Il senso di colpa

Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » ven giu 26, 2020 9:53 pm

Se tutti si inginocchiano, chi difenderà la cultura e la storia occidentale?
Giulio Meotti
25 giugno 2020

https://it.gatestoneinstitute.org/16163 ... ccidentale

La statua di Winston Churchill a Londra – il quale si oppose ai nazisti durante la Seconda guerra mondiale e salvò l'Europa dalle barbarie – è stata coperta dalle autorità locali durante le recenti proteste. Il suo "impacchettamento" ricorda una delle antiche statue nude romane che sono state coperte per compiacere il presidente iraniano Hassan Rohani in visita a Roma o la "sparizione" dei ritratti nella ex Unione Sovietica. (Foto di Tolga Akmen/AFP via Getty Images)

"L'antirazzismo non è più la difesa della pari dignità delle persone, ma un'ideologia, una visione del mondo", ha dichiarato il filosofo francese Alain Finkielkraut, figlio di sopravvissuti alla Shoah.

"L'antirazzismo si è trasformato. (...) All'ora della grande migrazione non si tratta più di accogliere i nuovi arrivati integrandoli nella civiltà europea, ma di esporre i difetti di questa civiltà".

Finkielkraut ha definito "l'autorazzismo" come "la patologia più sconcertante e grottesca della nostra epoca".

La sua capitale è Londra.

"Topple the racists" ("Abbatti i razzisti") è una mappa con sessanta statue in trenta città inglesi di cui si chiede l'abbattimento in omaggio al movimento nato negli Stati Uniti in seguito all'uccisione di George Floyd, un afroamericano deceduto mentre un poliziotto bianco, Derek Chauvin, gli teneva premuto il ginocchio sul collo.

A Bristol, una folla ha gettato in acqua la statua del filantropo e proprietario di schiavi Edward Colston. Poi, le proteste si sono spostate a Londra con atti di vandalismo ai danni delle statue di Winston Churchill, del Mahatma Gandhi e di Abraham Lincoln. E il sindaco, Sadiq Khan, ha annunciato una commissione sulla rimozione di statue che non riflettono i "valori di Londra", dopo aver rimosso il monumento dedicato a Robert Milligan, ricco mercante scozzese di schiavi, che era posto fuori dal Museum of London Docklands. Ci sono i nomi di altre due statue da rimuovere da due ospedali londinesi.

Vandalismo e odio di sé stanno rapidamente guadagnando terreno. L'epopea delle grandi scoperte associate all'impero britannico è diventata vergognosa. Le proteste non riguardano la schiavitù. Oggi, nessuno nel Regno Unito si rallegrerebbe per quel periodo. È piuttosto un appello all'epurazione culturale di tutte le opere che contraddicono il nuovo mantra: "diversità".

"Una nuova forma di talebani è nata oggi nel Regno Unito", ha scritto Nigel Farage, riferendosi alle due gigantesche statue del Buddha che vennero fatte saltare in aria dai talebani in Afghanistan, nel 2001. "Se non ristabiliamo presto l'autorità morale, sarà impossibile vivere nelle nostre città."

La lista delle statue da rimuovere annovera i nomi di Oliver Cromwell e Horatio Nelson, due figure di spicco della storia britannica, nonché quello di Nancy Astor, la prima donna a essere eletta deputata nel 1919. Spiccano anche i nomi di Sir Francis Drake, Cristoforo Colombo e Charles Gray (primo ministro il cui governo supervisionò all'abolizione della schiavitù nel 1833).

Il premier britannico Boris Johnson, esprimendo opposizione alla campagna di rimozione, ha dichiarato:

"Noi non possiamo tentare di modificare o censurare il nostro passato. Non possiamo fingere di avere una storia diversa. Le statue nelle nostre città sono state erette da generazioni precedenti. Avevano prospettive diverse, una diversa comprensione di ciò che è giusto e sbagliato. Ma quelle statue ci insegnano il nostro passato, con tutti i suoi errori. Abbatterle significherebbe mentire sulla nostra storia e impoverire l'istruzione delle generazioni future".

Il senso di colpa postcoloniale per il passato imperiale britannico sta, tuttavia, avendo ripercussioni ben più ampie dell'abbattimento delle statue. Ad esempio, c'è ancora un silenzio totale riguardo ai cristiani perseguitati, secondo un vescovo britannico che è stato incaricato dal governo di indagare sui casi di persecuzione dei cristiani in tutto il mondo e sulle loro sofferenze. Inoltre, c'è soprattutto un ritiro dalla scena mondiale. "Quando l'Occidente perde fiducia in se stesso, a causa dell'eccessivo o assurdo senso di colpa per il colonialismo, vira verso l'isolazionismo", ha osservato Bruce Gilley, un professore di Scienze Politiche. "Abbiamo timore che qualsiasi cosa facciamo sia coloniale. Ci sono molti Paesi disposti a entrare in quel vuoto di governance a livello globale: Cina, Iran, Russia, Turchia."

Il senso di colpa postcoloniale sta inoltre soffocando la libertà di espressione nel Regno Unito. Trevor Phillips, l'ex presidente della Commissione britannica per l'Uguaglianza e per Diritti dell'uomo, è stato sospeso dal Partito Laburista con l'accusa di "islamofobia". La colpevolezza di Phillips? Essere stato critico nei confronti del multiculturalismo. Nelle parole di Phillips:

"A mio avviso, la reticenza nell'affrontare questioni legate alla diversità e ai suoi disagi rischia di consentire al nostro Paese di sonnambulare verso una catastrofe che metterà le comunità l'una contro l'altra, approverà le aggressioni sessiste, sopprimerà la libertà di espressione, annullerà le libertà civili duramente conquistate e minerà la democrazia liberale che ha servito così bene questo paese per così tanto tempo".

Phillips ha inoltre affermato che i politici e i giornalisti britannici sono "terrorizzati" all'idea di parlare di razza, lasciando così che il multiculturalismo diventi un " racket" nelle mani di coloro che cercano di consolidare la separazione. Un uomo originario della Guyana, un veterano del Labour Party e presidente della Commissione per l'Uguaglianza ha detto la verità ai multiculturalisti.

Gli attivisti mobilitati per rimuovere le statue vogliono cambiare radicalmente la fisionomia della capitale britannica. Lo scontro sembra essere costituito, da un lato, da violenti censori che bullizzano tutti e, dall'altro lato, da politici vigliacchi che si adeguano, hanno paura e si inchinano ai vandali. I monumenti sono una parte vitale e visibile di una città, ne incarnano il posto nella storia, altrimenti restano solo fermate dei bus e Burger King. Questi contestatori sembrano desiderare una storia riveduta e asettica. Se non comprendiamo rapidamente che, se cancelliamo il nostro passato, come ha cercato di fare l'ex Unione Sovietica, sarà più facile per queste persone creare la loro visione del nostro futuro, privandoci del timone per pilotarci e ancorare noi e i nostri valori. Ci resteranno in mano soltanto i cocci della nostra storia e cultura.

Questo movimento di odio dell'Occidente – che ha, come tutti noi, una storia imperfetta – sembra essere nato nelle università britanniche. A Cambridge, docenti di Letteratura hanno chiesto di sostituire gli autori bianchi con quelli di colore per "decolonizzare" il curriculum. L'Unione degli studenti della Soas, la prestigiosa Scuola di studi orientali di Londra, ha invocato la rimozione dal curriculum di Platone, Kant, Cartesio, Hegel e altri nomi della cultura occidentale, perché "tutti bianchi", come se il colore della pelle dovesse essere l'unico fattore determinante dei nostri pensieri. A Manchester, studenti hanno cancellato il murale della poesia "If" di Kipling.

Nigel Biggar, uno studioso del colonialismo, ha detto che un "clima di paura" è tornato a regnare nelle università britanniche. Di recente, l'Università di Liverpool ha deciso di cambiare il nome di uno degli edifici del campus, intitolato all'ex primo ministro William Gladstone. A Oxford, la statua di Cecil Rhodes, filantropo e fondatore della Rhodesia (oggi Zimbabwe), ha le ore contate

"C'è un po' di ipocrisia," ha commentato Lord Patten, cancelliere di Oxford, "nel finanziare gli studi a Oxford di un centinaio di studenti stranieri all'anno, circa un quinto proveniente dall'Africa, e poi dire che vogliamo gettare la statua di Rhodes... nel Tamigi". Patten ha affermato che la sua opinione non si discosta da quella "espressa da Nelson Mandela in occasione dell'istituzione del Rhodes Trust nel 2003", pertanto, nonostante i "problemi legati a Cecil Rhodes nella storia, se andava bene per Mandela, allora va bene anche a me". Ma non ai revisionisti.

È come se la storia occidentale sia stata riscritta per rappresentare tutta la civiltà occidentale come un'unica e gigantesca apartheid. È come se non dovessimo solo abbattere le statue, ma anche noi stessi. Una democrazia di successo, tuttavia, non può essere costruita cancellando semplicemente il passato.

La statua di Winston Churchill a Londra – il quale si oppose ai nazisti durante la Seconda guerra mondiale e salvò l'Europa dalle barbarie – è stata coperta dalle autorità locali durante le recenti proteste. Il suo "impacchettamento" ricorda una delle antiche statue nude romane che sono state coperte per compiacere il presidente iraniano Hassan Rohani in visita a Roma o la "sparizione" dei ritratti nella ex Unione Sovietica di persone cadute in disgrazia per decisione del Politburo. Cancellare la propria storia non serve a nulla. Si può non avere una storia perfetta, ma è comunque la propria storia. Come ha scritto lo storico Victor Davis Hanson, un Paese "non deve essere perfetto per essere buono". Asportare le parti sgradevoli non cambia i fatti: possono essere rimpiazzati da parti più sgradevoli.

Alcuni musei londinesi hanno già adottato da tempo questa politica di epurazione e di autocensura. La Tate Gallery di Londra ha vietato la creazione artistica di John Latham che mostrava una copia del Corano dentro una lastra di vetro. Il Victoria and Albert Museum ha prima esposto e poi ritirato un'opera d'arte devozionale dell'immagine di Maometto. La galleria Saatchi ha esibito due opere che sovrapponevano scrittura araba a immagini nude, ma poi ha coperto i due dipinti dopo le lamentele dei visitatori musulmani. La Whitechapel Art Gallery ha epurato una mostra rimuovendo delle bambole nude esposte.

Il dizionario Merriam-Webster ha appena rivisto e aggiornato la definizione di "razzismo" per includere quello "sistemico", il che significa presumibilmente che l'intera società è colpevole e ingiusta.

I censori sembrano intenzionati a controllare il nostro universo mentale, come nel romanzo di George Orwell, 1984:

"Ogni documento è stato distrutto o falsificato, ogni libro è stato riscritto, ogni quadro ridipinto, ogni statua, ogni strada e ogni edificio sono stati rinominati, ogni data è stata modificata. E il processo procede di giorno in giorno, di minuto in minuto. La storia si è fermata. Non esiste null'altro che un eterno presente in cui il Partito ha sempre ragione."

Questo processo di auto-avvilimento occidentale è iniziato molto tempo fa. I consiglieri laburisti in tutto il Regno Unito, ad esempio, hanno cominciato a esaminare tutte le statue sotto la loro giurisdizione. Il sindaco di Bristol, Marvin Rees, anziché difendere lo Stato di diritto, ha definito la violenta rimozione della statua di Colston un atto di "poesia storica". Quando i vandali hanno iniziato a distruggere le statue, molti hanno applaudito. Il premier britannico Boris Johnson ha definito questi atti di distruzione "iconoclastia politicamente corretta".

Una settimana prima della polemica sul destino delle statue, nel Regno Unito le persone si sono inginocchiate nel nome di George Floyd. Era come se ci fosse una richiesta collettiva che la società occidentale nel suo insieme doveva pentirsi. Sembrava una forma di isteria ideologica, non così distante da quella dell'Inquisizione o dei processi alle streghe di Salem, che faceva sentire chi si inginocchiava più virtuoso, dalla "parte giusta" della giustizia. Si sono messi in ginocchio anche i poliziotti britannici, mentre negli Stati Uniti la speaker della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, e altri parlamentari dem si sono inginocchiati davanti ai loro feudatari. Entrambi sono stati atti di irresponsabilità e capitolazione. Pochi giorni dopo, l'establishment britannico si è inchinato ai nuovi talebani.

A cosa punta questo macabro gioco al massacro? Non a demolire i monumenti in quanto tali, come le statue di Cristoforo Colombo che sono state distrutte o decapitate. È più di questo. È una presa di potere per creare una rivoluzione culturale, per impedire a chiunque di dire che le culture non sono tutte uguali: per mettere sotto processo il passato dell'Europa; per infondere un rimorso perenne nelle coscienze e per diffondere il terrore intellettuale al fine di promuovere il multiculturalismo.

Quante persone si rifiuteranno di acconsentire a questa soppressione forzata della storia? Se molti si inginocchiano davanti a questo nuovo totalitarismo, chi avrà il coraggio di difendere la cultura e la storia occidentale?
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » mar lug 07, 2020 7:12 am

Demolire le statue razziste? Certo!
https://www.facebook.com/DirittiUmanide ... 3948710790


Gli Stati Uniti d'America, sono uno stato costituito da uomini migrati nei secoli da tutta la terra dove i bianchi sono la stragrande maggioranza e gli amerindi una minoranza e tutti, rossi, bianchi, neri e gialli hanno lo stesso diritto a vivervi nel reciproco rispetto e chi vorrebbe ridurre questi diritti a chicchessia va considerato un mortale criminale razzista antiamericano, nemico dell'umanità, della libertà, della civiltà, della fraternità e della pace.
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » mar lug 07, 2020 7:13 am

Il senso di colpa - Coleman Hughes
Niram Ferretti
6 luglio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"Ci sono numerosi video di persone bianche uccise dalla polizia...ma i loro nomi non finiscono nelle notizie...Esiste la falsa percezione che i neri vengano uccisi dalla polizia in proporzione molto maggiore e c'è una sorta di psicologia della colpa che è molto potente e anima il modo in cui i liberal bianchi si rapportano emotivamente e intellettualmente a questo tema. Molti bianchi provengono da quartieri o aree metropolitane relativamente abbienti, guardano le notizie, vedono cosa significa vivere nelle case popolari, vedono interi palazzi pieni di neri. Paragonato al loro quello è uno stato di estrema indigenza, e comprensibilmente si chiedono, 'Quale è la ragione?' e la narrativa maggioritaria in offerta, quella che ha esponenzialmente inondato i college è che, in qualche modo, sei da incolpare, o lo sono i tuoi antenati, o al minimo, sei complice in un sistema che è stato edificato in modo che persone come te abbiano successo. La causa comincia lì e giunge alla morte di George Floyd, per esempio. Quell'evento diventa simbolico della tua complicità. Attiva una intera psicologia della colpa che è enormemente importante per la gente. Crea quella che ritengo sia una senzazione simile a quella del peccato originale e all'idea che il sangue di Cristo sia sulle tue mani. C'è una parte della mente umana che brama questa emozione, e questa emozione viene fornita dal moderno antirazzismo a molti bianchi".


Non vi è nulla di male ad essere bianchi, europei, occidentali, cristiani, ebrei e non religiosi.
Anzi è un di più per l'umanità che vi siano anche i bianchi, perché la ricchezza della diversità è un bene della vita, della terra, della creazione e dell'universo.


Io come uomo, bianco, europeo, italiano e veneto non ho alcuna colpa per il male che c'è al Mondo e rispondo unicamente delle mie azioni.
Il senso di colpa lo provo solo quando sento di aver fatto del male, quando sento di aver violato le buone leggi universali della vita causando del male che mi si ritorce contro o che potrebbe ritorcermisi contro.
Se non ho coscienza di aver fatto del male non provo alcun senso di colpa.
E non vi è alcuna colpa nell'essere bianchi, occidentali, cristiani, atei, aidoli, laici, sani, forti, belli e ricchi, non vi è alcun male nello stare bene e lo stare bene non si fonda sul male degli altri, come la ricchezza non si fonda sulla povertà altrui e la forza non si fonda sulla debolezza altrui.
Il proprio star bene, la propria forza e la propria ricchezza benefica anche gli altri d'intorno.

Chi mi attribuisce colpe che non ho come bianco, europeo e cristiano e che mi demonizza per questo è solo un calunniatore criminale che viola i miei diritti umani sia esso anche il Papa romano che invito caldamente a misurare le parole e ad avere più rispetto per me, per gli europei, per i bianchi, per gli occidentali, per i cristiani e per i non più cristiani come me e anche per gli ebrei di Israele che è la loro terra da migliaia di anni.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... =3&theater
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » sab lug 18, 2020 7:26 pm

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/07/2020 a pag.III, con il titolo "Il mea culpa senza perdono” l'analisi di Giulio Meotti.

Giulio Meotti

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=78875

"La Francia ci deve ancora chiedere scusa", dichiara il presidente algerino Tebboune, dopo aver istituto per l'8 maggio la "giornata nazionale della memoria", in riferimento ai massacri dell'8 maggio 1945 perpetrati dall'esercito francese. Ma quale storia? Quale memoria? Sono le domande sollevate dallo scrittore algerino Boualem Sansal nel suo dialogo con Boris Cyrulnik, "France-Algérie: Résilience et réconciliation en Méditerranée", pubblicato da Odile Jacob. Secondo Sansal, l'obiettivo di questa richiesta di scuse del mondo arabo all'Europa è triplice: "Iscrivere la guerra di liberazione nella jihad globale della nazione araba e musulmana contro i crociati", "impedire che la conquista araba e il dominio ottomano venga considerate colonizzazione allo stesso modo di tutte le altre colonizzazioni", infine "oscurare il passato giudeo-cristiano prima dell'islam".
Di decolonizzazione si parla da oltre un mese in occidente, dalle statue abbattute ai curricula universitari rivisitati. "La guerra totale contro l'occidente bianco giudaico-cristiano continua, portando ogni giorno cose nuove", dice Boualem Sansal in questa intervista al Foglio. È l'autore di alcuni fra i romanzi più fortunati pubblicati in Francia negli ultimi anni, su tutti "2084". A ottobre, Sansal per Gallimard pubblicherà un nuovo lavoro, "Abraham: La cinquième alliance". "L'ultima novità è particolarmente feroce, si rivolge alle donne e agli uomini che hanno fatto la storia e la grandezza dell'occidente, a volte la sua vergogna. Denunciamo coloro che sono stati coinvolti nella colo "La visione razzista è sconfitta in occidente. Per gli islamisti c'è una sola razza, i musulmani, gli altri sono cani e maiali" "I leader occidentali non hanno mai capito l'islam né percepito le ossessioni e gli impulsi che influenzano la ummah nizzazione e nella schiavitù, domani inventeremo altre cose, come l'orientamento sessuale, l'appartenenza a determinati partiti, i precedenti penali. E a poco a poco l'occidente finirà per perdere la sua identità e la sua memoria e sarà un territorio morto. Se l'occidente cede su questo terreno, è morto senza appello".
Veniamo all'Algeria. "Il senso di colpa è naturale, possiamo ovviamente rimpiangere alcune delle nostre azioni e fare ammenda a chi ha sofferto. Ciò che è pericoloso è lasciarsi prendere dall'eccesso: più ci si pente, più si alimenta la domanda di pentimento e di riparazione. Le cose stanno così perché alla base c'è la paura del conflitto, e la mancanza di coraggio per mettere fine a questo gioco assurdo che infantilizza l'uno e rende l'altro più piccolo.

Se a Monaco di Baviera i francesi e gli inglesi avessero detto `stop', la Seconda guerra mondiale non ci sarebbe stata. La codardia è stata fatale per molti popoli nel corso della storia". Nella nuova decolonizzazione occidentale subentrano le grandi dittature e autocrazie, Turchia, Cina, Russia e Iran. "La ruota della storia sta girando", spiega Sansal. "La Turchia, la Cina, la Russia, la Russia, l'Iran, il mondo arabo-musulmano, erano imperi potenti che l'occidente ha sconfitto, smantellato e saccheggiato. Oggi si dice: dobbiamo distruggere Roma per ritrovare la grandezza del passato. L'occidente si è indebolito, non è più in grado di difendersi, è in procinto di essere sconfitto, smantellato e saccheggiato a sua volta, tale è il significato della storia che si sta scrivendo sotto i nostri occhi. La prossima tappa ci dirà chi vincerà, la Cina imperiale, la Russia degli Zar, l'impero persiano degli Ayatollah o l'impero dei Califfi e del Rais? Il mondo arabo-musulmano ha un vantaggio sugli altri, ha una religione potente che sa mobilitare i suoi seguaci fino al martirio, le comunità musulmane in tutto il mondo che si organizzano e si rafforzano. Di fronte a tali avversari, l'Europa divisa e pusillanime non sa cosa fare, se non procrastinare e finire sempre per cedere. I suoi leader non sono chiaramente all'altezza del compito e i suoi popoli non sono in grado di affrontare le sfide".
Da algerino, Sansal rifiuta il nuovo antirazzismo ideologico. "Mentre la visione razzista viene sconfitta in occidente, essa è molto attiva in molte parti del mondo. Per il conquistatore, l'altro, quello che viene a distruggere, è una razza vile. Per gli islamisti c'è una sola razza, i musulmani, gli altri sono cani e maiali". In Francia sul carro della guerra e della recriminazione razziale sono saliti subito gli islamisti. "Non ci dovrebbero essere dubbi, l'islamismo sta conducendo una guerra totale contro l'Europa e contro la Francia in particolare, la guerra razziale ne è un episodio, come lo è stata a lungo la guerra del velo o la guerra contro le discriminazioni miste, ecc". Si colpisce anche la grande letteratura. "Questo è il principio della guerra totale, non cessa mai e si combatte su tutti i fronti, secondo la regola del `sempre più alto, più forte, più veloce"'.


La libertà di parola sta declinando ovunque. "La libertà di espressione sta per scomparire completamente. La tragedia è che l'occidente si sta mettendo la museruola, mantenendo un profilo basso e imponendo il silenzio alle voci libere per non `far disperare Billancourt', come diceva Sartre. Oggi Billancourt è la periferia, roccaforte di comunità in aperta rivolta contro il sistema bianco. Il caos crea ordine. C'è uno slogan islamista: `provocate il caos, apparirà la luce"'. Julien Benda scrisse "Il tradimento dei chierici". "Ci sono tre tipi di tradimento oggi", ci spiega Sansal. "Il tradimento attivo dell'intellettuale che, affetto dalla sindrome di Stoccolma, sposa le idee dei suoi rapitori; il tradimento egoista, quello della sinistra, per esempio, che sta radunando gli islamisti per sostituire i lavoratori, e il tradimento passivo, quello della maggioranza, attraverso un pusillanime silenzio. Ahimè, sembra che oggi i traditori siano molto più numerosi delle persone oneste". Sansal è rimasto colpito dalla mancanza di reazione occidentale alla reislamizzazione di Santa Sofia da parte dei turchi. Necip Fazil Kisakurek, il più importante poeta e polemista islamista dell'epoca, il 29 dicembre 1965, durante una conferenza su Santa Sofia, disse che la decisione di convertire la struttura in un museo fu come "mettere lo spirito dei turchi all'interno di un museo". Riferendosi al governo di Ataturk come a una "cricca", Kisakurek li accusò di aver commesso un atto di indicibile autolesionismo. Il poeta in quel discorso del 1965 disse anche che la riconversione a moschea della Basilica di Santa Sofia era solo una questione di tempo. Al tempo, Erdogan era solo un ragazzo di undici anni nel quartiere religioso della classe operaia di Kasimpasa a Istanbul. Quando Erdogan si è rivolto alla Turchia il 10 luglio dopo la sentenza della corte, ha citato la conferenza del 1965 di Kisakurek. Venerdì 24 luglio due imam e quattro muezzin reciteranno a Istanbul la prima preghiera islamica nella nuova moschea di Santa Sofia. E' l'anniversario del Trattato di Losanna, che ha tracciato i confini della moderna Turchia. "Erdogan vuole che il mondo occidentale lo guardi da vicino", scrive Selim Koru sul New York Times. Il presentatore Fatin Dagistanli, che lavora per l'emittente governativa Akit Tv, ha dato voce durante un'intervista al sogno proibito di molti musulmani conservatori, fedeli elettori di Erdogan: "La riconversione di Santa Sofia manda un messaggio importante. Questa mossa dovrebbe essere seguita dalla rinascita del Califfato. Porterebbe vantaggi politici ed economici. Sarebbe molto importante anche per lo sviluppo della umma musulmana". E lo stesso Erdogan che su Santa Sofia ha detto che si tratta di un messaggio a tutte le città che furono sotto il dominio islamico, compresa l'Andalusia. "L'islam lo ordina e il Profeta Maometto lo ha costantemente ripetuto ai credenti: i musulmani devono vivere uniti sotto lo stendardo assolutista di un califfo, l'unico rappresentante di Allah sulla terra" prosegue Sansal al Foglio. "Lo hanno fatto per quattordici secoli, fino al Ventesimo, quando i paesi occidentali smantellarono l'Impero Ottomano e lavorarono per l'abolizione del Califfato, avvenuta il 3 marzo 1924. Creando la Turchia, una repubblica moderna, laica, aperta al mondo, volendo integrarla nell'Unione europea, e incoraggiando d'altra parte la primavera araba a spingere i Paesi arabi sulla stessa strada della Turchia kemalista, si è creduto di aver messo fine alle minacce che i successivi califfati (arabi poi ottomani) avevano posto per secoli sul mondo, sull'Europa e sul Mediterraneo in particolare. Dopo la vittoria dei cristiani, i musulmani sono tormentati dall'idea di un ritorno del califfato per uscire dalla povertà in cui sono sprofondati con le decolonizzazioni, per riconquistare il potere di un tempo che faceva tremare il mondo e per punire gli occidentali per i loro crimini contro l'islam. Questo è il quadro storico attraverso il quale va letta la storia del mondo musulmano. Questo sogno è stato portato dagli arabi che credevano di ricostruire il califfato arabo così com'era ai tempi di gloria a Damasco, Baghdad, Il Cairo, Andalusia. Nasser, Saddam, Boumediene, Al Saud, Gheddafi, ci hanno creduto e hanno fatto di tutto per avere successo, grazie soprattutto al potere che il petrolio ha dato loro. Alla fine hanno fallito tutti. Gli islamisti hanno preso la fiaccola e ci sono quasi riusciti con al Qaeda e l'Isis. L'intera politica dell'Arabia Saudita è quella di unire la ummah sotto la sua bandiera e far risorgere il califfato. Oggi è Erdogan che cerca di farlo. Finora è riuscito in molte imprese, affermandosi come il padrone assoluto della Turchia, ricostruendo il suo potere economico e militare, islamizzando profondamente la popolazione. Con la trasformazione di Santa Sofia in moschea, in un momento in cui si sta imponendo in Libia e minaccia gli europei in vari modi (migranti, aggressione di una nave da guerra francese), ha compiuto forti atti simbolici che nei mesi e negli anni a venire produrranno notevoli effetti. Istanbul diventerà il centro del mondo musulmano e Santa Sofia detronizzerà Al Azhar e infonderà nuova energia al mondo musulmano. In generale, i leader occidentali non hanno mai compreso appieno l'islam, né hanno percepito correttamente le ossessioni e gli impulsi che stanno influenzando profondamente la Ummah. Oggi nessun leader europeo è all'altezza di Erdogan, tutti lo temono e fanno di tutto per compiacerlo. Gli unici leader che possono contrastarlo (Putin e Xi Jinping) preferiscono lasciarlo continuare a indebolire e screditare i leader europei, che ogni giorno mostrano debolezza e persino codardia sulla scena mondiale. Erdogan tiene in mano l'Europa, ne precipiterà il declino". Ma cosa prenderà il suo posto, se dovesse cadere? "L'occidente è ovunque in declino", conclude Sansal. "La pandemia di coronavirus ha accelerato il movimento. E così che Roma finì, minacciata dai conquistatori del Nord, dell'Est e del Sud. Si è divisa in due imperi. Bisanzio e parte dell'Impero Romano d'Occidente furono rapidamente conquistati. La fine dell'Europa non fermerà il mondo, che continuerà a girare". Quella che il Papa umanista Enea Silvio Piccolomini chiamò "la seconda morte di Omero e di Platone", riferendosi alla caduta di Costantinopoli nel 1453, avrebbe cambiato tutto. Le frontiere dell'occidente furono battute da una guerra nuova. E fu proprio l'indifferenza occidentale per quanto avveniva a Costantinopoli a segnarne la sorte. Come dirà Ferdinand Braudel nel 1985 a Châteauvallon, in Provenza, in un incontro con Hélène Ahrweiler, bizantinista e rettore della Sorbona, "noi l'impero bizantino l'abbiamo smembrato da vivo, proprio come prescrivono i libri di cucina quando dicono: `Il coniglio deve essere spellato vivo'! Noi abbiamo pelato viva Bisanzio". Forse, come dimostra la clamorosa decisione turca su Santa Sofia, continuiamo a pagare tormentati per quel tradimento.
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » ven lug 31, 2020 9:48 am

L'Occidente incolpa a torto se stesso per la schiavitù dilagante in Africa e in Medio Oriente
Giulio Meotti
29 luglio 2020

https://it.gatestoneinstitute.org/16289 ... io-oriente

Secondo Ayaan Hirsi Ali, che è fuggita dalla Somalia, suo Paese d'origine, e attualmente risiede negli Stati Uniti: "Quello che i media non vi dicono è che l'America è il miglior posto al mondo in cui essere neri, donne, gay o trans. Abbiamo i nostri problemi e dobbiamo risolverli. Ma la nostra società e il nostro sistema non sono affatto razzisti". (Foto di Mark Wilson/Getty Images)

Gli Stati Uniti hanno abolito la schiavitù 150 anni fa e hanno promosso delle politiche di tutela dei diritti delle minoranze. È il Paese che ha eletto due volte un presidente nero, Barack Obama! Eppure, un nuovo movimento sta abbattendo un monumento storico dopo l'altro, come se gli Stati Uniti stessero ancora schiavizzando gli afro-americani. A Washington, D.C., gli attivisti hanno perfino preso di mira un memoriale dell'emancipazione, raffigurante il presidente Abraham Lincoln, che pagò con la vita la liberazione degli schiavi.

Oggi, la schiavitù esiste ancora in molte parti dell'Africa e del Medio Oriente, ma l'opinione pubblica occidentale che si autoflagella è focalizzata ossessivamente solo sul passato occidentale degli odierni schiavi africani anziché sulla reale schiavitù in corso, che è viva e vegeta – e ignorata. Per gli schiavi di oggi, non ci sono manifestazioni di piazza, non c'è alcuna pressione politica internazionale e la stampa non si interessa a loro.

"Non dobbiamo dimenticare che gli arabi musulmani sono stati dei campioni in questo ambito", ha scritto Kamel Bencheikh, un poeta musulmano, in Le Matin d'Algerie.

"Gli emiri e i sultani hanno acquistato interi convogli di giovani efebi neri da trasformare in eunuchi per proteggere i loro harem. E questo è continuato con gli imperatori ottomani (...) Ancora oggi, Mauritania e Arabia Saudita ospitano il loro Ku Klux Klan. La schiavitù è ancora all'ordine del giorno a Nouakchott [Mauritania]. Quanto a Riad, tutto ciò che si deve fare è scoprire le giovani ragazze asiatiche che i potentati assumono come cameriere".

Un'inchiesta della BBC Arabic ha scoperto che i lavoratori domestici in Arabia Saudita vengono perfino venduti online in un mercato di schiavi in forte espansione.

Secondo Bencheikh, la morte di George Floyd è stata un'opportunità per molti in Europa di trasformare una lotta rispettabile in una depravazione inimmaginabile.

"Così, a Place de la République a Parigi o ad Avenue Louise a Bruxelles, ci sono criminali vendicativi, nutriti di odio, che approfittano dei sussidi che questi due Paesi offrono loro, e che attaccano il passato di chi ha permesso loro di liberarsi delle loro dittature...

"In Francia e in Belgio, non giustiziamo apostati, non crocifiggiamo eterodossi, non lanciamo pietre sulle infedeli, non sputiamo sugli eresiarchi...

"...questo antirazzismo si sta mordendo la coda per trasformarsi in razzismo. Basta vedere la folla arrabbiata, la bava alla bocca, per rendersi conto che abbiamo a che fare con persone venute a insultare l'uomo bianco, colpevole di aver avuto, da più di cento anni, gesti inappropriati o pensieri deplorevoli, e d'insistere, come il lupo di La Fontaine che diceva all'agnello: 'Se non sei stato tu, è stato tuo fratello'(...) Il totalitarismo è di nuovo tra noi".

Bencheikh lo definisce uno "stalinismo del comunitarismo (politica settaria) che fabbrica la vittimizzazione indigenista". Chi è fuggito da Bouteflika e Gheddafi, dagli oppressori e dai tiranni di Kinshasa e Niamey "viene a sputare un odio incomprensibile a Parigi o Bruxelles".

L'articolo di Bencheikh è solo un esempio di un coraggioso gruppo di dissidenti nel mondo islamico che difendono l'Occidente meglio di quanto non stiano facendo gli occidentali. Questi dissidenti amano la libertà di espressione e di coscienza; conoscono la differenza tra democrazia e dittatura; godono della tolleranza religiosa, del pluralismo nella sfera pubblica e criticano apertamente la pratica dell'Islam che hanno abbandonato. Sanno anche che suscitare risentimento storico e razziale è un gioco pericoloso. Per l'Islam politico, le loro voci sono eloquenti e rovinose. Per il multiculturalismo occidentale, sono "eretiche" e fastidiose. Le Figaro ha sottolineato questo paradosso: "Visti dalle loro comunità come 'traditori', vengono accusati dalle élite occidentali di 'stigmatizzare'".

In The Spectator, Nick Cohen, ha spiegato:

"Nella visione orientalista liberal del mondo l'unico 'vero' musulmano è un barbaro. Una batteria di insulti è lanciata su qualsiasi musulmano che dica il contrario. Essi sono 'neoconservatori', 'informatori nativi' e 'sionisti': sono estremisti come i jihadisti ai quali si oppongono, e forse anche peggio...".

Come Bencheikh, il saggista algerino Mohammed Sifaoui ricorda a tutti noi che "la Mauritania del Nord Africa, è oggi il Paese più schiavista al mondo. Anche il Qatar, in Medio Oriente, lo è, così come l'Arabia Saudita, sotto lo stendardo dei Guardiani dei Luoghi santi dell'Islam".

Ayaan Hirsi Ali, che è fuggita dalla Somalia, suo Paese d'origine, e attualmente risiede negli Stati Uniti, scrive:

"Quello che i media non vi dicono è che l'America è il miglior posto al mondo in cui essere neri, donne, gay o trans. Abbiamo i nostri problemi e dobbiamo risolverli. Ma la nostra società e il nostro sistema non sono affatto razzisti".

Neri, donne e gay, l'apice della "intersezionalità". Secondo Andrew Sullivan:

"'L'intersezionalità' è l'ultima mania accademica che sta spazzando il mondo accademico americano. In apparenza, si tratta di una teoria neo-marxista che sostiene che l'oppressione sociale non si applica semplicemente a una categoria unica d'identità – come la razza, il sesso, l'orientamento sessuale, la classe etc. – ma a tutte queste categorie in un sistema a incastro di gerarchia e potere".

Per gli attivisti intersezionali, gli Stati Uniti sono il Paese più dispotico al mondo. Non l'Arabia Saudita né l'Iran. Ayaan Hirsi Ali, che è fuggita dalla Somalia e ha subito la mutilazione genitale, conosce meglio l'oppressione degli attivisti anti-statue. Nelle pagine del Wall Street Journal, la Hirsi Ali scrive:

"Quando sento che gli Stati Uniti sono distinti soprattutto dal razzismo, quando vedo che libri come 'White Fragility' di Robin DiAngelo sono in cima alla lista dei bestseller, quando leggo di giornalisti ed educatori che vengono licenziati per avere messo in dubbio le ortodossie di Black Lives Matter - allora mi sento obbligata a fare sentire la mia voce. (...) L'America sembra diversa se sei cresciuta come me in Africa e in Medio Oriente".

Scrivendo su Le Monde e Le Point, lo scrittore algerino Kamel Daoud ha condannato questa ipocrisia. "C'è un istinto di morte nell'aria per la rivoluzione totale", osserva Daoud.

"Secondo alcuni, essendo l'Occidente colpevole per antonomasia, non ci troviamo in una richiesta di cambiamento, ma un po' alla volta, in una [richiesta] di distruzione, nel ripristino di una barbarie vendicativa".

Daoud li definisce "processi antioccidentali in stile sovietico".

"È vietato dire che l'Occidente è il luogo dove si scappa quando si vuole sfuggire all'ingiustizia del proprio Paese d'origine, alla dittatura, alla guerra, alla fame, o soltanto alla noia. Va di moda dire che l'Occidente è colpevole di tutto."

Su Le Point, Daoud afferma che "con il grande slancio dell'antirazzismo, ritorna l'inquisizione".

In un appello apparso su Le Monde, Daoud è stato accusato da venti accademici di Sinistra di "cliché orientalisti" e di "paternalismo colonialista". Questa nuova accusa di razzismo serve a svergognare pubblicamente, a marchiare e a escludere un politico o un intellettuale che commenta con troppa franchezza i danni del multiculturalismo.

Zineb el Rhazoui, la giornalista francese di origine marocchina che a causa del suo anti-islamismo è diventata bersaglio di una serie di minacce di morte, di recente, ha dichiarato:

"L'unico razzismo che subisco è da parte dei nordafricani. Per gli algerini, io sono una puttana marocchina. Per i marocchini, sono una puttana algerina. Per entrambi, sono una 'puttana degli ebrei'".

Gli arabi minacciano altri arabi per aver detto la verità sul vero razzismo e l'islamizzazione. Sono le vittime invisibili del razzismo in Francia. La Rhazoui ha affermato che "la Francia è uno dei Paesi più tolleranti e il meno razzista al mondo" e che la vera minaccia non è il razzismo, ma il comunitarismo [l'importanza attribuita ai gruppi anziché agli individui], stigmatizzato anche dal presidente francese Emmanuel Macron.

La scrittrice iraniana Abnousse Shalmani, nata a Teheran e residente attualmente a Parigi, ha dichiarato a Le Figaro:

"Il nuovo antirazzismo è il razzismo mascherato da umanesimo. (...) Ciò che riecheggia in questo dibattito è la prigione della vittimizzazione. (...) Ne deriva che ogni bianco è cattivo – come dimostrato dall'abbattimento delle statue di Victor Schoelcher, padre dell'abolizione della schiavitù, in Martinica – e che ogni nero è una vittima".

Mentre l'economista Thomas Piketty, nelle pagine di Le Monde, ha invitato l'Occidente a fare ammenda per il suo passato coloniale, la scrittrice franco-senegalese Fatou Diome, critica chi agita la decolonizzazione:

"È un'emergenza per chi che non sa ancora di essere libero. Non mi considero colonizzata. Il motto della colonizzazione e della schiavitù è un business".

L'"ideologia" è semplice: si presume che il colonialismo sia ancora in azione e che le persone provenienti dai Paesi un tempo colonizzati continuino a essere oppresse, in particolare i musulmani, che si dice siano bersagli di un odio "razzista" e "islamofobico". In questa prospettiva, "i maschi occidentali bianchi" sono sempre gli oppressori e le minoranze sono sempre vittime.

Una eminente militante antirazzista Rokhaya Diallo, ha dichiarato che, in una contrapposizione tra "dominatore" e "dominato", la Francia è "razzista". Si tratta di una visione che ravvisa il razzismo dappertutto, soprattutto là dove non esiste. E ha inoltre provocato in Europa numerosi disastri legati al multiculturalismo, rendendo impossibile criticare le conseguenze dell'immigrazione di massa e del separatismo islamista. Il saggista francese Pascal Bruckner ha definito questa posizione "razzismo immaginario". È una creazione penitenziale che induce l'opinione pubblica occidentale – anche se nessuno in Occidente è schiavo o possiede uno schiavo – a credere che l'odio verso l'Occidente sia meritato.

Il confine tra questa visione marxista, in cui qualcuno deve essere sempre una vittima, è diventato poroso con l'islamismo. Nel movimento intitolato a Adama Traoré, il "George Floyd francese", l'organizzazione SOS Racisme è alleata con i salafiti musulmani. Anche organizzazioni per i diritti umani hanno manifestato insieme alla "Unione delle organizzazioni islamiche in Francia", considerata fondamentalista.

In un'intervista rilasciata alla rivista Valuers Actuelles, l'ex premier francese Manuel Valls ha dichiarato: "Le associazioni per i diritti umani si sono perse e hanno aperto le porte a Tariq Ramadan". Hanno fatto questo invece di prendere le parti dei numerosi grandi riformatori musulmani. Ayaan Hirsi Ali scrive:

"Riformatori come Asra Nomani, Irshad Manji, Tawfiq Hamid, Maajid Nawaz, Zuhdi Jasser, Saleem Ahmed, Yunis Qandil, Seyran Ates, Bassam Tibi e Abd al-Hamid al-Ansari devono essere sostenuti e protetti. (...) Questi riformatori avrebbero dovuto essere conosciuti in Occidente come Solzhenitsyn, Sakharov e Havel generazioni prima. Invece, le cosiddette associazioni per i diritti umani, i politici e i media hanno preferito appoggiare l'Islam politico".

Al contrario, un gruppo di 12 scrittori ha sottoscritto un manifesto pubblicato sul settimanale Charlie Hebdo, lanciando un monito contro il "totalitarismo" islamico:

"Dopo aver vinto il fascismo, il nazismo e lo stalinismo, il mondo si trova di fronte a una nuova minaccia totalitaria globale: l'islamismo. Noi, scrittori, giornalisti, intellettuali chiamiamo alla resistenza al totalitarismo religioso e alla promozione della libertà, delle pari opportunità e della laicità per tutti".

Tra i 12 firmatari, otto provenivano dal mondo islamico.

Questi intellettuali musulmani anti-islamisti non sono nati liberi: sono fuggiti dalle dittature per stabilirsi nelle democrazie, dove subiscono ancora minacce di morte e abusi, ma dove sono molto più liberi e più orgogliosi dell'Occidente di quanto non lo siano quegli occidentali che conoscono solo la libertà, ma che ora provano un terribile senso di colpa – soprattutto per le cose che non hanno fatto.

L'Occidente non solo volta le spalle ai nuovi mercati di schiavi, ma il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di fatto accoglie Stati come il Sudan, dove decine di migliaia di donne e bambini di prevalentemente villaggi cristiani sono stati ridotti in schiavitù durante i raid jihadisti; il Kenya e la Nigeria, dove l'autunno scorso la polizia ha salvato centinaia di uomini e di ragazzi incatenati in una scuola islamica; il Pakistan, dove i cristiani sono condannati alla servitù, e la Mauritania, dove due persone su 100 sono ancora tenute schiave. È lo stesso Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che, ora, grazie alle pressioni esercitate dai Paesi africani, vuole indagare sul "razzismo sistemico negli Stati Uniti". Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha osservato:

"Se il Coniglio fosse onesto, riconoscerebbe i punti di forza della democrazia americana ed esorterebbe i regimi autoritari di tutto il mondo a prendere esempio dalla democrazia americana e a far rispettare alle loro nazioni gli stessi standard elevati di responsabilità e trasparenza che noi americani applichiamo a noi stessi".

È giunto il momento che gli Stati Uniti smettano di finanziare le Nazioni Unite, un'istituzione che viene utilizzata per perpetuare l'ingiustizia, e non per fermarla.

I veri mercanti di schiavi e i razzisti – coloro che credono che le società e i valori occidentali non dovrebbero affatto esistere – verosimilmente guardano l'autoflagellazione dell'Occidente e approvano con esultanza.
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2020 8:09 pm

Ora arrivano i corsi per i bianchi: "Vi dovete sentire in colpa"
Roberto Vivaldelli - Ven, 11/09/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 89171.html

Si tratta di veri e propri corsi di "rieducazione" per i bianchi che lavorano per le agenzie federali: gli stessi che il Presidente Usa Donald Trump ha deciso di cancellare

Nei giorni scorsi aveva fatto molto discutere la decisinoe del Presidente Usa Donald Trump di ordinare alle agenzie federali di fermare i corsi di sensibilità sulla razza, sostenendo che siano "divisivi" e che facciano "propaganda antiamericana".

Ma il tycoon aveva davvero così torto? Negli Stati Uniti si respira sempre più un clima insopportabile, frutto di una politica identitaria che porta a scontri ideologici e divisioni razziali che si rischiano di far sprofondare il Paese verso l'abisso di una "guerra civile" culturale e nelle strade. Come riporta Italia Oggi, infatti, il giacobinismo Usa è ormai arrivato a un punto tale che alcuni settori strategici dell'amministrazione americana, ovviamente ostili a Trump, organizzano veri e propri seminari per "rieducare" i dipendenti bianchi sul tema del razzismo, affiancati in questo da un giornale importante come il New York Times.

Corsi di rieducazione per i bianchi

Per farsi un'idea della follia politicamente corretta che sta investendo gli Usa basta dare un'occhiata all'elenco di alcuni corsi di rieducazione reso noto ieri dal sito Zero Hedge. Il Dipartimento del Tesoro, riporta il sito americano, ha organizzato sessioni di addestramento per spiegare agli impiegati che "tutti i bianchi (white people) contribuiscono al razzismo". Per questo motivo chiede che i membri bianchi degli staff "superino il loro razzismo interiore" e si rendano conto del loro "pregiudizio razziale inconsapevole, dei privilegi e della fragilità dei bianchi". Se il The National Credit Union Administration ha organizzato seminari per 8.900 dipendenti per spiegare che "l'America è stata fondata sul razzismo e sulla schiavitù della popolazione di colore", il Sandia National Laboratories ha organizzato un "reducation camp" di tre giorni per i dipendenti bianchi di sesso maschile per insegnare loro "come decostruire la cultura patriarcale", e obbligarli a scrivere una "lettera di scuse alle donne e alla popolazione di colore". Non è da meno l'Argonne National Laboratories che ha organizzato seminari per convincere i dipendenti bianchi ad ammettere che "essi hanno tratto beneficio dal razzismo" e "pentirsi per avere inflitto pene e angoscia al popolo nero (black people)". E così via.

Questo senso di colpa, retaggio religioso del calvinismo protestante, è il fulcro dell'ideologia totalitaria del politicamente corretto, insieme al nuovo perbenismo di sinistra. È la cultura del piagnisteo, la stessa che vuole cancellare la storia e demolire le statue dei confederati.

E Trump cancella i corsi antirazzisti

Trump ha deciso di cancellare questi corsi. In un memo di due pagine del direttore dell'Office of Management and Budget, Russell Vought, si legge che, "secondo notizie di stampa, ai dipendenti del ramo esecutivo è richiesto di frequentare corsi in cui gli viene detto che 'virtualmente tutti i bianchi contribuiscono al razzismò o in cui gli viene chiesto di dire che 'traggono vantaggi dal raszzimò". Questo tipo di corsi non è solo contrario ai valori fondamentali sui quali la nostra nazione è fondata - si legge nel memo -ma accresce anche le divisioni ed il risentimento all'interno della forza lavoro federale". Di qui la decisione di dare istruzioni alle agenzie governative perché sospendano questi corsi.
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2020 8:09 pm

Gran Bretagna: Offrire un terreno fertile al totalitarismo
Andrew Ash
21 novembre 2020

https://it.gatestoneinstitute.org/16779 ... alitarismo

Quando la statua di Winston Churchill che si trova nella Piazza del Parlamento londinese è stata vandalizzata, la polizia, chiaramente tenuta in ostaggio dalla correttezza politica, è rimasta a guardare mentre il suo ruolo veniva pubblicamente compromesso da un aperto disprezzo della legge. (Foto di Isabel Infantes/AFP via Getty Images)

Una volta gli inglesi erano noti per il loro stoicismo, per la loro capacità di affrontare le avversità, contro ogni probabilità. Il cosiddetto "blitz spirit" (l'atteggiamento di stoica determinazione e tenacia, N.d.T.) di ottant'anni fa, che ha visto la nazione "unire gli sforzi e andare avanti" malgrado i bombardamenti nazisti delle nostre città, ha contraddistinto una generazione che aveva conosciuto due guerre mondiali, senza chinare il capo.

Durante la pandemia di Covid-19, tuttavia, questo "blitz spirit" è stato visibilmente assente. Senza dubbio, ben poca è stata la determinazione a unire gli sforzi, al contrario, politici, attivisti e una popolazione sempre più frammentata non hanno fatto altro che litigare, screditarsi e insultarsi a vicenda.

Com'era prevedibile, molti tra i media di opposizione hanno rapidamente trasformato il Covid-19 in un conflitto politico. L'affermazione secondo la quale chiunque sia contrario all'uso delle mascherine, ai vaccini o ai test è di estrema destra, mentre coloro che osservano le norme in materia di sicurezza sono di sinistra, è tanto semplicistica quanto bislacca. Una pandemia letale avrebbe dovuto fungere da potente strumento di unità nazionale, ponendo fine ai litigi che hanno contraddistinto la politica britannica (e americana) in questi ultimi anni. Piuttosto, la politica identitaria ha creato fermento, rendendo più turbolento che mai un periodo già burrascoso.

Il malcontento ha spinto qualcuno a un livello di cattiveria tale da esprimere pubblicamente la speranza, ad esempio, che il premier britannico Boris Johnson non guarisse dal coronavirus. Nessuna unione nazionale in questo caso. Nessuno "blitz spirit". Nessuna compassione. Solo rancori, rivalità e divisioni sempre più profonde.

Il "terreno" fertile, seppur impalpabile, del cyberspazio è diventato la fucina perfetta dei radicali di ogni risma, per diffondere le loro dottrine di divisione tra i giovani millenial politicamente maturi durante il lockdown. Mettere tutti contro tutti – Sinistra contro Destra, giovani contro anziani, neri contro bianchi, donne contro uomini, trans (apparentemente) contro tutti – sembra essere il loro obiettivo. Tutto ciò sembra creare un profondo risentimento tra le comunità.

Quasi ogni giorno i media riportano notizie di genitori "attaccati" dai loro figli neopoliticizzati per aver espresso sui social media opinioni "sbagliate" e "politicamente scorrette" o di persone che hanno perso il lavoro per qualcosa che potrebbero o meno aver detto anni fa. Chiunque osi mettere l'accento sull'aggettivo "Grande" di "Gran Bretagna" viene definito "razzista". Per chi è così ingenuo da credere alla biologia di base – ossia che l'anatomia delle donne e degli uomini è differente – deve aspettarsi di essere spedito in un gulag. E chi osa dire l'impensabile, vale a dire che "tutte le vite contano", deve prepararsi a lasciare la città.

Numerosi sobillatori – noncuranti della civiltà e della tolleranza – continuano a perpetuare l'idea, sviluppata da precoci bambini di due anni, che se gridano abbastanza a lungo i loro desideri finiranno per essere esauditi. Questa convinzione di essere sempre nel giusto è arrivata a contraddistinguere un gruppo di popolazione in cui la fascia più giovane, che conduce una vita relativamente confortevole, non ha idea di cosa siano gli orrori di una guerra, o addirittura di quelle che siano le vere difficoltà. Questa mancanza di rispetto, o di comprensione, della storia, insieme a una visibile necessità di inventare, importare o ridestare i risentimenti del passato, porta poi questi manifestanti a gridare vendetta per un rancore nei confronti di persone che non hanno fatto nulla per suscitarlo. Solo gli altri sono invitati a dare prova di tolleranza. Per molti "progressisti" non esiste una strada a doppio senso. Gli agitatori ora sembrano concentrare le loro energie e focalizzarsi sulla causa degli animali domestici, che secondo loro tutti dovrebbero abbracciare. Tra le altre cause perorate spiccano quella degli uomini che hanno cambiato sesso che dovrebbero competere negli sport femminili; c'è poi la causa a favore dell'obiettivo di tagliare i fondi alla polizia così che le comunità più svantaggiate saranno ancora più incapaci di proteggersi; e ancora, la causa dell'estensione della censura al mondo accademico e al settore tecnologico, o la necessità di erogare miliardi di fondi dei contribuenti ad altri Paesi, in cambio delle promesse di smettere di utilizzare combustibili fossili in una data remota e senza alcun controllo. Ah, e comunque, non c'è nulla da discutere. Occorre fare solo quello che viene detto.

I perturbatori Remainer che hanno trascinato la loro opposizione al Brexit il più a lungo possibile, e che hanno visto congedarsi due premier in questo processo, hanno assaporato il loro potere. È stato solo dopo la schiacciante vittoria dei Tories nel dicembre 2019 che hanno finito per abbandonare il loro sogno di ribaltare il Brexit, ma non prima di aver additato come xenofobi bigotti tutti i sostenitori dell'uscita dall'Unione Europea.

Quell'insulto è un particolare schiaffo alla popolazione di questa nazione paziente. Per decenni i britannici hanno fatto del loro meglio per muoversi al passo con i tempi inquietanti e "progressisti" in cui viviamo. L'accettazione di una serie di cambiamenti sociali spesso controversi, come le dilaganti rivendicazioni avanzate da varie lobby gender brandite come "diritti umani", sembra sfuggire a questi progressisti, così determinati a promuovere la loro agenda identitaria. Se questo è il modo in cui viene mostrato apprezzamento per l'accettazione discreta e rispettosa da parte della popolazione britannica dei cambiamenti spesso controversi che rappresentano un "punto di svolta" nella società, allora non c'è da meravigliarsi che gran parte di questi cittadini abbia stabilito di averne avuto abbastanza di questa nuova ortodossia.

Sebbene l'epidemia di coronavirus, con le sue limitazioni di movimento, abbia per un breve periodo tacitato l'attivismo woke, ben presto gli attivisti estremisti sono tornati ad agitarsi. Fino alla morte di George Floyd, un afroamericano a quanto pare ucciso da un poliziotto bianco, questi individui erano impegnati ad attaccare le personalità di destra per non aver preso abbastanza sul serio il Covid-19. All'improvviso, niente di tutto ciò aveva più importanza. Una frenesia di proteste orchestrate da Black Lives Matter (BLM) è esplosa in tutta la Gran Bretagna, nonostante la vicenda di Minneapolis non avesse assolutamente alcuna analogia con quanto accadeva nelle strade della Gran Bretagna e nonostante il movimento BLM fosse relativamente anonimo nel Regno Unito.

Sono stati numerosi i giornalisti che hanno fatto in modo che il messaggio fosse forte e chiaro: protestare contro una forma apparente di razzismo – anche se questo atto di razzismo è stato perpetrato in un altro continente – era più importante di qualsiasi pandemia.

Pertanto, dopo mesi in cui c'era stato detto che saremmo stati perseguiti se avessimo violato le regole anti-Covid, abbiamo dovuto vedere in televisione migliaia di manifestanti che, non solo infrangevano le regole di sicurezza, ma abbattevano monumenti storici, e tutto questo a causa di una rimostranza largamente importata.

Anche se le proteste sono diventate violente, non ci sono stati arresti. Il governo aveva però precisato che qualsiasi violazione delle regole imposte dal lockdown non sarebbe stata consentita dalla legge – senza riserve o eccezioni. Probabilmente, nessuno ne era molto contento, tuttavia le regole sono state osservate – per il bene comune.

Poi, all'improvviso, è scoppiato il caos nei paesi e nelle città di tutto il Regno Unito. Nei notiziari e sui giornali, tra la violenza dei disordini civili, non solo venivano violate le regole imposte dal lockdown, ma sotto la bandiera del Black Lives Matter, veniva tollerata una serie di diffusi comportamenti antisociali. Quando la statua di Winston Churchill, situata nella Piazza del Parlamento londinese è stata vandalizzata, la polizia, chiaramente tenuta in ostaggio dalla correttezza politica, è rimasta a guardare mentre il suo ruolo veniva pubblicamente compromesso da un aperto disprezzo della legge.

Il rifiuto del patrimonio storico britannico da parte dei manifestanti, un tentativo di "cancellare" la storia, sembra una minaccia per la nazione. Non abbiamo nulla di cui essere orgogliosi. I nostri successi presumibilmente sono stati poco più che il bottino di un sistema patriarcale malvagio e bigotto. I manifestanti che giurano fedeltà agli artefici marxisti di quella narrazione, non solo offendono la memora di coloro che hanno combattuto e sono morti per le libertà che ora diamo per scontate, ma offrono altresì un terreno fertile al totalitarismo.

Mentre i diritti delle minoranze di genere ed etniche sembrano essere scolpiti nella pietra in modo indelebile, da un momento all'altro lo Stato può privarci della libertà di visitare i nostri familiari, di frequentare pub o di recarci in biblioteca. Migliaia di manifestanti che marciano per le strade delle città nello stesso giorno? Nessun problema. Mentre la folla di gente che si riversa sulle spiagge in una giornata estiva rischia l'arresto. La libertà di un uomo, a quanto pare, è diventata motivo di risentimento per un altro uomo.

E allora cosa ci resterà dopo il Covid-19, mentre cercheremo di tornare alla nostra vita in un mondo che non è ancora post-woke? Regnerà un clima crescente di sfiducia e cautela. La gente ha sempre più paura di dire quel che pensa. Anche le forze dell'ordine sono colpite dalla paralisi del politicamente corretto (si veda qui, qui, qui e qui).

Mentre il Regno Unito era impegnato a promuovere il multiculturalismo e a rigettare scelte come il Cristianesimo, la famiglia nucleare e un patrimonio culturale assemblato con cura da persone che sono state spesso liquidate come bianche e morte, noi non ci siamo accorti delle divisioni sociali che sono sorte. Secondo i media, ad esempio, circa 19 mila dei nostri bambini sono stati molestati e stuprati dalle bande. La pandemia di coronavirus, anziché unirci, è servita a mettere in luce le divisioni che stanno trasformando il Regno Unito in qualcosa di regressivo, non evoluto e irriconoscibile. Purtroppo, il Regno Unito è tutt'altro che unito in questo momento.
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » mer giu 30, 2021 9:28 pm

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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » mer giu 30, 2021 9:29 pm

Perché si inginocchiano per esempio con il Black Lives Matter?
Niccolò Brighella 2020
Domenico Sesta
30 giugno 2021

https://www.facebook.com/domenico.sesta ... 3395578056

Vi siete chiesti perché i manifestanti del Black Lives Matter protestano inginocchiandosi? Questo potente gesto è un ponte che attraversa la storia americana, dall’Alabama degli anni ’60, passando per una partita di football del 2016, fino a noi.
La preghiera di Selma
Il 1 febbraio del 1965 Martin Luther King Jr. radunò il movimento per i diritti civili a Selma, Alabama, dopo che la polizia aveva arrestato 250 attivisti che sostenevano il diritto di voto per gli afroamericani. King si avvicinò a Ralph Abernathy, leader del movimento a Selma, e insieme si inginocchiarono sul marciapiede, in preghiera.
Il 7 marzo seguente Martin Luther King e altri 600 attivisti marciarono da Selma fino a Montgomery, la capitale dello stato, per ottenere il diritto di voto. Ma la polizia, armata di manganelli e lacrimogeni, li bloccò sul ponte del fiume Alabama e caricò il corteo pacifico. Il mondo chiamò quel giorno il Bloody Sunday statunitense.
Da Colin Kapernick al Black Lives Matter
Nel 2016, 51 anni dopo Selma, il quarterback dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick decise di restare seduto durante l’inno nazionale, in segno di protesta. Alla terza partita, si alzò e raggiunse i suoi compagni per poi inginocchiarsi come avevano fatto un tempo Martin Luther King e Ralph Abernathy.
Kaepernick dichiarò di aver compiuto questo gesto (take a knee) in onore delle vittime afroamericane della polizia. Il suo gesto fece scalpore, fu imitato da molti altri atleti ma anche attaccato da tantissimi americani, come il Presidente degli USA Donald Trump. A fine anno Kapernick rescisse il contratto coi San Francisco 49ers e, nonostante fosse un ottimo giocatore, non riuscì più a lavorare. Nel 2017 denunciò la NFL per mobbing e nel 2019 la lega si accordò col giocatore per un risarcimento.
Ma l’eredità di Kaepernick ha travalicato la sua carriera sportiva. La riscoperta, forse inconsapevole, di quel gesto semplice e potentissimo di Martin Luther King, cambiò il mondo. Oggi, mezzo secolo dopo Selma e quattro anni dopo Kaepernick, il take a knee è divenuto simbolo del Black Lives Matter, spesso accompagnato da un’altra memoria storica resa celebre da due sportivi: il pugno alzato delle Pantere Nere, alzato da Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Messico 1968.
«Noi non ricorderemo le parole dei nostri nemici ma il silenzio dei nostri amici»
MARTIN LUTHER KING JR


Franco Gentili
Capisco i Black Lives Matter.....ma é chiaro che chi si devono inginocchiare sono coloro o i discendenti di coloro che hanno creato nazioni sullo schiavismo, le loro ricchezze sullo sfruttamento spietato delle colonie , specie africane. Lasciando un continente intero nella miseria e ignoranza quasi totale. Francamente non mi includo fra questi esseri e penso che anche l´Italia non debba inginocchiarsi difronte a nessuno.

Domenico Sesta
Franco Gentili in generale posso condividere il senso, ma guarda che il colonialismo italiano è stato, al pari di quello delle altre nazioni europee , atroce e distruttivo. Personalmente sono d'accordo con te, ma penso che non si inginocchiano i "colpevoli", ma coloro che vogliono dimostrare solidarietà alle vittime.

Franco Gentili
Domenico Sesta Colonialismo italiano ? Non penso che ci sia paragone, Belgio,Francia, Inghilterra, Olanda,Spagna, Portogallo e Germania si sono arricchiti sfruttando l ' Alfrica. L' Italia ha tentato di usare quelle terre per mandare emigranti italiani, ma è vero ci sono stati episodi di estrema violenza anche da parte degli italiani. Ma non sfruttamento. La solidarietà penso che si debba fare con il comportamento non con la genuflessione
Accogliere 600.000 africani mi sembra una ottima dimostrazione di un comportamento. Il discorso è troppo lungo e complesso per risolversi in poche righe. Comunque la mia coscienza è a posto.

Alberto Pento
Il colonialisno europeo in Africa non ha affatto lasciato miseria e ignoranza.
Poi il peggior colonialismo in Africa era ed è quello arabo e islamico, questo sì ha schiavizzato, depredato, immiserito e reso ignorante buona parte dell'Africa dove ancora domina.
Se l'Africa ha qualche speranza è solo grazie alla industriosità, alla tecnologia e alla scienza dell'occidente.
Si pensi solo al petrolio e al metano che danno a paesi come la Libia, l'Algeria e la Nigeria un sacco di ricchezze per il loro sviluppo, grazie al consumo dei paesi della fascia climatica temperata euroamericani che hanno sviluppato la tecnologia di estrazione e di lavorazione di queste materie del sottosuolo che gli africani non erano e non sarebbero in grado di utilizzare o sfruttare per loro conto.
Così per molti altri elementi minerali e nell'agricoltura.
La schiavitù in Africa era praticata innanzi tutto dagli africani e poi dagli islamici arabi e africani che razziavano gli africani all'interno dell'Africa e poi li portavano anche nei porti dell'Africa occidentale ai mercanti di schiavi che commerciavano con le Americhe.
Anche oggi la schiavitù in Africa è praticata dagli africani e dai nazi maomettani.

Alberto Pento
Io non mi inginocchio di fronte al male e alla manipolazione del bene
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George Floyd era un delinquente abituale morto per sua colpa: per essersi strafatto di fentanyl (droga mortale) e per essersi opposto al giusto arresto da parte del poliziotto Derek Chauvin a cui va tutto il mio sostegno e la mia simpatia.

Il senso di colpa
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Il senso di colpa lo provo solo quando sento di aver fatto del male, quando sento di aver violato le buone leggi universali della vita causando del male che mi si ritorce contro o che potrebbe ritorcermisi contro.
Se non ho coscienza di aver fatto del male non provo alcun senso di colpa.
E non vi è alcuna colpa nell'essere bianchi, occidentali, cristiani, atei, aidoli, laici, sani, forti, belli e ricchi, non vi è alcun male nello stare bene e lo stare bene non si fonda sul male degli altri, come la ricchezza non si fonda sulla povertà altrui e la forza non si fonda sulla debolezza altrui.
Il proprio star bene, la propria forza e la propria ricchezza benefica anche gli altri d'intorno.

Menzogne e calunnie demenziali per demonizzare, criminalizzare e disumanizzare, per istigare alla paura, al disprezzo e all'odio etnico-ideologico-politico-religioso, al fine di depredare, schiavizzare e impedire il libero
esercizio dei diritti umani, civili, economici e politici del prossimo.
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Crimini contro l'umanità ossia violazioni gravi dei diritti umani, civili e politici degli esseri umani cittadini dei vari paesi del mondo
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Le demenziali menzogne sull'Africa del vittimismo africano
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Re: Il senso di colpa

Messaggioda Berto » ven ago 13, 2021 5:19 am

Crimini contro l'umanità: il razzismo contro i bianchi

SEMINARISTI BRITANNICI AFFERMANO DI VERGOGNARSI E SENTIRE IL “PESO” DELLA COLPA PER ESSERE BIANCHI.
SESSIONI DI AUTOCRITICA: PARTECIPANTI AD UN SEMINARIO ORGANIZZATO DAL SISTEMA SANITARIO BRITANNICO ACCUSANO CON “VERGOGNA” E “SENSO DI COLPA” IL “ PESO” DEL PROPRIO ESSERE BIANCHI.

Jack Montgomery
Fonte: Breitbart
Traduzione di: Attilio Sodi Russotto
9 agosto 2021

https://epistemeinfo.com/2021/08/09/sem ... e-bianchi/

Un video recentemente emerso relativo ad un seminario organizzato dal Servizio Sanitario Nazionale britannico sul “problema” di “essere bianchi” mostra una discussione al termine della prolusione evolversi in qualcosa di assai simile a una sessione di autocritica di stampo maoista, con tanto di testimonianze dei partecipanti bianchi riguardanti la propria “white-guilt” e gli sforzi compiuti per liberarsi dal “peso” di essere bianchi.

Il Tavistock and Portman National Health Service Foundation Trust, meglio noto per essere, nell’ambito del sistema sanitario statale britannico, uno degli enti principali nel settore delle pratiche di cambiamento di sesso in pazienti minorenni, ha inaugurato in Novembre il seminario virtuale “Whiteness – a problem for our time”, ripetendo tale seminario il successivo 14 Gennaio, dopo che la prima data aveva visto prendervi parte il notevole numero di 700 iscritti.

La fondazione ha postato lunedì, sul proprio canale YouTube, un video integrale del seminario di Gennaio, inclusa una discussione successiva alla prolusione principale nella quale i partecipanti bianchi, la maggior parte dei quali apparivano essere a vario titolo afferenti al campo della psicoterapia, venivano esortati dall’oratrice Helen Morgan a confrontarsi con il proprio “privilegio interiorizzato”, ottenendone in risposta vere e proprie auto-accuse.

Nel video è possibile osservare un oratore venire elogiato per aver rivelato di aver provato “paura” nel dover lavorare con due individui di origine afro-caraibica, ciò nonostante le obiezioni a lui successivamente rivolte da una donna nera per aver utilizzato il termine “afro-caraibici” invece di un probabilmente più corretto “caraibici di origine africana”.

Un altro oratore, invece, confessa di aver provato a ridurre la supposta sperequazione di potere fra lui stesso ed i colleghi di colore chiedendo loro, ad esempio: “Io sono un uomo bianco, e tu una donna nera: è tutto OK per te? Pensi che saremo in grado di collaborare?”

“Noi bianchi, in quanto bianchi… dobbiamo lavorare su noi stessi”, afferma un altro partecipante, rammaricandosi che un numero maggiore di bianchi ancora non si risolvano a farsi avanti per sottolineare quanto sia importante che i bianchi stessi “condividano le proprie esperienze ed il proprio razzismo”.

“Mi vergogno così tanto, mi sento così colpevole di essere una sudafricana bianca”, ammette una donna particolarmente provata a livello emotivo, rivelando di aver deciso di lavorare per l’African National Congress (ANC) nella propria madrepatria considerandolo una via per “liberarsi dell’opprimente peso della propria bianchezza”, e di essersi “rifiutata di socializzare” con altri sudafricani dopo essersi trasferita nel Regno Unito.

Nel prosieguo del video, vediamo la medesima partecipante rassicurare gli altri iscritti di stare adesso lavorando per “riconoscere” le conseguenze del proprio essere bianca, rivelando comunque non aver senso “sentirsi in colpa per essere bianchi se non si fa poi niente per agire in concreto su ciò che questo comporta”.

Andrew Cooper, responsabile del seminario e membro della fondazione Tavistock, nel corso del suo intervento è chiarissimo nell’individuare nel movimento Black Lives Matter le ragioni ispiratrici del seminario stesso, palesemente su base razziale, e l’oratrice Helen Morgan si mostra altrettanto adamantina nel definire quali siano i destinatari dell’iniziativa e cosa si aspetti da essi, spiegando che “persino noi che ci auto-definiamo bianchi progressisti” ancora seguitiamo ad essere razzisti, “seppur in modo gentile”.

Come prova esemplare del persistente privilegio razziale dei bianchi, vediamo Morgan evidenziare come siano ben più numerose le donne nere che muoiono durante dando alla luce i propri figli rispetto alle partorienti bianche, anche se, denota la stessa Morgan, “la razza è un concetto costruito a tavolino assolutamente privo di fondamenti biologici.”

Con parole nette, Helen Morgan chiarisce però che la “whiteness” è comunque ancora qualcosa di sin troppo reale, anche se la cosiddetta “colour-blindness”, l’approccio che vorrebbe postulare una totale indifferenza relativamente alla questione razziale, non solo si mostra come una soluzione inadeguata, bensì un attivamente nocivo meccanismo difensivo di quello stesso privilegio bianco che a parole si suppone di combattere.

Nel corso del video, ad esempio, ci è possibile ascoltare una donna, presentatasi come un membro del consiglio direttivo dell’organizzazione di psicoterapia a cui appartiene, concordare come la “colour-blindness” di alcune pratiche di formazione sia qualcosa di “decisamente spaventoso, addirittura quasi letale”, poiché costringe le minoranze etniche a sentirsi “maltrattate” e “traumatizzate”, non riconoscendo fenomeni quali le “micro-aggressioni”, da esse regolarmente subite.

Il Tavistock and Portman National Health Service Foundation Trust ha organizzato entrambi i seminari con il patrocinio della British Psychotherapy Foundation, del British Psychoanalytic Council, e della Società di Psicoterapia di Tavistock.



Crimini contro l'umanità ossia violazioni gravi dei diritti umani, civili e politici degli esseri umani cittadini dei vari paesi del mondo
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1) lo stupro delle donne;
2) l'infibulazione forzata delle bambine;
3) il matrimonio forzato delle bambine e delle giovani;
4) la sottomissione forzata e la schiavizzazione della donna;
5) l'accoglienza obbligatoria e il meticciato forzato;
6) la propaganda omosessuale ai bambini, la teoria del gender, i trattamenti ormonali dei piccoli e le operazioni chirurgiche che mutilano irrimediabilmente i corpi per favorire un impossibile e innaturale cambio di genere;
7) il suprematismo nero come quello dei BLM e la teorica critica della razza per cui i bianchi sarebbero naturalmente razzisti;
8 ) l'antisemitismo/antisionismo/antisraelismo dei cristiani, degli atei e in particolare dei nazi maomettani;
9) le utopie totalitarie sociali, politiche e religiose che ingannano, illudono, inducono al fanatismo, alla violenza, alla discriminazione alla guerra come:
a) il fascismo e il nazismo;
b) il suprematismo nazi maomettano con la sua discriminazione per i non mussulmani, i diversamente religiosi, aregligiosi e pensanti, per gli atei e gli apostati, per la libertà e l'ugualianza della donna, per la sua istigazione al disprezzo, all'odio, all'omicidio e alla strage dei non islamici;
c) il suprematismo comunista e la demonizzazione della proprietà privata, del libero mercato e della libera impresa, della diversità e della disuguaglianza, della responsabilità e del merito;
10) il politicamente corretto in generale nelle sue varie articolazioni;
11) la demonizzazione e la criminalizzazione attraverso la calunnia, la diffamazione e la menzogna delle persone, delle etnie, dei popoli, delle nazioni, degli stati, per sopraffarli, depredarli, impedire e negar loro il diritto alla difesa (alla legittima difesa personale e dei confini dello stato/paese), alla libertà, alla sovranità civile e politica (tra cui la negazione dell'accoglienza scriteriata e indiscriminata), per negare il libero esercizio e la realizzazione dell'umanità delle persone.
...

Tutte queste manifestazioni, attività, comportamenti, ideologie/teologie/mitologie non sono descrivibili/narrabili/trattabili come bene e quindi come cultura e come civiltà ma unicamente come male e quindi come incultura e inciviltà.


Razzismo dei neri contro i bianchi
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Razzismo contro i bianchi euroamericani
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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