Nota stampa del direttore dell'Istituto di tecnologia delle costruzioni del Consiglio nazionale delle ricerche Cnr-Itc, Antonio Occhiuzzi, relativa al ponte Morandi di Genova crollato il 14 agosto, alle ore 11,50.https://www.facebook.com/roberto.gresle ... 4736948647 Il viadotto Morandi, che scavalca il fiume Polcevera alla periferia di Genova, deve il suo nome al geniale progettista/esecutore dell’opera, uno dei nomi che, insieme a Freyssinet (Francia), Leonhardt (Germania) e Maillart (Svizzera), nel XX secolo ha modificato la concezione dei ponti in Europa e nel mondo. Realizzato tra il 1963 al 1967, è un esempio di razionalismo 'assoluto': l’intera, essenziale geometria ripercorre le linee di forza che sono capaci di garantire l’equilibrio dell’opera sotto l’azione del peso proprio e del traffico stradale.
Il viadotto si compone di due tratti di accesso e di uscita e di una parte centrale, quella più caratteristica, formata da 6 tratti, sostenuti a due a due da un pilone centrale dal quale si dipartono gli elementi inclinati denominati “stralli”. Due le particolarità strutturali di questo ponte: gli stralli, che a differenza di quanto avviene per i ponti in acciaio non formano un ventaglio o un’arpa, sono solo una coppia per lato e sono realizzati in calcestruzzo armato precompresso; le modalità di realizzazione dell’impalcato (la parte che sostiene direttamente il piano viabile) in calcestruzzo armato precompresso, secondo un brevetto ideato dallo stesso Morandi.
Il crollo di stamattina, per quanto si può capire assolutamente improvviso, può dipendere da moltissime causa diverse. Preliminarmente, però, è possibile fare qualche considerazione di carattere generale.
Gli stralli in calcestruzzo armato precompresso, realizzati anche per altri viadotti analoghi (sul lago di Maracaibo in Venezuela, ma anche in Basilicata, per esempio), hanno mostrato una durabilità relativamente ridotta. E la statica di un ponte di questo tipo dipende fondamentalmente dal comportamento e dallo “stato di salute” degli stralli.
Nel caso in questione, in particolare, una parte degli stralli è stata oggetto di un importante e chiaramente visibile intervento di rinforzo, ma il tratto crollato è un altro. È necessario capire perché, in presenza di elementi che hanno indotto a rinforzare alcuni stralli, non siano state operate le medesime cure sugli altri, gemelli e coevi.
Risulta inoltre che il viadotto Morandi fosse sotto continua e costante osservazione, e non c’è alcun motivo di dubitare che la società concessionaria abbia utilizzato tutte le tecnologie oggi disponibili al riguardo. Il crollo improvviso, quindi, fa dedurre che i sistemi di monitoraggio e sorveglianza adottati non sono ancora sufficientemente evoluti per scongiurare tragedie come quella di stamattina.
A carattere ancor più generale, va ricordato che la sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante 'regolarità': nel luglio 2014 è crollata una campata del viadotto Petrulla, sulla strada statale 626 tra Ravanusa e Licata (Agrigento), spezzandosi a metà per effetto della crisi del sistema di precompressione; nell’ottobre 2016 è crollato un cavalcavia ad Annone (Lecco) per effetto di un carico eccezionale incompatibile con la resistenza della struttura, che però è risultata molto invecchiata rispetto all’originaria capacità; nel marzo 2017 è crollato un sovrappasso dell’autostrada adriatica, ma per effetto di un evento accidentale durante i lavori di manutenzione; nell’aprile 2017 è crollata una campata della tangenziale di Fossano (Cuneo), spezzandosi a metà in assenza di veicoli in transito e con modalità molto simili a quelle del viadotto Petrulla. Oggi è crollata una parte del viadotto Morandi, che probabilmente comporterà la demolizione completa e la sostituzione dell’opera. L’elemento in comune alla fenomenologia descritta è l’età (media) delle opere: gran parte delle infrastrutture viarie italiane (i ponti stradali) ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla vita utile associabile alle opere in calcestruzzo armato realizzate con le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni ’50 e ’60).
In pratica, decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti, secondo un equilibrio tra costi ed esigenze della ricostruzione nazionale dopo la seconda guerra mondiale e la durabilità delle opere. In moltissimi casi, i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione; quelli ricostruiti, inoltre, sarebbero dimensionati per i carichi dei veicoli attuali, molto maggiori di quelli presenti sulla rete stradale italiana nella metà del secolo scorso.
Il problema ha dimensioni grandissime: il costo di un ponte è pari a circa 2.000 euro/mq; pertanto, ipotizzando una dimensione 'media' di 800 mq e un numero di ponti pari a 10.000, le cifre necessarie per l’ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in decine di miliardi di euro. Per evitare tragedie come quella accaduta stamattina sarebbe indispensabile una sorta di “piano Marshall” per le infrastrutture stradali italiane, basato su una sostituzione di gran parte dei ponti italiani con nuove opere caratterizzate da una vita utile di 100 anni. Così come avvenuto negli anni ’50 e ’60, d’altra parte, le ripercussioni positive sull’economia nazionale, ma anche quelle sull’indebitamento, sarebbero significative.
Renzo Piano alla Repubblica: "I ponti non crollano per fatalità. Nessuno dunque venga a dirci questo"2018/08/15
https://www.huffingtonpost.it/2018/08/1 ... n=trending Non è certo colpa della casualità né della topografia della fragile Genova. Io non so cos'è accaduto, posso dire però che non credo al fatalismo che considera incontrollabile l'anarchia della natura, dei fulmini e della pioggia. I ponti non crollano per fatalità. Nessuno dunque venga a dirci che è stata la fatalità". Lo afferma l'architetto genovese Renzo Piano, senatore a vita, in un'intervista a Repubblica.
"All'opposto della fatalità c'è la scienza. L'Italia è un paese di grandi costruttori, progettisti geniali, scienziati e umanisti. E però non applicano quella scienza che viene prima della manutenzione e si chiama diagnostica. In medicina nessuno fa niente senza una diagnosi. I ponti, le case e tutte le costruzioni vanno trattati come corpi viventi. In Italia produciamo apparecchiature diagnostiche sofisticatissime e strumentazioni d'avanguardia che esportiamo in tutto il mondo. Ma non li usiamo sulle nostre costruzioni".
L'auspicio di Renzo Piano è che questa tragica lezione venga compresa.
"Io spero che il maledetto crollo di questo ponte ci faccia riflettere e ci faccia uscire dall'oscurantismo culturale del 'secondo me si fa così'. Per esempio con la termografia possiamo determinare lo stato di salute di un muro senza neppure bucarlo, proprio come avviene con il corpo umano: si comincia col misurare le temperature delle sue varie parti" [...] "Io credo che la manutenzione non sia mai mancata. Quel ponte l'ho sempre visto sotto controllo. Ma Genova è una città fragile, divisa in due, ed è lunga 20 chilometri. Il ponte è stato sollecitato all'inverosimile".
Guardando al domani, "per tenere assieme Levante e Ponente forse dovrebbero pensare a un incremento del trasporto sul ferro e sull'acqua. Ma - conclude Piano - questo è il momento del cordoglio e del lutto".
«Ecco perché è crollato il ponte», la denuncia di un ingegnere che l'ha costruitohttps://video.corriere.it/ecco-perche-c ... 6d93fd6b87Il disastro del morandi - Il mistero del maxi-appalto per rinforzare i tiranti e i lavori rinviati a dopo l’estate2018/08/15
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2018 ... alto.shtmlGenova - Gli accertamenti scattati subito dopo il disastro di Genova (foto e video) ci dicono tre cose. Primo: Autostrade sapeva qual era l’emergenza, ma i tempi sono andati fuori controllo. Al punto che a maggio aveva bandito un maxi-appalto da 20 milioni con procedura ristretta, cioè a chiamata per accelerare, con l’obiettivo di rinforzare i “tiranti” superiori, il cui cedimento rappresenta agli occhi degli esperti la probabile causa dello scempio. I lavori, molto delicati, complessi e invasivi , dovevano iniziare subito dopo l’estate, ma evidentemente i calcoli erano sbagliati e non risulta fossero installati sensori per monitorare in tempo reale la tenuta del viadotto.
Secondo: sempre Autostrade è, di fatto, l’unico controllore di se stesso, esegue con personale proprio ispezioni e (auto)certificazioni, oppure le affida a consulenti pagati dalla medesima società. Nessun ente pubblico compie screening autonomi, perversione d’una norma le cui conseguenze possono essere catastrofiche. Terzo: già a fine Anni 90 l’Ordine degli ingegneri di Genova, lo conferma Donatella Mascia che ne fu presidente dal 1993 al 1999, propose nero su bianco di affiancare alla struttura in calcestruzzo una in acciaio, per alleggerire Morandi ritenuto incontrollabile dato l’incremento del traffico. «I politici - spiega Mascia - preferirono continuare a discutere di fantascientifici tunnel sottomarini, mai realizzati, e il ponte rimase così com’era fino al crollo».
Crollo di ponte Morandi, lo Speciale del Secolo XIX
Il tempo scaduto
Autostrade per l’Italia aveva capito che il problema stava sopra, e non sotto. L’incubo era rappresentato da quelli che volgarmente chiamiamo tiranti, ma che sul piano tecnico si definiscono «stralli», anima in metallo e rivestimento in calcestruzzo, i bracci che scendono dalla sommità dei piloni verso la strada a disegnare una serie di V rovesciate, e dovrebbero tenere sospeso il piano su cui corrono i mezzi. Una parte, quella verso il levante, era stata rinforzata alla fine degli Anni 90, ma il segmento che (forse) ha ceduto no. E il problema era così serio che il 3 maggio scorso l’azienda, colosso delle infrastrutture italiane con interessi all’estero, aveva pubblicato un avviso di gara per 20.159.344 euro.
Definizione tecnica: «Interventi di retrofitting strutturale del viadotto Polcevera al km 0 + 551». Traduzione, esaminando il dettaglio dei progetti: messa urgente in sicurezza dei tiranti sulla parte poi crollata. Le offerte erano state presentate l’11 giugno e finita l’estate - per non intralciare il viavai turistico che segna la Liguria fino ai primi di settembre - sarebbe partito un intervento lungo 784 giorni, che avrebbe comportato blocchi a singhiozzo delle varie carreggiate.Spiega Enrico Sterpi, attuale segretario dell’Ordine degli ingegneri liguri: «Questo bando significa due cose: Autostrade aveva focalizzato la criticità ed era disposta a prendersi una bella responsabilità, con una gara ristretta per un importo tanto elevato. È chiaro insomma che a un certo punto ci fosse necessità di accelerare la procedura». Autostrade sul punto si limita a confermare l’approvazione della commessa e l’imminente via ai lavori.
L’(auto)vigilanza
Che obblighi di vigilanza aveva Autostrade per l’Italia? Chi esegue le verifiche? Quanto può metterci il naso lo Stato? Poiché il viadotto è stato realizzato nel 1967, il gestore non deve fornire un piano di manutenzione (il diktat vige per chi ha in carico le strutture nate dal ‘99 in poi). Non solo. Autostrade esegue per legge due tipi d’ispezione, certificate una volta compiute: trimestrale con personale proprio (controlli sostanzialmente visivi) e biennale con strumenti più approfonditi. In quest’ultimo frangente, al massimo, la ricognizione viene affidata a ingegneri esterni, ma alla fine sempre pagati da Autostrade. Né gli enti locali, né il ministero delle Infrastrutture intervengono con loro specialisti. E di fatto non esistono certificazioni di sicurezza recenti che non siano state redatte da tecnici retribuiti da Autostrade per l’Italia.
"I ponti svizzeri sono sicuri" - RSI Radiotelevisione svizzeraSul viadotto della Biaschina passano ogni giorno 20'000 mezzi (keystone)
Nella Confederazione una tragedia simile a quella di Genova non potrebbe accadere, sostiene l'Ufficio federale delle strade
16 agosto 2018
https://www.rsi.ch/news/ticino-e-grigio ... 80823.html I ponti autostradali in Svizzera sono circa 5'000, inclusi i cavalcavia. Ma una catastrofe come quella di Genova, nella Confederazione non sarebbe possibile, sia per via della manutenzione costante, sia per la certezza del sistema di finanziamento.
"I collaboratori dei centri di manutenzione delle autostrade controllano tutti i ponti, studiano il manto stradale, cercano eventuali crepe e una volta ogni cinque anni, ogni singolo ponte viene esaminato in dettaglio", spiega alla RSI Thomas Rohrbach, portavoce dell'Ufficio federale delle strade.
Ponti, in Svizzera controlli regolari
Ad essere determinante per la sicurezza non è l'età, quanto piuttosto il buono stato di "salute" del ponte. In questo senso, le risorse per i lavori di manutenzione sono essenziali. "In Svizzera abbiamo mezzi finanziari destinati solo alla manutenzione delle strade e questi mezzi sono garantiti dal fondo per le strade nazionali. Con questi soldi riusciamo a mantenere le infrastrutture in condizioni ottimali", assicura Rohrbach.
Il monitoraggio, in modo particolare, deve essere accurato. Per questo viene affidato ad esperti. Nel caso del viadotto della Biaschina (che è alto 100 metri e che deve sostenere ogni giorno circa 20'000 passaggi di mezzi), ad esempio, si occupa anche la SUPSI. "Noi siamo coinvolti come laboratorio di controllo dei materiali a tutta una serie di lavori, per esempio di prelievi sui ponti o sui rivestimenti della galleria, per controllare il degrado del ferro d'armatura e il contenuto di cloruro nei materiali cementizi, responsabile del deperimento del ferro", fa sapere Christian Paglia, direttore dell'Istituto materiali e costruzioni della SUPSI .
La manutenzione dei ponti
Anche a livello di progettazione ci sono alcune differenze sostanziali nelle infrastrutture attuali elvetiche rispetto al ponte Morandi. "In Svizzera di solito si lavora con il cemento armato pre-compresso, con i cavi annegati nel calcestruzzo, quindi non visibili all'esterno, mentre a Genova, la struttura di Morandi (molto ardita) ha pochi cavi e ha delle travi sospese con molti giunti, che sono dei punti molto deboli dove l'acqua può penetrare. Qui può partire la corrosione, ed è molto difficile fare una manutenzione", spiega inoltre Cristina Zanini Barzaghi, ingegnere civile.
"Viadotto a rischio crollo": per i grillini era una favolettaPaolo Bracalini - Mer, 15/08/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 65153.htmlLa frase choc dei 5 Stelle: «Può stare su altri cento anni» Da Grillo a Di Maio, così giustificavano il no alla Gronda
«Ci viene raccontata, a turno, la favoletta dell'imminente crollo del Ponte Morandi, come ha fatto per ultimo anche l'ex presidente della Provincia, il quale dimostra chiaramente di non avere letto la Relazione Conclusiva del Dibattito Pubblico, presentata da Autostrade nel 2009.
In tale relazione si legge infatti che il Ponte potrebbe star su altri cento anni a fronte di una manutenzione ordinaria con costi standard (queste considerazioni sono inoltre apparse anche più volte sul Bollettino degli Ingegneri di Genova)». Ecco cosa sosteneva sul sito del Movimento Cinque Stelle un comunicato del Comitato No Gronda (ieri subito rimosso dal M5s), il gruppo di attivisti contrari alla nuova infrastruttura detta «Gronda di Ponente» progettata appunto per alleggerire il tratto della A10 attorno alla città di Genova. Nella relazione descrittiva di Autostrade sulla finalità della Gronda si evidenzia che il punto più delicato di tutte la rete autostradale genovese è proprio il Ponte Morandi «con 25,5 milioni di transiti l'anno, caratterizzato da un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni». Un volume di traffico evidentemente insostenibile per la struttura progettata negli anni '60.
Tuttavia il M5s si è sempre opposto alla Gronda non solo a livello locale ma anche nazionale, in linea con il no a tutte le grandi opere infrastrutturali, considerate dai Cinque stelle solo sprechi di soldi pubblici e minacce ambientali. Anche la Gronda autostradale di Genova, considerato inutile dal M5s secondo cui il traffico non è tale da giustificare l'intervento da 4,7 miliardi. Proprio nei giorni scorsi il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli aveva inserito la Gronda tra i progetti «da sottoporre ad una revisione che contempli anche l'abbandono del progetto». E anche Di Maio, in campagna elettorale in Liguria, prometteva di bloccare il raddoppio autostradale a Genova: «Utilizziamo i soldi della Gronda per potenziare il trasporto pubblico, per potenziare la mobilità condivisa, soprattutto quella elettrica, per permettere il trasporto dei passeggeri su ferro» spiegava ad un'emittente genovese il candidato premier M5s. Beppe Grillo si è schierato in prima linea contro la Gronda, chiedendo in un comizio «l'intervento dell'esercito», e denunciando più volte sul sui blog i rischi dell'opera e la sua inutilità, «un business da miliardi di euro che non ha ragione di esistere, perché il flusso delle merci sui camion è finito, l'opera è basata su dati e proiezioni vecchi di almeno dieci anni» spiegava ancora nel 2009.
I consiglieri comunali M5s a Genova sono impegnati in una battaglia per non rinnovare la rete autostradale attorno alla città. «La Gronda è un'opera non solo inutile, ma anche dannosa. I veri problemi del Ponente sono ben altri, non di certo la viabilità» si legge in un post pubblicato sulla pagina ufficiale del gruppo Consiliare M5S Genova. Una convinzione inscalfibile anche a fronte anche di denunce precise sulla pericolosità del Ponte Morandi, addirittura di previsioni sul suo probabile crollo. Quella che fece nel 2012 in una intervista al SecoloXIX il presidente di Confindustria Genova Giovanni Calvini («Quanto tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto no alla Gronda»), a cui rispose in consiglio comunale, nella seduta del 4 dicembre 2012, Paolo Putti consigliere del MoVimento 5 stelle: «Colgo l'occasione per manifestare il mio sentimento di rabbia rispetto a questa affermazione. Prima di usare questo tono minaccioso dovrebbe informarsi. A noi Autostrade, in quest'aula, ha detto che per altri 100 anni (il ponte, ndr) può stare in piedi. Tra dieci anni gli imprenditori andranno a chiedere come mai si sono sperperati 5 miliardi che si potevano utilizzare per fare delle cose importanti per l'industria». Tutto inutile, è tutto un magna magna, il Ponte va benissimo, parola di grillino.
Ponte Morandi, quegli allarmi inascoltatiRaffaello Binelli - Ven, 17/08/2018
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 65679.html Parla l'ingegnere Pisani, che curò i lavori al ponte Morandi nei primi anni Novanta: "Vollero solo alcuni tiranti, perché non hanno voluto rinforzare tutto il ponte?". Diversi gli allarmi degli esperti rimasti inascoltati
Da una vecchia foto scattata alcuni anni fa si vede bene che il ponte Morandi di Genova aveva due tipi di stralli (tiranti): quelli originari, in cemento armato, e quelli in acciaio realizzati nei primi anni Novanta alla pila 11.
A cedere sono stati i primi. Lo stesso lavoro di manutenzione straordinaria era previsto per la pila 9 e la pila 10 (quella crollata è la 9) e a tal fine lo scorso maggio era stato fatto un bando da circa 20 milioni di euro. Oggi ci si interroga su quei lavori non fatti. E su alcune frasi pronunciate ufficialmente, che testimoniano la sottovalutazione del problema: "Al momento il viadotto non presenta alcun problema di carattere strutturale", disse il 23 ottobre 2017 in Consiglio regionale l’assessore alla Protezione civile Giacomo Giampedrone. Stava rispondendo ad una interrogazione di un consigliere che voleva dare voce alla preoccupazione degli abitanti delle case sotto al ponte. Ma come faceva l’assessore ad essere così sicuro della stabilità del ponte? Diceva di aver sentito personalmente le rassicurazioni di Stefano Marigliani: l’ingegnere affermava che va tutto bene e che"i lavori attualmente in corso sono opere manutentive, e sono in progetto due interventi di carattere strutturale da realizzarsi nel 2018 che consisteranno nell’installazione di stralli e impalcati per il rafforzamento della infrastruttura".
Ma i tecnici consultati dalla stessa società Austostrade per l'Italia poche settimane dopo evidenziarono che c'erano dei problemi urgenti. Come scrive il Corriere della sera i professori Carmelo Gentile e Antonello Ruoccolo, del Politecnico di Milano, nella relazione consegnata alla società il 12 novembre segnalarono una "evidente" disparità di tenuta tra i tiranti. "In particolare gli stralli, ovvero i tiranti, del sistema numero 9 si presentano con una deformata modale non conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali". Non si conoscono le cause di questi problemi (corrosione, eccessivo stress cui era sottoposta la struttura, difetti al momento della costruzione) ma di sicuro andava fatto un intervento per correre ai ripari.
Già altre volte erano stati lanciati degli allarmi, purtroppo rimasti inascoltati. Nel 2001 la professoressa Giovanna Franco, dell'Università di Genova, in uno studio per una rivista tecnica scriveva che "la fase diagnostica ha evidenziato una situazione ben più grave rispetto alle forme di degrado cui sono solitamente oggetto le infrastrutture realizzate con gli stessi materiali. Gli stralli, infatti, elementi generalmente tesi, sono in questo caso soggetti a compressione, così come la guaina di rivestimento in calcestruzzo". Questo dettaglio tecnico aveva causato un problema di non poco conto: non era stato possibile "effettuare alcuna operazione ispettiva sui trefoli di acciaio, le singole fibre del cavo interno, che in molti casi avevano già raggiunto lo snervamento". E più avanti la docente sottolineava che "numerosi trefoli erano tranciati o fortemente ossidati, altri erano visibilmente rilasciati lasciando supporre una loro rottura a valle".
C'è poi un'altra domanda che pesa come un macigno. La pone l'ingegner Francesco Pisani, 84 anni, per 13 anni collaboratore di Riccardo Morandi, l'uomo che aveva progettato il ponte di Genova. Pisani ricorda quanto fu fatto nei primi anni Novanta: "Riparammo e rinforzammo solo gli stralli della pila 11. Un intervento mirato. Mi dissero che gli altri piloni erano in condizioni accettabili e sarebbero stati monitorati. Perché negli ultimi 25 anni non sono stati rinforzati come quello di cui mi sono occupato io? Questo dovete chiederlo ad Autostrade".