Esproprio proletariohttps://it.wikipedia.org/wiki/Esproprio_proletario Esproprio proletario (anche detto spesa proletaria) è una locuzione che indica la sottrazione di merci a un esercizio commerciale per motivi politici. Giuridicamente, l'esproprio proletario è un reato comune, configurabile, a seconda delle modalità di esecuzione, come furto, rapina o saccheggio. L'espressione, poi divenuta d'uso comune, è stata coniata da taluni gruppi della sinistra extraparlamentare italiana negli anni settanta.
A proposito di “espropri proletari”: contro il perbenismo e l’estremismo piccolo-borghese
5 Dicembre, 2004
https://it.internationalism.org/rziz/2004/138/espropriL’azione dimostrativa condotta da qualche centinaio di no-global il 6 novembre scorso, consistita nell’assalto ad un ipermercato e ad una libreria con asportazione di merci varie distribuite ai passanti o portate via dai dimostranti stessi, ha dato la stura a tutta una serie di commenti e prese di posizione che vale la pena di esaminare per mostrare la loro natura di propaganda borghese, opposta in apparenza, convergente nella realtà.
Innanzitutto va messa in evidenza l’esagerazione delle reazioni della maggioranza di governo che ha trattato l’azione dimostrativa, un po’ goliardica dei “disobbedienti”, come se si trattasse di un crimine efferato, da condannare senza appello e con la minaccia delle peggiori punizioni: “un’azione criminale” secondo il ministro Maroni, da trattare con “tolleranza zero” secondo il sottosegretario Sacconi, proposta subito raccolta dal ministro dell’interno Pisanu che a caldo ha affermato “la prossima volta pugno di ferro”, e qualche settimana dopo ha promesso l’arresto immediato agli autori di altre bravate simili. Quanto perbenismo, quanto rigore nel rispetto della “legalità” da parte di gente che questa legalità se la mette tutti i giorni sotto i piedi, che ruba e truffa per miliardi e poi si fa delle leggi apposite per evitare la condanna!
Ma che una destra borghese, e per giunta al governo, alzi la voce in difesa della legalità borghese non sorprende nessuno. Meno scontata può sembrare la reazione simile avuta dagli esponenti della sinistra, che anche loro invece si sono subito schierati in difesa della legalità violata: “vandalico e illegittimo” ha commentato Antonio Di Pietro, “bocciatura totale e senza appello” per Walter Veltroni, mentre Bertinotti ci ha tenuto a dire “la condanno senza esitazioni” (1)
Meno scontata questa reazione, ma solo in apparenza. La sinistra borghese è sempre stata in prima fila nella difesa dell’ordine e della legalità, soprattutto di fronte alle possibili reazioni proletarie alla fame e alla miseria, ed ha sempre svolto con zelo questo suo ruolo quando è stata al potere. Basta ricordare cosa diceva il ministro di Grazia e Giustizia, Palmiro Togliatti a proposito degli assalti ai forni fatti dalla popolazione affamata nell’immediato dopoguerra:
“Ai primi Presidenti e ai Procuratori Generali delle Corti d’Appello: non sarà sfuggito all’attenzione delle Signorie Loro Illustrissime che, specie in questi ultimi tempi si sono verificate in molte province del Regno manifestazioni di protesta da parte di reduci e disoccupati, culminate in gravissimi episodi di devastazione a danno di Uffici pubblici e di depositi alimentari(…) Questo Ministero, pienamente convinto dell’assoluta necessità che una energica azione intrapresa dalla polizia per il mantenimento dell’ordine pubblico debba essere validamente affiancata ed appoggiata dall’autorità giudiziaria, si rivolge alle Signorie Loro invitandole a voler impartire ai dipendenti uffici le opportune direttive affinché contro le persone denunciate si proceda con la massima sollecitudine e con estremo rigore. Le istruttorie ed i relativi giudizi dovranno essere esplicati con assoluta urgenza, onde assicurare una pronta ed esemplare repressione, (…)” (Ripreso da Rivoluzione Internazionale n.96, giugno 1996)
Al confronto i vari Veltroni e Bertinotti sono dei ....“buonisti” (o, per meglio dire, meglio che non sono al governo, se no seguirebbero l’esempio del loro grande maestro).
Pur non avendo responsabilità di governo, pur non dovendo prendersi in prima persona il carico di reprimere i movimenti di dissenso, la sinistra ha tenuto comunque a dimostrare la sua natura di strenuo difensore dell’ordine e del sistema capitalista, e questo ad ogni buon conto, onde evitare che i proletari possano pensare di farsi beffe delle leggi borghesi: chi ruba è un criminale! Dicono loro. Ed infatti i capitalisti che rubano plusvalore a milioni di operai sono i peggiori criminali della storia! Diciamo noi.
Ma questa nostra denuncia dell’ipocrisia e del perbenismo borghese e piccolo-borghese, non significa che siamo per il cosiddetto “esproprio proletario”, infatti una cosa è l’azione collettiva della classe che reagisce alla miseria, come appunto nel dopoguerra, un’altra è l’azione dimostrativa isolata da qualsiasi contesto di lotta di classe come in questo caso. Il termine “esproprio proletario” era in voga ai tempi dei movimenti studenteschi degli anni sessanta e settanta che pretendevano di parlare al posto della classe operaia, anzi di dare l’esempio agli operai “imborghesiti” dai sindacati. Con una bella faccia tosta, infatti, Casarini e compagni si sono rivolti ai lavoratori dell’ipermercato assaltato con frasi tipo “ma ti rendi conto che ti sfruttano?” (no, sicuramente non lo sapevano), o, peggio ancora, menando le mani contro i commessi che cercavano di non farli entrare. Nel ‘68, i “radicali dell’epoca andavano fuori alle fabbriche per convincere gli operai a fare sciopero anche quando non ce n’erano le condizioni. E per dare l’esempio di quello che secondo loro era la lotta di classe, organizzavano manifestazioni violente ed “espropri proletari”, vere e proprie provocazioni che per fortuna gli operai non seguivano. E proprio per questo, i teorici di quei movimenti si inventavano nuovi soggetti sociali, destinati a fare la rivoluzione al posto di una classe operaia tradizionale ormai addormentata. Sono di allora le teorie sui “tecnici” come i nuovi soggetti rivoluzionari, e questo solo perché non erano i tradizionali operai con la tuta blu. Oggi ci sono i Francesco Caruso (poveri noi!!) che cercano di rinnovare queste teorie, scoprendo una ”nuova classe sociale” che sarebbero i precari, i lavoratori senza garanzie e sicurezze. Come se fosse il livello di sfruttamento che rende rivoluzionaria una classe o uno strato sociale, e non il posto che occupano all’interno della società. La classe operaia è caratterizzata dal suo ruolo di principale produttore di ricchezza e dal fatto di avere in cambio della ricchezza prodotta solo una sua parte, mentre il resto viene rubato loro dai capitalisti che vivono e riproducono il loro sistema grazie a questo plusvalore estorto agli operai. Questa è la condizione di tutti gli operai del mondo intero, quale che sia il loro grado di sfruttamento, quali che siano le regole che governano il loro lavoro. La precarietà, se costituisce una caratteristica sempre più dominante per i lavoratori del mondo intero è in realtà una situazione che attraversa l’insieme della società: precarietà nella sicurezza del posto di lavoro (che colpisce anche la piccola e media borghesia, vedi i tanti manager finiti in rovina appresso alle aziende di cui si facevano difensori); precarietà nella vita quotidiana (a causa della crescita della criminalità), o nella semplice speranza di vita, visto il dilagare della guerra a sempre più paesi del mondo, ivi comprese le cittadelle del capitalismo, raggiunte anche loro dalla guerra sotto la forma del terrorismo, che minaccia anche la popolazione più inerme ed innocente (si pensi alle vittime dell’attentato ai treni di Madrid, tutti lavoratori pendolari).
Perciò chi crede di individuare una situazione che investe tutti o quasi gli strati sociali come LA condizione per individuare un soggetto rivoluzionario, non solo non capisce niente di marxismo, ma in realtà contribuisce alla campagna che tende a negare la lotta di classe e il ruolo della classe operaia. Spacciando le azioni avventuriste per lotta di classe, tagliando a fette la classe operaia dividendola tra precari e non , tra “garantiti e non”, Caruso, Casarini e compagni si schierano a fianco di tutti i borghesi che lavorano contro la classe operaia e la sua lotta: gli uni (i difensori ufficiali della borghesia) negando ogni possibilità di lotta di classe, gli altri (i presunti sovversivi) facendo passare per lotta di classe quello che non lo è, e contribuendo alla divisione della classe operaia.
L’ “esproprio proletario” del cardinale Krajevski Corrispondenza romana
(di Roberto de Mattei)
15 mag 2019
https://www.corrispondenzaromana.it/l-e ... krajevski/Il 12 maggio, il cardinale Konrad Krajevski, elemosiniere di Papa Francesco, ha riattivato l’energia elettrica in uno stabile illegalmente occupato in via Santa Croce in Gerusalemme, al centro di Roma. Per farlo ha dovuto rompere i sigilli posti dall’ACEA, l’azienda pubblica che il 6 maggio aveva staccato l’elettricità a causa delle bollette non pagate dagli occupanti negli ultimi cinque anni, per oltre 300.000 euro. La responsabilità del mancato pagamento e dell’occupazione abusiva del palazzo è dell’associazione Action-Diritti in movimento, un centro sociale che fa capo a un militante di estrema sinistra, Andrea Alzetta, noto come “Tarzan”, più volte denunciato per violazione di domicilio, devastazione di edificio e resistenza a pubblico ufficiale.
Il rappresentante di papa Bergoglio ha commesso un atto più grave di quanto si possa immaginare.
In Italia l’articolo 349 del Codice Penale punisce chiunque viola i sigilli apposti dall’autorità con la reclusione da sei mesi a tre anni. Inoltre, essendo l’allaccio abusivo, si configura nel gesto dell’elemosiniere pontificio il reato di furto di energia. Il cardinale Krajevski ha trasgredito dunque la legge e se ne è vantato pubblicamente, dichiarando, in tono di sfida, di essere pronto ad assumersene le responsabilità. Ma al di là dell’aspetto penale, ci troviamo di fronte alla canonizzazione del principio secondo cui è lecito violare la legalità nell’interesse proprio o di gruppi sociali.
È il principio, in una parola, dell’“esproprio proletario”, praticato dai Tupamaros, dalle Brigate Rosse e dai no-global. La certezza del diritto e il rispetto delle leggi sono le uniche barriere che proteggono la comunità civile dall’anarchia e dalla violenza, ma ciò che hanno in comune il cardinale Krajevski, salutato da la Repubblica come un nuovo Robin Hood, l’ex-sindaco di Riace Mimmo Lucano, accolto come una star all’università La Sapienza o il leader dei “disobbedienti” Luca Casarini, recentemente indagato per favoreggiamento di immigrazione clandestina, è il disprezzo per le leggi dello Stato, in nome di un’etica politica che poco o nulla ha a che fare con quella cristiana.
Nel caso di contrasto tra la legge positiva e la legge naturale è certamente quest’ultima a prevalere. Ma la nostra società nega l’esistenza di una morale oggettiva e assoluta a cui fare appello per rifiutare le leggi civili in contrasto con essa. Oggi vige il positivismo giuridico per cui è buono e giusto solo ciò che la legge stabilisce come tale. Il cardinale inoltre non solo non ha agito in nome della legge naturale, ma l’ha violata, perché il Decalogo proibisce di rubare, e il furto trasgredisce questo comandamento.
Sabato 18 maggio si terrà a Roma la nona edizione della Marcia per la Vita per rinnovare la protesta contro la legge 194 del 22 maggio 1978, che in quarant’anni ha fatto sei milioni di vittime in Italia. Questa legge nega un comandamento della legge divina, che proibisce di uccidere l’innocente. La risposta degli abortisti è che la 194 è una legge dello Stato, e come tale va integralmente rispettata. Se per salvare un bambino dall’aborto fosse commessa la sia pur minima illegalità non ci sarebbe giustificazione di nessun genere per il colpevole. Ai militanti pro-life è perfino proibito di far desistere le donne dall’aborto, come accade in Canada, dove Mary Wagner ha già totalizzato cinque anni di carcere semplicemente perché cerca di portare rose rosse, informazioni e preghiere nelle cliniche abortiste.
Per giustificare l’atto illegale dell’elemosiniere del Papa è stato invocato l’art. 54 del Codice penale secondo cui «non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona». Nessun vescovo o cardinale esorta però alla disobbedienza civile contro la legge 194 che impone l’omicidio di Stato. Eppure togliere la vita a degli esseri umani innocenti è ben più grave che togliere l’elettricità per una settimana agli abitanti di uno stabile illegittimamente occupato. (Roberto de Mattei)