La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mer feb 07, 2018 10:21 am

Gli stranieri sbarcano in Italia con il permesso già pronto
Valentina Raffa - Mar, 06/02/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 90791.html

Nell'agrigentino 5 tunisini, appena arrivati, avevano i documenti perfettamente falsificati. E non sono i soli

Di sbarchi ne abbiamo registrati di tutti i tipi. Quelli di massa, con «accompagnamento» da parte delle autorità e servizio di accoglienza ai nuovi ospiti, quelli cosiddetti «fantasma», arrivati nel massimo riserbo.

Nel tentativo di bypassare i controlli, un gruppo di immigrati è arrivato persino in aereo. E ora non potevano mancare gli sbarchi con permesso di soggiorno incorporato e già pronto per l'uso. Documento falso ovviamente, ma esibito ai carabinieri come passe-partout.

È accaduto qualche giorno fa a Siculiana, nell'Agrigentino. Una pattuglia di carabinieri ha fermato cinque immigrati appena sbarcati, i vestiti ancora bagnati provavano evidentemente il loro approdo. Ma al primo controllo di identificazione da parte dei militari dell'Arma uno di loro, tunisino, non ci ha pensato due volte a mostrare un permesso di soggiorno. Il documento era apparentemente valido, ma l'evidente difficoltà dello straniero nel parlare la lingua italiana, oltre ai vestiti umidi, ha insospettito i carabinieri che lo hanno condotto al reparto operativo del Comando provinciale di Agrigento per effettuare ulteriori accertamenti. Ed ecco saltare fuori la vera identità del tunisino che non coincide affatto con quella del permesso di soggiorno esibito. Il 25enne, di cui sono state rese note solo le iniziali B.A., è stato arrestato per possesso di documenti falsificati e condannato a un anno di reclusione. Il documento è stato sequestrato, ora si dovrà cercare di capirne la provenienza.

«É sempre stato così dice un appartenente alle forze dell'ordine che opera a stretto contatto con gli immigrati -. Già gli albanesi negli anni Novanta arrivavano con documenti falsi e ora il business è tunisino. Nel suk ci sono artigiani della scrittura, che realizzano documenti falsi curati nei minimi dettagli». I permessi di soggiorno sono probabilmente venduti nel pacchetto «viaggio», qualcuno certamente se lo procurerà per conto proprio, ma il business della falsificazione dei documenti, come dimostra questo caso, potrebbe interessare anche l'Italia. Basti pensare allo strano furto di mille carte d'identità avvenuto nelle scorse settimane al Comune di Trapani.

L'interrogativo resta sempre lo stesso: chi arriva nel nostro Paese? É evidente che sui barconi carichi di stranieri o, ancor più, attraverso gli sbarchi fantasma, possano arrivare anche jihadisti, malintenzionati e avanzi di galera. Ma dirlo non si può. per il buonismo nazionale sarebbe poco cordiale e molto razzista. In fondo ce lo hanno detto «soltanto» autorevoli fonti internazionali, che hanno suggerito all'Italia di stare in guardia. In fondo c è «solo» stata un'inchiesta, la «Scorpion fish», del Nucleo di polizia tributaria di Palermo con la collaborazione della Compagnia della Guardia di finanza di Marsala, che ha monitorato sbarchi fantasma effettuati su gommoni veloci d'altura condotti da esperti scafisti per gente facoltosa. Fuggiaschi si. Non dalla guerra però, come attesta l'intercettazione di un uomo che teme di essere arrestato dalla polizia tunisina o di venire respinto in Italia per terrorismo. C è poi la lista Interpol di 50 nomi di tunisini sospetti jihadisti, riportata dal Guardian. Un elenco ben dettagliato, in cui figurano quattro soggetti già noti ai servizi di sicurezza europea. E uno di questi potrebbe avere passato la frontiera italo-francese per raggiungere il sud della Francia. Ma forse per il governo è poco per concentrare le forze sul controllo del mare.
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Messaggioda Berto » sab mar 03, 2018 8:32 pm

Migliaia di migranti sono stati evacuati dalla Libia
sabato 3 marzo 2018
Negli ultimi tre mesi una task force guidata dall'Unione Europea ne ha rimpatriati 15mila, sottraendoli ai centri di detenzione

https://www.ilpost.it/2018/03/03/migran ... uati-libia

Il Servizio europeo per l’azione esterna, un organo dell’Unione Europea che si occupa di affari esteri, ha annunciato che negli ultimi tre mesi sono stati evacuati più di 16mila migranti dalla Libia, il paese dove si concentra la maggior parte dei migranti che intendono raggiungere l’Italia via mare. La Libia è senza un governo unitario dal 2011 e il traffico di esseri umani, gestito spesso da milizie armate con pochi scrupoli, rimane uno dei pochi business redditizi. Secondo alcuni l’evacuazione di migliaia di migranti va considerata un passo in avanti per risolvere il problema del flusso illegale dalla Libia e dello scarso rispetto dei diritti umani nel paese. Altri fanno notare che i rimpatri di questo tipo riconsegnano i migranti ai contesti che si erano lasciati dietro.

In quindicimila sono tornati volontariamente al proprio paese con l’aiuto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), un’agenzia dell’ONU che si occupa di migranti. Altri 1.300 hanno ottenuto protezione internazionale in Europa grazie all’agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR). Non sappiamo quanti migranti rimangano ancora nei cosiddetti “centri di detenzione” gestiti dalle autorità e dalle milizie libiche, nei quali i migranti sono sottoposti a violenze e soprusi sistematici.

Il programma di evacuazione dalla Libia era stato presentato a dicembre dall’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri, Federica Mogherini. L’obbiettivo minimo era quello di evacuare almeno 15mila migranti, ed è stato raggiunto. Al programma hanno collaborato funzionari dell’Unione Europea, dell’ONU e dell’Unione Africana, riuniti in una speciale task force. Il programma prevede anche dei fondi per il reinserimento dei migranti nel proprio paese d’origine: il programma dispone di quasi 300 milioni di euro, buona parte dei quali messi a disposizione dall’Unione Europea, che vengono usati per permettere a ciascun migrante rimpatriato di studiare o avviare un’attività lavorativa, come l’OIM ha già fatto per migliaia di migranti.

Secondo fonti del Post, i migranti che hanno accettato il rimpatrio volontario sono stati trasferiti perlopiù in paesi dell’Africa sub-sahariana come Nigeria, Gambia, Senegal, Costa d’Avorio e Guinea. I funzionari dell’ONU che li hanno assistiti li hanno scelti perché difficilmente – secondo una valutazione dell’ONU – avrebbero potuto ottenere una forma di protezione internazionale, una volta entrati illegalmente in Europa. La loro condizione è stata esaminata con un procedimento simile a quello che sarebbe avvenuto in Europa, spiegano al Post dalla task force. In questo modo, però, la loro richiesta di protezione internazionale viene esaminata solamente in via informale: non c’è modo di sapere se in Europa la loro eventuale richiesta sarebbe stata effettivamente rifiutata.

I pochi che hanno avuto diritto a una protezione internazionale sono i cosiddetti “soggetti vulnerabili” – famiglie, madri sole, minori non accompagnati o disabili – che l’agenzia ONU per i rifugiati ha trasferito in alcuni paesi europei. La stessa agenzia ha annunciato da tempo che nel 2018 intende trasferire dalla Libia, con soluzioni simili, fra i 5.000 e i 10.000 richiedenti asilo.



Europa e migranti-rifugianti
viewtopic.php?f=194&t=1440

Rifugianti, asilanti, migranti, clandestini, diritti umani, obblighi e realismo
viewtopic.php?f=194&t=1811
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Messaggioda Berto » gio mar 08, 2018 10:28 pm

Migranti contesi: il papà salvato dalla ong, il figlio riportato indietro dai libici
L'appello dell'uomo soccorso dalla Aquarius di Sos Mediterranée: "Ridatemi il mio bambino". Il piccolo di 10 anni è stato recuperato dalla Guardia costiera e ora è in un centro di detenzione. Divisi anche uno zio e la nipote di 7 anni che gridava: "Ti prego, non mi lasciare"
di ALESSANDRA ZINITI
06 marzo 2018

http://www.repubblica.it/cronaca/2018/0 ... -190575211

PALERMO - Un padre separato dal suo bambino di 10 anni con il quale aveva intrapreso il viaggio verso l'Europa, uno zio che si vede strappare dalle mani la nipotina di 7 anni che gli urla: " Zio, ti prego, non mi lasciare". Arrivano storie drammatiche da bordo della nave Aquarius di Sos Mediterranée, appena approdata a Pozzallo con gli ultimi 72 migranti recuperati nel Mediterraneo da barconi che stavano per affondare. Un soccorso fatto a metà: in parte da un mercantile, che ha poi trasbordato sulla Aquarius le persone salvate. Ma in parte dalla Guardia costiera libica, che ha riportato indietro 90 persone, tra cui i due bambini separati dai familiari con cui viaggiavano.

Gli operatori di Medici senza frontiere a bordo della Aquarius, grazie ai colleghi presenti a terra in Libia al momento dello sbarco dei migranti riportati indietro, sono riusciti ad individuare il bambino di dieci anni e a farlo parlare per telefono con il padre a bordo della nave della ong, che ora lancia un disperato appello perché il figlio, nel frattempo portato nel centro di detenzione di Tajoura, possa ricongiungersi a lui.

Sono settantadue i migranti arrivati in Sicilia in queste ore. Raccontano di aver visto annegare ventuno persone, tra cui quattro donne, nelle drammatiche fasi di salvataggio di un gommone a bordo del quale viaggiavano in circa 130. Quando i migranti hanno visto il mercantile, alcuni di loro si sono buttati in acqua nel tentativo di farsi soccorrere, altri sono caduti da una barca in legno che stava per affondare.

"Da molti mesi situazioni inaccettabili continuano a ripetersi e ad aggravarsi sotto gli occhi delle autorità europee, sorde rispetto agli appelli alla solidarietà dell'Italia - dice Sophie Beau, vicepresidente di Sos Mediterranée - Invece di fornire risposta alla mancanza di risorse per prevenire nuove tragedie in mare, l'Europa lascia che, nella zona di ricerca e di soccorso al largo delle coste libiche,
si dispieghi la massima confusione. Il risultato è la perdita di altre vite umane e il ritorno verso l'inferno per chi tenta di fuggire. Soccorritori e testimoni: la nostra presenza nel Mediterraneo è più che mai necessaria".



Alberto Pento
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Messaggioda Berto » ven mar 16, 2018 5:07 am

Alta tensione in acque internazionali: motovedetta libica intima alla ong di consegnarle i migranti salvati
francesca paci
2018/03/15

http://www.lastampa.it/2018/03/15/ester ... agina.html

Ore di alta tensione nel Mediterraneo, a 73 miglia dalle coste libiche. La nave della ong spagnola Proactiva Open Arms era intervenuta per soccorrere alcune imbarcazioni di migranti in difficoltà. Ma una motovedetta libica è sopraggiunta intimando all’equipaggio umanitario - sotto la minaccia di usare le armi - di consegnare donne e bambini salvati. Il senatore Luigi Manconi parla di «gravissimo atto intimidatorio».

Se il numeri degli arrivi indica una netta flessione in questi primi due mesi e mezzo del 2018 (5.945 sbarcati, il 62% in meno rispetto al 2017), il dramma dei viaggi della speranza dunque continua. Due giorni fa il caso del giovane eritreo morto di fame all’arrivo nel porto di Pozzallo (Ragusa), oggi si è rischiata un’altra tragedia.

Nel pomeriggio la nave di Proactiva - che ha sottoscritto il Codice per le ong proposto dal Viminale - è accorsa per soccorrere tre imbarcazioni di migranti in difficoltà. Il mezzo umanitario ha messo in mare le lance per fare il trasbordo del primo barcone. È quindi intervenuta una motovedetta libica che ha `preso in consegna´ la seconda imbarcazione in difficoltà, mentre c’è stato quasi un `corpo a corpo´ tra spagnoli e libici per la terza.

La Guardia costiera del Paese nordafricano - addestrata dall’Italia che ha anche donato alcune motovedette - ha infatti intimato alla ong di consegnare a lei i migranti salvati. L’ordine è stato seguito dalla minaccia di aprire il fuoco e uomini delle forze libiche sono anche saliti a bordo delle lance di Proactiva per indurli a desistere dall’intervento di salvataggio.

«Hanno minacciato di sparare su una nave che batte bandiera europea a 73 miglia dalle coste libiche a meno che i soccorritori non trasferiscono donne e bambini salvati sulla loro nave», accusa il fondatore della ong, Oscar Camps. La nave umanitaria ha tuttavia resistito alla pressione ed ha concluso il trasbordo di 218 migranti ma, spiega Proactiva, «rimaniamo sotto la minaccia della guardia costiera libica».

Manconi ha definito «di gravità estrema» quanto accaduto. «I libici, con le armi spianate - ha spiegato - hanno intimato alla nave spagnola di non muoversi e hanno minacciato di condurre a Tripoli le lance di recupero. Pretendevano che l’equipaggio delle lance consegnasse donne e bambini, altrimenti avrebbero fatto fuoco sui volontari».

È la quarta volta, ha ricordato il senatore, «che i libici, violando le regole del diritto internazionale, interferiscono con l’attività di soccorso delle ong. Fino ad assumere un ruolo decisamente pericoloso per il faticoso e incerto equilibrio di quel tratto di mare, e a trasformare l’asserita volontà di controllare l’immigrazione irregolare in una sorta di caccia all’uomo». Lo scorso 7 agosto proprio per contrastare un salvataggio della nave della ong spagnola un equipaggio della Guardia costiera libica ha sparato dei colpi in aria.



Alberto Pento
https://www.facebook.com/lastampa.it/po ... 9994125958
Fatto bene, questi esaltati salvatori di professione/missione sono dei criminali o dei dementi irresponsabili. "Salvano" a spese degli altri che affondano nella schiavitù a cui vengono costretti da questi fanatici della "salvezza". Se li portassero a casa loro, a loro spese e sotto la loro completa responsabilità economica, civile e penale sarebbe un'altra questione, lo farebbero una volta e poi basta.


COME I BRIGANTI, COME I LADRI A CACCIA DI CARNE FRESCA

Passate le elezioni, la flotta di scafisti umanitari ha ottenuto il via libera a riprendere in grande stile il traghettamento di clandestini dalla Libia all’Italia. Non dal governo abusivo, che conta zero, ma da chi possiede le prostitute politiche del governo abusivo.
Una nave della famigerata Ong spagnola “Proactiva Open Arms”, che nonostante sia sotto inchiesta continua ad accumulare bonus, ha raccattato 117 clandestini in Libia.
In acque ‘internazionali’ dicono loro, che hanno il trapsonder spento, peccato che l’imbarcazione sia stata inseguita da un pattugliatore libico armato che voleva riportare i clandestini in Libia, come dovrebbe essere quando sei a poche miglia dalla costa.



Migranti, nave ong: "Nessun porto ci fa sbarcare, abbiamo casi gravi a bordo"
16 marzo 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... do/4230458


Giovedì le minacce della Guardia costiera libica, oggi il pellegrinaggio tra i porti dell’Ue alla vana ricerca di un approdo. Continua l’odissea della Open Arms, la nave della ong spagnola Proactiva che ieri ha soccorso 218 migranti scontrandosi con i guardacosta di Tripoli che aveva intimato all’organizzazione umanitaria di consegnare le persone salvate, minacciando anche con le armi.

“Per aver rifiutato di dare ai libici i migranti soccorsi – spiega in un tweet il fondatore di Proactiva, Oscar Camps – il protocollo ci vieta al momento di sbarcare in un porto europeo“. Ma il team medico, sottolinea, “chiede l’immediata evacuazione delle persone più gravi a bordo. Siamo comunque diretti verso nord”. Le norme prevedono che l’autorità del Paese che ha coordinato i soccorsi – in questo caso la Libia – debba indicare il porto di arrivo, ma la Open Arms non riconosce l’autorità del Paese nordafricano. È stato quindi interessato il Paese di bandiera della nave, la Spagna, per cercare una soluzione. Fino a questo momento solo una bimba di tre mesi in condizioni gravi (disidratata e con un’infezione di scabbia) e sua madre sono state evacuate d’urgenza.

Nel pomeriggio di giovedì la nave di Proactiva – che ha sottoscritto il Codice per le ong proposto dal Viminale – era accorsa per soccorrere tre imbarcazioni di migranti in difficoltà a 73 miglia dalle coste libiche. Il mezzo umanitario aveva messo in mare le lance per fare il trasbordo del primo barcone. Era quindi intervenuta una motovedetta libica che ha ‘preso in consegna’ la seconda imbarcazione in difficoltà, mentre si è verificato stato quasi un ‘corpo a corpò tra spagnoli e libici per la terza.

La Guardia costiera del Paese nordafricano – addestrata dall’Italia che ha anche donato alcune motovedette – ha infatti intimato alla ong di consegnare a lei i migranti salvati. L’ordine è stato seguito dalla minaccia di aprire il fuoco e uomini delle forze libiche sono anche saliti a bordo delle lance di Proactiva per indurli a desistere dall’intervento di salvataggio. La nave umanitaria ha tuttavia resistito alla pressione ed ha concluso il trasbordo di 218 migranti.

Secondo Judith Sunderland, dirigente di Human Rights Watch, la motovedetta che ha minacciato la ong spagnola è la numero 648, la stessa che il 6 novembre scorso aveva speronato un gommone carico di migranti, causando la morte di 50 persone. L’imbarcazione era stata “donata alle autorità libiche dal governo italiano“, scrive su Twitter la Sunderland.

L’ex senatore Luigi Manconi ha definito “di gravità estrema” quanto accaduto. “I libici, con le armi spianate – ha spiegato l’ex parlamentare – hanno intimato alla nave spagnola di non muoversi e hanno minacciato di condurre a Tripoli le lance di recupero. Pretendevano che l’equipaggio delle lance consegnasse donne e bambini, altrimenti avrebbero fatto fuoco sui volontari”.
È la quarta volta, ha ricordato il senatore, “che i libici, violando le regole del diritto internazionale, interferiscono con l’attività di soccorso delle ong. Fino ad assumere un ruolo decisamente pericoloso per il faticoso e incerto equilibrio di quel tratto di mare, e a trasformare l’asserita volontà di controllare l’immigrazione irregolare in una sorta di caccia all’uomo“. Lo scorso 7 agosto proprio per contrastare un salvataggio della nave della ong spagnola un equipaggio della Guardia costiera libica aveva sparato dei colpi in aria.


Gino Quarelo
La Libia ha ragione. Tornate in Libia è là che dovete portare questa gente, da dove sono partiti. Non siamo noi che dobbiamo accogliere, ospitare e mantenere questi clandestini; tutto quello che viene speso per questa gente è sottratto (rubato, estorto) demenzialmente, irresponsabilmente, ai cittadini italiani bisognosi, ammalati, disabili, disoccupati, alle famiglie e ai giovani che non possono metter su famiglia e far figli e alle imprese che così falliscono, delocalizzano, chiudono ... e ciò è anche e sopratutto un crimine. Oppure adottateli voi e portateli a casa vostra a vostre spese vita natural durante.


Una nave spagnola recupera i profughi. Ma «Il Giornale» scopre che l'intervento era concordato
Salvataggio umanitario? No, bluff. Ecco le prove
Fausto Biloslavo - Sab, 17/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 06159.html

Prima la nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms va a recuperare i migranti in mare a colpo sicuro avvisati della loro partenza e posizione. Poi non rispetta l'ordine del centro di soccorso di Roma di allontanarsi perchè il «comando della scena» del salvataggio spetta alle motovedette libiche, che avrebbero riportato tutti indietro.

E gli «umanitari» pure protestano spacciandosi per vittime se i libici cercano di fermarli. Alla fine il governo italiano, che all'inizio non voleva far sbarcare i migranti, cala le brache e permette l'attracco.

«Il Giornale» ha ricostruito l'ennesima battaglia navale fra la Ong Open arms e le motovedette libiche di giovedì al largo della Libia.

Al mattino presto tre barconi partono dall'area costiera di Qoms ad est di Tripoli. Nessuno manda una richiesta di aiuto all'Imrcc, il comando di Roma, che coordina le operazioni di salvataggio. Un elicottero italiano sorvola i barconi intercettandoli ad una quarantina di miglia dalla costa. La nave di Open arms con i suoi gommoni veloci, guarda caso si stava dirigendo proprio verso i gommoni in mezzo al mare, come se fosse stato organizzato un appuntamento. «Ci sono contatti e comunicazioni fra le Ong in mare ed i trafficanti, che avvisano quando partono i barconi. Talvolta posizionano le motovedette a 5 miglia dalle navi delle organizzazioni umanitarie e come per magia arrivano i migranti» spiega al «Giornale» da Tripoli, Abujela Abedlbari, il comandante della squadra navale libica rimessa in piedi dall'Italia. Grazie al centro di coordinamento libico con la Marina italiana viene fatta partire la motovedetta Gamines. I libici spediscono il primo fax al comando di Roma, in possesso del «Giornale», per assumere «il comando della scena» di salvataggio. Il comandante scrive a mano «per favore dite ad Open arms di rimanere fuori dalla vista» dei migranti, che altrimenti si gettano in mare per raggiungere gli umanitari. La motovedetta raggiunge il primo barcone, ma l'Ong è già presente sul posto. Allora punta sul secondo e riesce a recuperare 120 migranti senza incidenti. Alle 16.15 i libici fanno partire una seconda motovedetta, la Ras Jadir, «su segnalazione della guardia costiera italiana» ed inviano un'altra comunicazione scritta all'Imrcc a Roma che conferma il ruolo di «comando sulla scena» del soccorso. Il centro dei soccorsi italiano chiede ad Open Arms di allontanarsi, ma la Ong se ne frega, nonostante abbia firmato il codice di condotta del Viminale impegnandosi «a non ostacolare la guardia costiera libica». Quando la seconda motovedetta arriva sul posto la nave umanitaria ha già lanciato i gommoni veloci per non mollare la preda. «È sempre la stessa storia, ma se le Ong continueranno a comportarsi così il flusso migratorio verso l'Italia non si fermerà mai» sottolinea il comandante Abujela. In mezzo la mare i libici minacciano di usare le armi se gli umanitari non abbandonano l'area, ma non sparano un solo colpo. Oscar Camps, il capo dell'operazione, twitta: «La guardia costiera libica ci minaccia di sparare per uccidere se non consegnamo loro le donne e i bambini che abbiamo salvato».

La situazione è tesa. «I migranti sul barcone ci gettavano contro quello che avevano ed un gruppo si è tuffato in mare perchè volevano farsi recuperare dalla Ong per andare in Italia - racconta il comandante da Tripoli - Non è vero che li abbiamo messi noi in pericolo. Anzi, per evitare tragedie ho dato l'ordine di ritirarci». Alcuni migranti sarebbero anche stati fatti salire a bordo dei gommoni di Open Arms dagli stessi libici. La grancassa della disinformazione umanitaria ha già mobilitato altre Ong sui social, l'Arci e del senatore Luigi Manconi che denuncia il «gravissimo atto intimidatorio, al limite della pirateria» dei libici.



Migranti, sequestrata nave ProActiva Open Arms: l'accusa è di associazione a delinquere
L'imbarcazione della ong spagnola è sfuggita all'inseguimento di una motovedetta libica, rifiutandosi di consegnare le persone recuperate da un gommone. L'avvocato polemizza: "Hanno istituito il reato di solidarietà. Abbiamo informato il console"
di GIORGIO RUTA
18 marzo 2018

http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... -191627299

La Procura di Catania ha disposto il sequestro della nave della ong spagnola ProActiva Open Arms, da sabato ormeggiata nel porto di Pozzallo (Ragusa) dove è avvenuto lo sbarco di 218 migranti.

Il porto di Pozzallo è l'approdo sicuro assegnato alla nave dopo il caso esploso due giorni fa nel Mediterraneo, quando la ProActiva Open Arms è sfuggita a un inseguimento di una motovedetta libica che minacciava di aprire il fuoco se i membri della ong a bordo non avessero consegnato le donne e i bambini raccolti da un gommone. Il caso si è sbloccato dopo una richiesta formale del governo spagnolo a quello italiano.
Pozzallo, sequestrata nave della ong Proactiva. L'equipaggio resta a bordo

Associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina è il reato ipotizzato dalla Procura di Catania. Secondo l'accusa ci sarebbe una volontà di portare i migranti in Italia anche violando legge e accordi internazionali, non consegnandoli ai libici. Indagati dal procuratore Carmelo Zuccaro il comandante e il coordinatore a bordo della nave, identificati, e il responsabile della ong, in corso di identificazione. Il fermo è stato eseguito su indagini della polizia della squadra mobile di Ragusa e del Servizio centrale operativo (Sco) di Roma. Il provvedimento di sequestro, però, è ancora in fase di notifica. Della questione è stato informato il Consolato spagnolo in Italia. "Il provvedimento è in corso di notifica" dice l'avvocato di Open Arms, Rosa Emanuela Lo Faro; "Non è stato nominato un mediatore e quindi il provvedimento è scritto in italiano. A tradurlo sono state le persone sul posto - dichiara il legale - credo sia un ispettore di Polizia. E' stata contestata chiaramente questa modalità di notifica e di traduzione perchè manca un traduttore ufficiale. E' intervenuto anche il Console".

Prima Lo Faro aveva commentato polemicamente: "Hanno istituito il reato di solidarietà. Poiché il decreto legge 286 del 1998 dice chiaramente che non commette reato chi soccorre persone, devo dedurre che hanno istituito il reato di solidarietà...". Per l'avvocata le prime ore dopo il provvedimento sono state in salita: "Non ho potuto ancora leggere il provvedimento - aggiunge Lo Faro - perché, nonostante io sia il legale del comandante, hanno notificato il fermo e l'avviso di garanzia a un legale d'ufficio. Aspetto di leggere il provvedimento, ma non è pensabile che esista un reato di solidarietà umana".

In tarda serata sono arrivate anche le prime dichirazioni di Oscar Camps, fondatore della Onlus. "L'ipotesi di reato è associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina perché ci siamo rifiutati di consegnare alla Guardia costiera libica le donne e i bambini che avevamo salvato. Ma proteggere la vita umana in mare dovrebbe essere la priorità assoluta di ogni corpo civile o militare che si rispetti, chiamato Guardia costiera, Salvamento marittimo o Marina. Così stabilisce il diritto del mare".

Oscar Camps, fondatore di Proactiva Open Arms,
raggiunto anche lui cosi come il comandante della nave sequestrata a Pozzallo Marc Raig e il capomissione Anabel Montes da un avviso di garanzia, commenta così l'iniziativa del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. "Impedire il salvataggio delle vite a rischio in alto mare per riportarle con forza in un paese non sicuro come è la Libia equivale ad effettuare un respingimento ed è in contrasto con lo status di rifugiato delle Nazioni Unite".



Alberto Pento
Speriamo che la tengano sequestrata a lungo e che l'organizzazione sia processata, condannata e bandita e la nave confiscata per pagare i danni e le spese processuali.
Questi sono veri criminali che promuovono e favoriscono l'immigrazione clandestina.




“Favorisce l’immigrazione illegale”, sequestrata la nave della Ong
nicla panciera
2018/03/19

http://www.lastampa.it/2018/03/19/itali ... agina.html

La nave “Open Arms” della Ong spagnola ProActiva è dalla tarda sera di ieri sotto sequestro nel porto di Pozzallo. Il provvedimento è stato firmato dal procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro ed è accompagnato da avvisi di garanzia con l’ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per il comandante della nave e per la capo missione a bordo per conto della Ong. I due sabato erano stati interrogati dalla Squadra mobile di Ragusa e da agenti dello Sco di Roma; cosa avvenuta subito dopo lo sbarco di 216 dei 218 migranti (due erano stati sbarcati a Malta) che giovedì scorso la Ong aveva recuperato a 70 miglia al largo della Libia, in acque internazionali, dopo una pericolosa contesa con la Guardia costiera libica. Un terzo avviso di garanzia dovrebbe riguardare il responsabile della Ong che, ufficialmente, è in corso di identificazione anche se è noto che il patron della Ong, che ha sede a Barcellona, è il catalano Oscar Camps.

Il provvedimento arriva dalla procura di Catania, e non da quella di Ragusa nel cui comprensorio si trova Pozzallo, poiché è ipotizzato un reato associativo, di competenza di una Direzione distrettuale, nella fattispecie quella di Catania, la procura che da oltre un anno indaga sul traffico di migranti dalla Libia e sul ruolo delle Ong. Secondo l’accusa ci sarebbe la volontà di portare i migranti in Italia anche violando leggi e accordi internazionali, e non consegnandoli ai libici.

Che giovedì scorso, a 70 miglia al largo della Libia fosse accaduto qualcosa di inedito nella lunga vicenda del soccorso ai migranti, si era intuito quando, il giorno dopo, tra i silenzi della Guardia costiera italiana e del ministero dell’Interno e le richieste a vuoto da parte della Ong di un “porto sicuro” dove portare i migranti, c’erano volute 36 ore per arrivare a una soluzione, pare anche con il coinvolgimento delle autorità spagnole visto che la “Open Arms” batte bandiera iberica. Solo venerdì sera, quando è stato dato il via libera alla nave della Ong per attraccare nel porto siciliano di Pozzallo, la Guardia costiera italiana aveva emesso un comunicato nel quale spiegava che «il coordinamento (dei due salvataggi di giovedì, ndr) veniva assunto dalla Guardia Costiera libica.

Per entrambi gli eventi rispondeva l’Ong Open Arms, a conoscenza dell’assunzione del coordinamento da parte della Libia. La Open Arms traeva in salvo in totale 218 migranti». E aggiungeva che «raggiunto il limite delle acque territoriali italiane, attese le precarie condizioni dei migranti a bordo e le previste condizioni meteomarine in peggioramento, veniva consentito alla Ong di dirigere verso il porto di Pozzallo». Insomma, la Ong avrebbe operato ignorando la disposizione di consegnare i migranti ai libici che da mesi dicono di controllare una zona Sar (Search and rescue) nel Mediterraneo centrale, cosa che cambierebbe gli assetti nelle procedure di salvataggio. I libici, avrebbero riportato indietro i migranti ma le Ong non lo possono permettere. L’avvocato difensore di uno degli indagati: «Poiché il decreto legge 286 del 1998 dice che non commette reato chi soccorre persone, deduco che hanno istituito il reato di solidarietà», dice l’avvocatessa Rosa Emanuela Lo Faro, che difende il comandante della nave.



Tutte le accuse contro l’ong Proactiva Open Arms - Annalisa Camilli
Annalisa Camilli
19 marzo 2018

https://www.internazionale.it/bloc-note ... -sequestro

La sera del 18 marzo 2018 la nave dell’ong spagnola Proactiva open arms – ormeggiata al porto di Pozzallo dopo aver sbarcato 216 migranti – è stata sequestrata dalla polizia italiana nell’ambito di un’inchiesta aperta dalla procura di Catania. L’organizzazione umanitaria, impegnata nel soccorso in mare di migranti al largo della Libia, è accusata di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tre persone dell’equipaggio, tra cui il capitano Marc Reige e la capomissione Anabel Montes, hanno ricevuto un avviso di garanzia.

Le accuse
Gli spagnoli sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per non aver riconsegnato ai guardacoste libici i migranti soccorsi il 15 marzo 2018 e per non aver interrotto i salvataggi, perché secondo la centrale operativa della guardia costiera di Roma i libici avevano assunto il coordinamento delle operazioni e reclamavano il controllo sulla zona di ricerca e soccorso (Sar). Sia per iscritto sia con una comunicazione verbale, i libici avevano comunicato a Roma che erano i coordinatori di tutte le operazioni in corso nelle acque internazionali tra Malta e la Libia.

Per gli spagnoli la centrale operativa di Roma ha avuto una condotta contraddittoria: prima ha chiesto di intervenire e poi, invece, di rimanere in attesa dell’intervento dei libici. Ma l’avvocata di fiducia del capitano, Rosa Lo Faro, ha dichiarato a Internazionale che l’accusa sarebbe quella di aver violato gli accordi previsti dalla missione europea Themis, che da febbraio assegna la competenza delle acque internazionali a nord della Libia alla guardia costiera libica. Sarebbe stato violato anche il codice di condotta per le ong voluto dal governo italiano e sottoscritto da Open arms la scorsa estate. “Tuttavia i termini dell’accordo europeo nessuno li ha potuti vedere”, spiega l’avvocata. “E in ogni caso si tratterebbe della violazione di regole amministrative, non di norme di diritto internazionale”, conclude. Per l’avvocata, gli spagnoli hanno agito in uno stato di necessità come previsto dalle leggi internazionali che regolano il soccorso in mare.

In Italia il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è stato introdotto nel 1998 e colpisce chiunque aiuti dei cittadini stranieri a entrare nel paese in maniera irregolare, anche a scopi umanitari e senza lucro. Secondo l’impianto dell’accusa, i migranti soccorsi da Open arms non erano in uno stato di necessità tale da giustificare l’intervento dei volontari spagnoli, perché i guardacoste libici erano nelle vicinanze e avevano dichiarato che sarebbero intervenuti. Inoltre, secondo l’accusa, dopo i soccorsi l’ong spagnola ha insistito per sbarcare i migranti in un porto italiano.

“Ci siamo comportati come al solito”, afferma Riccardo Gatti, portavoce dell’organizzazione. “Se sono cambiate delle regole o dei protocolli noi non siamo stati informati da Roma”, aggiunge. La procura contesta anche che l’ong spagnola non abbia chiesto di sbarcare a Malta, ma abbia fatto numerose richieste di arrivare in un porto italiano. Il fondatore dell’organizzazione, Oscar Camps, il 18 marzo ha scritto su Twitter: “Si tratta solo di un’ipotesi di reato e anche il sequestro della nave è solo preventivo. Però ci accusano di associazione a delinquere per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver disubbidito ai libici e non aver restituito donne e bambini”. E poi ha aggiunto: “Impedire il soccorso di vite in pericolo in alto mare con il fine di restituirle a un paese non sicuro come la Libia, equivale a un respingimento e contravviene alla convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite”.

In una conferenza stampa a Barcellona, il 19 marzo 2018, Camps ha confermato le accuse rivolte al comandante della nave e alla capomissione, che rischiano pene severe che vanno da cinque a sette anni di carcere. Nella conferenza stampa, a cui ha partecipato anche la sindaca di Barcellona Ada Colau, Camps ha accusato la procura di Catania “di voler bloccare” i soccorsi di migranti nel Mediterraneo centrale. “Ci sono sempre meno barche per fare questo lavoro e l’obiettivo è che non ne resti nessuna”, ha detto Camps.

Non è immaginabile che esista un reato di solidarietà umana

L’avvocata Rosa Lo Faro ha definito l’ipotesi di reato contro l’ong spagnola “reato di solidarietà”, perché “il decreto legge 286 del 1998 dice chiaramente che non commette reato chi soccorre persone”. Per questo ha aggiunto: “Devo dedurre che abbiano istituito il reato di solidarietà”. Rosa Lo Faro spiega però di non aver ancora potuto leggere il provvedimento, “perché nonostante io sia la legale del comandante hanno notificato il fermo e l’avviso di garanzia a un legale d’ufficio”.

Intorno alle 19.30 del 18 marzo la squadra mobile di Ragusa ha consegnato il provvedimento di sequestro della nave al comandante, Marc Reig, a cui è stato notificato anche un avviso di garanzia. Non era presente un interprete e all’equipaggio è stato concesso di passare la notte sulla barca ormeggiata al porto di Pozzallo. Il giorno precedente, il 17 marzo, Reig e la coordinatrice dell’operazione, Anabel Montes, erano stati interrogati per cinque e sei ore nel commissariato di polizia all’interno dell’hotspot di Pozzallo, senza che fosse presente un avvocato e un interprete.

L’ultimo salvataggio
Intorno alle 7 del 15 marzo la centrale operativa della guardia costiera italiana ha contattato la Proactiva Open Arms per segnalare un gommone con più di cento persone a bordo in difficoltà a 25 miglia dalle coste libiche. La nave si è diretta verso l’obiettivo indicato, ma dopo venti minuti un’altra chiamata da Roma ha chiesto agli spagnoli d’interrompere la missione e di lasciare il campo alla guardia costiera libica, che avrebbe dovuto coordinare l’operazione.

Mezz’ora dopo un’altra chiamata da Roma ha segnalato un barcone in difficoltà, molto vicino al precedente: a 27 miglia dalla Libia, in acque internazionali. Le lance di soccorso di Open arms sono intervenute e hanno trovato un gommone con 117 persone a bordo che stava per affondare, con diversi migranti in mare e alcuni che avevano bisogno di un rapido intervento dei medici di bordo.

Sono stati soccorsi 109 uomini e otto donne. Intorno alle 10.30, quando i soccorsi erano ormai conclusi, l’imbarcazione di Open Arms è stata contattata via radio dalla guardia costiera di Tripoli, che ha intimato di consegnare i migranti soccorsi alla nave libica. Gli spagnoli hanno rifiutato. “Sappiamo che i libici hanno compiuto numerose azioni illegali, abusi e maltrattamenti ai danni dei migranti. Sappiamo anche che i libici non hanno giurisdizione in acque internazionali, anche se collaborano con l’Italia e l’Europa, quindi non abbiamo obbedito alla loro richiesta di trasferire i migranti”, spiega Riccardo Gatti, portavoce di Proactiva Open Arms.

La tensione è durata un paio di ore fino a quando i libici si sono ritirati

Più tardi, nel corso della giornata, la nave ha partecipato ad altri soccorsi e nel pomeriggio si è trovata di nuovo in difficoltà con la guardia costiera libica, a 73 miglia dalle coste nordafricane. Dopo essere intervenuti in soccorso di un’imbarcazione in alto mare, i gommoni di salvataggio degli spagnoli sono stati bloccati dai libici, che hanno minacciato di ricorrere alla forza se i migranti non fossero stati consegnati alle motovedette di Tripoli. Alcuni guardacoste libici sono saliti sulle lance di soccorso di Open Arms, rendendo la situazione ancora più difficile.

La motovedetta libica 648 Ras Jadir, donata dall’Italia, si è posizionata tra l’imbarcazione dei migranti e la nave dell’ong, impedendo alle lance di soccorso, che stavano distribuendo i giubbotti di salvataggio, di continuare il recupero. Molti migranti si sono gettati in mare, perché non volevano essere soccorsi dai libici. La situazione di tensione è durata due ore, fino a quando i libici si sono ritirati.

Sono state soccorse in tutto 218 persone, tra cui una neonata in condizioni gravissime, che qualche ora dopo è stata trasportata in emergenza a Malta insieme con la madre. La nave dell’ong è rimasta al largo per 48 ore prima di ricevere un porto di sbarco dalle autorità italiane. L’Italia per la prima volta nella storia dei soccorsi in mare ha chiesto all’organizzazione umanitaria che fosse il proprio stato di bandiera, cioè la Spagna, a chiedere l’autorizzazione per lo sbarco.

Chi coordina i soccorsi?
Una delle questioni più spinose che si sta riaccendendo rispetto ai soccorsi nel Mediterraneo centrale riguarda la zona di ricerca e soccorso (Sar) affidata alla guardia costiera libica. Dal 2013 le operazioni nelle acque internazionali di fronte alle coste libiche erano state affidate alla guardia costiera italiana in seguito all’operazione Mare nostrum, ma dalla scorsa estate le autorità italiane vogliono che il coordinamento torni in mano ai guardiacoste libici.

La guardia costiera libica nell’agosto del 2017 ha reclamato la sua sovranità sulle acque internazionali e ha chiesto l’attribuzione della propria zona Sar alle autorità marittime internazionali. Questa autorizzazione non gli è stata mai concessa. Tuttavia in un comunicato il 16 marzo 2018 la guardia costiera italiana per la prima volta afferma che i soccorsi avvenuti il 15 marzo erano sotto il coordinamento di Tripoli e implicitamente critica la condotta dell’organizzazione umanitaria che ha rifiutato di riconsegnare alla Libia i migranti appena salvati.

Per l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) le autorità marittime internazionali non hanno ancora concesso ai libici la giurisdizione su quel tratto di mare. “Anche in ragione della mancanza di adeguati requisiti per essere riconosciuta dall’International maritime organisation (Imo) si deve ritenere che un’area Sar libica non esista”, scrive l’Asgi in un comunicato. “Non sussistendo la responsabilità di alcuno stato sull’area del mar libico a sud di quella maltese e confinante con le acque territoriali della Libia, la prima centrale contattata ha la responsabilità giuridica di attivarsi per salvare le barche dei migranti e dei rifugiati in pericolo e per condurli in un porto sicuro”, conclude l’Asgi.

“La Libia non ha una zona Sar”, afferma Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato della Clinica dei diritti dell’università di Palermo. “Dopo avere autoproclamato una propria zona Sar ad agosto del 2017, proprio in coincidenza con l’imposizione di un codice di condotta alle ong da parte del ministro dell’interno Marco Minniti, nel mese di dicembre dello stesso anno appariva evidente la rinuncia delle autorità libiche alla richiesta avanzata all’Imo, perché queste stesse autorità riconoscevano di non essere in grado di soddisfare i requisiti richiesti dalle autorità internazionali”. Per Vassallo Paleologo, tuttavia, Themis – la nuova missione di Frontex per il pattugliamento delle frontiere dell’Unione europea che ha sostituito Triton – prevede che sia istituita una zona di ricerca e soccorso affidata ai libici.

“In base alle previsioni operative di Themis sembra che sia riconosciuta di fatto una zona Sar di competenza libica”, afferma Paleologo. “Solo che quella zona non esiste, in base a quanto accertato dell’Imo, e neppure si può sostenere che il coordinamento nelle operazioni di avvistamento realizzato con la partecipazione di libici con il programma europeo Sea Horse possa modificare la gestione effettiva delle zone Sar”. Per Paleologo “quando è in gioco la vita umana si devono valutare le effettive capacità di ricerca e soccorso e la sicurezza dei luoghi di sbarco”.




Il radar degli 007 incastra le Ong: "Si muovo insieme agli scafisti"
Claudio Cartaldo - Mer, 21/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 07487.html

In soccorso degli investigatori italiani sarebbe arrivato un satellite israeliano: "Un movimento sincronico che consente alle Ong di essere nel posto giusto al momento giusto"

Tecnologie israeliane, intercettazioni, servizi segreti e satelliti speciali. Con tutti i mezzi a loro disposizione le Procure di Catania e Trapani (ma non solo) stanno cercando di registrare i movimenti delle Ong che operano nel Mediterraneo.

Secondo quanto scrive il Fatto Quotidiano, le attività di intelligence e di polizia giudiziaria procedono a pari passo. L'una sostiene l'altra, nonostante i dati poi non è detto che possano essere utilizzati in un procedimento. A permettere le indagini sarebbe un satellite del ministero della Difesa che i poliziotti dello Sco (servizio operativo centrale) e la Guardia di Finanza stanno utilizzando per analizzare i movimenti dei migranti sulla costa libica e quelli delle navi umanitarie.

Cosa ne emergerebbe? Quello che in tanti sospettavano: "Filmati e intercettazioni dei telefoni satellitari - scrive il Fatto - hanno convinto gli inquirenti che tra Ong e scafisti si siano realizzati nel tempo contatti". Dei "contatti" dimostrati dal fatto che "agli assembramenti dei migranti sulla costa, pronti a imbarcarsi, corrispondevano precisi movimenti delle navi di alcune Ong. Un movimento sincronico che consentiva ai volontari di essere nel posto giusto al momento giusto".

Gli investigatori, inoltre, si sarebbero serviti anche di una sofisticata tecnologia israeliana che permette di tracciare il movimento delle navi anche quando spengono il trasponder. Non dovrebbe essere necessario, visto che le Ong che hanni formato il codice di condotta sarebbero costrette a tenerlo acceso. Ma nel Mare Nostrum tutto è possibile. E le procure indagano.

Non è un caso dunque se dopo il seuqestro della nave Iuventa disposto dalla procura di Trapani e quella dei giorni scorsi ai danni della Open Arms da parte dei pm di Catania, ora sulle Ong continua la pressione degli investigatori. Qualcosa, è evidente, non torna.



Perché le navi delle ong non sbarcano i migranti a Malta?

Annalisa Camilli
22 marzo 2018 12:57

https://www.internazionale.it/bloc-note ... rnazionale

Una delle accuse che la procura di Catania ha sollevato alla nave umanitaria spagnola Open Arms è quella di non aver sbarcato a Malta i migranti soccorsi al largo della Libia il 15 marzo. A questa e ad altre domande hanno risposto il fondatore della Proactiva Open Arms Oscar Camps, il portavoce italiano dell’ong Riccardo Gatti e l’avvocato penalista Alessandro Gamberini in una conferenza stampa che si è tenuta a Roma il 22 marzo, organizzata dal presidente della commissione diritti umani del senato Luigi Manconi. Ecco alcune delle domande e delle risposte dell’organizzazione, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e associazione a delinquere.

Perché le navi delle ong non sbarcano i migranti a Malta?

Il 16 marzo – il giorno successivo al salvataggio di 218 migranti – il medico della Open Arms ha informato il coordinatore della missione che era necessario portare nell’ospedale più vicino una neonata. Per questo, la nave umanitaria ha chiesto un immediato intervento medico da parte delle vicine autorità maltesi e il trasferimento all’ospedale della bambina con la madre. Al momento del trasbordo i maltesi hanno chiesto agli spagnoli che intenzioni avessero e gli spagnoli si sono allontanati, perché avevano già chiesto alla guardia costiera di Roma che gli venisse assegnato un porto di sbarco.

Secondo la procura, però, l’ong spagnola avrebbe dovuto chiedere alle autorità maltesi di sbarcare tutti i 218 migranti, soccorsi il giorno precedente. In effetti il capitano e la coordinatrice hanno confermato di non aver chiesto lo sbarco a Malta, come da prassi. “Non eravamo mai sbarcati a Malta in passato”, hanno risposto i due indagati. “Abbiamo seguito il normale protocollo”, ha sottolineato Riccardo Gatti, portavoce dell’organizzazione. “Inoltre la guardia costiera di Roma ci ha chiesto, come prevede il codice di condotta, di chiedere al governo spagnolo (stato di bandiera della nave) di fare richiesta di un porto di sbarco al governo italiano”, ha aggiunto Gatti. Oscar Camps, fondatore di Proactiva, ha ribadito che deve essere la Centrale operativa della guardia costiera di Roma a determinare il porto di sbarco e a comunicarlo: “Questa responsabilità non può essere scaricata su altri fino a quando sarà la Centrale operativa di Roma a svolgere il coordinamento dei soccorsi”.

Per Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato della clinica dei diritti dell’università di Palermo e consulente della difesa della Open Arms, Malta non ha una vera e propria zona di ricerca e soccorso, ma da anni dipende dal coordinamento italiano. “Malta inoltre non ha mai sottoscritto alcuni articoli della Convenzione di Amburgo del 1979 e della Convenzione Solas: queste norme prevedono che lo sbarco avvenga nel paese che ha coordinato i soccorsi, e da sempre in quel tratto di mare i soccorsi sono stati coordinati dall’Italia. Quindi per il diritto internazionale e per la prassi è sempre avvenuto che i soccorsi coordinati dall’Italia avessero assegnato un porto di sbarco italiano”.

Perché gli spagnoli non hanno riconsegnato i migranti ai libici?

Il 15 marzo durante l’ultimo salvataggio a 73 miglia dalla costa libica, quando le lance della nave spagnola Proactiva Open Arms avevano già cominciato a soccorrere un gommone carico di almeno cento migranti, quasi tutti eritrei, è arrivata sul posto una motovedetta della guardia costiera libica. I guardacoste si sono avvicinati a tutta velocità e hanno ordinato agli spagnoli di consegnare i migranti, altrimenti avrebbero aperto il fuoco sugli umanitari. Un video diffuso dall’ong documenta questo momento. I libici hanno calato in mare anche dei gommoni e sono saliti su una delle lance spagnole.

Questa situazione di stallo è durata un paio d’ore. Dieci migranti che erano ancora sul gommone, spaventati dall’idea di essere consegnati ai libici, si sono buttati in acqua. La guardia costiera italiana non ha mai chiesto agli spagnoli di consegnare i migranti ai libici, ma gli ha chiesto di lasciare il campo alla guardia costiera libica per soccorrere quelli che erano ancora nel gommone. “Ci sono normative internazionali che proibiscono la deportazione e il respingimento diretto. Il salvataggio finisce quando le persone vengono lasciate in un posto sicuro, che può essere anche una nave, ma deve essere sicuro”, ha detto Gatti. “Non possiamo fidarci della guardia costiera libica, che ci aveva già attaccati in altre tre occasioni: una volta ci ha minacciato, un’altra ha sparato colpi in aria e una terza ci ha sequestrato per ore”.

Inoltre, ricorda il senatore Luigi Manconi, numerosi rapporti dell’Onu hanno documentato le violenze e le torture della guardia costiera libica contro i migranti e dei carcerieri nei centri di detenzione libici. “La presenza dei libici ha creato il panico”, ha spiegato Oscar Camps. Tanto che i migranti si sono buttati in acqua, ha concluso. “Raccogliamo di continuo storie di migranti che sono stati torturati e hanno subito violenze di ogni tipo in Libia”, afferma Fulvio Vassallo Paleologo. “L’ultima vicenda del migrante eritreo Segen, rinchiuso per un anno e mezzo in un centro in Libia e morto di denutrizione qualche giorno fa, è una conferma delle condizioni dei centri di detenzione”.

Paleologo spiega che sarebbe stata una grave violazione del diritto internazionale riconsegnare ai libici i migranti: “In questa circostanza una parte dei migranti erano già sui gommoni dell’ong Proactiva Open Arms. Riconsegnarli ai libici sarebbe stato un respingimento collettivo, una grave violazione dall’articolo 4 del quarto protocollo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

Perché la guardia costiera italiana ha chiesto all’ong di contattare la Spagna?

Per la prima volta il 15 marzo l’Italia ha chiesto alla nave dell’ong spagnola di chiamare le autorità del suo stato di bandiera per chiedere un porto di sbarco. Nel codice di condotta, sottoscritto dalla Proactiva a luglio, è previsto “l’impegno” a informare lo stato di bandiera dei soccorsi che si stanno operando, ma questa comunicazione non è obbligatoria, afferma il senatore Luigi Manconi ricordando che il codice di condotta stipulato dal ministero dell’interno con alcune organizzazioni umanitarie non ha il valore di una legge, bensì “ha una natura pattizia”. “Io non credo che ci sia stata una violazione. Ma anche se fosse stato violato il codice di condotta, si tratterebbe non di un reato, ma di una violazione dell’accordo tra due parti, un patto che non ha nessun valore di legge”, ha concluso Manconi.

Esiste un’area di ricerca e soccorso controllata dalla Libia?

La procura di Catania accusa il capitano della nave spagnola Marc Reig Creus e la capomissione Anabel Muntes Mier di aver deciso arbitrariamente di continuare la ricerca e poi il soccorso dei migranti nonostante la guardia costiera libica avesse assunto il comando dell’operazione, chiedendo esplicitamente e per iscritto di non volere nessuno nella zona, per garantire la sicurezza delle fasi di soccorso. La procura dà per scontato che tutte le operazioni siano avvenute in acque di ricerca e soccorso libiche. Ma esistono acque di ricerca e soccorso libiche? E in base a quale accordo sono state determinate?

Nel luglio del 2017 la Libia ha chiesto all’organizzazione marittima internazionale (Imo) l’assegnazione di un’area di ricerca e soccorso, ma questa richiesta è stata ritirata nel dicembre del 2017. Spiega l’avvocato della difesa Alessandro Gamberini: “La Libia non ha mai risposto alle richieste di chiarimenti che gli erano state fatte dall’Imo, per questo non dispone di una propria area di ricerca e soccorso né di una centrale operativa per i soccorsi, quindi è illegittimo destinare ai libici il coordinamento di una funzione di soccorso. Il soccorso è regolato dalla Convenzione di Amburgo del 1979 e in base a queste leggi internazionali non può essere affidato ai libici”.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mer mar 21, 2018 7:48 pm

Queste ONG in molti casi sono produttori di male mascherato da bene


Ong, i produttori di bene al di sopra della legge
Anna Bono

http://www.lanuovabq.it/it/ong-i-produt ... 4.facebook

Le Organizzazioni non governative sono centinaia di migliaia. Fanno del bene e lo fanno bene, guai a metterlo in dubbio; e, poiché fanno del bene e "lo fanno bene", per loro è lecito sfidare i governi. Ultimo esempio in ordine di tempo è quello della Ong spagnola Open Arms la cui nave ProActiva è sotto sequestro a Catania, per aver trasportato 218 persone raccolte in acque libiche. Il sospetto è che sia collusa con i trafficanti di esseri umani. E peggiora l'immagine della solidarietà internazionale.

AUMENTA LA PRESSIONE SULL'UE MEDITERRANEA di Gianandrea Gaiani
Open Arms, conferenza stampa

Le Organizzazioni non governative sono centinaia di migliaia. Ce n’è di piccole, fondate e amministrate da alcune persone che hanno deciso di aiutare il prossimo in difficoltà: ad esempio, medici che dedicano le ferie a prestare servizio volontario negli ambulatori africani e, per dotarli di apparecchiature e presidi sanitari, si tassano e invitano amici e conoscenti a contribuire finanziariamente. Altra cosa sono le Ong internazionali come Medici senza frontiere, Save the Children, Amnesty International, con migliaia di soci e dipendenti retribuiti e bilanci milionari grazie a cospicue donazioni, private e pubbliche. Sono in grado di realizzare progetti di sviluppo e assistenza di vaste proporzioni e di attivarsi con prontezza all’insorgere di emergenze umanitarie in qualsiasi parte del mondo.

Piccole o grandi, le accomuna la missione di essere utili e spesso, come stiamo scoprendo, la pretesa di esserlo, indiscutibilmente. Fanno del bene e lo fanno bene, guai a metterlo in dubbio; e, poiché fanno del bene e lo fanno bene, per loro è lecito sfidare i governi, scegliere come, dove e quando agire, porsi al di sopra delle leggi, nazionali e internazionali, venire a patti con il diavolo stipulando accordi con gruppi armati e terroristi. Possono contare sul formidabile sostegno delle Nazioni Unite e di alcune tra le più potenti fondazioni private.

Un esempio clamoroso è quello delle Ong associate alle organizzazioni criminali che trasportano gli emigranti illegali diretti in Europa. Intervengono su richiesta degli scafisti, trasferiscono sulle rispettive navi e poi sbarcano gli emigranti illegali, la maggior parte dei quali si fingono profughi per chiedere asilo, e poi ripartono per una nuova “missione” imponendo all’Italia di farsi carico delle persone da loro “salvate”, pena, in caso contrario, l’accusa di non essere solidali, di “alzare muri” dove bisognerebbe “costruire ponti”.

Emblematico è il caso più recente, di cui è protagonista l’Ong spagnola Open Arms. Il 15 marzo la ProActiva, la nave noleggiata dalla Ong per operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, ha risposto a una richiesta di aiuto proveniente da un gommone. Nonostante che la Guardia costiera libica avesse assunto il comando delle operazioni di soccorso, è entrata in acque libiche e ha preso a bordo 218 persone. Ne ha lasciate a Malta due, una donna e il figlio di tre mesi, e ha poi proseguito verso l’Italia chiedendo l’autorizzazione a sbarcare. L’Italia ha replicato che la richiesta andava rivolta allo stato di appartenenza, la Spagna in questo caso, o al paese più vicino, Malta, ma la nave ha continuato la rotta verso il porto siciliano di Pozzallo dove alla fine il 17 marzo ha ottenuto l’autorizzazione a sbarcare gli emigranti. Il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro ha disposto il sequestro della ProActiva e ha iscritto al registro degli indagati il comandante della nave, il coordinatore a bordo e il responsabile della Ong con l’accusa di associazione a delinquere per favorire l’immigrazione clandestina.

“Non è pensabile che sia stato istituito il reato di solidarietà” è stato il sarcastico commento di un legale della Open Arms. Inutile provare a spiegare che gli immigrati che si affidano ai trafficanti, oltre a essere clandestini, non provengono quasi mai da paesi in guerra e nessuno fugge da situazioni di povertà estrema, ma che in compenso l’afflusso in Europa di centinaia di migliaia di persone che bisogna ospitare per lunghi periodi va a danno dei 60 milioni di profughi effettivi, di decine di milioni di persone in condizione di povertà estrema, delle campagne sanitarie che salvano milioni di vite, dei programmi di sostegno, sviluppo ed emergenza perché riduce i fondi che l’Unione Europea e gli stati europei, i maggiori finanziatori della cooperazione internazionale insieme agli Stati Uniti, sono in grado di offrire.

Chi ha famigliarità con il mondo delle Ong, dell’Onu e della cooperazione internazionale non si stupisce. Qualunque sia l’ambito di intervento, le Ong si regolano allo stesso modo. Quasi tutte, ad esempio, ritengono che l’Africa sia povera perché è sovrappopolata: non è vero, ma loro credono che sia così. Quindi puntano sul controllo delle nascite più che sulla crescita economica, anche perché diffidano dello sviluppo “occidentale” e propendono per una “decrescita felice” per tutti. I loro interventi però danno risultati deludenti. Il motivo è che gli africani desiderano avere dei figli e inoltre, finchè non ci saranno sistemi di previdenza sociale che assicurino pensioni di invalidità e vecchiaia, ne hanno bisogno. Le Ong non lo capiscono e allora dal controllo delle nascite tramite i profilattici passano alla sterilizzazione e all’aborto.

Stiamo parlando di organizzazioni non governative con fini umanitari. Quelle ambientaliste non sono da meno. Molte se non tutte hanno sposato la teoria del riscaldamento globale di origine antropica, credono ciecamente nelle teoria della impronta ecologica. Quindi vanno a dipingere di bianco le montagne spalmandole di calce e albume, si fanno finanziare progetti per convincere la gente a mangiare gli insetti (una carne più buona e nutriente di quella dei mammiferi oltre che “responsabile”, dicono), ogni anno partono in spedizioni per misurare di quanto si sono ridotti i ghiacci artici (e ogni volta bisogna provvedere a disincagliare le loro navi imprigionate nei ghiacci “residui”).

Nelle scorse settimane si è anche scoperto che non tutti i dipendenti delle Ong sono affidabili. Le denunce di abusi sessuali su donne e bambine hanno coinvolto alcune Ong tra le più accreditate e, come è stato osservato, si tratta della punta dell’iceberg. La reazione infastidita allo scandalo dell’amministratore delegato della Oxfam Mark Goldring la dice lunga: “Che cosa abbiamo mai fatto? Mica abbiamo ucciso dei neonati in culla!”.


I falsi buoni che fanno del male - I falsi salvatori del mondo
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ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
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Essere umani e buoni uomini e per chi ci crede anche sensati cristiani
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » ven mar 30, 2018 11:28 am

Migranti, la rivolta delle Ong: " Non ci fermeranno, altre navi in campo"
Dopo la convalida del sequestro della Open Arms, la Proactiva sta cercando un'altra imbarcazione. E i tedeschi della Sea-eye scendono in mare con un nuovo mezzo
di Alessandra Ziniti
2018/03/28

http://www.repubblica.it/cronaca/2018/0 ... -192437209

"Non ci fermiamo e stiamo già cercando un'altra nave, così come non abbiamo mai pensato di riconsegnare le persone ai libici".
Riccardo Gatti, direttore operativo della Ong spagnola 'Proactiva Open Arms, conferma l'intenzione di non abbandonare i soccorsi in mare dopo la convalida del sequestro della nave ferma al porto di Pozzallo ormai da dieci giorni in attesa che sugli atti si pronunci ora il giudice di Ragusa al quale sono stati inviati gli atti dopo che il gip di Catania ha dichiarato l'incompetenza della Direzione distrettuale antimafia vista l'insussistenza del reato di associazione per delinquere ipotizzato dal procuratore Carmelo Zuccaro nei confronti del comandante e della capomissione della nave. "La nostra colpa - ha ribadito Gatti - è stata di non aver consegnato alla Guardia costiera libica che ci minacciava donne e bambini che sarebbero stati riportati nell'inferno in Libia".

In attesa che gli spagnoli trovino una nuova nave su cui proseguire la loro missione, a dare manforte all'unica nave umanitaria al momento presente nel Mediterraneo, la Aquarius di Sos Mediterranee, arrivano i tedeschi di Sea-eye, anche loro estremamente critici nei confronti dell'operato della magistratura italiana. La Seefuchs, con dieci uomini a bordo sotto la guida del capitano Johann Rieb, ha lasciato Malta e domani raggiungerà la zona di soccorso al largo delle coste libiche alla ricerca di imbarcazioni in pericolo e pronta a soccorerle. Dice il fondatore Michael Buschheuer: "La minaccia in corso da parte della guardia costiera libica e i tentativi della magistratura italiana di fermare il salvataggio privato in mare non possono impedirci di adempiere al nostro dovere umanitario".

A fianco delle Ong anche l'Oim, l'Organizzazione internazionale migranti. "Nelle ultime settimane si sono
verificati gravi episodi che hanno coinvolto migranti e operatori del soccorso che hanno avuto gravi conseguenze, proprio nei giorni in cui sono nuovamente divampate accese polemiche sulle imbarcazioni impegnate in attività di ricerca e soccorso in mare, polemiche che corrono il rischio di fare dimenticare come il salvataggio di vite umane debba sempre essere la priorità". L'Oim ricorda che, nonostante il calo degli arrivi ( -70 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), "il numero di morti, anche se diminuito in numeri assoluti (727 nel 2017, 358 nel 2018), è in realtà proporzionalmente aumentato del 75 per cento".
L'emergenza umanitaria nel Mediterraneo "resta quindi sempre drammaticamente attuale e il rafforzamento delle operazioni di ricerca e soccorso dovrebbe avere la precedenza su qualsiasi altra valutazione politica". Così
l'Oim ribadisce che la salvaguardia della vita umana "è prioritaria rispetto a tutte le altre considerazioni afferenti la gestione del fenomeno migratorio e che il soccorso di persone in difficoltà è un principio fondamentale di umanità e solidarietà.


Alberto Pento
Sequestrare e confiscare le navi a chi favorisce e si fa complice dell'invasione criminale dei clandestini
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » sab mar 31, 2018 8:16 am

Favorire l'immigrazione clandestina è un crimine universale
viewtopic.php?f=194&t=2754
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mer apr 04, 2018 12:53 pm

È cambiato il vento! La nave ONG rispedita indietro, così il barcone obbligato a tornare in Libia con il suo carico
2018/04/02

http://www.mag24.es/2018/04/02/e-cambia ... suo-carico

La nave di Medici senza frontiere allontanata da un area del Mediterraneo dove c’era un’imbarcazione in difficoltà e decine di migranti riportati in Libia. La denuncia arriva da Msf che racconta come, ieri, alle 10.32, il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Roma abbia allertato la nave Aquarius, gestita in collaborazione da Medici Senza Frontiere (MSF) e SOS Mediterranee, e la Guardia costiera libica, di un gommone in difficoltà con a bordo circa 120 persone, in acque internazionali a 23-24 miglia nautiche dalla costa libica.

Il gommone è stato identificato per primo da un aereo militare europeo. Sebbene la Aquarius sia arrivata sulla scena per prima, intorno alle 11.00, l’MRCC ha informato la nave che sarebbe stata la Guardia costiera libica a occuparsi del soccorso, per questo alla Aquarius è stato indicato di rimanere in standby e di non avviare nessuna operazione.

Mentre era in standby, la Aquarius ha visto la situazione peggiorare perché il gommone sovraffollato iniziava a imbarcare acqua. Alle 12.45, MSF e SOS Mediterranee sono riuscite a negoziare con l’MRCC, il comando della Guardia costiera libica e la nave della Guardia costiera libica che stava raggiungendo l’area, e hanno ottenuto di poter almeno stabilizzare la situazione distribuendo giubbotti di salvataggio a tutte le persone a bordo e valutare le loro condizioni mediche.

L’infermiera di MSF a bordo del motoscafo veloce (RHIB) che si è avvicinato al gommone ha individuato 39 casi medici e vulnerabili – tra cui un neonato, donne incinte, bambini e le loro famiglie – che sono stati evacuati sull’Aquarius.

Negli ultimi mesi in più occasioni ci sono state reazioni violente da parte della Guardia costiera libica verso le poche organizzazioni umanitarie ancora impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, e la sicurezza del nostro team, così come delle 253 persone soccorse che si trovavano già a bordo dopo due giorni di salvataggi, era una preoccupazione cruciale. Mentre siamo riusciti a negoziare l’evacuazione sulla Aquarius di 39 casi medici e vulnerabili, per la sicurezza delle persone a bordo e del team dell’Aquarius, non abbiamo potuto completare il soccorso.

Alle 13.52 la Guardia costiera libica ha ordinato alla Aquarius di allontanarsi dalla scena, con decine di persone ancora sul gommone. Alle 14.09 queste persone sono state prese dalla Guardia costiera libica e riportate in Libia.

Msf ribadisce ancora una volta che la Libia “non è un luogo sicuro e per nessun motivo rifugiati e migranti dovrebbero esservi riportati”. L’organizzazione “continua ad appellarsi ai Governi europei per dare priorità alla sicurezza di rifugiati e migranti invece di rafforzare attivamente politiche di deterrenza e contenimento in Libia”.


Gino Quarelo
A questi soccorritori di vocazione e di mestiere dovrebbero essere confiscati i beni personali a garanzia delle spese che lo stato italiano e l'Europa sostengono per l'accoglienza di questi finti naufraghi, abusatori dei soccorsi in mare e dell'accoglienza.




La guardia costiera libica salva il doppio dei migranti rispetto alle ong
Calano sbarchi e morti in mare rispetto al 2017. E diminuisce anche il numero di migranti detenuti nei centri in Libia
Ivan Francese
Mer, 04/04/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 12066.html

Nel graduale calo degli sbarchi di migranti che si è lentamente registrato a partire da questa estate arriva una notizia importante: per la prima volta i migranti recuperati in mare dalla Guardia Costiera libica sono quasi il doppio rispetto a quelli salvati dalle ong le cui navi incrociano nel Mediterraneo.
Come riporta AnsaMed, dall'inizio dell'anno i libici hanno effettuato 4100 salvataggi mentre le organizzazioni non governative ne hanno raggiunti e tratti in salvo 2500.
Nei primi due mesi e mezzo del 2018 in Italia sono arrivati dal mare 6131 immigrati, il 63% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017, quando ne sbarcarono invece 16238. Calano del 28% anche le morti in mare: 358 nell'anno in corso, 498 nel 2017.
Inoltre i rappresentanti in Libia dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni segnalano come nello Stato nordafricano sia in calo anche il numero di persone detenute nei centri di raccolta governativi sparsi in tutto il Paese.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » gio apr 05, 2018 7:58 pm

Arcipelago Ong, solidarietà che aumenta le vittime
Anna Bono
02-04-2018

http://www.lanuovabq.it/it/arcipelago-o ... t.facebook

Le Ong attive nel Mediterraneo si sostituiscono e si oppongono agli stati, fedeli alla loro idea di bene e giusta causa. “Non operano con il solo intento di salvare vite umane, ma vogliono indurre l’Europa ad aprire le frontiere senza fare distinzioni”. Pur di riuscirci, “farebbero patti con il diavolo. E forse anche con i trafficanti”. A questa conclusione è arrivato Giuseppe De Lorenzo, giornalista, collaboratore del quotidiano Il Giornale, dopo aver svolto un’inchiesta sulle attività delle Organizzazioni non governative che da oltre due anni solcano il Mediterraneo incaricandosi di portare in Italia gli emigranti illegali provenienti dall’Africa e dall’Asia. I risultati dell’inchiesta sono stati pubblicati in un libro dal titolo Arcipelago Ong. Inchiesta sulle navi umanitarie nel Mediterraneo, edito dalla casa editrice La Vela, 2017.

Se di salvare vite umane si tratta, i dati raccolti da De Lorenzo indicano innanzi tutto quanto invece l’attività delle Ong, per come è stata svolta, abbia incoraggiato gli emigranti illegali a intraprendere l’ultima tappa del loro viaggio verso l’Europa contribuendo in fin dei conti a far aumentare il numero delle vittime. Le Ong – ci ricorda De Lorenzo – secondo le leggi internazionali “dovrebbero entrare in azione solo dopo aver ricevuto esplicita autorizzazione da parte del Centro di coordinamento di Roma. In alternativa, se avvistano un barcone in difficoltà, sono costrette a segnalarne la presenza alla Guardia costiera e attendere ordini”. Invece nel 2017 nel 90% dei casi le Ong hanno individuato direttamente le imbarcazioni che trasportavano gli emigranti, si sono dirette alla loro volta e solo in seguito ne hanno dato comunicazione al centro operativo della Guardia costiera.

Seppure violi le leggi internazionali, un simile comportamento sarebbe giustificato in via eccezionale dall’urgenza di intervenire per evitare una tragedia, non essendoci altro modo più rapido di prestare soccorso nell’imminenza di un naufragio. Non è quasi mai questo il caso. Le navi fino a metà dello scorso anno sono intervenute non in situazioni di emergenza, pronte a entrare in azione a poche miglia dalle coste della Libia, inoltrandosi anche in acque territoriali libiche. Fiduciosi di essere salvati, con la prospettiva di un viaggio breve sulle affollate imbarcazioni degli scafisti e del trasferimento certo su navi sicure e ben attrezzate, più persone hanno deciso di emigrare. È questo il primo effetto dell’attività delle Ong. Il secondo, ovvio, è di aver aumentato di conseguenza gli introiti dei contrabbandieri di uomini, in grado di promettere ai loro clienti viaggi con un elevato tasso di successo. Dunque le Ong hanno favorito i trafficanti, le organizzazioni criminali che guadagnano miliardi di dollari trasportando emigranti illegali. “Con le Ong in campo – spiega De Lorenzo – i barconi non devono più raggiungere la Sicilia, ma è sufficiente farli avvicinare ai natanti di stanza appena fuori dalle acque libiche”. I trafficanti possono assicurare i loro clienti: “ci pensano quelli delle missioni a salvarvi”. Non succede a tutti, solo a quelli che vengono soccorsi da certe Ong. Il libro racconta di salvataggi “su appuntamento”, barconi riconsegnati agli scafisti, suggerimenti agli emigranti di non collaborare con le forze di polizia italiane, non spiegare come si è svolto il loro salvataggio.

L’evidenza di contatti diretti tra i trafficanti e le navi fa pensare che alcune Ong non solo facilitino il lavoro dei trafficanti, esponendosi all’accusa di favoreggiamento, ma collaborino effettivamente con le organizzazioni criminali, mosse dall’idea che la libera, incontrollata circolazione degli uomini sia un diritto: in realtà un diritto a senso unico, affermato soltanto in favore di chi intende raggiungere a qualsiasi costo e in violazione di ogni legge nazionale e internazionale l’Europa, anzi l’Italia: le leggi internazionali prevedono infatti che le persone soccorse siano portate al porto sicuro più vicino, che raramente è un porto italiano, eppure le navi delle Ong hanno sempre puntato sull’Italia. Alcune continuano a farlo, come dimostra il caso recente della nave ProActiva dell’Ong spagnola Open Arms.

L’inchiesta di De Lorenzo, raccogliendo dati, testimonianze, fatti ha contribuito a confermare sospetti e evidenze già maturate nel corso degli anni, ma che hanno a lungo stentato ad affiorare. Nella sua prefazione al libro, Magdi Cristiano Allam, scrive: “per quasi due anni (le Ong) sono diventate una sorta di mito intoccabile…criticare le Ong? Becero”. Invece – osserva ancora Allam – aveva ragione chi protestava “che le politiche migratorie sono prerogativa esclusiva degli stati e nessuna organizzazione, solidale o meno, può permettersi di forzare le scelte dei governi”.

L’aggravante in questa vicenda è l’irresponsabile scelta di portare e abbandonare centinaia di migliaia di persone in un paese, l’Italia, il più impoverito dell’Unione Europea, oggettivamente incapace di far fronte a una simile emergenza, creando così una moltitudine di giovani, sradicati, senza futuro, per lo più destinati a rimediare un’esistenza nell’illegalità e nella dipendenza dalla carità altrui, in un ambiente inevitabilmente sempre più ostile e inospitale.
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Messaggioda Berto » mar apr 10, 2018 10:50 pm

Libia, "esecuzioni e torture sui detenuti": l'Onu accusa ministero Interno di Sarraj. Che ferma i migranti per conto dell'Italia
di Marco Pasciuti
10 aprile 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ia/4283840

Un uomo sui 50 anni. Una milizia controllata dal ministero dell’Interno lo aveva sottoposto a interrogatorio. Nel giugno 2017, quattro giorni dopo il fermo, i familiari erano stati informati della sua morte. Un rapporto visionato dalla Human Rights, Transitional Justice, and Rule of Law Division della missione Unsmil certificava che l’uomo era stato “sottoposto a pestaggi e torture”. Il suo è uno dei 37 corpi portati senza vita negli ospedali di Tripoli lo scorso anno con inequivocabili segni di tortura addosso. È la punta di un iceberg gigantesco fotografato nell’ultimo report dell’Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights e fatto di “orribili abusi, detenzioni illegali e violazioni dei diritti umani” che avvengono almeno dal 2015 nelle prigioni gestite dalle milizie alleate del governo di unità nazionale patrocinato dall’Occidente e guidato da Fayez Al Sarraj. Cui l’Italia ha affidato il compito di fermare i barconi carichi di migranti diretti verso la Sicilia.

Il ministero dell’Interno è controllato dagli uomini di Al Sarraj. È il dicastero cui fa riferimento una delle due “Guardie costiere” di Tripoli che, in base al memorandum firmato da Sarraj e Paolo Gentiloni il 2 febbraio 2017, hanno il compito di fermare in mare i migranti diretti verso l’Italia. “La detenzione di migranti, richiedenti asilo e rifugiati non è l’oggetto di questo report”, si legge, ma dal ministero guidato da febbraio dal generale di brigata Abdul Salam Ashour dipende anche il Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale che gestisce diversi centri di detenzione nei quali viene rinchiuso chi viene fermato nel Mediterraneo, definiti il 14 novembre 2017 dalle Nazioni Unite “un oltraggio alla coscienza dell’umanità“. Allo stesso dicastero fa capo anche il gruppo detto Central Security/Abu Salim, che controlla il sobborgo sud-occidentale della Capitale.

I suoi uomini sono responsabili, secondo l’Onu, di diverse sparizioni forzate e della morte di un uomo trovato senza vita a Tripoli nel luglio 2016, con addosso pesanti segni di percosse, frutto del trattamento subito nelle due settimane trascorse nel centro di detenzione gestito dalla milizia armata, guidata da Abdel Ghani al-Kikli. Che fin dall’aprile 2016 garantisce la sicurezza del Consiglio Presidenziale nella capitale insieme alla Tripoli Revolutionaries Brigade e alla Special Deterrence Force. Quest’ultima dipende sempre dal ministero dell’Interno, il Governo di Accordo Nazionale lo ha pubblicamente elogiato “per la funzione svolta nella lotta al crimine“, e gestisce il carcere di Mitiga. Un inferno in terra, secondo le testimonianze e le prove raccolte dalla United Nations Support Mission in Libya.

La Human Rights Division “è stata in grado di documentare” la morte di un 20enne avvenuta tra le sue mura nel giugno 2016: “Il suo corpo era coperto di cicatrici, aveva gli arti spezzati e presentava diverse ferite da arma da fuoco“. Il ragazzo era uno delle migliaia di ospiti del compound che, secondo i dati forniti dalla Sdf durante l’unica visita concessa, nel 2016 ospitava “1.500 detenuti di sesso maschile e 200 di sesso femminile, compresi i bambini”. Un anno dopo le celle si erano riempite ulteriormente: “In base alle informazioni ricevute da un membro dell’Ufficio del procuratore generale, alla fine di novembre 2017 erano detenute 2.600 persone“.

Che vengono detenute in “condizioni inumane“: “Dal dicembre 2015, la HRD ha documentato nella struttura gravi violazioni dei diritti umani – si legge nel documento – come la detenzione arbitraria, tortura, isolamento prolungato, decessi in custodia ed esecuzioni sommarie“. Tra le vittime preferite dei miliziani in servizio a Mitiga ci sono le donne, che vengono “percosse e frustate”: “In alcuni locali, le detenute sono costrette a spogliarsi e sono sottoposte a ricerche invasive nelle cavità da parte delle guardie o sotto lo sguardo di funzionari di sesso maschile”.
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