Mostruosità italiane o italiche

Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » ven giu 07, 2019 6:22 am

La truffa italiana delle quote latte a danno dei produttori veneti,friulani e padani


Dopo 20 anni la verità sulle quote latte: avevano ragione gli allevatori
L’ordinanza di archiviazione del Tribunale di Roma depositata questa mattina fa chiarezza sulla lunghissima vicenda delle multe per sforamento
06 giugno 2019
Rossano Cattivello

http://www.telefriuli.it/cronaca/dopo-2 ... Ic1qq_yHZo

Registrate in produzione milioni di vacche con più di 80 anni e quelle che non avevano mai partorito. Questo è solo una degli elementi che dimostrano, dopo tantissimi anni, che gli sforamenti delle quote latte che aveva generato le multe per migliaia di allevatori erano frutto di falsità, incapacità, superficialità e connivenze degli uffici di controllo degli assessorati delle diverse Regioni italiane. Queste sono le parole contenute nelle conclusioni dell’ordinanza del Gip Tribunale di Roma che ha archiviato un’inchiesta avviata nel 2009 ma che ricostruisce l’annosa vicenda e indica puntualmente le responsabilità, pur senza giungere all’identificazione dei nomi.

“Una prima archiviazione – spiega l’avvocato Cesare Tapparo legale di centinaia di allevatori, tra cui molti friulani – aveva ammesso l’esistenza degli errori di calcolo della produzione, giudicandoli però limitati e marginali. Aveva indicato anche dei reati, ma senza possibilità di individuare i colpevoli. Questa nuova ordinanza fa un passo avanti. Infatti, le nuove indagini hanno analizzato anche la catena di controllo e di comando. Nelle conclusioni dell’ordinanza per la prima volta si parla di falsità consistenti e rilevanti”. Nel frattempo però centinaia di allevamenti colpiti dalle multe hanno chiuso i battenti.


Quote latte, il gip: «Dati falsi, politici inerti e conniventi»
6 giugno 2019

https://corrieredelveneto.corriere.it/v ... 5ad3.shtml

VENEZIA«I dati posti a fondamento delle quote latte in Italia sono non veritieri in quanto fondati su autodichiarazioni spesso false e su un sistema di calcolo errato». Peggio ancora: «La falsità dei dati è nota a tutte le autorità amministrative e politiche, rimaste consapevolmente inerti per vent’anni per evitare di scontentare singole corporazioni o singoli centri di interesse, così determinando ingenti danni allo Stato italiano che ha pagato le multe e agli allevatori-produttori che fino a oggi hanno rispettato le regole». Sono alcuni passi del provvedimento - durissimo - pubblicato martedì ed emesso dal giudice per le indagini preliminari di Roma, Paola Nicola, con il quale si archivia il procedimento avviato dalla procura capitolina che ipotizzava reati che andavano dall’abuso d’ufficio alla truffa, fino all’associazione per delinquere.


L’inchiesta

L’inchiesta era partita in seguito alle risultanze della commissione ministeriale voluta nel 2009 dall’allora ministro Luca Zaia. Il sospetto era che l’Italia avesse comunicato all’Unione Europea una produzione di latte molto superiore a quella reale e questo, a cascata, potesse aver comportato multe inesistenti allo Stato e quindi agli allevatori. Le conseguenze sono note: produttori messi in ginocchio dalla cartelle esattoriali (centinaia i veneti coinvolti), proteste di piazza e un braccio di ferro politico che, a distanza di oltre vent’anni dagli scontri di Vancimuglio, non si è mai fermato. Ora arriva questo provvedimento del tribunale di Roma che sicuramente gli allevatori potranno brandire nei tribunali civili dove ancora si discutono i ricorsi contro le sanzioni. Perché il gip non usa mezzi termini, quando scrive che «l’unica certezza a cui si è giunti nel presente procedimento penale, è che i dati sui capi che producono latte è falso e che i numeri forniti da Agea (l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, ndr) e dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo sono del tutto inattendibili, tanto da conseguirne la non verosimiglianza di quelli concernenti il latte prodotto. D’altra parte è una questione di mera logica che, se è errata la cifra degli animali da cui si ricava il latte, non può che essere errato il quantitativo stesso del latte». Per il giudice sarebbero «quasi sei milioni i capi improduttivi inseriti nel patrimonio bovino produttivo nazionale». In pratica avrebbero conteggiato tutte le vacche, anche quelle troppo anziane per produrre il latte.


Le responsabilità

Com’è stato possibile? Secondo il tribunale la responsabilità sarebbe di «fortissimi e occulti centri di potere tutti convergenti nel violare regole e controlli per far arricchire alcuni produttori e allevatori a discapito di altri». Di certo - scrive il giudice - «vi è stata per decenni una totale incapacità e superficialità, e verosimili connivenze, da parte degli organi di controllo degli assessorati all’agricoltura delle Regioni nell’ottemperare ai propri obblighi di accertamento (...) si sono intrecciati per anni malcostume, inerzia, negligenza, assenza del senso delle istituzioni e di rispetto delle regole di trasparenza (...) tali da rendere difficile, se non impossibile, l’individuazione delle responsabilità». Anche se si è chiusa con l’archiviazione, per gli avvocati Maddalena Aldegheri ed Ester Ermondi, che tutelano centinaia di allevatori, è comunque una vittoria: «Per la prima volta un tribunale mette nero su bianco ciò che ripetiamo da anni: il sistema delle quote era “truccato”. Finalmente si restituisce onore e dignità ai produttori che per primi denunciarono ciò che lo stesso giudice, oggi, definisce un gigantesco meccanismo di falsificazione dei dati».




Quote latte: il Tribunale di Roma rimette tutto in discussione
Il sistema di calcolo delle eccedenze viene ritenuto falso e inattendibile. Per centinaia di allevatori alle prese con multe e cartelle esattoriali, ora si apre uno spiraglio
di Angelo Pangrazio
6 giugno 2019

https://www.rainews.it/tgr/veneto/video ... 88374.html



I SOLITI LADRONI, CHE DA SEMPRE GESTISCONO E CONTROLLANO L'AGRICOLTURA, SONO I VERI E UNICI RESPONDABILI!!
https://www.facebook.com/forconicalvani ... 101720485/
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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mar lug 02, 2019 7:16 am

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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mar lug 02, 2019 7:17 am

Concorsi truccati all'Università Rettore sospeso, 40 prof indagati
Laura Distefano
28 giugno 2019

https://m.catania.livesicilia.it/2019/0 ... ore_500820

CATANIA - Concorsi truccati all'Università di Catania. E a pilotarli sarebbero stati il rettore di Catania, Francesco Basile e altri nove docenti dell'ateneo accusati di associazione a delinquere finalizzati alla corruzione e alla turbativa d'asta. Il rettore dell’Università di Catania, Giacomo Pignataro, past rettore, Giancarlo Magnano San Lio, prorettore, Giuseppe Barone, dipartimento di Scienze Politiche (in quiescenza), Michela Cavallaro, Dipartimento di Economia, Filippo Drago, Scienze Biomediche, Giovanni Gallo, Dipartimento di Matematica, Carmelo Monaco, Agraria, Roberto Pennisi, dipartimento di Giurisprudenza, Giuseppe Sessa, Presidente del coordinamento di Medicina, sono destinatari di un’ordinanza applicativa della sospensione dell’esercizio di un pubblico ufficio. La misura firmata dal Gip, su delega della Procura di Catania, è stata eseguita dalla Polizia di Stato. "Un sistema squallido", lo ha definito il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. "E in alcune circostanze ci sono state minacce di ritorsioni", commenta il magistrato. "Sono molto triste perchè se nemmeno l'ateneo di Catania si è sottratto a queste nefandezza a queste logiche che nulla hanno a che fare con il merito". "Sono molto rattristata di quello che è emerso da questa indagine. Abbiamo scoperchiato una pentola che purtroppo coinvolgeva più dipartimenti dell'Università", commenta Marika Scacco, dirigente della Digos di Catania.

L’operazione della Digos è stata denominata “Università Bandita”. Le indagini hanno consentito di accertare 27 concorsi truccati: di cui 17 per professore ordinario, 4 per professione associato e 6 per ricercatore. Sono in totale 40 i professori iscritti nel registro degli indagati, provenienti dagli atenei di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.

L'attività investigativa ha permesso di svelare un sistema di cui sarebbero stati promotore Basile e l'ex rettore Pignataro. E sarebbero stati 'truccati' una serie di concorsi. "Venivano costruiti i bandi in maniera sartoriale", dice Marco Bisogni, sostituto procuratore di Catania. Alterati quindi i bandi per il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca, per l'assunzione del personale tecnico-amministrativo, per la composizione degli organi statutari dell'Ateneo, per l'assunzione e la progressiva in carriera dei docenti universitari.

"Alcune intercettazioni che sono finite negli atti delle indagini dovrebbero farci indignare", dice Zuccaro passando la parola all'investigatore Claudio Pucci che ha coordinato le indagini della Digos. L'inchiesta è partita dalle denunce dell'ex direttore Lucio Maggio nel 2016. Quando il Consiglio di Giustizia ha stabilito che l'elezione di Pignatario non era regolare, il testimone è stato passato a Francesco Basile. "Tra i due c'è stata un vero e proprio accordo di intenti", spiega Pucci. "Il vincitore veniva deciso a tavolino - aggiunge - e dopo il bando veniva costruito ad hoc. E in alcuni casi era il candidato stesso a decidere i criteri del concorso. E alcune volte era sempre lo stesso candidato ad andare a prendere il commissario e gli mandava anche dei mazzi di fiori".

Anche il Consiglio di Amministrazione di Ateneo è stato deciso a tavolino. Sono stati distribuiti dei 'pizzini' con le indicazioni di voto. Dalle intercettazioni emerge "una decisione bulgara del rettore", spiega ancora il funzionario della Digos.

Sull'ascesa della carriera universitaria, gli investigatori evidenziano che "il sistema delinquenziale non è ristretto all'Università etnea ma si estende ad altri Atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sono sempre preoccupati di non interferire sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui fosse meritevole". Le indagini hanno documentato - evidenziano ancora gli inquirenti - di un vero e proprio codice di comportamento sommerso operante in ambito universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi devono essere predeterminati dai docenti interessati, nessuno spazio deve essere lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo può essere presentato contro le decisioni degli organi statutari. Le regole del codice - si legge ancora nella nota stampa della Questura - hanno altresì un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni sono punite con ritardi nella programmazione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico. L'estrema pericolosità e la piena consapevolezza delle gravi illiceità commesse dal gruppo spinto da finalità diverse dalla buona amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi privilegiati che condividono le condotte criminali dell'associazione a delinquere in parola, emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di non parlare telefonicamente o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive bonifiche degli uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti nel loro confronti".

"Un patto scellerato, che in alcuni casi aveva i metodi della forza tipiche della criminalità organizzata", ha detto Raffaella Vinciguerra, una delle coordinatrici dell'inchiesta. "O resti nel sistema o sei fuori dal sistema", spiega in estrema sintesi Zuccaro. E c'era anche "un sistema di favori tra più atenei", spiega.



Scandalo Università, ecco tutti i docenti coinvolti nell'inchiesta

Fabio Giuffrida e David Puente
2019/06/28

https://www.open.online/2019/06/28/asso ... ve-docenti

Associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta e altro ancora. Questi sono i reati contestati a seguito delle indagini della Polizia di Stato di Catania nei confronti di alcuni membri di spicco dell’ateneo siciliano a seguito di presunti concorsi truccati.

Il prof. Francesco Basile, eletto nel 2017 Rettore dell’Università di Catania
Sospesi rettore e 9 docenti

Coinvolti nella vicenda il Rettore dell’Università di Catania e nove docenti con posizioni apicali all’interno dei dipartimenti, per i quali si stanno eseguendo le misure interdittive della sospensione dall’esercizio dai pubblici uffici.

L’operazione dei poliziotti della Digos, denominata «Università Bandita», ha permesso di individuare 27 presunti concorsi truccati di cui 17 per professori ordinari, 4 per professori associati e 6 per ricercatori. Coinvolti non solo il Rettore e i docenti dell’ateneo siciliano ma anche 40 professori delle università, oltre a quella di Catania, di Bologna, Cagliari, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.


Indagata anche una docente di Cagliari

Tra gli indagati c’è anche una docente dell’Università di Cagliari: si tratta di Maura Monduzzi, professoressa ordinaria di Chimica Fisica della facoltà di Scienze, Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche. Secondo le accuse, la professoressa – accusata di abuso d’ufficio – avrebbe fatto parte della commissione di un concorso, tenutosi a Catania il 25 novembre del 2017 e sfociato in una serie di denunce da parte dei partecipanti per presunte irregolarità.

Tutti i nomi

Sono sospesi dal servizio Francesco Basile, rettore dell’Università di Catania; Giacomo Pignataro, ex rettore dell’Università di Catania; Giancarlo Magnano San Lio, prorettore dell’Università di Catania; Giuseppe Barone, ex direttore del Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università di Catania; Michela Maria Bernadetta Cavallaro, direttore del Dipartimento di economia dell’università di Catania; Filippo Drago, direttore del Dipartimento di scienze biomediche e biotecnologiche dell’Università di Catania; Giovanni Gallo, direttore del dipartimento di matematica e informatica dell’Università di Catania; Giovanni Carmelo Monaco, direttore del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania; Roberto Pennisi, direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania e Giuseppe Sessa, presidente del coordinamento della facoltà di Medicina dell’Università di Catania.

Di cosa sono accusati

L’accusa è di associazione a delinquere nonché, a vario titolo, di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promette utilità, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio e truffa aggravata.


Le indagini

Le indagini sono state eseguite dalla Digos nell’arco temporale che va da giugno 2016 a marzo 2018: stando alle prime risultanze investigative, sarebbero stati alterati i bandi di concorso per il conferimento di assegni, borse e dottorati di ricerca ma anche per l’assunzione del personale tecnico-amministrativo, per la composizione degli organi statuari dell’ateneo e per l’assunzione e la progressione in carriera dei professori.

I membri delle commissioni d’esame, provenienti da altri atenei italiani, inoltre, sarebbero stati conniventi: non avrebbero mai interferito sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente. Sarebbe stato preferito il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole: i bandi, dunque, sarebbero stati costruiti «intorno al vincitore» stesso.


27 concorsi truccati, 40 indagati

40 gli indagati, 27 i presunti concorsi truccati. Chi osava violare questo “codice” sarebbe andato incontro a ritardi nelle progressione in carriera o a esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico, come dimostrano alcune intercettazioni.

Ai sodali – spiega ancora la Procura di Catania – sarebbe stato chiesto di non parlare telefonicamente effettuando persino delle preventive bonifiche degli uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti (all’indomani dalla sua elezione, il Rettore dell’Università di Catania avrebbe chiesto al suo predecessore se l’ufficio fosse stato «bonificato», ndr).


Modalità procedurale «para mafiosa»

Una modalità procedurale definita «para mafiosa» con tanto di ricatti e concorsi «già decisi» a tavolino. A vincere, quindi, erano sempre gli stessi: «pochi» o «figli dei figli» escludendo, di fatto, chi non conosceva nessuno all’interno dell’ateneo o non intendeva sottostare al loro modus operandi. «L’università nasce su una base cittadina ristretta, una specie di élite culturale della città perché fino ad adesso sono sempre quelle famiglie», questo il pensiero del rettore Basile, intercettato dalla Procura di Catania.

Tra gli indagati anche alcuni vincitori di concorsi che avrebbero sollecitato il capo del dipartimento compente affinché assumesse «condotte ritorsive» verso chi non voleva sottostare alle loro regole. Accertato, infine, lo scambio di favori tra atenei: su questo punto il procuratore Carmelo Zuccaro ha preferito non sbilanciarsi.



Concorsi "truccati" all'Università, Procura ricorrerà contro ordinanza che non ha accolto richieste arresti
01/07/2019

https://www.lasicilia.it/news/catania/2 ... resti.html


Non si arresta l'inchiesta dei pm etnei: oltre ai 27 già al setaccio, un "faro" resta acceso su altre «97 procedure concorsuali sulle quali - ritengono i magistrati - sussistono fondati elementi di reità circa la loro alterazione»

CATANIA - La Procura di Catania presenterà ricorso contro l’ordinanza del Gip che, nell'ambito dell’inchiesta "Università Bandita", ha disposto la sospensione dell’esercizio dal pubblico ufficio per il rettore Francesco Basile, del pro rettore Giancarlo Magnano di San Lio, dell’ex rettore Giacomo Pignataro e di altre sette professori universitari. La Procura aveva chiesto per loro e per altri tre loro colleghi gli arresti domiciliari e il divieto di dimora per altri 27 docenti indagati. L’ufficio retto dal procuratore Carmelo Zuccaro sta valutando i profili penali per cui presentare ricorso e quale provvedimento cautelare chiedere al Tribunale del Riesame per alcuni degli indagati. I magistrati etnei stanno per trasmettere alle Procure competenti gli atti su presunte irregolarità emerse in altre facoltà dalle indagini della polizia di Stato.

Al centro di due anni di accertamenti della Digos della Questura di Catania 27 presunti concorsi truccati, che sono finiti nell'inchiesta "Università Bandita". Ma un "faro" resta acceso su altre «97 procedure concorsuali sulle quali - ritiene la Procura - sussistono fondati elementi di reità circa la loro alterazione». E per fatti che non sarebbero stati commessi soltanto a Catania.
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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mar lug 02, 2019 7:20 am

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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mar lug 02, 2019 7:25 am

Reggio Emilia, lavaggio del cervello e falsi documenti per allontanare bambini dai genitori
Diciotto persone, tra cui il sindaco Pd di Bibbiano Andrea Carletti, raggiunte da misure cautelari. Sono accusate di aver sottratto i minori alle famiglie per darli in affido retribuito a conoscenti. Tra gli affidatari anche titolari di sexy shop. Il premier Conte: "Sconvolgente". Una vicenda analoga di 20 anni fa raccontata dall'inchiesta "Veleno"
27 giugno 2019

https://bologna.repubblica.it/cronaca/2 ... slaXUnEFbQ

REGGIO EMILIA - Come 20 anni fa, in quel paese della Bassa Padana raccontato dall'inchiesta "Veleno" di Pablo Trincia. Ore e ore di intensi lavaggi del cervello durante le sedute di psicoterapia, bambini suggestionati anche con l'uso di impulsi elettrici, spacciati ai piccoli come "macchinetta dei ricordi", un sistema che in realtà avrebbe "alterato lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari". Sono alcune contestazioni che emergono dall'inchiesta Angeli e Demoni sulla rete dei servizi sociali della Val D'Enza, nel Reggiano, che ha portato a misure cautelari per diciotto persone, tra cui il sindaco Pd di Bibbiano Andrea Carletti. E poi politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi e psicoterapeuti di una Onlus di Moncalieri, "Hansel e Gretel", perquisita questa mattina.

Le misure cautelari sono state eseguite dai carabinieri di Reggio Emilia. Il sindaco è agli arresti domiciliari. Uguale provvedimento per la responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza, una coordinatrice del medesimo servizio, un'assistente sociale e due psicoterapeuti della Onlus torinese. Ulteriori otto misure di natura interdittiva (divieto temporaneo di esercitare attività professionali) sono state eseguite a carico di altrettanti dirigenti comunali, operatori socio-sanitari, educatori. Tra i 27 indagati anche Fausto Nicolini, direttore generale dell'Ausl di Reggio Emilia.

L'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore di Reggio Emilia Valentina Salvi, ha dell'incredibile: vede al centro la rete dei servizi sociali della Val D'Enza, accusati di aver redatto false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito da amici e conoscenti. E non solo.


Il caso Veleno, scatta la revisione del processo
di GIUSEPPE BALDESSARRO

Secondo il quadro accusatorio, quello che veniva spacciato per un modello istituzionale da emulare sul tema della tutela dei minori abusati, altro non era che un illecito business ai danni di decine e decine di minori sottratti alle rispettive famiglie. I destinatari delle misure cautelari sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d'uso.

I minori venivano allontanati dalle rispettive famiglie attraverso le "più ingannevoli e disparate attività". Tre queste, sempre secondo la ricostruzione dei militari, relazioni mendaci, disegni dei bambini artefatti attraverso la mirata "aggiunta" di connotazioni sessuali, terapeuti travestiti da personaggi "cattivi" delle fiabe messi in scena ai minori in rappresentazione dei genitori intenti a fargli del male, falsi ricordi di abusi sessuali ingenerati con gli elettrodi.

Il podcast Il caso "Veleno": nel paese dei bambini perduti di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli

Il tutto durante, spiegano gli investigatori, i lunghi anni nei quali i Servizi sociali omettevano di consegnare ai bambini lettere e regali dati dai genitori naturali che i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato in un magazzino dove erano accatastati. Tra gli affidatari dei minori anche titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche e con figli suicidi. Infine secondo il quadro accusatorio ci sarebbero stati due casi di abusi sessuali presso le famiglie affidatarie ed in comunità, dopo l'illegittimo allontanamento. In un caso, stando a fonti investigative, si tratterebbe di un bimbo stuprato da un cugino della coppia affidataria.

Alcune vittime dei reati, oggi adolescenti, "manifestano profondi segni di disagio, tossicodipendenza e gesti di autolesionismo" evidenziano i carabinieri di Reggio Emilia, che hanno svolto gli accertamenti.

Le indagini sono iniziate alla fine dell'estate 2018 dopo un'anomala escalation di denunce all'autorità giudiziaria, da parte dei servizi sociali coinvolti, per ipotesi di reati di abusi sessuali e violenze a danni di minori commessi da parte dei genitori. L'analisi dei fascicoli vedeva puntualmente approdare le indagini verso la totale infondatezza di quanto segnalato. Da questo spunto si è sviluppata l'indagine che ha svelato numerosi falsi documentali, redatti secondo l'accusa dai servizi sociali in complicità con alcuni psicologi.

Il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, da poco rieletto con il 79% dei voti, è indagato per abuso d'ufficio in concorso con altri: secondo la Procura reggiana avrebbe omesso di effettuare una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio di psicoterapia. Anche Nicolini risponde dello stesso reato per il quale sono cinque gli indagati (anche Federica Anghinolfi, Nadia Campani e Nadia Bolognini). Secondo l'accusa si sarebbero incontrati il 10 dicembre 2018 e, "in violazione del nuovo codice degli appalti del 2016 e delle connesse linee guida dell'anticorruzione", avrebbero dato "illecita prosecuzione" al servizio di psicoterapia che aveva un importo superiore a 40.000 euro, procurando così "un ingiusto vantaggio al centro Hansel e Gretel".
"Ricordi che hai paura di papà?": l'ordinanza
Una bambina che ribadisce di non capire il motivo per cui non poteva più vedere i genitori naturali, dicendo di volerli riabbracciare. E le psicologhe, le assistenti sociali, insieme alla coppia di affidatari - tutti indagati - che le rispondono, martellandola, con un'incalzare di frasi e domande per instillarle il dubbio. E' uno dei dialoghi shock, citati nell'ordinanza del Gip Luca Ramponi, che spiega come i bambini venissero di fatto plagiati, in modo da formare false relazioni, nel sistema smantellato dai carabinieri in provincia di Reggio Emilia.

"Ma io non mi ricordo perché non li posso più vedere", dice la bambina, le cui parole, di ottobre 2018, furono captate da un'intercettazione ambientale. "Ma non ti ricordi che hai detto che (tuo padre, ndr) non lo volevi più rivedere? Io ricordo questo", risponde la psicologa. Ma la bambina: "Non ho detto questo". "Sì, hai detto che non volevi vederlo perché avevi paura che ti facesse del male... che si potesse vendicare... o che ti potesse portare via. Ti ricordi la paura che hai sentito. Te la ricordi adesso?", le viene risposto dall'affidataria. Subito si inserisce una psicologa: "Quello che tu dirai al giudice il tuo papà non lo saprà, neanche la tua mamma".

Di nuovo una psicoterapeuta poco dopo: "Forse sono io che mi ricordo male, ma quando ti hanno detto che non avresti più visto il tuo papà tu eri contenta, te lo ricordi?". La bambina: "Non mi viene in mente, non mi ricordo di aver detto così". "Tu vorresti incontrarli", le chiede la psicoterapeuta. "Mi piacerebbe - la risposta della bambina - anche per rivederli, anche fisicamente. Ogni tanto mi capita di piangere perché mi mancano gli abbracci del papà".

Le reazioni. Conte: "Sconvolgente"
Da Osaka dove si trova per il G20 summit il premier Giuseppe Conte commenta la vicenda: "Tutto ciò che riguarda i bambini rischia di essere drammatico. Ho letto le notizie su Reggio Emilia. Se fossero confermate, si tratta di ipotesi accusatorie sconvolgenti e raccapriccianti".

Il vicepremier Luigi Di Maio parla di "una galleria di atrocità assolute che grida vendetta" e ha dato indicazione ai suoi uffici di scrivere immediatamente una lettera al ministro Fontana per chiedere una verifica immediata di tutto il sistema di affidi nazionale, perchè "orrori simili non sono accettabili". Di Maio attacca il Pd: "Quello che viene spacciato per un modello nazionale a cui ispirarsi sul tema della tutela dei minori abusati, il modello Emilia proposto dal Pd, si rivela oggi come un sistema da incubo".

Il ministro Matteo Salvini annuncia di aver chiesto una commissioned'inchiesta sulle case famiglia: "Al di là del fatto incredibile di Reggio Emilia ho tantissime segnalazioni, che sto valutando col ministro della Famiglia, di abusi e veri e propri sequestri in nome del vantaggio economico. Ci sono tante case famiglia che fanno bene il loro lavoro ma proprio per tutelare queste, bisogna beccare quelle che sequestrano i minori".

Su Facebook la ministra Giulia Grillo scrive: "Non c'è niente di più sacro e intoccabile dei bambini. La storia venuta a galla grazie all'inchiesta dei magistrati è raccapricciante. Ci vuole rigore assoluto e severità massima nel punire le responsabilità che eventualmente emergeranno".

"Schifoso e orribile quanto emerge dall'inchiesta 'Angeli e Demoni' sulla gestione di minori. Si vada avanti, fino in fondo, per accertare le responsabilità, la verità e per punire i colpevoli senza esitazione. Patetici i tentativi di strumentalizzare politicamente questo dramma" scrive su Twitter il segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti.

I parlamentari emiliani Dem Graziano Delrio, Vanna Iori, Antonella Incerti e Andrea Rossi annunciano che il Pd si costituirà parte civile: "Oltre ai minori e alle famiglie, vengono colpiti l'immagine e il lavoro di tanti professionisti che operano nei tanti servizi socio-sanitari che hanno fatto sì che questo territorio rappresenti una eccellenza nelle politiche a sostegno e supporto delle persone in difficoltà. Per questo è utile che il Pd si costituisca parte civile nel processo".

La giunta del Comune di Bibbiano esprime solidarietà al sindaco Andrea Carletti ora ai domiciliari: "Abbiamo assoluta certezza che abbia sempre operato nel rispetto delle norme. Prima che come sindaco, conosciamo Andrea come uomo e siamo assolutamente convinti della sua estraneità ai fatti".

“Ciò che sta emergendo ha contorni che, se confermati, sarebbero di una gravità inaudita. In quel caso, è chiaro che la Regione si troverebbe ad essere parte lesa. E, soprattutto, in quel caso, la Regione si aspetta che i delinquenti siamo puniti severamente, come meritano” afferma Sergio Venturi, assessore regionale alla Sanità.

Scandalo affidi a Reggio Emilia, le intercettazioni choc: come manipolavano i bambini
28 giugno 2019

https://www.open.online/2019/06/28/scan ... no-bambini

Sono iniziati nella mattinata di oggi, venerdì 28 giugno, gli interrogatori di garanzia dell’operazione ‘Angeli e Demoni’ sul presunto giro di affidamenti illeciti di bambini nella provincia di Reggio Emilia.

Davanti al Giudice per le indagini preliminari Luca Ramponi, Federica Anghinolfi, dirigente dei servizi sociali dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza, considerata dagli inquirenti figura chiave del ‘sistema’ e l’assistente sociale Francesco Monopoli, entrambi agli arresti domiciliari e accusati di aver praticato il «lavaggio del cervello» ai bambini coinvolti attraverso diverse metodologie.

«Mi sono occupato di fatti molto provanti di ‘Ndrangheta per dieci anni, ma quest’inchiesta è umanamente devastante», dice il procuratore capo di Reggio Emilia, Marco Mescolini. «Per la velocità con cui tutto è emerso, restituisce un quadro assai allarmante. Ma conta il giudizio della legge». Il capo dei pm reggiani aggiunge che «è stato sequestrato altro materiale ora al vaglio degli investigatori. Le indagini proseguiranno e nulla sarà intentato».


Le intercettazioni ambientali

Il quadro che emerge dalle intercettazioni è oltre l’immaginazione. In una intercettazione di una seduta di psicoterapia, per esempio, si consiglia al bambino di organizzare il funerale del padre da cui il bimbo è stato allontanato, «per elaborare il lutto».

Poi c’è la storia di una bimba, riportata dalla Gazzetta di Reggio. Non capisce, e lo ripete, perché non può vedere i genitori. Li vuole vedere, le mancano «gli abbracci di papà». Ma le psicologhe, le assistenti sociali, la coppia affidataria la incalzano. Con domande, dubbi, ribaltando le parole della bambina.

«Ma io non mi ricordo perché non li posso più vedere», dice la piccola, secondo la ricostruzione della Gazzetta di Reggio in base a un’intercettazione ambientale dell’ottobre dell’anno scorso. «Ma non ti ricordi che hai detto che (papà) non lo volevi più rivedere?», dice la psicologa. «Non ho detto questo», risponde la bimba. «Non ho detto che non volevo vederlo». «Sì, hai detto che non volevi vederlo perché avevi paura che ti facesse del male… che si potesse vendicare… o che ti potesse portare via. Ti ricordi la paura che hai sentito. Te la ricordi adesso?», dice la donna che l’ha avuta in affidamento. «Quello che tu dirai al giudice il tuo papà non lo saprà, neanche la tua mamma», ricorda la psicologa. «Forse sono io che mi ricordo male, ma quando ti hanno detto che non avresti più visto il tuo papà tu eri contenta, te lo ricordi?», dice una terapeuta. «Non mi ricordo di aver detto così». «Guarda che non c’è niente di male! Perché se tu hai vissuto una situazione che ti hanno fatto stare tanto male… d’accordo, tu come bimba puoi dirlo che stai proprio male e che non hai voglia di star male così», incalza l’affidataria. «Non è che se tu hai detto che stavi tanto male e non volevi più vederlo sei una brutta bambina». Poi la domanda della psicoterapeuta: «Vorresti incontrarli?». «Mi piacerebbe. Ogni tanto mi capita di piangere perché mi mancano gli abbracci del papà», risponde la bambina.


La “Carta di Noto”

Dialoghi agghiaccianti, ma non sono i soli. La ‘Carta di Noto’, cioè il protocollo con le linee guida deontologiche per lo psicologo forense, quando si trova di fronte ad abusi su minori, viene definita nelle intercettazioni da uno degli indagati «una roba scritta da quattro pedofili». A parlare è Matteo Mossini, psicologo dell’Asl di Montecchio cui è stato vietato di esercitare l’attività professionale per sei mesi, in un dialogo con la psicoterapeuta Nadia Bolognini, ai domiciliari.

Nel valutare la sua posizione, il Gip parla di «disprezzo per i metodi comunemente adottati di valutazione e audizione nonché di approccio terapeutico con i minori sospette vittime di abusi».




Affidi illeciti Reggio Emilia, chi è la dirigente al centro dell'inchiesta
ALESSANDRA CODELUPPI e DANIELE PETRONE
Reggio Emilia, 29 giugno 2019

https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio ... -1.4669841

Obbligava gli assistenti sociali a redigere e firmare verbali dove si attestava il falso riguardo allo stato familiare o al contesto abitativo dei bambini. Che poi decideva a chi affidare (elargendo addirittura contributi doppi fino a 1.200 euro rispetto alle ‘rette’ previste), influenzata tra l’altro dal suo attivismo nel mondo gay, per la lotta in favore dell’adozione alle coppie omosessuali, ma anche dai suoi intrecci sentimentali. E stabiliva pure a quali psicoterapeuti bisognava mandare in cura i piccoli una volta strappati dalle famiglie naturali. Assume quasi il volto di una zarina dei servizi sociali Federica Anghinolfi, dirigente dell’Unione val d’Enza, finita ai domiciliari con numerose accuse tra cui falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, violenza privata e lesioni personali gravissime, nelle carte dell’inchiesta 'Angeli e Demoni', lo scandalo scoppiato in provincia di Reggio Emilia sul presunto sistema illecito di affidamenti dei minori strappati alle famiglie naturali con falsificazioni di atti e altri escamotage: 16 misure cautelari emesse, 27 indagati.

AGGIORNAMENTO Affidi illeciti, quei regali mai dati ai bimbi

La donna, 57 anni – che ieri si è avvalsa della facoltà di non rispondere davanti al gip nel primo degli interrogatori di garanzia assieme all’assistente sociale indagato Francesco Monopoli – è ritenuta la figura chiave. A partire dall’inizio del ‘sistema’ collaudato secondo gli inquirenti. Arrivava quasi a ricattare giovani operatrici con contratto a tempo determinato, esercitando dunque la sua posizione di potere, affinché redigessero verbali che attestassero muffa sui soffitti, poco cibo in frigo o assenza di giocattoli. Era il primo passaggio – con le presunte falsificazioni delle dichiarazioni degli stessi bimbi al fine di screditare madri e padri naturali – che serviva per ottenere il decreto di allontanamento. Poi l’affidamento, spesso ad altre coppie ‘amiche’ o a lei vicine. E addirittura con un legame affettivo passato.

Qui i nomi degli indagati - La procura di Modena si attiva dopo il caso Reggiano

La Anghinolfi, omosessuale dichiarata, ha avuto una relazione – provata dagli inquirenti – con Fadia Bassmaji, anch’essa indagata, alla quale è stata data in affido la piccola Francesca (nome di fantasia) assieme alla compagna Daniela Bedogni (anche lei nel registro della pm Valentina Salvi).
Queste ultime due – si legge nell’ordinanza – avrebbero «imposto un orientamento sessuale» alla minore vietando tassativamente alla piccola di lasciarsi i capelli sciolti, perché ritenuto dalle due «matrigne» atteggiamento di vanità e di richiamo appetibile per i maschietti a scuola. Il gip definisce questo episodio in modo molto forte come un «comportamento ideologicamente e ossessivamente orientato». Procura e inquirenti stanno infatti scavando nel mondo Lgbt. Nella vicenda è finito ai domiciliari, con le accuse di abuso d’ufficio e falso, anche il sindaco pd di Bibbiano, Andrea Carletti che ieri tramite il legale ha dichiarato di «non aver mai fornito copertura politica a fatti illeciti».
Il procuratore reggiano Marco Mescolini, dopo aver premesso che non bisogna estendere le accuse a tutto il mondo degli affidi, ieri ha commentato così l’operazione: «Mi sono occupato di fatti molto provanti di ‘ndrangheta per dieci anni, ma quest’inchiesta è umanamente devastante».




L'orrore di Reggio: bambini affidati a persone malate e stupratori
28giugno 2019

https://www.lapressa.it/notiziario/la_n ... L6THUrm1rE


Dall'inchiesta condotta dai Carabinieri emerge una realtà inquietante, da film horror. Due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie

Affidi pilotati che facevano finire i minori in mano ad amici e conoscenti degli assistenti sociali, ma anche a persone in alcuni casi discutibili e in altre senza ombra di dubbio problematiche. Ci sono anche due casi stupro accertati nelle nuove famiglie assegnatarie. E' sempre più inquietante, e sta assumendo i caratteri di un film horror, la vicenda che a più livelli vede coinvolti, nella complessa indagine dei Carabinieri, addetti dei servizi sociali dell'Unione dei Comuni della Val d'Enza e il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti (Pd), arrestato.

Quello che emerge dall'indagine è un business illecito ai danni di decine e decine di minori che sono stati sottratti alle rispettive famiglie con la complicità di politici, medici, assistenti sociali, che per anni hanno alterato documenti, ed addirittura i disegni dei bambini, in un ‘sistema’ orientato ad una catena di affidi pilotati, con bambini affidati ad amici e conoscenti degli operatori dei servizi sociali, tra cui titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche o con figli suicidi. Si registrano - scrive l'agenzia Dire - anche due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie ed in comunità.

Le misure sono scattate sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare: sono coinvolti politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti. Come spiegano i militari in una nota, da diversi anni gli arrestati avevano messo in piedi un illecito e redditizio sistema di “gestione minori”. I minori protagonisti di questa vicenda, alcuni oggi adolescenti, manifestano profondi segni di disagio come tossicodipendenza e gesti di autolesionismo.

I reati contestati ai 16 indagati, a vario titolo, sono frode processuale, depistaggio, abuso ’ufficio,
maltrattamentisu minori, lesioni gravissime (nei confronti dei minori), falso in atto pubblico, violenza privata, entata estorsione, peculato d’uso.

Nella nota, i Carabinieri spiegano di avere intercettato “ore e ore di intensi lavaggi del cervello durante le sedute di psicoterapia effettuate sui minori, anche di tenera età, dopo che gli stessi erano stati allontanati dalle rispettive famiglie attraverso le più ingannevoli e disparate attività, tra le quali:relazioni mendaci, disegni dei bambini artefatti attraverso la mirata ‘aggiunta’ di connotazioni sessuali, terapeuti travestiti da personaggi ‘cattivi’ delle fiabe messi in scena ai minori in rappresentazione dei genitori intenti a fargli del male, falsi ricordi di abusi sessuali ingenerati con gli elettrodi di quella che veniva spacciata ai bambini come ‘macchinetta dei ricordi’”.

Bambini dati in affido anche a persone con problemi psichici

Stando a quanto emerso dalle indagini, i bambini allontanati in modo illegittimo dalle loro famiglie (suggestionati psicologicamente per convincerli della cattiveria dei genitori o di abusi mai avvenuti) venivano poi affidati ad amici e conoscenti degli operatori dei servizi sociali, tra cui titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche o con figli suicidi. E, secondo i Carabinieri che indagano, si registrano due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie ed in comunità.

In tutto 16 le persone indagate: sei sono state sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Tra loro c’è il sindaco di Bibbiano (Reggio Emilia) Andrea Carletti appena rieletto e una responsabile del Servizio sociale integrato dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza. Arrestati anche una coordinatrice del medesimo servizio, un’assistente sociale edue psicoterapeuti di una onlus torinese.

Altre otto misure cautelari di natura interdittiva, costituite dal divieto temporaneo di esercitare attività professionali sono state eseguite a carico di altrettanti soggetti, nelle relative qualità di dirigenti comunali, operatori socio-sanitari ed educatori.

Infine ci sono due misure coercitive del divieto di avvicinamento ad un minore, che hanno colpito una coppia affidataria accusata di maltrattamenti.

Le indagini sono iniziate alla fine dell’estate del 2018 dopo l’anomala escalation di denunce all’autorità giudiziaria, da parte dei servizi sociali coinvolti, per ipotesi di reati di abusi sessuali e violenze a danni di minori che sarebbero stati commessi dai genitori. L’analisi dei fascicoli vedeva però puntualmente approdare le indagini verso la totale infondatezza di quanto segnalato.

Nonostante ciò, i servizi sociali coinvolti proseguivano nel percorso psicoterapeutico richiesto più volte. Da qui si è sviluppata l’intensa indagine che ha svelato i numerosi falsi documentali redatti dai servizi sociali in complicità con alcuni psicologi, artatamente trasmessi all’autorità giudiziaria.

Come funzionava il meccanismo

In pratica si realizzava la diagnosi di una mirata patologia post traumatica a carico dei minori, condizione questa necessaria a garantirne la presa in carico da parte di una Onlus di Torino. Il pagamento delle prestazioni psicoterapeutiche avveniva quindi in assenza di procedura d’appalto: gli affidatari venivano incaricati dai servizi sociali di accompagnare i bambini alle sedute private di psicoterapia e di pagare le relative fatture a proprio nome. Mensilmente le stesse persone che avevano i minori in affido ricevevano rimborsi sotto una simulata causale di pagamento, falsando così i bilanci dell’Unione dei Comuni coinvolti. I Servizi sociali dell’Unione dei Comuni e l’associazione erano quindi legati a doppio filo. E si scambiavano favori.

Da un lato la onlus era affidataria dell’intero servizio di psicoterapia voluto dall’ente e dei relativi convegni e corsi di formazione, organizzati in provincia. Dall’altra, alcuni dipendenti dello stesso ente ottenevano incarichi di docenza retribuiti nell’ambito di master e corsi di formazione tenuti sempre dalla onlus. Il sistema era talmente consolidato che ha portato all’apertura di un centro specialistico regionale per il trattamento del trauma infantile derivante da abusi sessuali e maltrattamenti (che di fatto è risultata una costola della onlus). In questa struttura, infine, veniva garantita l’assistenza legale ai minori attraverso la sistematica scelta, da parte dei servizi sociali, di un avvocato, anch’egli indagato per “concorso in abuso d’ufficio”, attraverso fraudolente gare d’appalto gestite dalla dirigente del servizio per favorirlo. Gli investigatori stanno ora vagliando le posizioni di decine e decine di minori seguiti negli anni passati proprio dai servizi sociali.



Affidi illeciti Emilia, ex candidata sindaca M5s si dimette: difende la dirigente del Servizio sociale indagata

Stefano Galeotti
1 Luglio 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... ta/5293955

La consigliera grillina e avvocata ha deciso di lasciare il suo posto in Comune. Sarà la legale di Federica Anghinolfi, accusata di essere una delle figure chiave del sistema di affidamento dei minori emerso nell'indagine Angeli e demoni

Una scelta di carattere personale, per evitare ulteriori malumori all’interno del Movimento reggiano, già reduce da un risultato per niente positivo alle recenti elezioni amministrative. Rossella Ognibene, candidata sindaco dei Cinquestelle lo scorso 26 maggio, si è dimessa dall’incarico di consigliera comunale, ottenuto insieme ad altri tre candidati pentastellati in virtù del 14% dei voti raccolto al primo turno. La decisione, presa in autonomia e senza rilasciare, al momento, nessuna dichiarazione ufficiale, è strettamente legata allo scandalo degli affidi in Emilia: la Ognibene è infatti l’avvocata di Federica Anghinolfi, dirigente del Servizio sociale integrato dell’Unione di Comuni della Val d’Enza che la procura di Reggio Emilia considera figura chiave del sistema illecito di affidamenti dei minori descritto nelle carte dell’inchiesta “Angeli e Demoni”. E se è vero che la posizione professionale della Ognibene non è in conflitto con il ruolo di consigliera, questa suo impegno sarebbe politicamente poco compatibile con la dura condanna espressa dai vertici nazionali e locali del Movimento, i primi a prendere una posizione molto netta sulla vicenda.

“Che voi siate maledetti. Carcere a vita e buttare la chiave”, aveva commentato a caldo la vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni, volto reggiano dei Cinquestelle, molto vicina al vicepremier Luigi Di Maio. La battaglia politica sul tema si è inasprita anche per il coinvolgimento nell’inchiesta del sindaco Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, ai domiciliari con l’accusa di abuso d’ufficio e “consapevole della totale illeicità del sistema”. E tra i 27 indagati, di cui 16 sottoposti a misure cautelari, c’è anche la Anghinolfi, ai domiciliari con le accuse di falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, violenza privata e lesioni personali gravissime. Per i pm, era lei che aveva affidato la psicoterapia all’interno di una delle strutture coinvolte alla onlus Hansel e Gretel, firmando le determine delle spese relative a prestazioni che arrivavano anche a 135 euro all’ora, nonostante la Ausl di Reggio Emilia potesse utilizzare i propri professionisti gratuitamente. Ed era sempre la Anghinolfi, secondo l’accusa, che in alcuni casi era arrivata a obbligare gli assistenti sociali a redigere e firmare falsi verbali sul contesto familiare e abitativo in cui vivevano i bambini, che poi decideva di affidare in modo arbitrario. La Ognibene, oltre a difendere la Anghinolfi, si trova anche molto vicina a Marco Scarpati, suo collega di studio, un avvocato molto stimato in città per il suo storico impegno a difesa dei minori vittime di abusi e il cui nome figura ora tra quello degli indagati nell’inchiesta che ha scosso l’Emilia.

Le dimissioni della Ognibene rischiano però di creare un’altro problema per i Cinquestelle reggiani: a subentrarle sarà infatti l’ex consigliere comunale Cristian Panarari, primo dei non eletti con le sue 138 preferenze ottenute il 26 maggio. Su di lui, ex wrestler, però pende una richiesta di espulsione mossa in prima persona dalla Spadoni per un post relativo alla Nazionale italiana di calcio femminile pubblicato su Facebook: “Forza Azzurre, regalate ‘notti magiche’ agli italiani”, aveva scritto sul social Panarari, allegando una foto allusiva di Laura Giuliani,la portiere delle Azzurre, durante un’azione di gioco. Il nome di Panarari aveva diviso il Movimento locale anche prima dell’uscita sessista: a ridosso del ballottaggio, per il quale la stessa Ognibene non aveva dato indicazioni di voto ai suoi elettori, l’ex consigliere aveva invece espresso la propria preferenza per il candidato sindaco del centrodestra Roberto Salati, poi comunque nettamente sconfitto dal primo cittadino uscente del Pd, Luca Vecchi. Una presa di posizione che era costata a Panarari la segnalazione da parti di alcuni attivisti pentastellati per la sua mancata imparzialità.



“Io accusato di omofobia per togliermi il figlio e darlo a una coppia gay”
Costanza Tosi - Lun, 01/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 5esawl6u2w


"Mi dissero che io ero omofobo. E che dovevo cominciare ad abituarmi alle relazioni di genere"

Da un lato bambini traumatizzati, plagiati dagli psicologi e strappati dall'affetto dei loro cari.

Dall'altro i loro genitori che non si danno pace. Tutte vittime di una rete di donne e uomini disposti a tutto, come si legge nelle carte dell'inchiesta "Angeli e demoni".

Ma non solo. Incontriamo un uomo - che ci chiede di restare anonimo e che chiameremo Michele - che inizia a parlarci. La sua odissea inizia nel 2017, quando gli vengono strappati i figli per darli in adozione a una coppia gay. Tutto inizia con una denuncia per maltrattamenti (adesso archiviata dal tribunale di Reggio Emilia) fatta dalla sua ex moglie. I servizi sociali della Val D'Enza cominciano a monitorare la famiglia, come ci racconta lo stesso uomo: "Venivano a controllare in continuazione. Mi contestavano che la casa non fosse idonea a far vivere i miei figli. Mi hanno detto che la camera dei bambini era troppo pulita, quasi che loro non avessero mai dormito in quella stanza. I giocattoli erano riposti nell'armadio e anche questo a loro non tornava. Cercavano sempre delle scuse, a volte banali".

Ispezioni assidue e incontri continui. Gli assistenti stilavano lunghe relazioni, spesso fantasiose, secondo Michele. Relazioni che però non corrispondevano alla realtà dei fatti in qunato falsificavano gli eventi. Tra le righe delle relazioni infatti ci sarebbero racconti di fatti che però non sarebbero mai avvenuti. Mese dopo mese, anzi, i servizi sociali aggiungevano ulteriori dettagli per creare la figura del "papà cattivo", un pretesto - per gli inquirenti - per togliere i bambini al genitore e affidarli alla madre che, dopo essere andata via di casa, viveva con la sua nuova compagna. Michele doveva quindi diventare l’orco cattivo, il padre violento sia con i figli che con la moglie.

“Un giorno - racconta Michele a ilGiornale.it - mentre mi stava per salutare, mio figlio ha iniziato a piangere perché non voleva andare con la madre. Io non riuscivo a capire, ma siamo riusciti a calmarlo e tutto si è sistemato. Poi è andato via con lei". Ma non solo. Poco dopo Michele scopre dei dettagli agghiaccianti, nelle relazioni dei servizi sociali: "Scopro che Beatrice Benati, che aveva redatto la relazione, nel raccontare i fatti scriveva: 'I bambini si riferivano al padre, insultandolo'. Lì ho capito che c’era qualcosa di strano. Perché avrebbero dovuto scrivere una cosa per un'altra? A che scopo? Ancora oggi me lo chiedo".

Il 15 giugno del 2018 Michele viene convocato dagli assistenti sociali. Incontra Federica Anghinolfi e Beatrice Benati (oggi agli arresti domiciliari) che gli comunicano che non potrà più vedere i suoi figli se non “in forma protetta una volta ogni 21 giorni.”

La motivazione? "Lei è omofobo!", gli spiega la Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali, e attivista Lgbt. "Io ero sconvolto, non volevo crederci - spiega Michele- Chiesi spiegazioni e mi dissero che io ero omofobo. E che dovevo cominciare ad abituarmi alle relazioni di genere". Adesso, dopo un anno, Michele pensa solo ai suoi figli, soprattutto al più piccolo. A causa delle pressioni psicologiche e dei traumi subiti durante il percorso di allontanamento dal padre ora il bambino soffre di problemi psichici. "Sta soffrendo molto, questa situazione lo sta distruggendo e io ho le mani legate. Ha degli atteggiamenti preoccupanti, me lo hanno detto anche le insegnati di scuola - sospira Michele, che fa fatica a parlare e ha la voce rotta dal dispiacere - Dice spesso che non sa che farsene della sua vita, che vuole morire". Sono questi i pensieri di un bambino allontanato dalla propria famiglia. Pensieri che nessuno dovrebbe mai fare. Soprattutto un bambino.


"Angeli e Demoni", si allarga l'inchiesta: indagati altri due sindaci dem
Costanza Tosi - Mar, 02/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... nZepth1xB4

Il Pd emiliano elogiava l'esperienza della Val d'Enza tanto da promuovere in quei luoghi "un incontro pubblico della commissione, per ascoltare il territorio e condividere azioni di sistema". Bignami: "Il Pd c'è dentro fino al collo"

Il Partito democratico finisce nell'occhio del ciclone nell’inchiesta sul business degli affidamenti dei minori.

Non solo Andrea Carletti nel registro della pm si aggiungono altri due uomini del Pd.

Paolo Colli e Paolo Burani, ex sindaci di due comuni nel reggiano, Montecchio e Cavriago. Anche loro adesso sono indagati per abuso d'ufficio. Proprio come lui, il primo cittadino di Bibbiano - Carletti, appunto - finito agli arresti domiciliari che, come scritto nell'ordinanza del tribunale di Reggio Emilia, era "pienamente consapevole della totale illiceità del sistema (…) disponeva lo stabile insediamento di tre terapeuti privati della Onlus Hansel e Gretel all'interno dei locali della struttura pubblica della Cura". Il tutto in "costante raccordo" - si legge sempre - con Federica Anghinolfi, la donna paladina delle coppie gay che dava in affido i bambini anche a donne omosessuali a lei legate.

A collegare i due nomi c'è anche una certa familiarità con il mondo della sinistra. Se il sindaco era politicamente legato al Pd, anche la responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza non sembra essere sconosciuta a quell'ambiente, vista la sua partecipazione - per esempio - alla festa dell'Unità di Bologna del 2016. "Il Pd c'è dentro fino al collo", dice senza esitazioni Galeazzo Bignami, di Forza Italia, parlando di quello che considera uno "scandalo in salsa rossa".

Eppure, dopo i 18 arresti disposti dal Gip, a sentire le dichiarazioni degli esponenti del Partito democratico sembra quasi che il sindaco sia una sorta di pecora nera nel sistema del welfare della Regione. "Ciò che sta emergendo dall'operazione dei carabinieri ha contorni che, se confermati, sarebbero di una gravità inaudita", ha detto l'assessore rosso alla Sanità dell'Emilia-Romagna, Sergio Venturi. "In quel caso è chiaro che la Regione si troverebbe ad essere parte lesa". Sulla stessa linea anche il segretario regionale del Pd Paolo Calvano e il capogruppo democratico in Regione Stefano Caliandro che, in una nota congiunta, hanno dichiarato: "Se quei fatti fossero confermati, la Regione sarebbe parte lesa e in quanto tale in sede giudiziaria va presa in considerazione anche la costituzione di parte civile". Il Partito democratico sembra quindi lavarsene le mani. Si dissocia dal sindaco e lo disconosce.

Spulciando tra i resoconti della Regione Emilia, però, spunta un incontro che fa discutere. Era il 2015 quando in commissione parità venivano ascoltati Federica Anghinolfi e il primo cittadino Carletti. "Ero consigliere regionale quattro anni fa, vennero e ci portarono quel sindaco e la responsabile del progetto come esempio in Regione di un sistema virtuoso di tutela dei bambini", racconta l'onorevole Bignami al Giornale.it. In tale occasione Federica Anghinolfi parlò proprio di "creare sul territorio un centro specialistico sul trattamento dei minori vittime di violenza insieme all'Asl di Reggio Emilia". La consigliera Yuri Torri, di Sel, invitava addirittura l'ente a "intervenire per mettere a sistema l’esperienza sviluppata in Val D'Enza in questo anno e a formalizzare dei protocolli". E fu proprio in quell' occasione che emerse anche che il numero di abusi su minori segnalati sul territorio era troppo alto.

Ma in Commissione, Luigi Fadiga, Garante per l’infanzia e l' adolescenza dell' Emilia Romagna, a tal proposito spiegò che "l' errore più grave sarebbe etichettare l'area, perché il fenomeno non è certo circoscritto, nel reggiano semmai c'è stato il coraggio di denunciare e intervenire". E non tardò l’appoggio dell’Anghinolfi che aggiunse: “È stata molto importante”, disse, “la volontà di proseguire l'ascolto delle giovani vittime anche dopo aver raccolto un numero apparentemente sufficiente di informazioni”.

Insomma, solo pochi anni fa, la sinistra emiliana elogiava i metodi della Val d'Enza tanto da promuovere in quei luoghi "un incontro pubblico della commissione per ascoltare il territorio e condividere azioni di sistema", come si legge negli atti. Oggi, invece, si dichiara "parte lesa" e fa finta di non sapere. "Federica Anghinolfi partecipava continuamente a incontri con la sinistra - fa notare però Bignami - E quello è l'esempio che il Pd ci portava". Un modello che si è rivelato un incubo. Un modello che non va certamente seguito ma condannato.

“Siete stati voi, il caro Partito democratico, a rendere potente questa gente sfuggendo al vostro controllo, nella migliore delle ipotesi…” aggiunge Bignami in un video sulla sua pagina Facebook. Un controllo a cui, i responsabili degli orrori compiuti ai danni dei bambini, sono sfuggiti proprio sotto i loro occhi. Sotto gli occhi disattenti degli uomini del Pd.

Come è possibile che nessuno nell’amministrazione locale del Partito democratico sia riuscito a scovare le falle di questo sistema? Sarebbe stato sufficiente non farsi sfuggire i numeri. Numeri, peraltro, riportati nei bilanci dell’Unione. Sarebbe bastato controllare quanti erano i bambini che, negli ultimi anni, erano stati dati in affido dai servizi sociali e, magarim verificare anche gli importi degli assegni erogati dai centri di assistenza per minori.

Come ha fatto Natascia Cersosimo, consigliere comunale del Movimento 5 stelle nell'Unione Comuni Val d'Enza. Fu lei a chiedere, a seguito di una proposta di aumentare di 200mila euro i fondi a favore delle strutture di accoglienza per minori, i documenti che giustificassero tale richiesta. Dai documenti era tutto chiaro. Chiaro e allarmante.

Dal 2015 al 2018 il numero degli affidi era aumentato in maniera sorprendente. Come scrive Paolo Pergolizzi su Reggiosera.it, “i bambini dati in affidamento erano zero nel 2015, 104 nel 2016, 110 nel 2017 e 92 nei primi sei mesi del 2018”. Quindi dal 2015 al 2016 cento bambini sono stati dati in affido e, negli anni a seguire, il numero era in costante crescita.

Ma c’è di più. Tutti i numeri erano in aumento. “Le prese in carico per violenza sono state 136 nel 2015, poi 183 nel 2016, fino alle 235 del 2017 e le 178 del primo semestre 2018. In sostanza, se si fosse arrivati fino a fine anno, si potrebbe dire che nel 2018 sarebbero state praticamente triplicate rispetto a tre anni prima”, scive sempre Reggiosera.it.

Di conseguenza a crescere erano anche i soldi pubblici destinati all’assistenza dei minori. Più affidi, più soldi. “Si passa dai 245.000 euro del 2015, ai 305.000 euro del 2016, fino ai 327.000 euro del 2017 e, infine, a una proiezione di spesa di 342.000 euro nel 2018. Stessa cosa per quanto riguarda le spese necessarie per gli incontri con gli psicologi: dai 6.000 euro del 2015 ai 31.000 del 2017, fino ai circa 27.000 del primo semestre 2018”.

Ma se le cifre destavano sospetto, gli amministratori locali della zona interessata si giustificavano e mettevano le mani avanti. Nel documento ufficiale sulla gestione dei servizi avevano scritto infatti: “I dati di grave maltrattamento ed abuso della Val d'Enza, superiori alla media regionale, non sono ascrivibili ad un fenomeno locale specifico, ma sono in linea con i dati mondiali dell'Oms e di importanti organizzazioni internazionali come Save the Children e Terre des Hommes. Tali dati dimostrano l'essenzialità di un lavoro di rete efficace e qualificato, in linea con le ottime - ma ampiamente disattese - linee guida regionali sul tema”.

Un confronto, che a dirla tutta, non regge proprio. O, per meglio dire, aggrava la situazione. Infatti, con questa dichiarazione, si sostiene che i dati sugli abusi fossero in linea con quelli forniti da Ong internazionali operanti in territori di guerra o in Paesi in via di sviluppo. Non proprio una condizione ideale per un comune italiano.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » gio apr 16, 2020 9:56 am

Luttwak ad Affari: L’Italia è in crisi perché è prigioniera di una casta
15 aprile 2020

https://www.affaritaliani.it/politica/l ... refresh_ce

Saremo il Paese più colpito d’Europa dalla recessione per il Coronavirus. Cosa dovremmo fare per uscirne, visto che nessuno ci aiuta?

"Secondo le statistiche tra i i 196 Paesi del mondo l’Italia è il numero 8 per ricchezza totale. L’Italia è uno dei Paesi più ricchi del mondo eppure deve andare in giro come un mendicante perché è occupato da una casta. Questa è la ragione del perché lo Stato italiano non può funzionare. E non può funzionare a causa del sistema legale che è il sistema nervoso dello Stato. Ogni volta che qualcuno ha cercato di riformare questo sistema legale italiano, per aver una magistratura europea, viene bloccato dai magistrati che aprono un qualche processo contro di te o un parente".

Lei dice che abbiamo uno Stato burocratico in cui non c’è giustizia e questa è la causa numero uno del suo cattivo funzionamento?

"In Italia non c’è giustizia. L’Italia è un Paese occupato da caste. E la principale casta è quella dei magistrati, uno dei corpi più lenti e improduttivi del mondo. Qualcuno non ti paga, tu lo porti a processo, lui perde, va in appello, riperde, va in appello di nuovo, poi va in Cassazione e il giudice della Cassazione non scrive la sentenza per un anno, per due anni, per tre anni. È successo. Se il poveretto che non è stato pagato ormai da 15 anni chiede al suo avvocato di fare una protesta, di fare qualcosa questo gli risponderà “per carità”. Poi il magistrato andrà in pensione e un altro giudice prenderà l’incarico e rivaluterà gli atti. Come può funzionare uno Stato così?"

E che si dovrebbe fare?

"Le faccio un esempio. Uno Stato così nel suo funzionamento, per esempio oggi con l’emergenza del virus, ha emesso un documento per i pagamenti più semplici possibili ed è di 10 pagine. L’equivalente in Canton Ticino sono 4 domande, occupa un terzo di una pagina, perché lì se dici una bugia in 6 mesi sei in carcere. Da un lato il sistema non da giustizia. Quando te la daranno forse sarai morto. Mentre dall’altro lato a causa della macchinosità di un sistema medioevale non si muove nulla. Non puoi sapere se il giudice, che si prende tutto quel tempo, non scrive la sentenza e lo fa per ignavia o perché è corrotto. Tu non puoi saperlo. Forse l’imprenditore che non ti paga ha passato una mancia al giudice ma tu non puoi saperlo. Non importa se è ignavia o corruzione il risultato è lo stesso e cioè che lo Stato italiano non può funzionare. Il risultato unico è ricorrere alla criminalità organizzata".

Ma i magistrati imputano al non avere mezzi, strutture, personale l’impossibilità di essere celeri e far funzionare al meglio i procedimenti!

"Hanno sé stessi perché i giudici della Cassazione italiana sono pagati molto meglio che la media dei giudici in Europa. Si lamentano? Non hanno i mezzi perché costano troppo, sono molto ben pagati. Troppo. I giudici della Cassazione guadagnano più dei giudici della Corte Suprema americana che sono solo 7. Loro sono più di un centinaio".

E per i fondi da trovare?

"Cassa depositi e prestiti, nella situazione di oggi, potrebbe funzionare come un fondo sovrano e potrebbe dire fate quella strada, aprite quel cantiere, costruire quel ponte, ma non può farlo perché subito interviene qualche magistrato. Poi in Italia è tutto così strano: prima arrestano le persone poi cercano le prove. Quante volte è successo!? Il caso limite in tutta Europa che è stato esaminato e studiato ovunque da tutti è il caso di Calogero Mannino. Viene accusato di mafia nel 1994, viene processato fino a quest’anno (è stato definitivamente assolto nel 2019, ndr). La Procura di Palermo perde i suoi processi e ogni volta fa appello e poi lo accusano della stessa cosa ma usando un altro nome. Prima era associazione esterna alla mafia poi è diventato negoziato Stato-mafia. Come può funzionare uno Stato così? Negli Stati Uniti una cosa del genere può anche accadere perché ci possono essere procuratori che fanno politica, ma addirittura in Italia c’è qualcuno di loro che si è buttato in politica. Negli Stati Uniti però faranno un processo contro questo magistrato e lo metteranno in galera. Va in prigione perché ha fatto dei processi contro un cittadino senza avere prove".

Sono sistemi diversi...

"Ma in Italia c’è addirittura la carcerazione preventiva. Da nessun parte accadono cose così come in Italia. Forse in Corea del Nord. Prima il magistrato ti accusa, poi ti arrestano, poi ti sbattono dentro, poi lui cerca le prove, ma dopo, tenendoti in carcere. Non può funzionare. Nell’Unione Europa ci sono Paesi molto più poveri dell’Italia, come ad esempio la Slovacchia, la Polonia, l’Ungheria. Conte è là seduto per terra che strilla “voglio gli eurobond!” ma chi dovrebbe pagare gli ungheresi? Gli slovacchi? L’Italia vuole solidarietà da un gruppo di Paesi che sono molto più poveri di lei".

Visto questo cortocircuito tra burocrazia, casta di Stato, giustizia, cosa devono fare gli italiani per uscirne?

"Gli italiani sono a casa. È una buon occasione per riflettere. E dire: siamo un Paese molto produttivo e ricco ma il nostro Stato non funziona perché il sistema legale che è il sistema nervoso di un Paese non funziona. È gestito da una classe di persone che non sono europee. La magistratura italiana non è una magistratura europea. Non so da dove viene, forse è una magistratura da Stato arabo e non importa se le cose non funzionano se per ignavia o per corruzione. Il risultato è lo stesso. Quelli che hanno accusato Calogero Mannino era i nemici politici e il sistema li ha lasciati fare. Certo i procuratori sono controllati da un corpo professionale ma in Italia questo corpo professionale, che è il Consiglio Superiore della magistratura, è lottizzato da differenti fazione. Gli italiani devono riflettere. Siamo mendicanti perché lo Stato non funziona. Lo Stato non funziona perché non abbiamo una magistratura europea. Dobbiamo finalmente avere una magistratura europea. Un giudice che non scrive una sentenza in un mese o in una settimana deve essere licenziato".

Non mi sembra che i media televisivi abbiano aperto una discussione su questi temi. Non la pensano così…

"L’opinione pubblica quando vede che il paziente sta morendo perché ha la cancrena deve vedere dove è cominciata questa cancrena. I media devono esaminare due cose per capirlo, non mille, non un milione di cose: il processo di Calogero Mannino (chi lo ha fatto e come, in tutto il mondo cose così non si sono mai viste, è un anomalia gigantesca); e il modulo emesso ieri dal governo per chiedere i fondi e compararlo a quello del Canton Ticino. Solo queste due".

Come liberarsi da questa situazione di Stato disfunzionale e pericoloso per i cittadini?

"Quando una persona sta morendo di cancrena guarda dove è iniziata. Comincia tutto dal non avere una giustizia di tipo europea, dal non avere una magistratura europea. Faccio un altro esempio: il sistema legale francese che è quasi simile a quello italiano ha però una differenza: nessun procuratore può muoversi se non autorizzato da un giudice di istruzione che chiede ai magistrati che accusano: 'tu le prove le hai? Per far durare il processo velocemente, tre giorni!? Ed avere così una risoluzione chiara? No!? Allora non disturbare il cittadino!'. Se tu fai una truffa contro lo Stato ti prendono subito, perché non hai un sistema intasato da tutte questa massa di accuse opinabili, lungaggini, cose barocche e fatte per altri motivi. Ti fanno un processo e ti mandano in prigione rapidamente. Quanti italiani sono in prigione per non aver pagato le tasse?"

Pochissimi... credo qualche centinaio, 200 forse...

"Esatto! In America sono 50.000".

Capisco...

"Perché ti beccano. Racconto l’aneddoto di una signora di New York, proprietaria di grandi alberghi. Ha pagato 800 milioni di tasse ma in quell’anno, qualche anno fa, si è fatta comprare un sofà di poche migliaia di dollari, 3400 dollari, e l’ha portato a casa sua e non in uno dei suoi alberghi come dichiarato. Quando è stata beccata dalle tasse ha preso 3 anni di prigione, di solito sono 5. Aveva 76 anni ed è andata in prigione. Il processo è durato circa un’ora".

Noi saremmo felici anche se durasse una settimana...

"Se fosse accaduto in Italia avrebbero aperto un dossier per investigare cosa ha fatto negli ultimi 60 anni. Forse l’ha fatto altre volte? Sa, ci sono molti modi, per la magistratura araba o turca che l’Italia ha, per non fare il proprio lavoro. Ricordo quando Andreotti era accusato di associazione esterna mafiosa. Invece di fare vedere due fotografie, lui che abbraccia il suo grande amico Salvo Lima e Lima che abbraccia qualche mafioso, si è deciso di accusarlo di tutto, compreso l’omicidio di un giornalista (il riferimento è all’omicidio Pecorelli, ndr). In Italia la signora dell’albergo non avrebbe fatto un giorno di galera. Le avrebbero aperto un’indagine per 27 anni".

La maggioranza dei media descrive i problemi italiani in tutt’altro modo. Come è possibile?

"Allora devono spiegare questo mistero in un’altra maniera. Il mistero di avere uno Stato così ricco ma che fa il mendicante".

Lei dice che se non cresce questa consapevolezza non ne usciamo?

"No, il paziente non esce. È un malato cronico che resta in sedie a rotelle. È l’Italia. Ma adesso ha un’occasione per riflettere".
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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mer mag 20, 2020 11:29 am

Arrestato il Procuratore di Taranto Capristo: pressioni per indirizzare indagini
di GIULIANO FOSCHINI
19 maggio 2020

https://bari.repubblica.it/cronaca/2020 ... 257060253/

Il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo è agli arresti domiciliari su ordine della procura di Potenza. L’inchiesta nasce da un fascicolo della procura di Trani, aperto quando Capristo già si era trasferito a Taranto. E sulla quale, secondo la ricostruzione, avrebbe comunque provato a fare pressioni per indirizzarne l’esito.

Il Procuratore cercò di indurre il pm di Trani, Silvia Curione, a perseguire ingiustamente una persona per usura facendo temere al magistrato ritorsioni sul marito, il pm Lanfranco Marazia, suo sostituto alla Procura di Taranto. Anche ex procuratore di Trani, Antonino Di Maio, è indagato per abuso d'ufficio e favoreggiamento.

Oltre a Capristo, sono agli arresti domiciliari l'ispettore Michele Scivittaro, in servizio presso la Procura di Taranto, e gli imprenditori pugliesi Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo. Secondo l'accusa, gli indagati avrebbe compiuto "atti idonei in modo non equivoco" a indurre la pm di Trani a perseguire penalmente una persona che gli imprenditori, considerati i mandanti, avevano denunciato per usura.

Il magistrato, però, non solo si oppose fermamente, ma denunciò tutto. Per la denuncia - ha stabilito l'inchiesta - non vi erano presupposti né di fatto né di diritto. Capristo e Scivittaro, inoltre, sono "gravemente indiziati di truffa ai danni dello Stato e falso".

L'ispettore risultava presente in ufficio e percepiva gli straordinari, ma in realtà stava a casa e svolgeva "incombenze" per conto del procuratore. Stamani sono state eseguite perquisizioni a carico di altre persone e anche di un altro magistrato, che è indagato per abuso d'ufficio e favoreggiamento personale.
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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mer mar 31, 2021 8:51 am

Palermo, la maxi parcella degli ex amministratori Italgas: 120 milioni di euro
A nominarli fu il collegio presieduto da Silvana Saguto e composto da Lorenzo Chiaramonte e Fabio Licata poi finiti sotto inchiesta per il cosiddetto "Sistema Saguto"
02 luglio 2020

https://palermo.repubblica.it/cronaca/2 ... 260763685/

Un po' meno di Cristiano Ronaldo, 'Mbappe', Messi e Neymar assieme. Un po' di piu' dei 100 milioni promessi dal governo siciliano alle famiglie a titolo di aiuti per il Coronavirus. Centoventi milioni di euro è la richiesta che i quattro ex amministratori giudiziari della società Italgas hanno presentato alla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, per un solo anno di gestione, compreso tra il 2014 e 2015. A nominarli fu il collegio presieduto da Silvana Saguto e composto da Lorenzo Chiaramonte e Fabio Licata, tutti e tre oggi nei guai con la giustizia a Caltanissetta.

La decisione sulla liquidazione spetta ora al nuovo collegio delle misure di prevenzione, presieduto da Raffaele Malizia. I giudici potranno scendere rispetto alle richieste, anche in maniera considerevole. Ma sempre da 120 milioni si parte.I quattro uomini d'oro sono l'avvocato palermitano Andrea Aiello, il commercialista milanese Luigi Saporito, l'ingegnere agrigentino Sergio Caramazza e il professore della scuola Sant'Anna di Pisa Marco Frey: chiedono un compenso parametrato sullo 0,5% dei ricavi e sul 5% degli utili della azienda con sede a Torino, ma con 7 distretti distribuiti in tutta Italia, 6 milioni di utenti , 3300 dipendenti, fatturato annuo 1,3 miliardi.

La nomina fu fatta dalla sezione misure di prevenzione nel luglio 2014 e il compito degli amministratori si esaurì un anno dopo, a luglio 2015. Nel settembre dello stesso anno scoppiò il caso al tribunale di Palermo. Silvana Saguto fu poi radiata dal CSM, quando il processo a Caltanissetta era appena iniziato. Con lei e i suoi prossimi congiunti (il padre, il marito e uno dei figli) e con amministratori giudiziari e coadiutori è a giudizio il giudice a latere Lorenzo Chiaramonte. L'altro giudice, Fabio Licata, è stato condannato di recente in abbreviato, anche in appello, a 2 anni e 4 mesi per falso. Falso che si riferiva in un caso proprio a una sigla che Licata avrebbe messo al posto della Saguto, in quel momento in ferie e assente dall'ufficio, sul decreto che sottoponeva ad amministrazione giudiziaria l'Italgas.

L'azienda venne sottoposta a questa procedura a causa delle infiltrazioni mafiose provocate dagli appalti assegnati agli imprenditori di Belmonte Mezzagno (Palermo) Cavallotti, sottoposti a una misura di prevenzione per mafia in quanto ritenuti vicini a capi di Cosa nostra come Benedetto Spera e Bernardo Provenzano. I Cavallotti, che pure erano stati assolti nel processo penale, avevano lavori con Italgas in varie zone d'Italia e, per risolvere alla radice il problema, la Saguto e i suoi colleghi ritennero di dovere sottoporre l'intera azienda prima alla amministrazione da parte dei quattro saggi da loro nominati e poi al controllo giudiziario per tre anni.

Questa seconda misura venne però revocata dopo un anno, nel luglio 2016, dalla Corte d'Appello, che ne ritenne insussistenti i presupposti. Nel frattempo era però scoppiato lo scandalo delle misure di prevenzione, era venuto il fuori il cosiddetto sistema Saguto sugli incarichi riguardanti i beni sequestrati e confiscati, che venivano assegnati molto spesso agli stessi amministratori in cambio -secondo l'accusa, rappresentata dalla Procura di Caltanissetta - di ritorni in termini di vantaggi economici o lavorativi per parenti del magistrato.I 120 milioni adesso chiesti come compenso dagli amministratori sono stati calcolati in maniera meccanica sulla base dei parametri imposti dal DPR 177 del 2015, una misura adottata proprio per rimediare ai guasti provocati dalla sezione misure di prevenzione della Saguto: prima della riforma, infatti, i giudici erano sostanzialmente liberi di riconoscere agli amministratori i compensi che ritenevano, sulla base di valori presuntivi delle aziende o delle attività sottoposte a sequestro o confisca.

Per una mega azienda come la Italgas, anche i parametri limitativi previsti oggi dalla legge portano comunque a cifre enormi. Il calcolo è stato fatto secondo le tariffe massime, spiegano gli amministratori, e i giudici potrebbero anche stabilire di liquidare i minimi. Ma anche se si scendesse della metà o a un quarto o alla metà di un quarto si parlerebbe sempre di cifre enormi, per un solo anno di gestione.
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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mer mar 31, 2021 8:53 am

Carabinieri terroni a Piacenza: due napoletani, due siciliani e due pugliesi


Carabinieri Piacenza, le lacrime dopo l'arresto: "Non immaginavamo di arrivare a questo punto"
Gli inquirenti si aspettano che almeno alcuni dei carabinieri arrestati possano collaborare con le indagini. Agli atti migliaia di pagine tra intercettazioni telefoniche, fotografie e captazioni ambientali
GIULIANO FOSCHINI
24 luglio 2020

https://www.repubblica.it/cronaca/2020/ ... 262767040/

PIACENZA – “Vieni con noi”. “Dove?”. “In galera”. “Ma come in galera?”. Hanno pianto i carabinieri della Levante quando all’alba di mercoledì i finanzieri di Piacenza li hanno buttati giù dal letto, con in mano l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Luca Milani, per portarli in prigione a Cremona. Hanno pianto perché “non immaginavamo di arrivare a questo punto”, noi “non abbiamo mai intascato un euro”. Hanno pianto, probabilmente, perché per la prima volta era chiaro come un’altra storia, tremenda, fosse appena cominciata nella loro vita.


Per questo oggi gli inquirenti si aspettano che almeno alcuni dei carabinieri arrestati – Angelo Esposito, Salvatore Cappellano, Daniele Spagnolo, Giacomo Falanga – possano negli interrogatori di garanzia decidere di collaborare con le indagini. E raccontare tutto quello che sanno sulla caserma Levante. “Non hanno molte alternative”, fa notare un investigatore. L’inchiesta è solidissima, agli atti ci sono migliaia di pagine tra intercettazioni telefoniche, fotografie e captazioni ambientali. La collaborazione è poi l’unica strada tracciata dal comando generale che ha fatto partire anche un’inchiesta interna, parallela a quella della procura di Piacenza e dei magistrati militari.

Tra gli arrestati l’unico che ha continuato ad avere un atteggiamento sereno è stato Giuseppe Montella, l’appuntato attorno al quale gira tutta la storia della Levante. Il suo avvocato, Emanuele Solari, lo ha incontrato. Ma aspetta domani, quando si terrà l’interrogatorio di garanzia, per decidere che passi muovere. Importante sarà capire anche se gli altri arrestati – i tre fratelli Giardino, soprattutto, in affari con Montella per lo spaccio della droga – abbiano voglia di fornire elementi utili alle indagini. Obiettivo del procuratore Grazia Pradella è anche capire se ci sono stati altri episodi, come quelli ricostruiti dalle indagini, in cui i carabinieri abbiano commesso abusi di potere e arrestato ingiustamente uomini e donne. “Dobbiamo sapere se ci sono degli innocenti in carcere”. Gli interrogatori delle prossime 24 ore aiuteranno a scrivere, forse, altri pezzi di questa storia.


Carabinieri Piacenza, chi è l'appuntato Peppe Montella: dalle auto di lusso alle frasi razziste
24 luglio 2020

https://www.ilmessaggero.it/italia/cara ... 65425.html
Si chiama Giuseppe Montella uno dei carabinieri arrestati a Piacenza, nell'ambito dell'inchiesta Odysseus, accusato di essere a capo della «piramide» di spaccio della caserma Levante. Nato a Pomigliano d'Arco, in provincia di Napoli, il 37enne è stato spedito in cella, accusato di pestaggi, estorsioni, spaccio e tortura, con oltre 50 capi d'imputazione. Dalle intercettazioni emerge il profilo di una persona che «vive al di sopra della legge», come riferisce il gip di Piacenza, Luca Milani. Nel suo garage, dal 2005 al 2020, ha messo insieme 11 auto e 16 moto, tra cui una Porsche Cayenne, quattro Bmw e due Mercedes. Un tenore di vita «decisamente sproporzionato» a fronte dei suoi 31.500 euro lordi di stipendio annuo.

Giuseppe Montella, detto Peppe, «non mostra paura di nulla ed è dotato di un carattere particolarmente incline a prendere parte ad azioni pericolose e violente». Dalle foto su Facebook, a bordo piscina della sua villa, sembra un padre affettuoso, sempre sorridente, amante della famiglia. E infatti alla famiglia raccontava le sue gesta - lui che definiva il suo gruppo «una associazione a delinquere» e diceva di essere a capo della «piramide» - senza tralasciare i particolari più cruenti. Accennando alla moglie di una operazione di servizio appena conclusa, dopo aver sottolineato di essersi stirato un muscolo correndo dietro a uno spacciatore le dice senza problemi: «Amore, però lo abbiamo massacrato». L'essersi fatto male, «perché ho corso dietro a un negro», diventa anche un racconto per il figlio undicenne, che incuriosito lo incalza: «L'hai preso poi?, Gliele avete date? Chi eravate? Chi l'ha picchiato?». «Eh, un po' tutti», è la risposta dell'appuntato che, come per vantarsi, precisa che anche i suoi colleghi avevano picchiato lo straniero.


E ancora, sempre parlando con la moglie, raccontando le fasi dell'arresto di un maghrebino, si vanta così: «Questo c'ha fatto penare... Mamma quante mazzate ha pigliato... Abbiamo aspettato là dieci minuti, siamo riusciti a bloccarlo, non parlava, e ha preso subito due-tre schiaffi. Ne ha prese amore... in Caserma, amore! Colava il sangue, sfasciato da tutte le parti. Un ragazzino del '96. Non ha detto "a"». Il suo scopo era eseguire arresti ad ogni costo, così gli ufficiali di grado superiore erano disposti a chiudere un occhio sulle intemperanze e sulle irregolarità che commetteva insieme agli altri militari.

È sempre lui a coltivare i rapporti con gli spacciatori, a spostare "fumo" e marijuana organizzando servizi di scorta lungo la strada. Voleva sempre di più e infatti il suo vero obiettivo, scrive ancora il Gip, era quello di riuscire a trafficare cocaina. «A me quello che mi interessa - dice parlando con un altro degli arrestati - è la coca. Se riusciamo... dopo che abbiamo preso due volte, tre volte, quattro volte... se riusciamo ad abbassà un po' il prezzo... sarebbe top».


Blitz antidroga a Piacenza, arrestati sei agenti della Questura
Gianmarco Aimi
15 aprile 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/0 ... ra/562735/

Nell'indagine, coordinata dalla Procura, i Carabinieri hanno sgominato un radicato traffico di cocaina e prostituzione, fermando due 'colleghi' della narcotici, uno della Digos e uno dell'Immigrazione

Colpo durissimo per la polizia di Stato. Sono sei gli agenti della Questura di Piacenza – quattro in servizio da anni alla sezione narcotici della Squadra mobile, uno alla Digos e uno all’Immigrazione – che sono stati arrestati dai carabinieri del Comando provinciale di Piacenza nell’ambito di una maxioperazione antidroga. Oltre a loro sono finite in manette altre sette persone: un pensionato piacentino, un agente della polizia penitenziaria e stranieri di nazionalità sudamericana. Mentre altri cinque agenti sono indagati a piede libero.

Alle prime luci dell’alba si sono svolti gli arresti e le relative perquisizioni nelle abitazioni e nei loro uffici all’interno della Questura. Sono stati tutti arrestati su ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dalla Procura della Repubblica di Piacenza, che ha supportato le indagini dell’Arma, e firmata dal Gip. L’indagine riguarda un radicato traffico di droga, prevalentemente cocaina, ma anche l’ambito dello sfruttamento della prostituzione.

Nell’indagine, coordinata dai sostituti procuratori Michela Versini e Antonio Colonna, sono finiti in manette un ispettore superiore e tre assistenti capo in servizio nella Squadra mobile della polizia, un assistente capo della Digos, un ispettore dell’ufficio Immigrazione della Questura e un ispettore della polizia penitenziaria del Nucleo investigativo centrale del dipartimento dell’amministrazione giudiziaria.

Numerosissimi i reati contestati, che riguardano: episodi di acquisto di cocaina destinata al commercio, per quantitativi variabili da 70 grammi a 1 chilogrammo. Falsificazione di atti d’ufficio da parte di pubblici ufficiali al fine di garantire l’impunità a coindagati per determinare l’archiviazione di procedimenti penali (laddove invece erano emersi elementi di responsabilità a carico di congiunti di un coindagato).

Attività di contraffazione di documenti e conseguente illecito rilascio, mediante induzione di errore del funzionario preposto, di permessi di soggiorno, anche al fine di favorire la permanenza sul territorio di persone dedite all’esercizio della prostituzione, la cui attività perciò veniva favorita in violazione della legge 75/1958 (legge Merlin).

Attività di procacciamento, da parte di pubblici ufficiali indagati, di alloggi destinati all’esercizio dell’attività di prostituzione e di intervento in caso di controlli di polizia per impedire l’identificazione e la conseguente espulsione, impedendo con l’esecuzione di relativi ordini emessi dal questore. Inoltre compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio in cambio di utilità economica e di sollecitazione al privato di dazione di denaro in cambio del compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio.

In sostanza, i poliziotti in collaborazione con una banda di spacciatori, organizzavano l’acquisto di cocaina e la successiva commercializzazione. Solo in seguito, per coprire il sistema messo in piedi, “sacrificavano” un corriere di secondo piano arrestandolo. In questo modo, ha spiegato il procuratore durante la conferenza stampa, “cercavano di coprire l’intera attività illecita”. Uno degli episodi, il più grave, risale al 2010: dal punto di vista quantitativo erano avvenuta la compravendita e lo smercio di due chilogrammi di cocaina.

L’indagine è iniziata nell’ottobre 2012, ed è stata interamente basata su attività investigativa del Nucleo dei carabinieri di Piacenza. Non è stata contestata l’associazione a delinquere, ma il concorso, in particolare per i capi di imputazione per reati contro il traffico di stupefacenti. Sono 12 le persone in carcere – sei agenti – uno straniero che non si è reso reperibile. Oltre a loro sono indagati a piede libero altri 5 agenti della Questura. Gli arrestati sono stati condotti nel carcere di Opera (Milano), che dispone della sezione militare.

“Si tratta di una articolazione di condotte – ha chiarito il procuratore capo Salvatore Cappelleri -. Si organizzavano rifornimenti di stupefacenti, con terminale una persone conosciuta nel giro della droga (lo straniero irreperibile). Dopo una serie di acquisti andati a buon fine, si procedeva l’arresto di un corriere”.

In pratica erano operazioni preordinate, di copertura, che prevedevano più episodi di acquisto vero e proprio, con relativo smercio di stupefacente. I poliziotti non acquistavano in proprio, era il gruppo di sudamericani che operava sotto l’egida degli uomini di Stato. “E’ un commercio, quindi qualcosa ci guadagnavano” ha sottolineato più volte il procuratore capo Cappelleri, unico a rilasciare commenti alla stampa.

Come detto, parallelamente allo spaccio di stupefacenti, rientrava anche l’attività di favoreggiamento della prostituzione. Utilizzando il loro status di poliziotti, fabbricavano false informative, così da consentire l’archiviazione dei procedimenti a carico dei loro sodali finiti nei guai. I protagonisti del giro di prostituzione sono numerosi transessuali e donne, ai quali venivano consegnati falsi permessi di soggiorno, per evitare la loro espulsione dall’Italia.

Il procuratore Cappelleri, visibilmente scosso per gli accertamenti, ha rilasciato un laconico commento: “Ci rendiamo conto della gravità della situazione. Posso dire che la polizia ha collaborato agli arresti e alle perquisizioni. Comunque per le istituzioni non è un momento di vanto”. E ha concluso: “Contiamo di chiudere nel breve le indagini e dare la possibilità di valutazione complessiva al giudice”. Il Questore di Piacenza Calogero Germanà, in mattinata in procura per collaborare all’inchiesta, si è invece detto “fiducioso nell’operato della magistratura”.




Carabinieri arrestati a Piacenza, il maresciallo Orlando in silenzio davanti al giudice. Ai giornalisti: "In 30 anni mai una sanzione"
Nei prossimi giorni sono previsti dei sopralluoghi degli uomini del Ris, per individuare eventuali tracce delle violenze. L'appuntato Montella al giudice ha detto che il comandante era a conoscenza delle modalità degli arresti

27 luglio 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/0 ... o/5881539/

A cinque giorni dagli arresti di Piacenza gli inquirenti continuano a indagare, mentre il comandante della stazione, Marco Orlando, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip. “È un momento investigativo importante, non posso rilasciare dichiarazioni” si è limitata a dire lasciando la struttura, insieme al sostituto procuratore Antonio Colonna, Grazia Pradella titolare delle indagini dell’operazione Odysseus, che ha svelato come un gruppo di carabinieri infrangessero le legge con “reati impressionanti”: dagli arresti illegali, allo spaccio di droga, dalla tortura ai falsi. La stazione è sequestrata per ordine del giudice per le indagini preliminari, Luca Milani, su richiesta della procura e nei giorni scorsi la Guardia di finanza ha cominciato ad analizzate ordini di servizio, verbali e documenti relativi agli arresti effettuati dai militari per individuare eventuali ulteriori episodi illeciti oltre a quelli già indicati nell’ordinanza nonché per ricostruire le eventuali responsabilità nella catena di comando.

Nei prossimi giorni, inoltre, sono previsti dei sopralluoghi degli uomini del Ris, per individuare eventuali tracce delle violenze che sarebbero state compiute all’interno della caserma. La caserma resterà sotto sequestro almeno per altri dieci giorni: l’avvocato di uno degli indagati, l’appuntato scelto Angelo Esposito, ha infatti fatto richiesta di incidente probatorio. “Avevamo previsto per oggi l’acquisizione documentale e per domani il sopralluogo dei Ris, per noi la caserma poteva essere dissequestrata già mercoledì – ha spiegato il procuratore Grazia Pradella – l’avvocato ha però fatto riserva di incidente probatorio e questo allunga i tempi”. Secondo il legale, Pierpaolo Rivello, la procura aveva chiesto di poter procedere con un accertamento tecnico urgente per poter accertare la presenza di tracce e dna che poi potessero essere comparate con quelle degli indagati. “Ma i fatti contestati – ha sottolineato l’avvocato – risalgono a diversi mesi fa e dunque non c’è l’urgenza necessaria per procedere con l’accertamento tecnico urgente. L’incidente probatorio consentirà a tutti di essere più garantiti e di formulare con più ampiezza i quesiti peritali”. Ormai, ha aggiunto, “nei processi la prova scientifica è fondamentale e dunque è nell’interesse di tutti fare le cose al meglio”.

“In 30 anni no ho mai avuto una sanzione disciplinare, come pensate si possa stare?” ha detto il maresciallo Marco Orlando, comandante della stazione Levante di Piacenza, rispondendo ai giornalisti all’uscita del Tribunale. Il maresciallo, ha spiegato il suo avvocato Antonio Nicoli, si è avvalso della facoltà di non rispondere: “In questa fase abbiamo preferito non rispondere, valuteremo se essere sentiti più avanti”. Orlando, occhiali da sole e una valigetta in mano, è apparso provato. “Non mi sento di dire nulla, potete immaginare umanamente come ci senta – ha detto – Dopo 30 anni di onorata carriera secondo voi come si può stare? Non ho mai avuto una sanzione disciplinare in 30 anni, le mie note caratteristiche sono eccellenti quindi sapete come posso stare”. Il sottufficiale, che è ai domiciliari, è accusato di falso, arresto e perquisizione illegale, abuso d’ufficio, tutti reati commessi in concorso con gli altri carabinieri. Ma Orlando dovrà anche difendersi da quanto affermato da Montella e dagli altri carabinieri durante gli interrogati di garanzia: secondo la loro versione era a conoscenza delle modalità con cui avvenivano gli arresti ed era sempre informato di quello che avveniva nella caserma. Dopo il comandante della stazione sarà sentita la compagna di Montella, Maria Luisa Cattaneo, anche lei agli arresti domiciliari.

Proprio contro Orlando ha puntato il dito una trans che stando al suo racconto veniva minacciata: “Se non collaborati ti fotto”, “Se non collabori ti rispedisco in Brasile”. “Se non collabori in un modo o nell’altro ti frego”,”Se non collabori ti faccio cacciare dall’Italia, tanto non hai neanche il passaporto” le frasi riportate dalla cittadina brasiliana. Dichiarazioni che oggi il carabiniere potrà confutare. Il maresciallo “diceva che dovevamo dargli lavoro, dovevamo collaborare con lui se volevamo vivere sereni a Piacenza” racconta Francesca. Ma non era solo, Orlando. La trans prende il telefonino e mostra la foto in cui ci sono Montella e Falanga con i due spacciatori e le mazzette con i soldi. Li indica come “gli altri due”. Poi prosegue la sua storia. “Quando venivano a casa di Nikita facevamo i festini. Orlando pagava le prestazioni sessuali con la cocaina. Un altro carabiniere piccolino è venuto a casa mia con il mio fascicolo in mano e mi ha chiesto sesso gratis”. I festini c’erano anche nella caserma Levante, almeno quattro secondo Francesca. I carabinieri chiamavano Nikita e lei chiamava le altre transessuali. “Lo sai dove dobbiamo andare”. Una volta nella stazione la scena era sempre la stessa: “c’era droga a go go, eravamo obbligate a fare sesso con il maresciallo e gli altri”. Una notte l’avrebbero anche picchiata. Erano in due. “Una sera – dice – mi hanno beccato in strada, volevano rompermi le scatole. Mi hanno portato ore in giro per i campi a cercare gli spacciatori e poi siamo finiti in caserma”. E che è successo? “Mi hanno chiusa dentro – risponde Francesca – io ad un certo punto ho risposto in maniera aggressiva perché non avevo fatto nulla e mi tenevano là. Allora uno di loro mi ha dato una spinta e mi ha fatto cadere per terra“. Botte che anche altre hanno dovuto subire. “C’è un’altra trans, una mia amica che ora è a Roma, si chiama Flavia, anche lei è stata picchiata dai carabinieri. Molte trans sono state minacciate se non facevano quel che dicevano loro”.

Ma non solo: Giuseppe Montella, l’appuntato considerato figura di spicco del gruppo, nel suo interogatorio ha anche confermato al gip che non ha mai tenuto all’oscuro il suo comandante degli arresti. Orlando, stando a Montella, conosceva dunque le modalità con le quali agiva la ‘squadra’? Sapeva di quegli “atteggiamenti anomali“, come li ha definiti davanti al gip uno dei carabinieri arrestati, del suo appuntato e li ha appoggiati?







???

Tutti questi figli del Sud che scelgonola divisa
Antonio Polito
Mezzogiorno, 29 luglio 2019

https://corrieredelmezzogiorno.corriere ... c9ec.shtml

Forse non sapremo mai quale forza oscura abbia condotto il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega al suo tragico appuntamento con la morte; se un fato balordo, se una ferocia senza limiti, se una trama da quattro soldi, anzi da cento euro e un grammo di cocaina. Quello che sappiamo è che un altro giovane del Sud è caduto mentre svolgeva il suo servizio nell’Arma. Mario è infatti solo l’ultimo di una lunga serie di vittime del dovere che conosciamo bene, perché sono nati dalle nostre parti, in famiglie come le nostre. Solo negli ultimi mesi era accaduto anche a Mario Palleschi, un napoletano di 55 anni, appuntato scelto dei Carabinieri di Terni, ferito il 20 luglio da due proiettili esplosi da un 33enne sudamericano.

E a Vincenzo Carlo di Gennaro, originario di San Severo in provincia di Foggia, vicecomandante della stazione dei Carabinieri di Cagnano Varano nel Gargano, ucciso a 46 anni da un balordo mentre stava effettuando un normale controllo di routine.

Il giorno dopo, raccontati dai giornali, questi figli del Mezzogiorno sembrano avere tutti la stessa biografia. Una vita di responsabilità e di lavoro cominciata presto, dedizione e impegno nel servizio, doti di umanità e di amore per gli altri, che hanno lasciato dietro di loro una scia di affetti familiari e di stima e rispetto della comunità.

Del resto, è un fatto statistico. I meridionali sono in maggioranza tra i carabinieri, ed è dunque inevitabile che a loro tocchi anche il peso maggiore del sacrificio. Anzi, la preponderanza dei ragazzi del Sud nell’accesso all’Arma è ormai un fenomeno all’attenzione dei vertici dei Carabinieri. Nell’ultimo concorso per diventare Vfp1, Volontario in forma prefissata per un anno, primo atto di un percorso non facile per la ferma permanente, il 66,7% delle domande proveniva dal Sud e dalle isole. Il fenomeno, dovuto anche a uno scarso interesse per la vita militare tra i giovani del Nord (nell’esercito meno del 10% sono settentrionali) è preoccupante perché rischia di squilibrare la composizione di un corpo così cruciale per l’unità nazionale, fin dai tempi del Regno d’Italia.

Quando ci si interroga sul perché i giovani meridionali siano più propensi a scegliere la vita nell’Arma rispetto ai loro coetanei di altre parti d’Italia, in genere ci si risponde, pigramente, che questo deriva dalle condizioni sociali delle nostre terre, dove è più difficile trovare lavoro: partono volontari per non restare disoccupati. I ragazzi per bene, che hanno bisogno di portare presto un reddito in famiglia e che non hanno intenzione di vivere di espedienti o peggio, troverebbero dunque nell’Arma, ma anche in altre forze di polizia, lo sbocco ideale e rapido per le loro ambizioni. Non dubito che tutto questo abbia un peso. Anche nella biografia di Mario Cerciello Rega c’era un padre morto quando lui era ancora giovane, la necessità di diventare presto il capofamiglia, la scelta dell’arruolamento prima ancora del matrimonio.

Ma sappiamo tutti che la fame di lavoro non può bastare a spiegare una carriera così impegnativa, e anche rischiosa, come quella di Carabiniere. Ci sono decine di migliaia di disoccupati meridionali che infatti non la contemplano nemmeno. Dietro questa vera e propria scelta di vita, che fai solo se te la senti, c’è di più: c’è il fascino di un lavoro al servizio degli altri, l’attrazione per la divisa, l’interesse per il lavoro in una grande organizzazione, una delle eccellenze italiane, un corpo che in tutto il mondo è diventato un simbolo di efficienza militare e insieme di umanità e solidarietà.

Voglio dire che non può essere solo il bisogno di lavoro a spingere tanti meridionali verso l’Arma. Si vede che al Mezzogiorno si è verificato un paradosso storico: e cioè è qui che più che altrove è rimasto vivo un senso della patria, delle istituzioni, un attaccamento alla divisa, ai pochi simboli rimasti di un’unità nazionale continuamente e superficialmente messa in discussione sul piano politico e sociale. A dispetto dei neo-borbonici, nel Meridione ci sono tanti giovani che ambiscono a vestire la divisa di un corpo militare che una pessima storiografia ha tentato in questi anni di rappresentare come il braccio armato della conquista coloniale del Sud a opera del Piemonte savoiardo (dimenticando, tra le altre cose, che i meridionali votarono massicciamente per i Savoia nel referendum sulla Repubblica).

Saranno stati meridionali anche molti degli agenti di polizia, che a Roma come a Napoli hanno ieri suonato a distesa le sirene delle loro volanti in un atto di estremo omaggio alla vittima e ai loro colleghi Carabinieri, smentendo nel migliore dei modi la vulgata giornalistica che li vuole animati da rivalità tra corpi di polizia.

Nell’ennesimo Carabiniere ucciso, dunque, dobbiamo salutare non solo il rappresentante dello Stato, ma anche un Mezzogiorno che non ha mai smesso di credere e di sperare nella Repubblica, che la interpreta e la onora con il suo lavoro, e che non fosse altro che per questo meriterebbe più rispetto di quanto la Repubblica talvolta gli riservi.


E le bande dei finanzieri meridionali che per hanno taglieggiato il lavoratori autonomi e le imprese del nord, come una vera e propria mafia sviluppatasi all'ombra dello stato?
"Trentamila euro al mese e gite con i calciatori"
12 giugno 2014

https://www.huffingtonpost.it/2014/06/1 ... 86918.html

Arrestato un colonnello, indagati il comandante in seconda, generale Bardi, e il suo predecessore in questo incarico, il generale in pensione Spaziante, già coinvolto nell'inchiesta Mose: è ancora bufera sulla Guardia di Finanza. L'inchiesta, delegata alla Digos, è quella dei pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, con il coordinamento dell'aggiunto Alfonso D'Avino, su presunte anomalie nelle verifiche fiscali. Il colonnello Fabio Massimo Mendella, dal luglio scorso comandante provinciale di Livorno, quando era in servizio a Napoli avrebbe omesso di compiere controlli sulle società di alcuni imprenditori in cambio di un appannaggio mensile di 15mila, 20mila o 30mila euro.

La nuova inchiesta si basa sulla denuncia di due imprenditori, i fratelli Giovanni e Francesco Pizzicato, noti a Napoli perché anche gestori di noti locali. Nella prima metà degli anni Duemila, Mendella, all'epoca maggiore, li avrebbe contattati tramite De Riu offrendo "protezione" in cambio di soldi e vacanze.

Soldi ma non solo perché come racconta Fiorenza Sarzanini su il Corriere racconta come Mandella si facesse pagare le vacanze in Sardegna, oppure le gite in barca a Capri con i calciatori del Napoli. Pizzicato ha poi confessato di aver pagato al Colonnello nel 2007 una settimana di soggiorno al residence Smeraldina di Porto Rotondo e di aver organizzato nel 2006 una gita a Capri con il presidente degli industriali Paolo Graziano. A bordo della barca (di proprietà di Graziano) spuntarono anche l'ex calciatore di Napoli e Juventus Ciro Ferrara con la famiglia di un altro calciatore famoso: Fabio Cannavaro, quest'ultimo a bordo della sua barca.

Dopo il suo trasferimento a Roma Mendella avrebbe suggerito di spostare proprio nella capitale la società Gotha, attiva nel settore dei materiali ferrosi, per continuare a "seguirli". Due giorni dopo il trasferimento della società, l'ufficiale chiese e ottenne in tempi rapidissimi l'inconsueta autorizzazione ad avviare una verifica fiscale in deroga alla regola sulla competenza territoriale, circostanza che, secondo l'accusa, preludeva a nuove richieste di denaro.




Finanzieri corrotti "agenti" del narcotraffico, maxi condanna a Fiumicino
Il Faro Online
di ANGELO PERFETTI - 19 Ottobre 2018

https://www.ilfaroonline.it/2018/10/19/ ... no/242724/

Fiumicino – Volevano agevolare il traffico internazionale di droga, e per farlo erano disposti a corrompere altri ufficiali di polizia giudiziaria dentro l’aeroporto “Leonardo Da Vinci” di Fiumicino. Sotto accusa son finiti due finanzieri, che adesso dovranno risarcire allo Stato, per il danno d’immagine fatto al corpo dei Baschi verdi, ben 180.000 euro.

La vicenda

Dalla disamina degli atti del giudizio penale, è emerso che nel periodo compreso tra il 3 settembre e il 28 ottobre 2011, contattando ed incontrando, in più occasioni, un Ispettore in servizio presso il Gruppo di Fiumicino – Reparto a cui è demandata la sicurezza dell’aeroporto «Leonardo da Vinci» di Roma – con la promessa di un’offerta di denaro, ha intrapreso, in concorso con un appuntato della Finanza, un’attività di persuasione e di induzione alla corruzione nei confronti del funzionario.

A quest’ultimo, infatti, è stato richiesto di riferire notizie riservate e sensibili sullo svolgimento dei controlli di polizia, presso lo scalo aeroportuale, relativi a determinati voli ovvero sull’avvenuto scarico delle merci dal momento del loro arrivo sino all’ingresso nei magazzini, al fine di agevolare il transito di carichi di droga da parte di un’organizzazione criminale dedita a tali traffici illeciti.

La corruzione

In particolare, è emerso che in finanziere corrotto ha ricevuto ventimila euro per evitare di denunciare fatti penalmente rilevanti ai propri superiori nonché all’Autorità Giudiziaria competente, e si è adoperato per ricercare e contattare altri appartenenti alla Guardia di Finanza disposti, dietro pagamento di somme di denaro, ad effettuare controlli superficiali sui bagagli presenti all’interno di un aereo proveniente dal Sud America.

Un lavoro che non ha sortito l’effetto sperato. I colleghi non si sono fatti corrompere, e nell’ambito dell’attività di Polizia giudiziaria si è anche pervenuti – il 17 giugno 2012 – al sequestro di una ingente quantità di cocaina (101 panetti per un peso complessivo pari a Kg. 109,610) introdotta illegalmente attraverso l’aeroporto di Fiumicino a bordo di un aeromobile proveniente dalla Repubblica Dominicana.
La condanna penale

Emerge, in maniera chiara e inequivocabile- scrivono i giudici della Corte dei Conti – che i due militari, anche se con contributo diverso nella realizzazione dei reati loro ascritti, sono responsabili dell’attività delittuosa contestata, al fine di agevolare l’importazione organizzata e sistematica di ingenti quantità di sostanze stupefacenti e psicotrope.

Nella sostanza i due ex militari convenuti hanno svolto il ruolo di intermediari tra il gruppo che organizzava il trasporto della sostanza stupefacente e coloro che avrebbero dovuto riceverla e farne oggetto di spaccio all’interno dei confini nazionali (sentenza della Corte di appello di Roma, II^ Sezione penale, n. 4184 del 16.9.2014). La condanna loro inflitta dai giudici di merito ha poi trovato conferma anche presso il giudice di legittimità.

La sentenza contabile

La Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, ha ritenuto che oltre alla condanna penale, i due fossero responsabili di un grave danno d’immagine al Corpo della Guardia di Finanza, e per questo li ha condannati al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze della somma di 141.507,60 uno e 39.314,90 euro l’altro.

Come dire: la Giustizia a volte è lenta, ma quando arriva sa farsi valere. Per i due ex militari dunque oltre ai guai penali, con la sentenza n. 529 pubblicata il 16 ottobre 2018, si apre il percorso oneroso di risarcimento economico.

E – va sottolineato – a fronte di due mele marce, si staglia la figura di tutti i colleghi che non solo non si sono fatti corrompere, ma anzi hanno denunciato i fatti. Il che rende merito a tutte le divise che ogni giorno lavorano per la nostra sicurezza con la Patria nel cuore.




Finanzieri corrotti, 4mila euro per alterare verbali: 4 arresti a Napoli
26 Settembre 2019

https://www.vocedinapoli.it/2019/09/26/ ... -a-napoli/

Due divise “sporche“, corrotte con 4mila euro da un imprenditore e un commercialista per chiudere un occhio e alterare il contenuto di un verbale, evitando così la configurazione di reati tributari realizzati che fatture per operazioni inesistenti. Nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli, militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, con la quale sono stati disposti la custodia in carcere per un appartenente al Corpo della Guardia di Finanza e gli arresti domiciliari nei confronti di un commercialista, di un imprenditore e di un altro finanziere, perché ritenuti tutti coinvolti in un episodio di corruzione.

Al centro dell’attività criminosa, secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata dall’ordinanza emessa, risultano il noto professionista napoletano Alessandro Gelormini, consulente fiscale anche di importanti società di trasporti marittimi operanti sul territorio nazionale, e i due appartenenti al Corpo in servizio a Napoli, i quali nel corso di un controllo presso una delle società clienti dello studio professionale, operante nell’ambito dei servizi ambientali e gestita di fatto dall’imprenditore Francesco Truda, sono stati remunerati per alterare il contenuto di un verbale, con il preciso scopo di evitare la denuncia penale nei confronti degli amministratori della società verificata.

Nel corso dell’attività d’indagine è emersa la figura del commercialista, pronto a intervenire allo scopo di sanare la situazione che avrebbe potuto condurre alla configurazione di reati tributari, anche procedendo a corrompere i due finanzieri. Questi ultimi, nel corso di un controllo incrociato nei confronti della società del Truda presso lo studio del professionista, hanno accettato la dazione complessiva di 4.000 euro al fine di non far emergere condotte di rilievo penale (utilizzo di fatture per operazioni inesistenti) concordando con il commercialista la strategia per dare un’apparente regolarità ai verbali redatti.

Nell’illecita trattativa il Gelormini, inoltre, tratteneva per sé una somma pari a 2.000 euro, in realtà indirizzata agli stessi finanzieri come parte della dazione corruttiva, ma in effetti terminata nelle sue tasche. Nella giornata odierna, quindi, sono state eseguite le misure cautelari nei confronti dei quattro protagonisti dell’attività illecita accusati di corruzione in concorso. Uno dei finanzieri è stato attinto dalla misura della custodia cautelare in carcere. Gelormini, Truda e l’altro appartenente al Corpo sono stati, invece, sottoposti agli arresti domiciliari.

LIFE corruzione italiana
https://www.life.it/1/tag/corruzione/

viewtopic.php?f=22&t=924


L’Iceberg dei Saraceni
20 febbraio 2014 | Da daniele

http://www.life.it/liceberg-dei-saraceni/#more-4533

L’elenco qui sotto, che si riferisce a Pubblici Ufficiali arrestati per corruzione e concussione, fa riferimento ai primi 50 giorni del 2014 ed è stato redatto con l’intento di offrire l’idea di come funziona gran parte questo Paese. C’è da tenere in debito conto che questo fenomeno è la sola punta dell’Iceberg saraceno: quello che sta sommerso e mai verrà a galla è solo da immaginare perché è impossibile quantificare.

Le orde italo-saracene si abbattono sull’economia e sui cittadini con il solo intento di predare e fare quanto più bottino, stipate nel ventre della nave Italia attendono l’occasione propizia per l’abbordaggio affamate da un’avidità irrefrenabile.

Si trova di tutto fra questi pirati saraceni: Giudici, ufficiali dell’Esercito, della Marina, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, Ispettori di Polizia, generali, colonnelli, ufficiali, sott’ufficiali e non graduati, Vigili urbani, Ispettori e funzionari delle Agenzie delle Entrate o delle ASL, funzionari di ogni tipo, Onorevoli, Ministri, Presidenti di Regione, di Provincia, sindaci, vice sindaci, assessori, consiglieri e persino il più insospettabile impiegato dell’ufficio anagrafe.

Vedere per credere! Una rappresentanza completa della Pubblica Amministrazione, senza distinzione o preferenza geografica, da Nord a Sud, da Est ad Ovest, dal mare ai monti saraceni sempre pronti all’assalto, pronti a non farsi scappare una buona mazzetta offerta, in corruzione, dall’imprenditore di turno o, i più temerari, pronti a richiedere esplicite tangenti, in concussione. Tanto a pagare siamo sempre noi.

Sadicamente, buon divertimento.

Daniele Quaglia


19 febbraio 2014 Raffaele Lombardo ex Governatore della Sicilia è condannato a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno a Cosa Nostra http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/02/ ... vo/266742/

19 febbraio 2014 maresciallo della GdiF di Cattolica(Rimini) arrestato per concussione http://www.romagnaoggi.it/cronaca/catto ... ziere.html

19 febbraio 2014 Antonio Ragusa, generale dei Carabinieri viene arrestato con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... -72164.htm

18 febbraio 2014, Raffaele Cantalupo vice sindaco e Maurizio Diaco, assessore all’edilizia amministratori entrambi del comune di Cologno Monzese sono stati arrestati per tangenti inerenti l’appalto per lo smaltimento dei rifiuti http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02 ... re/884912/

17 febbraio 2014 la Procura di Roma chiede per Maurizio Gasparri il rinvio a giudizio per peculato avendo contratto una polizza vita con 600.000 € destinati al suo partito http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... -78838895/

17 febbraio 2014 Vito Giacino vicesindaco di Verona dimessosi a novembre 2013 viene arrestato con l’accusa di corruzione ed abuso d’ufficio http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 93175.html

14 febbraio 2014 Matteo Visani vice sindaco di Fontanelice (BO) arrestato per concussione mentre intasca una mazzetta da 50.000€ http://www.romagnanoi.it/news/imola/120 ... i-per.html

14 febbraio 2014 Giancarlo Giusti ex Gip del Tribunale di Palmi arrestato per corruzione in atti giudiziari a favore della ‘ndrangheta. Era già sospeso dall’attività di Giudice dal 2011 con simile accusa http://www.affaritaliani.it/cronache/nd ... 40214.html

10 febbraio 2014 Salvatore Cirignotta ex magistrato nominato ai vertici de3ll’azienda sanitaria di Palermo è arrestato per turbativa d’asta http://bastacasta.altervista.org/p9844/

6 febbraio 2014 Ferdinando Zara sindaco di Battipaglia (SA) arrestato per concussione .. http://www.titolidigiornali.com/e-di-al ... ncussione/

6 febbraio 2014 Nicolò Ferrara sindaco do Calatafimi-Segesta presidente del Consorzio Trapanese “Legalità e sviluppo” è arrestato per tangenti per l’aggiudicazione di un’asta pubblica http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 17491.html

4 febbraio 2014 Federico Scarcella funzionario Agenzia delle Entrate di Pagani (SA) arrestato per concussione http://www.ilmattino.it/salerno/concuss ... 7947.shtml

4 febbraio 2014 Pietro Volpe magistrato onorario coordinatore dei giudici di Pace di Udine arrestato con l’accusa di corruzione, in atti giudiziari, falsità…abuso… http://messaggeroveneto.gelocal.it/cron ... -1.8606814

3 febbraio 2014 Antonio Parrotta ispettore del lavoro della ASL di Cosenza arrestato per concussione perché chiedeva somme di denaro http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 06413.html

29 gennaio 2014 Francesco del Gaudio funzionario del comune di Castellamare arrestato per concussione http://www.metropolisweb.it/Notizie/Sta ... omune.aspx

25 gennaio 2014 un’impiegata comunale di Sant’Angelo dei Lombardi (AV) arrestata per concussione e truffa http://www.retesei.com/2014/52064.html

24 gennaio 2014 un alto funzionario della Marina Militare di Augusta arrestato in flagranza di reato di concussione. Chiedeva il 10% sugli appalti http://www.informaresicilia.it/11187/au ... militare/#

22 gennaio 2014 Luigi Pelaggi, funzionario del ministero dell’ambiente arrestato a Milano per truffa, corruzione … http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 41547.html

17 gennaio 2014 Antonio Pacilletti maresciallo della Guardia di Finanza di Schio (VI) arrestato per concussione http://www.vicenzatoday.it/cronaca/schi ... sione.html

16 gennaio 2014 il comandante della Polizia Locale del comune di Pieve Emanuele (MI) arrestato perché si intratteneva i soldi delle multe http://www.grnet.it/sicurezza/forze-del ... dei-vigili

15 gennaio 2014 Rosario Puglisi funzionario Ag.Entrate arrestato per concussione avendo chiesto 10.000 € ad un’azienda per evitare controlli fiscali http://www.riviera24.it/articoli/2014/0 ... o-dimperia

10 gennaio 2014 Giancarlo Pellegrino e Alessandro Del Vecchio marescialli della Guardia di Finanza umbra condannati per concussione http://www.umbria24.it/mazzette-per-con ... 52077.html

8 gennaio 2014 Rosario Lo Conte funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Erba arrestato perché in cambio di tangenti avrebbe ridotto sanzioni http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/C ... 0088.shtml

8 gennaio 2014 Roberto Riga attuale vicesindaco de l’Aquila arrestato per tangenti su appalti del post terremoto del2009 http://it.euronews.com/2014/01/08/mazze ... cesindaco/

3 gennaio 2014 Angelo Balsamo sindaco di Licata (AG) arrestato con l’accusa di corruzione in atti giudiziari, truffa e falsa testimonianza http://www.siciliainformazioni.com/6677 ... co-balsamo



Ecco chi è l'ufficiale friulano che ha denunciato i carabinieri arrestati a Piacenza
Secondo il Gip, il maggiore Rocco Papaleo, nato a Udine e cresciuto a Cividale, ha dato il via all’indagine
Anna Rosso 24 Luglio 2020

https://messaggeroveneto.gelocal.it/udi ... 1.39120094



Carabinieri infedeli, chi è l’ufficiale di origini lucane che ha fatto avviare le indagini a Piacenza
GIANFRANCO AURILIO
25 luglio 2020

https://www.quotidianodelsud.it/basilic ... -piacenza/

LAURIA (POTENZA) – È partito da un ufficiale di origini lucane il primo caso in Italia di sequestro di un’intera caserma dei carabinieri, disposto dalla Procura di Piacenza. È stato il maggiore Rocco Papaleo – nato a Cividale del Friuli e figlio di Giacomo, un emigrante di Lauria – attuale comandante della compagnia carabinieri di Cremona, che con una segnalazione ha permesso fossero avviate le indagini. L’attività ispettiva è partita dopo che il maggiore, già in servizio a Piacenza, ne aveva parlato con la Polizia Municipale. Tuttavia, quella che sembra un’azione meritoria compiuta da chi indossa la divisa, rischia di provocargli conseguenze di carattere disciplinare poiché, come scritto ieri dal Corriere delle Sera, avrebbe dovuto informare anzitutto i suoi superiori per consentire all’Arma di intervenire tempestivamente.

Per questa ragione l’inchiesta «sommaria», avviata dal Comando Generale e condotta dal Comando interregionale di Padova, riguarderà anche il comportamento tenuto da Papaleo – che abbiamo provato a raggiungere, ma che via whatsapp ci ha risposto di non voler rilasciare dichiarazioni – noto, tra l’altro, per il suo intuito giornalistico ammesso proprio quando si trovava a Piacenza. Non a caso, anche in questa circostanza, tutto sarebbe partito dal suo particolare fiuto per la notizia, che gli avrebbe fatto ritenere attendibile quanto gli sarebbe stato riferito da un uomo di nazionalità marocchina, che sosteneva di essere un informatore dei Carabinieri.

Informazioni dalle quali avrebbe quindi tratto origine l’operazione “Odysseus” della Guardia di Finanza, con cui è stata data esecuzione a 22 ordinanze di applicazione di misure cautelari che hanno interessato anche i militari di via Caccialupo. Sul fronte penale inizieranno oggi gli interrogatori di garanzia per i militari coinvolti, 6 sono stati arrestati mentre per 4 è scattato l’obbligo di firma. «Arresti illegali, torture, lesioni, estorsioni, spaccio di droga»: sono queste le fattispecie di reato ipotizzate per fatti risalenti a partire dal 2017. Cui aggiungere anche l’accusa di «certificazioni fornite a un pusher affinché raggiungesse Milano per rifornirsi di droga durante il lockdown». Ma si parla anche di un festino a luci rosse con due escort, che sarebbe stato organizzato all’interno della caserma.

Eppure, incredibile ma vero, come è emerso nelle scorse ore, nel 2018 la stessa Stazione Levante fu premiata per «meriti speciali», con particolare riferimento «all’attività di contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mostruosità italiane o italiche

Messaggioda Berto » mer mar 31, 2021 8:54 am

Sicilia, “dati Covid falsi comunicati all’Iss per evitare restrizioni”: tre arresti. Indagato anche l’assessore regionale Ruggero Razza
30 marzo 2021

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/0 ... a/6149687/


I dati relativi all’andamento del contagio da Covid che la Regione Sicilia inviava all’Istituto Superiore di Sanità venivano alterati, diminuendo il numero di positivi e alzando quello dei tamponi, condizionando così i provvedimenti che da Roma sarebbero stati presi per contenere la diffusione di Sars-Cov-2. Sarebbe accaduto in almeno 40 occasioni da novembre allo scorso 19 marzo. È questa l’accusa rivolta dalla procura di Trapani ad alcuni dipendenti del Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico (Dasoe) dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana, indagati per falso materiale e ideologico. Per il giudice per le indagini preliminari si è trattato di un “disegno politico scellerato”.

In tre ai domiciliari, indagato l’assessore – In tre sono finiti agli arresti domiciliari: si tratta della dirigente generale del Dasoe Maria Letizia Di Liberti, del funzionario della Regione Salvatore Cusimano e del dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’assessorato Emilio Madonia. È indagato anche l’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, al quale i carabinieri hanno anche sequestrato dei telefoni. Secondo i militari del Nas che conducono l’inchiesta, “sebbene non emerga ancora compendio investigativo grave, è emerso il parziale coinvolgimento di Razza nelle attività delittuose del Dasoe”. L’assessore, al quale è stato presentato un invito a comparire, davanti ai pm si è avvalso della facoltà di non rispondere. Nel frattempo ha annunciato le sue dimissioni.

L’assessore: “Spalmiamo un poco i morti…” – “Ma sono veri?”. “Sì, solo che sono di 3 giorni fa”. “E spalmiamoli un poco…”. Così l’assessore Razza parlava a Di Liberti discutendo del numero di decessi per il Covid. La dirigente dice quindi a Razza: “Ah, ok allora oggi gliene do 1 e gli altri li spalmo in questi giorni, va bene, ok”. Sempre Di Liberti e Razza discutendo anche del numero di nuove positività a Palermo e la dirigente, sospettando un ritardo nelle analisi, sosteneva: “”670. Solo su Palermo e quindi ho detto no, non se ne parla proprio perché questi sono i dati di tre giorni e non li posso dare tutti nello stesso giorno, assolutamente, questi sono…”. “Ma questi verifichiamoli prima”, dice Razza. “No, questi li controlliamo nella piattaforma ‘Istituto’ se sono duplicati o non duplicati”. E aggiunge: “Ma in ogni caso più di 300 … io più di 300 non ne do oggi, e gli altri a poco a poco durante la settimana”.

“Abbassa i positivi, aggiungi 1000 tamponi” – Un’intercettazione captata negli scorsi giorni rende l’idea della presunta manipolazione dei dati, rendendo inattendibile il flusso siciliano e condizionando le scelte del governo: “61 Agrigento, 75 Caltanissetta, 90 Catania, 508 Palermo…”, snocciola i dati dei nuovi positivi il funzionario Cusimano. “Ma che dici? Ma che dici? No, scusa non può essere, se sono quei i dati definitivi, Palermo va in zona rossa subito, subito”, risponde Di Liberti. “Ma li avete messi i dati del Cervello?”, chiede la dirigente sperando che nei 508 ci siano anche quelli dell’ospedale ritardatario. Ma invece Cusimano la gela: “No, no, no, senza Cervello, senza Cervello”. Che fare? “A questo punto io scenderei sotto i 400 su Palermo. Ho parlato con Ruggero e facciamo il punto domani”. Chiede Cusimano: “Di queste cose qua?”. Risponde la dirigente generale: “Sì, sì, sì, quindi 508 lo portiamo a 370… che ne so una cosa di queste… sono numeri esageratissimi… E ci aggiungiamo 1.000 tamponi”. Un modo per far abbassare il tasso di incidenza provando a restare sotto i livelli di guardia e scansare nuove restrizioni.

Il gip: “Disegno politico scellerato” – Per il giudice per le indagini preliminari di Trapani che ha accolto le richieste della procura si è trattato di un “disegno politico scellerato”. L’alterazione dei dati non avrebbe riguardato solo positivi e tamponi, ma anche i decessi che venivano “spalmati” nel tempo per evitare, secondo gli inquirenti, che la Sicilia finisse in zona rossa. Oltre a Razza, sono indagati anche il vice capo di gabinetto dell’assessorato Ferdinando Croce e il dirigente Mario Palermo, mentre “sembra estraneo” – scrive il gip – il presidente della Regione Nello Musumeci, “che pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite”.

L’inizio dell’inchiesta da un laboratorio di Alcamo – L’inchiesta – coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Agnello e condotta dai pm Sara Morri e Francesca Urbani – nasce dalla scoperta che in un laboratorio di Alcamo, in provincia di Trapani, erano stati forniti dati falsati su circa 200 tamponi, comunicando un esito negativo alla Regione quando invece erano tutti positivi. Da questa scoperta i pm hanno avviato accertamenti che sono arrivati all’assessorato regionale. A supporto della tesi dell’accusa ci sarebbero diverse intercettazioni che confermerebbero l’alterazione dei dati inviati all’Iss.

Il giudice: “Importanti anomalie” – “Dall’ascolto delle telefonate intercettate è sin da subito risaltato all’attenzione degli inquirenti, come le conversazioni intrattenute dalla dirigente Maria Letizia Di Liberti riguardanti la raccolta e la gestione dei dati regionali afferenti il Covid-19, da comunicare successivamente al Ministero della Salute, evidenziassero importanti anomalie”, scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. “Prima di tutto – evidenzia il giudice – le frenetiche, a volte tardive, attività burocratiche di raccolta dei dati da parte del Dasoe, attraverso contatti diretti con gli uffici periferici delle varie Asp siciliane, delle Aziende Ospedaliere, delle Usca, nonché dei Laboratori di analisi pubblici e privati (quando autorizzati alla processazione dei tamponi molecolari)”.

“Gestione irregolare della raccolta dati” – Una “modalità” di raccolta che ha “verosimilmente contribuito a condizionare l’irregolare gestione del flusso dei dati”. A conferma di ciò, a giudizio del gip, “si è avuto modo di constatare che la Di Liberti, sovente, pur essendo un dirigente generale, si è fatta personalmente carico di quotidiani interventi di sollecito telefonico nei confronti dei vari referenti Covid-19 delle citate strutture periferiche del Ssr, solo al fine di sopperire alla diffusa disorganizzazione e lentezza di tali strutture nella prevista comunicazione dei dati richiesti”. Dal mese di novembre sarebbero circa 40 gli episodi di falso documentati dagli investigatori, l’ultimo dei quali risalirebbe allo scorso 19 marzo. Sono state effettuate perquisizioni domiciliari nei confronti di altri 7 indagati alla ricerca di materiale informatico e documenti utili alle indagini. Infine sono state acquisite email e dati presso i server dell’assessorato Regionale alla Salute e Dipartimento.




Dati falsi sui contagi covid in Sicilia: indagato l'assessore alla Salute dopo le intercettazioni
Salvo Toscano
30 marzo 2021

https://www.corriere.it/cronache/21_mar ... a4ac.shtml

La Sanità siciliana si risveglia travolta da uno tsunami. Che investe in pieno il governo della Regione. Un’inchiesta della procura di Trapani ha portato a tre arresti, facendo luce su alcune presunte irregolarità relative ai dati regionali sulla pandemia da Covid. Numeri falsati, morti «spalmati» su più giorni, tamponi «gonfiati», comunicazioni a Roma inesatte: questo ritengono di avere appurato gli inquirenti che tra gli altri indagano anche l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza; quest’ultimo ha presentato le dimissioni, subito accolte dal governatore Nello Musumeci

Le intercettazioni

«Spalmiamoli un poco…», diceva intercettato l’assessore Razza alla dirigente regionale che avrebbe dovuto comunicare i dati dei decessi per Covid in Sicilia. E parlava di morti. «I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?», chiede lei. «Ma sono veri?», chiede Razza. «Sì, solo che sono di tre giorni fa», risponde. E Razza dà l’ok: «Spalmiamoli un poco». «Si è cercato», spiega il gip di Trapani Caterina Brignone, «di dare un’immagine della tenuta e dell’efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell’intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra».

Ai domiciliari

I carabinieri del Nas di Palermo e del Comando Provinciale di Trapani hanno eseguito stamattina l’ordinanza . I reati contestati sono falso materiale e ideologico in concorso. Gli arrestati sono accusati di aver alterato, in diverse occasioni, i dati riguardanti la pandemia da Covid modificando il numero dei positivi e dei tamponi. Quei dati falsati dei bollettini quotidiani venivano comunicati all’Istituto superiore di sanità, cambiando di fatto la base su cui adottare i provvedimenti per il contenimento della diffusione del virus. Ai domiciliari sono finiti la dirigente generale del Dasoe, Maria Letizia Di Liberti, il funzionario della Regione Salvatore Cusimano ed Emilio Madonia, dipendente della Pricewaterhousecoopers Public Sector, società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’assessorato, i dipendenti dell’Asp di Palermo Giuseppe Rappa e Roberto Gambino. All’assessore Razza è stato notificato un invito a comparire, con il contestuale avviso di garanzia, ed è scattato anche il sequestro dei telefoni cellulari. A carico di Razza non emerge «compendio investigativo grave», scrivono gli inquirenti ma sarebbe emerso un «parziale coinvolgimento nelle attività delittuose del Dasoe». Estraneo all’indagine il governatore Nello Musumeci, di cui Razza è il delfino politico. Il presidente della Regione «pare tratto in inganno» dalle informazioni non veritiere.

Musumeci e Orlando

«Ho letto le agenzie, inutile dire che in questi casi si resta sorpresi. Noi le zone rosse le abbiamo anticipate non nascoste: è storia. Ma bisogna avere rispetto per la magistratura, ho fiducia nell’assessore Razza, se fosse responsabile da solo adotterebbe le decisioni consequenziali. Bisogna essere sereni e fiduciosi, sono convinto che la verità emergerà prestissimo», ha commentato il governatore della Sicilia, Nello Musumeci. «Il Comune di Palermo si costituirà parte civile in questo procedimento giudiziario, visto che proprio sui dati si sono basate molte scelte e provvedimenti amministrativi in questi mesi», ha detto in una nota il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. «Chiediamo le immediate dimissioni di Razza», ha chiesto il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo.

Le dimissioni di Razza

Poche ore dopo il blitz della magistratura l’assessore Ruggero Razza ha chiesto a Musumeci di accettare le sue dimissioni. L’interim della sanità è stato assunto dal presidente Musumeci. Razza dice che la Regione non aveva nulla da nascondere sui dati perché «proprio noi abbiamo spesso anticipato le decisioni di Roma e adottato provvedimenti più severi». «I fatti che vengono individuati – prosegue Razza – si riferiscono essenzialmente al trasferimento materiale dei dati sulla piattaforma che sono stati riportati in coerenza con l’andamento reale dell’epidemia, tenuto conto della circostanza che sovente essi si riferivano a più giorni e non al solo giorno di comunicazione. Come sempre, il fenomeno della lettura postuma delle captazioni può contribuire a costruire una diversa ipotesi che, correttamente, verrà approfondita dell’autorità giudiziaria competente individuata dal Gip. Ma deve essere chiaro che ogni soggetto con l’infezione è stato registrato nominativamente dal sistema e nessun dato di qualsivoglia natura è mai stato artatamente modificato per nascondere la verità. Ciò nonostante, soprattutto nel tempo della pandemia, le istituzioni devono essere al riparo da ogni sospetto. Per sottrarre il governo da inevitabili polemiche ho chiesto al presidente della Regione di accettare le mie dimissioni». Un passo indietro che già era stato invocato dalle opposizioni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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