Serbi e croati nasionałisti asolti e condannati ???

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Messaggioda Berto » mer ago 10, 2016 7:09 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Serbi e croati nasionałisti asolti e condannati ???

Messaggioda Berto » mer ago 10, 2016 7:12 am

Il Tribunale dell’Aja assolve Seselj
L’ultranazionalista serbo è «libero»
Era accusato di crimini di guerra e contro l’umanità ai danni delle popolazioni croata
e musulmana negli anni 1991-1993. Una settimana fa la condanna di Karadzic
di Sara Gandolfi
31 marzo 2016

http://www.corriere.it/esteri/16_marzo_ ... 520a.shtml

«Da oggi Vojislav Sesely è un uomo libero». Con questa frase, giovedì mattina, il presidente del Tribunale penale internazionale dell’Aja, Jean Claude Antonetti, ha assolto in primo grado l’ultranazionalista serbo, dichiarandolo non colpevole per nessuno dei nove capi di imputazione. Seselj, 61 anni, fondatore e presidente del Partito Radicale Serbo, era accusato di crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella ex Jugoslavia contro le popolazioni croata e musulmana tra il 1991 e il 1993.

La reazione

L’imputato, che fu uno stretto collaboratore dell’ex presidente serbo Slobodan Milosevic, si era consegnato spontaneamente nel 2003 al Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ma non era presente alla lettura della sentenza: dal 2014 vive a Belgrado, dove gli è stato permesso di rientrare in seguito alla diagnosi di un cancro. «Questa volta, dopo tutti i processi in cui sono stati accusati serbi innocenti che hanno ricevuto sentenze draconiane, due giudici si sono comportati in maniera onorevole e e giusta», ha commentato a caldo Seselj. Di segno ovviamente opposto la reazione del primo ministro croato, Tihomir Oreskovic: «Una sentenza vergognosa, è la sconfitta della Corte dell’Aia».

La spiegazione

La pubblica accusa sosteneva che Seselj avesse incitato alla «pulizia etnica» con i suoi discorsi retorici durante il conflitto nell’ex Jugoslavia che portò all’uccisione di 130.000 persone. In un discorso alle truppe serbe, ad esempio, l’allora deputato all’Assemblea di Serbia disse: «Neppure un Ustasha (termine dispregiativo per croato, ndr) deve riuscire a lasciare vivo Vukovar», città croata al confine con la Serbia. Il Tribunale delle Nazioni Unite ha però ritenuto che queste e altri frasi non equivalgono ad un incitamento all’omicidio, «perché non si può escludere che esse, in un contesto di conflitto, fossero destinate a sollevare il morale delle truppe al fronte, piuttosto che a ordinar loro di non risparmiare nessuno», ha commentato Antonetti. «Questa sentenza mi lascia senza parole», ha commentato Vesna Bosanac, responsabile di un ospedale di Vukovar che rimase a lungo assediato dalle milizie pro-Seselj nel 1991.

La condanna di Karadzic

La sentenza d’assoluzione di primo grado arriva ad una sola settimana di distanza dalla condanna a 40 anni di carcere per Radovan Karadzic, che il Tribunale penale dell’Aja ha riconosciuto colpevole di genocidio per il massacro di Srebrenica del 1995 oltre che di crimini di guerra e altri reati durante l’assedio di Sarajevo.



Il tribunale penale internazionale per i crimini nella ex-Jugsolavia dell'Aja ha assolto per insufficienza di prove e con verdetto a maggioranza Jovica Stanisic, capo dello spionaggio serbo sotto Slobodan Milosevic, e il suo numero 2 Franko Simatovic. I due erano accusati di crimini di guerra in base al sospetto di ''aver pianificato, ordinato e aiutato'' la pulizia etnica in molte zone della Bosnia. Il premier serbo, Ivica Dacic, ha espresso soddisfazione da Belgrado per la sentenza.
18:39 (ANSA) - BRUXELLES -

http://www.corriere.it/notizie-ultima-o ... 7027.shtml

http://www.lastampa.it/Error/Generic;js ... 55BC91ACA2


Dal Tribunale dell'Aja per l'ex Jugoslavia ancora una sentenza destinata a sollevare polemiche. Assolti in primo grado Jovica Stanišić e Franko Simatović, accusati di essere stati il "canale di comunicazione" tra Milošević e le leadership dei serbi di Croazia e Bosnia. Soddisfazione a Belgrado, costernazione tra le vittime
31/05/2013 - Francesco Martino

http://www.balcanicaucaso.org/aree/Serb ... vic-136940
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Messaggioda Berto » mer ago 10, 2016 7:13 am

L'ex presidente yugoslavo Milosevic assolto dalla Corte dell’Aja: ma i media non rilanciano
L'ex presidente serbo Milosevic è stato accusato di pulizia etnica nei confronti dei bosniaci. La Corte dell'Aja ha dimostrato la sua innocenza. La sentenza è di marzo ma solo in questi giorni, alcuni giornali on-line ne hanno parlato. Sembra un silenzio voluto, altrimenti molti dovrebbero chiedere scusa al popolo serbo o dare spiegazione agli ignari cittadini europei sulla guerra iniziata senza mandato Onu, nel 1999.
mercoledì, agosto 10, 2016
di Patrizio Ricci

http://www.lplnews24.com/2016/08/lex-pr ... sevic.html

L'ex presidente serbo Milosevic era stato arrestato nel 2001, accusato di pulizia etnica nei confronti dei bosniaci. Dopo 5 anni di processo senza provare alcunchè, l'ex presidente era morto per infarto nel carcere del Tribunale Penale: era l'11 marzo 2006.
Alla sua morte, il reato si era estinto. Per riscattare pienamente la sua memoria, i parenti intentarono causa al Tribunale dell'Aja perchè fosse chiarito se Milosevic fosse o meno innocente.
Dopo approfondite indagini la Corte delll'Aja a gennaio di quest'anno, ha decretato che i reati che erano ascritti a Milosevic erano infondati ed egli è innocente.

La sentenza di assoluzione è del 24 marzo di quest'anno ma in Europa, alla notizia, non è stato dato alcun rilievo. L'impressione netta è che troppa pubblicità creerebbe imbarazzo: il silenzio invece evita il clamore e le scuse al popolo serbo. Inoltre, così gli ignari cittadini europei possono credere ancora alla versione di Milosevic il 'massacratore dei Balcani'.

Vediamo in breve come sono andate le cose. Mentre l'ex presidente serbo-bosniaco Radovan Karadzic è stato condannato invece a 40 anni di carcere per quando riguarda la responsabilità della pulizia etnica, le evidenze emerse nella istruttoria portata avanti dalla Corte del'Aja, dimostrano che l'ex presidente Milosevic era completamente estraneo ai fatti che gli erano ascritti. La Corte dell'Aja ha provato che Slobodan Milosevic, che è stato diffamato da tutta la stampa occidentale (era stato definito come "il macellaio dei Balcani", descritto con malcelato spregio come "un impettito Adolf Hitler in azione" ed accusato da tutti i capi di stato della Nato come un criminale) non era affatto parte di "un'impresa criminale congiunta" che in un primo tempo il Tribunale Penale dell'ex Yugoslavia asseriva. Al contrario, Milosevic aveva "condannato pulizia etnica" in ogni occasione ed aveva fatto di tutto perchè si trovasse un accordo. Infatti, il presidente serbo si era dichiarato sempre innocente e di non essere a conoscenza dei crimini commessi da alcune unità serbe in difformità agli ordini impartiti. Le prove che sollevano Milosevic sono circostanziate, contenute in più di 2000 pagine di atti. Esse dimostrano come molte accuse erano abnormi.

Insomma, ci sono voluti 10 anni oltre la sua morte per fare chiarezza. E' incredibile perchè Robin de Ruiter, un pubblicista e storico olandese cresciuto in Spagna, già nel 2012 aveva pubblicato un libro in cui dimostrava l'estraneità di Milosevic rispetto ai fatti imputatigli. Nel libro-inchiesta, si dimostrava che Milosevic era stato avvelenato lentamente in carcere. Le cause della sua morte sono oggi note: dopo morto, nel sangue di Milosevic è stato trovato un farmaco, il 'Rifacin' (usato per la tubercolosi e la lebbra) che nessuno gli aveva prescritto che annullava gli effetti del medecinale che gli veniva somministrato per l'alta pressione. Chi gli somministrava il Rifacin a sua insaputa (probabilmente mescolato nei pasti) sapeva che avrebbe decretato la sua morte.

Ruiter ha dimostrato con netto anticipo, ciò che lo stesso Tribunale oggi ha chiarito: "l’obiettivo politico di Miloševic era mantenere il Kosovo all’interno dei confini della Serbia e impedire alla maggioranza albanese di scacciare la minoranza serba dal Kosovo. Non vi era alcun incitamento all’odio nazionalista, né è stata effettuata una pulizia etnica“. E' credibile che tutta l'Europa, con tutti i suoi investigatori e intelligence, non è riuscita a capire quello che un solo uomo ha evidenziato? Non lo è di certo.
Alla fine, la verità è venuta a galla sia pure con tempi biblici. A sua discolpa molti testimoni hanno deposto a suo favore, tra cui l'ex capo della sicurezza dell'esercito jugoslavo, generale Geza Farkas (un ungherese etnica). L'alto ufficiale ha testimoniato che tutti "i soldati jugoslavi in Kosovo era stato consegnato un documento che spiegava il diritto umanitario internazionale, e che è stato ordinato loro di disobbedire a ordini che lo avessero violato". L'accusa di voler dar vita alla Grande Serbia è del tutto falsa: "La verità è che Milosevic non era un nazionalista serbo ma un socialista, che si è sempre impegnato per una Jugoslavia multietnica e multirazziale". In una parola, di tenere la Yugoslavia integra. Per Milosevic - dice Andy Wilcoxson - "era un uomo per cui ogni forma di razzismo erano un anatema, insistito sul fatto che tutte le etnie devono essere protetti".

In definitiva, il processo a Milosevic è stato uno dei pochi casi in cui un presidente di uno stato, prima è arrestato senza prove, poi in un secondo tempo, gli accusatori si sono mobilitati per cercarne. Un legale consultato dal Time aveva comunque stabilito immediatamente subito dopo l'arresto, che l'80% delle prove con le quali è stato imbastito il processo, si basavano su 'un sentito dire'. Ma non solo: già il risultato di una inchiesta delle Nazioni Unite terminata nel settembre 2001, aveva provato che in Kosovo era avvenuto alcun genocidio. Ma la pressione della Nato perchè il processo si facesse lo stesso, fu fortissima. L'opera manipolatrice dei media non fu 'all'altezza' della manipolazione: la CNN chiamò il processo come "il più importante dopo quello di Norimberga".

Cosa voglio dire che l'ex presidente yugoslavia era un angelo? No di certo, ma certo è evidente che Sarkozy che ha scatenato la guerra in Libia con falsi presupposti, o altri che hanno avuto la responsabilità di manipolare le prove per scatenare la guerra irachena e altri conflitti (quello siriano), basati sulle menzogne, hanno responsabilità assai più gravi. Ciononostante, nessuna accusa è stata mossa contro di loro.
Cosa succederà ora? È certo solo una cosa: la storia non sarà riscritta e sui libri rimarrà la prima versione.
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Messaggioda Berto » mer ago 10, 2016 7:14 am

Il silenzio su Slobodan Milosevic
La Corte Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia ha scagionato Slobodan Milosevic dalle responsabilità per i crimini di guerra della guerra bosniaca 1992-95. [G.Chiesa]
martedì 9 agosto
http://megachip.globalist.it/Secure/Det ... 53&typeb=0

di Giulietto Chiesa

Si tratta di una notizia di prima grandezza; enormi le implicazioni politiche che essa comporta. Ma stranamente nessuno ne ha parlato tra i grandi media di informazione di massa del mondo intero. Ed è comprensibile che tutti tacciano: coloro che in un coro unanime lo definirono il "macellaio dei Balcani"; coloro che lo paragonarono a Hitler, iniziando la serie che sarebbe poi continuata con Saddam Hussein, con Muhamar Gheddafi, e che vorrebbero continuare con Bashar el Assad. E' comprensibile che tacciano le cancellerie occidentali, in specie quella americana, che vollero la fine della Jugoslavia e la fine di Milosevic.

https://it.wikipedia.org/wiki/Slobodan_ ... 1evi%C4%87

http://scintillarossa.forumcommunity.net/?t=57328312



Milosevic incriminato per genocidio in Bosnia

http://www.repubblica.it/online/mondo/s ... nnato.html

L'AJA - Colpevole di genocidio. Così ha deciso, incriminando Slobodan Milosevic, il Tribunale penale delle Nazioni Unite per i crimini nella ex Jugoslavia. Ne ha dato notizia la stessa corte. Per Milosevic si tratta del terzo capo di imputazione, il più grave, per cui dovrà difendersi in aula. I giudici hanno spiegato che i documenti riguardanti le atrocità commesse dalle forze serbe contro croati e musulmani durante la guerra del 1992-1995, raccolti dalla procura guidata da Carla Del Ponte, contenevano prove sufficienti per andare a processo.

"Milosevic ha partecipato a un'organizzazione criminale il cui scopo era il trasferimento forzato e permanente fuori dalla Bonsia Erzegovina dei non serbi", si legge nella nuova incriminazione. Il testo ricorda che migliaia di musulmani e croati furono uccisi, mentre a migliaia vennero rinchiusi in condizioni disumane in una cinquantina di campi di concentramento.

La corte, dunque, ha ritenuto fondata la richiesta di rinvio a giudizio per Milosevic, che contiene accuse di genocidio, crimini contro l'umanità e gravi violazioni della Convenzione di Ginevra. L'ex presidente jugoslavo è ritenuto responsabile della deportazione di 250 mila persone.

Milosevic, in carcere da giugno nel centro di detenzione di Scheveningen in Olanda, doveva già rispondere di crimini contro l'umanità per la guerra in Croazia del 1991-1992 e in Kosovo del 1999. Nelle udienze preliminari a cui finora ha preso parte, l'ex uomo forte di Belgrado si è sempre rifiutato di riconoscere la legittimità del Tribunale dell'Aja e per questo non ha voluto nominare avvocati difensori.

(23 novembre 2001)
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Messaggioda Berto » lun nov 27, 2017 9:52 am

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Messaggioda Berto » lun nov 27, 2017 9:52 am

Ex Jugoslavia, Ratko Mladic condannato all'ergastolo per il genocidio di Srebrenica
di ANDREA TARQUINI

http://www.repubblica.it/esteri/2017/11 ... -181792137



Imputato Ratko Mladic, il Tribunale internazionale delle Nazioni Unite la condanna all'ergastolo per genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra". Dopo la lunga lettura dei capi d'accusa, il presidente della Corte Aphons Orie, freddo e impassibile, ha letto la sentenza.

Nel contempo Mladic, il macellaio di Srebrenica, dava in escandescenze, gridava al processo politico, insultava i giudici come bugiardi, diceva di sentirsi male.

Cosí si è concluso pochi minuti fa l'ultimo e il più atteso processo al Tpi (il Tribunale internazionale per i crimini di guerra) per le guerre che portarono alla fine dell'ex Jugoslavia. A fine anno il Tribunale si autoscioglierà.

La sentenza esaspera le persistenti divisioni nell'ex Jugoslavia: per i bosniaci musulmani e croati Mladic è un mostro, per i serbi di Bosnia, come ha detto il loro leader, il falco Milorad Dodik nemico del presidente europeista della Serbia Aleksandar Vucic, "il generale resterà sempre il nostro eroe, come un de Gaulle”.

Ex Jugoslavia, Ratko Mladic condannato all'ergastolo per il genocidio di Srebrenica

I familiari delle vittime durante la lettura della sentenza (afp)

Secondo il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Raad al-Hussein

, “Mladic è l'incarnazione del Male ma non è sfuggito alla giustizia”.

Questo processo e questa sentenza, ha continuato in tono ammonitorio il giudice Orie, sono una lezione al mondo: “Un avvertimento che chi perpetra simili crimini non sfuggirà alla giustizia, non importa quanto possano essere potenti o protetti, non importa quanto il procedimento legale potrà durare".

Ratko Mladic è stato riconosciuto dai giudici colpevole di ben dieci degli undici capi d'accusa. Tra questi ecco i più importanti: responsabile del massacro di Srebrenica chiamato dalla Corte “genocidio” (termine contestato da Belgrado), crimini contro l'umanitá, crimini di guerra, l'aver avuto un ruolo da protagonista in un'associazione criminale con lo scopo di eliminare la popolazione non serba dalla Bosnia, operazioni sanguinose di pulizia etnica, responsabilità in stupri, stermini, stupri di massa, ruolo decisivo nel bombardamento d'artiglieria effettuato dalle forze serbe di Bosnia per mesi contro la capitale bosniaca Sarajevo, nei mesi di assedio che portarono alla morte di diecimila civili.

Invano Mladic, presentatosi in aula a sorpresa (molti credevano che avrebbe disertato la seduta) in giacca scura cravatta rossa e camicia bianca, ha cercato di disturbare l'ultima seduta del tribunale. Prima facendo chiedere ai suoi legali un'interruzione per farsi misurare la pressione, dicendo di sentirsi male, poi ritrovando tutta la sua energia e dando in escandescenze, con urla d'insulti contro la Corte.

Adesso il 75enne “boia dei Balcani”, anziano, mal ridotto e malato, finirà i suoi giorni in una cella. Ha già vissuto molto di piú della maggior parte delle sue migliaia di vittime, gli 8372 uomini e adolescenti maschi massacrati a Srebrenica e i civili macellati dalle cannonate a Sarajevo, e le vittime in altre stragi a motivazione etnica in Bosnia.

La guerra di secessione della Bosnia-Erzegovina contro la Jugoslavia, che da Stato federale come il maresciallo Tito l'aveva lasciata morendo era divenuta uno Stato centralista dominato dai serbi e dal loro leader ultrà Slobodan Milosevic

, fu la terza dopo il breve conflitto con la Slovenia e il lungo, sanguinoso conflitto con la Croazia.

Truppe di caschi blu delle Nazioni Unite difendevano, ma con poche armi e mezzi, i luoghi più a rischio, come l'enclave musulmana di Srebrenica. Circondata da preponderanti forze serbobosniache guidate da Mladic, Srebrenica era difesa solo da pochi soldati olandesi.

SENTENZE Karadzic condannato a 40 anni

Invano il loro comandante generale Thom Karremans chiese un intervento aereo Nato per salvare i civili. Alla fine la città capitolò. Mladic minacciò, in caso di raid degli F-16 dell'Alleanza, di sterminare tutti, civili e caschi blu. Presa la città, consentí ai soldati olandesi di evacuarla, e di partire insieme alle donne e ai bambini. Ma trattenne tutti i maschi, adulti o adolescenti.

Il massacro, crudele, preciso, scientifico come una strage nazista, avvenne l´11 luglio del 1995. 8372 persone innocenti furono uccise con colpi alla nuca o raffiche di mitra e le loro salme ammassate in fosse comuni.

Anni dopo, con il reperimento di oggetti personali, esami del Dna, e diecimila elementi di prove e testimonianze di superstiti raccolte dagli inquirenti del tribunale internazionale, 6930 vittime furono identificate.

La guerra in Bosnia, poi la ribellione del Kosovo, portarono alla fine della Jugoslavia e alla caduta di Milosevic. Ma il suo erede liberamente eletto a Belgrado, l'europeista e democratico Zoran Djindjic, fu assassinato da uomini del vecchio regime.

Solo da pochi anni col giovane leader Aleksandar Vucic la Serbia si sta riformando e modernizzando decisa a entrare in Europa e a fare i conti col suo passato. Ancora oggi in Bosnia e Croazia e Kosovo migliaia di vedove e madri di adolescenti uccisi chiedono giustizia.

Per anni Mladic riuscí a nascondersi, prima nei bunker atomici rimasti dall'era di Tito in Bosnia, poi a Belgrado, protetto dai servizi segreti serbi: viveva nella sua bella casetta, da tranquillo pensionato tra passeggiate e partite di ping pong.

Solo molto più tardi la Serbia si decise a collaborare all'esecuzione del mandato di cattura internazionale contro di lui. Fuggendo di qua e di lá nascosto e protetto da complici ed ex commilitoni, alla fine Mladic fu arrestato nel maggio 2011 nel villaggio serbo di Lazarevo, 80 km a nordest della capitale Belgrado. "Avete trovato chi cercavate, sono io il generale Ratko Mladic", disse agli agenti speciali, malconcio ma arrogante e fiero dei crimini per cui oggi è stato condannato.

Mladic comunque presenterà ricorso contro la sua condanna: lo ha annunciato la sua squadra legale. "È certo che ricorreremo in appello e l'appello avrà successo", ha dichiarato l'avvocato Dragan Ivetic.
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Messaggioda Berto » lun nov 27, 2017 9:55 am

L'Unione Europea si sfarina.
Aldo A. Mola

https://www.facebook.com/pagnogno.mosca ... 1682016490

L'Unione Europea si sfarina. La condanna all'ergastolo del generale Ratko Mladic marchia il comandante serbo-bosniaco che a fine Novecento combatté con metodi brutali per il suo popolo una battaglia della guerra lunga secoli. Al tempo stesso mette a nudo l'ipocrisia dell'“Europa” (dov'era?), della Nato (innocente?) e dell'ONU. Perché nulla avviene a caso, la sentenza arriva proprio mentre l'“Europa” è al minimo di credibilità. In tempi recenti, essa resse su alcune leggende, narrazioni e costose quanto inutili esibizioni, come quella di Renzi, Merkel e Hollande a Ventotene: cinico sfruttamento della memoria di Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e del sopravvalutato Altiero Spinelli. Di quella sceneggiata non rimane nulla. Con Macron e Brigitte la Francia è al terzo presidente consecutivo da romanzo ottocentesco. In Germania la prussiana Merkel si sta rendendo conto che non basta accarezzare il pelo ai turchi per tranquillizzare gli europei, tedeschi in testa. Quanto all'Italia, Renzi sopravvive segretario del Partito democratico solo perché i pretendenti a reggere i cordoni delle sue esequie politiche sono ancora più dei quattro previsti dal macabro cerimoniale.
Mentre l'Europa svapora e il vituperato Vladimir Putin si afferma erede dello zar Alessandro I di Russia (torna a occupare militarmente anche le basi artiche più avanzate dell'antica URSS), l'Italia annaspa. Non per il bilancio d'esercizio, i cui conti non tornano mai e verranno ancora una volta sforati, ma per il debito pubblico, che da anni cresce inesorabilmente. Nei sei mesi ulteriormente concessici per estrema carità dall'“Europa”, esso s'impennerà per l'imminente caccia al voto a suon di erogazioni straordinarie. Lo sforamento dei 240.000 euro annui al Parlamento è il primo segno che il coperchio delle mance sta per alzarsi. Alla verifica di maggio ci troveremo più indebitati di adesso e con la necessità impellente di misure drastiche. Tassato il tassabile e molto oltre, non rimarrà che la patrimoniale secca: incubo invano esorcizzato in anni durante i quali i governi hanno comunque taglieggiato beni e risparmi con misure tanto inique quanto inefficaci.
La burocrazia rimane e sarà qual fu: stupida. Una selva di leggi, decreti, circolari. Un groviglio di poteri e poterucoli. Stato, regioni (non tutte “speciali” ma comunque costose e invadenti), province (oggi ridotte alla Giara di Pirandello), comuni monocratici, spesso arroganti e al tempo stesso paralizzati nella facoltà di spesa. Se l'Italia davvero volesse voltar pagina dovrebbe eliminare almeno quattro-cinquemila comunelli che appagano vanità, non esprimono volontà e riducono le capacità. In tante valli alpine e appenniniche, in vaste plaghe pianeggianti ogni comune dovrebbe includere una dozzina di quelli attualmente esistenti. La potatura degli “enti territoriali autarchici” manifestamente superflui fu tra i meriti dimenticati del “ventennio”. Quella era un'operazione da proseguire, statistiche demografiche alla mano e con responsabile confronto costi/benefici tra popolazione, uffici e servizi. L'avvento dell'informatica rende del tutto obsoleti confini amministrativi che risalgono al medioevo. Ma il nostro rimane il Paese che si appassiona al trasloco di un comunello da una all'altra regione e sogna una, cento, mille Seborga, ciascuna con la sua moneta e le sfilate in fantasiosi costumi d'antan. Né si accampi la difesa della “democrazia”, quando si constata che alle urne ormai va solo il 30-40% degli aventi diritto.
Chiudere gli occhi dinnanzi alla gracilità delle Istituzioni significa concorrere a disfare quanto resta dell'Italia. In attesa di freddo più pungente, di neve e disagi maggiori, che dovrebbero indurre a pacata riflessione (come accade, ma solo sempre per poche ore, a cospetto di catastrofi naturali), ricordiamo due mali oscuri destinati a pesare drammaticamente negli anni venturi.
In primo luogo l'attuale prolungato vuoto di politica estera.
Nel volgere di due anni si sono susseguiti eventi epocali sui quali il governo è risultato un po' balbettante, un po' del tutto afono. Dinnanzi alla uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea Roma è andata a rimorchio di previsioni errate (ricordiamo che l'indomani del voto un celebre quotidiano milanese intitolò che l'Inghilterra aveva scelto l'Europa: ...giornalismo d'élite), tacque, auspicò, corse dietro ai fantasmi. Come hanno scritto Daniele Capezzone e Federico Punzi in “Brexit. La sfida” un governo saggio non doveva essere né pro né contro, ma manifestarsi “anti-anti-Brexit”. Non doveva dare corda a chi voleva l'uscita ma neppure a chi era favorevole. Doveva informarsi e ragionare. Soprattutto non doveva demonizzare la decisione di un voto popolare. Siamo sommersi da querule lamentazioni sulle interferenze del perfido Putin nella politica interna e sul voto di questo o quel paese. Dov'è la novità? Forse che dal 1946-1947 e seguenti gli italiani hanno votato sulla base di convincimenti razionali autonomi senza alcuna influenza esterna? Forse nel 1945-46 in Italia nessuno attendeva l'arrivo dell'Armata Rossa? Forse nessuno si aspettava gli aiuti degli Stati Uniti? E quelle erano o no “interferenze”? Non lo fu l'incombenza del rovinoso trattato di pace?
Il secondo evento traumatico è stata la proclamazione dell'indipendenza della Catalogna da parte di un sedicente governo autonomo composto di avventurieri falso-romantici che confondono autonomie con sovranità. Anche in questo caso Roma non ha detto alcuna parola forte e chiara. Eppure in quest'occasione l'Unione Europea è stata meno flebile del solito. Una volta tanto il presidente della Commissione Europea e quello del Parlamento europeo, Tajani, hanno usato il tono giusto: nessun riconoscimento di un atto palesemente illegale e, usiamo il termine esatto, sovversivo, “rivoluzionario”. Affannato a distinguere tra referendum locali e pazzie catalane il governo annaspò. I catalani hanno diritto di proclamare una repubblica indipendente quanto ne hanno gli abitanti di un qualunque villaggio europeo di proclamarsi Stato sovrano per antica investitura del Sacro Romano Imperatore. Buffonate di smemorati. Confusione tra il passato remoto e la realtà fattuale. Tanto vale chiedere danni alla Tunisia per l'invasione di Annibale, elefanti compresi. Tra poco il “caso Catalogna” diventerà incandescente. Nell'interesse generale e permanente dei cittadini il governo d'Italia ha il dovere di schierarsi, proprio perché il silenzio sarebbe una colpevole interferenza contro la Spagna, l'Europa e se stessa. Si pecca di pensieri, in atti e omissioni. Non schierarsi a fianco dello Stato di Spagna significa fomentare il caos in ciascuno dei membri dell'Unione, anzitutto in un Paese di unità recente e fragile come l'Italia, nel quale imperversano leggende fatticce sui “Carnefici liguro-piemontesi” ( e magari massoni), colpevoli di averla unificata.
Preoccupa infine che i due presidenti delle Camere (ideologicamente purtroppo allineati in una stessa direzione: contro il governo in carica) abbiano manifestato opzioni personali a pochi mesi dalle elezioni politiche. A quel modo hanno messo a nudo l'abissale distanza tra la Repubblica e la Monarchia. La seconda carica dello Stato, piaccia o meno a chi “pro tempore” la riveste, deve essere esattamente come il Presidente: incarnare tutti i cittadini, senza distinzioni di sorta, come fa quotidianamente il senatore Sergio Mattarella. Lo fece egregiamente Cesare Merzagora (ne scrive bene Tito Lucrezio Rizzo in “Parla il Capo dello Stato”, ed. Gangemi) in una stagione drammatica. Quando necessario, il presidente del Senato sostituisce il Presidente della Repubblica. Quindi non può essere “di parte” e non deve neppure apparirlo. Diversamente mette a repentaglio le Istituzioni, le getta nella mischia, le spoglia del carisma di chi è “super partes” ed “erga omnes”. Deve condursi (come fa l'attuale) sulla scia di Luigi Einaudi, il cui rapporto con i cittadini emerge dal bel volume di Teresa Bertilotti, “Caro Presidente. Gli italiani scrivono al Quirinale (1946-1971)” (ed. Le Monnier) candidato al Premio Acqui Storia 2017.
Incombono mesi molto difficili. Richiedono equilibrio, responsabilità, lungimiranza.
Regioni “di confine”, come l'intera Italia settentrionale e specialmente il Nord-Ovest, hanno motivo di attendersi più politica estera, più sovranità nazionale, più certezze istituzionali, più sintonia vera con governi che conviene rimangano stabili, come quello di Spagna. Non è tempo di creme catalane. È tempo di più Italia in più Europa, un Occidente che da dall'Atlantico a Vladivostok e continua sino a Londra. Il “mondo” già chiaro a Joseph de Maistre e a Cesare Balbo.
Aldo A. Mola
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Serbi e croati nasionałisti asolti e condannati ???

Messaggioda Berto » mer nov 29, 2017 9:19 pm

Condannato a 20 anni per crimini di guerra, l'ex comandante croato si avvelena in tribunale e muore

http://www.huffingtonpost.it/2017/11/29 ... t-homepage


Il generale croato Slobodan Praljak è deceduto in un ospedale all'Aja, dopo aver bevuto stamane in diretta televisiva una bottiglietta di veleno al momento della conferma della sentenza di colpevolezza per crimini di guerra con la condanna a vent'anni di carcere al Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia. Lo riportano i media.

Prima di bere il veleno, il generale croato ha detto "Slobodan Praljak non è un criminale di guerra e con sdegno respingo la sentenza" del Tpi.

Nel frattempo è ripresa la lettura delle sentenze in appello dei tre rimanenti croati bosniaci per i quali sono state quasi per intero confermate le condanne di colpevolezza espresse in primo grado nel 2013. I giudici non hanno menzionato il gesto di Praljak, ma è solo stato detto che alle autorità olandesi è stata richiesta un'inchiesta sull'accaduto.

La presidente della Croazia, Kolinda Grabar Kitarovic, ha interrotto una visita in Islanda ed è in viaggio per Zagabria. Il premier Andrej Plenkovic si rivolgerà alla nazione nel tardo pomeriggio.


Chi era Slobodan Praljak, l'uomo che distrusse il ponte di Mostar.
È morto Slobodan Praljak, il leader croato-bosniaco che oggi -con un gesto clamoroso- ha ingerito veleno in aula durante il processo a suo carico nel Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Da Mosca il corrispondente Sergio Paini racconta chi è stato Slobodan Praljak. Il criminale di guerra era stato accusato, tra l'altro, di aver ordinato la distruzione del famoso ponte di Mostar nel novembre 1993, un atto che secondo i giudici "aveva causato danni sproporzionati alla popolazione civile musulmana".
http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... 4d487.html



Slobodan Praljak e il mito della “Grande Croazia”
L’ex generale che si è ucciso all’Aja era uno dei sei leader militari e politici condannati in primo grado nel 2013 per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra questi lo stupro e l’omicidio di musulmani bosniaci
Slobodan Praljak, nato nel 1945 e condannato a 20 anni di pena per i crimini durante la guerra dell’ex Jugoslavia

29/11/2017

http://www.lastampa.it/2017/11/29/ester ... agina.html

Slobodan Praljak, 72 anni, morto dopo aver ingerito veleno in aula all’Aja durante il processo di appello celebrato dal Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia, era uno dei sei leader militari e politici croato-bosniaci condannati in primo grado nel 2013 per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra questi lo stupro e l’omicidio di musulmani bosniaci. Gli imputati erano stati accusati di aver messo in atto un’operazione di pulizia etnica per espellere i non croati da determinate aree del territorio della repubblica di Bosnia Erzegovina, da integrare successivamente - tramite, prima, semplice rafforzata cooperazione, quindi vera e propria annessione - in una “grande Croazia”.

NEL MIRINO MUSULMANI E NON CROATI

Per farlo commisero crimini nei confronti dei musulmani e di altri non-croati che comprendevano omicidi, aggressioni sessuali e stupri, distruzione di proprietà, detenzione e deportazione, recitava l’atto di accusa del tribunale ad hoc dell’Onu che li aveva condannati in prima istanza. Jadranko Prlic, Bruno Stojic, Milivoj Petkovic e Valentin Coric furono riconosciuti colpevoli di 22 capi di imputazione elencati nell’atto di incriminazione. Prlic, ex presidente del Consiglio di difesa croato e successivamente a capo del governo dell’entità autoproclamata in Bosnia negli anni della guerra, l’Herzeg-Bosnia, venne condannato a 25 anni di carcere. Gli altri tre a pene comprese tra i 16 e i 20 anni. Due di loro, tra cui Praljak, vennero assolti da alcuni capi di imputazione. Praljak, già assistente del ministro della Difesa croato, fu condannato comunque a 20 anni di carcere.

IL CASO MOSTAR

Il Tribunale, nell’atto d’accusa, si concentrava sui crimini commessi in otto municipalità, tra cui Mostar, considerata capitale della Bosnia Erzegovina. Nella maggior parte dei casi, concludeva, «i crimini non vennero commessi da alcuni soldati indisciplinati ma furono al contrario il risultato di un piano elaborato dagli accusati per allontanare la popolazione musulmana. Nel caso della storica città di Mostar, venne usata una «estrema violenza» per espellere i musulmani dalla parte occidentale della città: «I musulmani venivano svegliati in piena notte, pestati e cacciati dalle loro case, molte donne, tra cui una ragazza di 16 anni, vennero violentate» dai soldati del consiglio di difesa croato. Dal giugno 1993 all’aprile 1994 Mostar Est venne tenuta sotto assedio e la popolazione musulmana fu oggetto di bombardamenti «intensi e costanti», con molti morti e feriti tra i civili.

UNDICI ANNI DI PROCESSO

Altre testimonianze raccolte per quel processo parlavano di abusi contro i prigionieri musulmani nei centri di detenzione del Consiglio di difesa croato, dai pestaggi alle aggressioni sessuali all’uso dei detenuti per lavori forzati sulle linee del fronte. Il processo, iniziato nell’aprile 2006, vide sfilare oltre 200 testimoni, 145 dei quali chiamati a deporre dalla procura. Un aspetto importante della sentenza e del primo atto di accusa è che nell’impresa criminale, che consisteva nel voler annettere territori bosniaci alla Croazia, vennero inclusi anche l’allora presidente Franjo Tudjman e altri responsabili politici. La sentenza ha provocato una forte reazione in Croazia, dove diversi politici l’hanno definita «politica» e «iniqua». Il parlamento ha interrotto una sessione e il presidente Kolinda Grabar-Kitarovic ha sospeso la visita in Islanda per rientrare con urgenza mentre il premier conservatore Andrej Plenkovic interverrà nel pomeriggio.



Ex Jugoslavia, generale croato beve veleno in aula dopo la condanna a 20 anni e muore
di F. Q. | 29 novembre 2017

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... re/4008884


La Corte dell’Aia ha confermato in appello la condanna a 20 anni di carcere accusato di crimini di guerra perpetrati contro la popolazione musulmana durante il conflitto in Bosnia (1992-1995).
Ma mentre era ancora in corso la lettura della sentenza l’imputato, il generale croato Slobodan Praljak, 72 anni, ha bevuto in diretta televisiva una bottiglietta di veleno che aveva portato con sé. È morto poco dopo in un ospedale all’Aja. Dopo avere ingerito il liquido, Praljak ha detto: “Ho appena bevuto del veleno” e “non sono un criminale di guerra. Mi oppongo a questa condanna”. A quel punto il giudice che presiedeva l’udienza l’ha sospesa e chiamato un dottore.

Il generale era uno di sei ex leader politici e militari croato-bosniaci a processo alla Corte dell’Aia. La condanna a 20 anni per Praljak era stata originariamente emessa nel 2013, per crimini di guerra commessi nella città di Mostar. Nonostante croato-bosniaci e musulmani siano stati alleati contro i serbo-bosniaci nella guerra del 1992-1995, per 11 mesi hanno anche combattuto fra loro, e alcuni dei combattimenti più feroci hanno avuto luogo proprio a Mostar. Praljak, ex comandante delle forze croato-bosniache del Consiglio di difesa croato Hvo, è stato incarcerato per crimini contro l’umanità: la Bbc ricorda che, secondo quanto accertato dal tribunale Onu, informato del fatto che i soldati stavano raccogliendo musulmani a Prozor nell’estate del 1993, non aveva fatto alcun tentativo significativo di fermarne l’azione; e non aveva agito neanche dopo avere ricevuto le informazioni sul fatto che fossero in programma omicidi, attacchi a membri delle organizzazioni internazionali e la distruzione dello storico ponte di Mostar e di moschee. Il Tribunale penale internazionale per la Ex Jugoslavia, istituito dalle Nazioni unite nel 1993, chiuderà i battenti il mese prossimo, quando scadrà il suo mandato.

I leader croato-bosniaci condananti dalla Corte dell’Aja – Praljak era uno dei sei leader militari e politici croato-bosniaci condannati in primo grado nel 2013 per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra questi lo stupro e l’omicidio di musulmani bosniaci. Gli imputati – Jadranko Prlic, 58, Praljak, Bruno Stojic, Milivoj Petkovic, Valentin Coric e Berislav Pusic – erano stati accusati di aver messo in atto un’operazione di pulizia etnica per espellere i non croati da determinate aree del territorio della repubblica di Bosnia Erzegovina, da integrare successivamente – tramite, prima, semplice rafforzata cooperazione, quindi vera e propria annessione – in una ‘grande Croazia‘.

Per farlo commisero crimini nei confronti dei musulmani e di altri non-croati che comprendevano omicidi, aggressioni sessuali e stupri, distruzione di proprietà, detenzione e deportazione, recitava l’atto di accusa del tribunale ad hoc dell’Onu che li aveva condannati in prima istanza. Prlic, Stojic, Petkovic e Coric furono riconosciuti colpevoli di 22 capi di imputazione elencati nell’atto di incriminazione. Prlic, ex presidente del Consiglio di difesa croato e successivamente a capo del governo dell’entità autoproclamata in Bosnia negli anni della guerra, l’Herzeg-Bosnia, venne condannato a 25 anni di carcere. Gli altri tre a pene comprese tra i 16 e i 20 anni. Due di loro, tra cui Praljak, vennero assolti da alcuni capi di imputazione. Praljak, già assistente del ministro della Difesa croato, fu condannato comunque a 20 anni di carcere.

Il Tribunale, nell’atto d’accusa, si concentrava sui crimini commessi in otto municipalità, tra cui Mostar, considerata capitale della Bosnia Erzegovina. Nella maggior parte dei casi, concludeva, “i crimini non vennero commessi da alcuni soldati indisciplinati ma furono al contrario il risultato di un piano elaborato dagli accusati per allontanare la popolazione musulmana. Nel caso della storica città di Mostar, venne usata una “estrema violenza” per espellere i musulmani dalla parte occidentale della città: “I musulmani venivano svegliati in piena notte, pestati e cacciati dalle loro case, molte donne, tra cui una ragazza di 16 anni, vennero violentate” dai soldati del consiglio di difesa croato.

Dal giugno 1993 all’aprile 1994 Mostar Est venne tenuta sotto assedio e la popolazione musulmana fu oggetto di bombardamenti “intensi e costanti”, con molti morti e feriti tra i civili. Altre testimonianze raccolte per quel processo parlavano di abusi contro i prigionieri musulmani nei centri di detenzione del Consiglio di difesa croato, dai pestaggi alle aggressioni sessuali all’uso dei detenuti per lavori forzati sulle linee del fronte. Il processo, iniziato nell’aprile 2006, vide sfilare oltre 200 testimoni, 145 dei quali chiamati a deporre dalla procura.

Un aspetto importante della sentenza e del primo atto di accusa è che nell’impresa criminale, che consisteva nel voler annettere territori bosniaci alla Croazia, vennero inclusi anche l’allora presidente Franjo Tudjman e altri responsabili politici. La sentenza ha provocato una forte reazione in Croazia, dove diversi politici l’hanno definita “politica” e “iniqua”. Il parlamento ha interrotto una sessione e il presidente Kolinda Grabar-Kitarovic ha sospeso la visita in Islanda per rientrare con urgenza mentre il premier conservatore Andrej Plenkovic interverrà nel pomeriggio.

Il ponte di Mostar – Lo ‘Stari Most’, il Vecchio Ponte di Mostar, perla dell’architettura ottomana del ‘500 del quale il generale croato-bosniaco Slobodan Praljak ordinò la distruzione, era un legittimo obiettivo militare secondo i giudici del Tribunale internazionale dell’Aja (Tpi), che oggi hanno confermato in appello le condanne per crimini di guerra per sei massimi esponenti politici e militari croato-bosniaci. Il sultano della Sublime Porta lo aveva ordinato al suo migliore architetto, Hajruddin, ma lo aveva anche minacciato del taglio della testa se il ponte non avesse retto. Il giorno in cui, nel 1566, dopo anni di lavoro, lo Stari Most fu sciolto dalle impalcature, Hajruddin non ebbe il coraggio di assistere e si nascose in un casolare di campagna. Fu un emissario inviato dai notabili della città che lo raggiunse lanciando il cavallo al galoppo per portargli la notizia che il suo ponte aveva retto ed era bellissimo. Bianco con la sua volta a schiena d’asino, ha resistito per 427 anni a guerre, inondazioni e terremoti. Poi la mattina del 9 novembre del 1993 le sue pietre bianche precipitarono nelle acque verde smeraldo della Neretva, colpite da tre granate, ma il suo crollo era stato preparato il giorno prima con almeno 60 proiettili di grosso calibro sparati dalle truppe croato-bosniache al comando di Slobodan Praljak. Quando lo Stari Most collassò nel fiume, Praljak, che per sua stessa ammissione ne aveva ordinato il bombardamento, disse: “Non è che un vecchio ponte”, aggiungendo che per un dito dei suoi soldati ne avrebbe distrutti altri cento. Il nuovo Vecchio Ponte, ricostruito grazie alle donazioni di Italia, Francia, Turchia, Olanda e Croazia, fu inaugurato nel 2004.
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Re: Serbi e croati nasionałisti asolti e condannati ???

Messaggioda Berto » mer nov 29, 2017 10:57 pm

LA VULGATA UFFICIALE SULLA EX JUGOSLAVIA (VULGATA DIFFUSA DAGLI ANNI '90 IN POI DAI CLINTON, E DA NESSUN PIRLA UE/ONU MAI CONTESTATA)

https://www.facebook.com/helga.valli?hc ... rlTOuSQZXs

oltre ad essere fasulla (per altro non dire) non è mai stata accettata né dai croati né dai serbi , che hanno finto di approvarla solo per evitare di finire strangolati .
Il suicidio in diretta tv del ex generale croato ha provocato un'ondata di risentimento popolare in Croazia , così come sotterraneamente accaduto in Serbia per Miloscevic.
Aver regalato ai mussulmani bosniaci e kossovari terre oggetto delle secolari battaglie di popoli ortodossi e cattolici contro gli ottomani è stato un gravissimo errore , le cui conseguenze sono già evidenti : l'Islam fondamentalista insediato nel cuore dei Balcani , ed ivi mantenuto a spese dei creduloni UE .
Lo sanno tutti , cosa accade in tali protettorati , ma la parola d'ordine è TACERE .



Il veleno del generale e la fine della tregua in Bosnia
Guido Villa
Praljak beve il veleno subito dopo la lettura della sentenza
30/11/2017

http://www.lanuovabq.it/it/il-veleno-de ... -in-bosnia

L'udienza di ieri della Corte di Appello del Tribunale Internazionale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia dell’Aja - l’ultima in assoluto di questo Tribunale - avrebbe dovuto essere di assoluta routine ed era destinata a mettere l’ultimo tassello al teorema della comunità internazionale sulla guerra scoppiata negli anni novanta del secolo scorso nei Paesi resisi indipendenti dalla Jugoslavia, vale a dire il teorema della guerra civile in cui tutti i protagonisti sono stati colpevoli.

Tale tassello era rappresentato dalla scontata conferma delle condanne a dure pene detentive per sei uomini politici e militari dell’entità croata di Bosnia-Erzegovina al tempo della guerra, la Repubblica croata di Herceg-Bosna, e del suo braccio militare, il HVO (Hrvatsko Vijece obrane - Consiglio croato di difesa).

La routine di una sentenza scontata è stata sconvolta dal suicidio in aula di uno degli imputati, il generale Slobodan Praljak, avvenuto ingerendo un liquido da una boccetta che portava con sé, fatto ancora più drammatico in quanto avvenuto in diretta televisiva. E come sempre è accaduto in questi anni per le più importanti sentenze dall’Aja, la TV pubblica croata trasmetteva in diretta l’avvenimento.

Slobodan Praljak, settantaduenne, nativo di Čapljina, in Erzegovina, plurilaureato e di professione regista teatrale e cinematografico, si era guadagnato i galloni di generale organizzando con successo la quasi disperata difesa di Sunja, località a un’ottantina chilometri a sud di Zagabria e non lontana dal confine con la Bosnia-Erzegovina, attaccata nei primi mesi di guerra dai ribelli serbi appoggiati dall’esercito regolare jugoslavo.

In seguito, si trasferì nella natia Erzegovina, dove ricoprì fino al novembre 1993 ruoli di primo piano nell’HVO, distinguendosi nella direzione delle operazioni militari a difesa delle aree abitate in maggioranza da croati oggetto di attacco da parte dei musulmano-bosniaci.

Insieme agli altri cinque imputati di questo processo, e ai vertici di allora della Repubblica di Croazia - il presidente Franjo Tudjman, il ministro della difesa Gojko Šušak e il capo di stato maggiore dell’esercito Janko Bobetko, era accusato di partecipazione a un’associazione criminale che con la fondazione della Repubblica croata di Herceg-Bosna si sarebbe proposta di annettere alla Croazia le aree a maggioranza croata dalla Bosnia-Erzegovina, nonché di responsabilità di comando per crimini contro l’umanità, rappresentati da violenze contro civili musulmani e distruzioni di villaggi. Accuse generiche senza alcun riferimento a fatti specifici.

La sentenza di appello di ieri ha confermato in pieno l’impianto accusatorio.

In realtà la creazione della Repubblica croata di Herceg-Bosna rappresentò un atto di autodifesa dei croati di Bosnia-Erzegovina non solamente contro i serbi, bensì anche contro la crescente radicalizzazione in senso islamico dello Stato centrale e dell’esercito bosniaci. Molti mujaheddin arabi si erano arruolati in milizie bosniaco-musulmane che combattevano a fianco dell’esercito regolare. Sebbene sia ovvio che in caso di disintegrazione della Bosnia-Erzegovina i territori con maggioranza di popolazione croata sarebbero entrati a far parte della Repubblica di Croazia, presso i vertici dello Stato croato non vi fu a priori l’intenzione di annettersi i territori della Bosnia-Erzegovina.

A conferma di questo vi è l’attiva collaborazione tra Croazia e Bosnia-Erzegovina in ambito militare. Fu infatti grazie all’operazione Tempesta dell’agosto 1995, che liberò Knin e le aree occupate in Croazia dai ribelli serbi, che fu tolto l’assedio a Bihac, che rischiava di diventare una nuova e ben più grande Srebrenica, e che fu posta fine alla guerra in Bosnia.

Inoltre, durante la guerra in Bosnia la Croazia ospitò sul proprio territorio centinaia di migliaia di profughi musulmano-bosniaci, e ciò in un periodo in cui essa stessa aveva circa un milione di profughi fuggiti dalle aree occupate dai serbi.

In quel microcosmo impazzito che era la Bosnia-Erzegovina anche durante il conflitto tra croati e musulmani vi erano aree dove essi combattevano insieme contro i serbi - ad esempio, all’HVO fu assegnata la prima linea di difesa di Sarajevo, e lo stesso Praljak sovrintendeva l’invio di armi agli assediati della capitale bosniaca.

La storia di Praljak e degli altri imputati di questo processo di appello è la storia di tutti i generali e ufficiali croati che dopo avere rischiato la vita e difeso con successo il proprio popolo dal rischio di genocidio e di espulsione in massa dalla propria terra - il destino degli abitanti di Vukovar, Škabrnja, Knin, Aržano, Benkovac, Derventa, sarebbe stato il destino dell'intero popolo croato se esso non si fosse difeso strenuamente, all'inizio quasi a mani nude - a un certo punto si trovarono a essere accusati dalla comunità internazionale, bisognosa di trovare dei colpevoli per scrollarsi di dosso le proprie responsabilità di non avere fatto nulla per impedire il conflitto e fermare l’aggressore.

I generali croati Gotovina, Čermak e Markač, che nel 1995 guidarono l’Operazione Tempesta e insieme ai musulmani bosniaci stavano conquistando la Republika Srpska prima di essere fermati da un ordine perentorio degli Stati Uniti, furono condannati in primo grado a dure pene detentive, per poi essere assolti in secondo grado. Praljak e gli altri imputati dell’Herceg-Bosna sono stati meno fortunati.

È indubbio che vi siano state violenze anche da parte croata, ed esse vanno condannate, tuttavia non vi fu un’associazione criminale che avesse lo scopo di compiere violenze, stupri o pulizia etnica degli abitanti musulmani, come afferma la sentenza pronunciata ieri.

Dopo la sentenza dell’Aja e il gesto estremo del generale Praljak, i sentimenti comuni della stragrande maggioranza dei croati sono di incredulità e choc.

In un’ottica cristiana, tale gesto non può essere approvato, tuttavia se ne può comprendere il motivo: è il grido estremo di un uomo che prima di assumere volontariamente il veleno che lo avrebbe ucciso, ha gridato al giudice che aveva appena confermato per lui la sentenza di condanna, parlando di se stesso ma anche, in generale, del suo popolo: «Slobodan Praljak non è un criminale di guerra».

Questo grido di protesta è indirizzato anche verso la classe politica croata e il modo in cui essa, negli ultimi quindici anni, ha gestito i rapporti con la comunità internazionale con riferimento ai processi svoltisi dinanzi al Tribunale dell’Aja.

Le lacrime del primo ministro Plenkovic rispondendo alle domande sulla sentenza di ieri e sul suicidio di Praljak non possono far dimenticare che, come ha scritto Zeljka Markic, leader del movimento U ime obitelji (Nel nome della Famiglia), questi fatti sono «il frutto dell'incapacità e del servilismo di tutti i governi croati dal 2000 fino all'anno scorso». Era infatti troppo importante entrare nell’Unione Europea e nella NATO, bisognava sempre accettare i diktat provenienti da Bruxelles, anche a costo di sfigurare la dignità del proprio popolo.

L’altro ieri il quotidiano di Zagabria Večernji List scriveva che solo una sentenza di appello dall'Aja che riformasse la sentenza di primo grado contro i sei croati di Bosnia-Erzegovina avrebbe rappresentato un fondamento per la riconciliazione fra le varie etnie di quel Paese.

La conferma delle condanne e il suicidio di Praljak rappresentano quindi con tutta probabilità l’inizio della fine della tregua tra croati e bosniaco-musulmani e della Bosnia-Erzegovina come entità statale, con le conseguenze che purtroppo possiamo immaginare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Serbi e croati nasionałisti asolti e condannati ???

Messaggioda Berto » gio nov 30, 2017 6:50 am

Bosnia e Kossovo cavalli di troia de l'islam ?
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