La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » mar set 05, 2017 6:46 pm

Se ne va un'altra Ong: Moas chiude la missione per i migranti
Claudio Cartaldo - Lun, 04/09/2017
Moas, l'Ong dei coniugi Catambrone, abbandona il Mediterraneo: "Rispondiamo all'appello del Papa di aiutare i Rohingya in Myanmar"

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 37459.html

"Moas ritiene di voler sospendere le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo".

Se ne va un'altra Ong, dopo gli adii e le sospensioni che nei giorni scorsi avevano fatto parlare molto: la Migrant Offshore Aid Station annuncia di non voler "diventare parte di un meccanismo" che non condividono.

A cambiare le carte in tavola sono state le scelte del ministro Marco Minniti e la decisione della Libia di Al-Serraj di aumentare (col sostegno finanziario italiano) i pattugliamenti nelle acque territoriali libiche. I risultati si vedono: gli sbarchi sono diminuiti e da ormai 25 giorni non si registrano morti in mare. Le Ong dovrebbero esultare, e invece se ne vanno.

"Attualmente non è chiaro cosa succede in Libia ai danni delle persone più vulnerabili i cui diritti andrebbero salvaguardati in ottemperanza al Diritto internazionale e per difendere il principio di umanità", fa sapere l'Ong di Regina e Chris Catambrone. "Moas non vuole diventare parte di un meccanismo in cui, mentre si fa assistenza e soccorso in mare, non ci sia la garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri. In questo contesto, e nel rispetto dei nostri principi fondativi, MOAS ritiene di voler sospendere le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo".

Moas era la più chiacchierata delle Ong attive nell'area Sar a ridosso della Libia. Sulle loro navi era calata l'attenzione dei servizi segreti, i quali ipotizzavano che i milionari italo-americani potessero fare attività di intelligence coprendola con i salvataggi. In tre anni Moas ha salvato e portato (prevalentemente) in Italia più di 40mila persone. Insieme ad altre Ong, si era infine decisa a firmare il codice di condotta voluto da Minniti.

Ma ora che la Libia intercetta e riporta indietro i barconi carichi di migranti, Moas preferisce andare altrove. Prossima meta: la crisi dei Rohingya in Myanmar. Così come, nel 2014, Moas aveva seguito l'appello di Papa Francesco ad assistere i migranti lungo il confine del Mediterraneo, così oggi decide di andare nel golfo del Bengala per rispondere ad un'altro invito di Bergoglio, che lo scorso 27 agosto aveva riacceso l'attenzione sul Myammar. I Catambrone lasciano il golfo di Sicilia e fanno rotta verso il Sud-Est asiatico.


Gino Quarelo
Basta che non li portino in Europa e in Italia

I mussulmani Rohingya perseguitati o persecutori ?
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Messaggioda Berto » mar set 05, 2017 6:48 pm

Questo è un'altro di quelli buoni!

Migranti, Gino Strada contro “lo sbirro” Minniti: “Dichiara guerra ai poveracci pagando qualche capobanda in Libia”
di Alessandro Sarcinelli
5 settembre 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... mo/3838130

“Gli accordi con la Libia e il decreto fatto dal ministero dell’Interno è niente di più e niente di meno che un atto di guerra contro i migranti”. Lo ha detto il fondatore di Emergency Gino Strada a Milano, a margine della conferenza stampa di presentazione di “Casa Emergency”, dove è intervenuto insieme al sindaco Giuseppe Sala. “Noi siamo già oggi responsabili di diverse morti e di torture, di centinaia o migliaia di violazioni dei diritti umani – ha continuato Strada – e per soddisfare il nostro egoismo e gli interessi di una politica di livello infimo non esitiamo a ributtare queste persone in mano a torturatori e assassini. Non potremo dire “non lo sapevamo”. Strada ha poi sottolineato il suo giudizio sull’attuale ministro degli Interni, Marco Minniti: “Ha una storia da sbirro e va avanti su quella strada lì. Per lui far finire donne e bambini morti ammazzati nelle carceri libiche è una cosa compatibile con i suoi valori. Con i miei no”


Gino Quarelo
Mamma che faccia, peggio di quella di Casarini e di Maometto.
Non sa nemmeno quello che dice. Se gli africani vanno in Libia clandestinamente è giusto che finiscano in prigione. Noi non abbiamo alcuna responsabilità per gli africani. Gino Strada vai in Africa, vai in Libia tu e lasciaci in pace a noi; che hai già fatto troppi danni per troppi anni.




I lager libici sono un orrore. Ma i trafficanti sono peggio
Fausto Biloslavo - Ven, 08/09/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 39092.html

«Libertà, libertà», gridano i migranti detenuti in Libia sporgendosi con le braccia oltre le sbarre dei capannoni-celle dove sono costretti a sopravvivere, come gli schiavi dei tempi che furono.

Li ho visti, incontrati e mi sono immerso nel lezzo di carne umana sotto chiave per realizzare nelle ultime due settimane il reportage sulla «Polveriera libica» nel numero di Panorama in edicola. Per questo sono ancora più indignato del gioco poco pulito di Msf, che con la sua lettera aperta e strappa lacrime indirizzata all'Italia e all'Europa, lancia accuse pesanti, ma mescola realtà diverse e soprattutto omette verità imbarazzanti. L'obiettivo della punta di lancia degli «umanitari» è chiaro e sempre lo stesso: riaprire le porte all'«invasione» di chi non fugge dalle guerre, non più con i barconi, ma attraverso «vie legali e sicure».

È vero che i migranti detenuti in Libia hanno le lacrime agli occhi, come scrive Msf, e vogliono essere liberati, ma tutti chiedono di tornare a casa, di venire rimpatriati il prima possibile. Alcuni attendono da oltre un anno, come una manna, i voli di rimpatrio dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Tutti si lamentano della lentezza delle loro ambasciate nel riconoscerli come propri cittadini e di Oim nel riportarli a casa. L'agenzia dell'Onu ha fondi limitati e quest'anno prevede il rimpatrio di diecimila persone, più della metà già eseguito. Nei centri di detenzione del ministero dell'Interno libico, però, ce ne sono almeno settemila. Prima di aprire le frontiere europee sarebbe meglio finanziare in maniera celere e robusta i rimpatri da Tripoli. Nella sua lettera Msf dedica all'argomento cruciale una sola riga.

Non c'è dubbio che per i migranti la Libia sia un inferno, ma nel j'accuse umanitario, si mescolano, con la classica tattica della disinformazia, fatti e situazioni diverse.

Sembra quasi che tutti i migranti soffrano come bestie solo nei centri di detenzione del governo. Ci sono entrato e garantisco che assomigliano a gironi danteschi, ma il grosso dei dannati, almeno mezzo milione di persone in attesa dell'imbarco verso l'Italia, è in mano ai trafficanti veri, non i poliziotti, che bruciano vivo chi non ha soldi, per dare un esempio.

Nelle gabbie del ministero dell'Interno i migranti non vengono trattati bene anche se sette centri sono stati appena chiusi proprio per questo motivo e molte guardie, pure a livello di comandanti, denunciano loro stessi una situazione «disumana». Non sono dei santi, ma non nascondono che con un budget di 1,25 dollari a testa al giorno per i pasti non si sfama un migrante. Le guardie puntano il dito contro l'Unione europea e le organizzazioni internazionali, che fanno troppo poco per migliorare la situazione. I centri di detenzione libici dovrebbero passare direttamente sotto controllo dell'Onu per fare rispettare gli standard minimi di umanità, eventualmente selezionare chi ha diritto all'asilo in Europa e rimandare a casa in tempi brevi gli altri. Neanche a cercarlo con il lanternino ho trovato un siriano, in fuga veramente dalla guerra, dopo una settimana passata nei famigerati centri libici. La stragrande maggioranza è composta da migranti per motivi economici, a cominciare da bengalesi e africani, che in Italia sono considerati illegali.

Non solo: nei gabbioni infernali dove vivono ammucchiati i migranti in condizioni terribili non ho visto neanche un volontario di Msf, che pure sostiene di operare da un anno nei centri di detenzione e tantomeno di altre Ong. Forse, prima delle lettere aperte, era meglio sporcarsi le mani fino in fondo infilandosi in massa nei «lager» libici convincendo il governo Serraj, appoggiato dall'Onu, per cercare di alleviare le pene dei dannati dell'immigrazione.

Per non parlare della voluta omissione di una banale verità, che tutti i migranti intercettati in mare e riportati in Libia ti raccontano. All'imbarco i trafficanti li hanno sempre assicurato che il viaggio in gommone è breve e sicuro perché le navi italiane o delle Ong vengono a recuperarli nel giro di poche ore. E così è stato fino al famoso codice per le organizzazioni umanitarie e altre mosse del Viminale. A questo punto chi è complice di cosa nel dramma dei migranti in Libia?
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Messaggioda Berto » mar set 12, 2017 10:31 pm

Migranti, ong Proactiva: "Abbandonati dall'Italia e minacciati dalla Guardia libica. Situazione senza precedenti"
12 settembre 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... ti/3852533

“Siamo nel Mediterraneo e abbiamo firmato il codice di condotta il mese scorso. Si tratta di un codice che non aggiunge nulla di nuovo, non è nulla di straordinario ma raccoglie tutto ciò che già dall’anno scorso si faceva nel Mediterraneo, sempre in coordinazione con la Guardia Costiera italiana”. Così il direttore della ong Proactiva Open Arms, Òscar Camps. “Siamo venuti qui a Strasburgo – ha aggiunto – per raccontare quello che sta avvenendo nel Mediterraneo in prima persona, non tramite rapporti, statistiche, ma con la viva voce e con immagini in modo che gli eurodeputati possano rendersi conto di come lavorano le Ong e di come si sentano minacciate dalla Guardia costiera libica e abbandonate da Sophia e dall’Italia. Ci sono state minacce e un tentativo di sequestro, durato due ore, in cui hanno cercato di portarci a Tripoli dalle acque internazionali: mai abbiamo subito azioni simili in precedenza da parte della Guardia costiera libica. In totale abbiamo salvato tra le 12 e le 14 mila persone“.


Alberto Pento
Non avete salvato nessuno, avete aiutato a introdursi clandestinamente in Italia un mucchio di persone, a danno dei cittadini italiani. Siete solo da perseguire e arrestare.
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Messaggioda Berto » gio set 21, 2017 9:19 pm

Indagato il capitano della Ong. Perquisito anche l’accusatore
Antonio Massari

http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... accusatore

Le carte - Trapani, il comandante della Vos Hestia avrebbe favorito gli scafisti per salvare migranti. Sotto esame l’informatore
Indagato il capitano della Ong. Perquisito anche l’accusatore

Il comandante della Vos Hestia, la nave della Ong Save the Children, è indagato dalla Procura di Trapani con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il suo nome è Marco Amato e anche nel suo caso va specificato che, secondo la Procura siciliana, gli eventuali reati sono stati commessi nel corso di operazioni che avevano un […]
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Messaggioda Berto » gio set 21, 2017 9:20 pm

Migranti, naufragio di un barcone al largo della Libia: "Oltre 100 dispersi"
21 settembre 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09 ... si/3869468

Un naufragio di migranti al largo della Libia con oltre cento dispersi è stato segnalato dalla Marina libica sulla base di testimonianze di sopravvissuti. Il portavoce della Marina Libica, l’ammiraglio Ayob Amr Ghasem, contattato dall’Ansa ha detto che “oltre cento migranti sono dati per dispersi” per l’affondamento di un barcone davanti alla costa ovest del Paese. La Guardia costiera di Zuara aveva ricevuto “ieri” una richiesta di soccorso da parte di un barcone in difficoltà. I Guardacoste sono riusciti a salvare “qualche naufrago”, ha aggiunto il portavoce senza poter fornire cifre. Secondo i superstiti, le persone a bordo dell’imbarcazione erano “più di 120”, ha detto ancora Ghasem.
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Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 9:02 pm

Migranti, inchiesta sulle Ong: pure Save the Children nei guai
Sergio Rame - Lun, 23/10/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 55556.html

Si allarga macchia d'olio l'inchiesta della procura di Trapani. Perquisita la nave "Vos Hestia" della Save the Children. Ong accusata di favoreggiamento all'immigrazione clandestin

Non c'è più soltanto la Ong tedesca Jugend Rettet nel mirino dei procuratori italiani.

L'inchiesta sul favoreggiamento di certe organizzazioni non governative all'immigrazione clandestina ora sembra allargarsi a macchi d'olio. Questa mattina è stata, infatti, perquisita anche la nave "Vos Hestia" della Save the Children che si trova ormeggiata al porto di Catania.

Il provvedimento, eseguito dagli agenti della polizia di Stato, del Servizio centrale operativo (Sco) e della Guardia Costiera, è stato richiesto della procura di Trapani. Si tratta della stessa inchiesta che cerca di far luce sul reale ruolo delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo. Da anni fanno, infatti, la spola dalle coste libiche ai nostri porti prendendo a bordo immigrati appena salpati e per nulla in pericolo. I magistrati di Trapani pensano, infatti, che dietro gli slogan buonisti e gli appelli all'accoglienza sia ipotizzabile un reato gravissimo quale il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

"Abbiamo sempre agito nel rispetto della legge", ribadiscono i vertici di Save the Children respingendo con forza ogni accusa e sottolineando che l'ong, al momento, non risulta indagata. "Tutte le operazioni sono state condotte in strettissimo coordinamento con la guardia costiera italiana e nella massima collaborazione con le autorità. La nostra missione è sempre stata guidata unicamente dall'imperativo umanitario di salvare vite". Ora, però, è stata annunciata la sospensione di qualsiasi attività di ricerca e salvataggio in mare. "La decisione - spiega Valerio Neri, direttore generale dell'organizzazione - arriva dopo aver valutato attentamente la riduzione del flusso di migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo centrale per raggiungere l'Europa, e le mutate condizioni di sicurezza ed efficacia delle operazioni di ricerca e soccorso in mare nell'area". "Per troppo tempo - conclude Neri - abbiamo supplito all'inesistenza o inadeguatezza di politiche europee di ricerca e soccorso, nonchè di accoglienza dei migranti, cercando di portare un contributo concreto e volto al salvataggio delle vite di bambini e adulti".

Save the Children finisce così nello stesso fascicolo che ad agosto ha portato al sequestro della nave "Iuventa" della Ong tedesca Jugend Rettet. L'imbarcazione è tuttora sotto sigillo al porto di Trapani. Tra gli indagati risulta il comandante della "Vos Hestia", Marco Amato, al quale è stato inviato un avviso di proroga delle indagini alcune settimane fa.



Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 24/10/2017, a pag. 16, con il titolo " 'Tariffe per i salvataggi': Bufera Save the Children. Perquisizioni e sequestri" il commento di Fausto Biloslavo.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... ign=buffer

Il cerchio inizia a stringersi attorno a Save the children, l'Ong salva migranti, che ha partecipato ai recuperi al largo della Libia finiti sotto inchiesta. Ieri mattina gli agenti del Servizio centrale operativo della polizia hanno perquisito Vos Hestia, la nave che l'organizzazione umanitaria utilizza nel Mediterraneo centrale. La procura di Trapani ha scoperto un «tariffario» che garantiva più soldi all'equipaggio e al comandante della nave, se «salvavano» in mare un maggior numero di migranti. Oltre al salario era previsto un bonus mensile e 50 euro a testa per ogni natante recuperato. Per dieci natanti, nel periodo di «punta», si poteva incassare anche 500 euro in più in pochi giorni. Un incentivo non indifferente. Save the children ribadisce, come un disco rotto, che «l'Ong non è indagata», ma si tratta di una foglia di fico. Sotto inchiesta della procura di Trapani, per ora, è finito il comandante della nave durante i discussi recuperi in mare dei migranti, Marco Amato.

Il reato ipotizzato è di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, anche se potrebbe esserci dell'altro. Qualche settimana fa è stato notificato ad Amato un avviso di proroga delle indagini. Il comandante avrebbe omesso di informare l'autorità giudiziaria che in un'occasione alcuni migranti portati a bordo erano stati trovati in possesso di un ingente quantitativo di droga, che sarebbe stato gettato in mare. «La perquisizione è stata finalizzata al sequestro di materiale cartaceo e informatico allo scopo di verificare l'esistenza di foto e video che documentino gli eventi Sar (salvataggio, nda) e di comunicazioni ricollegabili al traffico di migranti» è stato precisato dalla questura di Trapani. Durante l'operazione sono stati sequestrati due computer portatili, dei tablet, i computer della nave, un telefono satellitare, un cellulare, una memoria esterna e il giornale di bordo dall'agosto 2016 a oggi. Il materiale si trovava in plancia ed era nella disponibilità del nuovo comandante, Paolo Alfonso Russo, del team leader di Save the Children Romain Lasjuilliarias, del suo vice Javier Garcia Cortes, dell'addetta alla logistica Paloma Gonzalez Fernandez e del mediatore culturale Hassan Ali Sayed Salem.

L'Ong ribadisce che si tratta di un'operazione «relativa a una ricerca di materiale per reati che, allo stato attuale, non riguardano Save the Children, come si evince dallo stesso decreto di perquisizione». L'organizzazione umanitaria sottolinea che «la documentazione oggetto di ricerca è relativa a presunte condotte illecite commesse da terze persone». Se le terze persone sono l'ex comandante e membri dell'equipaggio è un po' arduo sostenere che l'Ong non ne sapesse nulla avendo sempre a bordo un responsabile e altro personale umanitario. L'inchiesta è partita lo scorso anno proprio da due ex poliziotti, Lucio Montanino e Pietro Gallo, a bordo dell'unità di Save the children, che si occupavano della sicurezza. Poi sulla nave si è infiltrato un agente sotto copertura, che ha inchiodato con foto e filmati come le Ong facessero da taxi del mare dei migranti. Il 26 giugno l'agente sotto copertura assiste all'incredibile scena di tre trafficanti che su un gommone affiancano sotto bordo nave Vos Hestia. E in arabo avvertono «che sta a arrivando gente». «Successivamente sono arrivati diversi barconi e gommoni, ognuno con centinaia di persone a bordo» si legge negli atti.

Lo scorso mese la trasmissione di Canale 5, Matrix, ha mandato in onda un filmato imbarazzante sui «salvataggi» di Vos Hestia. Il mare è piatto, nessun pericolo e i migranti a bordo dei barconi vengono frustati dagli scafisti sotto il naso del personale di Save the children arrivato a «salvarli». Anche la nave Vos Hestia potrebbe venire sequestrata per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Save the children ha firmato il codice di condotta imposto dal Viminale, ma guarda caso ieri ha annunciato che sospende le operazioni in mare. La decisione «arriva dopo aver valutato attentamente la riduzione del flusso di migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo centrale per raggiungere l'Europa e le mutate condizioni di sicurezza ed efficacia delle operazioni di ricerca e soccorso nell'area».




I falsi buoni che fanno del male - I falsi salvatori del mondo
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Messaggioda Berto » ven nov 10, 2017 8:19 pm

Libia, i migranti affogano: video incastra Ong tedesca
Fausto Biloslavo - Ven, 10/11/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 61457.html

I filmati parziali e le foto dei talebani dell'accoglienza puntano a incolpare la Marina libica. Ma la verità è un'altra

Una motovedetta della Guardia costiera libica arriva per prima in mezzo al mare per soccorrere un gommone zeppo di migranti, che non sarebbe rimasto a galla a lungo. Poco dopo piomba sulla scena Sea watch 3 (guarda il video), una delle navi della Ong tedesca talebana dell'accoglienza.

Piuttosto che collaborare con il comandante libico, che cerca di convincere gli umanitari, fa da calamita, se non da esca per i migranti che si gettano in mare. Almeno cinquanta annegano compreso un neonato, secondo le testimonianze dei superstiti a Pozzallo. L'Ong punta subito il dito contro i libici (guarda il video), accusandoli di aver provocato la tragedia, ma i filmati girati dalla Guardia costiera di Tripoli dimostrano il contrario.

Lunedì scorso il centro di coordinamento con la Marina italiana nella base di Abu Sitta a Tripoli allerta i libici che c'è un gommone in difficoltà a 30 miglia dalla costa. In venti minuti la motovedetta più vicina, Ras Jadir, arriva sul posto, dove la situazione è delicata. Il gommone di fabbricazione cinese è stracarico con oltre 100 migranti e potrebbe affondare. Pure la centrale operativa della Guardia costiera a Roma ha lanciato l'allarme e Sea watch piomba sul posto, ma dopo i libici, che essendo arrivati per primi hanno il comando delle operazioni.

Un filmato postato ieri dai marinai di Tripoli mostra con quanta cautela si avvicinino ai migranti per lanciare una cima verso il gommone invitandoli a stare calmi (guarda il video). Il rischio è che per i movimenti a bordo il gommone si ribalti facendo finire tutti in mare.

«L'equipaggio della Ras Jadir ha cominciato a recuperare i migranti, ma la gente di Sea watch si è piazzata a dieci metri nonostante le ripetute richieste del comandante di collaborare» spiega al Giornale il Capitano di vascello Abujela Abdelbari, veterano della Guardia costiera. «I migranti illegali è ovvio che vogliono andare in Italia e non tornare indietro in Libia. La vicinanza del gommone della Ong ha provocato il disastro. A decine si sono tuffati anche a rischio di annegare» sottolinea l'ufficiale libico. E le immagini lo dimostrano. Una volta affiancato il gommone alla motovedetta libica molti migranti si lanciano in mare nuotando verso l'unità della Ong (guarda il video).

I filmati parziali e le foto dei talebani dell'accoglienza, al contrario, puntano a dimostrare che è tutta colpa della Guardia costiera di Tripoli.


Le false verità della disinformazione buonista
Fausto Biloslavo - Mer, 15/11/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 63308.html

La disinformazia umanitaria ha colpito ancora nel caso del naufragio di un gommone stracarico di merce umana il 6 novembre al largo della Libia trovando sponda su Rai news 24 con migranti dati per morti, che al contrario sono stati recuperati dalla nave dell’Ong tedesca Sea watch. Per non parlare del migrante che i libici avrebbero ucciso aggrappato alla scaletta della motovedetta.

In realtà era stato tirato a bordo ed è vivo e vegeto in un centro di detenzione del ministero dell’Interno vicino a Tripoli. E la balla che fa da cappello alle altre è lo sbandierato numero della “strage”: 50 dispersi in mare. I morti sono cinque e nessun altro corpo è stato ritrovato o riportato dalle onde sulle coste libiche.

Ieri la Guardia costiera libica ha tenuto una conferenza stampa a Tripoli denunciando “le calunnie di Sea Watch” (guarda il video).

Rai News 24 va in onda il 10 novembre con un servizio dal titolo inequivocabile: “Migranti, un video non lascia dubbi: la motovedetta libica se ne va e lo abbandona in mare” (guarda il video).

L’attacco del pezzo è un pugno nello stomaco con un africano, forse un uomo o una giovane donna, aggrappata alla fiancata della motovedetta libica giunta per prima sul posto, che cercava di recuperare i migranti e riportarli a Tripoli. “Questo è uno dei 50 dispersi nelle operazioni di salvataggio a 35 miglia dalle coste libiche” esordisce Pino Finocchiaro mostrando le immagini drammatiche del disgraziato in mezzo ai flutti con il volto terrorizzato. E poi: “Disperso perchè la motovedetta della guardia costiera libica ha lasciato la zona delle operazioni nonostante l’uomo fosse ancora appeso alla scaletta in attesa di aver salva la vita”. In pratica dato per morto.

Peccato che il “disperso” prima viene recuperato da un gommone della ong Sea Watch giunta sul posto a fare da “esca” per portare più migranti possibili in Italia. E poi fatto salire a bordo della loro nave. Si nota nelle stesse immagini girate dall’organizzazione umanitaria riconoscendolo grazie i pantaloni rosa. Il peggio arriva più avanti nel servizio di Rai news, che fa vedere dei migranti che salgono a bordo della nave Sea watch sani e salvi. Fra i fortunati c’è anche il “disperso” con pantaloncini della tuta rosa e felpa grigia (guarda la foto). Inspiegabilmente la parte che lo riguarda è tagliata nel servizio di mamma Rai. Lo spettatore è convinto che il poveretto o poveretta sia annegato.

L’ennesima chicca della disinformazia umanitaria riguarda le riprese di Sea watch, che mostrano un altro migrante appeso alla scaletta della motovedetta libica dopo essersi buttato in mare nel tentativo di raggiungere la nave della Ong e l’Italia. L’unità di Tripoli se ne va dalla scena della disastrosa operazione a tutta velocità. In un nuovo filmato di mezz’ora (guarda) l’Ong si sofferma sulla drammatica immagine ed in sovrimpressione sullo schermo appare l’epitaffio “…a tutta velocità - possono ucciderlo”. Qualcuno ripete due volte “stanno uccidendo una persona” sulla plancia della nave umanitaria. Peccato che il migrante è stato tirato a bordo e salvato proprio dai libici.

Si chiama Mustafà Ghane ed è un senegalese senza alcun diritto di venire in Italia. I fratelli sono riusciti a farsi recuperare da Sea Watch. La Guardia costiera l’ha filmato vivo e vegeto (guarda) nel centro di detenzione del ministero dell’Interno di Tajura vicino a Tripoli.

Non a caso il drammatico filmato di Sea watch sui “cattivi” libici si conclude con una schermata nera ed una denuncia terribile: “Circa 50 persone da questa barca di migranti sono morti” per colpa della Guardia costiera di Tripoli e non della Ong che ha fatto da esca o calamita (guarda la foto).

I conti però non tornano: i libici hanno recuperato 47 persone e l’Ong 59 oltre a cinque cadaveri. La somma è di 111 persone. Secondo una stima fatta da un velivolo il gommone conteneva al massimo 120 migranti. Nessun corpo è stato recuperato sulle coste libiche nonostante le giornate di vento avrebbero dovuto spingere gli annegati verso terra. Dove sono i 50 morti della strage, che giornali, parlamentari e per ultima l’Arci con un duro comunicato sono convinti sia avvenuta?

Non solo: Sea watch chiede a gran voce che l’Unione europea “fermi immediatamente i finanziamenti alla Guardia osteria libica”. Peccato che Harald Hopper, a nome dell’Ong abbia firmato appena il 14 ottobre il codice di condotta (leggi il documento) imposto dal Viminale con un interessante allegato relativo solo a Sea Watch (leggi il documento). I tedeschi si impegnavano a “non ostacolare la guardia costiera libica nelle acque territoriali o dove sono autorizzati a svolgere le proprie attività” (guarda la foto).

L’intervento del 6 novembre rientra nella zona di soccorso dichiarata la scorsa estate dai libici e la motovedetta era stata allertata dal centro di coordinamento con la Marina italiana nella base navale Abu Sitta di Tripoli.
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Messaggioda Berto » mar nov 21, 2017 9:53 pm

Il diktat delle Ong ai volontari: "Non fate i video ai trafficanti"
Claudio Cartaldo - Mar, 21/11/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 65385.html

Un volontario delle Ong spiega perché nei video delle associazioni umanitarie non compaiano mai gli scafisti (semore presenti in mare)

Non solo i saluti tra soccorritori delle Ong e scafisti.

Nel video realizzato da Report che andrà in onda ieri sera su Rai3, si vede anche dell'altro.

Se infatti dei saluti si era parlato già in altre occasioni, visto che sia l'agente dello Sco infiltrato a bordo della nave di Save the Children che dagli operatori del servizio di sicurezza della Vos Hestia avevano denunciato la stessa, strana, familiarità, Report spiega perché i barchini dei "facilitatori" e dei trafficanti non appaiano mai nei video delle Ong. Molto semplice. A spiegarlo all'inviata della Rai è un membro della Ong, che in un sms spiega l'esistenza di un divieto di riprendere quei barchini impartito dai vertici delle Ong "altrimenti si resta a casa".

Ma a incastrare le Ong e a dimostrare una certa disonvoltura nei rapporti con i trafficanti è anche la questione giubbotti di salvataggio. Alcuni migranti, quelli più ricchi, partono dalle coste della Libia con indosso il salvagente. Costano 200 euro l'uno e a venderli sono gli stessi trafficanti. Quando però arrivano i soccorsi umanitari, le Ong consegnano i propri giubbotti e lasciano volontariamente (come si vede dalle immagini) quelli vecchi sul gommone. Così subito dopo arrivano i trafficanti e li recuperano. Che ci sia un accordo non scritto tra Ong e criminali libici?

Duro l'attacco della Lega Nord. "Ora si spiega perché le ONG non accettavano di avere a bordo poliziotti italiani - dice Paolo Grimoldi, Segretario della Lega Lombarda e deputato del Carroccio -: per evitare che vedessero gli scafisti… Tutto questo conferma che l’attività di queste navi ONG è stata illegale ed è servita solo ad aumentare gli arrivi di immigrati in Italia, immigrati il cui mantenimento costa 1050 euro mensili per ognuno di loro e miliardi per le casse statali. Soldi che, a questo punto, andrebbero chiesti alle ONG che per mesi hanno operato liberamente nelle acque libiche". Poi l'affondo: "Cosa dicono ora la Boldrini che auspicava maggiore libertà delle navi ONG nel Mediterraneo e tutti quelli a sinistra hanno fatto il tifo per queste ONG?"
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » sab dic 16, 2017 9:29 am

I campi in Libia e l'ipocrisia di "Amnesty"
Gian Micalessin - Mer, 13/12/2017
Dopo il rapporto sui migranti in Libia diffuso ieri, Amnesty farebbe meglio a ribattezzarsi Amnesia International

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 73512.html

Il documento intitolato «Libia, un oscuro intreccio di collusione» è, infatti, un capolavoro di disinformazione frutto di una volontaria amnesia selettiva. Un'autentica patacca umanitaria realizzata documentando con certosina minuzia le condizioni degli ultimi sei mesi, ma omettendo deliberatamente qualsiasi riferimento alle situazioni, assolutamente identiche, perpetuatesi nei centri di detenzione legale e illegale dal 2014 a metà 2017.
Il tutto per dimostrare che quel dramma non è la conseguenza della tratta di uomini gestita dalle organizzazioni criminali, ma bensì delle misure assunte negli ultimi sei mesi dall'Europa, e in primis dall'Italia per arginare gli sbarchi. «Decine di migliaia di persone sono imprigionate a tempo indeterminato in centri di detenzione sovraffollati e sottoposte a violenze ed abusi sistematici.
I governi europei sostiene John Dalhuisen direttore di Amnesty International per l'Europa - non solo sono pienamente a conoscenza di questi abusi, ma sostengono attivamente le autorità libiche nell'impedire le partenze e trattenere le persone in Libia. Dunque, sono complici di tali crimini». Vien da chiedersi dove fossero John Dalhuisen e Amnesty dal 2014 al giugno di quest'anno, ovvero nei tre anni e mezzo precedenti le misure di contenimento degli sbarchi. Tre anni e mezzo in cui i migranti sono stati sistematicamente imprigionati e inscatolati in prigioni e depositi per umani dove le donne venivano sistematicamente violentate e gli uomini derubati dei loro averi o costretti a lavorare come schiavi. Una situazione esattamente identica a quella odierna che però né Amnesty, né i grandi media, si prendevano la briga di documentare. Finché i migranti sbarcavano sulle nostre coste i trafficanti incassavano contanti e le navi delle Ong donazioni nessuno sbirciava dietro le quinte dello struggente esodo. Del resto ancora oggi Amnesty si guarda bene dal fare i conti con i cadaveri e dal ricordare che oltre duemila, su 2mila e 800 migranti affogati nel Mediterraneo dall'inizio del 2017, sono morti prima di luglio ovvero prima dell'entrata in azione del nostro governo. Questo significa che l'attività di regolamentazione delle Ong e di contenimento degli sbarchi avviata da luglio ha contribuito non solo a ridimensionare l'esodo, ma anche ad evitare la consueta strage. Una strage che, guarda caso, ha raggiunto i suoi massimi livelli nel 2016 quando grazie all'effetto calamita giocato dalle navi delle Ong sono scomparsi tra i flutti oltre 5000 esseri umani. Ma i loro cadaveri non rientrano nella categoria della «pietas» riconosciuta e documentata da Amnesty. Come non vi rientra la denuncia delle attività criminali dei trafficanti di uomini. E così nella favoletta su misura confezionata da Amnesty gli unici colpevoli si cui puntare il dito restano l'Italia e l'Europa.



Li schiavi dei maomettani arabi, turchi, mussulmani
viewtopic.php?f=149&t=1336



Il genocidio nascosto – Italia Israele Today
16 dicembre 2017
Gerardo Verolino

http://www.italiaisraeletoday.it/il-genocidio-nascosto

Per tutti quelli che “giustificano” o hanno umana compassione (sic) per i terroristi dell’Isis perché, poveretti, risarcirebbero i torti storici subiti dai loro antenati africani per mano degli empi conquistatori europei, sappiate che c’è stato nella storia qualcosa di molto peggio, e assai più cruento, del colonialismo occidentale. Ed è stato quello perpetrato dagli arabi musulmani (in genere i nordafricani) nei confronti dei neri subsahariani e che è durato ben oltre i quattrocento anni di dominazione europea cominciando nel VII secolo dopo Cristo, protrattasi per oltre tredici, e perdurando, in verità, ancora oggi.

A squarciare il muro del silenzio su uno dei più grandi genocidi della storia che ha visto l’eliminazione fisica di 17 milioni di neri, dopo indicibili torture, sopraffazioni, umiliazioni e sofferenze (i maschi venivano regolarmente evirati, le donne riempivano gli harem) sono stati la pubblicazione di alcuni encomiabili libri. Niente in rapporto alla sterminata pubblicistica sulla tratta dei neri verso le Americhe.

Fra gli altri quello di uno scrittore franco-senegalese Tidiane N’Daye che, in un volume del 1988, “Le génocide voilé” (“Il genocidio nascosto”) racconta di come “i popoli arabi hanno fatto razzie, castrato e ridotto in schiavitù le popolazioni nere senza interruzione per 13 secoli- e aggiungendo che, ancora oggi “in pieno XXI secolo continuano a martirizzare i negri del Maghreb e a sottoporre le donne nere a schiavitù in Medio-Oriente”.

O anche John Azumah, uno studioso di origini ghanesi, che in “The legacy of Arab-Islam in Africa” ricorda che lo schiavismo arabo è una storia fatta di abusi, violenze inenarrabili e conversioni forzate per rispettare il libro sacro dell’Islam. “Il Maafa, l’olocausto africano non è finito- scrive Antonella Sinopoli una giornalista-blogger-perchè non è generato da motivi economico-commerciali. Ma dall’odio, dal disprezzo, dalla convinzione profonda dell’inferiorità degli africani neri” secondo il precetto islamista.

La parola “Abd” in arabo vuol dire schiavo. Declinato al plurale “Abeed” vuol dire neri. Per l’arabo musulmano il nero e lo schiavo sono la stessa cosa.

Nel libro di uno dei più noti storici inglesi dell’Islam, Bernard Lewis,”Razza e colore nell’Islam” che smonta tutte le leggende sull’assenza di discriminazioni razziali nell’islamismo si racconta di come venivano considerati i neri dagli schiavisti arabi. Un autore musulmano, nel nono secolo dopo Cristo, ad esempio, Jahiz, osserva che i neonati neri dell’Iraq “vengono alla luce come qualcosa di intermedio tra il nero e il melmoso, maleodoranti, puzzolenti, con i capelli crespi, le membra difettose, la mente deficiente e passioni depravate”.

Un altro autore, Maqdisi, afferma che “non esiste fra loro il matrimonio, il bambino non conosce il padre e si cibano di carne umana”. E ancora: “La loro natura è quella degli animali selvatici”. Il grande geografo Idrisi ricordando che i neri hanno piedi rugosi e sudore fetido aggiunge che differiscono dagli animali “solo perchè le due mani sono sollevate dal terreno”.

Mentre “la scimmia antropoide ha più capacità di apprendimento di loro”. Per ben millequattrocento anni, gli arabi musulmani, soprattutto dell’Africa del Nord, egiziani e persiani in testa, hanno ridotto in catene quelli al Sud del Nilo quando questi ultimi non sono periti lungo i mille km di marcia a piedi, senza acqua nè cibo, in condizioni atmosferiche proibitive. “Marciano tutto il giorno.

Di notte quando si fermano per dormire-scrive Henry Drummond-gli vengono distribuite poche manciate di sorgo”. Dopo sessanta giorni di marcia neanche meno della metà giunge viva a destinazione. Quando un viaggiatore perde la strada dell’Africa equatoriale, si dice, ad indicarla saranno le migliaia di scheletri dei negri che la pavimentano (mentre nelle vituperate tratte coloniali ordite dagli occidentali verso l’America muore meno del dieci per cento di schiavi). Ma chi sopravvive alle traversate spesso perde la vita a causa, come detto, delle castrazioni. Questa orribile pratica viene usata per garantire la virilità dell’arabo sul nero descritto come in preda a irrefrenabili appetiti sessuali e per soddisfare la pressante richiesta di eunuchi a guardia dell’harem. Quasi nessuno fra i bambini neri sopravviverà alla terribile mutilazione.

Gli storici calcolano che dal VII al XX secolo i neri schiavizzati dagli arabi sono stati circa 17 milioni. A cui vanno aggiunti quelli morti durante il tragitto e si arriva a 75 milioni. Più i trucidati durante le spedizioni e si supera i 100 milioni di morti nel volgere di tredici, quattordici secoli.

Per questo motivo, e per l’annullamento della propria sessualità, non hanno lasciato orme della loro millenaria permanenza nei luoghi della deportazione; mentre i discendenti degli schiavi traghettati in America, oggi circa 70 milioni, si sono sedimentati in quei Paesi, integrandosi, emancipandosi e lasciando tracce significative nelle arti, nello sport, nello spettacolo e persino nella politica se uno di loro è riuscito a diventare Presidente degli Stati Uniti, lo Stato considerato da tutti i suoi nemici come la culla del capitalismo e quindi degli “sfruttatori”.
LONG ISLAND, NY - MAY 17: Cassius Clay, 20 year old heavyweight contender from Louisville, Kentucky poses for the camera on May 17, 1962 in Long Island, New York. (Photo by Stanley Weston/Getty Images)

Quando Cassius Clay, il celebre pugile, cambia il suo nome in Mohamed Alì, in onore del profeta Maometto, probabilmente, ignora, come altri milioni di suoi concittadini, cosa abbia rappresentato l’Islam per il suo popolo: morte, tortura, sopraffazione e perdita dell’identità civile, culturale e religiosa. Quella che lui, col suo provocatorio gesto, ha pensato di rivendicare. Ed invece ha, involontariamente, infangato.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » gio feb 01, 2018 11:36 am

Frontex, via l’obbligo di portare i migranti in Italia
2018-02-01

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEDtDXsD

Scompare l’obbligo di portare i migranti soccorsi tutti e soltanto in Italia. Dopo sei mesi di trattativa continua, l’Italia incassa la fine dell’operazione europea Triton con la sua clausola “capestro”. Un obiettivo del governo guidato da Paolo Gentiloni, discusso in sede Ue e poi preso in carico dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, e il direttore del dipartimento Ps, Franco Gabrielli. Nella sede di Frontex, a Varsavia, da luglio gli uomini della direzione centrale Polizia delle Frontiere e immigrazione, guidati dal prefetto Massimo Bontempi, hanno sviluppato e condotto a buon fine la proposta italiana. Triton sarebbe dovuta finire il 31 dicembre scorso, ha avuto un mese di proroga solo per il tempo necessario a chiudere l’intesa sulla nuova operazione denominata Themis.

Cambia ora l’area operativa di riferimento: quella di Triton, di estensione enorme nel Mediterraneo, con la clausola “capestro” obbligava di fatto qualunque imbarcazione a portare i naufraghi soccorsi in Italia. Themis ha un’area diversa e, al di fuori, gli interventi di salvataggio potranno condurre i migranti in un porto greco, libico, spagnolo o anche a Malta, benché l’isola non abbia mai brillato per grandi numeri di accoglienza.

Le conseguenze dell’intesa, poi, non si fermano a Triton. Al suo piano operativo, infatti, è agganciato quello di Sophia Eunavformed, altra operazione di stampo Ue contro il traffico di esseri umani. È molto probabile, quindi, anche la modifica operativa di Sophia, guidata dall’ammiraglio Enrico Credendino. In una nota, Frontex spiega che «l’operazione Themis rispecchierà meglio i modelli mutevoli della migrazione, così come il crimine transfrontaliero - ha dichiarato il direttore di Frontex Fabrice Leggeri - e aiuterà inoltre l’Italia a rintracciare attività criminali, come il contrabbando di stupefacenti attraverso l’Adriatico». La componente di sicurezza di Themis includerà la raccolta di intelligence e altre misure volte a individuare i foreign fighters e altre minacce terroristiche alle frontiere esterne. «Dobbiamo essere meglio equipaggiati per impedire che gruppi criminali che cercano di entrare nell’Ue non vengano individuati. Questo è fondamentale per la sicurezza interna dell’Unione europea» ha aggiunto Leggeri.

L’area operativa della nuova operazione coprirà il Mar Mediterraneo centrale, in particolare le acque che coprono i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania. Nell’ambito di Operation Themis, Frontex continuerà la sua presenza nei punti di crisi in Italia, dove gli agenti schierati dall’agenzia assisteranno le autorità nazionali nella registrazione dei migranti, tra cui il rilevamento delle impronte digitali e la conferma delle loro nazionalità.

Gli sbarchi giunti finora in Italia ammontano fino a ieri dal 1° gennaio di quest’anno a 4.081 migranti. Quelli provenienti dalla Libia in particolare sono stati 3.143 con un calo rispettivamente del -26,06% rispetto al 2017 e -40,39% rispetto al 2016, frutto anche della collaborazione più stringente tra le forze libiche e la Marina militare italiana presente a Tripoli con nave Bergamini. Ma le preoccupazioni oggi tuttavia sono concrete sul livello di sicurezza del territorio libico a cominciare proprio dalle aree di partenza dei migranti, come Sabrata, dove negli ultimi giorni scontri e violenze hanno avuto una recrudescenza e le proteste contro gli italiani non sono mancate.
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