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Controversie repubblicani e democratici e sondaggiHeartbeat Act, la legge che sta mettendo a dura prova la lobby abortistaRipercorriamo il botta e risposta avvenuto nel giro di pochi giorni tra il giudice federale democratico e la Corte d’Appello sull’Heartbeat Act, la nuova legge sull’aborto del Texas.
24 ottobre 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... abortista/Il Texas Heartbeat Act (conosciuta come Senate Bill 8), la contestata (dai progressisti di Sinistra) legge Pro-life sull’aborto approvata dal parlamento dello Stato del Texas e firmata dal governatore Greg Abbott il 19 maggio 2021 ed entrata in vigore il 1 settembre 2021, suscita grande interesse: prima approvata, poi bloccata nel giro di un mese perché bollata da un giudice democratico come “anti-Costituzionale” e poi infine ripristinata da una Corte superiore.
La discussione sull’argomento si gioca su una certa interpretazione della Costituzione da parte dei Pro-choice e sul lavoro fatto dai conservatori texani per impedire che la legge venisse bloccata, come è successo per gli altri Stati repubblicani che si oppongono alle politiche lassiste in tema di aborto preferendo mettere qualche paletto.
La cosa molto interessante di questa legge infatti è che chi ha scritto la legge texana ha inserito una norma che sancisce un particolare potere di azione in capo agli stessi cittadini, tutto ciò per renderla meno soggetta a contestazioni giudiziarie, come apprendiamo in un articolo della Nuova Bussola Quotidina di Ermes Dovico, e citiamo:
stabilisce un meccanismo particolare di applicazione, affidando ai comuni cittadini (e non a funzionari statali) la responsabilità di far applicare la legge e quindi la possibilità di intraprendere azioni legali contro l’industria abortista quando si riscontra il battito cardiaco fetale.
In sintesi, i legislatori si sono impegnati affinché non potesse essere interpretata e/o che ci fosse spazio per interpretazioni arbitrarie da parte dei giudici liberal.
Ma andiamo con ordine su quello che è successo in questi ultimi giorni negli Stati Uniti.
La settimana calda di ottobre
L’Heartbeat Act ha subito già un primo tentativo di ostruzione e di sospensione, con la Corte Suprema che ha avuto il suo bel da fare nel rifiutare di concedere una serie di richieste già prima della data di entrata in vigore della legge. Si tratta di una legge che vieta l’aborto – tranne che per casi di “emergenza medica” (ad esempio, se il parto dovesse compromette la vita della madre) – dal momento in cui viene rilevato il battito cardiaco del nascituro nel grembo materno, che avviene più o meno intorno alla sesta settimana. Mercoledì 6 ottobre, il giudice federale Robert Pitman, nominato da Barack Obama, ha bloccato e temporaneamente sospeso l’applicazione di questa legge Pro-life, accettando la richiesta del Dipartimento di Giustizia dell’amministrazione di “Sleepy” Joe Biden, un tipo di istanza giudiziale che nel diritto statunitense viene usata per ottenere una sospensione “d’urgenza” di una legge sospettata di incostituzionalità.
In un comunicato, il giudice ha usato un linguaggio forte e non imparziale per esprimere tutta la sua contrarietà alla legge, come hanno commentato le testate online Catholic Vote e il Texas Right To Life nelle loro breaking news.
Si legge nel comunicato del giudice:
Dal momento in cui il Senate Bill 8 è entrato in vigore, alle donne è stato illegalmente impedito di esercitare il controllo sulla loro vita in modi che sono protetti dalla Costituzione. Che altri tribunali possano trovare un modo per evitare di giungere a questa conclusione sta a loro decidere; questa Corte non accetterà ulteriormente questa offensiva privazione di un diritto così importante”.
Il giudice sembra sicuro sul fatto che gli “Stati Uniti (cioè il governo federale – n.d.r.) abbiano ragione perché il Senate Bill 8 vìola il Quattordicesimo Emendamento” come scritto nelle 113 pagine del provvedimento giudiziario pubblicato il giorno stesso. Il Quattordicesimo Emendamento citato nella questione, tra le altre cose, era stato redatto al fine di garantire libertà agli ex schiavi e venne usato dai giudici della Corte Suprema per fondare la tutela dei diritti civili e individuali in primis degli afroamericani ma anche successivamente più in generale e anche per motivare la celebre sentenza “Roe vs. Wade” del 1973, interpretando la disposizione in maniera tanto estensiva quanto discutibile per giungere a sancire la libertà di aborto: “Nessuno Stato farà o metterà in esecuzione una qualsiasi legge che limiti i privilegi o le immunità dei cittadini degli Stati Uniti; né potrà qualsiasi Stato privare qualsiasi persona della vita, della libertà o della proprietà senza un processo nelle dovute forme di legge; né negare a qualsiasi persona sotto la sua giurisdizione l’eguale protezione delle leggi”.
L’amministrazione Biden aveva usato un linguaggio simile nella settimana precedente, quando aveva investito della questione il tribunale, raccogliendo il sostegno dell’industria dell’aborto, tra cui le famigerate Whole Women’s Health e Planned Parenthood – con quest’ultima che aveva visto diminuire dell’80% il numero delle sue pazienti nelle sue cliniche nel Texas dopo appena due settimane dall’approvazione dell’S.B. 8!
La risposta del Texas non si è fatta attendere. Con la richiesta del Procuratore Generale dello Stato Ken Paxton alla Corte d’Appello del Quinto Circuito, venerdì 8 ottobre la legge é stata ripristinata poiché la corte superiore ha a sua volta sospeso il provvedimento del giudice inferiore Pitman. Il Quinto Circuito è dominato da giudici di nomina repubblicana e la sua decisione era stata giudicata alquanto scontata.
Il procuratore del Texas Paxton ha twittato:
Grandi notizie stasera, il Quinto Circuito ha concesso una sospensione amministrativa sull’S.B.8. Combatterò l’eccesso di potere federale in ogni modo.
Ora si aspetta la nuova risposta del Dipartimento di Giustizia di Biden e dell’industria abortista che ha visto il suo business crollare con circa 4.700 bambini salvati dall’introduzione dell’Heartbeat Act secondo quanto dichiarato dall’attivista Pro-life Marjorie Dannenfelser della Susan B. Anthony List, mentre a loro volta Planned Parenthood e Whole Women’s Health dichiarano un notevole incremento di donne texane nelle loro cliniche negli stati confinanti con il Texas.
Se gli abortisti hanno cantato momentaneamente vittoria il 6 ottobre, lo hanno fatto troppo in fretta perché i legislatori del Texas, come detto all’inizio, non hanno lasciato nulla al caso cercando di coprire qualsiasi falla che si esponesse a interpretazioni, memori delle precedenti leggi Pro-life a loro volta bloccate negli stati confinanti.
La situazione verrà risolta con molta probabilità dalla Corte Suprema, come per la legge Pro-life del Mississippi, attesa per questo autunno. La maggioranza dei giudici che attualmente siedono alla Corte suprema degli Stati Uniti è favorevole alle leggi Pro-life, come il giudice Clarence Thomas che ha recentemente parlato a favore dell’abrogazione della “Roe vs Wade“, che molti la vorrebbero eliminata anche perché è il principale ostacolo alla legislazione Pro-life a livello dei singoli stati.
Secondo RealClearPolitics i Repubblicani sono in testa nelle intenzioni di voto per la prima volta dal 2014 Breitbart News
8 novembre 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... -dal-2014/ I Repubblicani sono in testa nelle intenzioni di voto per la prima volta dal 2014, secondo il sito web di analisi RealClearPolitics [RCP], che fa la media dei principali sondaggi politici nel tentativo di prevedere i risultati delle elezioni.
RealClearPolitics (RCP) da i Repubblicani in vantaggio di mezzo punto percentuale nelle sue intenzioni di voto per il Congresso, mostrando un sostegno del 43,3% per i Repubblicani e del 42,8% per i Democratici e potenzialmente prefigurando già ora un’Onda Rossa nel 2022. I Democratici hanno mantenuto il vantaggio nella media del 2020, del 2018 e anche del 2016, mentre RCP ha mostrato i Repubblicani avanti di 2,4 punti percentuali solo nel 2014, a metà del secondo mandato dell’ex presidente Barack Obama, anno che coincise con una forte affermazione del Partito Repubblicano alle urne.
Il sostegno ai Democratici e a Joe Biden è ancora in declino, nel mentre l’amministrazione Biden è alle prese con le conseguenze di diverse politiche fallimentari.
La vittoria del governatore eletto della Virginia, il repubblicano Glenn Youngkin, la scorsa settimana è stata in gran parte annunciata come un’anteprima per le elezioni di metà mandato del 2022. Youngkin ha ottenuto un buon punteggio con alcuni gruppi demografici, come gli elettori indipendenti, le donne bianche di periferia e gli ispanici, tutti gruppi che sono stati fondamentali per assicurare la vittoria di Biden nel 2020.
Biden e i Democratici hanno invece gradualmente ottenuto un punteggio sempre peggiore tra queste fasce demografiche negli ultimi mesi, soprattutto tra gli ispanici e gli elettori indipendenti.
“Nei suoi primi nove mesi di mandato, il presidente Biden ha perso il sostegno tra gli americani di tutti i tipi – uomini e donne, elettori neri ed elettori bianchi, Zoomers e Baby Boomers. Anche i Democratici in generale sono più disincantati. Ma due gruppi con cui Biden ha perso il maggior supporto spiccano: gli indipendenti e gli ispanici”, ha riferito FiveThirtyEight alla fine del mese di ottobre.
Altre stime recenti sono desolanti sia per Biden che per Kamala Harris e mostrano che i Repubblicani guidano la classifica con un vantaggio di addirittura 8 punti nelle intenzioni di voto.
L’indice di approvazione di Biden è ora sceso al 37,8%, mentre la Harris è messa peggio, con un 27,8% di approvazione, secondo l’ultimo sondaggio USA Today/Suffolk University.
L’articolo di USA Today che accompagna la pubblicazione del sondaggio ha confermato altri rapporti: L’approvazione di Biden è “crollata tra gli elettori indipendenti che hanno consegnato il suo margine di vittoria sul presidente Donald Trump un anno fa”. Con un margine di sette a uno, gli indipendenti credono che Biden abbia fatto un lavoro peggiore di quanto si aspettassero.
Nota per i Democratici: Non è più il 2020Byron York’s Daily Memo
9 novembre 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... u-il-2020/C’è stata molta attenzione per il calo dell’indice di gradimento di Joe Biden. Ed effettivamente sta andando giù, giù, sempre più giù. Ma insieme alla fiducia nel capo, il pubblico sta anche perdendo fiducia nelle capacità del Partito Democratico di gestire le questioni che più preoccupano gli elettori. È stata una lunga caduta sia per Biden che per il suo Partito da quando hanno vinto per un pelo il controllo di Washington un anno fa.
Un nuovo sondaggio della NBC News mostra l’indice di approvazione del lavoro di Biden al 42% tra tutti gli elettori, con un indice di disapprovazione del 54%. Quest’ultimo è 12 punti sotto il livello di approvazione (come si dice, “sott’acqua”), ed è approssimativamente in linea con una serie di altri sondaggi recenti.
Sulla questione più importante per gli elettori in questo momento – l’economia – Biden è in una posizione terribile. Il 40% degli intervistati approva la sua gestione dell’economia, mentre il 57% disapprova – 17 punti ‘sott’acqua’. Sulla sua gestione della pandemia di COVID-19, il 47% disapprova, mentre una piccola maggioranza, il 51%, approva ancora il lavoro di Biden. Ma questo numero è sceso dal quel 69% di approvazione che era aprile. Altri sondaggi mostrano Biden ‘sott’acqua‘ nell’opinione pubblica anche sulla gestione della sicurezza nazionale, i confini ed altre questioni.
Ma i problemi di Biden sono solo una parte del più grande problema del Partito Democratico. Il sondaggio della NBC è devastante per i Democratici che cercano di convincere gli elettori sul perché dovrebbero essere rieletti nelle elezioni di midterm del prossimo anno. I sondaggisti hanno elencato una serie di questioni e chiesto agli elettori: “Quale partito pensi che farebbe un lavoro migliore? – il Partito Democratico o il Partito Repubblicano?
Iniziamo dall’economia. Il 45% ha detto che il GOP farebbe un lavoro migliore, mentre il 27% ha detto che invece sarebbero i Democratici a farlo – un vantaggio di 18 punti per i Repubblicani. Poi andiamo a controllare l’inflazione, una preoccupazione enorme e crescente tra tutti gli elettori. Gli intervistati hanno dato ai Repubblicani un vantaggio di 24 punti. Poi guardiamo alla sicurezza nazionale. Su quell’argomento, gli intervistati hanno dato al GOP un vantaggio di 21 punti. Per quanto riguarda la sicurezza dei confini, il vantaggio del GOP era di 27 punti. Per quanto riguarda il crimine, il vantaggio del GOP era di 22 punti. Per quanto riguarda l’immigrazione, il GOP è a 9 punti, quando solo l’anno scorso i Democratici avevano un vantaggio di 6 punti. E sulla questione generale di “essere efficaci e fare le cose“, gli elettori hanno dato ai Repubblicani un vantaggio di 13 punti.
Nel complesso, è stato un enorme voto di fiducia nei Repubblicani, che indica una maggiore fiducia degli elettori su una serie di questioni essenziali.
Naturalmente, i Democratici hanno ancora alcuni punti di forza. Nel contrasto alla pandemia del COVID-19, hanno avuto un vantaggio di 12 punti – ma in calo rispetto ai 17 punti dell’anno scorso. Per quanto riguarda l’istruzione, avevano un vantaggio di 10 punti, lo stesso vantaggio che avevano sulla questione dell’aborto. Sui diritti di voto, il vantaggio democratico era di 5 punti, e sull’integrità e sicurezza delle elezioni era di 1 punto. L’unico vantaggio dei Democratici davvero solido era sulla questione del cambiamento climatico, dove i Democratici avevano un vantaggio di 24 punti.
Il cambiamento climatico, che non è una delle principali preoccupazioni per il pubblico votante, era l’unica questione sulla quale il vantaggio dei Democratici stava effettivamente crescendo. Su tutto il resto, si stava riducendo.
Perché i numeri di Biden, e quelli dei suoi colleghi Democratici, stanno scendendo? Per due ragioni. Il primo è la loro performance negli uffici per cui sono stati eletti. E la seconda è che l’elettorato si trova in una posizione diversa rispetto a quella in cui era nel novembre 2020.
Biden è un “presidente improbabile”. Come molti senatori di lunga data, ha desiderato quel lavoro per decenni, a partire dagli anni ’70. Ma in tutto questo tempo, praticamente nessuno ha mai pensato che Biden sarebbe stato un buon presidente. Le sue campagne presidenziali non sono andate da nessuna parte. Era un “senatore a vita”. Anche dopo che Barack Obama lo scelse come Vicepresidente, Biden non sembrò mai esserne un successore naturale e, in effetti, Obama stesso non vedeva Biden come tale. Poi, a un’età più avanzata rispetto a qualsiasi altro presidente, Biden si è trovato nelle bizzarre circostanze delle elezioni del 2020 ed è emerso come il candidato che molti volevano vedere come “l’anti-Trump“.
Ma ora che è in carica – e, all’età di 78 anni, si muove più lentamente di quando era nel fiore degli anni – è ancora il Joe Biden che molti non pensavano come un personaggio presidenziale. Ha promesso di affrontare la pandemia di COVID-19, e la pandemia è tornata per la vendetta. Ha promesso di migliorare l’economia, e la crescita è rallentata, con l’inflazione che è diventata una preoccupazione critica. Ha promesso di ripristinare il posto dell’America nel Mondo e poi ha guidato un disastroso ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan. Ha promesso di sistemare le politiche sull’immigrazione del presidente Donald Trump e invece ha portato il caos al confine. Naturalmente il suo indice di gradimento del lavoro sta scendendo. Ma come potrebbe non esserlo?
Per quanto riguarda i Democratici, il Partito ha portato un’agenda ultra-attivista a Capitol Hill solo per vedersi il terreno scivolare sotto i loro piedi. Nel 2020, hanno approfittato della pandemia per sostenere delle politiche di benessere sociale a lungo desiderate. Hanno proposto programmi di spesa giganteschi che avrebbero rivaleggiato con il New Deal e la Great Society. Hanno detto a Biden che avrebbe potuto essere un nuovo Franklin Delano Roosevelt o Lindon B. Johnson. Ma la loro spesa massiccia ha contribuito ad alimentare l’inflazione che sta divorando la qualità della vita degli Americani. Anche se l’impennata dell’inflazione annulla praticamente i guadagni salariali, tutto ciò che i Democratici possono pensare di fare è spingere per spendere ancora di più.
Per molti anni, la Gallup Organization ha chiesto alle persone se credono che il governo stia “cercando di fare troppe cose che dovrebbero essere lasciate agli individui e alle imprese” o se il governo “dovrebbe fare di più per risolvere i problemi del nostro paese”. Nella maggior parte degli anni, la maggioranza ha detto che il governo stava cercando di fare troppe cose. Solo in rarissime occasioni la maggioranza dice che il governo dovrebbe fare di più.
Il 2020, l’anno della pandemia, è stato una di quelle rare occasioni. Per un breve momento, la maggioranza, il 54%, ha detto che il governo dovrebbe fare di più per risolvere i problemi, mentre il 41% ha detto che stava facendo troppo. Questo non accadeva da quasi 20 anni, dagli attacchi terroristici dell’11 settembre.
Ma con la stessa rapidità con cui è successo, il momento di sostegno per un maggiore attivismo del governo è scomparso. Ponendo di nuovo la domanda nel 2021, Gallup ha trovato che la maggioranza, il 52%, ha detto che il governo stava facendo troppo, contro il 43% che voleva che facesse di più. Il “vecchio ordine” delle cose era già tornato.
Ma i Democratici al Congresso, e Biden alla Casa Bianca, si comportano come se quel breve momento nel 2020 governasse ancora la nostra politica. Non è così.
La Corte Suprema davanti a due sfide contro l’Heartbeat Law del TexasCatholic Vote
16 novembre 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... del-texas/Le due cause legali presentate davanti alla Corte Suprema provengono rispettivamente dall’amministrazione Biden e da gruppi privati pro-aborto. Nell’esaminare i ricorsi, l’Alta Corte considererà se il governo degli Stati Uniti abbia il diritto di bloccare l‘applicazione della legge e se i gruppi abortisti potranno procedere con le loro cause intentate contro lo Stato del Texas ed i suoi funzionari.
Nonostante le immense pressioni dell’amministrazione Biden e dei gruppi abortisti per fare altrimenti, la Corte Suprema permetterà alla legge del Texas di rimanere in vigore in attesa dell’esito dei ricorsi, per i quali la suprema corte ha già cominciato ad ascoltare le argomentazioni orali dal 1° novembre.
La Corte Suprema si era già espressa rifiutandosi di sospendere l’applicazione della legge quando era entrata in vigore il 1° settembre. All’epoca, Joe Biden era rimasto indignato rispetto alla loro decisione, che aveva descritto come “un assalto senza precedenti ai diritti costituzionali secondo Roe v. Wade“. Biden aveva minacciato anche “uno sforzo di tutto il governo per rispondere a questa decisione”.
Da allora, l’amministrazione Biden, compresi il Dipartimento di Giustizia ed il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani, ha cercato ogni opportunità per ostacolare la legge del Texas. Questi sforzi, lavorando in tandem con i leader dell’industria dell’aborto come Planned Parenthood, sono andati finora a vuoto.
Un esempio degli sforzi pro-aborto per sfidare la legge texana è stato quando la Corte d’Appello del 5° Circuito ha negato una richiesta di sospendere l’applicazione della legge. Questa decisione ha segnato “la terza volta da ottobre che la corte d’appello di orientamento conservatore si è schierata con il Texas ed ha lasciato che le restrizioni restassero in vigore”, Come ha riportato POLITICO:
“Questo lascia il Dipartimento di Giustizia e gli operatori dell’aborto del Texas su delle strade da percorrere che si restringono nel cercare di fermare la legge […]. Nonostante le numerose cause legali, sia prima che dopo l’entrata in vigore della legge il 1° settembre, solo una volta un tribunale si è mosso per mettere in attesa le restrizioni – e quel provvedimento è rimasto in vigore per sole 48 ore”.
Il giudice Sonia Sotomayor (nominata da Barack Obama, n.d.r.) aveva sia concordato “in parte” con la decisione della Corte Suprema sia dissentito “in parte” (la Corte Suprema americana consente infatti di esprimere le obiezioni dei giudici nella sentenza, la c.d. dissenting opinion, n.d.r.), sostenendo che la “Corte avrebbe dovuto invece mettere in pausa la legge”, come riportato da Kimberly Robinson su Bloomberg Law. “La promessa di un futuro giudizio offre un freddo conforto, tuttavia, alle donne del Texas che cercano cure abortive”, aveva dichiarato la Sotomayor.
Ci vogliono i voti di cinque giudici “per bloccare una legge“, ha aggiunto la Robinson, ma solo quattro “per concedere” od “ascoltare” un caso. “Presumibilmente, gli stessi quattro giudici (Roberts, Breyer, Sotomayor e Kagan) che avrebbero fermato la legge a settembre avrebbero voluto farlo ora”.
Molti osservatori della corte hanno notato il grado con cui la Corte Suprema abbia accelerato su entrambe le cause vertenti sulla legge del Texas. “Le memorie di apertura devono essere presentate mercoledì 27 ottobre e le risposte venerdì 29 ottobre. Questo è sicuramente un termine ‘accelerato'”, aveva scritto Robinson.
Steve Vladeck della University of Texas School of Law ha osservato come la Corte si sta muovendo in modo incredibilmente veloce:
“L’ultima volta che posso ricordare una tempistica così breve (in questo, 10 giorni) tra la Corte che accetta di prendere in considerazione un caso e la discussione orale è stato nel dicembre 2000, in Bush vs. Gore”.
Gli oppositori e i sostenitori dell’aborto osserveranno inevitabilmente questi casi alla luce dell’imminente caso sull’aborto Dobbs vs. Jackson Women’s Health, che l’Alta Corte comincerà ad esaminare il 1° dicembre.
Come ha riportato CatholicVote, la Corte Suprema ha ora una maggioranza di giudici che sono ampiamente considerati a favore dei temp Pro-life, e la “Corte ha consolidato questa impressione quando ha permesso al divieto dell’aborto del Texas di entrare in vigore a settembre”.
Inoltre, il caso Dobbs:
“arriva con un documento del procuratore generale del Mississippi che esorta la Corte Suprema ad abrogare Roe v. Wade e a restituire la questione dell’aborto agli stati […]. Il giudice Clarence Thomas, nel frattempo, ha apertamente chiesto l’abrogazione della Roe vs. Wade“.
Il senatore Johnson sul rilascio su cauzione ridicola di Darrell Brooks prima dell’attacco alla parata di Waukesha: “I Democratici incoraggiano l’illegalità”Quando incoraggi l’illegalità, ne otterrai di più”, ha detto il Senatore Johnson.
Fox News
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... llegalita/Il Senatore repubblicano del Wisconsin Ron Johnson ha denunciato i Democratici per le loro politiche sul crimine dopo che Darrell Brooks, che era stato recentemente rilasciato con una cauzione ridicolmente bassa, si è scagliato tra la folla a bordo di un Suv ad una parata per il Natale a Waukesha, domenica. Su “Fox & Friends“, martedì, Johnson ha chiesto che la giustizia penale venga “inasprita” e ha avvertito che il crimine nelle città gestite dai Democratici si sta diffondendo anche nelle aree limitrofe.
SEN. RON JOHNSON: “Quando si guarda all’altra parte, quando quasi incoraggi l’illegalità… ammettiamolo, abbiamo avuto figure politiche durante le rivolte estive del 2020 che incoraggiavano le persone a donare al fondo per le cauzioni in modo da poter tirare fuori quest persone dalla prigione. Siete incoraggiati a non pagare la cauzione o a pagarla molto bassa. Quando si incoraggia l’illegalità, se ne avrà sempre di più. Diventerà sempre più violenta. Comincia a diffondersi dalle città infestate dal crimine, generalmente governate dai Democratici, nelle aree circostanti.”
“E penso che questo è probabilmente ciò a cui abbiamo assistito qui a Waukesha. È una tragedia. Dobbiamo inasprire le pene. Dobbiamo effettivamente mettere i criminali violenti in prigione e tenerli in prigione. Non possiamo continuare questo catch-and-release, che sia al confine meridionale o che sia nel nostro sistema di giustizia criminale in città infestate dal crimine.”
Dopo la discussione sull’aborto alla Corte Suprema, la frustrazione della Sinistra comincia a divampare.Byron York’s Daily Memo
12 dicembre 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... divampare/ Il tema del controllo che i Democratici hanno sulla politica di Washington, D.C. è stato oggetto di frustrazione, soprattutto tra l’ala progressista del partito ed i suoi cheerleader nei media, poiché i Democratici non sono stati in grado di attuare il loro programma dei sogni iper–progressisti, promesso durante la campagna elettorale del 2020. Sogni come la nazionalizzazione dell’amministrazione delle elezioni introducendo nuove modalità di voto che avrebbero favorito ai candidati Democratici, l’aumento dei numero dei giudici della Corte Suprema (il c.d. Court Packing) e l’eliminazione dell’ostruzionismo al Senato, tra i tanti.
Di nuovo, dopo le argomentazioni sull’aborto svoltesi mercoledì 1 dicembre davanti alla Corte Suprema, la frustrazione sta ora aumentando. La Corte ha una maggioranza di 6 a 3 giudici nominati dai Repubblicani che potrebbe anche rovesciare la famosa sentenza “Roe vs. Wade” (che negli Stati Uniti è alla base del riconoscimento di un diritto all’aborto, che non è espressamene sancito a alcuna legge federale essendo materia affidata ai singoli Stati dell’Unione, n.d.r.). Come, si chiedono alcuni Democratici, com’è stato possibile che ciò accadesse?
I Repubblicani potrebbero rispondere che non è del tutto così complicato. Nel 2016, dopo la morte nell’anno delle elezioni del giudice Antonin Scalia, la maggioranza repubblicana al Senato aveva respinto il candidato alla Corte del presidente Barack Obama. Poi, contro le aspettative dell’intera classe politica, Donald Trump aveva vinto la presidenza. Con un Senato repubblicano, Trump ha potuto scegliere il successore di Scalia (il giudice Neil Gorsuch, n.d.r.). Poi, sempre con Trump alla Casa Bianca ed un Senato a maggioranza repubblicana, il giudice Anthony Kennedy si è ritirato. E poi, sempre con Trump alla Casa Bianca e con un Senato repubblicano, il giudice Ruth Bader Ginsburg è morta. Trump e il Senato a maggioranza repubblicana hanno quindi scelto i due successori (i giudici Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, n.d.r.). È così che funziona negli Stati Uniti (le nomine spettano al Presidente ma è il Senato che le deve approvare, n.d.r.).
Ma i Democratici vedono davanti una crisi, che ora si gioca sul caso dell’aborto. “La discussione della Corte Suprema sull’aborto di questa settimana ha accelerato un’urgenza tra i Democratici del Senato di alterare fondamentalmente il modo in cui la Corte opera”, ha riportato il Washington Post, “alimentata in parte dalla rabbia persistente per le manovre di conferma attuate dai Repubblicani che hanno portato a tre nuovi giudici conservatori negli ultimi quattro anni“.
Il pensiero di questi Democratici è che, se la Corte fa qualcosa a cui si oppongono, essa sia diventata “di parte“. Dunque, hanno bisogno di intervenire per renderla meno “faziosa”. “È difficile guardare [alla discussione sull’aborto] e non concludere che la Corte Suprema sia diventata un’istituzione faziosa“, ha detto il senatore democratico Brian Schatz sempre al Washington Post.
“Ieri abbiamo visto che la Corte è politicizzata“, ha detto la senatrice democratica Tina Smith.
“Dobbiamo pensare a modi per depoliticizzare i tribunali“, ha detto il senatore democratico Chris Murphy. “E uno dei modi per farlo è assicurarsi che nessun presidente possa riempirne i banchi”.
Gli alleati nei media sono intervenuti per sostenere che la Corte Suprema sia diventata addirittura una “istituzione antidemocratica“. Philip Bump del Washington Post ha definito i tre candidati di Trump – Gorsuch, Kavanaugh e Barrett – il “terzetto minoritario” alla Corte Suprema. “I tre [sono stati] nominati da un presidente che ha perso il voto popolare e confermati da senatori che rappresentano meno della metà della popolazione del paese e che hanno ricevuto meno voti cumulati di quelli che si sono invece opposti alle nomine”, ha scritto Bump. Nelle parole di un altro scrittore d’opinione del Washington Post, “La Corte Suprema affronta una crisi esistenziale di legittimità“.
Le argomentazioni sono state portate avanti da altri in tutto l’internet e nei notiziari via cavo – ed anche, sorprendentemente, all’interno della Corte stessa, quando durante la discussione sull’aborto, il giudice Sonia Sotomayor si è chiesta: “Questa istituzione sopravviverà al fetore che si sta spargendo nella percezione pubblica per cui la Costituzione e la sua interpretazione siano solo degli atti politici?”
L’idea dei Democratici-progressisti è quella di minare la legittimità di qualsiasi cosa faccia l’attuale Corte Suprema per poi sostenere che la Corte abbia bisogno di una “riforma” sotto forma ovviamente di più giudici nominati da un presidente democratico.
I Democratici hanno certamente avuto della sfortuna, ultimamente, quando si è trattato di Corte Suprema. Se Scalia fosse morto un anno prima, o se la Ginsburg fosse morta solo pochi mesi dopo, le cose sarebbero potute andare molto diversamente per il Partito, ed alcuni dei suoi legislatori potrebbero non arrivare a sostenere la distruzione della Corte oggi.
Per quanto riguarda il potere di far “saltare per aria” la Corte Suprema, va notato però che i Democratici non controllano la maggioranza dei seggi al Senato – è in parità, 50 a 50, il che significa che il Partito dipende da Kamala Harris per rompere qualsiasi voto di parità. Questo non è il tipo di maggioranza che possa far passare un enorme cambiamento nella Corte Suprema. E questo ha, naturalmente, portato alcuni di quegli stessi Democratici a sollecitare l’eliminazione dell’ostruzionismo legislativo, con il quale i Repubblicani (ma anche alcuni membri del loro stesso partito) possono bloccarli dall’aumentare i giudici della Suprema Corte.
I progressisti sono desiderosi di alterare fin dalle fondamenta la Corte Suprema sulla base di un voto di parità 50 a 50 rotto solo “a favore” dei Democratici da Kamala Harris.
Ma neanche questo sembra probabile che accada. Quindi, la frustrazione aumenta. Naturalmente i progressisti vogliono cambiare il mondo solo per soddisfare i loro gusti ma, forse, parte dell’attuale frustrazione è dovuta alla presa così debole che il Partito Democratico ha delle redini del potere a Washington, D.C. Hanno una maggioranza di una manciata di voti alla Camera e nessuna maggioranza al Senato ed un leader la cui età avanzata ha già spinto a parlare della sua non rielezione. Ed, in qualche modo, i progressisti vedono questo come una “base di potere” con cui cambiare comunque il paese. Certo che sono frustrati.
I Repubblicani minacciano di fare causa a New York per la decisione di far votare i non cittadiniNewsmax
15 dicembre 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... cittadini/Il Comitato Nazionale Repubblicano (RNC) sta sollevando la possibilità di una battaglia in tribunale per contrastare la decisione della città di New York che ha permesso ai non cittadini di votare nelle elezioni locali.
Il RNC ha twittato venerdì: “New York City ha appena deciso di permettere a 900 mila non-cittadini di votare alle elezioni cittadine. Questo è un attacco senza precedenti all’integrità delle elezioni, e stiamo esaminando le nostre opzioni legali per garantire che tutto ciò non rimanga in piedi”.
Il tweet del GOP è arrivato dopo che il consiglio comunale controllato dai Democratici ha approvato la misura giovedì scorso.
La CNN ha riferito che questa legislazione permette ai non cittadini che sono stati residenti nella città per almeno 30 giorni o che sono residenti legalmente permanenti negli Stati Uniti di votare alle elezioni cittadine. La misura spiana anche la strada del voto nelle elezioni cittadine anche ai titolari di carta verde (un documento che attribuisce la residenza permanente negli Stati Uniti, n.d.r.) ed alle persone con alcune tipologie di permessi di lavoro, compresi i seggi per il sindaco, il public advocate, i presidenti di distretto ed il consiglio comunale.
Il consigliere Ydanis Rodriguez, immigrato dalla Repubblica Dominicana, è stato il primo sponsor della legislazione.
“La costituzione dello Stato di New York e la Carta della Città di New York sono dei documenti viventi che ci danno l’opportunità di cercare sempre di migliorarli”, ha detto Rodriguez alla CNN. “Penso che oggi siamo stati in grado di fare questo importante cambiamento che riconosce i contributi degli immigrati”.
La legislazione entrerà in vigore nel gennaio 2023.
L’Associated Press ha riferito che solamente un potenziale veto da parte del Sindaco uscente Bill de Blasio ha impedito che la misura entrasse subito in vigore. Ma lo stesso de Blasio, che ha espresso alcune preoccupazioni sul provvedimento dicendo che dovrebbe “essere deciso a livello statale, secondo la legge statale”, ha poi detto che non porrà il veto. Il sindaco eletto Eric Adams (che entrerà in carica a gennaio), invece, ha detto di sostenere la legge.
Sulla questione del voto agli stranieri, per fare un paragone con l’Italia, nel nostro paese è consentito solo il voto ai cittadini di uno Stato dell’Unione Europea residenti in Italia che intendono esercitare il diritto di voto in occasione delle elezioni europee e comunali.
Il Sen. Rubio presenterà un disegno di legge volto a togliere i fondi federali alle città che permettono ai non cittadini di votare.
Il Senatore Marco Rubio, Repubblicano della Florida, ha annunciato venerdì la sua intenzione di introdurre un nuovo disegno di legge che tolga i finanziamenti alle città che permettono ai cittadini non statunitensi di votare, una risposta diretta alla decisione presa giovedì dal Consiglio comunale della città di New York che permette a circa 800.000 non cittadini legalmente residenti di votare alle elezioni comunali.
“Nessuna città che permette ai cittadini non statunitensi di votare dovrebbe ricevere fondi dal governo degli Stati Uniti”, ha dichiarato Rubio. “Presenterò un disegno di legge”.
La decisione del Consiglio Comunale di New York permette ai non cittadini residenti in città di votare nelle elezioni locali, ma non potranno comunque votare nelle elezioni statali e federali. Gli immigrati illegali non sarebbero autorizzati a votare a qualsiasi titolo.
La rappresentante Claudia Tenney a Newsmax: “Permettere ai non cittadini di votare a NYC mina la Democrazia”.
La rappresentante Claudia Tenney ha denunciato l’iniziativa della città di New York per permettere ai non cittadini di votare su Newsmax mercoledì sera.
Apparendo nel programma “Cortes & Pellegrino” di Newsmax, la repubblicana di New York ha detto che uno sforzo per far votare i non-cittadini “non solo mina il nostro diritto di voto, ma mina il governo per cui si sta votando. […] La cosa veramente scandalosa della legge della città di New York è che ha solo un requisito di residenza di 30 giorni. Questo è tutto”.
Il disegno di legge denominato “Our City, Our Vote” (“La nostra città, il nostro voto“, n.d.r.) concederà ai non cittadini, circa 800.000 dei quali risiedono a New York City, il diritto di votare nelle elezioni locali.
La Tenney ha chiesto, “perché la gente non vuole avere, sapete, questa pianificazione centralizzata su questo tipo di società globalista, perché non è quello che hanno concordato. Diminuisce i loro diritti“.
“E lo stanno facendo attraverso il voto“, ha aggiunto la Tenney. “E il voto è l’espressione più profonda del nostro autogoverno; è poter votare in un’elezione libera e giusta; dove il nostro voto è segreto; dove il re o il dittatore, [chiunque], non sa come abbiamo votato.”
L’Opinione: “Il voto ai cittadini stranieri nelle elezioni americane è una cattiva idea – Punto”.
Circa 800.000 “non-cittadini” potranno votare nelle future elezioni di New York, […]. Questi potenziali nuovi membri dell’elettorato comprenderanno anche i titolari di carta verde (un documento che attribuisce la residenza permanente negli Stati Uniti, n.d.r.) e quelli con certi permessi di lavoro.
Questa è una pessima idea. Tuttavia, che lo si ami o che lo si odi, tutti almeno dovrebbero discutere su questo concetto con la massima precisione.
Questi 800.000 potenziali nuovi elettori non sono “non cittadini”. Il computer su cui scrivo queste parole è un “non cittadino”. Lo è anche il mezzo attraverso il quale le state leggendo in questo momento.
Più che “non cittadini“, queste persone sono cittadini stranieri. Anche se non sono cittadini americani, rimangono cittadini delle nazioni straniere da cui provengono – Messico, Haiti, Russia, Singapore, Nuova Zelanda, e decine di altre.
Ogni essere umano è cittadino di qualche paese. Un “non-cittadino” non è qualcosa.
Quindi, pro o contro, tutte le discussioni su questo brainstorming dovrebbero riflettere su ciò che c’è in gioco:
Il Consiglio Comunale di New York mira a diluire i voti dei cittadini americani lì residenti, estendendo questo franchising a 800.000 cittadini stranieri. Questo include permettere anche a circa 117.500 cittadini della Cina comunista scelgano il sindaco, i membri del consiglio comunale, i procuratori distrettuali ed altri funzionari della municipalità più popolosa d’America.
Non c’è davvero fondo alla depravazione ed alla malvagità del Partito Democratico, la maggior parte dei cui membri locali acclamano a questa proposta. Ma sorprendentemente, e a suo raro merito, il sindaco di estrema sinistra di Gotham City, Bill de Blasio, non è tra questi.
“Ho delle riserve“, ha detto de Blasio martedì. “Quindi, capisco se la gente dice, ‘Ehi, sono da qualche parte sul percorso verso la cittadinanza’. Ma ho anche dei sentimenti sulla cittadinanza e sul valore della cittadinanza, e voglio incoraggiare le persone a diventare cittadini, pienamente”.
De Blasio sostiene anche che la questione debba essere piuttosto decisa dal parlamento statale, non dal consiglio comunale. Un’idea di sinistra deve essere veramente miserabile per non godere neanche del pieno sostegno di Bill de Blasio.
Al contrario, il sindaco eletto di New York, Eric Adams, è favorevole a dare il voto ai cittadini stranieri. Questa posizione si scontra a cento miglia all’ora con l’opinione diffusa secondo cui Adams sia un democratico “moderato” o addirittura “conservatore”. Questa eccezione dimostra la regola oppure è un’infausta anteprima degli orrori a venire?
Come un certo ex presidente ama dire: “Vedremo cosa succederà”.
Questa idea stravagante si estende oltre i confini di Gotham City. I politici di sinistra hanno già autorizzato i cittadini stranieri a votare per il consiglio scolastico di San Francisco, nelle elezioni locali in due città del Vermont e in 11 comunità del Maryland.
E se gli stranieri possono votare per il consiglio scolastico e lo sceriffo, perché non anche per il senatore oppure per il governatore? Quello che la sinistra vuole è “sempre di più”. Perché non permettere ai titolari di carta verde di votare anche nelle elezioni statali?
Se questo sembra troppo folle da contemplare, ricordate come avevano riso tutti quanti del Green New Deal quando la rappresentante Alexandria Ocasio-Cortez l’ha presentato nel 2019. “Non passerà”, ridacchiavano quelli intelligenti. Bene, Joe Biden ha appena firmato in legge enormi pezzi di quel Green New Deal con la sua cosiddetta “legge sulle infrastrutture” da 1,2 trilioni di dollari.
La folle fantasia di oggi della sinistra è la legge di domani.
Allo stesso modo, se i possessori di carta verde potranno votare nelle elezioni cittadine – e forse anche statali un domani – allora chi dirà agli stranieri illegali che non possono scegliere i leader che fanno le regole per loro, le loro famiglie, gli amici e i vicini?
Perché non consegnare semplicemente le schede elettorali a tutti gli adulti (o forse anche ai minori sopra i 16 anni) che possono raggiungere i loro distretti locali – o votare per posta da casa? Gli stranieri illegali ora ottengono l’assistenza sanitaria gratuita, l’istruzione gratuita e i biglietti aerei gratuiti per le destinazioni che scelgono.
Perché non dare anche a loro il diritto di voto? Pazzi? Dategli qualche anno. E, naturalmente, un presidente come Pete Buttigieg darebbe agli stranieri illegali persino le corse gratuite con Uber per recarsi alle urne.
Per ora, la distinzione tra “non-cittadini” e “cittadini stranieri” che votano alle elezioni americane è più grande di quanto sembri. Usare quest’ultima espressione descrive accuratamente questa terribile idea ed espone la sua immoralità ed oltraggio – prima che le cose decadano ancora di più.
Deroy Murdock è un collaboratore di Fox News a Manhattan, un redattore del National Review Online e senior fellow del London Center for Policy Research.
Come il Texas ha protetto il suo voto impedendo che venisse ‘truccato’ nel 2020Texas Policy
Il nuovo libro di Mollie Hemingway, “Rigged: How the Media, Big Tech, and the Democrats Seized Our Elections“, è importante per quello che dice e non dice.
15 dicembre 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... -nel-2020/In più di 400 pagine di documentazione corroborate da note accurate, la Hemingway dettaglia come le elezioni del 2020 siano state, secondo la rivista Time, “forgiate” da “una cabala ben finanziata di persone potenti, che vanno dal mondo dell’industria a quello dell’ideologia, lavorando assieme dietro le quinte per influenzare le percezioni, cambiare le regole e le leggi, guidare la copertura dei media e controllare il flusso di informazioni“.
Manomettere le elezioni non è scienza che riguarda i missili – le elezioni sono state truccate ricorrendo agli stessi metodi di base fin dal loro avvento in America: dal ballot-box stuffing, al permettere i voti di elettori non aventi diritto, ad ignorare le regole sull’integrità elettorale (come la verifica delle firme per i voti per corrispondenza), a permettere il traffico di voti per fare pressioni od intimidire gli elettori facendoli rinunciare al loro diritto ad esprimere un voto in segretezza.
I media mainstream, naturalmente, negano che qualsiasi manipolazione delle elezioni possa essere avvenuta nel 2020. Nella misura in cui menzionano i problemi sull’integrità elettorale, si concentrano su quelli fantastici e quasi impossibili da provare o confutano le accuse sulla manipolazione delle macchine elettorali, la manipolazione dei software, o le notizie di server bastati in Germania e sul ruolo delle forze speciali statunitensi.
Come sottolinea la Hemingway, tuttavia, le recenti affermazioni sui brogli elettorali difficilmente sono imputabili al solo mondo dei conservatori: “un democratico su tre alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti che ha boicottato l’inaugurazione di Donald Trump” nel 2017 perché veniva considerato un presidente “illegittimo” a causa della collusione con la Russia “per rubare le elezioni alla Clinton”. La scrittrice osserva ironicamente che,
Dal 2016 al 2020, il modo più semplice per raggiungere la celebrità nella sinistra politicante è stato quello di proclamare a gran voce la propria convinzione che le elezioni del 2016 siano state illegittime – rubate dai russi per conto di un traditore corrotto …
E poi è arrivato il 2020…
In un batter d’occhio, il sistema elettorale americano è passato da ‘irrimediabilmente corrotto‘ o ‘non funzionante‘ quel era nel 2016 ad ‘indiscutibilmente sicuro‘ nel 2020. Gli stessi metodi di voto che erano stati presumibilmente utilizzati per rubare le elezioni nel 2004 e nel 2016 sono diventati improvvisamente ‘sacrosanti ed indiscutibili‘ nel 2020. Mentre i cosiddetti “esperti delle elezioni” avevano ripetutamente avvisato prima del 2020 delle insidie del voto elettronico e del diffuso voto per corrispondenza, nel novembre del 2020 ogni discussione sulle vulnerabilità di questi metodi è stata liquidata come roba da “fanatici di destra” e “teorici della cospirazione“.
Nonostante i veementi negazionismi che qualcosa di sbagliato sia accaduto nel 2020, vale la pena di notare che gravi frodi elettorali in America non sono senza precedenti. La prima menzione fatta dalla Hemingway riguarda il Texas e si trova nel prologo, dove nota che durante le elezioni del 1960 “John F. Kennedy vinse di soli 118.574 voti in più rispetto a Richard Nixon” con risultati discutibili in Texas, “uno stato dove il compagno di corsa di Kennedy, Lyndon B. Johnson, era noto per esercitare il controllo sui risultati elettorali”.
L’elevazione di Lyndon B. Johnson alla cronaca nazionale avvenne nel 1948, quando batté un ex governatore del Texas vincendo la nomination democratica per il Senato degli Stati Uniti di soli 87 voti sui 988.295 espressi. Il margine di “vittoria” di Johnson proveniva da voti contati sei giorni dopo l’elezione in una contea controllata da un boss politico locale.
Un’unica urna venne accompagnata da una lista del giorno delle elezioni di 200 nomi, tutti in ordine alfabetico e scritti con la stessa penna e calligrafia. Circa 29 anni dopo, dopo la morte di Lyndon B. Johnson e due anni dopo la scomparsa d quel capo politico, il giudice elle elezioni Luis Salas ammise di aver certificato 202 schede fraudolente per Johnson.
L’ascesa del voto per corrispondenza
Mentre è stata soprattutto la Sinistra a chiamare in causa le macchine per il voto elettronico prima delle elezioni del 2020, la Hemingway non spende molto tempo sull’argomento, impiegando invece il Rasoio di Occam e riportando le prove schiaccianti dei brogli elettorali più in bella vista. Vale a dire, i quasi miliardi di dollari spesi per indebolire le regole e le procedure elettorali poi seguiti da personale assunto da privati che è andato ad aumentare l’organico negli uffici elettorali delle città per sfruttare le nuove scappatoie create nel sistema elettorale.
Quindi, cosa è successo nel 2020? In poche parole, i Democratici, guidati dall’avvocato Marc Elias, quello della ormai screditata infamia del dossier Perkins-Coie-Fusion GPS-Steele-Trump-Russia, hanno guidato uno sforzo ben finanziato per abbattere le garanzie sull’integrità elettorale, tutto in nome della sicurezza pandemica. Questo sforzo è stato aumentato dal filantropico Center for Tech and Civic Life (CTCL) di Mark Zuckerberg, che ha versato denaro negli uffici elettorali nelle roccaforti democratiche per aumentare l’affluenza al voto per corrispondenza.
In Texas, le donazioni del CTCL agli uffici elettorali per aumentare l’affluenza alle elezioni hanno raggiunto 3,22 dollari pro capite nelle contee che hanno votato per Biden e solo 0,55 dollari pro capite nelle contee che hanno votato per Trump. Ma una nuova legge del Texas mette effettivamente fine a questa pratica.
Tornando alla Hemingway: “… non c’è dubbio che Marc Elias abbia giocato un ruolo chiave nel modificare radicalmente le regole e le procedure elettorali in modi che hanno avvantaggiato i Democratici. Nel gennaio 2020, molto prima che qualcuno sapesse come il COVID-19 avrebbe potuto influenzare il voto, Elias aveva pubblicato un pezzo sostenendo che ci fosse una “epidemia di schede non conteggiate“. Disse che era sbagliato non contare le schede che non avevano trovato la corrispondenza della firma, anche se la corrispondenza della firma è una delle poche misure di sicurezza attraverso le quali le schede postali possono essere verificate”.
Marc Elias ha poi annunciato un’iniziativa in quattro punti per espandere notevolmente il voto per corrispondenza, compresa l’affrancatura gratuita, il conteggio delle schede che arrivano molto tempo dopo l’Election Day, una blanda verifica delle firme e la possibilità per i trafficanti di voti di visitare le case delle persone per raccogliere le loro schede e, se necessario, fare pressione sugli elettori per consegnare i loro voti (non è un caso che questo processo imiti le elezioni per il controllo delle schede nelle elezioni interne ai sindacati).
Il Texas ha vigilato su questo pericolo già prima del 2020
Il Texas limita l’uso dei voti per corrispondenza riservandolo a coloro che hanno più di 65 anni, agli elettori che saranno fuori dalla loro contea durante il periodo elettorale, agli elettori la cui disabilità rende difficile o pericoloso per loro votare di persona, e a quelli confinati in carcere ma che sono altrimenti idonei. Nelle elezioni generali del 2010 in Texas, solo l’1,8% dei voti era stato espresso per posta.
Nel 2018, l’anno della contestatissima corsa al Senato degli Stati Uniti tra il senatore Ted Cruz e l’allora deputato Beto O’Rourke, i voti per corrispondenza sono saliti al 6,2% del voto totale. Nel 2020, hanno raggiunto circa il 10% del totale. In confronto, in California in quello stesso anno, circa l’87% del voto era stato espresso per posta.
Vedendo la prova delle debolezze inerenti al voto per corrispondenza, il parlamento del Texas ha votato per limitare il traffico di voti nel 2017, mettendo fuori legge la pratica dei dipendenti della campagna elettorale che vengono pagati in base ai voti he riescono a raccogliere nelle case della gente. Per coincidenza, nel 2016 e nel 2017, il parlamento della California ha approvato due disegni di legge per depenalizzare il traffico delle schede elettorali: i due stati più popolosi si sono scambiati le leggi, cambiando le salvaguardie delle schede elettorali per posta con l’oscenità, e sono proprio gli elettori a rimetterci.
Nonostante le regole più severe, gli organizzatori delle campagne, molti pagati dalla campagna di O’Rourke o dagli sforzi di terzi finanziati da miliardari di sinistra come Tom Steyer, hanno spinto comunque gli elettori a chiedere le schede elettorali per posta, sostenendo l’invalidità delle restrizioni. Lo sforzo ha avuto un tale successo che l’età media di coloro che hanno usato le schede elettorali per corrispondenza sotto i 65 anni in Texas nel 2018 è crollata a 36 anni rispetto ai 42 che erano nel 2016. Ci sono stati molti nuovi texani che hanno dichiarato addirittura di essere “disabili” pur di poter votare per posta.
Sfortunatamente, il codice elettorale del Texas non specificava alcuna sanzione per chi dichiarava falsamente una disabilità. I Democratici, guidati da Marc Elias, hanno cercato di sfruttare questa svista nel 2020.
Nel 2021, il paramento del Texas ha lavorato per restringere questa scappatoia, approvando una legge che richiede agli elettori di dimostrare la loro disabilità piuttosto che semplicemente spuntare una casella che la dichiari soltanto. Il Texas ha anche approvato una legge che richiede agli elettori di includere gli estremi della loro patente di guida del Texas, o della carta d’identità statale o le ultime quattro cifre del loro numero di previdenza sociale all’interno del documento sulla privacy quando si richiede una scheda elettorale per posta e la si restituisce – una corrispondenza dei numeri rende la firma presunta valida.
Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2020, le contee urbane del Texas, capitanate dalla Contea di Harris, dove si trova Houston, hanno cercato di spedire preventivamente le domande di voto per posta ad ogni elettore, in base alla nuova teoria secondo cui la “paura di contrarre il COVID-19“ fosse equivalente ad una disabilità. La sola Contea di Harris ha cercato di spedire 2,4 milioni di domande, molte delle quali pagate con i soldi del CTCL di Mark Zuckerberg. Ma la Corte Suprema del Texas ha fermato lo sforzo un mese prima delle elezioni in risposta ad una causa presentata dal procuratore generale del Texas, Ken Paxton, anche se molte domande sono state inviate comunque dagli appaltatori.
I pericoli di un controllo federale delle elezioni
Mentre il parlamento del Texas, il governatore, il procuratore generale e l’ufficio del segretario di stato hanno lavorato per ridurre le opportunità di truccare le elezioni, gli amministratori locali delle elezioni continuano ad essere l’anello debole della catena.
La Hemingway racconta la saga dell’ex amministratore elettorale della Contea di Williamson (un sobborgo di Austin) Richard L. Barron, che, dopo aver rovinato un’elezione locale durante la quale ha fatto espellere dalla polizia un osservatore elettorale repubblicano, è sopravvissuto a malapena ad un voto di sfiducia di 3 a 2 da parte della commissione elettorale della contea.
Barron è stato poi assunto per gestire le elezioni nella Contea di Fulton, in Georgia, dove “l’Atlanta-Journal Constitution ha ipotizzato che ‘uno scontro di Barron con i Repubblicani possa aumentare le sue possibilità, con una commissione dove i Democratici hanno una maggioranza di 5 a 2.'” Nel 2020, Barron ha supervisionato la controversa operazione di conteggio ad Atlanta, dove gli osservatori elettorali repubblicani sono stati indotti a lasciare l’operazione di conteggio proprio mentre “un piccolo resto di circa quattro operatori ha iniziato a tirare fuori degli scatoloni contenenti migliaia di schede da sotto un tavolo con una lunga tovaglia e a far passare le schede attraverso le macchine”. Barron avrebbe in seguito negato le accuse dei Repubblicani sull’irregolarità delle elezioni – ed una stampa profondamente cieca lasciò perdere.
Il Libro “Rigged” della Hemingway dimostra chiaramente i molteplici pericoli che stanno dietro ad un tentativo federale di nazionalizzare le regole elettorali così come previsto nella proposta di legge HR1/S1. Il disegno di legge al vaglio del Congresso demolisce le leggi elettorali del Texas e quelle di altri stati che prendono sul serio l’integrità elettorale, imponendo al loro posto una legge elettorale in “stile californiano” con nessuna richiesta di esibire un documento d’identità per gli elettori, restrizioni per l’aggiornamento delle liste degli elettori, la registrazione al voto nello stesso giorno delle elezioni, ed una grande espansione del voto per corrispondenza.
In altre parole, i Democratici vogliono promulgare leggi che fanno poco per assicurare l’integrità delle elezioni, e che invece assomigliano molto alla “lista dei desideri” di Marc Elias in materia di brogli elettorali.
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