Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » dom gen 31, 2021 9:53 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » dom gen 31, 2021 9:54 am

Terremoto in magistratura, scoppia la rivolta dei Pm ultrà
Piero Sansonetti
23 dicembre 2020

https://www.ilriformista.it/terremoto-i ... ra-184790/

Magistratopoli, piano piano, inizia a dare frutti. L’establishment del potere giudiziario ha finto di non vederla. Il Csm si è comportato come una specie di setta segreta, anche abbastanza sfacciata nel seppellire tutto sotto la sabbia. La politica si è voltata dall’altra parte. Il giornalismo… beh, non parliamo del giornalismo, perché quello italiano, ormai, in larghissima parte, è solo lo scantinato della magistratura. Non è certo il giornalismo che può ribellarsi allo strapotere e all’evidente grado di non indipendenza, e anche di corruzione profonda, venuto alla luce grazie al Palamara-gate. E però…

Però qualcosa è successo. Perchè la magistratura è un luogo piuttosto vasto. Composto da circa 8000 professionisti. Di questi ottomila c’è solo una parte modesta, forse di duemila persone, che ha in mano tutto il potere, che controlla le correnti, e dunque le carriere, gli assetti delle procure, le nomine, molto spesso anche le sentenze. La magistratura è un monolite, come quasi sempre succede ai poteri autoreferenziali. Cioè ai poteri che non subiscono controlli o condizionamenti o verifiche esterni. Ma alle volte succede che anche i monoliti si sfaldano. E succede che le minoranze al potere vengono messe in discussione.

Così è accaduto nel luogo sacro del potere giudiziario. Dico del potere giudiziario, non certo del diritto, perché le due cose non sempre, anzi quasi mai, coincidono. Questo luogo sacro è l’Anm, cioè l’associazione che raccoglie tutti i magistrati italiani e che da molti e molti anni è dominata dal partito dei Pm. È successo che una parte consistente della magistratura si è ribellata al partito dei Pm e gli ha tolto via lo scettro. Nessuno se l’aspettava. Non era mai accaduto. L’elezione di Beppe Santalucia a presidente dell’Anm è un fatto storico. Innanzitutto per una ragione oggettiva: per la prima volta da molti decenni diventa presidente dell’Anm un giudice. Almeno in questo secolo mai un giudice aveva ottenuto il comando: Bruti Liberati, Palamara, Sabelli, Davigo, Albamonte, Poniz: tutti uomini della procura. Eppure, i Pm sono solo una minoranza nel corpo della magistratura italiana. Ma una minoranza che ha in mano tutto il potere.

La vittoria di Santalucia su Poniz ha avuto subito un effetto deflagrante. Santalucia non solo è un giudice e non un Pm, ma è un giudice della Cassazione (dunque dell’istituzione più garantista della magistratura). Non è un forcaiolo, anzi è considerato un liberale, e appartiene a quella componente garantista di magistratura democratica che negli ultimi anni era quasi sparita, ma che fa parte del Dna della corrente di sinistra della magistratura. La nomina di Santalucia, che avviene a sorpresa, spacca Md e spacca tutto lo schieramento delle correnti. Proviamo a spiegare perché.

Nella magistratura italiana esistono diversi livelli di potere. Il potere istituzionale, e cioè il potere vero, quello che determina assetti, orientamenti e anche sentenze, che regola i rapporti col potere politico, che indirizza le carriere e gli organigrammi, è in mano a pochi uomini, in genere molto discreti, fuori dal clamore, che non amano la Tv, i giornali, la fama: amano il comando. Chi sono? Provo a fare tre nomi, difficilmente mi sbaglio: Michele Prestipino, Giovanni Melillo, Francesco Greco. Sono i capi rispettivamente della Procura di Roma, di Napoli e di Milano. Prestipino è il successore di Pignatone, ex deus ex machina del potere giudiziario. Melillo ha costruito la sua carriera al ministero. Greco ha una grande esperienza nella lotta contro la politica, perché è l’autore del primo clamoroso arresto di un segretario di partito (Pietro Longo, Psdi, 1992) e poi partecipa attivamente al pool mani pulite che smantella e liquida la Prima Repubblica.

È questa troika, oggi, che tiene stretto il bastone del comando. Poi c’è il partito dei Pm, che è molto rumoroso, vistoso, super politicizzato, spesso folkloristico. Sostenuto da stampa e Tv. E che partecipa attivamente, e controlla, tutte le correnti. La tattica del partito dei Pm, fin qui, è stata molto semplice: stare nelle correnti di sinistra, di centro e di destra, in modo da avere una quota di potere molto superiore alla propria forza reale. In particolare, il partito dei Pm aveva conquistato la corrente più importante della magistratura, e cioè Md (“Magistratura democratica”) che nasce negli anni Sessanta su posizioni di sinistra e garantiste ma da diversi anni è diventata la corrente delle cosiddette “toghe rosse” che si sono poste alla testa del pensiero e della pratica giustizialista. Il partito dei Pm si interfaccia con la troika, la sostiene, in parte la condiziona, in parte obbedisce.

La novità di questi giorni, probabilmente in buona parte dovuta al clamoroso scandalo di magistratopoli, è che in Md si è indebolita la forza dei giustizialisti. Il primo scricchiolio si era sentito sull’affare Davigo. Piercamillo Davigo certamente non è un magistrato di sinistra, anzi è sempre stato considerato esponente della destra estrema. Però da diversi anni è lui la bandiera del giustizialismo, ed è esattamente sul giustizialismo che si era realizzata una convergenza col gruppo di testa di Md e si era formata, anche in Csm, una specie di alleanza di potere rosso-bruna, con le truppe di Md e il cervello davighista, che aveva preso il sopravvento. Quando in settembre si è posto il problema di accettare o respingere la pretesa, arrogante di Davigo di restare in Csm nonostante il pensionamento, una parte consistente di Magistratura democratica si è ribellata. Ha detto no. Davigo non se l’aspettava. Ha perso una battaglia che era sicuro di vincere e ha dovuto lasciare la magistratura. Da lì è iniziato il terremoto.

Ora alcuni tra i più noti e potenti esponenti di Md (Cascini, Albamonte, Poniz) si sono dimessi dalla loro corrente per protesta contro la linea liberale che ha prevalso. Quali saranno le conseguenze? Probabilmente la mossa del gruppo Cascini costringe il partito dei Pm a uscire allo scoperto. Voglio dire: a unificarsi e a dichiararsi. Non sarebbe una cosa cattiva. Sarebbe oggettivamente un atto di semplificazione. Porterebbe la lotta all’interno della magistratura dal piano della pura lotta di potere a quello di una lotta sulle idee: da una parte i settori (che probabilmente sono maggioritari) della magistratura convinti che la bussola debba essere sempre il diritto, e non la lotta politica o la moralizzazione, dall’altra parte la componente giustizialista, che sicuramente ha la maggioranza tra i Pm ma non nella magistratura giudicante.

Perché questa sarebbe una grande novità? Perché finalmente si potrebbero separare gli schieramenti di potere dagli schieramenti delle idee. Una magistratura aperta, dove si confrontano le idee e non solo i rapporti di forza, è l’unica precondizione a una possibile riforma della giustizia. Finora la riforma è stata impossibile perché il fortino della “casta” giudiziaria era inespugnabile. Stanno per cambiare le cose?
Ho sempre pensato che l’unica possibilità di una riforma della giustizia risiedesse in una rottura nel monolite magistratura. Dal giornalismo e dalla politica non mi sono mai aspettato nulla. Se il monolite si è rotto davvero, possiamo tornare a sperare. Non è mai troppo tardi per provare a rimettere insieme i cocci dello Stato di diritto.



Processo a Palamara non si farà: nessuno ha il diritto di processare la magistratura, neanche la magistratura
Piero Sansonetti
Niente ricerca della verità, è pericolosa
20 Settembre 2020

https://www.ilriformista.it/processo-a- ... refresh_ce

La Procura generale della Cassazione è intervenuta pesantemente nel processo del Csm a Luca Palamara e ha chiesto che siano tagliati via 127 testimoni della difesa su 133. Comunque che non sia chiamato a testimoniare nemmeno un magistrato. Eppure tutta la difesa di Luca Palamara, si sa, consiste nel far raccontare ai suoi colleghi come funzionavano le nomine e il controllo della magistratura da parte delle correnti e del partito dei Pm. È chiaro che queste cose non possono raccontarle i cinque ufficiali della Finanza ammessi al banco dei testimoni. Non possono perché loro non sanno niente di come si nomina un Procuratore, o un aggiunto, o un presidente di tribunale, ed eventualmente di come si patteggia una sentenza favorevole al Pm in cambio della nomina di un giudice.

La Procura generale ha chiesto al Csm di affermare un principio che resti saldo come il cemento. Il principio che nessuno può processare la magistratura, nemmeno la magistratura. Il Csm ha accolto la tesi del Procuratore generale e ha seppellito il processo a Palamara. Il processo non ci sarà, a nessuno interessa sapere come vanno le cose in magistratura, Palamara deve essere condannato ed espulso dalla magistratura perché solo così si salva il silenzio e l’onore.

A questo punto sarebbe giusto e normale, in un normale Paese democratico, che intervenisse il Parlamento, nominasse una commissione di inchiesta con tutti i poteri di indagine, e iniziasse a interrogare tutti e 127 i testimoni chiesti da Palamara e rifiutati dalla Procura generale e dal Csm. Il Parlamento ha questo potere. Non possiede nessun altro strumento per contrastare o almeno contenere le arroganze e le sopraffazioni della magistratura, e difendere i cittadini. Lo farà? Non credo.

Intanto il povero Luca Palamara, capro espiatorio di professione, dopo essere stato per anni il punto di riferimento delle correnti dei Pm, è costretto ad affrontare un processo di tipo sovietico. Nel quale è evitato qualunque tentativo di accertare la verità, sono cancellati tutti i diritti della difesa, e il massimo a cui può aspirare è la richiesta di clemenza della Corte. In Unione Sovietica la clemenza della corte non ci fu mai. Non ci sarà neppure questa volta. C’è da tremare – tutti noi: tutti noi – di fronte a questa prova di forza, di autoritarismo, di totalitarismo, che la magistratura italiana sta offrendo al Paese e al mondo.

P.S. Ma la stampa? La stampa protesta, critica, denuncia? Oh beh, la stampa: che domanda cretina….



L'ex magistrato Palamara rivela: «Napolitano fu il regista delle inchieste su Berlusconi»
Davide Ventola
martedì 26 Gennaio 2021

https://www.secoloditalia.it/2021/01/le ... m=facebook

«Voglio essere chiaro, dal 2008 fino al 2011, quando Berlusconi cade sotto i colpi dello spread, come da prassi costante dell’Associazione nazionale magistrati ho sempre condiviso la mia attività seguendo una prassi costante con il presidente Giorgio Napolitano. È impensabile sostenere che negli anni di cui stiamo parlando l’Anm si sia mossa fuori dalla copertura del Quirinale, con il quale io condividevo ogni decisione che comportasse una rilevanza politica”. Lo racconta Luca Palamara, nel libro intervista con Alessandro Sallusti, “Il Sistema” edito da Rizzoli (pagg 205, euro 19)


Palamara tira in ballo Napolitano: “Tutti contro Berlusconi, non poteva esserci linea diversa”

Nel colloquio con il direttore del Giornale, l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ora radiato, ribadisce l’assoluta sintonia con l’allora presidente, Giorgio Napolitano. «Ho sempre condiviso la mia attività con il capo dello Stato. Non ci potevano essere deviazioni dalla linea. Sul Cavaliere non era ammessa discrezionalità». Chiede Sallusti: «Mi sta dicendo che il Quirinale approvava, se non qualcosa di più, la linea dello scontro frontale con il governo?». La risposta di Palamara è sconvolgente. «Esattamente, ma mi sento di essere più esplicito e dettagliato. Nella magistratura vige un clima di terrore interno che non lascia spazio a deviazioni dalla linea concordata».


“Dovevamo far cadere Berlusconi in ogni modo”

E la linea concordata era far cadere Berlusconi in ogni modo. A questo punto, Palamara cita quanto accaduto nel gennaio 2011. «Partono le perquisizioni nelle abitazioni di numerose ragazze. Berlusconi viene indagato per concussione, lo dico onestamente, siamo tutti un po’ perplessi. Vede, qui scatta la discrezionalità, ma su Berlusconi la discrezionalità non può esistere». L’obiettivo era farlo cadere a tutti i costi. E l’allora inquilino del Quirinale era molto più di un osservatore privilegiato, secondo l’accusa di Palamara.


Chi è Luca Palamara

Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e ex membro del Csm radiato dall’ordine giudiziario per la prima volta nella storia della magistratura, ha raccontato, incalzato dalle domande di Alessandro Sallusti, nel libro Il Sistema – Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana” cosa sia il ‘Sistema’ che ha pesantemente influenzato la politica italiana.

Una carriera brillante avviata con la presidenza dell’Associazione nazionale magistrati a trentanove anni, Palamara a quarantacinque viene eletto nel Consiglio superiore della magistratura e, alla guida della corrente di centro, Unità per la Costituzione, contribuisce a determinare le decisioni dell’organo di autogoverno dei giudici. A fine maggio 2019, accusato di rapporti indebiti con imprenditori e politici e di aver lavorato illecitamente per orientare incarichi e nomine, è diventato l’emblema del malcostume giudiziario.



Dice Palamara:
«Le spiego una cosa fondamentale per capire che cos’è successo in Italia negli ultimi vent’anni. Un procuratore della Repubblica in gamba, se ha nel suo ufficio un paio di aggiunti e di sostituti svegli, un ufficiale di polizia giudiziaria che fa le indagini sul campo altrettanto bravo e ammanicato con i servizi segreti, e se questi signori hanno rapporti stretti con un paio di giornalisti di testate importanti – e soprattutto con il giudice che deve decidere i processi, frequentandone magari l’abitazione… Ecco, se si crea una situazione del genere, quel gruppo e quella procura, mi creda, hanno più potere del Parlamento, del premier e del governo intero. Soprattutto perché fanno parte di un «Sistema» che lì li ha messi e che per questo li lascia fare, oltre ovviamente a difenderli».
Lo sapevamo bene, ma leggerlo così squatto squatto fa una certa impressione.




"Smentite o dimettetevi" 27 toghe chiedono la testa dei vertici della giustizia
Massimo Malpica e Felice Manti
Ven, 29/01/2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 20114.html

Nel mirino il pg di Cassazione Salvi e il membro Csm Cascini: "Gravissime le accuse di Palamara"

«Smentite o dimissioni». I tormenti delle toghe per le rivelazioni del caso Palamara tracimano dalle mailing list e dalle chat private e diventano un macigno per i vertici della magistratura.

Almeno 27 toghe (ma chi ha lanciato l'iniziativa assicura che alla fine saranno molte di più) hanno chiesto la testa del Procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi e del consigliere del Csm Giuseppe Cascini, entrambi pesantemente tirati in causa nel libro-intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara Il Sistema. Diversi magistrati, tra cui l'ex gip di Milano Clementina Forleo, oggi in servizio al tribunale di Roma, e gli esponenti di Articolo 101 nel direttivo dell'Anm, Andrea Reale e Giuliano Castiglia, chiedono ai due di smentire «in maniera convincente» i fatti riportati nel libro o di abbandonare le cariche ricoperte».

L'attuale procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, è finito nel mirino perché in almeno due occasioni avrebbe incontrato l'allora componente del Csm, «in privato e su sua richiesta, per caldeggiare la propria nomina a importantissimo incarico pubblico», almeno secondo la ricostruzione di Palamara. «Ove veri, questi fatti gettano un'ombra inquietante sia sui loro asseriti protagonisti che sulla sorprendente circolare dello stesso procuratore generale che assolve per principio chi raccomanda se stesso per incarichi pubblici e chi quella raccomandazione accetta».

I fatti riferiti da Palamara sono narrati in maniera molto dettagliata», dice off the record al Giornale uno dei firmatari, «Salvi non può rappresentare la titolarità dell'azione disciplinare nel momento in cui appare come una persona raccomandata da chi è stato cacciato per infedeltà alla magistratura. Come si è fatta pulizia in questi mesi di chi si è macchiato di fatti gravissimi - continua il magistrato firmatario della richiesta choc - a maggior ragione deve andare via o deve smentire le ricostruzioni di Palamara con dichiarazioni convincenti».

Sulla graticola è finito anche uno degli attuali componenti del Csm, l'ex leader dell'Anm Giuseppe Cascini, accusato da Palamara e dai firmatari della lettera di una «indebita e pesante interferenza in un procedimento disciplinare a carico di un collega (Henry John Woodcock, ndr), compiuta quando il primo svolgeva le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma». Ma Cascini ebbe un peso anche sul caso Forleo, spostata da Milano per aver indagato sui Ds, e sul caso de Magistris. Tra i firmatari c'è infatti anche Gabriella Nuzzi, ex pm di Salerno a cui si era rivolta l'ex pm di Catanzaro per spiegare i contorni dell'inchesta «Why Not». La Nuzzi venne trasferita dal Csm su richiesta dell'allora Guardasigilli Angelino Alfano proprio per aver cercato di far luce su quelle vicende. Un trasferimento «benedetto» da Palamara e dall'Anm, da cui la Nuzzi uscì definendo il comportamento di Palamara «insopportabilmente oltraggioso».

«Palamara ha semplicemente portato alla luce ciò che tutti sapevano. Non credo sia tutto oro colato, ma ormai non possiamo più tacere», commenta a caldo un altro magistrato che ha deciso di sottoscrivere l'appello lanciato da Articolo 101, il movimento («non è una corrente», precisa) guidato da Giuliano Castiglia e Andrea Reale che nella magistratura raccoglie sempre più consensi e che alle ultime elezioni dell'Anm ha in parte drenato i voti della corrente di Piercamillo Davigo. Il loro programma politico per eliminare le incrostazioni del potere delle correnti si muove su due binari: «L'elezione dei membri del Csm pescati da una lista composta da magistrati estratti con un sorteggio temperato e la rotazione degli incarichi direttivi».

«La mia presunta interferenza nel procedimento disciplinare Woodcock è una falsità, ho già dato mandato al mio legale di agire in giudizio», ha risposto in serata Cascini. Una nuova guerra tra toghe è appena iniziata e nessuno sa come e quando finirà.


C'era una volta la giustizia
I Pm 'intoccabili' che hanno distrutto la magistratura tra beghe, giochi di potere e ricatti
Piero Sansonetti
17 Settembre 2020

https://www.ilriformista.it/i-pm-intocc ... ti-158267/

Il Csm ha scelto la via venezuelana: Palamara non sarà processato, la stragrande maggioranza dei testimoni che lui ha chiesto siano ascoltati non saranno ascoltati. I giudici dei quali ha chiesto la ricusazione (in quanto complici del presunto delitto) non saranno ricusati. Il processo sarà rapidissimo – anche per dimostrare che la giustizia quando vuole sa essere svelta – la difesa sarà messa a tacere, il collegio giudicante sarà composto da complici del delitto, e tra tre settimane ci sarà la sentenza. La sentenza – questa è una notizia che noi abbiamo avuto in esclusiva – sarà di condanna. E a quel punto il caso Palamara potrà essere considerato chiuso e nessuno più dovrà parlarne. I giornalisti sono stati già avvertiti e chi violerà la consegna la pagherà cara. Ha deciso così il Csm.

Non c’è niente di forzato nelle righe che ho scritto. È così. Il Csm ha stabilito che non si svolgerà il processo perché il processo vero farebbe saltare in aria tutto l’impianto della magistratura, metterebbe in discussione quasi tutte le Procure, i procuratori, gli aggiunti, i presidenti dei Tribunali, anche moltissimi giudici, renderebbe evidente la necessità assoluta di separare le carriere, potrebbe persino rendere illegali molte e molte e molte delle sentenze emesse in questi anni da giudici sottoposti al ricatto, o comunque al condizionamento, del partito dei Pm che domina il Csm e che si fonda sullo sperimentato sistema delle correnti. È un rischio troppo grande per le istituzioni. Dalle intercettazioni sul telefono di Palamara, e dai trojan, risulta esattamente questo: che la struttura portante della magistratura è illegale e nominata da un sistema ad incastro di condizionamenti e talvolta di ricatti. Che quasi nessun magistrato di potere è estraneo a questo sistema. E che l’intera magistratura italiana è stata ferita a morte e va riformata e riportata almeno vicina alla legalità, dalla quale oggi è lontanissima.

Il Csm ha deciso di ignorare tutto ciò, e di prendere in considerazione solo la riunione all’Hotel Champagne (un paio d’ore in tutto) alla quale parteciparono i deputati Lotti e Ferri e nella quale si discusse della nomina del Procuratore di Roma, punto e basta. Per questa riunione – che peraltro fu intercettata in modo totalmente illegale, perché la Costituzione proibisce l’intercettazione dei parlamentari – si propone (e si accoglie) la condanna di Palamara e poi si chiede di stendere su tutto il resto un velo e di cancellare ogni cosa in un grande silenzio. Come esce da questa vicenda la magistratura italiana? Seppellita. È inutile che ogni volta che parliamo della magistratura ripetiamo che però un gran numero di magistrati rispettano le leggi, son persone per bene, sono professionisti capaci. È vero, certamente, ma la magistratura nel suo insieme è una struttura marcia. “Chiacchiere e distintivo”. E di conseguenza la gran parte delle inchieste giudiziarie e delle sentenze, probabilmente, sono ingiuste e sono determinate dai rapporti di forza tra i Pm e i giudici.

È così in tutti i paesi dell’occidente? No, non è così. La malagiustizia è uno dei problemi della modernità, ma in pochissimi paesi democratici esiste una situazione così vasta di illegalità, dovuta allo strapotere che negli ultimi trent’anni la magistratura si è conquistato, schiacciando la politica e soffiando via i cardini essenziali dello stato di diritto. Ogni giorno che passa c’è una controprova. Prendete Gratteri, tanto per parlare di uno che un po’ i nostri lettori conoscono. Ma voi sapete di un altro paese occidentale dove un Procuratore, mentre è in corso l’udienza preliminare nella quale si decide la sorte di circa 400 suoi imputati, se ne va in Tv a fare spettacolo, ride, fa battute e sostiene che se la gente viene assolta è perché i giudici sono corrotti, e se spesso le sue inchieste finiscono in un flop è perché nella magistratura c’è molta invidia? E nessuno gli chiede conto del perché un Pm impegnato in un maxiprocesso trova normale e giusto andare in Tv a fare polemica contro i suoi imputati. E se qualcuno al mondo possa mai credere che quel Pm è un Pm rigoroso e serio che si occupa solo del suo lavoro? Conoscete i nomi di magistrati inglesi, o francesi, o tedeschi o americani che si comportano così, senza peraltro che né la politica, né il Csm si occupino di censurare questi atteggiamenti?

Non li conoscete. In verità c’era qualcuno che aveva criticato Gratteri: il suo diretto superiore, il Procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini. Fior di magistrato con gloriosa carriera alle spalle. Il Csm nel giro di una settimana, invece di intervenire su Gratteri intervenne su Lupacchini, lo degradò sul campo e lo spedì a mille chilometri dalla sua sede. Voi pensate che ci sarà qualche altro magistrato che leverà la sua vocina, pure flebile, verso lo sceriffo di Catanzaro? E perché – magari uno si chiede – Gratteri è così potente? Perché ha sconfitto la ‘ndrangheta? No, la ‘ndrangheta oggi è infinitamente più forte di quando lui ha iniziato ad operare in Calabria. Ha decuplicato le sue forze. E allora perché? Perché è un Pm che sa fare la parte del Pm moderno: censore, uomo di spettacolo, scrittore, politico. Alla ricerca di reati? No, quelli li trova raramente. Alla ricerca di imputati. Possibilmente illustri.
Cosa resta della magistratura? Cenere.






Palamara "rimosso" dal Csm, si conclude il processo-farsa di Magistratopoli
L'ex presidente dell'Anm 'spazzato via'
9 Ottobre 2020

https://www.ilriformista.it/palamara-ri ... li-166667/

Dopo oltre due ore di camera di consiglio, i giudici della disciplinare del Csm hanno accolto le tesi accusatorie della Procura generale di Cassazione e hanno deciso che l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara va rimosso dall’ordine giudiziario. L’annuncio è arrivato dal presidente del Collegio giudicante Fulvio Gigliotti, che ha parlato di “rimozione dall’ordine giudiziario” perché l’ex pm di Roma è stato dichiarato “responsabile di tutti gli illeciti”.

Il magistrato era accusato di comportamento gravemente scorretto nell’esercizio delle funzioni. Il procedimento ruotava attorno ai colloqui registrati attraverso il trojan installato sul suo smartphone il 9 maggio 2019: cinque magistrati, all’epoca membri del Csm, parteciparono all’incontro privato organizzato dal pm nell’hotel a due passi da Palazzo Dei Marescialli, alla presenza di Lotti e Ferri, durante il quale il gruppo discusse delle future nomine ai vertici di alcune procure, a cominciare da quella capitolina, dove proprio Palamara aspirava a un posto da procuratore aggiunto prima di venire travolto dallo scandalo.

Nei confronti di Palamara la procura generale della Cassazione aveva formulato due capi di incolpazione: il comportamento scorretto nei confronti dei colleghi, i candidati alla guida della Procura di Roma e alcuni dei pm di quella stessa procura, e il tentativo di condizionare l’attività del Csm, soprattutto quella delle nomine.

Oltre a lui, il collegio è chiamato a giudicare, in altro procedimento, gli ex togati Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre, Gianluigi Morlini e Luigi Spina.

Subito dopo la sentenza il difensore dell’ex presidente dell’Anm Stefano Guizzi ha negato che la pronuncia Csm sul suo assistito sia una sentenza politica: “Assolutamente no”, ha detto ai giornalisti, ribadendo il “massimo rispetto” per la decisione dei giudici. L’ex pm di Roma non ha invece rilasciato dichiarazioni lasciando il Csm, ma terrà alle 16 una conferenza stampa nella sede del Partito Radicale.



Le rivelazioni di Palamara sono ben più gravi dei dossier di Licio Gelli
Paolo Guzzanti
29 gennaio 2021

https://www.ilriformista.it/le-rivelazi ... li-191987/

Quando Licio Gelli fece trovare i suoi dossier a Villa Wanda, giusto 40 anni fa, scoppiò un tale scandalo da scuotere le fondamenta della democrazia italiana, tanto da provocare un deciso intervento pubblico del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, da far cadere un governo, da troncare la tradizione del presidente del Consiglio sempre democristiano e da portare il primo presidente laico a Palazzo Chigi. Oggi – di fronte alle dichiarazioni pubblicate dall’ex potentissimo magistrato Luca Palamara – ci troviamo in una situazione ancora più grave, perché appare coinvolto e protagonista della sovversione addirittura uno dei corpi dello Stato.

Quel che accade è sotto gli occhi di tutti: il magistrato Palamara, ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura, ex capo della associazione magistrati, (cacciato, dopo un processo sommario, nel tentativo di ridurlo al silenzio) ha messo nero su bianco quel che sa in un libro intervista con Alessandro Sallusti. Citando date, fatti, nomi e cognomi, descrivendo gran parte del marcio che si annida in settori della Magistratura che, stando a Palamara, avrebbero agito e tuttora agirebbero contro la Repubblica, contro la Costituzione, contro la giustizia e contro il Parlamento.

Abusando delle garanzie previste a protezione dei cittadini e non a vantaggio di funzionari statali che devono la loro carriera a un concorso pubblico e agli avanzamenti previsti dall’organo di autocontrollo, il Consiglio Superiore della Magistratura con sede nel Palazzo dei Marescialli in piazza Indipendenza. Già una volta un presidente della Repubblica fece schierare in quella piazza, all’alba, un reparto di Carabinieri in tenuta antisommossa per intimare l’obbedienza costituzionale a un gruppo di insorti togati (membri del Csm) non meno sovversivi di quelli che il sei gennaio scorso a Washington hanno dato l’assalto al Parlamento americano con l’intenzione di scoperchiarlo come una scatola di tonno. Nel 1981, per cercare di capire come avesse funzionato la Loggia massonica P2, governata da Licio Gelli, fu messa in piedi una commissione parlamentare di inchiesta (la celebre commissione Anselmi) che lavorò per anni, seguita con grande attenzione dai mass media. Non è il caso, oggi, di fare quantomeno la stessa cosa, per restituire al parlamento qualcuno dei suoi poteri e per capire cosa sta succedendo nella magistratura italiana, ormai fuori da ogni controllo democratico?

Del funzionamento di una Commissione parlamentare d’inchiesta ho viva memoria essendo stato dal 2002 al 2006 presidente di una Commissione bicamerale (venti senatori e venti deputati) per indagare sulle attività degli agenti di influenza sovietici in Italia dai tempi della Guerra fredda. Quella Commissione portò a termine il suo lavoro glacialmente ignorato da tutte le televisioni e sottoposto a fabbricazioni e trappole che si conclusero con l’avvelenamento, davanti agli occhi stupiti del mondo intero, dell’informatore Alexander “Sasha” Litvinenko, assassinato a Londra con una dose mortale di polonio radioattivo.

Sono passati quindici anni. Ma posso ricordare come funziona una procedura del genere. Il primo elemento indispensabile anche se non sufficiente, è la volontà politica di farla, una tale commissione, dopo aver preso atto che un’area crescente di minacciose illegalità si è allargata a partire dagli anni Ottanta e che quel marciume ha minacciato, intimidito, anestetizzato e corrotto il primato del Parlamento. Dopo questo primo passo, occorre scrivere e presentare una legge, o di iniziativa parlamentare o persino per iniziativa popolare, come ogni legge. Quando il Parlamento eletto nel 2001 decise di votare una legge che istituisse una Commissione d’inchiesta sul “Dossier “Mitrokhin” (dal nome dell’archivista russo che consegnò tutte le sue memorie al governo inglese, il quale le passò poi ai Paesi alleati fra cui l’Italia), le aule di Camera e Senato esaminarono diverse proposte di legge di destra e di sinistra che erano in parte già state depositate alla fine della legislatura precedente.

La discussione parlamentare in quel caso fu lunga e feroce: un anno di battaglie senza esclusione di colpi, ma aveva una base concreta che non consisteva tanto nel “dossier” che uno sconosciuto maggiore Vasilij Mitrokhin aveva messo insieme copiando per trent’anni con un sistema cifrato i documenti che gli erano passati per le mani e che svelavano le attività di numerosi “agenti di influenza” (da non confondere con le spie, che sono modesta manovalanza), ma consisteva nella volontà politica anche all’interno dell’ex Partito comunista di chiudere una partita tra filorussi e filoamericani e di cicatrizzare spesso occultandole, molte vecchie ferite. Furono giornate di baraonda e violente emozioni sia alla Camera che al Senato, ma alla fine la legge venne fuori, i partiti scelsero i commissari che avrebbero partecipato ai lavori della Commissione, perché tutti i partiti allora esistenti furono rappresentati in maniera proporzionale in un Parlamentino cui fu assegnata una sede conveniente nel Palazzo delle Commissioni in via del Seminario fra il Pantheon e piazza Sant’Ignazio, nello stesso massiccio edificio che aveva ospitato la Santa Inquisizione e dove era stato interrogato, minacciato e costretto ad abiurare Galileo Galilei.

Nello stesso Palazzo, che appartiene al Senato, sono quasi tutte le commissioni d’inchiesta e molte commissioni permanenti come quella della vigilanza Rai. Io ero stato eletto senatore a Brescia per Forza Italia e quando si riunì per la prima volta la Commissione d’inchiesta presieduta provvisoriamente dal commissario più anziano, che si chiamava Giulio Andreotti, furono indette le votazioni di rito per tutte le cariche e io fui eletto presidente cominciando un lavoro della cui enormità e delle cui conseguenze non ero ancora in grado di rendermi conto. Che cosa fa una Commissione d’inchiesta? È un tribunale? Uno strumento di ricerca storica? Con quali poteri e quali limiti? Le risposte a queste e altre domande le deve dare il Parlamento che discute e approva la legge: quella è la road-map della Commissione che però ha anche poteri di intervento che la mettono nelle condizioni di agire come un giudice.

Dunque una Commissione d’inchiesta che indagasse sul mondo marcio e minaccioso prospettato dal giudice Palamara dovrebbe essere equipaggiata dalla legge che la istituisce in modo tale da poter fronteggiare i nemici della Repubblica con armi legittime e adeguate, purché sia chiaro in partenza un solo principio: il primato del Parlamento su ogni altro potere, poiché in una Repubblica democratica parlamentare tutto il potere che appartiene al popolo viene delegato per intero ai rappresentanti, motivo per cui non ne avanza neanche un millimetro o un grammo. In genere a questo punto saltano fuori coloro che ripetono che i poteri sono tre, come ai tempi di Luigi XVI, del re, del clero e del Terzo Stato. Ma non è così: in una democrazia i poteri appartengono al Parlamento secondo quel manuale d’istruzioni che ne stabilisce limiti e modalità e che si chiama Costituzione, con un presidente che ha il compito di garantire la perfetta applicazione delle regole.

Ma la Magistratura non è un potere, visto che i suoi “clerk”, i funzionari, sono legittimati da un concorso pubblico e avanzano secondo un sistema che nelle intenzioni era stato concepito non per privilegiare i magistrati, ma per privilegiare i cittadini affinché fossero protetti dalla minaccia di giudici non indipendenti. Ciò che già era emerso decine di volte e che adesso Palamara conferma con date, nomi e fatti, sembra certificare il contrario: una parte dei “clerk”, dei funzionari, hanno affinato poteri e privilegi abusivi con cui comandano sia sugli altri giudici che sulla politica, l’economia e l’informazione. E naturalmente su tutti i cittadini che inquisiscono e che giudicano, non sappiamo più con quali criteri.

Sappiamo che questa proposta non passerà. O non passerà subito. Assisteremo a ondate di spalle scrollate e di sguardi di compatimento, a derisioni e minacce. Tutto previsto. Ma il cammino per la rigenerazione della cadaverica democrazia italiana può partire solo da lì: dal ripristino della legalità repubblicana nella magistratura, e dalla liberazione della democrazia dal tiranno. Si tratta, come ognuno può vedere, di una vera guerra di liberazione che potrà essere vinta soltanto se le parti sane della democrazia sapranno schierarsi e battersi.




Il Palamaragate fa crollare la fiducia nei magistrati, per il 70% "Agiscono per fini politici"
Massimiliano Cassano
1 Febbraio 2021

Il Palamaragate fa crollare la fiducia nei magistrati, per il 70% “Agiscono per fini politici”

https://www.ilriformista.it/il-palamara ... ci-192577/

La maggior parte degli italiani dichiara di avere “poca” fiducia nella magistratura. Secondo un sondaggio commissionato dal quotidiano Libero e realizzato da AnalisiPolitica, il 39% degli intervistati ha ammesso di non sentirsi abbastanza protetto dalla giustizia. Il 19% rivela di non esserlo “per nulla”, mentre solo il 7% ha risposto di avere “molta” fiducia nella magistratura. “Abbastanza” è la risposta del 30% del campione.

Pesa probabilmente il Palamara-gate, sollevato dal libro scritto dall’ex membro del Consiglio superiore della magistratura, che ha rivelato dal suo punto di vista i lati oscuri e gli intrighi politici dietro la gestione delle nomine delle toghe. A specifica domanda se si percepisca l’azione penale dei magistrati come “guidata da fini politici”, il 33% degli intervistati si è detto “molto d’accordo”, e il 37% “abbastanza”. Da una chat intercettata tra Palamara e un suo collega erano emersi anche messaggi in cui l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati dichiarava che Salvini andasse “attaccato” sulla gestione dei migranti.

La maggioranza assoluta del campione pensa che “un magistrato che sbaglia debba essere responsabile della propria azione”, con il 54% “molto d’accordo” e il 33 “abbastanza d’accordo”. La giustizia è in generale ritenuta di parte e incapace di restare imparziale. Solo il 24% degli intervistati pensa che i giudici agiscano da persone totalmente “terze” rispetto alle parti.

Processi troppo lunghi, tasso troppo alto di impunità per i reati minori, e soprattutto quella che il procuratore generale di Napoli Luigi Riello ha chiamato “l’altra pandemia” (il caso Palamara) sono le cause di tanta sfiducia, individuate nella giornata di inaugurazione dell’anno giudiziario per il 2021. “Questa aula vuota mi sembra la metafora di una giustizia che rischia di diventare autoreferenziale e isolata dal Paese reale”, ha dichiarato Riello intervenendo nella grande sala Arengario del tribunale di Napoli. “Noi che ci scagliamo contro i politici corrotti – ha aggiunto – non possiamo nascondere fatti che sono avvenuti all’interno del nostro organo di autogoverno”.



Creazzo e Sinatra nella chat di Palamara: il procuratore di Firenze e la pm a giudizio davanti al Csm
Virginia Piccolillo
4 febbraio 2021

https://www.corriere.it/cronache/21_feb ... 265a.shtml

Entrambi sotto procedimento disciplinare, il procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, e Alessia Sinatra, la magistrata che, al telefono con Luca Palamara, si lamentò di aver subito da lui avance in ascensore, mai denunciate. La procura generale della Cassazione, diretta dal pg Giovanni Salvi ha fatto sapere, in una nota, che dovrà essere chiarito di fronte alla commissione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura i contorni di quelle accuse pesanti mosse dalla pm palermitana al capo della procura di Firenze.

Le accuse

Lei, pm palermitano, nella chat intercettata del telefonino dell’ex capo Anm, Luca Palamara, aveva disegnato uno scenario da Metoo, accusando «il p... di Firenze», e chiamando «essere immondo e schifoso» un magistrato che, dal contesto, si capiva essere Creazzo. Arrivando a chiedere a Palamara: «Giurami che il p... cade subito». Lui, il capo della procura che ha condotto le indagini contro l’ex premier Matteo Renzi, all’epoca era in corsa per diventare il successore di Antonio Pignatone al vertice della procura di Roma. Una nomina che animò i colloqui tra Palamara, intercettato dal trojan della procura di Perugia, il deputato renziano Luca Lotti e gli altri consiglieri Csm, alla fine andata a Michele Prestipino, ma ancora oggetto di un ricorso al Tar da parte di Creazzo. Ha sempre respinto fermamente ogni accusa

«Uso improprio di quei fatti»

L’ufficio del pg Salvi ha smentito che non si dia dato seguito alle accuse divenute note a seguito della pubblicazione delle chat di Palamara. Spiegando che è stata mossa l’azione disciplinare nei confronti del procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo,«a seguito delle accuse specificamente a lui rivolte dalla dr.ssa Sinatra in sede di interrogatorio disciplinare». E che «è stato chiesto il giudizio al CSM, la cui Sezione disciplinare potrà valutare le deduzioni addotte dal magistrato a sua discolpa». Ma ha precisato che è stato chiesto «il giudizio, separatamente, anche della dottoressa Sinatra, non certo per avere denunciato i fatti: la contestazione - si spiega nella nota - è infatti relativa all’uso improprio di quei fatti, al fine di ricercare una privata `giustizia´, come dalla stessa dottoressa rappresentato. Valuterà la sezione disciplinare se ciò costituisca condotta scorretta e se, in tal caso, essa possa considerarsi giustificata dagli aspetti personali coinvolti»





«Cari magistrati perché nessuno smentisce Palamara?»
5 febbraio 2021
https://ildubbio-ita.newsmemory.com/?publink=0f706606a

Piero Tony oggi è Presidente del Dipartimento Giustizia della Fondazione Einaudi, ma è stato magistrato per 45 anni: giudice Istruttore a Milano fino al 1974. Ha istruito tra l’altro il primo procedimento contro le Br di Curcio, Cagol più altri, con l’allora sostituto procuratore Guido Galli; è stato anche sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Firenze fino al 1998, dove chiese ed ottenne l’assoluzione per Pacciani.


Piero Tony oggi è Presidente del Dipartimento Giustizia della Fondazione Einaudi, ma è stato magistrato per 45 anni: giudice Istruttore a Milano fino al 1974.

Ha istruito tra l’altro il primo procedimento contro le BR di Curcio, Cagol più altri, con l’allora sostituto procuratore Guido Galli; è stato anche sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Firenze fino al 1998, dove chiese ed ottenne l’assoluzione per Pacciani nel processo sul Mostro di Firenze.

Componente del Comitato Promotore dell’Unione Camere Penali per la proposta di legge costituzionale sulla separazione delle carriere, nel 2015 fu autore con Claudio Cerasa di Io non posso tacere ( Einaudi), un libro che scosse prima ancora de ' Il Sistema' l'intera magistratura.

Cosa ne pensa del libro di Luca Palamara e Alessandro Sallusti?

Per quanto riguarda il tema dello strapotere delle correnti, si tratta della scoperta dell'acqua calda. Non c'era bisogno del trojan inoculato nel telefono di Palamara per conoscere quei meccanismi di appartenenza. Li avevo già denunciati molti anni fa quando scrissi Io non posso tacere e fui pesantemente attaccato dall'Anm perché secondo il sindacato avevo scritto cose inesatte. Il tempo mi ha dato ragione, ma la consolazione è magra. Credo che il libro Sallusti- Palamara abbia sicuramente un valore aggiunto perché Palamara, avendo operato per anni nei più profondi meandri dell'organizzazione, può parlare per conoscenza diretta, quasi, absit iniura verbis, come un “pentito”, naturalmente mutatis mutandis quanto a motivazioni. Mi pare anche sicuro che Palamara, operando con questo libro una impietosa dissezione dell'apparato giustizia, ne cancelli forse per sempre, e con effetti imprevedibili, la tradizionale sacralità; che non consiste solo in fictio e paludamenti ma, soprattutto, in valori quali credibilità ed autorevolezza. Per concludere, mi pare comunque che esageri definendo addirittura “sistema” l'apparato giustizia così com'è, quasi fosse una centrale del crimine anziché una spregiudicata accozzaglia di arrampicatori subculturati e tra loro quantomeno conniventi.

Senza sottolineare – proprio in ogni pagina- che del “sistema” di cui parla è vittima estranea la maggior parte della magistratura.

Cosa l’ha colpita di più?

Palamara racconta dettagli molto convincenti, peraltro al momento non smentiti da nessuno.

Quelli che mi hanno colpito maggiormente, per imbrogli per lottizzare e condizionare i processi. I segnali, a dir il vero, c'erano tutti: una persona normale non poteva non chiedersi come mai, ad esempio, per anni una Procura come Milano fosse pressoché concentrata solo su Berlusconi. Ma possiamo anche citare il caso di Giulio Andreotti: sicuramente tanto mafioso da aver baciato un boss? Per non parlare del giudice Corrado Carnevale, l' 'ammazzasentenze', accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso come se il collegio di legittimità fosse monocratico.

L'inchiesta durò circa dieci anni, venne condannato ed alla fine assolto. Furono costretti a tenerlo a lavorare fino a circa 80 anni per esilarante risarcimento degli anni di carriera perduti. Quanto è accaduto a costoro oggi lo spiega Palamara: quello che lui chiama “il sistema” lo esigeva, il clima fortemente politico lo imponeva, guai a chi la pensava diversamente.

Che l'ideologia possa minare l'autonomia e l'indipendenza di un magistrato lo abbiamo visto anche nella chat di Palamara relativa a Matteo Salvini.

È terrificante il dialogo tra i due magistrati: per dettato costituzionale dovrebbero essere autonomi ed indipendenti. Tuttavia, paradossalmente, nonostante che per legge non possano essere iscritti a partiti politici, tramite correnti politicizzate riescono ad organizzare una guerra politica contro un Ministro in carica.

Fatto questo quadro, come usciamo dalla crisi?

Due sono i rimedi, ineludibili: separazione delle carriere dei magistrati e sorteggio per il plenum del Csm, in modo che i candidati siano esenti da giri elettorali e non si instauri il circuito del promettere, del dare, del pretendere. Per far decollare il processo così come riformato nel 1989 occorre attivare la centralità del dibattimento - guerra tra le parti davanti a giudice terzo ed imparziale – ed abbandonare la vigente malaprassi della centralità delle indagini preliminari.

Sottolineare e ricordare che nella fase delle indagini preliminari la difesa è pressoché assente e comunque inerme.

E in tutti i gradi è svantaggiata perché l'arbitro indossa la stessa maglia dell'avversario, come ricorda l'Ucpi.

Non c'è dubbio. Ed è svantaggiata anche a causa della sentenza 255 del 3 giugno del 1992 della Corte Costituzionale che sancì il principio di non dispersione dei mezzi di prova, “il principio del norcino”, come lo chiama qualcuno, perché non si butta via nulla. Con ciò snaturando i principi cardine del processo accusatorio.

Lo svantaggio della difesa deriva anche dal rapporto privilegiato che le procure hanno con gli organi di stampa.

Come si dice chiaramente nel libro di Sallusti e Palamara non è quasi mai vero che gli atti giudiziari escono perché li passano gli avvocati difensori. Non è possibile, perché nella parte iniziale del procedimento esiste un momento in cui certi atti li hanno solo i pubblici ministeri e la polizia giudiziaria. Quindi se qualcosa arriva alla stampa può provenire solo da quelle fonti.

Conseguenze? Titoloni in prima pagina nell'immediatezza del fatto, rappresentazione dell'ipotesi accusatoria e colpevolista, formazione di una conseguente opinione pubblica, il cosiddetto processo mediatico, insomma. Molte persone sono state massacrate così, da un processo mediatico sostanzialmente inappellabile: se dopo anni vieni assolto, non se lo ricorda più nessuno.

Quale potrebbe essere una soluzione? Non citare i pm nei comunicati stampa?

Anche se è tutto fuori legge, nessuno interviene. Pensiamo a quante volte le persone vengono riprese ammanettate, anche se non si dovrebbe farlo. O a quante volte le forze dell'ordine vanno ad arrestare qualcuno e arrivano già con qualche troupe televisiva al seguito. Non mettere il nome del pm può avere come unica conseguenza il fatto che lui legga con minor soddisfazione il giornale il giorno dopo, se è presenzialista o narcisista. Come tutte le libertà anche quella di stampa è come cristallo, assoluta. Ciò non vieterebbe però di fare indagini, sulla fonte delle notizie pubblicate, nel momento in cui le carte le ha solo il pm e la polizia giudiziaria. Sarebbe altresì auspicabile che la stampa si autoregolamentasse in maniera più adeguata.

La parola chiave dell'inaugurazione dell'anno giudiziario è stata “credibilità”. Lei crede che la magistratura è pronta ad intraprendere la via della redenzione?

Mi ero gonfiato di speranza quando circa quattro anni fa in un convegno dell'Anm a Siena nella mozione conclusiva si scriveva una cosa del tipo ' diamo atto che così non va, dobbiamo pensare che ci dobbiamo acculturare, grazie anche alla scuola di formazione dei magistrati'.

Oggi cosa scopriamo: che anche codesta scuola pare sia lottizzata dalle correnti descritte da Palamara. La verità è che, per fortuna e misteriose ragioni, godiamo ancora di troppa credibilità rispetto a quanto emerso dalle chat di Palamara. Ma sa qual è il vero problema?

Mi dica

Quando scrissi che del processo era centrale solo la fase delle indagini preliminari e che il pubblico ministero ha uno strapotere eccezionale venni criticato fortemente anche se ora lo ammettono in molti. La centralità in quella fase non è tanto del pm, quanto della polizia giudiziaria. Cosa vuol dire esattamente centralità delle indagini preliminari? Io dico “indagini preliminari di polizia”, visto che la gran parte delle indagini viene svolta dalla polizia giudiziaria, su delega aperta o su sua iniziativa, tanto che alcune volte l’indagato si trova in carcere o a giudizio senza che il pm lo abbia mai visto o ci abbia mai parlato. Significa che le prove – che dovrebbero essere formate in dibattimento, a ragionevole distanza di tempo dal fatto, sotto il controllo dialettico delle parti – vengono in realtà formate dagli investigatori alle spalle dei soggetti interessati. Questo viene accennato anche nel libro di Palamara quando racconta come da una qualsiasi velina o input si possa organizzare di tutto nei confronti di una determinata persona.

Però in questo anche il gip ha le sue responsabilità.

Lei ha ragione e questo ci riporta alla necessità di separare le carriere. Approfitto per segnalare un frequente e pernicioso malvezzo: il pm chiede una misura cautelare e il gip risponde anche dopo anni, quando per il tempo trascorso è ormai svanita ogni esigenza. Questo succede solo da noi.

A proposito di questo, cosa ne pensa delle recenti dichiarazioni di Nicola Gratteri sul Corsera?

Credo sia solo un problema di subcultura. Ne ha fatte tante altre nel corso della sua guerra ai fenomeni criminosi.

Non è rimasto colpito quando disse che il suo compito era salvare la Calabria?

Non particolarmente, è un vezzo di tanti magistrati quello di voler essere salvatori, che sia dalla mafia, dalla n'drangheta o dalla immoralità fa poco differenza. A tal proposito Giovanni Falcone amava ripetere qualcosa tipo ' ma cosa c'entriamo noi con i fenomeni, noi giudichiamo le singole persone nei termini di legge'.

Lei ha citato Falcone: le faccio la stessa domanda che qualche giorno fa ho posto al professor Tullio Padovani. Il compianto giudice viene spesso strumentalizzato, De Magistris si presenta in televisione con la foto di Falcone e Borsellino alle spalle, ma poi nessuno ricorda che era favorevole alla separazione delle carriere.

La foto di Falcone e Borsellino ce l'hanno un po' tutti nel taschino. Falcone, che ho avuto modo di incontrare nel corso degli anni, considerava la separazione delle carriere un naturale corollario del processo accusatorio.

Semplicemente questo. Sono passati più di 30 anni, convegni, proposta di legge popolare, ma il “naturale corollario” è chiuso nel cassetto e si discute dell'acqua calda del dottor Palamara.

LA SUBCULTURA

«PALAMARA RACCONTA DETTAGLI CONVINCENTI MA ESAGERA DEFINENDO “SISTEMA” L'APPARATO GIUSTIZIA, QUASI FOSSE UNA CENTRALE DEL CRIMINE ANZICHÉ UNA SPREGIUDICATA ACCOZZAGLIA DI ARRAMPICATORI SUBCULTURATI DI CUI È VITTIMA LA STESSA MAGISTRATURA»

LA LEZIONE DI FALCONE

«È UN VEZZO DI TANTI MAGISTRATI QUELLO DI VOLER ESSERE “SALVATORI” DELLA PATRIA, CHE SIA DALLA MAFIA O DALLA N'DRANGHETA. MI VIENE IN MENTE GIOVANNI FALCONE CHE DICEVA: «MA COSA C'ENTRIAMO NOI CON I FENOMENI, NOI GIUDICHIAMO SOLAMENTE LE SINGOLE PERSONE NEI TERMINI DI LEGGE».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » dom gen 31, 2021 9:55 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » dom gen 31, 2021 10:01 am

“Saguto ci ha perseguitato per 22 anni, la condanna non ci risarcisce”, parla Pietro Cavallotti
Il Riformista
Giorgio Mannino
30 Ottobre 2020

https://www.ilriformista.it/saguto-ci-h ... ti-171702/


«Per noi questa non è giustizia. Potremo parlare di giustizia quando ci verranno restituiti i nostri beni». Mentre la corte di Caltanissetta condannava il cerchio magico dall’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto per aver messo in piedi un sistema clientelare nella gestione dei beni sequestrati ai mafiosi e agli imprenditori sospettati di essere stati favoriti dai boss, Pietro Cavallotti – membro del Consiglio direttivo della associazione “Nessuno tocchi Caino” e vittima delle misure di prevenzione del sistema Saguto – stava lavorando col consulente alla stesura della perizia per la revoca della confisca. «Il mio appartamento è stato confiscato. A me, alla mia famiglia, quale senso di giustizia darebbe la condanna se non dovesse essere restituito quello che ingiustamente ci è stato tolto?». Una lunga storia, quella della famiglia di Belmonte Mezzagno, che inizia nel 1998 quando i fratelli Cavallotti – padre e zio di Pietro – vengono arrestati nell’ambito dell’operazione Grande Oriente, accusati di associazione mafiosa. Dopo un lungo calvario giudiziario, nonostante la sentenza definitiva di assoluzione, agli imprenditori viene confiscato tutto il patrimonio. Le aziende e le loro vite vengono distrutte. Dietro c’era il sistema Saguto.

Qual è stata la prima cosa che ha pensato quando la corte ha pronunciato la sentenza?
Ho rivissuto un pezzo di vita lungo 22 anni. Abbiamo incontrato la Saguto nel 1999. Da un lato ho subito pensato alla fine della giudice che per anni ci ha perseguitati. Dall’altro lato mi sono chiesto: e ora che succede? La condanna risolve il problema di una legge, quella delle misure di prevenzione, che fa acqua da tutte le parti?

E cosa si è risposto?
La risposta è stata negativa. Perché i problemi rimangono per la mia famiglia e per tutti quegli imprenditori vittime di un ingiusto sequestro preventivo.

Quali problemi?
Parlo di famiglie distrutte. Di intere famiglie che non riescono a immettersi, nuovamente, nel mondo del lavoro perché dopo essere stati colpiti da una misura di prevenzione attorno si crea terra bruciata. Se crei un’altra impresa ti viene sequestrata, se riesci ad avere la fortuna del dissequestro ti ritrovi a gestire un’azienda completamente distrutta. Debiti per milioni di euro, bilanci non depositati durante gli anni dell’amministratore giudiziaria, fornitori non pagati. Tutte queste cose non si risolvono perché Saguto è stata condannata.

Quindi quale sarebbe la situazione?
La politica dovrebbe rivedere il sistema di prevenzione. Ma non credo voglia farlo. Faccio un esempio. Quando il legislatore doveva capire come modificare il Codice antimafia, si rivolgeva alla Saguto in Parlamento. Se questa sentenza fosse spunto per rivedere le misure di prevenzione, allora sarebbe un bene. Ma non è così che viene presentata. Piuttosto Saguto viene etichettata come la mela marcia in un sistema perfetto. Non viene messa in discussione la legittimità dei sequestri e delle confische. Si dirà che il sistema ha gli anticorpi ma non si mette in discussione l’operato di Saguto sui sequestri e sulle confische che faceva.

Cioè?
Ho letto tutte le intercettazioni ambientali e telefoniche acquisite nel processo di Caltanissetta. Si vuole fare passare l’ex giudice come colei che non pagava la spesa, che comprava la laurea per il figlio, che faceva favori ai colleghi. Questo è solo un contorno. Saguto sequestrava patrimoni senza sapere cosa stesse sequestrando. Questo è l’elemento che ritengo più grave. Ci sono intercettazioni in cui i giudici si mettevano d’accordo con i pubblici ministeri sulle prove da fare entrare nei processi per fare le confische.

Prove per dimostrare accuse false in partenza. La sua famiglia, ad esempio, è stata accusata di associazione mafiosa.
È un dato di fatto che con questa accusa, spesso ingiusta, si sia azzerata molta dell’economia siciliana. All’interno dell’amministrazione giudiziaria ci lavoravano parenti di giudici, figli di giudici, amici. Era diventato un ufficio di collocamento per magistrati. Col pretesto della mafia si è generato un sistema in grado di trarre profitto.

Questa sentenza, secondo lei, può essere un punto di partenza o no?
Secondo me è già un’occasione persa proprio perché si parla di “sistema Saguto”. Parliamo piuttosto di misure di prevenzione, di aziende in amministrazione giudiziaria, di imprenditori che hanno subito il sequestro nonostante le assoluzioni. Questa condanna non modificherà di una virgola un sistema fallimentare.

Cosa le ha lasciato dentro questa vicenda?
Tanta amarezza. Mi ha ferito quando l’ex giudice nelle intercettazioni aveva deciso di confiscare il nostro patrimonio senza neanche avere letto la perizia. Mi ha fatto male sentire che voleva mettersi d’accordo con il pm sui documenti da far entrare nel processo per confiscare i beni. La legge dev’essere modificata. E dev’essere chiara per evitare che si rovinino altre famiglie.



Arrestato giudice, intascava tangenti dai risarcimenti alle famiglie
28 gennaio 2021

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronac ... f87c7.html

Avrebbe preteso una parte del risarcimento pagato dall'assicurazione alla famiglia di un neonato che aveva subito danni irreversibili alla nascita per colpa dei medici. Ma anche dalla famiglia di una ragazza di 23 anni uccisa in un incidente stradale.

Vittime rappresentate in giudizio dalla sua ex moglie avvocato. Non solo, come giudice civile del tribunale di Brindisi, il magistrato Gianmarco Galiano, finito in carcere, avrebbe elargito numerosi incarichi ad amici professionisti, parte di quella che gli investigatori definiscono la sua "cricca". E avrebbe infine ricevuto denaro da un affermato imprenditore del settore dei surgelati, per sostenere le imprese della sua barca a vela Kemit, facendo risultare che si trattava di sponsorizzazioni per una associazione sportiva.

Con l'accusa di essere al centro di una rete di favori e di scambi che prevedeva un utilizzo distorto della funzione giudiziaria, il giudice Galiano è stato arrestato nell'ambito di una indagine della procura di Potenza che ha portato complessivamente all'arresto di sei persone (tre ai domiciliari). Le indagini sono state condotte dal nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Brindisi. In tutto sono 21 gli indagati e tra loro anche altri due magistrati anche se questi, a quanto emerge dal provvedimento restrittivo del gip di Potenza, con ruolo marginale.

Il giudice non avrebbe avuto alcuna remora, stando a ciò che riporta il gip nell'ordinanza "a speculare su tragedie umane con spregiudicata disinvoltura". Si parla di due giudizi in particolare: una causa del 2007 sulla morte di una ragazza di 23 anni, e una causa riguardante un bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Nel primo caso 300mila euro sarebbero stati messi a disposizione del giudice attraverso il conto intestato alla ex suocera, indagata a piede libero. Nel secondo, circa 150mila euro. La ex moglie, Federica Spina, avvocato, sarebbe stata tra l'altro nominata, a seguito di "minacce" di Galiano, come legale patrocinante. Galiano avrebbe minacciato i genitori del bambino di far togliere loro la potestà sul figlio grazie alle sue conoscenze.



A proposito di reati commessi da COLLETTI BIANCHI!
Ieri per iniziativa della Procura di Potenza si è proceduto all'arresto di 6 "white collars" a Brindisi.
In particolare un magistrato sarebbe emerso come soggetto ideatore di reati abietti.
Secondo l'accusa, infatti, avrebbe incassato parte dei risarcimenti concessi dalle assicurazioni in giudizi civili per risarcimento danni il giudice civile Gianmarco Galiano, arrestato e condotto in carcere in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Potenza nei confronti anche di altre cinque persone, coinvolte anch'esse in reati commessi dal magistrato.
Si fa riferimento ad una causa del 2007 sul decesso di una ragazza di 23 anni, e di un giudizio riguardante un bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Nel primo caso 300mila euro sarebbero stati messi a disposizione del giudice attraverso il conto intestato alla suocera, indagata a piede libero. Nel secondo si tratterebbe di 150mila euro. Tra gli arrestati figura anche l'ex moglie, che sarebbe stata nominata “con minacce” da parte di Galiano, come legale patrocinante.
In un altra situazione è risultato che le somme di denaro sarebbero state ottenute con la minaccia di sottrarre la potestà sul figlio fatta a genitori di un bambino gravemente disabile.
Il gip di Potenza ha disposto poi il sequestro preventivo di 1,2 milioni di euro nell'ambito dell'inchiesta che riguarda il giudice brindisino. Il magistrato avrebbe ricevuto denaro sui propri conti correnti e avrebbe potuto acquistare una masseria con soldi ricavati dalla gestione illecita di procedimenti civili.
Secondo l'ipotesi accusatoria il magistrato avrebbe gestito imprese agricole e agrituristiche, bed & breakfast, dimostrando eclettiche capacità gestionali.
I soldi illecitamente ottenuti sarebbero finiti sul conto corrente della suocera, indagata a piede libero per riciclaggio. Ai domiciliari anche la ex moglie, Federica Spina, che sarebbe stata nominata patrocinante legale nelle cause finite sotto la lente degli investigatori, ed in un caso sarebbe stata nominata dai presunti corruttori come erede testamentaria.
Galiano avrebbe inoltre ricevuto sponsorizzazioni fittizie o gonfiate da parte dell'azienda Soavegel, dell'imprenditore Massimo Bianco, in cambio di tutela giudiziaria in alcuni procedimenti civili pendenti dinanzi al Tribunale di Brindisi.
L'inchiesta è partita da alcune perquisizioni eseguite nel luglio del 2017 nello studio del commercialista Oreste Pepe Milizia, accusato di essersi prestato a scrivere le motivazioni di sentenze tributarie per conto di Galiano, giudice della commissione tributaria regionale della Puglia.
Galiano avrebbe inoltre conferito incarichi per 400mila euro ai suoi “amici” professionisti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » gio feb 04, 2021 7:07 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » gio feb 04, 2021 7:07 pm

Gregoretti, scontro in tribunale Toninelli-Salvini: "Non ricordo", "Forse dormiva"
Luca Sablone
Sab, 12/12/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1607779156

Imbarazzo dell'ex ministro grillino: "Non ricordo se ho firmato il divieto di ingresso per Open Arms". E poi offende Salvini: "Faceva il duro solo a parole". La replica del leghista: "Non c'era, e se c'era dormiva"

"Ho risposto in verità e trasparenza a tutte le domande che mi sono state poste. Abbiamo risposto a tutte le domande su cui non possiamo entrare per il rispetto del procedimento in corso".

Queste le parole pronunciate da Danilo Toninelli ai giornalisti dopo essere stato sentito come teste nell'udienza sul caso Gregoretti. L'ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non ha però saputo rispondere alla domanda sul divieto di ingresso, di transito e di sosta che poi venne annullato dal Tar. Si sono incrociati i casi Open Arms e Gregoretti anche nell'udienza di oggi a Catania, con l'avvocato Giulia Bongiorno che ha incalzato il grillino scontrandosi in parte con i suoi "non ricordo". Ed è partita da Open Arms. "C'è anche la sua firma su su questo episodio, la può riconoscere la sua firma?", ha chiesto la legale che assiste Matteo Salvini. La risposta del pentastellato è stata: "Non ricordo, è passato tanto tempo...".

Ma la Bongiorno - come viene fuori dalla piccola e temporanea finestra lasciata aperta ai giornalisti dal giudice - ha ricordato un post pubblicato da Toninelli su Facebook che, a giudizio delll'avvocato, è la conferma di una condivisione e compattezza nelle scelte da parte del governo gialloverde. La stampa è stata ammessa in aula dopo l'autorizzazione data dal gup Nunzio Sarpietro, che ha disposto l'ingresso in gruppi da 10 giornalisti per volta. Gli ex ministri Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta hanno chiesto di non essere ripresi dalle telecamere durante l'udienza preliminare dell'inchiesta.

"Non esiste alcuna mia dichiarazione su una fantomatica firma del decreto relativo alla nave Gregoretti. Non esiste alcun mio 'non ricordo di aver firmato il decreto' per il semplice fatto che non vi è mai stato un decreto per tale vicenda. Il mio 'non ricordo' si riferiva ai decreti di divieto di sbarco per la nave dell'ong Open Arms. Fatti, questi, intorno ai quali ho deposto in termini di verità e trasparenza", è stata la precisazione di Toninelli.

"Salvini duro solo a parole..."

"La linea del governo era di fare interessare gli altri Stati europei al collocamento dei migranti. Ma ogni sbarco era un caso a parte", è la posizione dell'ex titolare del Mit. La tesi di Toninelli si basa sulla memoria depositata dalla difesa di Salvini: in particolare a pagina 37 viene indicata la "mancanza dell'obbligo indicazione del pos in capo al Ministero dell'Interno. Per l'assegnazione del porto sicuro a terra c'è un mandato unico al Viminale che è il responsabile". Pertanto sostiene che il leader leghista si sia reso protagonista di uno scarico di responsabilità sul Ministero dei Trasporti: "Un tentativo realizzato dall'uomo che diceva di difendere i confini italiani, che era l'uomo forte al governo".

Error loading media: File could not be played

Le leggi nazionali e internazionali spiegano che l'assistenza in mare spetta al Mit, "ma l'assegnazione del porto per lo sbarco è responsabilità unica de Ministro dell'Interno". "Salvini a parole faceva il duro e poi scaricava su altri le sue responsabilità. Avete capito il soggetto?", ha concluso uscendo dall'aula bunker del carcere Bicocca di Catania dove ha deposto all'udienza preliminare sul caso Gregoretti. Questa mattina però vi abbiamo parlato del video che incastra il premier Giuseppe Conte, il quale a fine 2019 aveva confermato il coinvolgimento della presidenza - come è sempre avvenuto - per la ricollocazione: "Non è un novità, era già chiaro. Per quanto riguarda le ricollocazioni abbiamo sempre, a livello di presidenza, con l'aiuto del Ministero degli Esteri, lavorato noi per ricollocare e consentire poi lo sbarco".

"Toninelli non c'era, e se c'era dormiva", è stata la replica del segretario federale del Carroccio. Verso le ore 13 è terminata la deposizione di Elisabetta Trenta all'udienza preliminare sul caso Gregoretti. L'ex ministro della Difesa è andato via in auto senza rilasciare alcun tipo di dichiarazione alla stampa. Alle 13.30 anche Salvini, dopo aver preso la parola nel corso dell'udienza preliminare che lo vede indagato per sequestro di persona, ha lasciato l'aula bunker senza fermarsi con i cronisti. Dopo le dichiarazioni spontanee dell'ex ministro dell'Interno è terminata l'udienza preliminare sul caso Gregoretti. Successivamente il gup ha deciso che il premier Giuseppe Conte sarà sentito a Palazzo Chigi il 28 gennaio alle ore 10. "Il 28 gennaio Palazzo Chigi si trasformerà in un'aula bunker dove Conte sarà interrogato. Il premier ha deciso di non andare a Catania, ma di far venire Catania a Palazzo Chigi... scelte sue", ha concluso Salvini.§


Processo Gregoretti, Salvini a Catania: la conferenza stampa

Caso Gregoretti, Salvini si difende in aula: «Ho tutelato l’interesse italiano assieme a tutto il governo»
Claudio Bozza
12 dicembre 2020

https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A ... =%2CmH-R&c[0]=AT1r7WdcbV1Hf8Qiov-2SXQDRRPAcvRGjqGTLKm8fXm0l7-PYJSrkazT4UM11TuuNAoh5X_miCpRjhvFL5UjcIhuPRwTDLUHFwVGXjnWbzsxLJdN_BjydJjHcZTG3QE75wX947mORcZcFl2pP43_ZLZXP8GCpNNESv1v-xpo0WXy_O_qOBx3LHw

Matteo Salvini nell’aula bunker a Catania per partecipare all’udienza preliminare sul caso Gregoretti, la nave ong con 131 migranti di cui venne ritardato lo sbarco ad Augusta nel 2019. L’ex ministro dell’Interno rischia il rinvio a giudizio per sequestro di persona ma il giudice vuole verificare se quella decisione fosse condivisa da tutto il governo. A processo «ci vado tranquillo perché non ritengo di aver commesso alcun reato, anzi credo di aver salvato vite tutelando l’interesse nazionale italiano. L’ho fatto in compagnia di tutto il Governo». Era prevista per oggi anche l’udienza preliminare a Palermo per il caso Open Arms, che però è stata rinviata al prossimo 9 gennaio.

Clou dell’udienza odierna sono state le deposizioni degli ex ministri del governo Conte 1, Danilo Toninelli (trasporti) ed Elisabetta Trenta. Il primo, rispondendo alle domande dell’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Salvini ha opposto alcuni «non ricordo». «Ricorda di avere firmato questo divieto di ingresso, di transito e di sosta che poi viene annullato dal Tar, ricorda? C’è anche la sua firma su questo episodio, la può riconoscere la sua firma?» ha chiesto Bongiorno con riferimento al provvedimento con cui fu bloccata la nave Ong Open Arms. Toninelli, che ha chiesto di non essere ripreso, ha risposto: «Non ricordo, è passato tanto tempo». Fuori dall’aula l’ex ministro aggiunge: «Per L’assegnazione del porto sicuro a terra c’è un mandato unico al ministro dell’interno che è il responsabile. Stiamo assistendo invece al tentativo di scaricare sul ministero dei Trasporti responsabilità sue. Salvini difendeva i confini solo a parole».

«Interverrò in aula riportando alcuni dati del mio ministero — aggiunge il leader della Lega —. Abbiamo salvato vite e protetto un Paese, quello che non è accaduto dopo perché dopo di me ci sono stati morti annegati diritti negati. Mi dispiace solo di dovere far perdere tempo a giudici, avvocati, forze dell’ordine in un’aula bunker che solitamente è impiegata per processo di mafia». E poi: «Io sono un cittadino italiano rispettoso di quello che la giustizia mi chiede per rispondere di quello che avevo promesso agli italiani di fare. Bloccare il traffico di esseri umani e il business dell’immigrazione clandestina senza fare male a nessuno. Sono curioso di sentire cosa diranno in aula Conte, Di Maio, Toninelli e gli altri ministri che con me condividevano questa linea».

«Il video in cui il premier Giuseppe Conte parla del governo e del ruolo dell’esecutivo nella decisione sugli sbarchi in Italia di migranti come idea condivisa è nella memoria difensiva già depositata agli atti del procedimento», ha spiegato l’avvocato Giulia Bongiorno difensore di Matteo Salvini (e senatrice della Lega) prima di entrare in aula a Bicocca per l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio dell’ex Ministro dell’Interno per il caso Gregoretti.


Ecco i post che inchiodano lo "smemorato" Toninelli
Federico Garau
12 dicembre 2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1607801426

In diversi tweet l'allora ministro scriveva: "Non abbiamo obblighi di sbarco". Bongiorno: "Imbarazzata dai suoi 'non ricordo'"

Furioso per essere finito al centro della bufera per la questione relativa alla nave Gregoretti che vede imputato Matteo Salvini, l'allora ministro dei trasporti Danilo Toninelli minaccia ritorsioni contro gli organi di stampa cha continueranno ad abusare dell'espressione "non ricordo di aver firmato il decreto" e ad associarla a tale vicenda.

La difesa di Salvini ha raccolto ogni testimonianza mirata a documentare il coinvolgimento di vari membri del governo, tra i quali sono ricordati anche un tweet di Conte e diversi post dello stesso Toninelli. Lo stesso che, celebrando la scelta politica di chiudere i porti, scriveva sui social: "Non abbiamo obbligo di sbarco". Tutte prove che saranno utilizzate nel processo, così come il video in cui il premier Conte "parla del governo e del ruolo dell'esecutivo nella decisione sugli sbarchi in Italia di migranti come idea condivisa", spiega l'avvocato Giulia Bongiorno. Questi ed altri elementi sono "nella memoria difensiva già depositata agli atti del procedimento", rivela ancora il legale del leader del Carroccio.

L'attacco di Italia Viva

Una frase, quella contestata, che ha scatenato perplessità e battute al vetriolo anche da parte degli alleati (almeno fino a questo momento ancora è così) di Italia Viva, che hanno affondato il colpo in modo decisamente esplicito."Tra tutte le motivazioni che si possono dare in un tribunale, 'non ricordo' (cito testualmente) è la meno credibile per uno che ha fatto il ministro per oltre un anno. Toninelli sa che a firmare quel decreto ci fu anche lui. Se ne assuma la responsabilità", ha dichiarato tramite Twitter il deputato di Italia Viva Marco Di Maio.

Ancora più pesante il commento della collega di partito di Di Maio, Vicepresidente vicario di Italia Viva al Senato, Laura Garavini."Gravi e imbarazzanti i non ricordo di Toninelli. Si trattava di decidere sulla vita di centinaia di profughi. Donne, bambini, giovani vite in pericolo, in mare. Come può l'ex ministro non ricordare che posizione avesse assunto rispetto al salvataggio di vite umane?".

La difesa di Toninelli

Lo stesso Toninelli non ha comunque perso tempo a replicare a quanti lo hanno fatto bersaglio di ironia e biasimo per l'accaduto, puntualizzando in una nota la sua posizione. "Stanno circolando versioni gravemente alterate e false della mia deposizione sul caso Gregoretti", ha spiegato l'allora ministro dei Trasporti, come riporta ItalPress. "Non esiste alcuna mia dichiarazione su una fantomatica firma del decreto relativo alla nave Gregoretti a me attribuibile in quanto, ed è un dato oggettivo", aggiunge il grillino, "nessun provvedimento di divieto di sbarco è stato mai assunto con riferimento a tale imbarcazione. Ed è ovvio perchè si tratta di nave militare dello Stato italiano".

Toninelli specifica che il vuoto di memoria sarebbe relativo ad un'altra situazione, nella quale ad essere imputato resta comunque l'ex vicepremier Matteo Salvini. "Non esiste alcun mio 'non ricordo di aver firmato il decreto' per il semplice fatto che non vi è mai stato un decreto per tale vicenda. Il mio 'non ricordo' si riferiva ai decreti di divieto di sbarco per la nave dell'ong Open Arms. Fatti, questi, intorno ai quali ho deposto in termini di verità e trasparenza.", puntualizza l'ex ministro, che poi passa alle minacce."Diffido, pertanto, le testate giornalistiche dal continuare la diffusione di una notizia falsa, riservandomi il diritto di querela".

Lo sgomento di Bongiorno e la relazione Gasparri

A restare basita per l'atteggiamento del senatore pentastellato è anche Giulia Bongiorno, senatrice del Carroccio e legale di Matteo Salvini. "Tantissimo imbarazzo per Toninelli. Tutto mi sarei aspettata, ma non dire 'no, non partecipavo, non mi ricordo'. Io ero in quel governo e ricordo benissimo quello che accadeva. Prendevano tutte le decisioni insieme", rivela l'avvocato. "C'erano Toninelli, Moavero, il presidente Conte, Salvini e Di Maio. Io che non facevo parte di quelle riunioni, ma ricordo lucidamente che scrivevo a mio figlio che avrei fatto notte, perché nella stanza accanto stavano decidendo chi fare sbarcare e chi no". La conferenza stampa della Bongiorno, riportata da LaPresse, si conclude con la ripetizione di un concetto già espresso in tante altre occasioni: "Salvini ha sempre detto che rivendica la linea del Conte 1 e che è una linea condivisa da tutti i ministri competenti".

Sulla questione è intervenuto anche il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che si dice certo di avere le prove del coinvolgimento dell'ex ministro, già prodotte in una sua relazione:"Nel caso Gregoretti i magistrati farebbero prima a leggere la relazione che ho presentato all'aula e che solo per motivi di pregiudizio politico vide il dissenso di alcuni. Il coinvolgimento dell'intero governo, con Toninelli, con Conte e con tanti ministri nella gestione della vicenda Gregoretti, è palese ed è dimostrato nei fatti. La mia puntuale relazione lo dimostra", dichiara il senatore azzurro, come riportato da LaPresse. "I magistrati invece di far perdere tempo alla giustizia italiana, che dovrebbe fronteggiare ben altre urgenze, leggano le mie pagine e troveranno le loro risposte. Salvini ha agito di intesa con l'intero governo. Ci sono prove palesi e incontestabili del coinvolgimento dei vari Toninelli e Conte. Ripeto, basta leggere le carte. I magistrati non perdano tempo. Quel che ho scritto io è chiaro, incontestabile, definitivo. Salvini non deve andare a processo", aggiunge ancora Gasparri. "Le norme vigenti, la Legge Costituzionale n.1 del 1989, prevedono procedure e casistiche che in questo caso sono evidenti. Soltanto ignoranza e faziosità consentono di tenere in piedi questa vicenda. Le posizioni di Conte e Toninelli sono vistose e se negassero la realtà dei fatti farebbero una ben magra figura, cosa che Toninelli mi pare abbia già fatto", conclude.

I post incriminati

Ed in effetti, tanti sono i riferimenti citati dalla difesa di Salvini, a riprova del coinvolgimento di altri membri del governo, compreso lo stesso Toninelli. "Anche la Corte di Strasburgo dà ragione al Governo e torto a Sea Watch. Dobbiamo garantire ai migranti viveri, cure e assistenza adeguata. Ed è quello che stiamo facendo. Ma non abbiamo obblighi sullo sbarco. E non li faremo sbarcare finché la Ue non batte un colpo. Avanti così". Queste le parole di Toninelli in data 29 gennaio 2019 , dopo l'ennesimo scontro sul caso Sea Watch, riportate da AdnKronos. Ai "non ricordo" dello smemorato Toninelli, Giulia Bongiorno ha replicato mostrando questo ed altri Tweet, così come estratti di interventi pubblici o interviste."C'è qualcuno che favorisce la partenza dei barconi della morte, ma il governo del cambiamento non è più disposto ad accettare questo stato di cose. L'Olanda conosceva da subito i reali intendimenti della Sea watch", dichiarava Toninelli il 26 gennaio del 2019, riferendosi ancora una volta al caso Sea Watch. Facendo un balzo indietro nel tempo di sei mesi circa, lo stesso ex ministro così si esprimeva: "Da alcune ore c'è una imbarcazione con 450 persone a bordo che naviga nel Sar maltese. Per la legge del mare è Malta che deve inviare proprie navi e aprire il porto. La nostra Guardia costiera potrà agire se serve in supporto ma Malta faccia subito il suo dovere" (13 luglio 2018). Un commento condiviso dallo stesso Giuseppe Conte il giorno successivo, a riprova del fatto che vi fosse una linea compatta sul delicato tema immigrazione e sbarchi."Francia e Malta prenderanno rispettivamente 50 dei 450 migranti trasbordati sulle due navi militari, a breve arriveranno anche le adesioni di altri paesi europei. È un risultato importante ottenuto dopo una giornata di scambi telefonici e scritti che ho avuto con tutti i 27 leader europei. Finalmente l'Italia inizia a essere ascoltata davvero", cinguettava il premier. Entusiasta per il risultato conseguito dal governo del cambiamento, Toninelli replicava: "Su migranti più risultati in 45 giorni che in tanti anni. Complimenti a Conte. Il governo del cambiamento sta ribaltando gli schemi. Con questa riconquistata credibilità internazionale l'Italia non rimarrà più sola".

Tra le prove prodotte dall'avvocato Bongiorno anche un post del 15 agosto 2019: "Avevo già firmato a suo tempo il decreto di Salvini che vietava l'ingresso, il transito e la sosta della Open Arms in acque italiane. Avevo firmato anche stavolta per ribadire che chi non rispetta il diritto del mare non può sbarcare in Italia. Quel decreto è stato bocciato dal Tar ed emetterne un altro identico per farselo bocciare di nuovo dal Tar dopo 5 minuti. E a differenza di Salvini che cerca solo il consenso facile noi agiamo con senso di Stato e concretezza". Nel pieno della crisi di governo, solo 5 giorni dopo, l'ex ministro così aggiunse: "Stiamo lavorando ancora per sbloccare al più presto la situazione della Open Arms. C'è un dato politico importante da registrare: mentre in precedenza gli altri paesi europei prima dello sbarco davano la disponibilità ad accogliere una parte di migranti, ora invece ci dicono prima di sbarcarli a Lampedusa e poi si vedrà. Stanno ricominciando a voltarci le spalle e questo ha un unico responsabile: Matteo Salvini che ha indebolito il governo e di conseguenza la nostra posizione in Europa". Toni completamente differenti rispetto a quelli autocelebrativi di un anno prima: "Ci siamo insediati da pochi giorni e la musica sta già cambiando". E poi:"Con i ministri Moavero e Salvini porteremo in Europa il tema della cooperazione", aggiunse citando peraltro proprio le parole del leader del Carroccio.



"Il premier è in un vicolo cieco... Ecco perché conviene finirla qui"
Gabriele Laganà
8-10 minuti

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 09547.html


Carlo Nordio ha spiegato perché il processo a Matteo Salvini per il caso Gregoretti "finirà con un non luogo a procedere". L’ex magistrato ha ammesso di non credere alla crisi di governo a meno che non si trovi un’altra maggioranza in Parlamento senza passare dal voto anticipato

Ciò che aveva annunciato ha poi eseguito subito senza esitazioni. Carlo Nordio, magistrato sino al 2017, a lungo sostituto procuratore di Venezia ed autore di inchieste sulle Brigate rosse e sui reati di corruzione, ha lasciato il ruolo di consulente della commissione parlamentare antimafia guidata da Nicola Morra.

In un Paese dove non pochi dicono una cosa e poi ne fanno un’altra, Nordio si è confermato una persona di principi che mantiene la parola data. A Libero l’ex magistrato ha spiegato che non se la sentiva "di frequentare una commissione presieduta da una persona che si è espressa come si è espressa su Jole Santelli". Parole, quelle pronunciate dall’esponente pentastellato sulla governatrice della Calabria deceduta improvvisamente il 15 ottobre scorso, che avevano provocato polemiche e scatenato indignazione generale. Nordio non ha paura di dire le cose in cui crede. E così l’ex magistrato racconta al quotidiano diretto da Pietro Senaldi cosa pensa del caso-Gregoretti, del quadro politico attuale, e dell’azione del governo giodato dal premier Conte in questa fase di emergenza sanitaria. E il suo giudizio è netto.


Il caso-Gregoretti

Il clima politico è arroventato, tra le altre cose, anche dal processo a Matteo Salvini, rinviato a giudizio per avere trattenuto 131 immigrati a bordo della nave della guardia costiera Gregoretti. "È un processo politico, voluto dall'attuale maggioranza contro il parere tecnico della stessa procura, che aveva chiesto l'archiviazione", ha affermato Nordio che poi ha aggiunto di essere certo che non si arriverà al dibattimento. "Salvini sarà scagionato prima- ha proseguito- perché questo processo, a parte l'infondatezza del reato, non conviene a nessuno". Il nodo più importante è quello che riguarda il premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Danilo Toninelli. Nordio ha spiegato che proprio per questo il processo "non conviene a nessuno. Conte è in un vicolo cieco, ed è singolare che non se ne siano accorti quando al Senato hanno votato per il processo". Il motivo è semplice. L’ex magistrato ha ricordato come Conte abbia detto di essere stato in dissenso con il suo ministro "e quindi di essere a conoscenza che Salvini stava commettendo quello che riteneva un reato". Di conseguenza se il premier "confermerà ciò che ha detto e non vedo come possa fare altrimenti, sarà indagato per concorso, perché non ha impedito l'evento che aveva il dovere giuridico di impedire: così stabilisce l'articolo 40, secondo comma, del Codice penale". Ma alla fine ci sarà molto rumore per nulla in quanto "il reato non c'è. Credo che tutto finirà con un non luogo a procedere". La vicenda, ha sottolineato Nordio, non è stata "una bella pagina per la giustizia, piegata alla ragion politica. Pensavo che Renzi avrebbe votato altrimenti. Ne sono rimasto estremamente deluso".


L'unica strada per la crisi di governo

A parte la questione-Gregoretti, Conte ha anche altri problemi da risolvere. La maggioranza giallorossa che lo sostiene è fragile e litigiosa. La possibilità che si verifichi una crisi di governo esiste. Eppure secondo Nordio, le "minacce" di Renzi di far cadere l’esecutivo evaporeranno come neve al sole. Il tutto per una questione di convenienza: l’ex premier sa che se si andasse al voto anticipato rischierebbe tantissimo. "Fino a ieri- ha spiegato- lui e Conte erano come i due scorpioni nella bottiglia: se uno colpiva per primo, poi moriva anche lui. Se Conte cadesse, e si andasse a votare, probabilmente scomparirebbe dalla vita politica, ma neanche Renzi, secondo i sondaggi, ne uscirebbe bene". In questa fase il Pd è costretto a muoversi con prudenza senza prendere una posizione netta tra il presidente del Consiglio e il leader di Iv. L’ex magistrato crede, infatti, che i dem si libererebbero "volentieri di entrambi, e le elezioni anticipate gli sarebbero vantaggiose, perché recupererebbe molti consensi finiti ai grillini". Ma il Pd è immobile per un preciso motivo: la questione del successore di Sergio Mattarella. Secondo Nordio i dem sono "terrorizzati dall'idea che un nuovo Parlamento a maggioranza di centrodestra elegga il prossimo presidente della Repubblica. Il quale non solo nomina alcuni giudici costituzionali, presiede il Csm ed altri organismi, ma esercita oggi una moral suasion molto più intensa della mera funzione notarile che contrassegnava l'alta carica alcuni decenni fa".

Crisi di governo quindi sventata? Nordio non lo crede, anzi. Per l’ex magistrato vi potrebbe essere un altro scenario che costerebbe carissimo solo al premier e che,a l contempo, farebbe felici il leadr di Iv ed i dem che si ritroverebbero un una situazione vantaggiosa: "Se Renzi e il Pd avessero la certezza, e questo non lo possiamo sapere, che la caduta del governo non porterebbe ad elezioni anticipate, allora Conte avrebbe, scusi il bisticcio di parole, i giorni contai”, ha affermato ancora l’ex magistrato.


L'emergenza sanitaria

L’ex magistrato ha, poi, criticato duramente il governo sulla gestione dell’emergenza sanitaria. In merito ai divieti imposti per arginare la diffusione del Covid-19, Nordio ha sottolineato che "la libertà individuale va coniugata con la sicurezza, in questo caso con la sicurezza sanitaria. Tutti i provvedimenti, anche quelli più radicali, possono essere giustificati in una situazione di emergenza. A patto, però, che siano razionali". E secondo l’ex magistrato, in questo caso "non sempre lo sono". Basta vedere il caso della chiusura dei locali: "Non si capisce perché i ristoranti siano sicuri a mezzogiorno per il pranzo, e non la sera per la cena". Critiche Nordio le riserva anche alle norme che vietano di transito tra comuni il giorno di Natale. A suo giudizio tali provvedimenti dovrebbero essere annoverati nella categoria delle "assurdità". E per illustrare il suo pensiero prende ad esempio una situazione non tanto estrema: "Sul Montello, dove io vado, anzi andavo a cavallo prima del virus, alcune case hanno l'entrata nel comune di Giavera e il cancello del giardino in quello di Nervesa, e in alcune frazioni è addirittura impossibile andare da un estremo all'altro dello stesso comune senza transitare per un comune. Così è in molte altre parti d'Italia”.

Nordio ha sottolineato che anche se ora il governo pare intenzionato a ripensarci la frittata è ormai compiuta: "Il danno di immagine è fatto: sono provvedimenti poco meditati. Se i cittadini non si convincono con le buone è giusto intervenire con le cattive, ma bisogna farlo con il cervello, non con l'emotività o peggio ancora con i pregiudizi burocratici. E purtroppo questo non è stato fatto". Altro affondo l’ex magistrato lo riserva alle norme dei Dpcm e degli altri provvedimenti governativi. Nordio ha evidenziato che le norme dovrebbero esser sempre chiare e comprensibili ma, a suo giudizio, "da noi lo sono sempre meno. Dal punto di vista tecnico, poi, si è fatta molta confusione". Lo stesso ex magistrato ha ricordato che i Dpcm non sono leggi, quindi non possono essere accusati di incostituzionalità, ma in quanto atti amministrativi "possono essere impugnati davanti ai Tar e quindi annullati". Per di più "in base a una legge del 1865, vecchia, ma mai abrogata, possono anche esser disapplicati dal giudice ordinario". In poche parole una sanzione applicata sulla base di un Dpcm può esser annullata dal giudice che ritiene il provvedimento "illogico o viziato di eccesso di potere". Altro colpo al premier Conte.



I giudici e l'estate delle trame: così hanno "abbattuto" Salvini
Alessandro Sallusti
Sab, 30/01/2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 20050.html

Un ministro di destra, l'immigrato maltrattato, la sinistra che cerca la rivincita. E la magistratura scende in campo: ecco cosa è successo nell'estate del 2018

Per gentile concessione dell'editore Rizzoli pubblichiamo uno stralcio del libro Il sistema. Potere, politica affari: storia segreta della magistratura italiana, scritto dal direttore del Giornale, Alessandro Sallusti.

Ci sono vicende in cui l’aspetto giudiziario s’intreccia non solo con quello politico ma anche con quello ideologico?

Sì, ed è un mix esplosivo, come nel caso di Salvini, indagato per sequestro di persona per il blocco dei porti agli sbarchi degli immigrati. Nell’estate del 2018 gli ingredienti ci sono tutti: un ministro degli Interni di destra, il povero immigrato maltrattato, la sinistra che cerca la rivincita dopo la batosta elettorale. Un piatto ghiotto, ovvio che la magistratura scenda in campo. Il culmine lo si tocca l’estate successiva, nel 2019, proprio nelle settimane in cui anche le tensioni nel governo tra Lega e Cinque Stelle sono in rapido crescendo. Io non le so dire se sia più la magistratura che tenta di dare la spallata al "governo delle destre", come veniva chiamato il Conte 1, o se sia Salvini a cercare il martirio per tenere comunque alto il suo consenso su un tema a cui l’opinione pubblica è sensibile, ma sta di fatto che quel governo, come tutti quelli che sfidano i magistrati, cadrà. Sarà una coincidenza, ma cadrà.

Tutto inizia all’alba del 16 agosto 2018, quando la nave della Guardia Costiera Ubaldo Diciotti soccorre in mare 190 immigrati. Da Roma Matteo Salvini, ministro degli Interni, ordina il divieto di sbarco. La nave rimane ferma al largo, prima di Lampedusa e poi di Catania, per cinque giorni, aspettando disposizioni. Poi, l’estate successiva, stessa sorte toccherà alle navi Gregoretti e Sea Watch.

Il magistrato più attivo di tutti è Luigi Patronaggio, procuratore di Agrigento nominato nel 2017 in quota Magistratura democratica. Indaga Salvini sia per la Diciotti sia per la Gregoretti, la Open Arms e la Sea Watch, per la quale ordina lo sbarco immediato di tutti gli immigrati dopo una visita a bordo in favore di telecamere.

Suscitando l’ira del ministro degli Interni, che in tv parla di lui come di uno che stia commettendo il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Che si vada a uno scontro è chiaro fin dal primo avviso di garanzia, quello per la Diciotti. Il più veloce a saltare sul caso è il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, come tutti noi in scadenza di mandato. Il 24 agosto 2018, alle 21:07, mi manda il seguente messaggio: "Luca, dobbiamo dire qualche cosa sulla nota vicenda della nave, Area (corrente di sinistra, N.d.R) è d’accordo a prendere l’iniziativa, Galoppi (Claudio Galoppi, consigliere Csm, N.d.R.) idem, senti loro e fammi sapere domani mattina". E ancora: "Domani mattina dovete produrre una nota, qualche cosa insomma", forse sapendo già che il giorno seguente Salvini riceverà l’avviso di garanzia. Ma c’è qualche cosa che non mi torna.

Cos’è che non torna?

Tanto attivismo non è da lui. In quattro anni di Csm non era mai capitato che ci dovessimo rincorrere sui telefonini da una spiaggia all’altra d’Italia. Perché tanta fretta? Ho il sospetto che Legnini stia giocando una partita personale per ingraziarsi i maggiorenti del Pd. Sono i giorni in cui si discutono le liste per le imminenti elezioni regionali in Abruzzo, e gira voce che lui intenda candidarsi a governatore con la sinistra, cosa che poi in effetti avverrà. Per il dopo Csm in realtà puntava ad andare all’Antitrust, aveva cercato una sponda al Quirinale - come mi confidò - ma gli avevano fatto sapere che non era aria.

Sconfitto alle elezioni in Abruzzo, Legnini non resterà disoccupato, gli trovano un posto come commissario delle zone terremotate. Ma lei in quel momento era l’unico ad avere sospetti di questo genere?

Per nulla. Ecco cosa mi scrive quella stessa sera il consigliere del Csm Nicola Clivio: "Perché lui (Legnini, N.d.R) ci chiede di dire qualcosa sulla storia della nave, e noi lo facciamo volentieri, ma poi non si deve dire che lui comincia così la sua campagna elettorale. Chiaro lo schema? Non dire a nessuno che ti ho detto questo". E io gli rispondo: "Esatto, lo chiede a tutti, anche a noi. Gli ho detto che ci devo riflettere, deve essere una riflessione di tutti coperta anche dai nuovi altrimenti la nostra diventa una cacchetta".




Procura chiede rinvio a giudizio ONG Open Arms: “Ha imposto sbarco all’Italia”, terrorismo umanitario
29 gennaio 2021
https://voxnews.info/2021/01/29/procura ... manitario/

Si tratta della ong spagnola per il cui blocco Salvini sta per essere processato a Palermo. Se loro sono trafficanti, bloccarli che reato sarebbe?

È stato depositato appello contro la sentenza di non luogo a procedere nei confronti del comandante della ong spagnola Pro Activa Open Arms, Marc Reig Creus ed Ana Isabel Montes Mier, capo missione.

La Procura iblea chiede nuovamente che i due vengano rinviati a giudizio, appellandosi alla sentenza con la quale il 4 novembre del 2020 il giudice per le indagini preliminari li aveva prosciolti per fatti che risalgono a marzo 2018.
La tesi della Procura, che a luglio del 2019 ne chiese il rinvio a giudizio, si basava sul fatto che gli indagati avrebbero imposto all’Italia lo sbarco dei migranti soccorsi senza rispondere alle sollecitazione di Mrcc Italia e del loro paese di bandiera, la Spagna, che diceva loro di chiedere approdo a Malta. Da Malta allora venne concessa l’evacuazione medica solo per tre migranti. Lo Stato italiano, secondo la Procura iblea, diventava vittima di violenza privata nalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso il dirigente del dipartimento delle Liberta’ civili e immigrazione del Viminale.

A determinare la scelta processuale, le immagini delle videocamere ‘go pro’; in cui, appena raggiunto il natante in diffocoltà, emergerebbe che i soccorritori della ong spagnola avessero detto: “we go to Italy”, “andiamo in Italia”.
Dopo la sentenza di non luogo a procedere, la Open Arms, a commento, sosteneva di essere intervenuta su richiesta delle autorita’ italiane per soccorrere 218 persone, che dopo una evacuazione urgente di alcune migranti in precarie condizioni di salute persone vennero condotte a Pozzallo. La ong spagnola ha sempre sostenuto che tutte le fasi del soccorso erano state gestite “dietro costante interlocuzione con le autorita’ italiane”.

Dopo l’evacuazione medica e mentre l’equipaggio attendeva l’assegnazione del cosiddetto ‘pos’, place of safety, comunemente detto ‘porto sicuro’ dove sbarcare i migranti, dalle autorita’ italiane era giunto invito alla Open Arms “a cedere le redini delle operazioni di soccorso alla sedicente guardia costiera libica”. Al riuto di Open Arms, secondo cui “nessun porto libico puo’ essere considerato sicuro”, venne appunto contestato di avere disatteso “le indicazioni delle autorita’ italiane” e non aver richiesto indicazione di un pos a Malta, proseguendo invece la navigazione verso Pozzallo. La sentenza di non luogo a procedere dello scorso novembre riteneva che non sussistesse il fatto per il reato di violenza privata, e non punibile il reato di favoreggiamento perché’ dovuto allo stato di necessità.

Non fa una piega. Le ong sono sono al servizio di potentati che usano i clandestini come armi contro i Paesi sovrani. L’obiettivo di quelli che qualcuno definisce “terroristi umanitari” è sempre stato politico.



Gregoretti, Luciana Lamorgese in aula in difesa di Matteo Salvini: "Continuità d'azione con i casi Diciotti e Ocean Viking"
Francesco Specchia
19 febbraio 2021

https://www.liberoquotidiano.it/news/po ... iking.html

A smontare il teorema-Gregoretti, interrogata in aula a Catania, ci pensa Luciana Lamorgese, chiamata a deporre dal giudice Nunzio Sarpietro, in settimana finito nell'occhio del ciclone per il servizio de Le Iene, il programma che lo ha sorpreso a pranzare al ristorante in piena zona arancione a Roma. Ma questa è un'altra storia. Il pesantissimo assist a Matteo Salvini, come detto, è arrivato dal ministro dell'Interno.

"C'è una continuità di azione fra casi Diciotti, Gregorett e Ocean Viking": sarebbe questa la risposta data dalla Lamorgese alla precisa domanda del gup Sarpietro, stando a quanto trapela dall'aula. La titolare del Viminale ha da poco concluso la sua deposizione nel corso dell'udienza preliminare sulla vicenda Gregoretti in cui, lo si ricorda, il leader della Lega è indagato per sequestro di persona.

La risposta, va da sé, conferma la tesi sempre sostenuta della difesa del leader del Carroccio: prima l'impegno dell'Unione europea a redistribuire ed accogliere gli immigrati, solo successivamente gli sbarchi. Dopo la Lamorgese, è stato il turno della deposizione del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che curiosamente, proprio come la Lamorgese, si è ritrovato nel governo di Mario Draghi insimem a Salvini.

L'ex ministro dell'Interno, presente assieme al suo legale, l'avvocato Giulia Bongiorno, è imputato per sequestro di persona per il ritardo dello sbarco di 131 migranti nel luglio del 2019. E ancora, all'udienza sono presenti anche i legali delle parti civili, gli avvocati Daniela Ciancimino (Legambiente nazionale e Sicilia), Antonio Feroleto (Arci nazionale) e Corrado Giuliano (Accoglierete) e il penalista Massimo Ferrante che rappresenta una famiglia di migranti presente sulla nave Gregoretti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mar feb 23, 2021 7:22 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mar feb 23, 2021 7:22 pm

Le regole non valgono per tutti: il giudice pizzicato a pranzo fuori in piena zona arancione
18 Febbraio 2021

https://www.ilparagone.it/attualita/le- ... nzo-fuori/

Seduto a tavola in uno dei ristoranti di Roma più rinomati per la qualità del pesce. In un giorno in cui, dettaglio non da poco, la capitale e il Lazio intero si trovavano in zona arancione e, quindi, il servizio dei locali era teoricamente sospeso. E invece, le telecamere de Le Iene hanno pizzicato il giudice Nunzio Sarpietro, 68 anni originario di Catania, infilarsi nella porta del Chinappi, in zona Porta Pia, e prendere posto insieme alla figlia e al genero lo scorso 28 di gennaio, come niente fosse.

Le regole non valgono per tutti: il giudice pizzicato a pranzo fuori in piena zona arancione

Sarpietro era uscito dalla sede del governo, dove in qualità di giudice per le indagini preliminari aveva ascoltato l’ex premier Giuseppe Conte raccogliendone la testimonianza nel processo che vede imputato Matteo Salvini per lo sbarco ritardato dei migranti a bordo della nave Gregoretti. Terminata l’incombenza, eccolo entrare al Chinappi. Saracinesche abbassate come da Dpcm anti-Covid ma tavolo unico per Sarpietro e i suoi accompagnatori. Di fronte alle domande de Le Iene, il diretto interessato ha obiettato: “Trovo incredibile che il giornalismo italiano si sia ridotto a seguire un giudice in un ristorante”.

Sarpietro ha poi spiegato: “Venivo a Roma dopo tanto tempo e ne approfittavo per salutare mia figlia. Non pensavo di suscitare questo clamore. È stata lei con mio genero a prenotare in questo ristorante amico, non certo io a chiedere favori come giudice”. Nel servizio registrato da Le Iene, è evidente l’imbarazzo dei presenti, con il magistrato a mettere le mani avanti: “Sono solo tre piattini freddi e un goccio di vino”. Il ristoratore, invece, si è presto rassegnato: “Pagherò io la multa quando arriverà”. Immagini che hanno ovviamente suscitato la rabbia dei tanti romani che, invece, per mesi sono stati costretti a rinunciare alla possibilità di un pranzo fuori.

Alla fine, Sarpietro ha fatto retromarcia e chiesto scusa per l’accaduto: “Sì, ho commesso una sciocchezza, seppure veniale. Ho chiesto scusa al ristoratore per averlo messo in questa situazione. Non credevo potesse esserci tanto clamore. Dopodiché si tratta di una multa che pagherò”. Poi, però, ha avanzato un sospetto: “Se questa vicenda vuole essere un tentativo di screditarmi come giudice, lo dicano. Non si può giudicare un magistrato per queste cose. Non ho ancora capito se vogliono che il processo Gregoretti si faccia o meno”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mar feb 23, 2021 7:23 pm

Il Csm caccia la toga rossa: messo lì dal Pd per aiutarli
Luca Fazzo
Sab, 20/02/2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1613838283

Trasferimento per il procuratore capo di Reggio Emilia Mescolini: "Non è imparziale". Si accanì con Forza Italia

H a mentito ai suoi sostituti, negando quasi di avere conosciuto Luca Palamara. Ha dettato i tempi delle indagini e delle perquisizioni in modo da non intralciare i lavori della giunta rossa.

Ha trasformato la Procura di Reggio Emilia in un ufficio diviso e sbandato, dove i pm si sentivano abbandonati: e dove il sospetto di essere arrivato al suo posto grazie all'appoggio del Pd non si è mai dissolto.

Da ieri, Marco Mescolini non è più il Procuratore di Reggio. Il Consiglio superiore della magistratura lo sfratta dalla carica per «incompatibilità ambientale». È la prima volta, dopo l'esplosione del caso Palamara, che il Csm prende atto che un magistrato incastrato dalle chat dell'ex presidente dell'Anm non può più stare sul posto che ha conquistato grazie a quelle trame. Nel caso di Mescolini è stata una decisione inevitabile, dopo le accuse lanciate contro di lui da quasi tutti i suoi sostituti, prima in una lettera e poi nelle audizioni. Ed è una decisione che non chiama in causa solo le trattative tra le correnti delle toghe ma investe in pieno anche i rapporti tra giustizia e partiti: in particolare con il Pd.

Mescolini, infatti, non è un magistrato qualunque. Ha lavorato fuori ruolo nel gabinetto di Roberto Pinza, viceministro piddino dell'Economia. Ha ritardato, per sua stessa ammissione, di perquisire gli uffici del sindaco Pd di Reggio per non interferire con le elezioni (ha dato parte della colpa ai suoi pm, che lo hanno smentito). Da quando si è insediato a Reggio, i giornali locali ribollono di polemiche sulla vicinanza del procuratore al partito egemone.

Ma non è tutto. Quando lavorava al pool antimafia della Procura di Bologna, è stato l'autore dell'inchiesta Aemilia, che ha investito anche una parte della politica emiliana: tutta di destra. Giovanni Paolo Bernini, esponente di Forza Italia di Parma, venne investito in pieno, accusato di collusioni mafiose, poi venne prosciolto: ma intanto aveva avuto la vita devastata. Da allora si batte per dimostrare di essere stato vittima non di un errore giudiziario ma di un killeraggio per motivi politici, di cui Mescolini sarebbe stato l'esecutore.

Il posto di procuratore a Reggio, dice da sempre Bernini, fu il premio del Pd a Mescolini. Tre sere fa, ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica, Bernini fa anche il nome di chi avrebbe sponsorizzato Mescolini: Celestina Tinelli, già presidente dell'Ordine degli avvocati di Reggio, talmente vicina al Pd da essere indicata dal partito nel 2006 come membro laico del Csm. La Tinelli reagisce annunciando querele nei confronti di Bernini. Ma il provvedimento emesso ieri dalla prima commissione del Csm dice che a quanto pare le cose andarono proprio così.

Quando Mescolini finisce sotto accusa, tra i pochi che davanti al Csm lo difendono c'è proprio la Tinelli, che - sentita come presidente dell'Ordine - liquida le accuse contro il procuratore come manovre di un avvocato di destra. «Ma non va sottaciuto - si legge nel provvedimento - che dall'analisi delle chat emerge che anche l'avv. Tinelli si era rivolta al dott. Palamara per sollecitare nomine nel distretto di Bologna e, verosimilmente, anche per la nomina del dott. Mescolini la cui proposta andò, una prima volta, al plenum del 14 febbraio 2018. Circostanza che getta una luce diversa, in termini di affidabilità, sulle sue dichiarazioni». Avrebbe mentito, insomma, per proteggere il magistrato che proprio lei aveva fatto nominare: e che ieri diventa la prima toga rossa che perde il posto per il caso Palamara.



Caos procure, i giudici scrivono a Mattarella: "Serve una commissione d'inchiesta"
Luca Sablone
23 febbraio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 25847.html

Inviata al capo dello Stato una lettera firmata da 67 magistrati di tutta Italia: "I fatti sono troppo gravi per restare inesplorati". E chiedono la riforma del Csm

Sono 67 i magistrati di tutta Italia che hanno deciso di rivolgersi direttamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere di rimuovere tutte quelle cause "che hanno condotto alla grave delegittimazione di articolazioni essenziali dell'Ordinamento Giudiziario e del Sistema di autogoverno della magistratura", al fine di assicurare contestualmente l'allontanamento da tali ruoli "di coloro che non sono risultati all'altezza del compito".

Nella lettera dei giudici inviata al capo dello Stato, di cui è entrata in possesso l'Adnkronos, viene sottolineata la necessità di intervenire tempestivamente "per avviare finalmente l'ormai non più differibile azione di recupero della fiducia di cui l'Ordine Giudiziario e la gran parte dei Magistrati meritano di godere, e della credibilità della Giurisdizione, baluardo prezioso ed essenziale dello Stato di diritto delineato dai nostri Costituenti".

Le toghe hanno poi fatto riferimento all'intervento dello stesso Mattarella, che il 19 giugno 2019 aveva espresso "con fermezza, il grave sconcerto e la riprovazione per la degenerazione del sistema correntizio e l'inammissibile commistione fra politici e magistrati, evidenziando come tali fenomeni avessero pesantemente compromesso il prestigio e l'autorevolezza dell'Ordine Giudiziario". A distanza di diversi mesi i giudici hanno preso atto "con grande rammarico" che l'appello del presidente della Repubblica "è rimasto inevaso e che le iniziative legislative, pur annunciate come imminenti, sono ben lungi dal tradursi in realtà".


"Lo scandalo continua"

Nel frattempo, denunciano i magistrati, "lo scandalo continua a imperversare e, lungi dal placarsi, è costantemente alimentato dall'uscita di nuove e allarmanti notizie che rendono il quadro complessivo sempre più inquietante e inaccettabile". Per questo si ritiene che i fatti, anche come pubblicamente esposti dagli organi di informazione, "siano troppo gravi per rimanere inesplorati e non verificati". Tra coloro che sono stati investiti dalle rivelazioni dei mezzi di informazione - viene sottolineato - "solo una parte, pur significativa ma certamente non completa, ha liberato l'Istituzione che rappresentava dal peso di una situazione divenuta oggettivamente insostenibile, facendo un passo indietro, con le dimissioni da taluni incarichi ricoperti o con l'anticipato abbandono dell'Ordine giudiziario". Sotto il profilo disciplinare si sarebbe registrata anche "l'adozione di una generale direttiva assolutoria, col conseguente rischio che comportamenti di tale genere, anziché essere sanzionati, siano avallati e ulteriormente incentivati".

Ad allarmare è il racconto di un ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati ed ex membro del Consiglio superiore della magistratura, secondo cui questo tipo di comportamento sarebbe stato realizzato "da chi, nominato proprio in nome di una forte discontinuità con il comportamento del suo predecessore costretto alle dimissioni, avendo il compito istituzionale di curare l'interesse pubblico al rispetto della disciplina da parte degli appartenenti all'ordine giudiziario, ha adottato siffatta generale direttiva". Il riferimento è alle dichiarazioni rilasciate da Luca Palamara nel libro "Il sistema" di Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, che ha raccontato come la magistratura e quel sistema hanno infettato la politica italiana.

"Serve commissione d'inchiesta"

Nella lettera - firmata pure dal gip di Palermo Giuliano Castiglia, da Clementina Forleo del Tribunale di Roma, da Lorenzo Matassa di Palermo e da Gabriella Nuzzi di Napoli - si richiede l'intervento di una commissione parlamentare d'inchiesta per fare chiarezza, anche perché il trascorrere del tempo "pone a rischio ogni possibilità di futura verifica". I giudici sostengono che il ripristino della credibilità della giurisdizione passi non solo per una pubblica risposta agli appelli alla trasparenza, ma anche per una radicale riforma dell'Ordinamento giudiziario.

I punti essenziali espressi sono sostanzialmente due: l'inserimento del sorteggio nella procedura di selezione dei componenti del Csm e la rotazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi. Il sorteggio viene considerato l'unico sistema in grado di "garantire l'imparzialità della funzione di autogoverno e l'effettività dei principi di distinzione dei magistrati soltanto per diversità di funzioni, di indipendenza dei magistrati e di soggezione dei giudici soltanto alla legge". La rotazione consentirebbe poi di "eliminare in radice il carrierismo e la concentrazione di potere in mano a pochi, fenomeno preoccupante e dei cui effetti distorsivi e dannosi le recenti cronache ci hanno resi tutti ancor più consapevoli".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mar mar 02, 2021 8:50 pm

Salvi, Gaeta e Salvato hanno stabilito i criteri di valutazione delle chat di Palamara: ma i loro nomi sono ricorrenti
Il Riformista
Paolo Comi
La rivolta della magistratura
23 Febbraio 2021

https://www.ilriformista.it/salvi-gaeta ... ti-198269/

Il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi non può rimanere al proprio posto. È quanto si legge – tra le righe – in un appello, firmato da un settantina di magistrati “indipendenti” e a cui ha subito aderito il Partito Radicale, indirizzato ieri al capo dello Stato Sergio Mattarella. Alla base della richiesta delle toghe “non correntizzate” le rivelazioni, al momento non smentite, contenute nel libro-intervista “Il Sistema” di Luca Palamara. Rivelazioni che hanno appannato l’immagine del procuratore generale della Cassazione, il “primo pm” d’Italia.

Salvi, mai nominato in maniera esplicita nell’appello, secondo quanto riportato nel libro, per caldeggiare la propria nomina a procuratore generale della Cassazione, nel 2016 avrebbe, presente l’allora vice presidente del Csm Giovanni Legnini, invitato Palamara, in quel periodo signore indiscusso delle nomine a Palazzo dei Marescialli, “su una splendida terrazza di un lussuoso albergo nei pressi di Corso Vittorio Emanuele” a Roma. La vicenda di Salvi, così come raccontata, rappresenta il classico caso di “autopromozione” togato. Il problema, però, è che Salvi, titolare dell’azione disciplinare, ha emanato la scorsa estate una circolare con la quale sono stati indicati i “criteri di valutazione” delle famigerate chat di Palamara, escludendo l’illecito per i magistrati che si erano “autosponsorizzati”. “Questi criteri sono stati elaborati dal gruppo di lavoro che è composto dal procuratore aggiunto Luigi Salvato e dall’avvocato generale Piero Gaeta”, disse Salvi in una conferenza stampa.

Il “piccolo” problema è che i nomi di Gaeta e di Salvato ricorrono spessissimo nelle chat di Palamara. Gaeta, in particolare, esponente di Magistratura democratica, come Salvi, aveva poi rappresentato l’accusa nel processo al Csm nei confronti di Palamara. Un classico “corto circuito”: i titolari dell’azione disciplinare, Salvi, Gaeta e Salvato, indagano colui al quale avrebbero chiesto di essere nominati. Tornando, invece, al Palamaragate, la Procura di Perugia ieri ha modificato il capo di imputazione, come suggerito dal gip, nei confronti dell’ex presidente dell’Anm.

Il nuovo reato è “corruzione in atti giudiziari” in relazione a un’inchiesta che vedeva coinvolto l’imprenditore Fabrizio Centofanti a Messina e a Roma. Il procuratore Raffaele Cantone ha depositato durante l’udienza preliminare una informativa del Gico della guardia di finanza dopo aver interrogato per l’ennesima volta gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Un tormentone a puntate quello delle testimonianze di Amara, noto al grande pubblico per essere l’ideatore del Sistema Siracusa, l’associazione creata per aggiustare i processi e pilotare le sentenze al Consiglio di Stato grazie a giudici compiacenti.


Palamaragate ad una svolta, magistrati in rivolta chiedono la testa di Salvi
Il Riformista
Piero Sansonetti
La lettera al Quirinale
23 Febbraio 2021

https://www.ilriformista.it/palamaragat ... vi-198296/

Sessantasette magistrati hanno scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica per chiedergli di intervenire nel caos-scandalo che sta travolgendo tutta la magistratura italiana. Chiedono al Quirinale di porre fine alla congiura del silenzio e promuovere la riforma del Csm. Chiedono al Parlamento di istituire una commissione parlamentare di inchiesta sulla magistratura. Mettono sotto accusa il comportamento del Procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, e sollecitano le sue dimissioni.

È una vera e propria rivolta. La dimostrazione che dentro la magistratura qualcosa si sta muovendo. I sessantasette ricordano a Mattarella i suoi due precedenti interventi (nel 2019 e nel 2020), nei quali sollecitava il Parlamento a fare qualcosa per restituire alla magistratura uno straccio di credibilità.

E fanno osservare che il Parlamento non ha fatto nulla, che nel frattempo è esploso clamorosamente il caso-Palamara (con l’uscita del suo libro che contiene accuse pesantissime e fin qui non smentite da nessuno) e che la Cassazione (Salvi) ha sostanzialmente assolto tutti (tranne Palamara e i pochi dimissionari) da ogni accusa, negando la possibilità di procedimenti disciplinari.

In questa lettera ci sono molti spunti particolarmente interessanti. Il più clamoroso è la richiesta di commissione di inchiesta Parlamentare. Questo giornale da molti mesi ha sottolineato la necessità di una commissione di inchiesta, di fronte all’omertà dei vertici della magistratura e alla curiosa situazione per cui chi indaga, spessissimo, è proprio chi è stato messo sotto accusa.

Finora l’unico a muoversi è stato, isolatissimo, Vittorio Sgarbi. Che ora la richiesta venga direttamente dai magistrati, francamente, è abbastanza paradossale. La politica – vigliacchetta – non ci fa una gran figura.



Carlo Nordio, l'assist a Giorgia Meloni: "Se si tocca la giustizia penale, la maggioranza si spacca"
Giorgio Carbone
24 febbraio 2021

https://www.liberoquotidiano.it/news/po ... pensa.html

Carlo Nordio, ex procuratore generale di Venezia, protagonista di inchieste storiche, da Tangentopoli al Mose, analizza l'attuale situazione politica e in particolare si sofferma sulla riforma della giustizia. In particolare sul rinvio della riforma della prescrizione al 2023, emendamento alla Camera di Fratelli d’Italia, la maggioranza si è spaccata per la prima volta: M5s e Pd hanno votato contro, Lega, Forza Italia e Italia Viva si sono astenuti: "La giustizia penale è un campo minato per il governo Draghi finché si tocca la giustizia civile, tutto bene. Ma su quella penale si rischia. Annullare la riforma Bonafede sarebbe stata un’insopportabile umiliazione per i grillini", spiega Nordio in una intervista a Italia Oggi.

"Se vince il Sì e dopo un mese cade il governo?". Carlo Nordio e la pagliacciata Pd: lo scenario catastrofico

Nordio inoltre analizza il vulnus che divide l'attuale maggioranza, fornendo anche un possibile assist a Fratelli d'Italia, l'unica forza politica all'opposizione: "L’azione penale dovrebbe essere obbligatoria, in realtà non è nemmeno discrezionale: è arbitraria. Nel senso che dipende dai singoli Pm tirar fuori dal cassetto i fascicoli quando vogliono, e purtroppo, come sapevamo benissimo, ma come ha confermato Palamara, talvolta anche in funzione di obiettivi politici. Per questo è interessante vedere non solo come un processo finisce, ma anche come nasce. Ma per fare questo servirebbe una profonda revisione costituzionale, e superare le robuste difese corporative di alcuni colleghi", spiega Nordio.

"Ecco che razza di processo è". Gregoretti, le profetiche parole di Nordio su Salvini (dello scorso gennaio)

Infine il consiglio di Nordio su cosa dovrebbe concentrarsi il governo Draghi: "In prima battuta risolvere la crisi sanitaria: dotarsi al più presto dei vaccini necessari, elaborare un piano di distribuzione efficiente e razionale, e magari evitare i dissennati provvedimenti last minute del governo precedente. Contemporaneamente, o subito dopo, affrontare la crisi economica. Come direbbe De Gaulle, un vasto programma", conclude l'ex pm.



In Commissione Antimafia rissa su Luca Palamara: l'ex presidente scaricato da tutti
Francesco Storace
27 febbraio 2021

https://www.iltempo.it/politica/2021/02 ... -26353261/

In commissione antimafia, (sì, anche in commissione antimafia) c’è un mistero che ruota attorno a Luca Palamara. Il presidente Nicola Morra, sempre lui, non desiste dall’idea di convocare in audizione l’ex presidente dell’associazione magistrati. Il Pd fa le barricate, i Cinque stelle scaricano il loro presidente, il centrodestra fa incetta di popcorn di fronte ad una commedia incredibile.

Morra vuole Palamara in commissione per sentirlo su alcune intercettazioni riguardanti gli inquietanti dialoghi con l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, esponente del Pd, che al telefono appariva come il grande protettore di Federico Cafiero de Raho, asceso poi a capo della procura antimafia.

Conversazioni imbarazzanti ma altro deve essere – sostiene più di un membro della commissione – il boccone ghiotto cui punta Morra. E sottovoce si fa il nome di Nino Di Matteo, il magistrato dello scontro frontale con Alfonso Bonafede, l’ormai ex guardasigilli.

L’altroieri c’è stata una seduta surreale della commissione antimafia, durata un’ora e un quarto con ben tre sospensioni per la mancanza del numero legale. La richiesta continua di verifica della presenza dei parlamentari – latitanti – l’ha fatta per ben tre volte Piero Grasso, che come un oppositore qualsiasi è arrivato al limite dell’ostruzionismo. Perché bisognava prendere tempo per non decidere sulla pretesa del presidente della commissione di convocare proprio Palamara, con il Pd rigidissimo sul no ad ascoltarlo. E i Cinque stelle? Praticamente non c’era nessuno di loro, se non una timida rappresentanza. A conferma di un clima di ostilità verso Nicola Morra, che prima riguardava il centrodestra e ora lo schieramento opposto. I suoi devono fargli pagare, ad esempio, il no al governo di Mario Draghi e tanti casini provocati al povero Alfonso Bonafede quando stava alla giustizia.

Nel merito, ci sono quelle intercettazioni a far discutere. Dialoghi davvero discutibili scoperti solo dopo l’emersione del caso Palamara. Parliamo del periodo tra luglio 2017 e novembre 2018. Luca Palamara era membro del Csm, e Marco Minniti ministro dell’Interno. I colloqui tra i due furono numerosi. E anche in occasione delle nomine importanti della magistratura. Minniti, importante esponente calabrese del Pd. Cafiero De Raho, procuratore a Reggio, aspirava alla procura di Napoli.

Di De Raho Palamara parla con Minniti. È il 26 luglio 2017: “Situazione su Cafiero ancora in evoluzione ma faticosissima spero trovare ultima mediazione a dopo”. “Perfetto. Grazie” risponde Minniti. “Fallito anche ultimo tentativo” scrive Palamara il 27 luglio. E ancora: “Oramai si vota a breve”. “Ok grazie” la risposta. Cafiero de Raho non riesce a diventare procuratore di Napoli. Palamara scrive a Minniti i voti: “9 voti cafiero, 14 Melillo, 2 astensioni, Votato ora”. “Perfetto” risponde Minniti, “Cerchiamo adesso di salvare il soldato de Raho. Il risultato in qualche modo lo consente”. E Palamara conferma: “Si il mio intervento in plenum è stato in questo senso”. (Singolare che il ministro dell’interno definisca “soldato” il capo della procura della sua zona). “Perfetto. Lavoriamoci” conclude Minniti. Il 5 ottobre la commissione incarichi direttivi del Csm propone Cafiero de Raho procuratore nazionale antimafia. Palamara torna a fornire i voti a Minniti: “Votato De Raho 5 voti Scarpinato 1”. In sostanza, il pg di Palermo Roberto Scarpinato ottiene un solo voto, quello di Piergiorgio Morisini, di Area, mentre Cafiero De Raho ottiene l’incarico. “Eccellente. Grazie” risponde Minniti. Il plenum nomina Cafiero De Raho procuratore nazionale antimafia l’8 novembre. Ottiene l’unanimità. Il “soldato” salvato. Perché Minniti ne parlava in questi termini? Che rapporto c’era tra loro due?

Morra vuole saperlo, il Pd no. Ma, si fa notare, pare un obiettivo minimo per chi presiede l’antimafia. La presenza di Palamara in commissione potrebbe essere utile anche per capire a chi dava fastidio, tra le correnti della magistratura, Nino Di Matteo. La corrida è aperta.




Il giudice anti Berlusconi a Mattarella: "Il vice presidente del Csm è illegittimo?"
Luca Fazzo
28 febbraio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 27189.html

Esposito: ispezione sulle toghe coinvolte nelle rivelazioni dell'ex capo dell'Anm

Mentre in Parlamento si discute della istituzione di una commissione d'inchiesta sul caso Palamara, ecco un appello al capo dello Stato e al neoministro della Giustizia Marta Cartabia perché sia quest'ultima a prendere l'iniziativa: facendo scattare una ispezione interna nei confronti di due pesi massimi della magistratura, il membro del Csm Giuseppe Cascini e il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, entrambi pesantemente chiamati in causa dal libro Il Sistema, scritto da Palamara insieme a Alessandro Sallusti.

A lanciare l'appello alla Cartabia, dalle colonne del Fatto Quotidiano, è un altro (ex) nome di spicco del mondo giudiziario. Si tratta di Antonio Esposito, il magistrato che quando presiedeva la sezione feriale della Cassazione condannò Silvio Berlusconi per la vicenda dei diritti tv. E che una volta lasciata la toga fa il commentatore per il Fatto.

Dalle colonne del quotidiano di Marco Travaglio, ieri Esposito ricorda che Mattarella - cui 67 magistrati hanno chiesto un intervento risolutivo - «può sollecitare il ministro della Giustizia, anch'egli titolare del potere di iniziativa disciplinare, a disporre una inchiesta, all'esito della quale formulare le sue proposte anche di ordine disciplinare». A Salvi secondo Esposito gli ispettori ministeriali dovrebbero chiedere di spiegare l'incontro con Palamara «su una splendida terrazza di un lussuoso albergo romano» per sponsorizzare la propria candidatura. A Salvi, secondo Esposito, il capo dello Stato dovrebbe contestare, facendone oggetto di una riunione del Csm, la direttiva con cui ha garantito l'incolumità disciplinare ai magistrati che si rivolgevano a Palamara per «autopromozione» Mentre Cascini, leader della corrente di sinistra Area, dovrebbe spiegare se davvero riferì a Palamara l'esistenza di una intercettazione dell'allora vicepresidente del Csm Giovanni Legnini relativa al pm napoletano Henry John Woodcock.

Non è tutto. Esposito se la prende anche con il vicepresidente del Csm David Ermini, invitando il presisidente Mattarella a far sapere se intenda ancora farsi rappresentare da lui in seno al Csm, dopo avere scoperto che la sua designazione alla carica «ha trovato la sua genesi in un accordo improprio, fuori dal Csm e tra persone non legittimate (Palamara, Ferri, Lotti)». Esposito ricorda anche che Ermini fu eletto vicepresidente grazie al voto di sette componenti del Csm poi costretti a dimettersi proprio in seguito al caso Palamara. Per questo chiede a Mattarella se considera Ermini ancora legittimato a coprire la carica.

(Esposito non dice se a suo avviso il ministro o il capo dello Stato dovrebbero svolgere accertamenti anche sugli episodi che riguardano lui medesimo e suo figlio, anch'essi ampiamente citati nel libro di Palamara e Sallusti).




Fuga di notizie in procura, così Bianconi avvertì Palamara: "C'è un avviso di garanzia per te"
Piero Sansonetti
Lo scoop in tv di Giletti
2 Marzo 2021

https://www.ilriformista.it/fuga-di-not ... te-200088/

La trasmissione di Massimo Giletti, su La7, domenica sera ha fatto uno scoop del quale pochissimi giornali vi parleranno. Perché? Perché lo scoop riguarda e mette in cattiva luce Pm e giornalisti. Ai giornali non sono mai piaciute questo tipo di notizie. Preferiscono ignorarle. Vediamo cosa è successo.

È stato mandato in onda un audio, preso dal solito Palamara-trojan, nel quale un importante giornalista del Corriere della Sera, Giovanni Bianconi, avverte proprio Luca Palamara che è stata aperta una inchiesta giudiziaria contro di lui. Palamara viene colto di sorpresa, balbetta, probabilmente capisce in quel momento preciso di essere diventato la vittima designata di una guerra per bande che si è scatenata nella magistratura e che coinvolge, quantomeno, la Procura di Perugia e quella di Roma. Bianconi per diversi giorni non scrive niente sul Corriere. Questa notizia, resa pubblica dalla trasmissione di Giletti, è clamorosa per almeno due motivi.

Il primo è che conferma in modo inoppugnabile la tesi che un pezzo di partito dei Pm e un pezzo di giornalismo giudiziario sono ormai “fusi” tra loro. Non più alleati: proprio unificati, tanto che si scambiano i ruoli.

Il secondo motivo è che ora sappiamo con certezza che la magistratura si comporta in modo del tutto illegale nei confronti di se stessa. Il fatto che un giornalista abbia avuto da un Pm – si suppone – una notizia segreta e l’abbia riferita a un indiziato, è un reato piuttosto grave.

Molti comuni cittadini hanno passato dei guai serissimi per reati simili. In questo caso la notizia di reato è assolutamente certa, si tratta solo di trovare i responsabili della prima fuga di notizie, e i “sospettabili” non sono moltissimi. Sono indagati? Sono stati interrogati? Non risulta. I magistrati sono impunibili? Forse.




Sansonetti: "Alla cena tra Pignatone e Palamara il trojan era acceso, che fine hanno fatto gli audio?"
I misteri del Palamaragate
3 Marzo 2021

https://www.ilriformista.it/sansonetti- ... refresh_ce

Sansonetti: “Alla cena tra Pignatone e Palamara il trojan era acceso, che fine hanno fatto gli audio?”

Il direttore del Riformista Piero Sansonetti in un video editoriale torna sul caso Palamara. “In Italia la libertà di stampa ha un limite: non ci si può avvicinare alle procure. Per questo ci pensiamo noi. L’altro giorno vi abbiamo raccontato della questione Bianconi che avvertì Palamara che c’era un’inchiesta su di lui“.

Sansonetti sottolinea che c’è “Una fusione tra giornalismo giudiziario e partito dei Pm che rende problematico sia il funzionamento della giustizia che il non funzionamento dell’informazione“. Il direttore poi prosegue: “Abbiamo oggi un’altra notizia abbastanza clamorosa. C’è una perizia sul trojan di Palamara dalla quale risulterebbe che non è vero che il trojan non funzionò durante la famosa cena tra Pignatone, Palamara e molti alti magistrati in cui si stabiliva il successore alla procura di Roma. Voi sapete che abbiamo scritto varie volte che si spense e provato a spiegare perché si spense. Ma non è così“.

Sansonetti quindi prosegue: “La perizia stabilisce che il trojan non si spense poiché era impossibile spegnerlo. Quindi quella cena fu registrata ma il file è sparito. Non si sa che fine ha fatto. Non lo sappiamo. Ragionevolmente la procura non ce l’ha poiché ne saremmo a conoscenza. È uno scandalo clamoroso, ma tutti la ignoreranno“.


Altre anomalie dall'inchiesta di Perugia
Palamaragate, interviene Di Matteo: "Perché non furono intercettati i corruttori?" - Il Riformista
Paolo Comi
3 Marzo 2021

https://www.ilriformista.it/palamaragat ... ri-200438/

L’indagine della Procura di Perugia, che ha cambiato gli assetti di potere al Consiglio superiore della magistratura e stroncato la nomina di Marcello Viola a procuratore di Roma, continua a rivelarsi una fucina di “anomalie”. Le ultime in ordine di tempo sono state evidenziate questa settimana con la deposizione dei finanzieri del Gico di Roma, il reparto a cui i pm del capoluogo umbro avevano delegato le indagini nei confronti dell’ex zar delle nomine al Csm Luca Palamara.

La deposizione è avvenuta nel processo disciplinare a carico degli ex togati che avevano partecipato al dopo cena a maggio del 2019 all’hotel Champagne con i deputati Luca Lotti e Cosimo Ferri. È stato il pm antimafia Nino Di Matteo, componente della Sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli, a mettere in luce alcune di queste “particolarità” investigative. Va dato atto al magistrato siciliano, spesso oggetto di critiche per alcune sue prese di posizione, di ricoprire il ruolo di giudice disciplinare con grande attenzione e professionalità. Dopo un paio d’ore che il maggiore Fabio Di Bella del Gico cercava di ricostruire stancamente la genesi dell’indagine rispondendo alle domande della Procura generale della Cassazione e dei difensori degli ex togati, Di Matteo decide di chiedere la parola al presidente del collegio e formulare un paio di domande al teste.

Ma facciamo prima un passo indietro. Nell’indagine di Perugia, Palamara è accusato di essere stato corrotto dall’imprenditore laziale Fabrizio Centofanti. In cambio di viaggi, cene, e altre utilità, il magistrato sarebbe stato a disposizione dell’imprenditore per favorire nomine di procuratori amici di quest’ultimo. Centofanti, si ricorderà, aveva rapporti di frequentazione con tantissimi magistrati, ad iniziare dall’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.
I pm di Perugia per acquisire ulteriori prove, decidono agli inizi del 2019 di intercettare Palamara. Ma non Centofanti. Al telefono di Palamara, poi, verrà inoculato anche il virus trojan. Circostanza curiosa, dal momento che il reato di corruzione, è un reato a concorso necessario, in cui la presenza di almeno due soggetti, il corrotto e il corruttore, rappresenta l’imprescindibile elemento costitutivo dell’ipotesi delittuosa.

A Perugia, invece, si concentrano solo sul corrotto. Alla precisa domanda sul perché di tale scelta investigativa, Di Bella non risponde e “scarica” la responsabilità sui pm di Perugia. Sibillina, poi, un’altra domanda di Di Matteo, proprio sulla genesi dell’indagine. Nella ricostruzione di Di Bella, il Gico era stato in precedenza delegato dalla Procura di Roma a svolgere accertamenti in un fascicolo sempre a carico di Centofanti e degli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara, quest’ultimo l’ideatore del “Sistema Siracusa”, il sodalizio di magistrati e professionisti finalizzato a pilotare le sentenze al Consiglio di Stato e ad aggiustare i processi nei vari tribunali italiani. Le accuse a loro carico erano quelle di corruzione in atti giudiziari e false fatturazioni.

Uno stralcio di questo fascicolo, quando emergeranno i rapporti fra Centofanti e Palalamara, sarà trasmesso a maggio del 2018 da Roma a Perugia, Procura competente per i reati dei magistrati romani. La Procura umbra, come quella di Roma, si avvarrà del Gico della Capitale per le indagini. Di Matteo, anche in questo caso a bruciapelo, chiede se le risultanze delle indagini di Perugia, trattandosi di soggetti che erano stati già indagati a Roma, venivano per caso riferite anche ai pm di piazzale Clodio, e quindi agli ex colleghi di Palamara. Assolutamente no, era stata la risposta Di Bella. L’ultima stranezza riguarda il trojan. Ad Amara e Calafiore, per inocularlo, i finanzieri inviarono un Sms con un link di attivazione del virus. I due non lessero il messaggio e il virus non si attivò.

A Palamara, con la complicità del gestore telefonico, i finanzieri bloccarono direttamente il cellulare. Perché questa disparità di trattamento? Altra domanda destinata a non avere una risposta. In estrema sintesi, dunque, a Perugia, in una indagine per corruzione, il corruttore non viene intercettato. In compenso si intercetta a tappeto il corrotto, per fatti risalenti ad almeno tre anni prima. Per un banale coincidenza, però, intercettando il corrotto, i pm di Perugia hanno ricevuto per mesi notizie su quanto accadeva al Csm. Vedasi la nomina di Marcello Viola.




Gli anti-berlusconiani irriducibili rileggano Palamara
Il giornalista Furio Colombo chiede per il Cavaliere l'oblio. In nome di una giustizia ingiusta
Vittorio Sgarbi
16 marzo 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1615914511

Con una fiducia cieca in un una giustizia marcia, il mio amico Furio Colombo scrive sul Fatto quotidiano l'ennesimo articolo su Silvio Berlusconi, rimpiangendo che non sia passato per le patrie galere, e che anzi venga scortato dai carabinieri, «riceva il saluto marziale e metallico dei corazzieri», che molti militari di molte armi si irrigidiscano al suo entrare e al suo uscire con il loro saluto a questa autorità impropria ma resistente.

Potrebbe essere plausibile se, negli stessi giorni in cui Colombo legge il libro di Giuseppe Pesce Il lato B, centinaia di migliaia di italiani non avessero acquistato e letto il libro di Sallusti con Palamara in cui si chiariscono molti aspetti inquietanti sulla condanna di Berlusconi. Avendo lavorato per Agnelli, diffamato sul suo stesso giornale in un articolo di Tomaso Montanari, Colombo non può non sapere quale fu il rapporto di sudditanza dello Stato nei confronti di Agnelli, e quali fossero le incriminazioni di cui avrebbe potuto rispondere la classe dirigente della Fiat, parzialmente risparmiata dai magistrati.

Ma soprattutto, sulla base dei paradossi giudiziari, come carabinieri e corazzieri abbiano salutato nel corso dei suoi mandati parlamentari Palmiro Togliatti, personalità politicamente certo più significativa di Berlusconi, e certamente responsabile della morte di Imre Nagy, ex presidente del Consiglio ungherese, avendo condiviso e sostenuto l'intervento armato sovietico contro la rivoluzione ungherese.

Un comunista insospettabile come Pietro Ingrao ha testimoniato la soddisfazione di Togliatti per l'avvenuta invasione della ribelle Ungheria: e quando gli confidava di non dormire la notte per le vicende ungheresi, il segretario rispondeva di «aver bevuto un bicchiere di vino rosso in più» la sera del 4 novembre 1956. Analoga la posizione rispetto al maresciallo Tito, nonostante la persecuzione di innumerevoli innocenti con la disumana pratica delle foibe. Il 7 novembre 1946 Togliatti va a Belgrado e rilascia all'Unità la seguente dichiarazione: «Desideravo da tempo recarmi dal maresciallo Tito per esprimere la mia schietta e profonda ammirazione».

Error loading media: File could not be played

Indiscutibile complice, nonché diretto responsabile di assassinio, come lo fu Mussolini con Matteotti, fautore della politica di Stalin, Togliatti ha avuto responsabilità storiche e politiche di gran lunga superiori a quelle di Berlusconi. Eppure, da ministro e da parlamentare, nessuno gli ha risparmiato gli onori dovuti al capo di un partito. «Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone!». Come sembra ignorare le responsabilità di Togliatti, così Colombo è certo di quelle di Berlusconi. Lo indurrei a meditare su queste parole di Palamara: «La magistratura si legge nel libro vuole farsi trovare pronta ai blocchi di partenza della nuova sfida a Berlusconi. È un segnale al governo che sta per arrivare, ma anche al nostro interno: non tollereremo un'opposizione blanda al berlusconismo». Solo dopo mi occuperei dei saluti dei corazzieri.




La legge non è uguale per tutti.
Le intercettazioni valgono per tutti ma non per i magistrati: "Violano la privacy"
Paolo Comi
16 Marzo 2021

https://www.ilriformista.it/le-intercet ... cy-203571/

L’Associazione nazionale magistrati, a quasi due anni dallo scoppio del Palamaragate, non ha ancora iniziato l’attività di verifica delle “condotte di rilievo disciplinare endo-associativo” delle toghe che chattavano con l’ex zar delle nomine per chiedere posti e favori. L’incredibile notizia è stata comunicata questo fine settimana dai vertici dell’Anm durante la riunione del Comitato direttivo centrale.

Il gip di Perugia ha autorizzato solamente lo scorso 25 febbraio il presidente del Collegio dei probiviri ad acquisire in copia le chat intercorse tra Palamara e i magistrati iscritti all’Anm. Le chat, pubblicate già da molti quotidiani e agli atti del fascicolo per corruzione a carico dell’ex presidente dell’Anm aperto nel capoluogo umbro, sono state trasmesse solo alla Procura generale della Cassazione e al Consiglio superiore della magistratura. Palamara, per superare l’impasse, si era offerto nei mesi scorsi di consegnarle personalmente ai probiviri dell’Anm. La proposta era stata però bocciata. Ma se per acquisire le chat sono stati necessari tutti questi mesi, per la loro valutazione i tempi si preannunciano ancora più lunghi.

Sono stati, infatti, sempre i vertici dell’Anm a mettere le mani avanti ricordando che sarà necessario attenersi al Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali che impone di ispirare il trattamento delle informazioni ai principi di “proporzionalità” e di “necessità”, limitando la disamina ai soli elementi indispensabili per l’accertamento degli illeciti deontologici. Un giusto rispetto delle regole da parte delle toghe che farà certamente piacere a tutti i cittadini italiani che dopo essere stati intercettati leggono sui giornali ogni genere di particolare relativo alla propria vita privata.

Nel caso di Palamara, espulso dall’Anm al termine di una istruttoria lampo, va ricordato comunque che nessuno chiese il “consenso” informato. Se, dunque, l’Anm procede a corrente alternata nel sanzionare i propri iscritti, anche una delibera avente ad oggetto “concrete azioni di sostegno a favore dei magistrati impegnati nei processi di mafia” diventa terreno di scontro fra le correnti. La delibera, proposta da Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe, dai davighiani, e da Articolo 101, il gruppo antisistema, chiedeva “più incentivi economici e di punteggio per i magistrati delle sedi disagiate”, l’indizione immediata di “concorsi per coprire le gravi scoperture d’organico” del personale amministrativo e dei magistrati nelle terre di mafia, nuove misure per “potenziare le infrastrutture materiali e digitali e per migliorare le condizioni di vita dei colleghi” che si trovano nelle sedi più esposte e lontani dagli affetti più cari”.

La sinistra giudiziaria insieme ad Unicost, l’ex gruppo di Palamara, ha fatto muro e la mozione non è passata. Il motivo? Fra le righe vi sarebbe stato visto un endorsement al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. La sinistra togata era propensa a stigmatizzare alcune esternazioni del procuratore calabrese, in particolare un’intervista rilasciata a gennaio al Corriere. Le dichiarazioni “sopra le righe” di Gratteri erano state corrette dal diretto interessato.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Migranti, rifugianti o asilanti, clandestini, invasori

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti

cron