanziarie o operatori a stelle e strisce. Gli Usa erano seguiti dal Canada (10,7 milioni) e dal Regno Unito (7,9 milioni). Non mancano investitori istituzionali situati in paradisi fiscali off-shore, come testimoniato dalla presenza in classifica di Paesi delle Bermuda, delle Isole Vergini Britanniche, delle Mauritius, delle Isole Cayman e del Liechtenstein, che offrono condizioni finanziarie e fiscali estremamente vantaggiose per attrarre i capitali degli operatori internazionali.

Tipi di investimenti fondiari

Gli investitori, in generale, possono essere divisi in tre tipi: industrie agroalimentari, governi, e investitori speculativi. Governi e compagni degli stati del Golfo Persico hanno avuto un ruolo molto in vista insieme alle società dell'Asia orientale, ma degli investimenti sono stati iniziati da molti fondi comuni di investimento e produttori agricoli europei e americani. Questi attori sono stati motivati da un certo numero di fattori, tra cui l'economicità delle terre, il potenziale miglioramento della produzione agricola, e l'aumento dei prezzi del cibo e dei biocarburanti. Partendo da queste motivazioni di base, gli investimenti possono essere suddivisi in tre categorie principali:

approvvigionamento di cibo;
produzione di biocarburanti;
investimenti speculativi.

Anche la selvicoltura contribuisce a un ammontare significativo delle acquisizioni di terreni su larga scala.

Cibo

Gli investimenti finalizzati alla produzione alimentare, che coprono all'incirca il 37% degli investimenti mondiali, sono intrapresi soprattutto per due insiemi di fattori:

aziende dell'industria agroalimentare che cercano di espandere le loro tenute e di reagire agli stimoli provenienti dal mercato;
investimenti di iniziativa governativa, soprattutto da parte di stati del Golfo Persico, quale risultato dei timori relativi alla sicurezza alimentare nazionale[8].

Esigenze finanziarie e di gestione del rischio[modifica | modifica wikitesto]

Molto spesso, le società del settore agricolo vedono l'investimento in terra come un'opportunità per attivare la leva finanziaria delle loro rilevanti risorse finanziarie e l'accesso al mercato per trarre vantaggio da terre sottoutilizzate, diversificare le loro proprietà fondiarie, e integrare verticalmente i loro sistemi di produzione. La Banca mondiale identifica tre aree in cui le compagnie multinazionali possono far leva su economie di scala:

accesso a convenienti mercati finanziari internazionali piuttosto che ai domestici;
diversificazione finanziaria per la riduzione del rischio;
maggiore abilità nell'affrontare blocchi infrastrutturali[8].

Nei decenni precedenti alla crisi, le multinazionali sono state riluttanti di fronte a un loro diretto coinvolgimento nella produzione primaria di beni di relativo scarso profitto, preferendo piuttosto focalizzarsi sui fattori produttivi, sulla trasformazione e sulla distribuzione. Quando la crisi dei prezzi ha colpito, il rischio è stato trasferito dalla produzione primaria ai campi della trasformazione della distribuzione (sensibili ai prezzi) e ritorna a essere concentrato nella produzione primaria. Questo ha incentivato le aziende agroalimentari a integrare su scala verticale il loro sistema produttivo in modo da ridurre il rischio sulle forniture che è stato ingigantito dalla perdurante instabilità dei prezzi. Queste società manifestano attitudini diversificate nei confronti dell'importazione e dell'esportazione: mentre alcune si concentrano nell'export alimentare, altre si concentrano prima sui mercati nazionali interni.

Biocarburanti

La produzione di biocarburanti, pari al 21% degli investimenti totali (primo decennio degli anni 2000), ha giocato un ruolo significativo e a volte non chiaro. L'uso e la diffusione dei biocarburanti sono cresciuti nel decennio precedente, in coincidenza con la crescita del prezzo del petrolio e con il crescere della sensibilità ambientale. L'area complessiva dedicata a colture finalizzate ai biocarburantiè più che raddoppiata tra il 2004 e il 2008, arrivando a 36 milioni di ettari nel 2008[19]. Questo aumento di popolarità è culminata nella direttiva europea dell'aprile 2009, la 2009/28/CE, che ha stabilito l'obbligo di raggiungere l'obiettivo del 10% nell'uso di energie rinnovabili, soprattutto biocarburanti, sul consumo totale di carburanti per i trasporti. Presa nel suo complesso, la crescita nella diffusione dei biocarburanti, sebbene forse benefica per l'ambiente, ha innescato una reazione a catena, rendendo la produzione di biocarburanti più attraente della produzione di cibo, sottraendo estensioni di terreni a quest'ultimo settore in favore del primo.


Critiche

Fin dal 2007, gli investimenti in terra su larga scala sono caduti sotto la lente di organizzazioni della società civile, ricercatori, e altre organizzazioni, per motivi concernenti alcune criticità, come l'instabilità agricola, la consultazione e la remunerazione delle comunità locali, gli spostamenti di popolazioni locali, l'impiego della manodopera locale, le procedure negoziali tra investitori e negozianti, e le conseguenze ambientali di queste forme di agricoltura su larga scala. Queste istanze hanno contribuito alla caratterizzazione e all'etichettatura negativa del fenomeno, da parte dei critici, sotto la specie del "land grabbing", senza operare alcuna distinzione in base al tipo di investimento e prescindendo dall'impatto finale di questi investimenti sulle comunità locali.

Instabilità agricola

Una delle questioni principali è quella riguardante la proprietà fondiaria: in uno studio del 2003, La Banca Mondiale ha stimato che solo una piccolissima quota della proprietà delle terre d'Africa, valutata tra il 2 e il 10 per cento, è detenuta sulla base di titoli formali e sicuri[10]. Gran parte del deficit nella proprietà privata di terre è dovuta alla proprietà statale della terra, quale risultato di precise politiche interventiste nazionali, oltre che alla complessità delle procedure richieste per la registrazione dei diritti di proprietà[10]. Ma un ruolo importante è giocato anche da un fattore psicologico diffuso, la mancata percezione, da parte delle comunità locali, dell'inadeguatezza dei sistemi consuetudinari di rivendicazione del diritto di possesso[10]. Ricercatori della Banca mondiale hanno mostrato come proprietà personali basate su titoli di possesso informali e incerti siano meno suscettibili di valutazione come capitale produttivo[2][22]. Esiste una forte correlazione statistica negativa tra il riconoscimento formale della proprietà fondiaria e le prospettive di acquisizioni terriere, con anche una minore, ma ancora significativa, relazione con i progetti già implementati[8]. Lo studio concludeva con una considerazione sul rapporto evidenziato tra l'immaterialità dei titoli di proprietà e la vulnerabilità agli appetiti esterni: secondo i ricercatori, infatti, "un riconoscimento affievolito dei diritti sulle terre aumenta l'attrattiva di un paese come oggetto di acquisizione di terre", con la conseguenza che le società sono andate attivamente alla ricerca di opportunità di investimento proprio in aree territoriali in cui vi era un debole riconoscimento dei titoli di proprietà[8].


Note

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^ Salta a: a b J. Michael Graglia, Elena Panaritis; At the End of the Beginning: The Formalization of Property Rights in Emerging Markets, Chazen Web Journal of International Business, Fall 2002
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^ Salta a: a b (EN) GRAIN releases data set with over 400 global land grabs, GRAIN, 23 febbraio 2012. URL consultato il 12 luglio 2017.
^ Salta a: a b Klaus Deininger, Derek Byerlee, Rising Global Interest in Farmland: Can it Yield Sustainable and Equitable Benefits? (PDF), The World Bank, 2010., p. xxxii
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^ Farmland Investment, Peer Voss, a farmland brokerage. URL consultato il 30 novembre 2011 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2011).
«restrictions now limiting the size of farm land...».
^ Farmland Investment, Peer Voss, a farmland brokerage. URL consultato il 30 novembre 2011 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2011).
«discussed in congress that would limit the maximum...».
^ I padroni della Terra – primo rapporto sul landgrabbing, Comunicato stampa Focsiv, 27 aprile 2018
^ Ibid.
^ Andrea Muratore, La corsa globale all’accaparramento della terra, Osservatorio Globalizzazione, 19 marzo 2020
^ A. Selby, Institutional Investment into Agricultural Activities: Potential Benefits and Pitfalls, Washington D.C., Presentato alla conferenza "Land Governance in support of the MDGs: responding to New Challenges", Banca mondiale, 2009.
^ Towards sustainable production and use of resources assessing biofuels, Paris, United Nations Environment Programme, 2009.
^ Alison Graham, Sylvain Aubry, Rolf Künnemann, and Sofia Suarez, The Impact of Europe's Policies and Practices on African Agriculture and Food Security, FIAN, 2010 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2011).
^ Ruth Hall, Land grabbing in Southern Africa: the many faces of the investor rush, in Review of African Political Economy, vol. 38, giugno 2011, p. 193, DOI:10.1080/03056244.2011.582753. URL consultato l'8 febbraio 2012.
^ Klaus Deininger, Land Policies for Growth and Poverty Reduction. A World Bank Policy Research Report, co-edito da World Bank e Oxford University Press, 2003 ISBN 0-8213-5071-4

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Cuffaro Nadia, Giovannetti Giorgia, Monni Salvatore (a cura di) "Large scale foreign acquisitions of land in developing countries. Risks, opportunities and new actors" Special issue“ QA/Rivista dell'Associazione Rossi Doria 2/2013
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FAO (2012), Voluntary Guidelines on the Responsible Governance of Tenure of Land, Fisheries and Forests, available on line: http://www.fao.org/docrep/016/ i2801e/i2801e.pdf

Letteratura in italiano

Franca Roiatti, Il nuovo colonialismo. Caccia alle terre coltivabili, Università Bocconi editore, ISBN 978-88-835-0136-4
Stefano Liberti, Land Grabbing. Come il mercato delle terre crea il nuovo colonialismo, Minimum fax, Roma, 2011.
Emanuele Bompan, Marirosa Iannelli, Water grabbing. Le guerre nascoste per l'acqua nel XXI secolo, 2018, Emi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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