Razzismo dei neri contro i bianchi

Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:38 pm

Questi criminali infrangono il sogno di Martin Luther King


Martin Luther King: "I have a dream" (Io ho un sogno)

Discorso pronunciato a Washington il 28 agosto 1963

https://www.peacelink.it/storia/a/5433.html

Martin Luther King parla alla folla

Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull'Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri che erano stati bruciati sul fuoco dell'avida ingiustizia. Venne come un'alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.

Ma cento anni dopo, il nero ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del nero è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il nero ancora vive su un'isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il nero langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.

Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d'Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i neri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

E' ovvio, oggi, che l'America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l'America ha consegnato ai neri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.

Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all'America l'urgenza appassionata dell'adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall'oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l'urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei neri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.

Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i neri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo.

Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai neri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c'è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.

Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell'odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell'anima.

Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità nera non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell'ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.

E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il nero sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai neri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:"Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l'acqua e il diritto come un fiume possente.

Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.

E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho un sogno. E' un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell'arroganza dell'ingiustizia, colmo dell'arroganza dell'oppressione, si trasformerà in un'oasi di libertà e giustizia.

Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!.

Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E' questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.

Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l'America vuole essere una gr

Martin Luther King

ande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.

Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.

Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.

Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.

Ma non soltanto.

Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.

Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.

Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.

E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente".


Terrence Floyd, fratello di George Floyd, chiede proteste pacifiche sulla scena della morte di suo fratello.
https://www.facebook.com/FoxNews/videos ... 9799261910



La mobilitazione del mondo ebraico "Ogni vita umana ha valore immenso, l'America riparta da questo concetto" - Moked
4 Giugno 2020

https://moked.it/blog/2020/06/03/la-mob ... -concetto/

“Siamo al fianco di chi lotta contro l’odio e il razzismo. Crediamo che le opportunità garantite dalle leggi che i fondatori di questa grande terra hanno istituito siano principi inalienabili ispirati alle nostre Sacre Scritture. Gli ebrei saranno sempre con chi difende i diritti”.
Lo proclama in una nota il Rabbinical Council of America, la più importante organizzazione rabbinica ortodossa statunitense. Una ferma presa di posizione sul tema del razzismo contro la comunità afroamericana che sta infuocando il Paese. Con una importante sottolineatura aggiuntiva: “Condanniamo i comportamenti illegali di chi contamina il ricordo di George Floyd con rivolte e saccheggi. La chiave per attuare un cambiamento positivo nella società è nella dimostrazione pacifica. Non attraverso la distruzione di proprietà e il danneggiamento delle vite altrui”.
Molte le voci e le organizzazioni del mondo ebraico che stanno intervenendo sui fatti americani. Per la Orthodox Union, che pure ha lanciato un appello per la cessazione di ogni violenza, “il razzismo non è una questione del passato o semplicemente una questione politica, ma un pericolo reale e presente che deve essere affrontato”. Il punto di partenza, viene affermato, “è nel riconoscimento che tutte le persone sono state create a immagine e somiglianza di Dio e che ogni vita umana ha un valore immenso”.
Per capire qualcosa di più su quel che sta accadendo ci siamo rivolti allo storico e saggista Massimo Teodori, tra i massimi esperti di vicende statunitensi e autore tra gli altri del saggio di recente pubblicazione Il genio americano. Sconfiggere Trump e la pandemia globale (ed. Rubbettino), che è stato nostro ospite nel videopilpul trasmesso ieri sera.
“Il razzismo – afferma Teodori – è un fiume carsico che è sempre lì, sotterraneo. Ci sono dei momenti in cui esce fuori. Perché proprio adesso? C’è una causa specifica, particolare, ed è l’uccisione di George Floyd. Ma ci sono anche motivi più generali. Il primo è che la pandemia ha messo in risalto che una parte notevole della comunità afroamericana ha vissuto una condizione di estrema inferiorità, con un accentuamento della marginalità e della povertà sociale”. E poi, aggiunge, l’atteggiamento della presidenza Trump “che ha permesso nel silenzio e nell’ambiguità che episodi razzisti potessero avvenire, favorendo un clima che ha dato modo al fiume carsico di venire alla superficie”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:39 pm

Gli americani di oggi non hanno alcuna colpa e alcuna responsabilità per i possibili crimini compiuti dagli "immigrati dei secoli passati", per le eventuali sopraffazioni sui nativi pellirossa o amerindi e per la schiavitù dei neri importati a forza dall'Africa.
Chi accusa di tutto ciò gli americani di oggi composti dai pelle bianca, nera, rossa, gialla e loro misture e per lo più arrivati nel novecento, lancia false e calunniose accuse e compie un grave crimine contro l'umanità, istigando all'odio e alla violenza per finalità razziste e di supremazia politica ideologico e religiosa.



Questa è una criminale razzista che accusa demenzialmente e calunniosamente persone innocenti. Questa andrebbe arrestata per istigazione alla violenza e gravi calunnie razziste.

CHE SUCCEDE NEGLI STATI UNITI? Ascoltate le parole di Mallory Tamika, che non le manda a dire a nessuno. Non si tratta di neri contro bianchi, o poliziotto buono contro cattivo. È una rivolta contro secoli di schiavitù, violenza e morte. È una rivolta per proteggere la vita di intere comunità.

"Siamo stanchi.
Non ci parlate di saccheggi,
voi siete gli sciacalli.
L'America ha saccheggiato i neri,
l'America ha saccheggiato le terre dei Nativi quando sono arrivati qui.
Sapete saccheggiare benissimo, l'abbiamo imparato da voi.
Abbiamo imparato la violenza da voi.
Quindi se volete che noi facciamo meglio,
e allora siate voi a fare di meglio!"

https://www.facebook.com/poterealpopolo ... 540432670/


Ma quale genocidio dei nativi americani?
viewtopic.php?f=196&t=2890
Più di tre quarti degli americani USA odierni sono arrivati negli Stati Uniti dopo la fine delle "guerre indiane" e non possono avere quindi alcuna responsabilità e alcuna colpa nel presunto sterminio o genocidio dei pellirossa, né diretta né indiretta;
perciò è del tutto demenziale e calunnioso accusare gli americani di genocidio degli indigeni, oltretutto tra gli americani odierni, come cittadini USA vi sono anche i pellirossa o nativi amerindi scampati al presunto genocidio.
In generale, accusare e demonizzare gli americani per il presunto genocidio dei pellirossa non è né segno di grande umanità né di elevata cultura storica e civiltà giuridica, ma solo segno di strabordante e demenziale ignoranza.
Gli americani USA sono costituiti in prevalenza da europi: tedeschi, inglesi, irlandesi, italiani, russi e poi da spagnoli, sudamericani, asiatici vari, ebrei, africani a milioni, ... ma di cosa parli?

Popolazione delle americhe nei millenni e nei secoli

Stime popolazione mondiale
https://it.wikipedia.org/wiki/Popolazione_mondiale
in milioni

Nord America (nativi e migranti dall'Europa e dal Mondo)
nell'anno 1750 circa 2 milioni
nel 1800 circa 7 milioni
nel 1850 circa 26 milioni
nel 1900 circa 82
nel 1950 circa 172
nel 2000 circa 307

Popolamento delle Americhe
https://it.wikipedia.org/wiki/Popolamen ... e_Americhe



LA COLPA
Niram Ferretti
2 giugno 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"Non si nasce arrabbiati" ci dice Spike Lee. Eh sì è proprio così che funziona. È colpa della società, del sistema, delle ingiustizie sociali, di chi ha rispetto a chi non ha, è colpa del razzismo, della discriminazione. Non si nasce arrabbiati.

Chi saccheggia, distrugge, da alle fiamme negozi e ristoranti, le proprietà e i beni di persone che hanno lavorato per averle, hanno ragione. La feccia ha ragione, perchè non sono nati arrabbiati, hanno delle buone ragioni. Tutti gli afoamericani avrebbero delle buone ragioni per distruggere e saccheggiare, mica tutti possono diventare Luis Armstrong, Ella Fitzgerald, Bille Holiday, Michael Jordan, Oprah Winfey, Condoleezza Rice, Barack Obama, Morgan Freeman, ecc.

Ma anche chi non è afroamericano e distrugge proprietà, e saccheggia, non è nato arrabbiato. Lo è diventato. È il sistema. Va riformato. Tutti devono avere, anzi, a chi non ha avuto deve essere dato di più come risarcimento per non avere avuto.

Il merito? È un sopruso ovviamente. La proprietà privata? Un furto. Qualcuno è stato defraudato.

"La disparità tra l'avere e il non avere..." Questa è la causa. Il talento, il lavorare sodo, la capacità di progettare e innovare, di sacrificarsi? Spazzatura.

Dietro ogni disparità sociale è nascosto un crimine. Non esiste altra spiegazione, ed è l'unica che conta. Tutto il resto sono solo alibi.

L'incapacità non conta. Il vittimismo innalza al vero. Non si nasce arrabbiati. Se si è arrabbiati si ha sempre ragione di esserlo e ci sono sempre i colpevoli di questa rabbia. Mamma e papà per primi e poi, ovviamente, tutto il resto.

Sottrarre all'individuo la responsabilità dei propri fallimenti, questa è la ricetta di tutti coloro i quali vorrebbero una società livellata verso il basso, la mediocrità trionfante, l'economia pianificata, la felicità dispensata da un organo supremo che a tutti dà lo stesso modesto pascolo dove ruminare come un gregge.


Renato Della Mea
Ho ascoltato tutto il suo discorso. Quello che si capisce è che sta' intimamente male, che ha qualcosa che gli rode, il suo stato d'animo è di una rabbia trattenuta e fatta filtrare a dosi calcolate per ben instillare lo stesso stato nella platea.
Sembra cerebroleso ma so' che per molti è normale. Questi sono i detrattori di Trump. Credo che sia finito il tempo della tergiversazione a fini compromissori. Qualsiasi cosa faccia o dica Trump è sempre male. Non è politica quella degli antifa - braccio armato dem- non si cerca una compensazione tra interessi divergenti. Allora dichiarare antifa gruppo terroristico( quale di fatto è) e reprimerlo con i mezzi proporzionati a tale classificazione, è urgente è doveroso. Anche perché così, dove, gli antifa nel resto del mondo, come per esempio Germania e Italia è considerata una congrega di studenti con a cuore la giustizia, potra' emergere con maggior chiarezza chi e cosa sono i loro ammiratori progressisti dei singoli paesi: fiancheggiatori di movimenti sovversivi.

Tiziana Puccetti
Ha parlato Spike Lee, uno stramiliardario black che stramiliardario è diventato perché simbolo dei delinquenti colorati di tutto il mondo avvalendosi del vittimismo piagnone dei movimenti colorati. Non a caso, anche se mascherandolo con ipocrisia, è molto vicino all'Islam...


L'EGEMONIA DEL RICATTO
Niram Ferretti
4 giugno 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Sì, è una cosa sicuramente riprovevole quella che è accaduta negli Stati Uniti. Un poliziotto bianco uccide un uomo di colore durante un fermo. Ma da qui a farne uno psicodramma nazionale con addentellati mondiali ce ne corre.

Vi sono stati altri episodi nel passato di uccisioni di afroamericani da parte di poliziotti neri, persino durante l'illuminata e messianica presidenza Obama. E nessuno nega che negli Stati Uniti ci siano problemi legati al razzismo. E' un portato storico del paese, ma le statistiche dei crimini interrazziali tra afroamericani non fanno notizia. Anzi, se le sciorini vieni accusato di bias razzista. Bisogna a tutti i costi che il bianco sia colpevole e che il nero sia innocente. Funziona così, ed è la conseguenza del percorso di meaculpismo occidentale, dell'imposizione, nei decenni, di una ben precisa agenda ideologica.

E' l'Occidente a essere colpevole, è "buana". La narrativa egemone è espiatoria e risarcitoria. La civiltà occidentale è un unico grande misfatto contro l'uomo nero. Da una parte gli oppressori, dall'altra gli oppressi.

Come ha scritto Pascal Bruckner:

“L’idea chiave secondo la quale apparteniamo a una civiltà maledetta, destinata a scomparire, malata e infame a un tempo, continua a essere l’asse centrale di numerose riflessioni e permea ancora di sé ogni tipo di disciplina, compresa la sociologia e l’etnologia” .

Lo scriveva nel suo seminale "Il Singhiozzo dell'uomo bianco" uscito nel 1986. Vi avrebbe fatto seguito, nel 2005, un altro testo, "La tirannia della penitenza. Saggio sul masochismo occidentale".

Il fallimento del comunismo come messianismo intramondano, come redenzione dell’umanità, ha lasciato intatta l’esigenza del riscatto nutrendola di risentimento, così come ha lasciato intatta la metanarrativa sul potere (marxismo culturale) come essenza stessa della storia e la conseguente divisione dell’umanità tra oppressori e oppressi. In questa prospettiva essenzializzata, se la storia umana si ripartisce fondamentalmente tra sfruttatori e sfruttati, tra oppressori e oppressi, tra vittime e carnefici, e se lo scopo del progresso, sulla scia della vulgata illuminista, è quello di istituire una società più giusta, equa, disalienata, più atta a liberare l’uomo dalle sue catene, allora si tratterà, per tutti i progressisti, gli gnostici intimamente illuminati da questa consapevolezza, di parteggiare e lottare per le vittime, e avviare così, lentamente ma inesorabilmente il processo di disalienazione.

La feticizzazione mediatica di George Floyd ha lo scopo di presentare un nuovo capro espiatorio e di chiamare in correo tutti i bianchi, i quali devono chinare il capo e inginocchiarsi non per lui, ma per secoli di oppressione e di ingiustizia.

"Non sono una oppressa!" gridava una donna di colore contro un gruppo di militanti progressisti, "Non sono una vittima!".

Niente da fare. Sei una finta nera. Se non ti fai assimilare dalla categoria totalizzante, se rifiuti il marchio della vittima non si potranno stigmatizzare gli oppressori. Fai dunque il loro gioco.

E' la terribile logica manichea del totalitarismo, oggi travestito da religione dei diritti umani e da antirazzismo.


I NUOVI DOGMI E GLI INFEDELI
Niram Ferretti

https://www.facebook.com/permalink.php? ... d_activity

In questi tempi confusi si sono imposte due religioni laiche, quella dell'antirazzismo e quella dei diritti umani.

Il loro clero è composto da una moltitudine agglutinata da un unico pensiero: le vittime sono sempre e solo di colore, non esiste nè può esistere una forma di razzismo inverso.

Non può darsi in natura un razzismo afroamericano nei confronti dei bianchi o un razzismo islamico nei confronti di chi non è musulmano. Il razzismo è solo e sempre unilaterale e unidirezionale. A questa impalcatura ideologica è correlata la nozione che la vittima (altra fondamentale categoria rappresentativa della narrativa egemone), appartiene necessariamente al Terzo Mondo, come origine e per discendenza. Non si danno vittime in Occidente, perchè l'Occidente è la parte del mondo dove abitano gli oppressori.

I diritti umani, che dovrebbero riguardare ogni uomo e donna sotto il sole, sono particolarmente tali quando riguardano specifiche categorie vittimarie definite dogmaticamente: i neri e i migranti sono in pole position. Poi vengono i palestinesi. Quindi, quando si parla di "diritti umani", bisogna avere bene chiara una cosa, tra un cristiano copto perseguitato in Medio Oriente e un profugo siriano o un migrante economico nigeriano, il primo dovrà, se gli verrà concesso, accomodarsi dietro i primi due se vuole che anche i suoi diritti umani vengano salvaguardati. E il motivo è semplice, il cristiano copto, o il cristiano iracheno non sono vittime della violenza dell'uomo bianco e per antonomasia della protervia occidentale, sono vittime di altri arabi, in modo specifico musulmani, i quali essendo vittime dell'uomo bianco non possono essere oppressori.

Il profugo siriano e il migrante nigeriano ci intepellano direttamente, non in quanto, nel primo caso, siamo noi i responsabili della guerra in Siria, ma siamo responsabili di molte altre guerre, e dunque, essendo il meaculpismo uno dei fondamenti delle due religioni laiche, la nostra cattiva coscienza ci interpella prepotentemente.

Per quanto riguarda l'Africa l'abbiamo sfruttata a dovere e non importa se dopo la fine del colonialismo i paesi africani siano stati dominati da signori della guerra locali, da satrapi e da dittatori, percorse da violenze tribali, tutto questo è irrilevante per i sacerdoti delle due nuove religioni.

Inginocchiarsi di fronte allle vittime sacralizzate è un segno distintivo dei fedeli. Gli infedeli invece, che non si inginocchiano, vengono scomunicati e trasformati in paria. Lo stigma che devono portare ben impresso è quello di essere "razzisti" e "fascisti" perennemente consegnati all'inferno della damnatio memoriae.


INGINOCCHIARSI AI FATTI
Niram Ferretti
4 giugno 2020

Sul "Wall Street Journal" Heather Mac Donald illusta come il numero totale di afroamericani uccisi durante scontri a fuoco con la polizia sia soltanto corrisponda a un quarto dei morti annuali, una percentuale che si è mantenuta stabile dal 2015.
L'articolo è citato all'interno di un altro articolo di Andrew Mccarthy sul "National Review" in cui l'autore scrive:
"Mentre gli afroamericani sono coinvolti più del doppio delle volte in sparatorie con la polizia di quanto sembrerebbe giustificare la loro percentuale nella popolazione, commettono il 53 percento degli omicidi e il 60 percento delle rapine - ben oltre il quadruplo della loro percentuale nella popolazione, l'establishment politico vorrebbe fare supporre che questa disparità statistica sia causata dal razzismo istituzionale che concentra miopicamente l'attenzione della polizia sui neri. Ma sappiamo che le statistiche riflettono accuratamente la realtà perché i reati vengono denunciati dalle vittime - una grande percentuale dei quali è nera (superando anche la loro quota all'interno della popolazione complessiva).
"Le statistiche del crimine dell'FBI per il 2016 mostrano che su 776 omicidi tra bianchi e neri, i neri ne hanno commessi un totale di 533 e i bianchi 243. Nessuno di questi numeri, né il loro totale combinato, si avvicinano al numero di neri uccisi da altri neri: uno sbalorditivo 2.570 -la maggioranza maschi".
Alcune notazioni a margine. L'uccisione da parte di un poliziotto violento di George Floyd, un delinquente abituale di colore, trasformato in martire ed eroe nazionale, è una operazione di strumentalizzazione politica tra le più smaccate che si ricordino.
Colpire Trump è l'obbiettivo principale di questa operazione, quello secondario è propagare la menzogna così cara ai liberals e alle organizzazioni di estrema sinistra, la loro mano longa, Black Life Matters e Antifa in testa, che negli Stati Uniti il razzismo sia strutturale.
Ma il razzismo è solo una cortina fumogena il cui scopo è quello di nascondere i fatti. Le statistiche parlano chiaro, i numeri sono eloquenti, gli afroamericani delinquono di più, e delinquono di più sia contro i bianchi sia tra di loro. Se vengono uccisi dalla polizia in proporzione maggiore rispetto ai bianchi ciò è dovuto al fatto che commettettono più reati dei bianchi. Il razzismo non c'entra nulla, e anche se nel caso specifico di George Floyd, il poliziotto che lo ha ucciso è un razzista, ciò non giustifica in alcun modo il clima isterico e lo psicodramma in corso in USA.
Non giustifica il caos, i saccheggi, la spirale di violenza. Giustifica solo proteste pacifiche di chi chiede giustizia. Il resto è solo propaganda e demagogia.
L'uccisione di afroamericani da parte della polizia durante gli ormai quasi 4 anni di presidenza Trump non è aumentata rispetto alla presidenza Obama. Gli USA non sono nè più nè meno razzisti di prima.
Il razzismo è solo una clava politica che viene usata come corpo contundente contro chiunque non si inginocchi alla vulgata secondo la quale in USA i neri sono oppressi e vittime predestinate del sistema.
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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:39 pm

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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:40 pm

Ecco chi era George Floyd e la rappresaglia criminale che ne è conseguita
È stato fermato per spaccio di banconote false eha fatto resistenza all'arresto rifiutandosi di salire nella macchina della polizia.
Anche i neri afroamericani debbono rispettare la legge come tutti gli altri e se non la rispettano sono criminali e come tali vanno trattati come tutti i criminali bianchi, gialli, rossi e neri.

George Floyd era un uomo afroamericano di 46 anni. Nato a Houston, in Texas, ha frequentato la Yates High School come atleta multisport diplomandosi nel 1993. Era un rapper associato al gruppo hip hop di Houston Screwed Up Click e freestyle sotto lo pseudonimo di "Big Floyd" su mixtape pubblicato da DJ Screw. Nel 2009, Floyd è stato condannato a cinque anni di prigione per rapina aggravata con un'arma mortale. Floyd si è trasferito in Minnesota intorno al 2014. Ha vissuto a St. Louis Park e ha lavorato nella vicina Minneapolis come guardia di sicurezza di un ristorante per cinque anni. Al momento della sua morte, Floyd aveva recentemente perso il lavoro a causa dell'ordine di residenza del Minnesota durante la pandemia di COVID-19. Floyd era il padre di due figli, Quincy Mason Floyd di 22 anni e Gianna Floyd di 6 anni, che erano rimasti a Houston.

https://it.wikipedia.org/wiki/Morte_di_George_Floyd

La morte di George Floyd è un fatto di cronaca nera avvenuto il 25 maggio 2020, nella città di Minneapolis, in Minnesota: venne registrata all'Hennepin County Medical Center, dove Floyd venne condotto dopo aver perso conoscenza nel corso di un arresto eseguito a suo carico da quattro agenti di polizia che rispondevano ad una chiamata di un negoziante locale nello stesso giorno. L'episodio ottenne rapidamente risonanza internazionale in seguito alla diffusione del controverso filmato dell'arresto di Floyd stesso, dal quale sono successivamente scaturite proteste e manifestazioni contro l'abuso di potere da parte delle forze di polizia, nonché l'odio razziale perpetrato dalle stesse. Nel filmato infatti, viene mostrato l'agente di polizia Derek Chauvin premere il suo ginocchio sul collo di George Floyd per 8 minuti e 46 secondi e gli altri agenti non fare nulla per fermarlo.

La sera di lunedì 25 maggio 2020, George Floyd acquista un pacchetto di sigarette a Cup Foods, un negozio che frequentava, all'incrocio tra East 38th Street e Chicago Avenue a Minneapolis in Minnesota. Un impiegato del negozio credeva che la banconota da 20 dollari usata da Floyd fosse contraffatta.[7] Poco prima delle 20:00, due impiegati di Cup Foods escono dal negozio e attraversano la strada per confrontarsi con Floyd, che era al posto di guida di un SUV Mercedes blu, insieme ad altre due persone, parcheggiate davanti a un ristorante Dragon Wok.[8] I dipendenti chiedono senza successo a Floyd di restituire le sigarette. Il dialogo è stato filmato dalla videocamera di sicurezza del Dragon Wok. Alle 20:01, un impiegato del negozio chiama il 9-1-1.

Alle 20:08, gli agenti del dipartimento di polizia di Minneapolis (MPD) Thomas K. Lane e J. Alexander Kueng arrivano al Cup Foods ed entrano nel negozio.

Alle 20:09, Lane e Kueng lasciano Cup Foods e attraversano la strada verso il SUV di Floyd. Lane si avvicina al SUV di Floyd, estrae la pistola e ordina a Floyd di mettere le mani sul volante. Un passante in un SUV Mercury parcheggiato dietro il SUV di Floyd inizia a registrare l'incontro con il suo telefono alle 20:10. A seguito di una breve lotta, Lane estrae Floyd dal SUV, lo ammanetta e gli comunica che è stato arrestato per aver utilizzato una valuta contraffatta. Alle 20:12, Kueng blocca Floyd, ancora ammanettato, sul marciapiede contro il muro di fronte al ristorante Dragon Wok. Intorno alle 20:14, Floyd cade a terra accanto all'auto della polizia di fronte a Cup Foods, e gli ufficiali lo raccolgono e lo mettono contro la porta dell'auto. Secondo i pubblici ministeri locali, Floyd disse agli ufficiali che era claustrofobico e non riusciva a respirare. Un ufficiale di polizia di Minneapolis Park arriva in risposta alla richiesta di assistenza di Lane e Kueng e sorveglia il veicolo di Floyd e i suoi occupanti dall'altra parte della strada.

Alle 20:17 arriva una terza auto della polizia, con gli ufficiali Derek Michael Chauvin e Tou Thao, che si avvicinano per assistere Lane e Kueng.

Intorno alle 20:18, i filmati di sicurezza di Cup Foods mostrano Kueng alle prese con Floyd per almeno un minuto sul sedile posteriore del conducente mentre Thao osserva la scena. Una denuncia penale presentata contro Chauvin "sostiene che Floyd si rifiutò di entrare in macchina, anche dopo che gli ufficiali lo spostarono dal lato del guidatore al lato del passeggero.

Alle 20:19, in piedi sul lato del passeggero del veicolo, Chauvin trascina Floyd attraverso il sedile posteriore, dal lato del conducente al lato del passeggero, e fuori dalla macchina, facendo cadere Floyd a terra, dove giaceva sul marciapiede, a faccia in giù, ancora con le manette.

Floyd smette di muoversi verso le 20:20.

Testimoni multipli iniziano a filmare l'incontro; i loro video circolano ampiamente su Internet. Alle 20:20, uno spettatore alla stazione di servizio di Speedway LLC attraverso l'incrocio inizia a registrare video sul telefono che mostrava Floyd a faccia in giù sul marciapiede con il ginocchio di Chauvin sul collo di Floyd, Kueng esercita una pressione sul busto di Floyd e Lane esercita una pressione sulle gambe di Floyd, mentre Thao si trova nelle vicinanze. Floyd può essere sentito ripetutamente dire "Non riesco a respirare", "Per favore, per favore, per favore" e "Per favore, amico". Lo spettatore ha smesso di girare quando Lane sembra che gli dica di andarsene. Anche alle 20:20, una seconda persona, in piedi vicino all'ingresso di Cup Foods, inizia a registrare video di Floyd immobilizzato dal ginocchio di Chauvin e lo trasmette in streaming su Facebook.
Memoriale nel luogo delle morte di George Floyd

Verso le 20:22, gli agenti richiedono l'intervento di un'ambulanza, chiedendo inizialmente un "codice due" non di emergenza prima di inoltrare l'urgenza a un "codice tre" di emergenza. Chauvin continua a tenere Floyd bloccato. Qualcuno chiede a Floyd: "Cosa vuoi?" Floyd risponde: "Non riesco a respirare, per favore, il ginocchio al collo, non riesco a respirare".

Alle 20:25, Floyd appare privo di conoscenza e i passanti si confrontano con gli ufficiali sulle condizioni di Floyd, esortandoli a controllare il suo polso.

Chauvin trattenne Floyd per 8 minuti e 46 secondi, sollevando il ginocchio dal collo di George solo dopo la richiesta dei paramedici, noncurante del fatto che Floyd avesse nel frattempo perso conoscenza da oltre 3 minuti. All'arrivo dei paramedici, Floyd viene successivamente condotto all'Hennepin County Medical Center, dove sarà dichiarato morto.


Chi era George Floyd: un delinquente comune in carcere per rapina a mano armata
2 giugno 2020

https://voxnews.info/2020/06/02/chi-era ... no-armata/

Chi era George Floyd, l’ultima icona del vittimismo nero e antibianco globale? Per chi conosce il francese, lo spiega bene l’intellettuale ebreo francese Zemmour.
Floyd era un noto delinquente che aveva passato almeno 5 anni in carcere per rapina a mano armata e consumo di droga. Che poi, al di là di quello che dice l’autopsia del perito della famiglia, e non indipendente come scrivono i nostri media, sarebbe il vero motivo della morte. Insieme a pregressi problemi cardiaci.
Ovviamente non giustifica un eventuale omicidio. Ma spiega il perché del modo in cui è stato arrestato. Non era un povero cittadino fermato a caso.
Questo detto, come sia morto è totalmente ininfluente rispetto a quello che sta avvenendo. La scintilla poteva essere una a scelta. Il problema è avere la casa piena di dinamite.



Qest'uomo afroamericano, George Floyd, non è tanto vittima del razzismo dei bianchi o della polizia multietnica dello stato ma più che altro del suo essere un criminale dedito alle rapine a mano armata e allo spaccio di banconote false.
Questa donna afroamericana Tamika Mallory va arrestata, processata e condannata per demenziali calunnie, istigazione alla violenza razzista e alla guerra civile e giustificazione di devastazioni e saccheggi.


Queste accuse della Mallory sono menzogne!
1 giugno 2020
https://www.globalist.it/world/2020/06/ ... 59309.html

"Non possiamo considerarlo un incidente isolato. La ragione per cui i palazzi stanno bruciando non è solo la morte del nostro fratello George Floyd. Stanno bruciando perché le persone qui nel Minnesota stanno dicendo alle persone a New York, in California, a Menphis, a tutta la nazione, che quando è troppo è troppo".
"Non possiamo essere responsabili per la malattia mentale che è stata inflitta sulle persone dal governo americano, dalle istituzioni, da chi si trova in una posizione di potere. Non me ne frega nulla se i palazzi bruciano. Non me ne frega nulla se bruciano i negozi di Target, perché Target dovrebbe essere in strada con noi, chiedendo giustizia che la nostra gente merita. Dove era AutoZone quando Philando Castile è stato ucciso in una delle loro auto?"
"Se non vieni in difesa del popolo, non sfidarci quando siamo frustrati: siete voi che avete pagato coloro che ci istigano, siete voi che avete voluto tutto questo".
"C'è un modo semplice per fermarlo: arrestate i poliziotti. Indagateli. Indagateli tutti. Non solo qualcuno. Tutti, in ogni città americana dove i neri sono stati uccisi. Questo non è mai stato un paese libero per i neri. E ora i neri sono stanchi. Non parlateci di saccheggi. Voi siete i saccheggiatori: la violenza l'abbiamo imparata da voi. Avete saccheggiato i neri, i nativi americani, il saccheggio è la vostra specialità. Se volete che ci comportiamo bene allora cazzo, cominciate a farlo voi".

Anche i neri afroamericani debbono rispettare la legge e le forze di polizia come lo debbono fare tutti gli altri bianchi, gialli, rossi e neri e se mancano loro di rispetto sono criminali pericolosi e come tali vanno trattati.


Minneapolis, la sfida di Ellison: il procuratore musulmano guiderà l’accusa nel caso George Floyd
Viviana Mazza
2 giugno 2020

https://www.corriere.it/esteri/20_giugn ... resh_ce-cp

Nel 2006, in un’intervista al Corriere, Keith Ellison, avvocato afroamericano che era appena diventato il primo musulmano eletto al Congresso, spiegò che «si può tenere la gente unita, se si difendono i diritti civili di tutti». Ora gli occhi sono puntati su Ellison perché a lui, che dal 2019 è procuratore generale del Minnesota, è stata affidata l’accusa nel caso di George Floyd. «In questo ruolo posso assicurarmi che i potenti rispettino le regole. Invece, come deputato non puoi difendere in modo diretto i diritti della gente»: Ellison spiegò così perché aveva lasciato il Congresso.

Decisione inusuale

La decisione del governatore Tim Walz di far intervenire il procuratore dello Stato per assistere quello della contea di Hannepin, Mike Freeman, è inusuale; di solito avviene in casi di conflitto di interessi. Vuole essere un segnale ai manifestanti e alla famiglia, nella consapevolezza della scarsa fiducia che hanno nel sistema, di cui considerano parte anche Freeman. A livello locale, procuratore e polizia lavorano a stretto contatto.

La protesta contro il procuratore Freeman

Dal 1990 al ’99 e poi nel secondo mandato dal 2006 a oggi, Freeman ha incriminato solo un agente per omicidio: Mohammad Noor, un poliziotto nero che uccise una donna bianca nel 2017. Ci sono voluti 4 giorni perché incriminasse Derek Chauvin, che ha premuto il ginocchio sul collo di Floyd fino a soffocarlo, ma la famiglia ritiene responsabili anche gli altri tre poliziotti presenti. Ellison avverte che accusare la polizia di omicidio è «molto difficile: tutte le nostre argomentazioni verranno messe sotto attacco». Lui stesso verrà attaccato da destra: è stato già diffuso un suo tweet del 2018 su un libro intitolato Antifa, manuale anti-fascista, e suo figlio Jeremiah appoggia quel gruppo di estrema sinistra che Trump vuole mettere nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Nella notte in cui fu eletto al Congresso Ellison disse: «Abbiamo fatto la storia. Abbiamo mostrato che siamo più forti quando costruiamo ponti tra le comunità che quando cerchiamo di dividere per conquistare». Ci riuscirà ora?



Minneapolis, in tutto il Paese agenti in ginocchio per Floyd. Nuova autopsia: «Fu soffocato»
Giuseppe Sarcina
1 giugno 2020

https://www.corriere.it/esteri/20_giugn ... resh_ce-cp

E ora proviamo a guardare dall’altra parte della barricata. Il capo della polizia di Minneapolis, l’afroamericano Medaria Arredondo, 55 anni, si inginocchia tra la 38 esima strada e la Chicago Avenue. Davanti alle foto, ai fiori, ai disegni, ai palloncini che sono già una sentenza: qui il 25 maggio George Floyd, un altro afroamericano è morto, schiacciato dal ginocchio dell’agente Derek Chauvin e con la complicità di altri tre uomini in divisa. A qualche chilometro di distanza il sergente S. ci accoglie con una smorfia. È di piantone al Primo Distretto di Polizia, il più centrale, non lontano da una delle sedi del governo, dove, al piano terra, c’è l’ufficio di Arredondo, una stanzetta piena di ritratti di poliziotti e di bandiere, con una grande vetrata che dà sul corridoio. Completamente deserto ieri.

«Che cosa vuole?» chiede sbrigativo il sergente, sbucando dall’interno di una fortezza costruita due giorni fa. Una lunga fila di blocchi di cemento, filo spinato e, nell’unico varco rimasto, il blindato color ocra della Guardia Nazionale, presidiato da due militari con il fucile automatico in posizione di tiro. «È il primo giornalista che vedo qui. È nel posto sbagliato. Non posso parlare, abbiamo ordini precisi. Si rivolga all’Ufficio relazioni pubbliche». Conosciamo la solfa: «call the office», telefonate a vuoto, oppure email per chiedere un’intervista. Risposta più o meno sollecita con un compitino prefabbricato. Non è questo che ci serve. Piano piano il nostro interlocutore si scioglie: «Avrei una grande voglia di parlare, di dire la verità. Non quella ufficiale, manipolata dai politici. Siamo presi in mezzo». Alla fine conversiamo per una ventina di minuti. Niente nomi, niente foto e, da qui in avanti, niente virgolettati. Il Sergente S. ha una sessantina d’anni, è nato e cresciuto a Minneapolis; è in servizio da oltre trent’anni e ora guadagna circa 100 mila dollari all’anno. Conosce il territorio, dunque. Sostiene che i poliziotti sono stati mandati allo sbaraglio nei primi giorni dai dirigenti politici che hanno sottovalutato il pericolo. Mentre questa, osserva, è una vera guerra contro gruppi organizzati e numerosi. Come quelli di Antifa, «gli antifascisti», formazione estremista che contempla anche l’uso della violenza non solo come forma di autodifesa, secondo la dottrina di Malcom X, ma anche come necessaria prevenzione. Quindi Donald Trump ha fatto bene, anzi benissimo, a dichiarare l’Antifa un’organizzazione terroristica.

Ma qual è «la verità» che verrebbe nascosta dai vertici politici? E cioè, si suppone, dal Governatore Tim Walz, dal sindaco Jacob Frey, tutti e due democratici? «No comment», sono le ultime parole del Sergente prima di muovere il braccio in modo inequivocabile: «Buona giornata». A venti minuti di auto, guidando verso sud, ecco il Quinto Distretto. Se possibile ancora più blindato. La strada è sbarrata nelle due direzioni. I militari della Guardia Nazionale sono numerosi. Non siamo distanti dal Terzo Distretto, sulla East Lake Street, dato alle fiamme dai manifestanti sei giorni fa. Pure qui il sottufficiale di servizio concede pochissimo. Ma spiega che per i poliziotti di Minneapolis «la verità» è contenuta nel referto medico diffuso dopo l’autopsia di George dall’Hennepin Countyi Medical Examiner. «Legga bene le tre righe sulle cause della morte. Non c’è il soffocamento». Nel rapporto, pubblicato il 29 maggio, è scritto: «L’effetto combinato tra l’immobilizzazione subita dal Signor Floyd da parte della polizia e le sue condizioni di salute precedenti e ogni potenziale intossicazione nel suo sistema hanno probabilmente contribuito alla sua morte». Una conclusione piuttosto ambigua. Tanto è vero che la famiglia di Floyd ha commissionato un’altra autopsia. I risultati sono arrivati ieri e contrastano con quelli della perizia ufficiale: «George è morto per asfissia, sotto il ginocchio del poliziotto Chauvin», ha riassunto l’avvocato Ben Crump, noto legale e attivista per la difesa dei diritti civili.

Tutto ciò significa che a Minneapolis il grosso della polizia cova una rabbia speculare a quella dei manifestanti. Ecco perché qui solo il capo, Arredondo, si è inginocchiato e si è tolto il cappello, rispondendo a una domanda di Terence Floyd, il fratello di George, posta da una giornalista della Cnn. «In questo caso il silenzio significa complicità», ha scandito, ripetendo che i quattro agenti coinvolti nella morte di Floyd sono da mettere «tutti sullo stesso piano».
Dal pestaggio di Rodney King a Minneapolis, trent’anni di violenza e rivolte negli Usa
1991-92: le botte al tassista, gli agenti assolti e la guerra in strada

Si prospetta uno dei processi più importanti degli ultimi anni. Keith Ellison, procuratore generale dello Stato, ha assunto la titolarità dell’inchiesta. Ellison è una figura conosciuta all’opinione pubblica degli Stati Uniti, poiché fu il primo musulmano eletto come deputato nel Congresso di Washington. La prima udienza di Chauvin, prevista per ieri, è stata ora fissata per l’8 giugno.Ma questa vicenda, ormai, non si può più circoscrivere all’ambito giudiziario. Nelle forze dell’ordine, sotto accusa nell’intera America, affiorano divisioni, segnali mai visti.

Ieri è tornato a farsi sentire Barack Obama. In un lungo post pubblicato da Medium si schiera ancora una volta con le ragioni della protesta. Invita a isolare i violenti che danneggiano non solo le proprietà dei cittadini, ma anche la visibilità, la credibilità delle manifestazioni.Obama, poi, sollecita gli afroamericani a mobilitarsi, a scegliere con il voto i leader politici. «È importante capire quale livello di governo abbia l’impatto maggiore sul nostro sistema criminale e giudiziario...Non solo il Presidente e il Congresso. In realtà chi conta di più sono i livelli statali e locali, i Governatori e i sindaci, cioè coloro che nominano il capo della polizia».

Queste parole sono rimbalzate a Minneapolis, dove ieri sono arrivati i capi di diverse associazioni per accompagnare il fratello di George. Terence Floyd si è presentato intorno alle 13 in Chicago Avenue. Emozionato, indossava, masticandola, una mascherina con riprodotti il volto del fratello e la scritta: «Noi abbiamo bisogno di respirare», una variante dell’invocazione «non riesco a respirare» ripetuta diverse volte da George, mentre si spegneva sotto il ginocchio di Derek Chauvin.Terence ha cominciato con una considerazione amara: «Quante volte abbiamo visto tutto questo. Prima le proteste, poi le distruzioni e poi semplicemente nulla. Ma ora dobbiamo muoverci. La mia è una famiglia pacifica e voglio chiedere di smetterla con i saccheggi e le devastazioni. Vorrei chiedervi di spiegare ai vostri figli l’importanza di agire pacificamente. Possiamo cambiare le cose con il voto, la partecipazione. Portando nella mano sinistra l’offerta di pace e nella destra la richiesta di giustizia».



Minneapolis, i generali si smarcano da Donald Trump. Arrestati i tre agenti complici
Giuseppe Sarcina

https://www.corriere.it/esteri/20_giugn ... resh_ce-cp

Martedì notte, 2 giugno. Le 19, l’orario del coprifuoco imposto a Washington, sono passate da un pezzo. Sulla facciata della St. Johns Episcopal Church brillano scritte intermittenti rosse, gialle, blu. Ventiquattr’ore prima, proprio qui davanti, Donald Trump si era messo in posa con una Bibbia in mano, subito dopo che il suo ministro della Giustizia, William Barr, aveva dato ordine di far sgomberare i manifestanti con i fumogeni e gli agenti a cavallo. Ora le luci laser disegnano parole come in una video installazione. Si legge: «Revolution», «Black Power» e soprattutto «I can’t breathe», «non posso respirare», l’ultima invocazione di George Floyd, sotto il ginocchio del poliziotto Derek Chauvin.

La fronda dei generali

L’iniziativa di Trump ha diviso come sempre il Paese. Ma stavolta ha perforato anche la compattezza dell’amministrazione. Il Pentagono è in ebollizione. Martedì James Miller si è dimesso dal «Defense Advisory Board», accusando il ministro della Difesa Mark Esper di «aver violato il giuramento di difendere la Costituzione». Scrive Miller: «Forse lei non era nelle condizioni di bloccare l’ordine dato dal presidente Trump di ricorrere a questo uso agghiacciante della forza. Ma avrebbe potuto opporsi. Invece di appoggiarlo visibilmente». Esper è un ex lobbista dell’industria della Difesa. Non ha storia politica: è «un’invenzione» di Trump che lo ha scelto per sostituire l’ingombrante generale Jim Mattis. Ma la rabbia di Miller è largamente condivisa dai militari e quindi ieri il ministro si è dovuto dissociare pubblicamente da Trump: «Il ricorso all’esercito deve essere considerato come l’ultima possibilità e solo nei casi più urgenti e disastrosi».

La linea dura di Trump non ha dato risultati. La gente è tornata in massa di fronte alla Casa Bianca. Migliaia di persone che sono rimaste fino a tardi, in violazione del coprifuoco, mentre il resto della città è deserta. La polizia ha costruito un recinto per creare una zona cuscinetto profonda circa 100 metri dal perimetro della Casa Bianca. Lo schieramento a protezione è più leggero: abbiamo contato 50 soldati nella prima linea. Gli altri restano nelle retrovie. A ridosso della rete si assiepano tanti giovani, non solo afroamericani. Ci sono tantissime ragazze bianche, teenager oppure studentesse universitarie. Sono qui da molte ore. Ogni tanto qualcuna si stacca dal gruppo e va a sdraiarsi sul marciapiede deserto. Non hanno molta voglia di parlare. Partecipano per la prima volta alle manifestazioni. Sono diffidenti, caute. Nelle chat interne girano notizie e allarmi di ogni tipo. Attenti ai poliziotti infiltrati. Addirittura: non accettate acqua da sconosciuti, potrebbe essere avvelenata. Due neolaureate in medicina con il camice azzurro distribuiscono disinfettante per le mani, ma anche latte da usare per lavare gli occhi dagli effetti dei fumogeni. Il nerbo, comunque, è formato da giovani afroamericani. Alcuni di loro sono riusciti, non si sa come, ad arrivare in motorino. Non ci sono leadership e gerarchie precise. Almeno non qui. Discutono in continuazione, anche in modo acceso. Si passano di mano in mano il megafono per suggerire strategie estemporanee. Poco dopo le 19, per esempio, si consuma una «scissione». Un folto gruppo decide di formare un corteo e dirigersi verso la 14esima, la strada più animata. Gli altri restano davanti alla Casa Bianca. Alle 21.30 una ventina di ragazzi comincia a scuotere la rete di protezione. Ma sono investiti dalle urla di tutti gli altri e si fermano. In un angolo sono ammonticchiati pacchi di acqua. Arriva un ristoratore con un cartone da cinquanta cestini (crab cake e insalata): spariscono in un attimo. «Sono al terzo round». Tutto gratis, naturalmente. Poco più in là c’è il ventisettenne Jason Frey della Ong «HeadCount» che gira in monopattino per far iscrivere i giovani nei registri elettorali. Ne ha convinti 10 in un’ora. Al tramonto cinque musulmani si appartano e pregano sul marciapiede.

La «suburra»

È questa «la feccia», «la suburra» paventata da Trump? In realtà di giorno l’ala più antagonista e organizzata, come gli anarchici, gli Antifa (antifascisti) si mescola nel movimento spontaneo. Non dà il segno, non condiziona l’orientamento politico della protesta. Quello che accade a notte fonda, invece, non è ancora decifrabile e probabilmente varia da città a città. Nei quartieri periferici di Washington, è noto, agiscono diverse bande criminali. Maras importate da El Salvador, gang di «black people». Sono loro i guastatori? Oppure gli estremisti politici? O semplicemente sono saccheggi improvvisati dai giovani più violenti, ma non inquadrati in alcuna formazione? Finora abbiamo solo le parole di Trump, ma nessun fatto accertato dagli inquirenti.



Così le proteste della comunità nera sono sfuggite di mano ai Dem
Francesco Boezi
2 giugno 2020

https://it.insideover.com/politica/cosi ... i-dem.html


Il capitolo sul movimentismo americano, un capitolo sempre attuale, prosegue con la saga dei membri di Black Lives Matter, che però sta evolvendo in qualcosa a cui non eravamo ancora o del tutto abituati.

La protesta portata avanti dopo il caso della morte di George Floyd sta montando. Altre nazioni, oltre agli Stati Uniti d’America, hanno assistito alla comparsa tra le strade di persone che si richiamano a quella organizzazione o, più in generale, alla tutela dei diritti dei neri. “Black Lives Matter”, però, è un nome che non basta a spiegare quello che sta succedendo. “Riots”, rivolte è un termine che descrive molto meglio la fotografia scattata in queste ore.

Anzitutto la portata complessiva: bisognerà vedere per quanto tempo i manifestanti continueranno ad occupare alcune tra le principali città occidentali, Londra per esempio. La storicità di un fenomeno dipende pure dalla partecipazione e dalla durata del moto, che può essere idealistico o sfociare – come sta già accadendo – pure in altro. La natura pacifica non è una costante di queste manifestazioni. Incendi, scontri, devastazioni e saccheggi che interessano negozi: gli episodi stigmatizzabili, almeno negli Usa, non si contano più. C’è anche chi si limita alla non violenza, e non si può generalizzare.

Distribuire le responsabilità per le fasi meno pacifiche delle rivolte non è semplice. E non è neppure detto che i gesti violenti siano riconducibili a gruppi specifici o a sigle. Anche lo spontaneismo recita la sua parte – una parte che potrebbe essere molto rilevante – in questa storia. Sia come sia, il politicamente corretto impone una consueta linea tiepida: il doppiopesismo narrativo prevede che un certo tipo di violenza, filtrato dall’interpretazione, possa passare in sordina o quasi essere giustificato.

Tre, a prescindere dal humus delle circostanze e dalla ciclicità di questi eventi, sono i principali fattori in gioco che vale la pena annotare: il contesto statale da cui è partito tutto, quello del Minnesota, gli effetti socio-economici della pandemia da Sars-Cov2 e la time-line che scorre in direzione di novembre, mese del voto per le presidenziali.

Il Minnesota

I Black Lives Matter, con la partecipazione di altre frange, come quella dell’estrema destra dei Boogaloo Boys, non hanno invaso le metropoli, partendo dall’Alabama o da qualche altro Stato del Sud. Quelli in cui la questione della discriminazione razziale è, se non altro per motivi storici, percepita come non più rimandabile. La base d’origine del moto è Minneapolis, una città governata da un progressista in rampa di lancio, Jacob Frey. Minneapolis è in Minnesota, dove governa un altro democratico: Tim Walz.

Il Minnesota è un’isola felice degli asinelli. Perché a licenziare il poliziotto accusato di omicidio ed altri agenti presenti nel mentre si consumava la tragica vicenda di George Floyd è stato Jacob Frey e non Donald Trump? La risposta a questo quesito ci aiuta a chiarire meglio come stiano le cose. La polizia di Minneapolis ha un capo: il primo cittadino. Una sottolineatura necessaria perché contribuisce a chiudere il cerchio sul fatto che Trump non abbia alcuna responsabilità diretta sul caso di Floyd. C’è chi parla di “clima creato”, ma quella è una considerazione politologica che lascia il tempo che trova. Il governatore Tim Walz ha preso una posizione netta: “Capisco la rabbia, ma la situazione è incredibilmente pericolosa. Dovete andare a casa”. E ancora: “Tutto questo non riguarda la morte di George Floyd, né le diseguaglianze, che sono reali. Questo è il caos”. Il caos, appunto, che è un elemento spesso dimenticato dalle analisi giustificazioniste, ma non dai vertici Democratici a quanto pare. Joe Biden sta postando foto che lo immortalano mentre incontra ed ascolta alcuni esponenti della protesta che – ripetiamolo – è anche pacifica, ma la sensazione è che i Dem non possano vantare un controllo su quello che sta accadendo e che, al contrario, all’establishment democratica, soprattutto in Minnesota, sia del tutto sfuggita di mano la situazione.

La situazione sociale dovuta alla pandemia

Le persone che si stanno fisicamente rivoltando hanno politicamente rivendicato qualcosa di circoscritto? La risposta è no. Un conto sono le manifestazioni non violente, un altro quelle che non violente non sono. Mentre scriviamo, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti procede spedito verso il 20%. La comunità nera, ma non solo, potrebbe aver subito il contraccolpo dell’implosione dell’economia reale. Implosione che è una conseguenza già palese della pandemia. Con Donald Trump, il tasso di disoccupazione dei neri che risiedono negli States è molto diminuito, ma il “cigno nero” potrebbe aver cambiato le carte in tavola. Ora, quella comunità, potrebbe sentirsi tradita dalle istituzioni in genere, dopo un periodo in cui – lo raccontano i dati – qualcosa in termini di percentuali di persone occupate era molto migliorato. Possibile che questo fattore faccia parte delle motivazioni dei rivoltosi? Possibile. E, in caso, sarebbe forse un collante, una radice, più profonda rispetto a molte altre.

La strada verso novembre

Donald Trump non è nella posizione di poter attaccare chi fa parte dei Black Lives Matter. Il movimento ha ricevuto critiche in passato ma, ad oggi, un attacco significherebbe condannarsi alla sconfitta elettorale. Perché le minoranze crescono demograficamente. E perché Biden sfrutterebbe la dichiarazione come non mai. Meglio, allora, individuare un altro avversario: gli antifascisti. Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti si apprestano ad omologare le organizzazioni antifasciste alle organizzazioni terroristiche. La mossa è intelligente: non colpevolizza la comunità afroamericana ed individua un responsabile politicizzato e forse al centro delle rivolte scoppiate in queste ore. La strada verso novembre per Trump appare comunque in salita. Ma associare le proteste di questi giorni ad una presunta mala gestione trumpiana è un atteggiamento prettamente opportunista che poco ha a che fare con la realtà dei fatti.



Giulio Meotti
"A leggere i media indignati della volata elettorale ai Democratici, Obama che abbraccia le proteste, pezzi di establishment ipocriti che si inginocchiano, sembra che in America poliziotti bianchi razzisti si divertano ad andare in giro a sparacchiare a cittadini di colore disarmati. Vediamo i fatti.
- Ci sono 375 milioni di interazioni fra la polizia e i civili ogni anno in America
- 1004 persone sono rimaste uccise per mano della polizia nel 2019. Di queste, 235 erano di colore. E di questi, 226 erano armati.
- 9 cittadini di colore non armati sono stati uccisi dalla polizia l’anno scorso su una popolazione di 330 milioni.
Ognuna di queste vite è una sconfitta. Ma tale da giustificare la devastazione delle città? E il processo alla più antica democrazia del mondo? E le accuse di “razzismo sistematico”?
Come riferisce Heather Mac Donald in un articolo sul Wall Street Journal, i neri rappresentano un quarto del numero totale di persone uccise nelle sparatorie con la polizia ogni anno, un dato stabile dal 2015. La risposta è che questo 25 percento dimostra il razzismo poiché gli afroamericani sono il 13 percento della popolazione americana. Anche se ignoriamo il fatto che un numero sempre più crescente di agenti di polizia sono essi stessi afroamericani, la polizia non va in giro a cercare persone di colore a cui sparare. Ci sono state 7.407 vittime di omicidi di colore negli Stati Uniti nel 2018, l'ultimo anno per il quale sono disponibili i dati definitivi. I 9 uomini disarmati uccisi nelle sparatorie della polizia sono lo 0,1 per cento degli omicidi di colore. Mentre gli afroamericani sono coinvolti due volte di più nelle sparatorie della polizia di quanto sembrerebbe giustificare la loro percentuale totale, commettono il 53 percento degli omicidi e il 60 percento delle rapine - ben oltre il quadruplo della loro percentuale sulla popolazione. E di chi è la colpa? Del fatto che la vita, il sistema, è ingiusto? Forse. Ma 55 anni di programmi democratici nella lotta al razzismo e alla povertà non hanno aiutato. Né il fatto che tutte le città dove si svolgono le proteste, o Minneapolis dove è stato ucciso Floyd, sono feudo democratico praticamente da sempre.
Inoltre, le uccisioni di cittadini di colore da parte della polizia sono in calo e se ne registrarono di più sotto Obama. Ma a differenza dei partigiani liberal, dobbiamo dire che non è colpa di nessuno, nè di Obama nè di Trump.
Ma ora possiamo tornare a dare la colpa a Trump, a guardare Mississipi Burning, a pubblicare articoli sul Ku Klux Klan, a sognare la guerra razziale a colpi di marce e incendi per redimere la nostra società “malata”. Ma la vera malattia è nella testa di chi guarda, è l’idea che siamo razzisti e ingiusti e che dobbiamo pagare per quello che siamo."



Criminalità e propensione al crimine in base alla razza di appartenenza. Philippe Rushton
Alba Giusi

USA: GLI AFROAMERICANI SONO MENO DEL 13% DELLA POPOLAZIONE MA:

- Commettono il 53% degli omicidi;
- Commettono il 67% delle rapine;
- Commettono il 50% delle aggressioni;
- Gli omicidi commessi da donne sono per il 75% commessi da donne nere contro il 13% delle donne bianche;

Teniamo sempre presente che gli afroamericani sono solo il 13% !!!

Queste percentuali valgono più o meno a livello internazionale.

Il tasso della propensione alla violenza criminale per 100.000 abitanti è:

- Asiatici 35
- Europei 42
- Africani 149

E si vuole ridurre tutto al solo razzismo della più grande democrazia del Mondo!

Poniamocela qualche domanda. Le risposte ci sono ma i aubalterni media mainstream non ne parlano perché sarebbe politicamente scorretto e perché sarebbe troppo dannoso per la propaganda liberal-proressista-globalista che vorrebbe farci credere che è "tutto e sempre colpa del bianco e del sistema capitalistico occidentale".

Analizzare la realtà non è razzismo ma buon senso che ci aiuta a comprendere il problema e trovare una giusta soluzione. Ignorarla, o addirittura negarla a proprio vantaggio ideolocico, è pura ipocrisia!





Ricordiamo che il presente articolo è basato sugli studi condotti da Philippe Rushton e pubblicati nel libro “Race, Evolution, and Behavior”. L’autore dello studio utilizza il cosiddetto “modello a tre vie” mettendo a confronto i dati relativi a tre razze: bianchi, neri e orientali. Pertanto, tutte le statistiche sono state effettuate tenendo conto della razza di appartenenza del soggetto, secondo la suddetta classificazione.

Le statistiche relative alla criminalità

https://www.altreinfo.org/riflessioni/1 ... e-rushton/

Negli USA i neri sono meno del 13% della popolazione ma rappresentano il 50% degli arresti per aggressioni e omicidi e il 67% di tutti gli arresti per rapine. Il 50% delle vittime dei crimini riportano anche che i loro aggressori sono neri, perciò le statistiche non possono essere influenzate dai pregiudizi della polizia.

La maggior parte dei detenuti è di razza nera

I neri compongono una larga parte dei soggetti arrestati per rapine, crimine organizzato, frode. Circa il 33% di persone arrestate per frode, falsificazione, contraffazione e ricettazione e circa il 25% delle persone per appropriazione indebita è rappresentato da neri. I neri sono sotto-rappresentati solo in reati di un certo tipo, quali frode fiscale e violazioni titoli, che sono commessi da persone che hanno una professione altamente qualificata.

Dall’altra parte, gli orientali sono sotto-rappresentati nelle statistiche del crimine statunitense. Ciò ha portato qualcuno a convincersi che il “ghetto” asiatico protegge i loro membri dalle nocive influenze straniere. Per i neri, comunque, il ghetto rappresenta un modo per favorire l’illegalità; tuttavia una spiegazione solamente culturale non è sufficiente.

Gli omicidi commessi da femmine presentano percentuali più o meno simili. In uno studio riguardante gli arresti femminili, il 75% erano donne nere. Solo il 13% erano donne bianche. Nessuna donna asiatica figurava tra gli arresti. La spiegazione culturale per i tassi criminali dei maschi neri non si applica alle donne nere, dalle quali non ci si aspetterebbero comportamenti criminali analoghi a quelli dei maschi. Non c’è nessun modello culturale “gangster” presso le donne nere.

Lo stesso modello è verificabile in altri paesi. A Londra i neri sono il 13% della popolazione, ma sono responsabili del 50% dei crimini compiuti in quel paese. Nel 1996 una commissione del Governo in Ontario (Canada), ha riportato che i neri avevano una probabilità cinque volte maggiore di andare in carcere rispetto ai bianchi e 10 volte maggiore rispetto agli orientali. In Brasile ci sono 1,5 milioni di orientali, soprattutto giapponesi, gli antenati dei quali andarono lì come lavoratori nel 19° secolo. Questi sono i meno rappresentati nel crimine.

Le rielaborazioni statistiche dell’INTERPOL

La figura sotto riportata è basata sugli annuari dell’INTERPOL e mostra che questo modello razziale corrisponde a livello globale. I tassi di assassinii, stupri e di gravi aggressioni sono quattro volte più alti negli stati africani e in quelli caraibici rispetto agli stati asiatici e a quelli del Pacifico. Gli stati europei presentano tassi intermedi. Gli annuari del 1993-1996 dell’INTERPOL mostrano che il tasso di violenza criminale fra gli asiatici è di 35 per 100.000 persone, 42 per gli europei e 149 per gli africani.

Tasso di criminalità in base alle statistiche diffuse da INTERPOL

La situazione delineata può essere spiegata con fattori genetici e socio-culturali. Ad esempio, gli ormoni che procurano ai neri un vantaggio genetico in certi sport, danno loro irrequietezza a scuola e propensione al crimine. Le famiglie di origine dei neri sono molto più instabili rispetto a quelle dei bianchi e, soprattutto, rispetto a quelle degli orientali. Anche questo può generare scompensi di natura affettiva che sfociano in una maggior propensione al crimine. Non ultimo, la povertà e la disuguaglianza contribuiscono a determinare il livello di criminalità.

In ogni caso, qualunque sia l’approccio, i fattori genetici non possono essere trascurati.

Alcuni casi di studio

Sulla propensione alla violenza da parte dei neri, senza addentrarci sulle motivazioni, segnaliamo le seguenti notizie in cui media statunitensi riferiscono di alcuni “giochi” portati avanti dai neri a scapito di bianchi e asiatici. Le notizie risalgono al 2013, ma negli Stati Uniti questi eventi sono all’ordine del giorno e si ripetono continuamente.

Il New York Post : “Ecco il modo in cui si svolge il gioco, un certo numero di giovani neri decide di mostrare che si può abbattere qualche sconosciuto per strada, preferibilmente con un pugno, quando passano. Spesso, qualche altro membro del gruppo registra l’evento in modo che il video venga messo su Internet per essere celebrato”. Le vittime sono sempre bianchi e orientali.

A Washington DC, l’affiliata CBS ha riferito questa settimana che almeno due persone sono state vittime recenti del gioco ‘abbatti il bianco’. Ma la stazione non ha menzionato che tutte le persone coinvolte nel commettere il ‘gioco’ erano nere. La stazione inoltre non ha riferito che bianchi e asiatici in tutto il distretto sono soggetti a frequenti violenze di massa da parte dei neri sulle piste ciclabili, sui mezzi di trasporto pubblici, nei luoghi di intrattenimento, nei quartieri “gay” e quasi in tutto il resto, come documentato in “White Girl sanguinano molto: Il Ritorno della violenza razziale in America e come i media la ignorano“.

Dovremmo anche chiederci come mai i media ignorano la maggior propensione alla violenza che caratterizza i neri, al di là delle motivazioni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:41 pm

George Floyd aveva il coronavirus ed era asintomatico
4 giugno 2020

https://www.corriere.it/esteri/20_giugn ... resh_ce-cp

Ore 04.51 - Autopsia Floyd: aveva il coronavirus, era asintomatico
George Floyd, l’afroamericano morto soffocato da un agente di polizia a Minneapolis, aveva il Covid-19 ma era asintomatico. È uno dei dettagli che emerge dall’autopsia ufficiale.
George Floyd aveva il coronavirus: «Era asintomatico», è il referto emerso dall’autopsia. Continua intanto in America l’ondata di proteste per la sua morte: dopo gli scontri e le vittime dei giorni scorsi, le manifestazioni sono riprese in modo per lo più pacifico, anche se questa notte a New York ci sono stati più di 90 arresti ma nessun saccheggio. Restano la rabbia e l’indignazione per il modo in cui è morto l’afroamericano di 46 anni, schiacciato con il ginocchio sul collo dal poliziotto bianco Derek Chauvin. Così come resta alto il livello di allarme a livello politico, per le scelte del presidente americano Donald Trump, che ieri sera la portavoce della Casa Bianca ha paragonato a Winston Churchill. Sempre durante la notte italiana, ha parlato anche l’ex presidente Usa Barack Obama: «Questa crisi mai vista va usata per risvegliare la Nazione»; a Minneapolis gli altri tre ex agenti coinvolti nel fermo di Floyd hanno raggiunto in carcere Chauvin, già incriminato per omicidio volontario. Il Senato Usa si appresta a introdurre in settimana una legge che vieta alla polizia di usare la stretta al collo in caso di arresto. E la polizia riferisce che nella protesta di San Francisco di lunedì è stato ucciso per errore un manifestante: l’agente aveva scambiato un martello per una pistola. Ecco la cronaca di questa serata americana.

Ore 05.50 - New York: più di 90 arresti ma nessun saccheggio
Una novantina di persone sono state arrestate stanotte a New York durante le proteste per la morte di George Floyd. Lo riferisce la polizia locale, precisando che le manifestazioni sono state relativamente calme e senza saccheggi. Martedì notte erano stati arrestati 280 dimostranti.

Ore 01.00 - L’ex capo del Pentagono Mattis: Trump vuole dividere gli Usa
L’ex segretario alla Difesa Usa James Mattis rompe il silenzio e attacca il presidente americano per la risposta alle proteste scatenate dalla morte di George Floyd. «Donald Trump è il primo presidente della mia vita che non abbia cercato di unire il popolo americano, non ha neppure fatto finta di provarci - dice l’ex capo del Pentagono, che si era dimesso dall’amministrazione Trump nel dicembre 2018 per le divergenze politiche con il presidente tornando in sevizio nei Marine -. «Piuttosto, lui cerca di dividerci. Stiamo assistendo alle conseguenze di tre anni di questo deliberato sforzo. Stiamo assistendo alle conseguenze di tre anni senza una leadership matura». Mattis ha condannato l’uso dell’esercito contro le proteste per la morte di Floyd, definendo «abuso di potere esecutivo» lo sgombero della folla davanti alla Casa Bianca per quella «bizzarra photo-op» del presidente con la Bibbia in mano e a fianco la leadership militare, e invitato a «respingere e a richiamare alle loro responsabilità chi ha cariche e deride la nostra Costituzione».

Ore 05.35 - Trump replica su Twitter al suo ex segretario della Difesa: un onore averlo licenziato
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha replicato via Twitter al suo ex segretario della Difesa, James Mattis, che poche ore prima lo aveva accusato di «farsi beffe della Costituzione», per aver minacciato il ricorso all’esercito contro le violenze di strada seguite all’uccisione dell’afroamericano George Floyd: «L’unica cosa che probabilmente abbiamo in comune io e Barack Obama è l’onore d’aver licenziato Jim Mattis, il generale più sopravvalutato al mondo. Ho chiesto la sua lettera di dimissioni e mi sono sentito benissimo nel farlo», ha scritto Trump, riferendosi all’addio di Mattis nel 2018 per essersi schierato apertamente contro la decisione del presidente di ritirare le forze Usa dalla Siria. «Sono lieto che se ne sia andato!», ha poi twittato ancora Trump.

Ore 02.43 - Il presidente Trump: esercito forse non sarà necessario
«Forse» non sarà necessario inviare l’esercito per fermare le proteste scatenate dall’uccisione da parte della polizia dell’afroamericano George Floyd a Minneapolis. Lo ha detto il presidente americano Donald Trump durante un’intervista su Newsmax condotta dal suo ex portavoce Sean Spicer. «Dipende. Forse non servirà. Anche se abbiamo il forte potere di farlo. La Guardia nazionale è una consuetudine e abbiamo una Guardia nazionale molto forte», ha detto Trump dopo aver minacciato di ricorrere all’Insurrection Act per usare le forze armate contro i manifestanti. Un’impostazione che il capo del Pentagono Mark Esper ha dichiarato di non condividere. Trump ha dunque puntato il dito contro gli «Antifa, gli anarchici, terroristi e i saccheggiatori» tra i manifestanti, «abbiamo un sacco di gentaglia in questi gruppi», ha rimarcato.

Ore 23.48 - La Casa Bianca paragona Trump a Churchill
La Casa Bianca ha detto che la visita di Donald Trump alla St. John’s Episcopal Church lì vicino dove il presidente ha tenuto una Bibbia in mano, mostrandola, è stato un «momento di leadership» simile all’ispezione di Winston Churchill sulla Londra danneggiata dalle bombe nel corso della Seconda guerra mondiale. Durante i blitz dei caccia tedeschi su Londra, Churchill osservava spesso le incursioni dai tetti e camminava poi per le strade in luoghi dove migliaia di persone erano state uccise. L’amministrazione Trump è stata criticata dai democratici e da diversi repubblicani, dopo che i manifestanti pacifici sono stati sgomberati con la forza dall’area intorno alla chiesa, dove il presidente ha posato per le foto mostrando la Bibbia. La portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany ha detto che la passeggiata di Trump verso la chiesa - che il giorno prima era stata danneggiata da un incendio durante le proteste - è stato un «momento confortante per gli americani» tra i disordini provocati dall’uccisione da parte della polizia di George Floyd a Minneapolis: «Abbiamo visto presidenti e leader in tutto il mondo che hanno avuto momenti di leadership e usato simboli molto potenti. Come Churchill, lo abbiamo visto ispezionare i danni e ha inviato un potente messaggio di leadership», ha detto McEnany.



Ore 05.07 - San Francisco, giovane ucciso per errore durante le proteste
L’agente che ha ucciso un giovane a San Francisco lunedì nelle proteste per la morte di George Floyd aveva scambiato il suo martello per una pistola. Lo ha riferito la polizia. Quando una pattuglia è intervenuta per un saccheggio in un supermercato, Sean Monterrosa, un 22enne residente nella città californiana si era inginocchiato a terra tenendo le mani in vita e aveva un martello nella tasca della sua felpa. Un agente, pensando si trattasse di un’arma, ha sparato cinque colpi uccidendo il ragazzo.


Ore 04.06 - L’ex presidente Carter: basta con discriminazioni e iniquità
«Siamo costernati dalle tragiche ingiustizie razziali»: dopo George W. Bush sulla morte di George Floyd scende in campo anche l’ex presidente democratico Jimmy Carter, in una nota firmata con la moglie Rosalynn: «Siamo con tutto il cuore con le famiglie delle vittime e con tutti coloro che si sentono disperati di fronte all’onnipresente discriminazione razziale e alla crudeltà pura e semplice - scrive l’ex coppia presidenziale -. La gente in posizione di potere, di privilegio e coscienza morale deve resistere e dire “basta” a una polizia e a un sistema giudiziario che discrimina, alle ineguaglianze economiche immorali tra bianchi e afroamericani, alle azioni pubbliche che minano la nostra unità democratica».

Ore 01.07 - Minneapolis: in carcere anche gli altri tre agenti coinvolti
Tutti e quattro gli ex agenti accusati dell’omicidio di George Floyd sono ora agli arresti. Lo riporta la Cnn: Aleksander Kueng si è consegnato spontaneamente, Thomas Lane e Tou Thao sono stati incriminati per «complicità e favoreggiamento per omicidio» e poi portati in carcere nel tardo pomeriggio, mentre Derek Chauvin era già stato incriminato per omicidio volontario e arrestato qualche giorno dopo l’uccisione di Floyd.
Ore 23.54 - Al Senato arriva la legge «Garner» contro stretta al collo
A sei anni dalla morte di Eric Garner, l’afroamericano soffocato da un agente bianco durante un tentativo di arresto, il Senato Usa - riferisce la Cnn - introdurrà in settimana la legge che porta il suo nome e che vieta alla polizia di usare la stretta al collo, quella che ha causato la morte anche di George Floyd a Minneapolis.

Ore 01.03 - Walmart toglie le armi da negozi dopo saccheggi
La popolare catena di empori Walmart ha deciso di togliere armi e munizioni dalla vendita in alcuni suoi negozi come misura precauzionale dopo i saccheggi verificatisi nelle proteste per la morte di George Floyd.

Ore 23.42 - Il discorso di Obama: «Crisi mai vista, ora il vero cambiamento. I giovani in tutto il Paese mi rendono ottimista»
Barack Obama ha parlato stasera pubblicamente della brutalità della polizia e della giustizia in America, sulla scia delle proteste in dozzine di città per la morte di George Floyd per mano della polizia. In un evento trasmesso in streaming sul sito internet Obama.org - «My Brother’s Keeper», istituito dall’ex presidente nel 2014 dopo l’uccisione del teenager afroamericano Trayvon Martin in Florida - Obama è apparso insieme all’ex procuratore generale Eric Holder e agli attivisti che chiedono la riforma del corpo di polizia statunitense. «Negli ultimi mesi abbiamo assistito a più eventi epici di quanti io ne abbia visti in tutta la mia vita - ha detto -. Ciò che è accaduto nelle ultime settimane sono le sfide e i problemi strutturali presenti negli Stati Uniti, che ora hanno assunto grande rilevanza. Non sono solo il risultato di situazioni contingenti, ma di una lunga storia di schiavitù». Obama ha invitato a cogliere l’opportunità delle proteste per la morte di Floyd per «attuare riforme», «ottenere un cambiamento reale» ed «evidenziare i problemi mettendo a disagio le persone al potere e poi andando a votare». L’ex presidente degli Stati Uniti ha detto che rispetto agli anni ‘60 adesso c’è «un’ampia coalizione, una «maggiore consapevolezza delle iniquità , il coinvolgimento di giovani che hanno il potere e il talento per far sì che le cose cambino». Ed è alle nuove generazioni che si è rivolto, dicendo di voler «parlare direttamente ai giovani uomini e donne di colore in questo Paese. Voglio che voi sappiate che voi contate. Voglio che voi sappiate che le vostre vite contano, che i vostri sogni contano». Un intervento che si è concentrato poi sul problema perdurante dei pregiudizi razziali nel sistema giudiziario americano e su come apportare cambiamenti significativi. «La nostra Nazione e il mondo sono ancora nel mezzo di una pandemia globale che ha messo in luce le vulnerabilità del nostro sistema sanitario, ma anche il trattamento diverso e, di conseguenza, l’impatto diverso che esiste nel nostro sistema sanitario». Per quanto «difficile, spaventoso e incerto» questo momento storico possa sembrare, Obama ha poi detto di provare anche un senso di speranza: «Vedo cosa sta succedendo ai giovani in tutto il Paese, mi fa sentire ottimista. Mi fa sentire come se questo Paese stesse migliorando». Ecco perché, ora e concretamente, le riforme devono avvenire a livello locale, «in oltre 19 mila Comuni statunitensi», e ha esortato «tutti i sindaci di questo Paese a rivedere le politiche con i membri delle vostre comunità e ad impegnarvi a riferire sulle riforme pianificate. A un certo punto, l’attenzione si allontana - ha insistito -. A un certo punto le proteste iniziano a diminuire di dimensioni. Ed è molto importante per noi prendere lo slancio creato come società, come Paese e dire “usiamolo per avere finalmente un impatto”». L’ex presidente aveva pubblicato lunedì, in un post su Medium, pensieri e consigli sulle proteste in corso in tutto il Paese, per spingere a un vero cambiamento: «Le proteste sono giuste, la violenza non va scusata. Votare non è inutile», aveva scritto sostenendo le manifestazioni pacifiche e condannando gli episodi violenti.



Intellettuale francese: I cosiddetti "attivisti antirazzisti" vogliono portare la guerra razziale in Francia
4 giugno 2020

https://www.islamnograzie.com/intellett ... n-francia/

Uno dei più importanti intellettuali di destra della Francia ha recentemente condiviso il suo pensiero sulle rivolte razziali degli Stati Uniti che di recente hanno occupato i titoli della stampa in tutto il mondo.

Eric Emmour, un giornalista politico, saggista e scrittore molto letto, è apparso lunedì sulla rete televisiva francese CNews per parlare delle rivolte razziali che hanno travolto le principali città degli Stati Uniti negli ultimi giorni. Fonte: Valeurs Actuelles

Nel corso dell’intervista, per la prima volta, eemmour prende nota della storia personale di Floyd.

“Non è la vittima dell’anno. Aveva già fatto 5 anni di carcere per aggressione armata. Anche prima era stato in carcere per aver fatto uso di cocaina. Non è uno che andava in giro innocentemente per strada”, ha detto.

Prima di continuare a parlare di Floyd, ha poi rivolto la sua attenzione a Derek Chauvin, l’agente di polizia arrestato che è stato accusato di aver ucciso Floyd.

“Il poliziotto, anche lui, ha una carriera di diciannove anni, diciotto denunce contro di lui e due lettere di rimprovero”.

“Secondo la prima analisi, Floyd non è morto a causa del ginocchio del poliziotto sul collo. È morto per diversi fatti. In primo luogo, era in cattive condizioni di salute, aveva una malattia cardiaca. E in secondo luogo, aveva certamente preso droghe, dal momento che era abituato alla cocaina. Inoltre, vediamo nelle foto, non sembrava stare molto bene, anche prima che la polizia lo brutalizzasse.”

“In Francia, pensiamo che i poliziotti bianchi attacchino e uccidano i neri. Questo è in gran parte falso. I dati americani mostrano che il 97% dei bianchi viene ucciso prima dai neri. I bianchi hanno il doppio delle probabilità di essere uccisi rispetto ai neri.
L’80% dei bianchi viene ucciso dai neri, mentre i neri sono uccisi principalmente dai neri (…)
I poliziotti americani non sono poliziotti francesi, hanno il grilletto facile. Il 40% – 50% delle vittime della polizia sono bianche.
I neri rappresentano il 14% della popolazione americana e il 40% degli incarcerati.”

Il saggista ha anche accusato il cosiddetto “movimento antirazzista” francese – un movimento analogo a quello della vita nera americana – di voler “importante guerra razziale in Francia” per dimostrare che si tratta di un “paese razzista”.

Non c’è da stupirsi che il commento di Emmour abbia fatto arrabbiare molti politici di sinistr che credono che le sue idee controverse non dovrebbero avere visibilità in televisione.

Questo non è un fenomeno solo francese ma tutti i partiti di sinistra in tutti i paesi del mondo pretenderebbero di avere l’esclusiva proprietà ed uso dei media.




IL NEMICO E LA NECESSITA' DELLA VITTIMA PERPETUA
Niram Ferretti
5 giugno 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... d_activity

Joseph Goebbels, un nome, una garanzia. Tra gli undici punti di una efficace propaganda da lui stilati il primo è la colonna e il fondamento.

"È necessario adottare una sola idea, un unico simbolo. E, soprattutto, identificare l’avversario in un nemico, nell’unico responsabile di tutti i mali".

Lo abbiamo visto fruttuosamente messo in atto nella storia. Gli ebrei erano il Nemico per i nazisti, i borghesi erano il Nemico per i bolscevichi, l'uomo bianco è il Nemico per "i guerrieri sociali" (la maggioranza dei quali bianchi), che in questi giorni hanno manifestato per la morte di George Floyd.

Ovviamente, l'uomo bianco è il Nemico soprattutto per una associazione come Black Life Matters, ed è il Nemico per l'associazione suprematista islamica afroamericana Nation of Islam. Sì, i "suprematisti" non sono solo bianchi e neonazisti. Sorry for that.

C'è anche un altro Nemico, si chiama Donald Trump, il Presidente Divisivo. Mica come il suo predecssore. Obama univa. Univa tutti, nell'amore, nel rispetto, nella dignità. Peccato che la violenza, soprattutto quella tra afroamericani, non sia diminuita sotto la sua illuminata presidenza durata otto anni. Ma questo è meglio non metterlo troppo a fuoco.

Ciò che va messo a fuoco è che gli USA sono strutturalmente razzisti, che i poliziotti bianchi, la maggioranza razzisti, godano nell'uccidere i criminali afroamericani, e che insomma non è cambiato molto da Missisipi Burning.

Questa narrazione è forte, perchè, come ho scritto innumerevoli volte e non mi stancherò di scrivere in futuro, si basa sulla dicotomia manichea tra vittime e oppressori. E una volta che sono state identificate le vittime, automaticamente sono stati identificati gli oppressori.

Il complesso di colpa gioca un ruolo fondamentale nel caso degli USA. Nonostante enormi passi avanti nell'integrazione dei neri nel tessuto sociale, nonostante da Rosa Parks in poi di acqua sotto i ponti ne sia passata tanta, c'è oggi, chi ha tutto l'interesse a che la comunità nera venga percepita senza sosta come discriminata e oppressa. Ciò serve una ben precisa agenda politica, quella liberal, e serve per riscrivere la storia degli Stati Uniti come una storia di oppressione e criminalità nei confronti delle minoranze, come una storia basata sul sopruso. Non ci si deve e non ci si può discostare da questa narrativa perchè se no il Nemico, l'uomo bianco, l'Occidente, perderebbe consistenza.

Vittima e oppressore sono indissolubilmente uniti, aut simul stabunt aut simul cadent.

Al presunto colpevole deve essere sempre ricordata la sua colpevolezza e gli si deve chiedere un costante pentimento. Uno dei segni del pentimento maturo è l'inginocchiarsi nei confronti delle vittime, non di una vittima, George Floyd in questo caso, ma di tutte le vittime che lui rappresenterebbe. E' un buon segno e si accompagna ad altri segni, di cui, uno dei più eloquenti, è provare vergogna per i propri privilegi, per il proprio status, per la propria storia. E' il meaculpismo introiettato, trasformato in costitutivo ontologico.

Una delle cose più aberranti di tutto ciò, è la sudditanza psicologica che si osserva nei confronti di chi accusa e chiede il pentimento, in modo molto più perentorio di quanto facesse Girolamo Savonarola. Chi osa ribellarsi a questo ricatto viene immediatamente accusato di fare parte del campo avverso del Nemico del Progresso e della Giustizia. Perchè la Vittima, in quanto tale, è detentrice esclusiva delle due prerogative.

E così accade anche che la categoria di Vittima debba riguardare anche quei neri che respingono la stigmate che gli si vorrebbe imprimere vita natural durante, che non la riconoscono. Molti neri, la maggioranza, che non vanno in giro a delinquere, hanno fatto carriera, vivono vite tranquille e dignitose, tralasciando le celebrità multimiliardarie di colore americane, alcune delle quali, tuttavia, si sentono obbligate a dare il proprio assenso per non venire tacciate di tradimento, perchè, se non sei Vittima non puoi essere mai dalla parte giusta della storia.
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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:41 pm

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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:41 pm

Ecco a cosa servono le armi negli USA, contro le incivili e disumane aggressioni razziste omicide degli afroamericani e dei sinistri antifa, accompagnate da devastazioni e saccheggi. MegliO se armi automatiche a ripetizione come fucili mitragliatori e a pompa.



Cleveland, Ohio – questi italo-americani difendono con successo la loro panetteria dai saccheggi dei presunti antifascisti – in realtà volgari ladri.
https://twitter.com/i/status/1267227484300378112

Lo sceriffo della contea di Polk in Florida chiede ai terroristi che stanno devastando gli Stati Uniti di pensare attentamente prima di andare nella sua zona: gli abitanti sono armati e li aspettano...
https://www.facebook.com/TheShadow69/vi ... 322598953/

http://libertyhangout.org/2019/05/one-y ... -an-ar-10/
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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:41 pm

I criminali razzisti delle devastazioni, dei saccheggi, delle violenze debbono essere perseguiti, processati e condannati al massimo della pena con l'aggravante del razzismo.
Gli USA devono dare l'esempio al Mondo intero, questa gentaglia incivile e disumana deve pagare fino in fondo, queti sono i veri razzisti, forza Trump!.




Minneapolis: oltre 10 mila arresti - Ultima Ora
Agenzia ANSA
4 gugno 2020

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... 3d157.html

(ANSA) - WASHINGTON, 4 GIU - Sono oltre 10 mila le persone arrestate negli Usa da quando sono iniziate le proteste per la morte dell'afroamericano George Floyd, soffocato durante un arresto a Minneapolis il 25 maggio scorso da un agente di polizia bianco e da tre suoi colleghi. Lo riferiscono i media Usa.


Violenze Usa, “un manifestante ha ucciso mia sorella, non la polizia”
mercoledì, 3, giugno, 2020

http://www.imolaoggi.it/2020/06/03/viol ... a-polizia/

Durante le violenze scoppiate in Usa con la scusa della morte di George Floyd, alcuni manifestanti si sono messi a sparare per le strade.
Davenport, Iowa – Una ragazza piange: “Un manifestante ha sparato a mia sorella. Non era la polizia. A causa loro, ho perso mia sorella.” La vittima si chiamava Italia Marie Kelly ed aveva 22 anni. È stata uccisa a colpi d’arma da fuoco durante la notte mentre i rivoltosi sparavano e distruggevano proprietà private a Davenport, una città di 100.000 abitanti.
Secondo la testimonianza della zia, Kelly si era unita alla protesta per la morte di George Floyd dopo aver lasciato il lavoro in un ristorante, domenica sera. È stata colpita a morte mentre, con un amico, stava salendo su un veicolo per abbandonare la protesta che era diventata troppo violenta.
Nella città sono state uccise due persone. Altre due, incluso un ufficiale di polizia, sono state ferite.


Io sto con i poliziotti che difendono i nostri diritti e non con i criminali che li violano.
I criminali razzisti delle devastazioni, dei saccheggi, delle violenze debbono essere perseguiti, processati e condannati al massimo della pena con l'aggravante del razzismo.
Gli USA devono dare l'esempio al Mondo intero, questa gentaglia incivile e disumana deve pagare fino in fondo, queti sono i veri razzisti, forza Trump!


La guerriglia per la morte di un nero porta alla morte di un nero (a Saint Louis, trattasi del poliziotto David Dorn, in foto). Se per il primo nero avete messo a ferro e a fuoco gli Usa, per questo, quindi, cosa si fa? Minimo una terza guerra mondiale, del resto Black Lives Matter. Come dicono dalla regia? "Niente"? "Questo è un nero diverso, evidentemente meno nero di Floyd"?
Ah, bastava dirlo, ok, no problema.

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I generali si ribellano a Trump: perché l’esercito ha deciso di non obbedire allo «Sceriffo»
Guido Olimpio
4 giugno 2020

https://www.corriere.it/esteri/20_giugn ... resh_ce-cp

È stato il lungo giorno dei generali americani. Con dichiarazioni e comunicati hanno preso posizione per prendere le distanze dall’uso politico dei militari. Un messaggio rivolto a Donald Trump, in modo formale – ricordando il diritto a manifestare – o in modo duro, come ha fatto Jim Mattis che lo ha accusato di spaccare l’America.

I diritti degli americani

Il capo delle operazioni navali, Mike Gilday, i responsabili della Sesta Flotta, il capo stato maggiore dell’aviazione e quello dell’Us Army, più molti loro colleghi in pensione sono usciti allo scoperto in modo clamoroso e in qualche modo coordinato: l’apparato della difesa è di tutti, rispetta le minoranze, esprime sgomento per la morte di George Floyd a Minneapolis. Sintetizzando, ma il senso è questo. E non potrebbe essere diversamente. Le forze armate statunitensi sono lo specchio del paese, ne fanno parte bianchi, afro-americani, ispanici, persone d’ogni religione. Non sono una «posse», una milizia agli ordini di uno Sceriffo che li fa giurare sulla Bibbia e mette loro la stella sul petto. Rispettano e difendono i diritti costituzionali, obbediscono per via gerarchica e sono state create per combattere il nemico e non i cittadini. Devono restare compatte, lontane – per quanto sia possibile – dalle beghe della politica.

La retromarcia

La Casa Bianca ha cercato di piegarle ad una nuova missione. In nome dello slogan «legge e ordine», in chiave elettorale per mostrare come The Donald sia pronto ad ogni mezzo, sfruttando le evidenti difficoltà delle polizie locali nel tenere testa ai saccheggi (almeno nei primi giorni). Solo che i soldati non sono addestrati a fronteggiare dei dimostranti, non è il loro mestiere e neppure il loro compito. Chi li comanda lo sa bene e non vuole neppure che siano impiegati nelle città statunitensi, definite – incautamente dal segretario alla Difesa Esper – il «campo di battaglia». Da qui la retromarcia, i distinguo dello stesso Esper e del capo di Stato Maggiore Mark Milley, troppo arrendendoli davanti alle richieste del presidente che voleva schierarli nelle strade e nelle piazze. Una retromarcia che potrebbe portare ad altri sviluppi, compreso un «siluramento» di Esper. Il ministro è stato costretto, nella notte, a rimangiarsi la smobilitazione di parte dei parà dell’82esima mandati a Washington come misura di emergenza. Dicono che il presidente lo abbia strigliato.

Linea di frattura

Ora è possibile che il Congresso voglia ascoltare proprio Esper e Milley, deposizioni che devono spiegare quanto è avvenuto nei giorni scorsi. Ma come ipotizzano alcuni esperti non sarebbe strano se la Casa Bianca ponesse il veto. Resta comunque la spaccatura, una linea di frattura iniziata fin dal primo giorno della presidenza Trump: su ogni dossier – dalla Siria all’Afghanistan – i generali si sono trovati in disaccordo con il comandante supremo. Certamente sono contrasti in qualche modo politici, ma alla base c’è anche il modo di considerare le istituzioni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:42 pm

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Re: Razzismo dei neri contro i bianchi

Messaggioda Berto » ven giu 05, 2020 7:42 pm

Vigiliamo affinché i 4 poliziotti appartenenti a 4 razze diverse, di Minneapolis abbiano un processo giusto e siano garantiti i loro diritti umani, civili e giudiziari.



Minneapolis, arrestato poliziotto coinvolto nella morte di Floyd. Caos in città, bruciato il commissariato
Minneapolis, afroamericano ucciso dalla polizia: commissariato in fiamme, un morto

https://www.ilmessaggero.it/mondo/minne ... 56650.html

Derek Chauvin, il poliziotto di Minneapolis coinvolto nella morte dell'afroamericano George Floyd, è stato arrestato. Lo riporta l'agenzia Bloomberg. Chauvin è l'agente che, premendo sul collo di Floyd, lo ha soffocato.

Non si placano le tensioni a Minneapolis nel mezzo dello sdegno per la morte del 46enne afroamericano. La Cnn riferisce di un commissariato dato alle fiamme, spiegando che gli agenti avevano eretto una recinzione intorno alla stazione di polizia presa d'assalto da migliaia di manifestanti che l'hanno abbattuta. Alcuni dimostranti sono riusciti ad arrampicarsi e ad appiccare il fuoco all'interno degli uffici. Il commissariato è stato così evacuato «nell'interesse della sicurezza del personale».

Intanto Il corrispondente della Cnn Omar Jimenez e la sua troupe sono stati rilasciati dopo l'arresto in diretta durante la copertura delle proteste di Minneapolis. Lo scrive la stessa emittente sul suo sito. Jimenez è stato arrestato mentre riferiva in diretta dalle proteste a Minneapolis e dopo essersi chiaramente identificato come reporter agli agenti. Sono stati ammanettati anche i membri della troupe di Jimenez. La Cnn ha reagito definendo l'accaduto «una violazione del primo emendamento». Il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisce la terzietà della legge rispetto al culto della religione e il suo libero esercizio, nonché la libertà di parola e di stampa, il diritto di riunirsi pacificamente; e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti.

Donald Trump twitta mentre infuria la protesta a Minneapolis dopo la morte del 46enne afroamericano George Floyd rimasto soffocato durante un fermo di polizia. «Non posso sopportare di vedere quanto sta accadendo in una grande città americana, Minneapolis», scrive il presidente americano, che critica il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey e parla di «totale mancanza di leadership». «O il molto debole sindaco di estrema sinistra - afferma Trump - riporta la città sotto controllo o invierò la Guardia nazionale». «Questi delinquenti disonorano la memoria di George Floyd e non permetterò che questo accada - aggiunge il presidente - Ho appena parlato con il governatore Tim Walz e gli ho detto che i militari sono con lui». «Quando iniziano i saccheggi - conclude - si inizia anche a sparare».

La Guardia nazionale del Minnesota ha annunciato su Twitter la mobilitazione delle sue unità. «Abbiamo attivato più di 500 soldati per Saint Paul, Minneapolis e le comunità limitrofe - si legge - La nostra missione è proteggere le vite, tutelare le proprietà e il diritto a manifestare in modo pacifico».

«È inaccettabile quello che abbiamo visto nelle ultime ore e nelle ultime due notti in termini di saccheggi», ha detto il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey. «Le nostre comunità - ha detto nelle dichiarazioni riportate dalla Cnn - non possono tollerarlo e non lo tollereranno». Il sindaco ha proclamato lo stato di emergenza di 72 ore nella città del Minnesota. E ha chiesto aiuto al governo del Minnesota e alla Guardia Nazionale per cercare di «tenere sotto controllo la situazione».

Sette feriti in Kentucky. Sette persone sono state ferite in una sparatoria durante una protesta a Louisville, Kentucky, per l'uccisione in marzo di una afroamericana, Breonna Taylor, 26 anni, nel corso di una perquisizione da parte di tre agenti bianchi nella sua casa. Le tensioni stanno montando sull'onda del caso di George Floyd. Il sindaco Greg Fisher ha riferito che nessun agente ha aperto il fuoco. Alcuni video sui social sembrano mostrare che gli spari sono stati esplosi mentre i dimostranti circondavano un'auto della polizia.



Minneapolis: arrestato Derek Chauvin, il poliziotto che ha ucciso George Floyd
29 maggio 2020

https://www.fanpage.it/esteri/minneapol ... rge-floyd/


Derek Chauvin, l'agente di polizia di Minneapolis coinvolto nella morte dell'afroamericano George Floyd, è stato arrestato. Deve rispondere di omicidio colposo. Lo rende noto l'agenzia Bloomberg. Chauvin è il poliziotto che, premendo sul collo di Floyd, lo ha soffocato.

Di pari passo alle proteste che stanno mettendo a ferro e e fuoco Minneapolis proseguono dunque le indagini per fare luce sulla morte di George Floyd: Andrea Jenkins, vicepresidente del consiglio cittadino, ha fatto sapere che l'afroamericano e l'agente si polizia si conoscevano, avendo lavorato per la sicurezza dello stesso night club, il Nuevo Rodeo. "Si conoscevano, erano colleghi da molto tempo" ha detto Jenkins, confermando le parole dell'ex proprietaria del club, Maya Santamaria, secondo cui i due avevano lavorato per il suo locale nello stesso periodo, pur specificando di non essere sicura che si conoscessero, perché Chauvin "lavorava all'esterno", mentre Floyd "all'interno" del locale. L'ha rivelato il Washington Post.

George Floyd è deceduto dopo essere stato arrestato e trattenuto a terra da Chauvin, che per diversi minuti gli ha premuto il ginocchio sul collo, impedendogli di respirare. La morte dell'uomo ha scatenato le proteste degli afroamericani in città, che chiedono giustizia; il poliziotto è stato arrestato e formalmente indagato per omicidio mentre i suoi tre colleghi, che hanno assistito impassibili alla scena, sono stati licenziati e non è escluso che anche loro vengano incriminato per aver concorso alla tragedia.

Chi è Derek Chauvin

Quello di Chauvin era da tempo il profilo di un uomo che probabilmente mai si sarebbe dovuto occupare di ordine pubblico: il poliziotto in 19 anni di carriera ha infatti collezionato molte denunce per uso eccessivo della forza e almeno una causa relativa ad un’accusa di violazioni dei diritti costituzionali federali di un prigioniero. Già nel 2006 il nome dell'agente compariva tra quelli dei poliziotti che dopo essere entrati in una casa di Minneapolis, nell’ambito del caso Reyes, spararono contro l'uomo, che aveva tentato la fuga a bordo del suo camion e non rappresentava più una minaccia per la loro incolumità. Malgrado quella controversa vicenda Chauvin rimase in servizio e appena due anni più tardi fu protagonista di un altro episodio: dopo essere entrato in casa Ira Latrell Toles, una ragazza di 21 anni, ingaggiò con lei una colluttazione al termine della quale le sparò due colpi all'addome.

Contestata perversa indifferenza a vita

Al poliziotto è stato contestato l'"omicidio di terzo grado", una definizione data al reato di omicidio in tre stati, tra cui il Minnesota, dove il "terzo grado" è riferito ai casi di omicidio in cui si è verificata una "perversa indifferenza alla vita". Il massimo della pena è di 25 anni di carcere



Minneapolis, la sfida di Ellison: il procuratore musulmano guiderà l’accusa nel caso George Floyd
Viviana Mazza
2 giugno 2020

https://www.corriere.it/esteri/20_giugn ... resh_ce-cp

Nel 2006, in un’intervista al Corriere, Keith Ellison, avvocato afroamericano che era appena diventato il primo musulmano eletto al Congresso, spiegò che «si può tenere la gente unita, se si difendono i diritti civili di tutti». Ora gli occhi sono puntati su Ellison perché a lui, che dal 2019 è procuratore generale del Minnesota, è stata affidata l’accusa nel caso di George Floyd. «In questo ruolo posso assicurarmi che i potenti rispettino le regole. Invece, come deputato non puoi difendere in modo diretto i diritti della gente»: Ellison spiegò così perché aveva lasciato il Congresso.

Decisione inusuale

La decisione del governatore Tim Walz di far intervenire il procuratore dello Stato per assistere quello della contea di Hannepin, Mike Freeman, è inusuale; di solito avviene in casi di conflitto di interessi. Vuole essere un segnale ai manifestanti e alla famiglia, nella consapevolezza della scarsa fiducia che hanno nel sistema, di cui considerano parte anche Freeman. A livello locale, procuratore e polizia lavorano a stretto contatto.

La protesta contro il procuratore Freeman

Dal 1990 al ’99 e poi nel secondo mandato dal 2006 a oggi, Freeman ha incriminato solo un agente per omicidio: Mohammad Noor, un poliziotto nero che uccise una donna bianca nel 2017. Ci sono voluti 4 giorni perché incriminasse Derek Chauvin, che ha premuto il ginocchio sul collo di Floyd fino a soffocarlo, ma la famiglia ritiene responsabili anche gli altri tre poliziotti presenti. Ellison avverte che accusare la polizia di omicidio è «molto difficile: tutte le nostre argomentazioni verranno messe sotto attacco». Lui stesso verrà attaccato da destra: è stato già diffuso un suo tweet del 2018 su un libro intitolato Antifa, manuale anti-fascista, e suo figlio Jeremiah appoggia quel gruppo di estrema sinistra che Trump vuole mettere nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Nella notte in cui fu eletto al Congresso Ellison disse: «Abbiamo fatto la storia. Abbiamo mostrato che siamo più forti quando costruiamo ponti tra le comunità che quando cerchiamo di dividere per conquistare». Ci riuscirà ora?



George Floyd, ora l’accusa è omicidio volontario. Arrestati i 4 poliziotti coinvolti. E Snapchat dice stop a Trump: “Incita alla violenza”
3 giugno 2020

https://www.lastampa.it/esteri/2020/06/ ... 1.38924324

Il procuratore generale di Minneapolis ha aggravato le accuse nei confronti di Durek Chauvin, l’agente di polizia implicato nella morte di George Floyd per cui sono in corso le proteste in decine di città americane. Ora l’accusa è omicidio volontario non premeditato. L’agente, licenziato e su cui già c’erano decine di denunce, ora rischia un massimo di 40 anni di carcere. Non solo. L’attorney general ha ordinato l’arresto anche degli altri tre agenti coinvolti accusandoli di complicità. L’avvocato della famiglia Floyd, Benjamin Crump, ha ringraziato il procuratore generale: «Siamo profondamente grati del fatto che il procuratore generale Ellison abbia agito in modo deciso». E la famiglia ha aggiunto: «Un passo importante verso la giustizia». La cauzione nei confronti dei quattro poliziotti incriminati è stata fissata in un milione di dollari.

George Floyd, la morte che infiamma l'America: dall'arresto alle proteste, ecco che cosa è successo

Dopo Twitter anche Snapchat prende posizione contro il presidente Usa, Donald Trump, e annuncia che ha "smesso di promuovere i contenuti del presidente" sulla sua piattaforma, Discover, che permette a media selezionati di pubblicare materiale ideato ad hoc. "Non amplificheremo le voci che incitano alla violenza razziale e all'ingiustizia dando loro promozione gratuita su Discover".

La figlia di George Floyd: "Papà ha cambiato il mondo"

La decisione arriva dopo che Twitter ha segnalato come fuorviante un tweet di Trump sul voto per posta e ne ha oscurato parzialmente un altro perché "esaltava la violenza", invocando spari sulla folla, che sta protestando anche violentemente in diverse città americane dopo l'uccisione dell'afroamericano George Floyd. Facebook, invece, non si è schierato e per questo diversi suoi numerosi dipendenti e manager hanno protestato.


Ecco i 4 poliziotti: uno ispanico, uno asiatico, uno nero e uno bianco.



Floyd era infetto da coronavirus: morto per infarto
George Floyd, la nuova icona del vittimismo nero, è morta per arresto cardiaco. Ed era infetto da coronavirus. Lo rivela l’autopsia.
Il rapporto tossicologico afferma che Floyd aveva fentanil e metanfetamine nel suo corpo quando morì, così come i composti di cannabis e morfina.
Quindi nessun omicidio. La tecnica di arresto potrebbe, al massimo, avere aggravato la situazione.

https://www.dailystar.co.uk/news/world- ... n=sharebar
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