Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato alcuna terra altruiGli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato nessuna terra altrui, nessuna terra palestinese poiché tutta Israele è la loro terra da 3mila anni e la Palestina è Israele e i veri palestinesi sono gli ebrei più che quel miscuglio di etnie legate dalla matrice nazi maomettana abusivamente definito "palestinesi" e tenute insieme dall'odio per gli ebrei e dai finanziamenti internazionali.
Non vi è alcuna occupazione della Palestina da parte degli ebrei e di Israelehttps://www.facebook.com/david.rakas.94 ... 8193280345 Spesso i bambini e i ragazzi palestinesi nazi maomettani vengono imbottiti di esplosivo dai loro demenziali genitori per tentare poi tentano di ammazzare qualche israeliano ebreo facendoli esplodere in mezzo a loro e prendersi la pensione da Hamas finanziata anche con i contributi europei.
L'antisemitismo è diventato divertente. Questa parodia della cantante israeliana Netta è stata appena trasmessa dalla tv pubblica olandese. Si ride, si balla e dietro scorrono le immagini di Gaza. Le parole sembrano scritte dal ministro della Propaganda nazista Goebbels:
“Guardatemi, siamo una nazione così carina!
I leader di tutto il mondo mangiano dalla mia mano!
Faccio scomparire tutti i fuochi con un bacio!
Facciamo un party, vuoi venire?
Presto nella Moschea di al Aqsa, che sarà presto vuota!
Da Haifa al Mar Morto, c'è cibo kosher!
Vieni a ballare con me!
Il tuo paese è circondato da lanciatori di pietre?
Costruisci mura come Trump sogna e spara loro i missili!
Israele sta vincendo!
70 anni di celebrazioni, guarda come è meraviglioso!
Non consentirò ai palestinesi di entrare!
Sono un cane che respinge i palestinesi!
La vostra festa è stata rovinata dagli estremisti?
Aprite un'altra ambasciata e fateci su più dollari”.
Non è uno spasso?
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 6038483848 I sionisti hanno rubato la terra dei palestinesi?https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0472419360 Una delle più grandi menzogne create dalla propaganda araba è che "i sionisti hanno rubato la terra dei palestinesi. Una colossale bugia.
Quello che è certo e che nessuno può confutare è che sono i musulmani che nel 637 hanno invaso e rubato quella che era storicamente la terra degli ebrei e successivamente anche dei cristiani, conquistandola con la forza e le guerre sante. Il discorso prescinde dal fatto che gran parte degli ebrei se ne fossero andati già durante le varie diaspore e a causa delle continue invasioni da parte di un pò tutti. Nonostante le invasioni gli ebrei sono l'unico popolo che è rimasto ininterrottamente in Palestina da quando ce li portò Mosè fino quando nel 1948 fu fondato lo stato di Israele.
Un pò di storia. L'espansionismo arabo e musulmano non ha avuto limiti, fino al 600 gli arabi erano solo in regioni dell'Arabia Saudita, con la nascita dell'Islam hanno invaso, occupato e annientato intere etnie e culture, dall'Oceano Atlantico all'Oceano Indiano al Pacifico.
Tanto per fare un esempio, a noi oggi ci sembra normale che in Egitto ci siano gli arabi ma in realtà quelli chiamiamo "egiziani" sono appunto arabi, un popolo invasore che ha quasi totalmente cancellato le etnie e le culture precedenti. Fino al 600 l'Egitto era uno dei paesi più cristiani, popolato da un'etnia discendente dagli antichi faraoni, era una popolazione totalmente diversa da quella araba (
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/…/Fayum-39.jpg ) che parlava egiziano e non arabo e che - dopo la caduta in disuso dei geroglifici - scriveva in egiziano usando l'alfabeto greco.
Oggi gli unici discendenti rimasti dei veri egiziani sono quelli che oggi vengono chiamati "Cristiani Copti", una piccolissima minoranza discriminata e sottomessa dalla maggioranza araba-musulmana. Il termine latino "copto" deriva dal greco "còptos" che deriva dall'arabo "qubt", ovvero il temine che inizialmente usavano gli arabi per definire gli "egiziani". Questa premessa solo per far capire che è evidenti ragioni cronologiche sono sempre gli arabi musulmani che hanno invaso e distrutto, gli ebrei e i cristiani già c'eran, sono i musulmani che sono arrivati dopo come spietati colonizzatori, pure in Europa, pure in Spagna (al-Andalus) e Sicilia (Siqilliyya) che ancora oggi considerano delle terre sante dell'Islam da strappare agli infedeli.
Ritorniamo alla Palestina moderna. All’inizio del ‘900 in tutta la Palestina ci sono poche migliaia di abitanti. Motivo per cui il motto del sionismo è "Un popolo senza terra per una terra senza un popolo".
Quando i sionisti sono emigrati in Palestina quella terra malsana e deserta l'hanno legalmente comprata a dei prezzi esorbitanti, anche cento volte il loro valore reale. La maggioranza degli arabi erano nomadi che non possedevano un bel nulla. Gli ebrei la terra la comprarono attraverso dei regolari contratti dagli sceicchi e dai pochi grandi latifondisti arabi che possedevano legittimamente quasi tutte le terre.
Gli stessi latifondisti arabi che poi furono massacrati insieme agli ebrei dai nazionalisti arabi guidati dai fondamentalisti islamici e antisemiti come Amin al-Husseini che oltre che l'autore delle stragi di ebrei di Hebron del 1920 e 1929 fu anche il mandante degli omicidi decine di latifondisti e politici arabi moderati, lo stesso al-Husseini (zio e maestro di Arafat) che poi a partire dal 1933 fu il più fedele alleato di Hitler nella campagna per lo sterminio degli ebrei.
Tutto questo lo riassume così Indro Montanelli sul Corriere della Sera il 16 settembre 1972:
"Che i profughi palestinesi siano delle povere vittime, non c'è dubbio. Ma lo sono degli Stati Arabi, non d'Israele. Quanto ai loro diritti sulla casa dei padri, non ne hanno nessuno perché i loro padri erano dei senzatetto. Il tetto apparteneva solo a una piccola categoria di sceicchi, che se lo vendettero allegramente e di loro propria scelta.
Oggi, ubriacato da una propaganda di stampo razzista e nazionalsocialista, lo sciagurato fedain scarica su Israele l'odio che dovrebbe rivolgere contro coloro che lo mandarono allo sbaraglio. E il suo pietoso caso, in un modo o nell'altro, bisognerà pure risolverlo. Ma non ci si venga a dire che i responsabili di questa sua miseranda condizione sono gli «usurpatori» ebrei. Questo è storicamente, politicamente e giuridicamente falso."
Al termine di questo post troverete l'illuminante articolo integrale di Montanelli.
La terra di Israele è sempre stata la terra degli ebrei. Se leggiamo le descrizioni di Gerusalemme fatta nel 1800 da Marx e Mark Twain, leggiamo di "una città povera e miserabile abitata nella parte Est, interamente, da ebrei poveri e miserabili che erano sempre vissuti lì, da tremila anni". Gli arabi erano sì in leggera maggioranza numerica ma in gran parte erano nomadi senza terra, l'unica vera comunità stanziale era quella ebraica che abitava le stesse case da migliaia di anni.
Gli ebrei sionisti emigrati nel '900 si sono massacrati a dissodare, irrigare, fabbricare desalinizzatori, sono morti a migliaia di stenti e di malaria, parassitosi, colera, ameba, tifo, setticemia e tetano. Sono morti a decine di migliaia, ma poi hanno vinto, il deserto è fiorito, dove cerano lande desolate è nato un paese di filari di vite e di limoni.
Per poter di nuovo odiare gli ebrei è violato il diritto civile, che per dirla con un toscanismo si riassume in "chi vende, poi, non è più suo". Gli arabi la loro terra se la sono venduta, prima ai sionisti facendola pagare carissima, poi alla comunità internazionale intascando 66 anni di fiumi di denaro per risarcirgli il "dolore" di aver perso 20.000 chilometri quadrati di terra che non è mai stata loro, meno del Piemonte, che quando c'erano loro era un terra di sassi, paludi e scorpioni.
Vi riporto le parole che Re Feisal al Hashemi, re dell’Iraq, scrive a Londra nel 1919:
“Quando gli Ebrei rientreranno in Palestina daremo loro un clamoroso benvenuto. Noi Arabi, tutti e a maggior ragione quelli colti, consideriamo con la più grande simpatia il movimento sionista. Lavoreremo insieme per un nuovo Medio Oriente, c’è abbastanza posto in Palestina per entrambi. Penso sinceramente che non possiamo non riuscire assieme.”
I “palestinesi” in Palestina non c’erano. Quelli che oggi si vantano di essere "palestinesi" sono in gran parte degli immigrati arabi provenienti da altri paesi: Giordania, Siria, Iraq, Egitto, Arabia Saudita etc. Basta vedere i leaders palestinesi, tranne Abu mazen non uno solo di loro è nato Palestina, tutti nati altrove a partire dall'egiziano Arafat nato e vissuto al Cairo fino alla maggiore età.
La maggioranza degli arabi che oggi si dichiarano "palestinesi" in Palestina ci sono arrivati solo dopo il 1916, dopo che gli inglesi "liberarono" la Palestina da 400 di anni di dominazione dell'Impero Turco Ottomano, ci arrivarono in gran parte negli negli anni Venti e Trenta, portati dagli inglesi del Mandato Britanni per lavorare per loro.
Ci sono arrivati quando gli ebrei avevano già "dissodato", approfittando dell’acqua e delle fogne che altri avevano creato e che permettevano anche ai loro bambini di vivere meglio. E i sionisti, che erano socialisti, che credevano nell’uomo e nella fratellanza dei popoli, li hanno accolti a braccia aperte, e hanno vaccinato i loro bambini e insieme hanno cominciato a costruire un paese che sarebbe stato il paese del miracolo, dell’abbondanza e della fratellanza.
Nella maggioranza dei casi, chi oggi si dichiara "palestinese" altro non è che un immigrato arabo in Palestina. Approfittando del fatto che sono arabi hanno lasciato credere di essere sempre stati in Palestina quando in realtà la maggioranza di loro ci sono arrivati tra il 1916 e il 1948, ne più ne meno come la maggioranza degli immigrati ebrei che però lor chiamano "invasori sionisti".
Dal 1515 al 1916, per ben 400 anni, la Palestina è stata solo una misera regione dell'Impero Turco Ottomano
Non serve a niente gridare “Basta con l’occupazione”Non esistono ricette facili e gli slogan superficiali non aiutano. Vediamo perché Israele non può semplicemente “andarsene” dalla Cisgiordania
Di Peter Lerner
(Da: Haratez, 28.11.18)
https://www.israele.net/non-serve-a-nie ... ccupazione “Basta con l’occupazione! – mi ha gridato un uomo di mezza età durante una mia recente conferenza – È così semplice, finitela con l’occupazione!”. Siamo nell’era dell’impazienza, nell’era delle risposte istantanee su Twitter, delle notizie a portata di mano, di “pace subito” e così via. Magari fosse così semplice.
Mentre aspettiamo tutti l’”accordo del secolo” del presidente Donald Trump, dobbiamo essere realisti e tenere a mente alcune cose. Non sto parlando dell’eterno dibattito su diritti storici e religiosi: diritti che sono ampiamente menzionati da politici e osservatori, e fonte di ispirazione per tante polemiche, ma che non costituiscono i fattori di real-politik in gioco per arrivare a un accordo definitivo tra israeliani e palestinesi. Sono questioni importanti, ma non servono per capire le sfide e le difficoltà con cui dobbiamo fare i conti, di fronte alla pressante domanda da parte di organizzazioni nazionali e internazionali di “porre fine all’occupazione”.
In Israele, anche quello che ama definirsi “il campo della pace” non dispone di una ricetta pronta per arrivare alla pace: e questo è dovuto al fatto che non riesce a cogliere le vere sfide con cui Israele deve fare i conti.
Vediamo in breve perché Israele non può semplicemente “andarsene” dalla Cisgiordania. Gli impedimenti allo stato attuale sono tre: leadership, geografia e sfiducia.
Propaganda di regime in Iran: “Israele deve essere cancellato dalla faccia del mondo”
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Innanzitutto vediamo la questione della leadership, o meglio della mancanza di leadership. Il capo palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha 83 anni, ha problemi di salute e nel 2018 è già stato ricoverato diverse volte. Dal 2007 ha autorizzato le sue forze di sicurezza a coordinarsi strettamente con quelle israeliane. Le forze di sicurezza palestinesi cooperano con Gerusalemme non per amore d’Israele, ma per la paura che Hamas si impadronisca della Cisgiordania. Tuttavia, il fatto che Abu Mazen minaccia continuamente di revocare questo coordinamento sulla sicurezza mette Israele in una sorta di limbo, con la conseguente necessità di mantenere un controllo diretto in quest’area così importante per la sua sicurezza nazionale.
Abu Mazen non ha un chiaro successore, e se dobbiamo trarre qualche insegnamento dalla realtà del Medio Oriente dobbiamo mettere in conto una durissima lotta di potere, nel suo campo, una volta che lui sarà uscito di scena. Anche Hamas sta a guardare come una pantera pronta al balzo, in vista della la sfida per la leadership sulla Cisgiordania che si scatenerà nell’Autorità Palestinese.
Nella parte israeliana, Benjamin Netanyahu ha smorzato il sostegno alla soluzione a due stati che aveva espresso nel famoso discorso del 2009 all’Università Bar Ilan. Ora sottolinea il fatto che diversi soggetti intendono cose diverse quando discutono un accordo negoziato in questi termini. E non ha più ripetuto il congelamento per dieci mesi di tutte le attività edilizie ebraiche nei Territori che decretò tra il 2009 e il 2010 con l’intento di rabbonire l’allora presidente americano Barak Obama e di convincere Abu Mazen a tornare al tavolo dei negoziati. Non ottenne né l’una né l’altra cosa, ma pagò un pesante prezzo politico. Oggi nessuno dei contendenti israeliani per la leadership del paese è in grado di proporre un piano alternativo che sia realistico e praticabile, il che lascia poche possibilità di cambiamento nel futuro immediato.
In secondo luogo ci sono la topografia e la geografia, che restano il fattore statico nel dibattito strategico sulla pace con i palestinesi. Giudea e Samaria, cioè la Cisgiordania, costituiscono un crinale montuoso che separa la valle del Giordano dalla piana costiera, dando a Israele quella minima profondità strategica che gli è necessaria per salvaguardare la propria popolazione civile.
Nel cerchio rosso, un aereo civile in decollo dall’aeroporto internazionale Ben-Gurion, visto dalla Cisgiordania. Sullo sfondo, il mar Mediterraneo (clicca per ingrandire)
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All’ombra delle alture della Cisgiordania, da Haifa a Ashkelon passando per Tel Aviv si trova il 70% della popolazione israeliana e l’80% delle attività economiche israeliane, tra cui centrali energetiche, impianti connessi alle piattaforme off-shore, l’aeroporto internazionale Ben-Gurion. Chiunque controlli quelle alture può imporre il bello e il cattivo tempo a tutto ciò che si trova ai loro piedi. Con le note turbolenze che imperversano in tutta la regione, con i capi iraniani che definiscono Israele un tumore canceroso e guardando alla Giordania come al loro prossimo campo di battaglia per la sovversione del Medio Oriente, quale leadership israeliana potrebbe mai rinunciare a cuor leggero al controllo di sicurezza su una risorsa strategica come la Cisgiordania?
Infine, la sfiducia. I fallimenti e i rifiuti del processo di Oslo, le attività negli insediamenti, le ripetute guerre con Hamas a Gaza e la generale animosità politica lasciano israeliani e palestinesi in uno stato di profonda sfiducia, che non fa che aumentare al perdurare dell’impasse attuale. Affinché lo stato ebraico abbia un vero futuro come tale senza scivolare verso un futuro da “stato unico”, questa questione deve essere affrontata, e prima lo si fa meglio è. La fiducia deve essere costruita con l’aiuto di partner internazionali: governi e ong che operino sul serio in questo senso e non per seminare discordia; attori statali come l’Egitto e la Giordania, e forse qui ha senso che entri in gioco anche l’Arabia Saudita. Bisogna costruite alleanze. Bisogna riaccendere la fiducia in un processo diplomatico, affinché Israele possa tendere la mano di pace e di buon vicinato, in nome del bene comune della regione, che già tendeva nella sua Dichiarazione d’Indipendenza. Bisogna concepire misure di sicurezza e tecnologiche per garantire quella profondità strategica che una soluzione a due stati richiederebbe per la sicurezza di Israele. Bisogna favorire la formazione di una prossima generazione di leader pragmatici da entrambe le parti.
Si deve guardare ai problemi con mente aperta, ma realistica e pratica. Si deve esplorare un percorso che riconosca il patrimonio ebraico in questo Paese, ma prenda atto delle rinunce che bisogna fare per non finire ad essere minoranza in un unico stato di “Terra Santa”. E sappiamo qual è la sorte delle minoranze in Medio Oriente.
Sono processi lunghi e devono essere accettati come tali. C’è molto lavoro da fare, sia per gli israeliani che per i palestinesi. Non ci sono soluzioni immediate e gli slogan superficiali e supponenti non sono di alcun aiuto. Quindi, la si smetta di gridare: “Basta con l’occupazione”.
Pałestina: Le raxon de Ixraelviewtopic.php?f=197&t=2271