Non siamo discendenti di Abramo e di Enea

Non siamo discendenti di Abramo e di Enea

Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 10:13 am

Non siamo discendenti di Abramo e di Enea
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Io sono veneto ed europeo, non ho nulla contro gli ebrei che amo profondamente come uno dei popoli più umani ed eroici della terra e non ho nulla nemmeno contro gi antichi romani, è che io non sono né ebreo né romano e pertanto non vi è ragione alcuna che io assuma la loro storia come se fosse la mia e come miei avi gli avi degli ebrei come Abramo e dei romani come Enea. Mi parrebbe poco dignitoso appropriarmi delle storie degli altri rinunciando alla mia, qualunque essa sia stata nel bene e nel male e che cerco di conoscere studiando e la storia e la preistoria dell'umanità e in esse quelle particolari, variegate, complesse e in parte ancora sconosciute della mia gente.
La mia umanità e quella della mia gente non è da meno di quelle ebraica e romana a prescindere dalla cultura e dalla mitologia romana che dalla cultura religiosa ebraica.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Non siamo discendenti di Abrano e di Enea

Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 10:23 am

Francesco: cristiani e musulmani, diversi ma uguali, tutti figli di Abramo
30 marzo 2017

https://www.radiospada.org/2017/03/fran ... -di-abramo

“La speranza contro ogni speranza” è stato il tema al centro della catechesi guidata dal papa ieri mattina [29 marzo] in piazza San Pietro. Prima dell’udienza generale, nell’auletta Paolo VI, Francesco aveva incontrato il Comitato Permanente per il dialogo tra il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e le sovraintendenze irachene: sciita, sunnita e quella per cristiani, yazidi, sabei/mandei.

Nel suo saluto, il Pontefice, richiamando il saluto del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano competente, ha sottolineato come si sia tutti fratelli e che dove c’è fratellanza c’è pace. «Noi – ha aggiunto il Papa – siamo figli di Dio, tutti. E abbiamo un padre comune sulla terra: Abramo, e da quella prima “uscita” di Abramo, poi veniamo, fino ad oggi, tutti insieme. Noi siamo fratelli e, come fratelli, tutti diversi e tutti uguali, come le dita di una mano: cinque sono le dita, tutte dita, ma tutte diverse».

Io – ha proseguito Bergoglio «ringrazio Dio, il Signore, che ci ha aiutato ad essere riuniti qui. Il vostro dialogo tra voi, la vostra visita è una vera ricchezza di fratellanza, e per questo è una strada verso la pace, di tutti. La pace del cuore, la pace delle famiglie, la pace dei Paesi, la pace del mondo». E a suggello dell’incontro al Papa sono stati donati una copia del Corano e un mantello tradizionale.


Alberto Pento
Ma quali figli di Abramo? Io sono veneto e non sono affatto figlio di Abramo e nemmeno parente dei nazi-maomettani. I popoli hanno tutti una loro storia che non va confusa con le storie delle religioni e dei popoli che vi si sono sovrapposte ma che non si possono integrare e confondere.
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Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 10:25 am

Nessuna creatura è figlia prediletta di Dio come non lo è alcun popolo, alcun profeta e alcuna religione rivelata e di salvezza.

Non solo i figli e i discendenti di Abramo sono figli di Dio (del Dio Universale e non di quello di Abramo scambiato per quello universale) ma lo sono tutti gli uomini della terra, come ogni altra creatura dell'universo, sono tutti figli di Dio, ossia figli del Creatore e parte della grande famiglia che è la Creazione.
Nessuna creatura è figlia prediletta di Dio come non lo è alcun popolo, alcun profeta e alcuna religione rivelata e di salvezza.

La spiritualità è il legame profondo e vitale che tutte le creature hanno con il Creatore, un legame che si instaura nella creatura quando viene creata ed è quel filo che la lega al Creatore.
È un legame spirituale, naturale e universale di cui nessuna religione, popolo, profeta, dottrina, fede, detiene il privilegio e il monopolio.

Io sono veneto e non discendo da Abramo, ma caso mai da Adamo (assumendo come ipotesi universale la genesi umana del racconto biblico) e dai primi uomini da cui discende ogni uomo della terra che nessuno ben conosce ma che sono parte fondamentale e integrante di noi, di ogni uomo della terra.

Non ha alcun senso storico che mi attribuisca una discendenza da Abramo e dagli ebrei, sia da quelli rimasti ebrei sia da quelli divenuti cristiani, come non ha alcun senso che mi attribuisca una discendenza dai romani, anche se non conosco bene la mia e della mia gente preistoria e la storia d.C.;
però sò che le mie radici sono molteplici e affondano innanzi tutto nell'universalità e nella generalità umana e poi nelle sue specificità etno- storico-geografiche in particolare europee con connessioni e innesti asiatici mediorientali e mesopotamici.

Anche le genti venete hanno una molteplicità di radici etno- storico-geografiche che in massima parte non sono né ebraiche, né romane; come pure le genti italiche, europee e del mondo.
Per ciò che non conosco della storia antica di me stesso e delle mie genti, posso assumere la storia antica e documentata di altri popoli ma solo per quanto riguarda gli elementi sensatamente universali e probabilisticamente comuni; per il resto la storia degli altri è la loro e non la mia.

Assumere la religiosità/religione dei discendenti diretti e dei presunti discendenti di Abramo, adottati e acquisiti come l'ebraismo con le sue variazioni "eretiche" il cristianismo e l'islamismo che hanno la pretesa di sostituire e di cancellare le altre: il cristianismo pretende di sostituire l'ebraismo e l'islamismo pretende di sostituire entrambe, non ha alcun senso spirituale poiché la spiritualità non è una contingenza storica e non è monopolio di queste religioni che in quanto tali sono per lo più idolatre;
ogni religione diventa idolatra per il solo fatto che presuntuosamente si assume, pone e propone come monopolio inaturale della spiritualità universale e si contrasta, contrappone, si confligge con le altre anche politicamente e militarmente.
L'unico monopolio della spiritualità universale lo detiene Dio e nessun altro; nessuno interpretazione umana, connotatata storicamente, geograficamente, etnicamente, profeticamente, testualmente

Quello che caso mai ha più senso storico è l'assunzione per motivi politici, sociali ed etnici di una di queste religioni; ma ciò si verifica naturalmente quando gli uomini si spostano da una terra all'altra e si mescolano tra loro, per cui le minoranze si diluiscono nelle maggioranze assumendone la cultura, la lingua e la regligiosità.
Quando invece si è invasi da genti con altre religioni, la propria religione diventa fattore culturale di resistenza politica e militare.
Per esempio si può adottare o abbracciare una nuova religione proveniente da altri popoli così come si può adotatre una nuova ideologia politica quando i contenuti valoriali della nuova religione o della nuova ideologia politica sono sentiti come umanamente, socialmente e politicamente migliori.
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Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 10:32 am

L'affermazione che "cristiani, ebrei e islamici adorano lo stesso Dio" è erronea

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/ ... esimo.html


Tutto nasce da Lumen Gentium 16:

« Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio… ».

Questa visione ermeneutica, e le sue implicazioni nelle relazioni con le altre religioni, è presente anche nel magistero postconciliare. Basti ricordare: L’atteggiamento della Chiesa cattolica di fronte ai seguaci di altre religioni, riflessioni e orientamenti di Dialogo e Missione

(1984) del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso; l’enciclica Redemptoris missio

di Giovanni Paolo II (1991); Dialogo e annuncio
del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (1991); Cristianesimo e religioni della Commissione teologica internazionale (1997); Dominus Iesus, la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede (2000); Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia Cristiana, Pontificia Commissione Biblica (2001). La tematica generale sarà maggiormente sviluppata nel punto 2. del cap.VI, sulla Libertà di religione.

L’affermazione è molto presente nei Discorsi di Benedetto XVI.

Ed è oggi avvalorata dalle recenti recenti preghiere sincretiste del giorno di Pentecoste del suo successore, per non parlare di altre dichiarazioni analoghe.

Non può restare senza conseguenze una dichiarazione del genere da parte di un Papa:
« Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore ... » (Benedetto XVI, Discorso in occasione della visita alla Sinagoga di Roma il 17 gennaio 2010).

È pur vero che siamo innestati sulla “radice santa” del giudaismo pre-rabbinico(1) e che il Dio che si è rivelato e ha portato a compimento la Storia della Salvezza in Gesù Cristo è lo stesso dei Patriarchi e dei Profeti; ma se ci fermiamo a questo dato, ignoriamo che nella pienezza dei tempi Dio si è rivelato in Cristo Signore, che gli ebrei hanno rifiutato e continuano a rifiutare. Ed è Dio SS. Trinità, icona e fonte di tutte le nostre relazioni, che noi cristiani adoriamo, per averlo conosciuto attraverso la Rivelazione del Signore Gesù e degli Apostoli. E siamo testimoni e collaboratori della sua opera divino-umana di salvezza fino alla fine dei tempi.

Non si tratta solo di una religione, ma di una Persona, di un Dio vivente che, fatto unico nella storia, si è incarnato in Cristo, assumendo due nature, perfettamente uomo e perfettamente Dio. E questo rimane lo scandalo per gli atei, per gli ebrei e per i musulmani. Quel quid in più di un Dio Incarnato e Morto per riscattare il nostro peccato e Risorto per rigenerare la natura umana nella Creazione Nuova riconducendola al Padre, fa una differenza abissale. E dunque adorare e pregare l'Uno piuttosto che l'altro non è ininfluente. Infatti, i cristiani diventano conformi (la ‘configurazione’ a Cristo di San Paolo) a Colui cui aderiscono e che adorano, perché gli atteggiamenti interiori e i comportamenti vi si conformano in base ad una connaturalità donata nella fede e realizzano un'antropologia e, conseguentemente, una storia diverse.

È la stessa ragione per cui non possiamo affermare di adorare lo stesso Dio dell'Islam. Certamente, Dio Creatore dell'uomo e dell'universo è lo stesso; ma il rapporto che si instaura con Lui in base alla Rivelazione alla quale si aderisce forgia in un dato modo e rende diversi gli uomini e il loro essere-nel-mondo e quindi diversa è la storia che essi vi incarnano e scrivono. Non dimentichiamo che il culmine della Creazione è Cristo e che nel cristiano si realizza la configurazione a Cristo Signore secondo il Progetto del Padre per ognuno.

Pertanto non può non considerarsi sacrilega la riunione di preghiera promossa da Papa Francesco in Vaticano - che oltretutto ha inficiato la purissima solennità del giorno prescelto: Pentecoste - tra il leader israeliano Shimon Peres e il palestinese Abu Mazen, (a cui hanno partecipato anche un rabbino ed un religioso musulmano previa inaudita rimozione dal luogo dell'evento di tutti i simboli cattolici). Allo stesso modo tutte le implicazioni pastorali di indebite communicationes in sacris scaturenti da quanto espresso dalla Dichiarazione conciliare Nostra Ætate, circa i rapporti del cattolicesimo con le religioni non cristiane (e dunque anche con l'islam e l'ebraismo talmudico), sono fondamentalmente, metafisicamente, sopranaturalmente erronee.

In conclusione: « Non ci si può fondare su un vago monoteismo per insegnare e praticare la vera Religione - che più che religione è Fede in una Persona divino-umana - riassunta nel Credo, nell’amministrare la Grazia attraverso i sacramenti, nell'Annuncio e nella Predicazione. È invece necessario basarsi sui due misteri principali della Fede rivelata: la Trinità delle Persone divine e l’Incarnazione del Verbo. Al di fuori della Trinità e dell’Incarnazione del Verbo non c’è verità (dogma), vita (soprannaturale) e via (al paradiso). Sempre Gesù ha insegnato: “Io sono la verità, la vita e la via” (Gv., XIV, 6). Egli (non il Talmud o il Corano), la seconda Persona della SS. Trinità, che si è incarnata ed è morta per la nostra salvezza, racchiude tutta la Religione: il Credo, i Sacramenti e la Morale. Al di fuori di Lui non c’è salvezza. Egli è l’unica via che conduce a Cielo. Ora il giudaismo lo ritiene un ingannatore che da uomo si è fatto Dio e lo ha condannato a morte per questo, mentre l’islam lo ritiene un buon profeta, ma nega la sua divinità. Quindi non c’è nessuna possibilità di “tri-alogare mono-a-teisticamente” mediante acrobazie inter-religiose»[2].

Maria Guarini
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Non siamo discendenti di Abramo e di Enea

Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 11:30 am

Le tre religioni monoteiste hanno lo stesso Dio? - Ebrei, Cristiani e Musulmani: sono tutti figli di Abramo?

http://www.patriziastella.com/2011/11/l ... no-lo.html

Prima parte: Il Dio dell’Islam

La gente è convinta che Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo derivino dall’unico Patriarca Abramo, al quale Dio ha affidato la promessa attraverso i due figli: Isacco, figlio della moglie Sara, e Ismaele, figlio della schiava Agar, perché a entrambi Dio avrebbe dato la sua benedizione facendoli capi di numerose Nazioni. In realtà le benedizioni sono molteplici e per varie circostanze, ma quella messianica è una sola, per una sola persona, un “eletto”, in un certo senso, e Dio l’ha data ad Abramo il quale l’ha trasmessa solo a Isacco, per comando di Dio, il quale l’ha trasmessa al figlio Giacobbe, sempre per volere di Dio, e non a Esaù, nonostante fosse il primogenito. Lo stesso Giacobbe poi, trasmise la benedizione messianica a uno solo dei suoi dodici figli, (pur amandoli tutti indistintamente), non al primogenito Rubens, e neppure al ben noto Giuseppe, che portò il popolo in Egitto, ma solo a Giuda, per ispirazione diretta di Dio, perché si adempisse la Scrittura secondo cui da quella discendenza sarebbe venuto il Re Davide e poi Gesù Cristo.
Si tratta infatti di benedizioni particolari, quasi un’Investitura divina, come le Unzioni per i Re, in un certo senso, che a quei tempi aveva un significato assai particolare perché legato anche a un ben preciso mandato di
provenienza divina, quello messianico, appunto. In tutti i casi, se consideriamo la successione dal punto di vista etnico, cioè della discendenza carnale, quella genealogica, diciamo, i discendenti di Isacco, figlio della promessa che Dio fece ad Abramo, sono gli Ebrei, ma i discendenti dell’altro figlio di Abramo, Ismaele, figlio della schiava Agar, al quale pure Dio promise protezione e lunga discendenza, chi sono?

Molti a questo punto pensano che i discendenti di Ismaele siano i palestinesi-musulmani, e che pertanto facciano anch’essi parte dell’unico Padre Abramo e delle promesse messianiche di Dio, invece niente di più sbagliato! I discendenti di Ismaele secondo il sangue, come razza, sono le diverse etnie arabe che avevano elementi di religione ebraica e pagana, mentre i musulmani non discendono affatto da Ismaele, ma da Maometto, il fondatore dell’Islam, che ha creato una frattura insanabile con la religione ebraica e cristiana presente a quei tempi in Arabia, un guerriero violento e passionario che, nell’intento di ricondurre idolatri e pagani al Dio dell’Islam, Allah, in realtà fece della sua “missione” una guerra continua, una vera carneficina, vantandosi di aver sgozzato alle porte di Medina oltre 700 ebrei che rifiutavano di convertirsi, e obbligando i suoi seguaci a fare altrettanto attraverso la cosiddetta “Jihad”, “la guerra santa” che egli stesso ha voluto stigmatizzare nel Corano come indiscutibile volontà di Dio.
Lo stesso Maometto che si vantava di avere ottenuto da Dio il permesso di avere venti mogli, mentre i fedeli possono averne al massimo quattro. Questi “dettagli” ed altri simili, non sono da sottovalutare se ci si vuol fare un’idea dell’Islam e di Maometto.

Il messaggio dell’Islam è trasmesso dal Corano, suddiviso in 114 capitoli, o sure, e dalla Sunna che, insieme ai detti e racconti di Maometto, costituiscono la shari’a islamica, che è la legge, cioè la costituzione dei musulmani, l’unica fonte del diritto islamico, religioso, civile, politico legislativo e quant’altro: tutto ciò che vi si oppone è nullo, e chi osa contraddire, merita la morte.

Il “Dio” dei Musulmani, dal nome arabo “musliman”, musulmano, cioè aderente all’Islam (Islam a sua volta significa sottomesso) è un “monarca-assoluto”, inaccessibile e solitario che esige punizioni terribili per chi infrange la legge e tributi di sangue per tutti gli infedeli, un “Dio” che premia i suoi credenti con sensualità e gozzoviglie di ogni tipo in un ipotetico paradiso dei godimenti perenni che solo la fantasia di Maometto poteva inventare.
Pertanto il Dio islamico non è assolutamente lo stesso Dio del padre Abramo.
Quando nel Corano si parla di un Dio misericordiosissimo, nulla ha a che vedere con la misericordia del Vangelo, di un padre che ama il figlio molto al di là dei suoi meriti, anche nei peccati, lo perdona e attende il suo ritorno. La misericordia di Allah è quella di un imperatore che alza il pollice in alto invece che in basso a salvare da morte il gladiatore ferito. Tutti applaudono alla sua “misericordia”, ma siamo su di un altro pianeta. Il Corano, praticamente incomprensibile, è invece chiarissimo riguardo alla guerra che i musulmani devono ingaggiare contro gli infedeli, e presenta come eccezione straordinaria una grande considerazione di Maria, o meglio della sua purezza assoluta, come madre del profeta Gesù, ovviamente, e non come Madre di Dio. Si pensa che questa tradizione orale sia stata trasmessa a Maometto dai cristiani presenti a quel tempo in Arabia e che possa costituire, come diceva recentemente il Vescovo di Beirut, un “elemento di unità” quasi miracoloso sul quale fare leva per impetrare da ambo le parti l’aiuto della Madonna soprattutto nella difficilissima impresa del dialogo e della convivenza pacifica.


Seconda parte: Il Dio degli Ebrei

Visto che noi cristiani proveniamo dalle radici giudaiche e attingiamo tutti al Vecchio Testamento, possiamo dire di avere almeno con gli Ebrei lo stesso Dio dell’Alleanza? Vediamolo brevemente.

Al popolo ebraico, il popolo della promessa che viveva in ambienti idolatri, Dio si è rivelato, attraverso Abramo, Mosè e i Profeti, proclamandosi l’Unico, vero Dio, “IO SONO” e, mentre da una parte gli dimostrava la sua predilezione proteggendolo contro i suoi numerosi nemici, nel contempo esigeva dal suo popolo adorazione e obbedienza, in vista di una missione specialissima alla quale era stato chiamato per volontà di Dio: la venuta del Salvatore del mondo, un Ebreo, figlio di Ebrei, della discendenza di Davide!

Sappiamo dalla Storia Sacra come il “popolo eletto” fu comunque anche più volte punito dallo stesso Dio soprattutto quando si macchiava del peccato di idolatria, tant’è vero che a motivo dell’idolatria gli Ebrei subirono la punizione più terribile, la deportazione in Babilonia dalla quale furono liberati grazie al re Ciro. Tornati a Gerusalemme, ricostruirono il tempio e le mura, nell’attesa della realizzazione della “grande promessa”, cioè l’avvento del Messia, ma essi non hanno voluto riconoscerlo in Gesù di Nazareth. Interessante la motivazione offerta da Ugo Borghello:“Si possono capire le grandi incomprensioni ebraiche verso il Cristo: si passa dal Dio del popolo ebraico al Dio del peccatore.(…) Le attese prevalenti tra gli Ebrei erano attese messianiche magiche, rivolte all’attesa di un “nuovo Mosè” che li liberasse dall’Impero Romano. Questo spiega che senza la fede nella divinità di Cristo si rimane fuori dal nuovo popolo di Dio(…) Ebrei e cristiani leggono le stesse parole, ma in modi diversi, perché partono da “chiese diverse”.
Nel Vangelo Gesù Cristo conferma la validità di tutto il Vecchio Testamento con le sue parole e con la sua stessa vita, citando più volte Abramo, Mosè e i profeti davanti ai Farisei increduli, addirittura apparendo davanti agli Apostoli nella trasfigurazione assieme a Mosè e ad Elia, come segno di continuità con il passato del popolo ebraico. “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt, 5,17).
Forti di questa consapevolezza, gli ultimi due Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno cercato un riavvicinamento col popolo ebraico attraverso visite alla sinagoga laddove, facendosi carico con grande umiltà degli errori di molti, hanno chiesto perdono in particolare per le mancanze dei figli della Chiesa se in qualche modo hanno potuto favorire le piaghe dell’antisemitismo.

Tuttavia Gesù Cristo, nel confermare la continuità, mette anche in risalto con fermezza la “novità assoluta” che è costituita dalla sua Presenza Divina come Figlio di Dio, un tutt’uno con il Padre dal cui amore promana lo Spirito Santo: la Santissima Trinità, cioè un solo Dio in Tre Persone divine! Rivelazione davvero sconvolgente e vincolante per la salvezza eterna. Prima di ascendere al cielo, Gesù disse agli apostoli: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate, dunque, e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo!” (Mt. 28,16) Da quel momento gli Ebrei dovranno adorare l’unico Dio in Tre Persone perché il Dio del Vecchio Testamento si è rivelato in Cristo e ha parlato di sé proclamando la sua piena unità con il Padre e lo Spirito Santo “Io e il Padre siamo una cosa sola, il Padre è in me e io sono nel Padre” (Gv. 10,30).

E quando i Giudei, increduli, per sfidare Gesù gli ricordano che loro discendono da Abramo e hanno Dio come padre, Gesù risponde loro “Se Dio fosse vostro Padre mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo. (…) Perché non potete dare ascolto alle mie parole VOI CHE AVETE PER PADRE IL DIAVOLO e volete compiere i desideri del padre vostro. (…) Abramo, vostro padre esultò nella speranza di vedere il mio giorno, lo vide e se ne rallegrò”. Gli dissero allora i Giudei “Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?” Rispose loro Gesù: “In verità, in verità vi dico “prima che Abramo fosse, io sono”.(Gv.8,31-59)
Forte e terribile questo brano di Giovanni, dove Gesù appare in tutta la sua maestosità, autorità e potenza. Pur essendo egli stesso ebreo, tuttavia non esita a definire i suoi connazionali “figli del diavolo” e non figli di Abramo, perché? Dio non ha rotto l’alleanza con i figli di Abramo però, con l’avvento di Gesù Cristo e soprattutto con la sua Morte e Risurrezione, il “Dio di Abramo” è ormai solo nella fede in Cristo e pertanto qualunque parentela o discendenza è solo di ordine spirituale. Si possono definire “figli di Abramo” solo coloro che nascono alla fede in Cristo, pertanto anche i pagani che si convertono a Cristo, cancellando definitivamente il valore della successione carnale, etnica per privilegiare solo quella della fede in Lui, aperta a tutti gli uomini di tutte le razze.
“Abramo vide il mio giorno e se rallegrò” ha affermato Gesù. Com’è possibile se Abramo è vissuto circa duemila anni prima di Cristo? San Tommaso da questa risposta: “Era necessario che il mistero dell’Incarnazione di Cristo in qualche modo fosse creduto da tutti, diversamente, a seconda dei tempi e delle persone…” (S Tommaso D’Aquino, Summa Theol” II, q.2-7). Quindi anche Abramo, Mosè, Davide e i Profeti dell’Antico Testamento si sono salvati non per le opere della Legge e neppure per la fede in un unico Dio, MA PER LA FEDE IN CRISTO, cioè per la fede nel Dio Trinitario. Pertanto, pur avendo le stesse radici e lo stesso Vecchio Testamento, ciò che fa la differenza è l’adesione, cioè l’atto di fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, che gli Ebrei non hanno ancora compiuto come popolo ma solo singolarmente come individui o piccoli gruppi sin dai tempi di Cristo fino ad oggi. In tutti i casi noi cristiani siamo incomparabilmente più vicini al Dio degli Ebrei che a quello dei musulmani, ovviamente, non solo come fede ma anche come cultura, costumi ecc.


Terza parte: Il Dio dei Cristiani: Gesù Cristo.

Alla luce di quanto detto, ne deriva che per i cristiani l’unico vero Dio è Colui che si è manifestato in Gesù Cristo, Figlio di Dio, circa duemila anni dopo Abramo e che ha rivelato l’essenza più intima e peculiare della natura divina: Tre Persone in una sola Natura: Padre, Figlio e Spirito Santo, cioè la Santissima Trinità, inconcepibile per gli Ebrei, bestemmia per i musulmani.
Quel Gesù Cristo che si è incarnato nel seno della Vergine Maria, che ha dato le prove della sua divinità, che ha parlato di Dio come Padre, lo ha fatto conoscere come Amore, identificandolo col Figlio a tal punto che anche il Figlio è venuto sulla terra per Amore, e solo per Amore ha dato la sua vita per gli uomini, quel Cristo che è risorto e che ha promesso anche per noi la risurrezione dai morti è un fatto storico, reale, meraviglioso, a dir poco sconvolgente che esige da ciascuno di noi un preciso e consapevole atto di fede, in quanto non siamo di fronte a un sistema religioso tra gli altri che prevede delle verità in cui credere e dei riti da celebrare, ma ci troviamo di fronte a una Persona Divina, Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo”.
Perciò chi adora Gesù Cristo adora anche Dio, e chi non adora Gesù Cristo non adora assolutamente Dio, come ha espresso Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Redemptor hominis” laddove afferma che: “Gesù Cristo è il centro di tutta la storia e di tutto il cosmo” Ecco perché manipolare la figura di Cristo è un “deicidio”, un grave peccato contro lo Spirito Santo che potrebbe avere delle conseguenze terribili per tutta l’umanità! Se si esclude Gesù Cristo, o lo si considera solo un Profeta, o lo si “mimetizza” con altre divinità si vanifica la stessa Redenzione, tutto il Nuovo Testamento, l’Amore divino, lo Spirito Santo, la Santissima Trinità, si esclude la Chiesa da Lui voluta, il Sacerdozio, i Sacramenti, insomma si esclude lo stesso Dio.
Fra i molti musulmani che si convertono al cristianesimo riservatamente per pericolo di ritorsioni o uccisioni, c’è stata una figura di spicco che ha avuto il coraggio di farlo pubblicamente, pur consapevole di rischiare la morte da parte dei suoi ex correligionari: Magdi Cristiano Allam. Giornalista del Corriere della Sera e attualmente europarlamentare, ha lasciato questa sua testimonianza nel libro “Grazie, Gesù” dove mette in evidenza l’assoluta impossibilità per l’Islam di coniugare “libertà, fede e ragione”, perché il Corano lo proibisce tassativamente
. Dopo lunga traversia interiore ha capito che solo Gesù Cristo risponde alle esigenze più intime della persona e della sua dignità perché nel presentare agli uomini la Verità, che Egli identifica con la sua Persona, non la impone con la violenza, ma la propone alla nostra coscienza rispettando la nostra libertà.
Il Dio cristiano, infatti, non vuole sudditi schiavi che obbediscono per terrore, ma figli liberi che scelgono per amore, consapevoli e responsabili delle loro scelte anche quando comportano il martirio.
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Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 11:42 am

???

Le vere radici d’Europa contro l’aliena menzogna monoteista » EreticaMente
Paolo Sizzi il 31 luglio 2016

http://www.ereticamente.net/2016/07/le- ... eista.html

Di tanto in tanto nasce una polemica, tra identitari, circa le fedi religiose professate dagli Europei, soprattutto per quanto concerne la diatriba tra soggetti paganeggianti e cristianeggianti (o pagani e cristiani). Terrei a precisare che, al di là delle dispute, una cosa dovrebbe essere chiara e presente a tutti: l’esempio di Costantinopoli dimostra ancor oggi come il rischio di discettare di sesso degli angeli finisca per fare il gioco del nemico di tutti, pagani, cristiani, atei, agnostici ma concordi sulla buona battaglia patriottica da intraprendere.

A mio modesto parere l’argomento religioso è un tema secondario rispetto a ben più importanti tematiche come quelle etno-razziali, sociali, economiche, culturali e non possiamo prenderci il lusso di dividerci per questioni di tale tipo se si concorda su tutto il resto. Un minimo di laicità su certe questioni (laicità, ossia razionalismo, non laicismo e cioè materialismo ateo) sarebbe cosa buona e giusta, e ragionevole, proprio per evitare tracolli deleteri per tutti i patrioti europei.

Però, è sempre bene mettere i puntini sulle i e precisare che il cristianesimo, al di là delle sue varianti, per quanto presente in Europa da 2000 anni rimane quel che è: eresia dell’ebraismo e religione sorella maggiore dell’islam che come queste appartiene al monoteismo abramitico plasmatosi nei deserti del Vicino Oriente e che pertanto risulta anch’essa intrisa di mentalità mediorientale estranea al contesto europeo, basta guardare alla dottrina. Come Italiani a noi riguarda da vicino, ovviamente, il cattolicesimo e anche se questo presenta innumerevoli aspetti di origine gentile, parassitati per farsi strada nella Penisola e nel resto d’Europa, fondamentalmente è la primeva forma di cristianesimo romano, fratello del giudaismo, parimenti sbarcato a Roma in epoca imperiale.

So benissimo che molti crociati contemporanei facciano i salti mortali per de-semitizzare la propria religione ed esorcizzarne la sua natura estranea, aliena, ma adorano lo stesso dio di Ebrei e musulmani, praticano una dottrina abramitica e monoteista, condividono (quasi) gli stessi libri e il culto per gli stessi personaggi semitici, hanno la medesima mentalità pecoronica e massificata del fedele succube di una divinità assoluta e arcigna che vive nel terrore del castigo eterno e naturalmente hanno anche similari paranoie in materia di temi come sesso e morte. Ovviamente all’insegna delle tinte fosche, del nero imperante, delle fobie più ridicole e grottesche tipiche dell’ignoranza crassa che oggi vediamo nel fanatismo islamico. Tutto ciò rappresenta l’altra faccia della medaglia estremistica, ove troviamo il libertinaggio, mentre noi Europei dovremmo saper sempre privilegiare la strada dell’equilibrio e della razionalità, che ci caratterizza, con un occhio di riguardo per la solare mentalità indoeuropea.

Ed è proprio questa solarità ariana che invece, culturalmente e spiritualmente, ci appartiene e che dobbiamo recuperare e difendere come insieme di culti per davvero tradizionali, rispetto all’eresia ebraica che ha colonizzato e attossicato l’Europa con tutte le sue storie allegoriche tratte dalla Bibbia. Io mi ritengo abbastanza laico, non religioso, prediligo il razionalismo, ma proprio in virtù di questo razionalismo non posso che impegnarmi per preservare le vere radici, anche culturali, del nostro continente che ovviamente non riguardano i credi monoteistici importati dalle desertiche lande mediorientali. Dagli ambienti pagani, oltretutto, è sgorgata la filosofia e il culto della Ragione, mentre in quelli cristiani è andato formandosi l’oscurantismo genocida della teologia con cui la Chiesa s’è fatta spazio in Europa: massacri, crociate interne, inquisizione, persecuzioni, roghi, torture diaboliche, corruzione, e chi più ne ha più ne metta. Fenomeni che hanno ben poco a che vedere col Vangelo stesso, ma lo sappiamo bene: fino al Concilio Vaticano II la Chiesa non è stata per nulla coerente coi dettami del suo Cristo (e pensiamo anche agli scandali, alla corruzione, alla lussuria, ai vizi, ai cattivi maestri e ai loro cattivissimi esempi) salvo svegliarsi magicamente dal quasi bimillenario coma con Giovanni XXIII.

Chi oggi è identitario e credente o con simpatie cristiane ha questa bizzarra nostalgia della Chiesa con gli spadoni, dimentico di come essa abbia per prima rivolto la cieca violenza missionaria contro la stessa Europa, naufragata nel dogmatismo papista, impegnandosi accanitamente per sradicare con tutte le sue forze la cultura pagana bollata come demoniaca, finendo così anche per armare la mano di folli che hanno sterminato interi popoli per evangelizzarli. Ma poi questo è stato fatto anche in terre come quelle sudamericane, ed è risaputo, solo che ci si dimentica sempre di come queste mostruose pratiche siano innanzitutto nate in seno alle nostre terre.

Va bene, Poitiers, Lepanto, Vienna… Ma signori miei, quella era solo politica e sete di egemonia cattolica, la stessa che poi dilaniò l’Europa con le guerre di religione aggiungendo al cattolicesimo la “deviazione” protestante, non meno agguerrita. Quel che di buono la Chiesa può aver fatto è da accreditare agli spiriti, europei, illuminati che hanno saputo davvero combattere per il benessere dell’Europa ma non certo per onorare il Vangelo, bensì le glorie e i fasti ad esempio del mondo classico greco-romano. Nel Medioevo i dotti erano giusto i chierici, perciò solo essi potevano occuparsi del patrimonio culturale superstite.

Ma la Chiesa, al di là della politica e della convenienza del momento, è da sempre un corpo estraneo espressione di una religione aliena, oscura, parassitaria che quando viveva nel periodo preconciliare tanto amato dai cattolici da combattimento nostrani prendeva a calci nel sedere e opprimeva la plebe mentre leccava sedere e piedi ai ricchi, ai nobili, ai regnanti. In barba agli evangeli. Evangeli che però oggi tornano di moda e che paiono funzionare a pieno regime solo con gli allogeni, preziosissime pedine che possono portare moltissimi denari nelle casse clericali, se sfruttate come si deve.

Ebraismo e islam sono due corpi estranei, anche perché legati primariamente a popoli estranei all’Europa, ma il cristianesimo ancorché in parte emendato dalla componente semitica mediante il filtro greco-romano è loro fratello, allo stesso modo alloctono e quindi come più e più volte visto nella storia nemico della nostra Terra e della nostra genuina Identità. Condannare l’islamizzazione o la giudaizzazione sorvolando sulla Chiesa fa spanciare dalle risate, anche perché intrinsecamente la religione cristiana, coerente, è per la pace, l’amore, il perdono, le ammucchiate che rasentano il sincretismo così come per l’esaltazione di ciò che è debole e marcio, fragile e castrato, perdente, umiliante. Dove credete di andare con un simile biglietto da visita, se pretendete di salvare l’Europa dall’immigrazione di massa, dal meticciamento e dall’autogenocida società multirazziale, quando si legge tra le righe dei testi sacri cristiani che bisogna tollerare ed accogliere, così come riconoscersi figli di un unico dio semitico e tutti fratelli nel nome di Gesù Cristo? Pensate forse che in nome del crocifisso potete difendere le sorti d’Europa da ciò che il crocifisso stesso attira come una calamita?

Possiamo anche rispettare quei cristiani che, al di là della loro fede, si battono per difendere la Patria dalla distruzione mondialista ma rimarranno incoerenti e succubi di un papa (se cattolici) e soprattutto di un dio che va messo sopra ogni cosa a scapito della Verità di Sangue, Suolo e Spirito, a tutto vantaggio di pericolose menzogne come l’egualitarismo progressista, il relativismo eradicatore, e la dittatura del pensiero unico antifascista/antirazzista. E badate bene che sia antifascismo che antirazzismo non sono filantropia o chissà quale impegno civile ma propagandistica retorica globalizzatrice atta a fare il gioco dei ricchissimi a tutto detrimento dei poveri e poverissimi, specialmente europei. Saremo anche tutti homo sapiens ma razzialmente, e poi etnicamente, differenziati, e chi lo nega spalleggiando mondialismi e universalismi di vario genere odia gli uomini perché ne odia la naturale biodiversità, calpestata pure da quella cultura che molti vorrebbero preservare addirittura in funzione anti-islamista ma che in realtà è della stessa pasta, sebbene edulcorata, poiché frutto di un globalismo avanti lettera espressione di una fittizia divinità nata dalla menzogna eretta a famiglia religiosa: il monoteismo.

Ave Italia!
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Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 12:01 pm

PAOLO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO
A PERPETUA MEMORIA

DICHIARAZIONE SULLE RELAZIONI DELLA CHIESA
CON LE RELIGIONI NON CRISTIANE
NOSTRA AETATE

http://www.vatican.va/archive/hist_coun ... te_it.html

Introduzione

1. Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.

I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra (1) hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti (2) finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (3).

Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo: la natura dell'uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l'origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l'ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.

Le diverse religioni

2. Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la vita in un intimo senso religioso.

Quanto alle religioni legate al progresso della cultura, esse si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato. Così, nell'induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza. Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l'aiuto venuto dall'alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l'inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri.

La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.

Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose (4).

Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.


La religione musulmana

3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.

Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.


La religione ebraica

4. Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.

Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede (6), sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili (7). La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso (8). Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: « ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.

Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.

Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata (9); gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione (10). Tuttavia secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (11). Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e « lo serviranno sotto uno stesso giogo » (Sof 3,9) (12).

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo (13), tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.

E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.

La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

Fraternità universale

5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8).

Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.

In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini (14), affinché siano realmente figli del Padre che è nei cieli (15).

Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto, sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso San Pietro, 28 ottobre 1965.

Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica.
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Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 12:16 pm

Non nel nome di Dio
viewtopic.php?f=24&t=2564

A so drio lexar "Non nel nome di Dio" del rabin o rav Jonathan Sacks de Londra

http://www.giuntina.it/Schulim_Vogelman ... o_682.html

Jonathan Sacks
https://it.wikipedia.org/wiki/Jonathan_Sacks
Jonathan Henry Sacks (Londra, 8 marzo 1948) è un rabbino britannico, considerato la massima autorità spirituale e morale ebraica ortodossa in Gran Bretagna, col titolo di Chief Rabbi of Great Britain and the Commonwealth of Nations ("Rabbino capo della Gran Bretagna e del Commonwealth delle nazioni") dalla sua nomina nel 1991 fino alla conclusione del suo mandato nel 2013. Creato Sir dalla Regina Elisabetta II nel 2005 per servizi resi alla Comunità e alle relazioni inter-religiose e nel 2009 nominato Lord Barone con un seggio a vita nella Camera dei Lord.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/ ... eeting.jpg


Cap. 1
La malvagità altruistica

I rapporti tra ebraismo, cristianesimo e islam sono stati storicamente avvelenati, e io cerco di capire perché. In questi capitoli esploro tre fenomeni: forma mentis, mito e rivalità fraterna. Primo: c’è una specifica forma mentis che rende possibile la malvagità altruistica: il dualismo. Questo è incompatibile con il monoteismo ma ciò nonostante di tanto in tanto vi ha trovato spazio. Secondo: ci sono miti che nutrono questo abito mentale, sono sorprendentemente duraturi e adattabili, si spostano da una religione all’altra e si insinuano perfino nelle culture laiche. Terzo: c’è quella relazione unica tra le tre fedi abramitiche che le ha messe in tensione l’una con l’altra.

Ciascuna ha inizialmente ipotizzato che le altre sarebbero scomparse.
I loro seguaci si sarebbero convertiti o avrebbero riconosciuto la supremazia della nuova fede. I cristiani si aspettavano che gli ebrei diventassero cristiani perché il fondatore della loro fede era un ebreo. I musulmani si aspettavano che ebrei e cristiani diventassero musulmani perché la loro fede includeva Abramo, Mosè, Gesù e parte dei loro insegnamenti. Ma essi non scomparvero. Alcuni si convertirono, ma la maggior parte non lo fece. Gli ebrei rimasero ebrei. I cristiani rimasero cristiani. Il risultato è che l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam sono sfidati, perfino minacciati, ognuno dall’esistenza degli altri. Per un lungo periodo di tempo questo ha avuto poca importanza. Ebrei, cristiani e musulmani hanno vissuto pacificamente insieme per gran parte della loro storia. Ma nei momenti di forte tensione e agitazione questo problema è stato di grande importanza.

C’è, come evidenzio nel quinto capitolo, un modo di pensare che possiamo far risalire a una serie di racconti nel libro della Genesi, condivisi perlomeno vagamente da tutte e tre le fedi. Qui è dove è nato il problema. Ignorare questi racconti è impossibile, ma reinterpretarli è assolutamente possibile. Possiamo spingerci oltre: i testi stessi che si trovano alla radice del problema, se giustamente interpretati, possono fornire una soluzione. Questo tuttavia esigerà una rilettura radicale di questi testi, attraverso un atto di ascolto profondo della voce originaria del monoteismo stesso.
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Messaggioda Berto » lun apr 03, 2017 5:05 pm

Come per me che sono veneto, non ha alcun senso assumere le radici etniche ebraiche e romane, così non ha alcun senso assumere la religione ebraica o il suo derivato eretico cristiano e cattolico romano.
Ricostruire la storia della spiritualità e della religiosità delle mie genti, nella terra veneta mi porta oltre le radice giudaico-cristiane e greco-romane dell'Europa.
Anche la spiritualità e la religiosità ebraica e romana affondano le loro radici nell'universalità spirituale e nelle sue specificità e varietà europee e mediterranee.


Certo in mancanza di un racconto organico e di storie eroiche riguardanti il passato preistorico della mia gente e della mia terra veneta, mi posso aiutare in parte assumento di sponda le narrazioni storiche di altri come i racconti degli eroi dei classici greco-romani, come pure i racconti e gli eroi ebraici della Bibbia, ma anche le narrazioni mitologiche e le figure mitiche del mondo germano e celta e slavo, come pure quelle del mondo mediorientale mesopotamico e dell'antico egitto e dell'oriente più lontano tibetano, mongolo, cinese, giapponese, indiano.



Il diritto nella tradizione ebraica e in Israele
viewtopic.php?f=197&t=2572

Preistoria e storia del diritto, fonti varie
viewtopic.php?f=205&t=2521
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Messaggioda Berto » mer mag 03, 2017 10:55 am

???

Cristianesimo, secolarizzazione e laicità dello stato
Posted by tocquevilleacton on 25 novembre 2016
Dario Antiseri

https://tocqueville-acton.com/2016/11/2 ... ello-stato

«Come mettiamo insieme la laicità di uno Stato che non vogliamo più assoluto (dunque rispettoso delle nostre personali trasgressioni) e la tradizione che vogliamo mantenere e rispettare delle nostre radici giudaico-cristiane?»

E, per essere ancora più chiari: non c’è una stridente antinomia tra la concezione cristiana della vita e la laicità dello Stato? Questa una delle domande, a mio avviso di maggior peso sia storico che teorico, che Nicola Porro pone nel suo recente libro La disuguaglianza fa bene (La Nave di Teseo, Milano, 2016). Si tratta di un lavoro istruttivo, scritto in modo chiaro e brillante, dove l’Autore compie un lungo viaggio tra gli scritti di economisti, filosofi, politologi ed anche romanzieri i quali hanno difeso e difendono le ragioni di quella libertà che ha dato forma all’Occidente e che oggi l’Occidente pare mettere disgraziatamente in discussione. Dunque, quello di Porro, un lungo ed affascinante viaggio nel Mondo 3 del pensiero liberale. E non sarebbe stato male, anzi sarebbe stato più che opportuno, se in questo suo viaggio l’Autore si fosse anche addentrato nella provincia del liberalismo cattolico ponendo la dovuta attenzione a pensatori, tra altri, del livello di Rosmini, Lord Acton, Sturzo, Garello, Sirico, Novak e don Angelo Tosato.

Porro chiede: l’essere cristiano è compatibile con la laicità dello Stato? E a lui che ne dubita e a quanti si ostinano a negare tale compatibilità, mi permetto di rivolgere quest’altra domanda: lo Stato laico – cioè la società aperta o Stato di diritto – sarebbe stato possibile senza il messaggio cristiano?

Nel 112 d.C., Plinio il Giovane, a quel tempo governatore della Bitinia, invia una lettera all’imperatore Traiano, dove gli notifica di aver condannato a morte tutti quei cristiani che si erano rifiutati di adorare Cesare come Signore (Kýrios Káysar) e di maledire Cristo (Anáthema Christós). Con il messaggio cristiano aveva fatto irruzione nella storia degli umanini l’idea che il potere politico non è il padrone della coscienza degli individui, ma che è la coscienza di ogni uomo e di ogni donna a giudicare il potere politico. Per il cristiano solo Dio è il Signore, l’Assoluto. Lo Stato non è l’Assoluto: Káysar non è Kýrios. E con ciò il potere politico veniva desacralizzato, l’ordine mondano relativizzato e le richieste di Cesare sottoposte al giudizio di legittimità da parte di coscienze inviolabili, di persone “fatte ad immagine e somiglianza di Dio”. La realtà è che la Grecia ha passato all’Europa l’idea di ragione come discussione critica, ma non fu la Grecia a passare all’Europa i suoi déi. Questi, come ha scritto Giovanni Reale, «erano già stati resi vani dai filosofi a cominciare dai presocratici, Senofane in testa». Il Dio delle popolazioni europee è il Dio della Bibbia e del Vangelo, il Dio giudaico-cristiano: il Dio che desacralizza il mondo e che così, come sostiene Max Scheler, lo rende disponibile alla manipolazione e all’indagine scientifica in una misura prima impensabile; è il Dio che desacralizza il potere politico offrendo così le basi di una prospettiva non teocratica; è il Dio che rende libera, responsabile e inviolabile la persona umana con il conseguente ridimensionamento dell’ordine politico. La secolarizzazione con un mondo non più sacro e con un uomo che, per quanto possa illudersi, non è Dio, è una chiara conseguenza del messaggio evangelico. E, d’altro canto, se le ninfe non aleggiano più su sorgenti d’acqua e non c’è più Zeus a lanciare fulmini dal cielo, tutto questo è una purificazione della fede dalla superstizione e niente affatto la cancellazione della possibilità di una realtà trascendente. In poche parole, il messaggio cristiano libera l’uomo dall’idolatria: il cristiano non può attribuire assolutezza e perfezione a nessuna cosa umana. È, dunque, per decreto religioso che lo Stato non è tutto, non è l’Assoluto. E sia con la dissacrazione di Cesare, vale a dire della de-assolutizzazione del potere politico, sia con il valore dato alla libera e responsabile coscienza di ogni persona, il cristianesimo ha creato, a livello politico, una tensione che attraversa tutta la storia dell’Occidente. Si tratta, infatti, di idee ed ideali che, pur tra tentazioni “teocratiche” o rifiuti “satanocratici” del potere politico, hanno esercitato, nell’evoluzione storica, una pressione a volte travolgente sull’elemento mondano antitetico.

Sta qui un tratto essenziale, costitutivo dell’Occidente: senza Cristianesimo l’Occidente non esisterebbe. Certo, nessuno può ignorare i rivoli che sono confluiti nel grande fiume che ha in-formato, dato forma, all’Occidente – grande fiume che risale a due sorgenti: quella che sgorga da Atene e quella che sgorga da Gerusalemme. E se è vero, per dirla con P.B. Shelley, che «noi tutti siamo greci», è anche vero, come ha scritto W. Röpke, che «soltanto il Cristianesimo ha compiuto l’atto rivoluzionario di sciogliere gli uomini, come figli di Dio, dalla costrizione dello Stato e, per parlare come Guglielmo Ferrero, di demolire l’esprit pharaonique dello Stato antico». Una realtà, questa, pienamente riconosciuta anche da atei quali, per addurre solo qualche esempio, Renan, Croce, Salvemini, Popper. Scrive Popper ne La società aperta e i suoi nemici: «Riconosco che gran parte dei nostri scopi e fini occidentali, come l’umanitarismo, la libertà, l’uguaglianza, li dobbiamo all’influenza del Cristianesimo […]. I primi cristiani ritenevano che è la coscienza che deve giudicare il potere e non viceversa». E la coscienza, quale ultima corte di giudizio nei confronti del potere politico, in unione con l’etica dell’altruismo, «è diventata la base della nostra civiltà occidentale». La realtà, dice Popper, è che «ad eccezione del razionalismo greco, nulla ha esercitato un così forte influsso sulla storia delle idee in Occidente come il Cristianesimo e le lotte nel suo interno». Ed ecco, da parte sua, cosa, «per semplice osservanza della verità», volle precisare Benedetto Croce in Perché non possiamo non dirci cristiani: «Il cristianesimo è stata la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto». E la ragione di ciò, precisa Croce, «è che la rivolu­zione cristiana operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale e, conferendo risalto all’intimo e proprio di ta­le coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino ad allora era mancata all’umanità». È un ateo come E. Renan a dire che «Gesù restò per l’umanità un principio inesauribile di morali rinnovamenti» e che «tra i figli degli uomini uno più grande di Gesù non è nato mai»; ed è un altro ateo e grande sostenitore della libertà come G. Salvemini a dichiarare che è Gesù Cristo il maestro che «ci ha lasciato il più perfetto codice morale che l’umanità abbia mai conosciuto».

Penso che queste considerazioni siano sufficienti a dissolvere i dubbi di Nicola Porro. Ma qualche altra idea vorrei sottoporre all’attenzione di quanti perseverano nel vedere nel Cristianesimo la patologia piuttosto che la fisiologia dell’Europa e, più ampiamente, dell’Occidente. Fu Benjamin Constant a far presente che se «popoli religiosi hanno potuto essere schiavi, nessun popolo irreligioso è mai rimasto libero […] Quando il dispotismo si incontra con l’assenza del sentimento religioso, la specie umana si prostra nella polvere ovunque la forza si dispieghi». E Tocqueville ne La democrazia in America annotava di «essere portato a pensare che, se un uomo non ha fede, bisogna che serva e, se è libero, che creda». E ancora uno scrittore liberale del periodo di Napoleone III, e cioè E. Laboulaye, in uno studio sulla differenza fra la libertà antica e la moderna (L’etat et ses limites, 1865), ha sostenuto che noi dobbiamo la nostra libertà moderna al coraggio dei martiri cristiani di fronte alla morte, perché soltanto alla loro inflessibilità va attribuito il fatto che il tardo dispotismo romano poté essere infranto in nome della religione cristiana universale e che si poté conquistare quel diritto dell’anima individuale che contraddistingue la libertà moderna.
Scriveva, dunque, Laboulaye: «I palazzi dei papi hanno rimpiazzato il palazzo di Cesare, il Vaticano parla di potenza alla Chiesa; ma al di sotto di questo splendido edificio ci sono le catacombe, le quali parlano di libertà». È questa una idea ribadita dall’allora cardinale Ratzinger in un colloquio con Antonio Socci apparso su «Il Giornale» del 26 novembre 2003. Chiede Socci: «C’è una novità nel suo libro [Fede, verità, tolleranza, 2003] a proposito del relativismo. Lei sostiene che, nella prati­ca politica, il relativismo è il benvenuto perché ci vacci­na, diciamo, dalla tentazione utopica. È il giudizio che la Chiesa ha sempre dato sulla politica?». Ratzinger risponde: «Direi proprio di sì. È questa una delle novità essenziali del cristianesimo per la storia. Perché fino a Cristo l’identificazione di religione e Stato, divinità e Stato, era quasi necessaria per dare stabilità allo Stato. Poi l’islam ritorna a questa identificazione tra mondo politico e religioso, col pensiero che solo con il potere politico si può anche moralizzare l’umanità.
In realtà, da Cri­sto stesso troviamo subito la posizione contraria: Dio non è di questo mondo, non ha legioni, così dice Cristo, Stalin dice non ha divisioni. Non ha un potere monda­no, attira l’umanità a sé non con un potere esterno, politico, militare ma solo col potere della verità che convi­ce, dell’amore che attrae. Egli dice: “attirerò tutti a me”. Ma lo dice proprio dalla Croce. E così crea questa distin­zione tra imperatore e Dio, tra il mondo dell’imperatore al quale conviene lealtà, ma una lealtà critica, e il mondo di Dio, che è assoluto. Mentre non è assoluto lo Stato». È per decreto religioso che, per il cristiano, lo Stato non è tutto, lo Stato non è l’Assoluto. E all’intervistatore che fa presente che «questo è uno straordinario punto d’incontro tra pensiero cristiano e cultura liberaldemocrati­ca», Ratzinger replica: «Io penso che la visione liberaldemocra­tica non potesse nascere senza questo avvenimento cristiano che ha diviso i due mondi, così creando pure una nuova libertà. Lo Stato è importante, si deve ubbidire alle leggi, ma non è l’ultimo potere. La distinzione tra lo Stato e la realtà divina crea lo spazio di una libertà in cui una persona può anche opporsi allo Stato. I martiri sono una testimonianza per questa limitazione del potere assoluto dello Stato. Così è nata una storia di libertà. An­che se poi il pensiero liberaldemocratico ha preso le sue strade, l’origine è proprio questa». Non si può, dunque, dar torto a Thomas S. Eliot allorché scriveva che «se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura. E allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie». E se in Europa le idealità cristiane seguiteranno ad allontanarsi dalle menti dei suoi cittadini, sarà l’Europa a scomparire. Difatti, come giustamente ammoniva Rosmini: «Chi non è padrone di sé, è facilmente occupabile».

Una società laica non è tale perché società atea. Stati atei come fu nel caso del paganesimo nazista e del materialismo comunista sono state società chiuse orribili e crudeli. Società laica significa società aperta. La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee ed ideali diversi e magari contrastanti, ed è chiusa soltanto ai violenti e agli intolleranti. E se più d’una sono le ragioni storicamente via via addotte contro l’idea di società chiusa e a supporto della società aperta, nevralgiche a difesa della società aperta risultano: la consapevolezza che le “verità” delle fedi scelte ed abbracciate possono venir proposte e non imposte; la consapevolezza che nessun uomo è più importante di un altro uomo e che le istituzioni sono in funzione della libertà e della realizzazione della capacità di ciascun individuo; la consapevolezza della fallibilità della conoscenza umana; la consapevolezza che dai fatti non sono derivabili valori; la consapevolezza che il monopolio pubblico o privato dei mezzi di produzione equivale alla cancellazione di ogni libertà, perché «chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini» (F.A. von Hayek).
Viviamo in una società laica quando a nessuno e a nessun gruppo portatore di una specifica tradizione è proibito di dire la sua, ma dove nessuno e nessuna tradizione è esente dalla critica nel pubblico dibattito. Laico è chi è critico; non dogmatico; disposto ad ascoltare gli altri – soprattutto quanti pensano diversamente da lui – e al medesimo tempo deciso a farsi ascoltare; laico è chi è rispettoso delle altrui tradizioni e, in primo luogo, della propria; è colui che è consapevole della propria ed altrui fallibilità e che è disposto a correggersi; il laico non è un idolatra, non divinizza eventi storici ed istituzioni a cominciare dallo Stato; non reifica, non fa diventare cose (res), cioè realtà sostanziali, i concetti collettivi (popolo, classe, nazione, sindacato, partito, ecc.) che così si trasformerebbero in entità liberticide; il laico rispetta la voce del popolo ma non la mitizza, perché sa che il popolo, al pari di ogni singolo individuo, può sbagliare: la piazza ha scelto Barabba, ha osannato assassini e dittatori, è andata in delirio per Mussolini, Hitler e Stalin; il laico sa che nello Stato di diritto sovrana è la legge e non il popolo – la legge che pone garanzie di libertà dei cittadini e che protegge le minoranze nei confronti di maggioranze, tentate di governare tirannicamente.
Il laico sa che la democrazia è “l’alta arte del compromesso”, ma è colui che anche sa che non sempre il compromesso è possibile giacché esistono valori o ideali inconciliabili, con la conseguenza che la società aperta non sarà mai una società perfetta – anzi la società perfetta è la negazione della società aperta; il laico combatte fin che può con le “parole” invece che con le “spade”, ma sa opporsi con la spada a quanti usano la spada per opprimere gli altri: «Abbiamo non soltanto il diritto, ma il dovere di rifiutare di essere tolleranti verso coloro che cospirano per distruggere la tolleranza» (K.R. Popper). Laico è, dunque, il cittadino della società aperta. Fuor d’ogni dubbio, anche le regole e le istituzioni della società aperta sono frutto di una specifica tradizione, esito di consapevolezze teoriche e di precise scelte etiche – tese a scardinare le “ragioni” di conflitti e catastrofi che hanno inzuppato, e inzuppano, la terra di sangue innocente.
Ma si tratta – diversamente che in ordini sociali tribali e dittatoriali – di consapevolezze e scelte etiche che permettono la pacifica convivenza del maggior numero possibile di individui con idee diverse e di tradizioni differenti.
Per dirla con Luigi Einaudi, nella società aperta «l’impero della legge è condizione per l’anarchia degli spiriti».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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