Migranti, Casarini indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
Secondo la Procura di Ragusa la nave Mare Jonio avrebbe preso a bordo 27 migranti dalla danese Maersk Etienne in cambio di denaro
(Adnkronos)
1 marzo 2021
https://www.adnkronos.com/migranti-casa ... 5HUGEPdyTS
Luca Casarini, ex capo missione della nave Mare Jonio, è indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina aggravato dallo scopo di ottenere un profilo nell'ambito dell'inchiesta sulla nave coordinata dalla Procura di Ragusa. Con Casarini sono indagati anche Beppe Caccia, il regista Alessandro Metz e il comandante Pietro Marrone.
I quattro indagati dalla Procura di Ragusa nell'inchiesta sulla Mare Jonio. Secondo la Procura nel settembre scorso avrebbero preso a bordo 27 migranti dalla nave danese Maersk Etienne, che li aveva soccorsi 37 giorni prima in cambio di denaro. Risulta invece estranea all'inchiesta l'Ong Mediterranea Saving Humans.
Sbarchi, altra tegola sulle Ong: i pm indagano su 24 attivisti
Mauro Indelicato
3 marzo 2021
https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 28128.html
I magistrati della città siciliana puntano il dito contro alcune Ong per missioni di salvataggio compiute tra il 2016 e il 2017. L'accusa è di aver concordato le operazioni direttamente con i trafficanti
Dopo Ragusa, anche da Trapani è emersa un'inchiesta che vede coinvolte le Ong. Questa volta le indagini hanno a che fare con eventi accaduti tra il 2016 e il 2017 e coinvolgono 24 indagati.
I magistrati della città siciliana sospettano soccorsi attuati in accordo con i trafficanti da parte degli equipaggi di alcune navi umanitarie.
L'inchiesta partita tre anni fa
Così come sottolineato da Repubblica, l'avviso di conclusione delle indagini inviato a 24 indagati è arrivato dopo almeno tre anni di inchiesta. Il periodo di riferimento è quello che va dall'estate del 2016 al giugno del 2017.
Si tratta di una delle stagioni più calde sul fronte migratorio. I bilanci complessivi forniti dal ministero dell'Interno sui dati delle persone sbarcate, si chiudevano costantemente con numeri a tre zeri. Nel 2016 in Italia sono arrivati 181.436 migranti, nel 2017 invece 119.310. Cifre che danno l'idea di un'emergenza senza precedenti, che l'allora governo Gentiloni ha provato a ridimensionare dando vita al memorandum con la Libia firmato proprio subito dopo la primavera del 2017.
Secondo la Procura di Trapani, in questo contesto alcune Ong avrebbero attuato soccorsi dopo accordi stretti direttamente con i trafficanti. Sarebbero dieci gli episodi finiti nel mirino degli inquirenti. Alcuni sono stati effettuati dalla nave Iuventia, dell'Ong tedesca Jugend Rettet. Sotto la lente dei magistrati però, sono rientrate anche le attività di altre due Ong: Save The Children e Medici Senza Frontiere.
Queste ultime in quel periodo operavano rispettivamente con le navi Vos Hestia e Vos Prudence. Qui venivano trasbordati tutti i migranti soccorsi dalla Iuventia, mezzo di dimensioni più modeste. I magistrati, avvalendosi dell'attività di un poliziotto sotto copertura, sarebbero entrati in possesso di foto e video che documenterebbero gli accordi con i trafficanti. Non solo: le accuse dei Pm Brunella Sardoni e Giulia Mucaria, coordinati dal procuratore reggente Maurizio Agnello, si avvarrebbero di perizie tecniche sui diari e sulle strumentazioni di bordo.
Dai controlli sarebbe emerso che in più di un'occasione le Ong coinvolte avrebbero falsificato anche le comunicazioni con le autorità italiane. Alcuni eventi ufficialmente catalogati come Sar, dunque di Ricerca e Soccorso, in realtà erano spedizioni avvenute a colpo sicuro in tratti di mare dove gli attivisti attendevano l'arrivo di barconi con i migranti.
È quanto accaduto ad esempio all'aba del 5 maggio 2017, quando la Von Hestia si è recata in acque Sar libiche sapendo dell'arrivo di un barcone dalla sera precedente. Una missione effettuata senza avvertire le autorità marittime del nostro Paese. Successivamente, sempre secondo i pm, i membri dell'equipaggio avrebbero falsificato i documenti del soccorso.
Sempre la Von Hestia pochi giorni dopo si è resa protagonista di un altro episodio al vaglio degli inquirenti. In quell'occasione gli attivisti avrebbero segnalato la loro posizione in mare con le luci della nave, circostanza vietata dal codice di autoregolamentazione. C'è poi un soccorso effettuato sempre in quel periodo, in cui la Procura di Trapani avrebbe evidenziato la restituzione agli scafisti dei giubbotti di salvataggio indossati dai migranti al momento del soccorso.
Stralciata la posizione di Don Zerai
In totale sono 24 gli indagati. Si tratta di alcuni membri delle Ong in questione, a cui è stata riconosciuta la responsabilità oggettiva per il comportamento dei propri attivisti. È invece stata stralciata la posizione di Don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo tra i fondatori di Alarm Phone. L'accusa per lui era quella di aver fatto da tramite tra alcuni gruppi di migranti e i soccorritori.
Le conseguenze politiche
La conclusione delle indagini a Trapani è arrivata 48 ore dopo la notizia dell'apertura dell'inchiesta a Ragusa sulla Mare Jonio. Due situazioni distinte, ma accomunate dal fatto di essere arrivate alla ribalta mediatica in un momento delicato sotto il profilo politico, caratterizzato dall'insediamento del governo Draghi.
Non a caso una prima reazione è arrivata nelle scorse ore dalla Lega, partito organico alla nuova maggioranza: “Non solo le ombre sulle operazioni di salvataggio della Mare Jonio e le pesanti accuse della Procura di Ragusa – ha dichiarato il segretario del carroccio, Matteo Salvini – ora i pm di Trapani chiedono il rinvio a giudizio per altri 24 membri delle ong. Il sospetto è quello di soccorsi concordati con i trafficanti”.
“Serve chiarezza immediata – ha proseguito Salvini – occorre contrastare con ogni mezzo lecito il traffico di esseri umani. Ne parlerò al più presto con il Presidente del Consiglio e con il ministro dell'Interno"
Migranti, le foto che accusano la ong: “Il capitano proteggeva gli scafisti”
Salvo Palazzolo
07 Marzo 2021
https://www.repubblica.it/cronaca/2021/ ... 290870917/
Il 26 giugno 2017, lo scafista continua a colpire i migranti con una cintura, davanti ai volontari appena arrivati
L’inchiesta di Trapani. Nel 2017, un agente infiltrato registra il comandante della Vos Hestia: “Sui trafficanti non faccio la spia”. Save the Children: “Noi sempre corretti”
TRAPANI — In un’immagine si vede lo scafista mentre picchia i migranti con una cintura, davanti ad alcuni volontari della nave “Vos Hestia”. In un altro scatto, ha in mano un tubo di ferro giallo, un giovane si ripara il volto. Poi, il trafficante di uomini sale pure lui a bordo dell’imbarcazione di “Save the children”. Un’altra immagine lo ritrae mentre cammina tranquillo nel porto di Reggio Calabria: indossa una maglietta bianca (sulla manica il numero tre), nessuno l’ha denunciato. Le foto scattate da un agente sotto copertura, che nel 2017 ha finto di essere un volontario, sono diventate per la procura di Trapani un atto d’accusa contro la Ong.
Pesanti le contestazioni, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso, mosse anche nei confronti di “Medici senza frontiere” e “Jungend Rettet”. Nell’estate di quattro anni fa, salvarono migliaia di vite umane, come ribadisce oggi “Save the children” per respingere le contestazioni dei pm, ma adesso quelle foto e anche le voci registrate dall’agente “infiltrato” diventano un caso.
In quei mesi drammatici, il comandante di “Vos Hestia”, Marco Amato, sbottò con un collaboratore: «Ti ho detto seimila volte che io a bordo ho altri ruoli e non quello di fare la spia o l’investigatore». Il pool coordinato dal procuratore facente funzione Maurizio Agnello contesta al comandante di non aver voluto dare alcuna informazione alla polizia sugli scafisti. Nelle intercettazioni, Amato se la prendeva con chi violava questa linea: «Appena torna lo scemo vedo cosa vuole fare — diceva ancora — altrimenti lo mando a fare in culo dicendogli: “Vedi dove te ne devi andare, vai a mangiare a casa, ti vuoi stare zitto o te ne vai… siamo partiti già male». L’uomo che chiamava lo “scemo” aveva indicato alla polizia due scafisti.
Ma perché non segnalare i trafficanti di uomini alla polizia? Amato non fa parte di “Save the children”, era il comandante di un’imbarcazione affittata dalla Ong, però è diventato uno dei protagonisti di quella stagione di salvataggi, fatti spesso in condizioni difficili. «Non si è mai tirato indietro — dice un volontario che ha conosciuto il comandante in mare — la priorità di tutti è stata sempre quella di salvare vite umane».
Ma perché non segnalare gli scafisti all’arrivo nei porti? Se lo chiedono adesso i magistrati, che hanno messo agli atti della loro inchiesta anche una relazione dell’agente del Servizio centrale operativo che ha operato sotto copertura. Racconta che al porto di Reggio Calabria, il comandante Amato gli indicò quel giovane con la maglietta bianca e il numero tre: «Ha picchiato i migranti», sussurrò. La polizia commenta nel rapporto alla procura, firmato anche dalla Guardia Costiera: «È evidente che Amato fosse a conoscenza di quanto commesso in pregiudizio dei migranti. Ma nessuna segnalazione è stata fatta alle autorità di polizia presenti allo sbarco, né sui giornali di bordo». Come dire, non fu chiuso solo un occhio, per portare a termine in sicurezza le operazioni di salvataggio. In alcuni casi, si evitò del tutto di denunciare i trafficanti di uomini. Finendo per offrirgli una pericolosa sponda, sostiene l’accusa.
Nei giorni scorsi, la procura di Trapani ha chiuso l’indagine nei confronti di 21 persone che operarono fra il 2016 e il 2017 a bordo non solo di “Vos Hestia”, ma anche di “Vos Prudence” e Iuventa. In altre foto, scattate dall’agente sotto copertura il 18 giugno 2017, si vedono tre scafisti mentre si avvicinano ai volontari di “Vos Hestia”, smontano in tutta calma il motore dal gommone dei migranti e vanno via. Lo stesso giorno, un operatore di nave “Iuventa” riporta verso le coste libiche tre barchini. «Al largo c’erano i trafficanti», annota il poliziotto. Un’altra sequenza di immagini. Il 26 giugno, tre uomini su un potente gommone affiancano “Vos Hestia”, sono trafficanti che annunciano l’arrivo di un altro carico di vite umane. L’agente trasmette la foto ai suoi colleghi, che riconoscono subito il più importante del gruppo: è Suleiman Dabbashi, fa parte di una famiglia influente a Sabrata, gestisce numerose safe house, le case di prigionia dei migranti.
“Save the children” ribadisce: «Siamo fiduciosi che l’intera vicenda, non appena tutti i fatti saranno stati adeguatamente rappresentati e considerati, potrà essere chiarita confermando la correttezza del nostro operato».
Svolta Lamorgese: ammette i trucchi Ong sui migranti
La testimonianza al processo contro Salvini: "Stazionano per giorni nelle acque libiche per caricare più persone possibile"
Chiara Giannini
Lun, 08/03/2021
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1615228931
Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha svelato il trucchetto delle navi Ong, che vanno di fronte alle coste libiche, recuperano i migranti e poi aspettano altri carichi prima di ripartire alla volta dell'Italia e chiedere un porto sicuro di sbarco.
La rivelazione della titolare del Viminale è contenuta nella trascrizione della sua testimonianza al processo contro l'ex ministro Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per il caso Gregoretti, al tribunale di Catania. Nelle carte si legge che, rispondendo al pubblico ministero, la Lamorgese chiarisce: «Le navi che vanno a fare soccorso in acque Sar libiche non è che ogni volta che fanno un soccorso tornano immediatamente indietro. Tante volte, con dei soccorsi effettuati, si fermano nelle aree, diciamo libiche, anche tre, quattro giorni in attesa poi di recuperare il più possibile quelli che sono in difficoltà. Quindi - dice ancora - vuol dire che sono delle navi che comunque sia hanno la possibilità di stare ferme con delle persone appena recuperate in acqua. Di farle stare sulle imbarcazioni anche per quattro, cinque giorni, perché loro chiedono il Pos (place of safety) quando hanno l'imbarcazione piena e poi ritornano». E prosegue: «Quindi chiedono il Pos con la procedura che ho detto, prima nelle acque Sar libiche, poi Malta e poi l'Italia. Se fossero in condizioni di non poter stare, allora appena recuperati dovrebbero immediatamente venire, avvicinarsi verso Paesi che sono sicuri, tipo Malta e l'Italia e non sempre è così perché talora rimangono anche più giorni». Insomma, la titolare del Viminale per la prima volta ammette pubblicamente che le navi Ong non sono altro che taxi del mare, che non recuperano naufraghi, ma immigrati clandestini, permanendo giorni e giorni in acque Sar libiche per fare tranquillamente il loro carico. D'altronde, è ormai provato dalle varie inchieste aperte che i migranti partono solo quando di fronte alle coste della Tripolitania ci sono le imbarcazioni del soccorso.
La Lamorgese ha dato un'altra risposta che costituisce un assist a Salvini. Il giudice le chiede: «Secondo lei qual è la differenza fra il caso Diciotti, Gregoretti e l'Ocen Viking»? E lei risponde: «Ogni volta che c'è uno sbarco sicuramente ci sono delle difficoltà che affrontano tutti gli uffici. Oggi noi seguiamo una linea che è quella, perché all'epoca, nel 2018, fu fatto il decreto Sicurezza, di blocco della possibilità di interdizione del porto che è stato poi effettivamente utilizzato. Ma in effetti, poi, se vogliamo, nonostante ci fosse il decreto di interdizione, sostanzialmente tutte le volte regolarmente sono scesi, perché c'è anche da dire che quando arrivano poi sulle nostre coste dobbiamo iniziare tutta la procedura della redistribuzione, rapporti con l'Europa e quant'altro. Su questo non c'è dubbio».
«Quindi - le dice ancora il giudice - non trova una differenza sostanziale in questi tre casi»? E il ministro risponde: «Alla fine il risultato è stato, diciamo, più o meno analogo a quello precedente, perché questo va detto, anche se con motivazioni diverse».
Ma anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, chiamato a testimoniare, dà una versione dei fatti che aiuta Salvini. Parlando del caso Gregoretti ammette che «di solito, quando c'era un momento di criticità nel governo, a questo corrispondeva sempre un momento politico a tre, di solito o addirittura a due, in alcuni casi tra i due vicepremier e il presidente del Consiglio in cui si cercava la soluzione per lo sbarco». Quindi, per Di Maio la soluzione di non far scendere i migranti fu presa di comune accordo con l'allora premier Giuseppe Conte. E chiarisce che anche in quel caso «potrebbe esserci stata una condivisione politica». E sulla redistribuzione dei migranti di quel periodo ammette: «Ci sono tante mie dichiarazioni pubbliche su questo. Il principio era quello di provocare il meccanismo della redistribuzione e di questo si trova traccia da più parti sia del ministro Toninelli, ma anche mia».