Alta tensione in acque internazionali: motovedetta libica intima alla ong di consegnarle i migranti salvatifrancesca paci
2018/03/15
http://www.lastampa.it/2018/03/15/ester ... agina.html Ore di alta tensione nel Mediterraneo, a 73 miglia dalle coste libiche. La nave della ong spagnola Proactiva Open Arms era intervenuta per soccorrere alcune imbarcazioni di migranti in difficoltà. Ma una motovedetta libica è sopraggiunta intimando all’equipaggio umanitario - sotto la minaccia di usare le armi - di consegnare donne e bambini salvati. Il senatore Luigi Manconi parla di «gravissimo atto intimidatorio».
Se il numeri degli arrivi indica una netta flessione in questi primi due mesi e mezzo del 2018 (5.945 sbarcati, il 62% in meno rispetto al 2017), il dramma dei viaggi della speranza dunque continua. Due giorni fa il caso del giovane eritreo morto di fame all’arrivo nel porto di Pozzallo (Ragusa), oggi si è rischiata un’altra tragedia.
Nel pomeriggio la nave di Proactiva - che ha sottoscritto il Codice per le ong proposto dal Viminale - è accorsa per soccorrere tre imbarcazioni di migranti in difficoltà. Il mezzo umanitario ha messo in mare le lance per fare il trasbordo del primo barcone. È quindi intervenuta una motovedetta libica che ha `preso in consegna´ la seconda imbarcazione in difficoltà, mentre c’è stato quasi un `corpo a corpo´ tra spagnoli e libici per la terza.
La Guardia costiera del Paese nordafricano - addestrata dall’Italia che ha anche donato alcune motovedette - ha infatti intimato alla ong di consegnare a lei i migranti salvati. L’ordine è stato seguito dalla minaccia di aprire il fuoco e uomini delle forze libiche sono anche saliti a bordo delle lance di Proactiva per indurli a desistere dall’intervento di salvataggio.
«Hanno minacciato di sparare su una nave che batte bandiera europea a 73 miglia dalle coste libiche a meno che i soccorritori non trasferiscono donne e bambini salvati sulla loro nave», accusa il fondatore della ong, Oscar Camps. La nave umanitaria ha tuttavia resistito alla pressione ed ha concluso il trasbordo di 218 migranti ma, spiega Proactiva, «rimaniamo sotto la minaccia della guardia costiera libica».
Manconi ha definito «di gravità estrema» quanto accaduto. «I libici, con le armi spianate - ha spiegato - hanno intimato alla nave spagnola di non muoversi e hanno minacciato di condurre a Tripoli le lance di recupero. Pretendevano che l’equipaggio delle lance consegnasse donne e bambini, altrimenti avrebbero fatto fuoco sui volontari».
È la quarta volta, ha ricordato il senatore, «che i libici, violando le regole del diritto internazionale, interferiscono con l’attività di soccorso delle ong. Fino ad assumere un ruolo decisamente pericoloso per il faticoso e incerto equilibrio di quel tratto di mare, e a trasformare l’asserita volontà di controllare l’immigrazione irregolare in una sorta di caccia all’uomo». Lo scorso 7 agosto proprio per contrastare un salvataggio della nave della ong spagnola un equipaggio della Guardia costiera libica ha sparato dei colpi in aria.
Alberto Pentohttps://www.facebook.com/lastampa.it/po ... 9994125958 Fatto bene, questi esaltati salvatori di professione/missione sono dei criminali o dei dementi irresponsabili. "Salvano" a spese degli altri che affondano nella schiavitù a cui vengono costretti da questi fanatici della "salvezza". Se li portassero a casa loro, a loro spese e sotto la loro completa responsabilità economica, civile e penale sarebbe un'altra questione, lo farebbero una volta e poi basta.COME I BRIGANTI, COME I LADRI A CACCIA DI CARNE FRESCA
Passate le elezioni, la flotta di scafisti umanitari ha ottenuto il via libera a riprendere in grande stile il traghettamento di clandestini dalla Libia all’Italia. Non dal governo abusivo, che conta zero, ma da chi possiede le prostitute politiche del governo abusivo.
Una nave della famigerata Ong spagnola “Proactiva Open Arms”, che nonostante sia sotto inchiesta continua ad accumulare bonus, ha raccattato 117 clandestini in Libia.
In acque ‘internazionali’ dicono loro, che hanno il trapsonder spento, peccato che l’imbarcazione sia stata inseguita da un pattugliatore libico armato che voleva riportare i clandestini in Libia, come dovrebbe essere quando sei a poche miglia dalla costa.
Migranti, nave ong: "Nessun porto ci fa sbarcare, abbiamo casi gravi a bordo"16 marzo 2018
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... do/4230458Giovedì le minacce della Guardia costiera libica, oggi il pellegrinaggio tra i porti dell’Ue alla vana ricerca di un approdo. Continua l’odissea della Open Arms, la nave della ong spagnola Proactiva che ieri ha soccorso 218 migranti scontrandosi con i guardacosta di Tripoli che aveva intimato all’organizzazione umanitaria di consegnare le persone salvate, minacciando anche con le armi.
“Per aver rifiutato di dare ai libici i migranti soccorsi – spiega in un tweet il fondatore di Proactiva, Oscar Camps – il protocollo ci vieta al momento di sbarcare in un porto europeo“. Ma il team medico, sottolinea, “chiede l’immediata evacuazione delle persone più gravi a bordo. Siamo comunque diretti verso nord”. Le norme prevedono che l’autorità del Paese che ha coordinato i soccorsi – in questo caso la Libia – debba indicare il porto di arrivo, ma la Open Arms non riconosce l’autorità del Paese nordafricano. È stato quindi interessato il Paese di bandiera della nave, la Spagna, per cercare una soluzione. Fino a questo momento solo una bimba di tre mesi in condizioni gravi (disidratata e con un’infezione di scabbia) e sua madre sono state evacuate d’urgenza.
Nel pomeriggio di giovedì la nave di Proactiva – che ha sottoscritto il Codice per le ong proposto dal Viminale – era accorsa per soccorrere tre imbarcazioni di migranti in difficoltà a 73 miglia dalle coste libiche. Il mezzo umanitario aveva messo in mare le lance per fare il trasbordo del primo barcone. Era quindi intervenuta una motovedetta libica che ha ‘preso in consegna’ la seconda imbarcazione in difficoltà, mentre si è verificato stato quasi un ‘corpo a corpò tra spagnoli e libici per la terza.
La Guardia costiera del Paese nordafricano – addestrata dall’Italia che ha anche donato alcune motovedette – ha infatti intimato alla ong di consegnare a lei i migranti salvati. L’ordine è stato seguito dalla minaccia di aprire il fuoco e uomini delle forze libiche sono anche saliti a bordo delle lance di Proactiva per indurli a desistere dall’intervento di salvataggio. La nave umanitaria ha tuttavia resistito alla pressione ed ha concluso il trasbordo di 218 migranti.
Secondo Judith Sunderland, dirigente di Human Rights Watch, la motovedetta che ha minacciato la ong spagnola è la numero 648, la stessa che il 6 novembre scorso aveva speronato un gommone carico di migranti, causando la morte di 50 persone. L’imbarcazione era stata “donata alle autorità libiche dal governo italiano“, scrive su Twitter la Sunderland.
L’ex senatore Luigi Manconi ha definito “di gravità estrema” quanto accaduto. “I libici, con le armi spianate – ha spiegato l’ex parlamentare – hanno intimato alla nave spagnola di non muoversi e hanno minacciato di condurre a Tripoli le lance di recupero. Pretendevano che l’equipaggio delle lance consegnasse donne e bambini, altrimenti avrebbero fatto fuoco sui volontari”.
È la quarta volta, ha ricordato il senatore, “che i libici, violando le regole del diritto internazionale, interferiscono con l’attività di soccorso delle ong. Fino ad assumere un ruolo decisamente pericoloso per il faticoso e incerto equilibrio di quel tratto di mare, e a trasformare l’asserita volontà di controllare l’immigrazione irregolare in una sorta di caccia all’uomo“. Lo scorso 7 agosto proprio per contrastare un salvataggio della nave della ong spagnola un equipaggio della Guardia costiera libica aveva sparato dei colpi in aria.
Gino Quarelo La Libia ha ragione. Tornate in Libia è là che dovete portare questa gente, da dove sono partiti. Non siamo noi che dobbiamo accogliere, ospitare e mantenere questi clandestini; tutto quello che viene speso per questa gente è sottratto (rubato, estorto) demenzialmente, irresponsabilmente, ai cittadini italiani bisognosi, ammalati, disabili, disoccupati, alle famiglie e ai giovani che non possono metter su famiglia e far figli e alle imprese che così falliscono, delocalizzano, chiudono ... e ciò è anche e sopratutto un crimine. Oppure adottateli voi e portateli a casa vostra a vostre spese vita natural durante.Una nave spagnola recupera i profughi. Ma «Il Giornale» scopre che l'intervento era concordatoSalvataggio umanitario? No, bluff. Ecco le prove
Fausto Biloslavo - Sab, 17/03/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 06159.html Prima la nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms va a recuperare i migranti in mare a colpo sicuro avvisati della loro partenza e posizione. Poi non rispetta l'ordine del centro di soccorso di Roma di allontanarsi perchè il «comando della scena» del salvataggio spetta alle motovedette libiche, che avrebbero riportato tutti indietro.
E gli «umanitari» pure protestano spacciandosi per vittime se i libici cercano di fermarli. Alla fine il governo italiano, che all'inizio non voleva far sbarcare i migranti, cala le brache e permette l'attracco.
«Il Giornale» ha ricostruito l'ennesima battaglia navale fra la Ong Open arms e le motovedette libiche di giovedì al largo della Libia.
Al mattino presto tre barconi partono dall'area costiera di Qoms ad est di Tripoli. Nessuno manda una richiesta di aiuto all'Imrcc, il comando di Roma, che coordina le operazioni di salvataggio. Un elicottero italiano sorvola i barconi intercettandoli ad una quarantina di miglia dalla costa. La nave di Open arms con i suoi gommoni veloci, guarda caso si stava dirigendo proprio verso i gommoni in mezzo al mare, come se fosse stato organizzato un appuntamento. «Ci sono contatti e comunicazioni fra le Ong in mare ed i trafficanti, che avvisano quando partono i barconi. Talvolta posizionano le motovedette a 5 miglia dalle navi delle organizzazioni umanitarie e come per magia arrivano i migranti» spiega al «Giornale» da Tripoli, Abujela Abedlbari, il comandante della squadra navale libica rimessa in piedi dall'Italia. Grazie al centro di coordinamento libico con la Marina italiana viene fatta partire la motovedetta Gamines. I libici spediscono il primo fax al comando di Roma, in possesso del «Giornale», per assumere «il comando della scena» di salvataggio. Il comandante scrive a mano «per favore dite ad Open arms di rimanere fuori dalla vista» dei migranti, che altrimenti si gettano in mare per raggiungere gli umanitari. La motovedetta raggiunge il primo barcone, ma l'Ong è già presente sul posto. Allora punta sul secondo e riesce a recuperare 120 migranti senza incidenti. Alle 16.15 i libici fanno partire una seconda motovedetta, la Ras Jadir, «su segnalazione della guardia costiera italiana» ed inviano un'altra comunicazione scritta all'Imrcc a Roma che conferma il ruolo di «comando sulla scena» del soccorso. Il centro dei soccorsi italiano chiede ad Open Arms di allontanarsi, ma la Ong se ne frega, nonostante abbia firmato il codice di condotta del Viminale impegnandosi «a non ostacolare la guardia costiera libica». Quando la seconda motovedetta arriva sul posto la nave umanitaria ha già lanciato i gommoni veloci per non mollare la preda. «È sempre la stessa storia, ma se le Ong continueranno a comportarsi così il flusso migratorio verso l'Italia non si fermerà mai» sottolinea il comandante Abujela. In mezzo la mare i libici minacciano di usare le armi se gli umanitari non abbandonano l'area, ma non sparano un solo colpo. Oscar Camps, il capo dell'operazione, twitta: «La guardia costiera libica ci minaccia di sparare per uccidere se non consegnamo loro le donne e i bambini che abbiamo salvato».
La situazione è tesa. «I migranti sul barcone ci gettavano contro quello che avevano ed un gruppo si è tuffato in mare perchè volevano farsi recuperare dalla Ong per andare in Italia - racconta il comandante da Tripoli - Non è vero che li abbiamo messi noi in pericolo. Anzi, per evitare tragedie ho dato l'ordine di ritirarci». Alcuni migranti sarebbero anche stati fatti salire a bordo dei gommoni di Open Arms dagli stessi libici. La grancassa della disinformazione umanitaria ha già mobilitato altre Ong sui social, l'Arci e del senatore Luigi Manconi che denuncia il «gravissimo atto intimidatorio, al limite della pirateria» dei libici.
Migranti, sequestrata nave ProActiva Open Arms: l'accusa è di associazione a delinquereL'imbarcazione della ong spagnola è sfuggita all'inseguimento di una motovedetta libica, rifiutandosi di consegnare le persone recuperate da un gommone. L'avvocato polemizza: "Hanno istituito il reato di solidarietà. Abbiamo informato il console"
di GIORGIO RUTA
18 marzo 2018
http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... -191627299 La Procura di Catania ha disposto il sequestro della nave della ong spagnola ProActiva Open Arms, da sabato ormeggiata nel porto di Pozzallo (Ragusa) dove è avvenuto lo sbarco di 218 migranti.
Il porto di Pozzallo è l'approdo sicuro assegnato alla nave dopo il caso esploso due giorni fa nel Mediterraneo, quando la ProActiva Open Arms è sfuggita a un inseguimento di una motovedetta libica che minacciava di aprire il fuoco se i membri della ong a bordo non avessero consegnato le donne e i bambini raccolti da un gommone. Il caso si è sbloccato dopo una richiesta formale del governo spagnolo a quello italiano.
Pozzallo, sequestrata nave della ong Proactiva. L'equipaggio resta a bordo
Associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina è il reato ipotizzato dalla Procura di Catania. Secondo l'accusa ci sarebbe una volontà di portare i migranti in Italia anche violando legge e accordi internazionali, non consegnandoli ai libici. Indagati dal procuratore Carmelo Zuccaro il comandante e il coordinatore a bordo della nave, identificati, e il responsabile della ong, in corso di identificazione. Il fermo è stato eseguito su indagini della polizia della squadra mobile di Ragusa e del Servizio centrale operativo (Sco) di Roma. Il provvedimento di sequestro, però, è ancora in fase di notifica. Della questione è stato informato il Consolato spagnolo in Italia. "Il provvedimento è in corso di notifica" dice l'avvocato di Open Arms, Rosa Emanuela Lo Faro; "Non è stato nominato un mediatore e quindi il provvedimento è scritto in italiano. A tradurlo sono state le persone sul posto - dichiara il legale - credo sia un ispettore di Polizia. E' stata contestata chiaramente questa modalità di notifica e di traduzione perchè manca un traduttore ufficiale. E' intervenuto anche il Console".
Prima Lo Faro aveva commentato polemicamente: "Hanno istituito il reato di solidarietà. Poiché il decreto legge 286 del 1998 dice chiaramente che non commette reato chi soccorre persone, devo dedurre che hanno istituito il reato di solidarietà...". Per l'avvocata le prime ore dopo il provvedimento sono state in salita: "Non ho potuto ancora leggere il provvedimento - aggiunge Lo Faro - perché, nonostante io sia il legale del comandante, hanno notificato il fermo e l'avviso di garanzia a un legale d'ufficio. Aspetto di leggere il provvedimento, ma non è pensabile che esista un reato di solidarietà umana".
In tarda serata sono arrivate anche le prime dichirazioni di Oscar Camps, fondatore della Onlus. "L'ipotesi di reato è associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina perché ci siamo rifiutati di consegnare alla Guardia costiera libica le donne e i bambini che avevamo salvato. Ma proteggere la vita umana in mare dovrebbe essere la priorità assoluta di ogni corpo civile o militare che si rispetti, chiamato Guardia costiera, Salvamento marittimo o Marina. Così stabilisce il diritto del mare".
Oscar Camps, fondatore di Proactiva Open Arms,
raggiunto anche lui cosi come il comandante della nave sequestrata a Pozzallo Marc Raig e il capomissione Anabel Montes da un avviso di garanzia, commenta così l'iniziativa del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. "Impedire il salvataggio delle vite a rischio in alto mare per riportarle con forza in un paese non sicuro come è la Libia equivale ad effettuare un respingimento ed è in contrasto con lo status di rifugiato delle Nazioni Unite".
Alberto PentoSperiamo che la tengano sequestrata a lungo e che l'organizzazione sia processata, condannata e bandita e la nave confiscata per pagare i danni e le spese processuali.
Questi sono veri criminali che promuovono e favoriscono l'immigrazione clandestina.“Favorisce l’immigrazione illegale”, sequestrata la nave della Ongnicla panciera
2018/03/19
http://www.lastampa.it/2018/03/19/itali ... agina.htmlLa nave “Open Arms” della Ong spagnola ProActiva è dalla tarda sera di ieri sotto sequestro nel porto di Pozzallo. Il provvedimento è stato firmato dal procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro ed è accompagnato da avvisi di garanzia con l’ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per il comandante della nave e per la capo missione a bordo per conto della Ong. I due sabato erano stati interrogati dalla Squadra mobile di Ragusa e da agenti dello Sco di Roma; cosa avvenuta subito dopo lo sbarco di 216 dei 218 migranti (due erano stati sbarcati a Malta) che giovedì scorso la Ong aveva recuperato a 70 miglia al largo della Libia, in acque internazionali, dopo una pericolosa contesa con la Guardia costiera libica. Un terzo avviso di garanzia dovrebbe riguardare il responsabile della Ong che, ufficialmente, è in corso di identificazione anche se è noto che il patron della Ong, che ha sede a Barcellona, è il catalano Oscar Camps.
Il provvedimento arriva dalla procura di Catania, e non da quella di Ragusa nel cui comprensorio si trova Pozzallo, poiché è ipotizzato un reato associativo, di competenza di una Direzione distrettuale, nella fattispecie quella di Catania, la procura che da oltre un anno indaga sul traffico di migranti dalla Libia e sul ruolo delle Ong. Secondo l’accusa ci sarebbe la volontà di portare i migranti in Italia anche violando leggi e accordi internazionali, e non consegnandoli ai libici.
Che giovedì scorso, a 70 miglia al largo della Libia fosse accaduto qualcosa di inedito nella lunga vicenda del soccorso ai migranti, si era intuito quando, il giorno dopo, tra i silenzi della Guardia costiera italiana e del ministero dell’Interno e le richieste a vuoto da parte della Ong di un “porto sicuro” dove portare i migranti, c’erano volute 36 ore per arrivare a una soluzione, pare anche con il coinvolgimento delle autorità spagnole visto che la “Open Arms” batte bandiera iberica. Solo venerdì sera, quando è stato dato il via libera alla nave della Ong per attraccare nel porto siciliano di Pozzallo, la Guardia costiera italiana aveva emesso un comunicato nel quale spiegava che «il coordinamento (dei due salvataggi di giovedì, ndr) veniva assunto dalla Guardia Costiera libica.
Per entrambi gli eventi rispondeva l’Ong Open Arms, a conoscenza dell’assunzione del coordinamento da parte della Libia. La Open Arms traeva in salvo in totale 218 migranti». E aggiungeva che «raggiunto il limite delle acque territoriali italiane, attese le precarie condizioni dei migranti a bordo e le previste condizioni meteomarine in peggioramento, veniva consentito alla Ong di dirigere verso il porto di Pozzallo». Insomma, la Ong avrebbe operato ignorando la disposizione di consegnare i migranti ai libici che da mesi dicono di controllare una zona Sar (Search and rescue) nel Mediterraneo centrale, cosa che cambierebbe gli assetti nelle procedure di salvataggio. I libici, avrebbero riportato indietro i migranti ma le Ong non lo possono permettere. L’avvocato difensore di uno degli indagati: «Poiché il decreto legge 286 del 1998 dice che non commette reato chi soccorre persone, deduco che hanno istituito il reato di solidarietà», dice l’avvocatessa Rosa Emanuela Lo Faro, che difende il comandante della nave.
Tutte le accuse contro l’ong Proactiva Open Arms - Annalisa CamilliAnnalisa Camilli
19 marzo 2018
https://www.internazionale.it/bloc-note ... -sequestro La sera del 18 marzo 2018 la nave dell’ong spagnola Proactiva open arms – ormeggiata al porto di Pozzallo dopo aver sbarcato 216 migranti – è stata sequestrata dalla polizia italiana nell’ambito di un’inchiesta aperta dalla procura di Catania. L’organizzazione umanitaria, impegnata nel soccorso in mare di migranti al largo della Libia, è accusata di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tre persone dell’equipaggio, tra cui il capitano Marc Reige e la capomissione Anabel Montes, hanno ricevuto un avviso di garanzia.
Le accuse
Gli spagnoli sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per non aver riconsegnato ai guardacoste libici i migranti soccorsi il 15 marzo 2018 e per non aver interrotto i salvataggi, perché secondo la centrale operativa della guardia costiera di Roma i libici avevano assunto il coordinamento delle operazioni e reclamavano il controllo sulla zona di ricerca e soccorso (Sar). Sia per iscritto sia con una comunicazione verbale, i libici avevano comunicato a Roma che erano i coordinatori di tutte le operazioni in corso nelle acque internazionali tra Malta e la Libia.
Per gli spagnoli la centrale operativa di Roma ha avuto una condotta contraddittoria: prima ha chiesto di intervenire e poi, invece, di rimanere in attesa dell’intervento dei libici. Ma l’avvocata di fiducia del capitano, Rosa Lo Faro, ha dichiarato a Internazionale che l’accusa sarebbe quella di aver violato gli accordi previsti dalla missione europea Themis, che da febbraio assegna la competenza delle acque internazionali a nord della Libia alla guardia costiera libica. Sarebbe stato violato anche il codice di condotta per le ong voluto dal governo italiano e sottoscritto da Open arms la scorsa estate. “Tuttavia i termini dell’accordo europeo nessuno li ha potuti vedere”, spiega l’avvocata. “E in ogni caso si tratterebbe della violazione di regole amministrative, non di norme di diritto internazionale”, conclude. Per l’avvocata, gli spagnoli hanno agito in uno stato di necessità come previsto dalle leggi internazionali che regolano il soccorso in mare.
In Italia il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è stato introdotto nel 1998 e colpisce chiunque aiuti dei cittadini stranieri a entrare nel paese in maniera irregolare, anche a scopi umanitari e senza lucro. Secondo l’impianto dell’accusa, i migranti soccorsi da Open arms non erano in uno stato di necessità tale da giustificare l’intervento dei volontari spagnoli, perché i guardacoste libici erano nelle vicinanze e avevano dichiarato che sarebbero intervenuti. Inoltre, secondo l’accusa, dopo i soccorsi l’ong spagnola ha insistito per sbarcare i migranti in un porto italiano.
“Ci siamo comportati come al solito”, afferma Riccardo Gatti, portavoce dell’organizzazione. “Se sono cambiate delle regole o dei protocolli noi non siamo stati informati da Roma”, aggiunge. La procura contesta anche che l’ong spagnola non abbia chiesto di sbarcare a Malta, ma abbia fatto numerose richieste di arrivare in un porto italiano. Il fondatore dell’organizzazione, Oscar Camps, il 18 marzo ha scritto su Twitter: “Si tratta solo di un’ipotesi di reato e anche il sequestro della nave è solo preventivo. Però ci accusano di associazione a delinquere per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver disubbidito ai libici e non aver restituito donne e bambini”. E poi ha aggiunto: “Impedire il soccorso di vite in pericolo in alto mare con il fine di restituirle a un paese non sicuro come la Libia, equivale a un respingimento e contravviene alla convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite”.
In una conferenza stampa a Barcellona, il 19 marzo 2018, Camps ha confermato le accuse rivolte al comandante della nave e alla capomissione, che rischiano pene severe che vanno da cinque a sette anni di carcere. Nella conferenza stampa, a cui ha partecipato anche la sindaca di Barcellona Ada Colau, Camps ha accusato la procura di Catania “di voler bloccare” i soccorsi di migranti nel Mediterraneo centrale. “Ci sono sempre meno barche per fare questo lavoro e l’obiettivo è che non ne resti nessuna”, ha detto Camps.
Non è immaginabile che esista un reato di solidarietà umana
L’avvocata Rosa Lo Faro ha definito l’ipotesi di reato contro l’ong spagnola “reato di solidarietà”, perché “il decreto legge 286 del 1998 dice chiaramente che non commette reato chi soccorre persone”. Per questo ha aggiunto: “Devo dedurre che abbiano istituito il reato di solidarietà”. Rosa Lo Faro spiega però di non aver ancora potuto leggere il provvedimento, “perché nonostante io sia la legale del comandante hanno notificato il fermo e l’avviso di garanzia a un legale d’ufficio”.
Intorno alle 19.30 del 18 marzo la squadra mobile di Ragusa ha consegnato il provvedimento di sequestro della nave al comandante, Marc Reig, a cui è stato notificato anche un avviso di garanzia. Non era presente un interprete e all’equipaggio è stato concesso di passare la notte sulla barca ormeggiata al porto di Pozzallo. Il giorno precedente, il 17 marzo, Reig e la coordinatrice dell’operazione, Anabel Montes, erano stati interrogati per cinque e sei ore nel commissariato di polizia all’interno dell’hotspot di Pozzallo, senza che fosse presente un avvocato e un interprete.
L’ultimo salvataggio
Intorno alle 7 del 15 marzo la centrale operativa della guardia costiera italiana ha contattato la Proactiva Open Arms per segnalare un gommone con più di cento persone a bordo in difficoltà a 25 miglia dalle coste libiche. La nave si è diretta verso l’obiettivo indicato, ma dopo venti minuti un’altra chiamata da Roma ha chiesto agli spagnoli d’interrompere la missione e di lasciare il campo alla guardia costiera libica, che avrebbe dovuto coordinare l’operazione.
Mezz’ora dopo un’altra chiamata da Roma ha segnalato un barcone in difficoltà, molto vicino al precedente: a 27 miglia dalla Libia, in acque internazionali. Le lance di soccorso di Open arms sono intervenute e hanno trovato un gommone con 117 persone a bordo che stava per affondare, con diversi migranti in mare e alcuni che avevano bisogno di un rapido intervento dei medici di bordo.
Sono stati soccorsi 109 uomini e otto donne. Intorno alle 10.30, quando i soccorsi erano ormai conclusi, l’imbarcazione di Open Arms è stata contattata via radio dalla guardia costiera di Tripoli, che ha intimato di consegnare i migranti soccorsi alla nave libica. Gli spagnoli hanno rifiutato. “Sappiamo che i libici hanno compiuto numerose azioni illegali, abusi e maltrattamenti ai danni dei migranti. Sappiamo anche che i libici non hanno giurisdizione in acque internazionali, anche se collaborano con l’Italia e l’Europa, quindi non abbiamo obbedito alla loro richiesta di trasferire i migranti”, spiega Riccardo Gatti, portavoce di Proactiva Open Arms.
La tensione è durata un paio di ore fino a quando i libici si sono ritirati
Più tardi, nel corso della giornata, la nave ha partecipato ad altri soccorsi e nel pomeriggio si è trovata di nuovo in difficoltà con la guardia costiera libica, a 73 miglia dalle coste nordafricane. Dopo essere intervenuti in soccorso di un’imbarcazione in alto mare, i gommoni di salvataggio degli spagnoli sono stati bloccati dai libici, che hanno minacciato di ricorrere alla forza se i migranti non fossero stati consegnati alle motovedette di Tripoli. Alcuni guardacoste libici sono saliti sulle lance di soccorso di Open Arms, rendendo la situazione ancora più difficile.
La motovedetta libica 648 Ras Jadir, donata dall’Italia, si è posizionata tra l’imbarcazione dei migranti e la nave dell’ong, impedendo alle lance di soccorso, che stavano distribuendo i giubbotti di salvataggio, di continuare il recupero. Molti migranti si sono gettati in mare, perché non volevano essere soccorsi dai libici. La situazione di tensione è durata due ore, fino a quando i libici si sono ritirati.
Sono state soccorse in tutto 218 persone, tra cui una neonata in condizioni gravissime, che qualche ora dopo è stata trasportata in emergenza a Malta insieme con la madre. La nave dell’ong è rimasta al largo per 48 ore prima di ricevere un porto di sbarco dalle autorità italiane. L’Italia per la prima volta nella storia dei soccorsi in mare ha chiesto all’organizzazione umanitaria che fosse il proprio stato di bandiera, cioè la Spagna, a chiedere l’autorizzazione per lo sbarco.
Chi coordina i soccorsi?
Una delle questioni più spinose che si sta riaccendendo rispetto ai soccorsi nel Mediterraneo centrale riguarda la zona di ricerca e soccorso (Sar) affidata alla guardia costiera libica. Dal 2013 le operazioni nelle acque internazionali di fronte alle coste libiche erano state affidate alla guardia costiera italiana in seguito all’operazione Mare nostrum, ma dalla scorsa estate le autorità italiane vogliono che il coordinamento torni in mano ai guardiacoste libici.
La guardia costiera libica nell’agosto del 2017 ha reclamato la sua sovranità sulle acque internazionali e ha chiesto l’attribuzione della propria zona Sar alle autorità marittime internazionali. Questa autorizzazione non gli è stata mai concessa. Tuttavia in un comunicato il 16 marzo 2018 la guardia costiera italiana per la prima volta afferma che i soccorsi avvenuti il 15 marzo erano sotto il coordinamento di Tripoli e implicitamente critica la condotta dell’organizzazione umanitaria che ha rifiutato di riconsegnare alla Libia i migranti appena salvati.
Per l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) le autorità marittime internazionali non hanno ancora concesso ai libici la giurisdizione su quel tratto di mare. “Anche in ragione della mancanza di adeguati requisiti per essere riconosciuta dall’International maritime organisation (Imo) si deve ritenere che un’area Sar libica non esista”, scrive l’Asgi in un comunicato. “Non sussistendo la responsabilità di alcuno stato sull’area del mar libico a sud di quella maltese e confinante con le acque territoriali della Libia, la prima centrale contattata ha la responsabilità giuridica di attivarsi per salvare le barche dei migranti e dei rifugiati in pericolo e per condurli in un porto sicuro”, conclude l’Asgi.
“La Libia non ha una zona Sar”, afferma Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato della Clinica dei diritti dell’università di Palermo. “Dopo avere autoproclamato una propria zona Sar ad agosto del 2017, proprio in coincidenza con l’imposizione di un codice di condotta alle ong da parte del ministro dell’interno Marco Minniti, nel mese di dicembre dello stesso anno appariva evidente la rinuncia delle autorità libiche alla richiesta avanzata all’Imo, perché queste stesse autorità riconoscevano di non essere in grado di soddisfare i requisiti richiesti dalle autorità internazionali”. Per Vassallo Paleologo, tuttavia, Themis – la nuova missione di Frontex per il pattugliamento delle frontiere dell’Unione europea che ha sostituito Triton – prevede che sia istituita una zona di ricerca e soccorso affidata ai libici.
“In base alle previsioni operative di Themis sembra che sia riconosciuta di fatto una zona Sar di competenza libica”, afferma Paleologo. “Solo che quella zona non esiste, in base a quanto accertato dell’Imo, e neppure si può sostenere che il coordinamento nelle operazioni di avvistamento realizzato con la partecipazione di libici con il programma europeo Sea Horse possa modificare la gestione effettiva delle zone Sar”. Per Paleologo “quando è in gioco la vita umana si devono valutare le effettive capacità di ricerca e soccorso e la sicurezza dei luoghi di sbarco”.
Il radar degli 007 incastra le Ong: "Si muovo insieme agli scafisti"Claudio Cartaldo - Mer, 21/03/2018
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 07487.html In soccorso degli investigatori italiani sarebbe arrivato un satellite israeliano: "Un movimento sincronico che consente alle Ong di essere nel posto giusto al momento giusto"
Tecnologie israeliane, intercettazioni, servizi segreti e satelliti speciali. Con tutti i mezzi a loro disposizione le Procure di Catania e Trapani (ma non solo) stanno cercando di registrare i movimenti delle Ong che operano nel Mediterraneo.
Secondo quanto scrive il Fatto Quotidiano, le attività di intelligence e di polizia giudiziaria procedono a pari passo. L'una sostiene l'altra, nonostante i dati poi non è detto che possano essere utilizzati in un procedimento. A permettere le indagini sarebbe un satellite del ministero della Difesa che i poliziotti dello Sco (servizio operativo centrale) e la Guardia di Finanza stanno utilizzando per analizzare i movimenti dei migranti sulla costa libica e quelli delle navi umanitarie.
Cosa ne emergerebbe? Quello che in tanti sospettavano: "Filmati e intercettazioni dei telefoni satellitari - scrive il Fatto - hanno convinto gli inquirenti che tra Ong e scafisti si siano realizzati nel tempo contatti". Dei "contatti" dimostrati dal fatto che "agli assembramenti dei migranti sulla costa, pronti a imbarcarsi, corrispondevano precisi movimenti delle navi di alcune Ong. Un movimento sincronico che consentiva ai volontari di essere nel posto giusto al momento giusto".
Gli investigatori, inoltre, si sarebbero serviti anche di una sofisticata tecnologia israeliana che permette di tracciare il movimento delle navi anche quando spengono il trasponder. Non dovrebbe essere necessario, visto che le Ong che hanni formato il codice di condotta sarebbero costrette a tenerlo acceso. Ma nel Mare Nostrum tutto è possibile. E le procure indagano.
Non è un caso dunque se dopo il seuqestro della nave Iuventa disposto dalla procura di Trapani e quella dei giorni scorsi ai danni della Open Arms da parte dei pm di Catania, ora sulle Ong continua la pressione degli investigatori. Qualcosa, è evidente, non torna.
Perché le navi delle ong non sbarcano i migranti a Malta?Annalisa Camilli
22 marzo 2018 12:57
https://www.internazionale.it/bloc-note ... rnazionale Una delle accuse che la procura di Catania ha sollevato alla nave umanitaria spagnola Open Arms è quella di non aver sbarcato a Malta i migranti soccorsi al largo della Libia il 15 marzo. A questa e ad altre domande hanno risposto il fondatore della Proactiva Open Arms Oscar Camps, il portavoce italiano dell’ong Riccardo Gatti e l’avvocato penalista Alessandro Gamberini in una conferenza stampa che si è tenuta a Roma il 22 marzo, organizzata dal presidente della commissione diritti umani del senato Luigi Manconi. Ecco alcune delle domande e delle risposte dell’organizzazione, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e associazione a delinquere.
Perché le navi delle ong non sbarcano i migranti a Malta?
Il 16 marzo – il giorno successivo al salvataggio di 218 migranti – il medico della Open Arms ha informato il coordinatore della missione che era necessario portare nell’ospedale più vicino una neonata. Per questo, la nave umanitaria ha chiesto un immediato intervento medico da parte delle vicine autorità maltesi e il trasferimento all’ospedale della bambina con la madre. Al momento del trasbordo i maltesi hanno chiesto agli spagnoli che intenzioni avessero e gli spagnoli si sono allontanati, perché avevano già chiesto alla guardia costiera di Roma che gli venisse assegnato un porto di sbarco.
Secondo la procura, però, l’ong spagnola avrebbe dovuto chiedere alle autorità maltesi di sbarcare tutti i 218 migranti, soccorsi il giorno precedente. In effetti il capitano e la coordinatrice hanno confermato di non aver chiesto lo sbarco a Malta, come da prassi. “Non eravamo mai sbarcati a Malta in passato”, hanno risposto i due indagati. “Abbiamo seguito il normale protocollo”, ha sottolineato Riccardo Gatti, portavoce dell’organizzazione. “Inoltre la guardia costiera di Roma ci ha chiesto, come prevede il codice di condotta, di chiedere al governo spagnolo (stato di bandiera della nave) di fare richiesta di un porto di sbarco al governo italiano”, ha aggiunto Gatti. Oscar Camps, fondatore di Proactiva, ha ribadito che deve essere la Centrale operativa della guardia costiera di Roma a determinare il porto di sbarco e a comunicarlo: “Questa responsabilità non può essere scaricata su altri fino a quando sarà la Centrale operativa di Roma a svolgere il coordinamento dei soccorsi”.
Per Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato della clinica dei diritti dell’università di Palermo e consulente della difesa della Open Arms, Malta non ha una vera e propria zona di ricerca e soccorso, ma da anni dipende dal coordinamento italiano. “Malta inoltre non ha mai sottoscritto alcuni articoli della Convenzione di Amburgo del 1979 e della Convenzione Solas: queste norme prevedono che lo sbarco avvenga nel paese che ha coordinato i soccorsi, e da sempre in quel tratto di mare i soccorsi sono stati coordinati dall’Italia. Quindi per il diritto internazionale e per la prassi è sempre avvenuto che i soccorsi coordinati dall’Italia avessero assegnato un porto di sbarco italiano”.
Perché gli spagnoli non hanno riconsegnato i migranti ai libici?
Il 15 marzo durante l’ultimo salvataggio a 73 miglia dalla costa libica, quando le lance della nave spagnola Proactiva Open Arms avevano già cominciato a soccorrere un gommone carico di almeno cento migranti, quasi tutti eritrei, è arrivata sul posto una motovedetta della guardia costiera libica. I guardacoste si sono avvicinati a tutta velocità e hanno ordinato agli spagnoli di consegnare i migranti, altrimenti avrebbero aperto il fuoco sugli umanitari. Un video diffuso dall’ong documenta questo momento. I libici hanno calato in mare anche dei gommoni e sono saliti su una delle lance spagnole.
Questa situazione di stallo è durata un paio d’ore. Dieci migranti che erano ancora sul gommone, spaventati dall’idea di essere consegnati ai libici, si sono buttati in acqua. La guardia costiera italiana non ha mai chiesto agli spagnoli di consegnare i migranti ai libici, ma gli ha chiesto di lasciare il campo alla guardia costiera libica per soccorrere quelli che erano ancora nel gommone. “Ci sono normative internazionali che proibiscono la deportazione e il respingimento diretto. Il salvataggio finisce quando le persone vengono lasciate in un posto sicuro, che può essere anche una nave, ma deve essere sicuro”, ha detto Gatti. “Non possiamo fidarci della guardia costiera libica, che ci aveva già attaccati in altre tre occasioni: una volta ci ha minacciato, un’altra ha sparato colpi in aria e una terza ci ha sequestrato per ore”.
Inoltre, ricorda il senatore Luigi Manconi, numerosi rapporti dell’Onu hanno documentato le violenze e le torture della guardia costiera libica contro i migranti e dei carcerieri nei centri di detenzione libici. “La presenza dei libici ha creato il panico”, ha spiegato Oscar Camps. Tanto che i migranti si sono buttati in acqua, ha concluso. “Raccogliamo di continuo storie di migranti che sono stati torturati e hanno subito violenze di ogni tipo in Libia”, afferma Fulvio Vassallo Paleologo. “L’ultima vicenda del migrante eritreo Segen, rinchiuso per un anno e mezzo in un centro in Libia e morto di denutrizione qualche giorno fa, è una conferma delle condizioni dei centri di detenzione”.
Paleologo spiega che sarebbe stata una grave violazione del diritto internazionale riconsegnare ai libici i migranti: “In questa circostanza una parte dei migranti erano già sui gommoni dell’ong Proactiva Open Arms. Riconsegnarli ai libici sarebbe stato un respingimento collettivo, una grave violazione dall’articolo 4 del quarto protocollo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
Perché la guardia costiera italiana ha chiesto all’ong di contattare la Spagna?
Per la prima volta il 15 marzo l’Italia ha chiesto alla nave dell’ong spagnola di chiamare le autorità del suo stato di bandiera per chiedere un porto di sbarco. Nel codice di condotta, sottoscritto dalla Proactiva a luglio, è previsto “l’impegno” a informare lo stato di bandiera dei soccorsi che si stanno operando, ma questa comunicazione non è obbligatoria, afferma il senatore Luigi Manconi ricordando che il codice di condotta stipulato dal ministero dell’interno con alcune organizzazioni umanitarie non ha il valore di una legge, bensì “ha una natura pattizia”. “Io non credo che ci sia stata una violazione. Ma anche se fosse stato violato il codice di condotta, si tratterebbe non di un reato, ma di una violazione dell’accordo tra due parti, un patto che non ha nessun valore di legge”, ha concluso Manconi.
Esiste un’area di ricerca e soccorso controllata dalla Libia?
La procura di Catania accusa il capitano della nave spagnola Marc Reig Creus e la capomissione Anabel Muntes Mier di aver deciso arbitrariamente di continuare la ricerca e poi il soccorso dei migranti nonostante la guardia costiera libica avesse assunto il comando dell’operazione, chiedendo esplicitamente e per iscritto di non volere nessuno nella zona, per garantire la sicurezza delle fasi di soccorso. La procura dà per scontato che tutte le operazioni siano avvenute in acque di ricerca e soccorso libiche. Ma esistono acque di ricerca e soccorso libiche? E in base a quale accordo sono state determinate?
Nel luglio del 2017 la Libia ha chiesto all’organizzazione marittima internazionale (Imo) l’assegnazione di un’area di ricerca e soccorso, ma questa richiesta è stata ritirata nel dicembre del 2017. Spiega l’avvocato della difesa Alessandro Gamberini: “La Libia non ha mai risposto alle richieste di chiarimenti che gli erano state fatte dall’Imo, per questo non dispone di una propria area di ricerca e soccorso né di una centrale operativa per i soccorsi, quindi è illegittimo destinare ai libici il coordinamento di una funzione di soccorso. Il soccorso è regolato dalla Convenzione di Amburgo del 1979 e in base a queste leggi internazionali non può essere affidato ai libici”.