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Torino, 27enne fermato Said Machaouat un marocchino, per l'omicidio di Stefano Leo: ha confessato, trovato coltello31 marzo 2019
https://www.ilmessaggero.it/italia/tori ... 2EZ8dUZmLU C'è un sospettato per l'omicidio del 34enne Stefano Leo, avvenuto il 23 febbraio a Torino, nella zona dei Murazzi. Un uomo di 27 anni ha confessato. Stefano fu ucciso a coltellate, in pieno giorno e in mezzo alla strada.
A poche ore dalla 'passeggiata' di amici e parenti in riva al Po per chiedere di far luce sul delitto, un 27enne con piccoli precedenti penali ha rivelato di essere stato lui, lo scorso 23 febbraio, a uccidere la vittima con un fendente alla gola. I carabinieri del Comando provinciale di Torino, coordinati dai sostituti procuratori Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli, hanno già trovato i primi riscontri alla confessione.
Nei suoi confronti è stato disposto il fermo di indiziato di delitto. L'uomo, Said Machaouat, un italiano di origini marocchine, è stato trattenuto fino alla tarda serata di domenica in via Valfrè, negli uffici dell'Arma, dove è stato portato dopo che si era presentato spontaneamente in Questura.
«Quello in riva al Po l'ho ucciso io», ha detto in modo confuso agli agenti, che hanno subito allertato i carabinieri, titolari dell'indagine. Trasferito al Comando provinciale, alla presenza del suo legale di fiducia, avvocato Basilio Foti, è iniziato l'interrogatorio, durato oltre tre ore. Il lavoro investigativo condotto in questo mese dai militari dell'Arma e dai magistrati ha consentito loro di trovare i primi riscontri alla confessione. Tra cui la presunta arma del delitto, un affilato coltello da cucina nascosto in una cassetta dell'Enel di piazza d'Armi. Restano però ancora molto punti da chiarire, a cominciare dal movente di un delitto tanto efferato quanto misterioso.
Originario di Biella, una laurea in Giurisprudenza, Leo viveva dallo scorso novembre a Torino. Dopo un lungo periodo trascorso all'estero, tra Cina, Giappone e Australia, era commesso in un negozio d'abbigliamento del centro. Sempre puntuale, sempre preciso, tutte le mattine per recarsi al lavoro faceva una passeggiata in lungo Po Macchiavelli. L'ha fatta anche quella mattina del 23 febbraio, un sabato, ignaro che stava andando incontro al suo assassino. Un uomo, rimasto sconosciuto fino ad oggi, che lo ha ucciso senza un apparente motivo con una coltellata alla gola.
«Siamo ancora increduli. Quello che è accaduto a Stefano non deve più succedere a nessuno», dicevano ancora ieri i suoi amici, un centinaio di palloncini rossi liberati in cielo, dal luogo del delitto, per chiedere «verità e giustizia». Era presente anche la sindaca, Chiara Appendino, per manifestare la vicinanza della Città alla famiglia Leo. Che ora attende di conoscere gli ultimi sviluppi dell'inchiesta, nella speranza che sapere chi ha ucciso Stefano porti loro un po' di pace.
Uccise Stefano Leo, un italiano "a caso": 30 anni in cella mercoledì 1 luglio 2020
https://www.secoloditalia.it/2020/07/om ... no-a-caso/“Giustizia è fatta”, hanno commentato i genitori di Stefano Leo, oggi in aula per assistere alla condanna, da parte del tribunale di Torino, a 30 anni di carcere Said Mechaquat. Il giovane di origine marocchina era accusato di aver ucciso il 23 febbraio del 2019 con una coltellata alla gola ai Murazzi del Po Stefano Leo, il giovane 33enne di origine biellese che stava recandosi al lavoro.
Giudicato con rito abbreviato, per lui la procura aveva chiesto 30 anni mentre l’avvocato difensore aveva invocato il vizio parziale di mente e le attenuanti generiche. In aula, alla lettura della sentenza, c’era la mamma della vittima ma era presente anche l’imputato, che nei giorni dell’arresto si era lasciato andare a manifestazioni provocatorie nei confronti degli inquirenti e delle forze dell’ordine (foto in alto, e nel riquadro, Stefano Leo).
La confessione del killer di Stefano Leo
“La questione è molto semplice, volevo prendere a Torino un ragazzo, giovane quanto me, toglierli tutte le promesse di figli che avrebbe voluto fare, toglierli generazione che avrebbe pensato di fare togliere l’amore ai suoi genitori. Così è stato. Quello era il mio intento. Volevo colpire uno a caso“. Questa era stata l’agghiacciante confessione resa da Said nei mesi che hanno preceduto il processo.
Ricostruendo i fatti davanti agli inquirenti, il marocchino raccontò così la dinamica: “Piglio il coltello con la mano sinistra, mi alzo tranquillo (dalla panchina, ndr) lo raggiungo, gli passo davanti leggermente, gli do il colpo al collo, guardo se glielo dato bene poi l’ho superato. Lui già faceva fatica respirare, si è accasciato a terra”.
Un delitto senza un movente
Quanto al coltello. il marocchino disse che lo aveva già fuori quando il Stefano Leo gli passò davanti. “Non si è accorto di nulla. Di me – aggiunge – non si è accorto nessuno”. E agli investigatori che gli chiesero perché avesse colpito al collo e non, per esempio, alla schiena, il marocchino rispose: “perché il collo era più sicuro, se buchi il polmone rischi che non muore, è logica”.
Il movente non c’era, ma Said fece riferimento a una vendetta nei confronti della moglie che non gli faceva vedere il figlio. “E come se io fossi tua moglie e ti dico che non puoi andare a prendere il bambino…” e agli investigatori che osservarono che da tempo la moglie non gli faceva vedere il bambino, rispose: “Ma non è per quello è una questione morale di cuore perché è come se tu dici ‘non è normale se ci stanno accoppiati bene e io invece mi sono ritrovato questa che mi ha rubato l’unica cosa che io volevo’”, e concluse con “capisce?”.