Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:35 am

Perché Malta non soccorre e non accoglie?
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Perché Malta non soccorre e non accoglie profughi veri o finti, clandestini e mussulmani?
Perché a Malta, paese civile e umano, innanzi tutto valgono i diritti dei maltesi e perciò si difende la loro vita e la loro terra da qualsivoglia pericolo, danno o male.
Tale dovere umano, civile, morale, giuridico e politico è il primo dei doveri-diritti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: difendere e salvaguardare la propria gente e la propria terra.
Salvare e accogliere gli altri per mettere in pericolo e danneggiare la propria gente è demenziale e criminale e contrario ai Valori ai Doveri e ai Diritti Umani Universali e Naturali e Civili.


https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0007775911
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:37 am

Ecco perché Malta non ne prende!!
https://www.facebook.com/raffaello.dome ... 1886609199
Ero a Malta, arrivò una nave carica all'inverosimile di clandestini, fu bloccata dalla guardia costiera in una piccola baia. erano più di qualche migliaio, due si gettarono in mare, furono recuperati e rimessi a bordo, fu impedito alla nave di attraccare e di sbarcare i clandestini, alla fine cosa successe ? Il governo italiano avvisò quello maltese che avrebbe accolto i clandestini così subito la nave fu dirottata in Italia.
Ero la, quindi sono testimone visivo!
(E. Zanetti)
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:38 am

Perché a Malta poi non ci sono i bugiardi, i ladri, i parassiti, i fanfaroni, i farabutti, gli irresponsabili, i criminali dementi che ci sono nella penisola italica.

Malta è un'isoletta con poco più di 400 mila abitanti, se accogliesse irresponsabilmente e demenzialmente come l'Italia dopo un mese sarebbe distrutta e i maltesi ridotti in schiavitù o costretti ad andarsene dalla loro terra.

Se poi accogliesse anche mussulmani o nazisti maomettani i maltesi rischierebbero anche la guerra civile e lo sterminio. Basta usare il cervello per capire come stanno le cose.

Le leggi internazionali del mare non hanno alcun valore rispetto alla propria difesa e alla propria vita: si soccorre e si accoglie solo se si può e se ciò non comporta alcun male per chi soccorre e accoglie; soccorre e accogliere per farsi del male è demenziale e criminale e contro ogni diritto umano e internazionale.

Malta è proprio come una barca in mezzo al mare, se si imbarcano più passeggeri del consentito la barca non sarebbe più manovrabile e rischierebbe di affondare.



Rinaldo Maria Chiesa
Perché ha Malta non ci sono il PD e soprattutto le sue Cooperative.

Alberto Pento
Sì sì: comunisti, cattocomunisti, cristiano-cattolici, caritas, cooperative rosse e bianco rosse, Vaticano con il suo papa e i suoi preti idolatri e filoislamici invasati e dementi.




Osservate il caso del Libano
e cosa è capiato al Libano cristiano quando sono arrivati i nazi maomettani detti impropriamente palestinesi

Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele
viewtopic.php?f=188&t=2769

Pensate al caso della Giordania
quando sono arrivati i nazi maomettani detti impropriamente palestinesi

Settembre nero in Giordania
https://it.wikipedia.org/wiki/Settembre ... _Giordania
Il settembre del 1970 è noto nella storia araba come Settembre nero e viene talvolta indicato come l'"epoca degli eventi spiacevoli". Fu un mese in cui il Re hashemita Husayn di Giordania si mosse per reprimere un tentativo delle organizzazioni palestinesi di rovesciare la sua monarchia. L'attacco provocò pesanti perdite fra i civili palestinesi. Il conflitto armato durò fino al luglio del 1971.



Il caso della Francia

Finkielkraut: “La mia Francia si sta disintegrando”
scrive Le Figaro (7/1/2019)

http://www.controversoquotidiano.it/201 ... 8bbcG-AMzI

Quattro anni dopo gli attacchi del gennaio 2015, “la Francia si sta disintegrando”, dice il filosofo francese Alain Finkielkraut al Figaro. “È difficile rendersi conto che il jihadismo è la forma parossistica di un fenomeno senza precedenti: lo scontro di civiltà all’interno della stessa comunità nazionale. La Francia si sta disintegrando e, di fronte alla forza dei numeri, non ci sono ricette per colmare il divario”. Parla di antisemitismo. “Agli occhi dei sostenitori dell’ospitalità incondizionata, dell’apertura infinita delle frontiere, l’uomo che arriva non è definito dalla sua origine o destinazione, ma dal suo vagare. È un viaggiatore e, per di più, un viaggiatore senza bagagli. Questa cecità è ovviamente problematica e pericolosa, perché l’antisemitismo di cui l’Europa è ora teatro non è più endogeno. Viene dall’esterno, è un prodotto importato legato all’immigrazione. Non si tratta di descrivere i migranti come invasori pogromisti. Ma questo problema dovrebbe essere evocato. Tuttavia, con la parola ‘migrante’ è impossibile e questa realtà è oscurata. L’immigrazione è l’ultimo rifugio dell’antirazzismo ideologico. È una fortezza che mi sembra molto difficile da conquistare”. Da ultimo, Finkielkraut parla di populismo: “Attraverso questa critica al populismo e al nazionalismo, l’obiettivo è quello di criminalizzare il diritto dei popoli alla continuità storica. Se vogliamo che il nostro paese rimanga vivibile, dobbiamo rallentare i flussi migratori, perché la forza dei numeri rende impossibile l’assimilazione e l’integrazione”.
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:40 am

Malta, isola del Mediterraneo, non accoglie mai profughi: ecco come fa
2017/06

http://it.blastingnews.com/cronaca/2017 ... 11165.html

È proprio così, a Malta non viene sbarcato un solo profugo. Eppure si trova proprio sulla tratta che le navi delle ONG percorrono regolarmente per salvare i #migranti in mare, si trova addirittura più vicina all'Italia rispetto a Lampedusa. Sembra proprio che nell'ultimo anno questa piccola nazione abbia fatto un miracolo economico: il turismo aumentato del 6% e la disoccupazione scesa al 4,2% su una popolazione di 420 mila abitanti.

Malta, bella isola senza "solidarietà"

Bella isola, dove si sparano fuochi d'artificio la sera in spiaggia, dove aprono locali e c'è sempre da festeggiare qualcosa con musiche tutte diverse.

Il tutto avviene mentre a pochi chilometri di distanza le navi delle ONG e della Marina Militare italiana traghettano migliaia di migranti dalle acque libiche fino alle coste dell'Italia. Viene in mente, ovviamente, perché nessuno abbia mai pensato a Malta, Paese dell'Unione Europea, per scaricare qualche immigrato. L'isola è abbastanza grande con molte strutture ricettive e decisamente molto ricca, nell'ultimo anno il Governo ha annunciato un surplus di bilancio di ben 8,9 milioni.

Il premier maltese, Joseph Muscat, lo ha definito un miracolo economico. Cosa avviene veramente con Malta lo afferma in commissione Schengen il capo ufficio della Guardia costiera italiana: "Malta ci nega l’attracco. Tendono a sottovalutare le condizioni di reale pericolo in cui si trovano le imbarcazioni per sottrarsi all’obbligo di dichiarare intervento Sar e dunque intervenire.

Si limitano a un monitoraggio, fino a quando le barche dei migranti non lasciano le acque territoriali maltesi". Non ci sono dunque altre spiegazioni, i migranti non li vogliono e non li prendono. Punto.

Malta è il porto d'attracco della nave Phoenix

Nella questione dei migranti e delle operazioni umanitarie in mezzo al mare esistono due nomi importanti, due imprenditori, ovvero i coniugi Regina e Christopher Catambrone. Dal ramo assicurazioni in zone di conflitto si sono dedicati completamente alla causa umanitaria. Proprio sulla loro attività si sono concentrate le indagini del procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro. I sospetti derivano proprio dall'origine dei fondi di cui la famiglia dispone e sul modus operandi della stessa, che si avvale di un piccolo aereo e di un drone per le ricerche in mari di migranti. Quello che è certo però è che, tramite le loro imbarcazioni, non hanno mai sbarcato un solo migrante salvato in mezzo al mare a Malta.





Perché i migranti evitano Malta?
2015

http://www.bergamopost.it/cambiare-rott ... tano-malta

Il problema dell’immigrazione, per l’Italia, è sempre più grave. Migliaia di persone, mese dopo mese, si imbarcano dalle coste africane con la speranza di arrivare, sane e salve, nel nostro Paese. Rischiano la vita, lo mettono in conto, nella speranza in un domani migliore. Lampedusa e il canale di Sicilia sono oramai coste che da anni e anni rappresentano la fine di un incubo. Una domanda, però, tanti italiani se la sono posta: perché arrivano tutti a Lampedusa e nessuno a Malta? Una domanda logica vista la vicinanza delle due isole, rafforzata anche dalle dichiarazioni di Andrew Mallia, capo della squadra marittima delle forze armate maltesi, a Repubblica: «Rifiutano i nostri soccorsi». Sognano l’Italia, agognano l’Italia. Già, ma perché Malta no?

Il premier Matteo Renzi, nel discorso tenuto in aula una decina di giorni fa, si riferì a Malta come «il Paese più piccolo ma con un grande cuore, che ha avuto il coraggio di collaborare in modo molto serio». In realtà, se questa piccola isola del Mediterraneo è tornata ad aprirsi ai profughi è merito del nuovo premier Joseph Muscat, che in due anni ha investito oltre dieci milioni di euro per le politiche di accoglienza, ma nelle menti di chi lascia l’Africa c’è ancora ben impresso il ricordo della politica decennale del precedente primo ministro maltese, Lawrence Gonzi, che introdusse i respingimenti in mare. Da allora Malta è nota come l’Alcatraz del Mediterraneo, la terra dove nessuno dei disperati che parte dalle coste del Maghreb vuole mai arrivare. Piuttosto si rischia di morire, ma Malta no. Perché chi arriva a Malta sa di non avere più vie di fuga. Lo ha raccontato in un interessante articolo su Il Fatto Quotidiano il giornalista Davide Vecchi, che ha visitato quel piccolo scoglio di 400mila anime. Arrivare a Malta significa rischiare di rimanerci bloccati anche per 10 anni, significa la fine di un sogno. L’unica speranza è l’asilo politico, ma lo status di rifugiato può arrivare anche dopo 12 mesi di detenzione e la permanenza negli appositi centri d’accoglienza è permessa fino a 18 mesi. Che poi parlare di centri d’accoglienza è un eufemismo: sono veri e propri carceri. A Malta ce ne sono 4 e non importa quanti anni abbia il profugo: chiunque sbarca a Malta è in uno di quelli che va a finire.

Per tutti coloro che malauguratamente finisco in quest’isola invece che in territorio italiano, passaggio obbligato è il Floriana, centro gestito dalla polizia maltese. Qui, tra le recinzioni e il filo spinato, ci possono stare fino a un massimo di mille persone. Per 24 ore su 24, 365 giorni su 365, tutti i migranti sono controllati da almeno 4 guardie armate fino al collo, con turni di 8 ore ciascuna. Il Tà Kandja è un altro “detention centre”, gestito nella stessa maniera del Floriana. Una volta giunti qui, i migranti vengono poi smistati in altri centri, cioè quelli di lunga (lunghissima) permanenza: l’Hal Far Barracks e l’Hal Safi. A differenza dei precedenti, questi sono gestiti dal primo reggimento delle forze armate maltesi, ovvero dall’esercito. Sono a tutti gli effetti delle zone militarizzate. In mezzo ai casermoni spuntano grandi tende, ognuna delle quali ospita fino a 20 migranti. L’unico svago è rappresentato da due campi da calcio.

Le condizioni di vita dei pochi che finiscono a Malta non sono certo migliori di quelle che vivevano prima di imbarcarsi. Fino al 2009, nei centri di Hal Far Barracks e Hal Safi, era presente l’organizzazione Medici Senza Frontiere. Ora, da 6 anni, se ne sono andati. Il motivo è che «non era più possibile svolgere l’azione medico umanitaria in maniera efficace». I documenti dell’associazione no profit spiegano che nei centri sono presenti appena 8 fornelli a gas per una media di 1.300 persone e che, nonostante le continue richieste alle autorità maltesi per migliorare le condizioni di vita, nessuno ha mosso un dito. «I centri presentano condizioni inaccettabili – continua il documento –. Ambienti malsani e promiscui, spazi sovraffollati, vetri rotti, scarsità di letti e di beni di prima necessità, servizi igienico-sanitari inadeguati: sono le condizioni che fin da subito gli operatori hanno trovato nei centri di detenzione maltesi». La situazione ha da tempo allarmato anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), che ha creato sull’isola un ufficio di riferimento. Nessuno però, nel Governo, parla di questa situazione: riserbo totale.

Il luogo in cui i profughi “vivono” in maniera più decente è Hal Far Hangar, centro situato proprio alle spalle di Hal Far: un insieme di container, con tanto di bagni e cucine. Le docce sono una dozzina, allagate e mal funzionanti. Le condizioni igieniche sono ridotte allo zero. Per tre volte a settimana i migranti vengono messi in fila e a ognuno di loro vengono consegnati 5 euro per vivere. Molti li usano anche per comprare prodotti necessari alla pulizia degli ambienti, nell’estremo tentativo di rendere vivibili quei luoghi. Quando qualcuno prova a protestare, come accaduto un mese fa, i soldi spariscono per un po’. Oltre a questi posti d’inferno, sull’isola ci sono anche cinque centri “aperti”, ovvero da dove i profughi possono anche uscire e provare a vivere. Uno di questi è a Marsa, a Sud di La Valletta: la zona è letteralmente invasa da migranti, ma non ci sono mai stati problemi di sicurezza. Tutti lavorano e tutti sono regolarmente pagati in modo legale. Lì hanno un letto e ogni giorno possono andare a lavorare, nella speranza, un giorno, di lasciare Malta.

La cosa più inquietante della gestione dei migranti a Malta è quella che ogni profugo non viene identificato con un nome e un cognome, non hanno un’identità, diventano semplicemente un numero. Tutto si basa sul numero: niente numero, niente cibo, niente cure mediche (minime), niente 5 euro. Ad oggi siamo vicini al numero 5mila. Ogni mattina i guardiani urlano i numeri, uno alla volta, per controllare che nessuno sia scomparso. I numeri ti permettono anche di sognare il diritto d’asilo. Tantissimi provano a comprarlo, ma se ti beccano è la fine. Per tutti questi motivi nessuno dei disperati in fuga dalla fame e dalla guerra desidera arrivare a Malta: perché qui anche l’ultima flebile fiammella di speranza viene spenta. Meglio il rischio della morte che l’Alcatraz del Mediterraneo.



Malta non vuole immigrati. Ma ora gestisce l'immigrazione Ue
di Marco Dozio- 24 Dicembre 2016
Nessuno sbarca sull'isola

http://www.ilpopulista.it/news/24-Dicem ... ne-ue.html

Il governo maltese guiderà il semestre europeo con un programma incentrato sulla questione "migranti". Peccato che il piccolo Stato abbia scaricato ogni incombenza sull'Italia. I barconi guarda caso approdano sempre altrove

La Malta che non vuole gli immigrati, che non recupera barconi nemmeno quando transitano nelle acque di competenza, che pratica una politica opposta rispetto all’accoglienza indiscriminata targata Pd, la Malta dove stranamente non sbarca quasi nessuno nonostante si trovi sulla rotta degli scafisti, ora gestirà il dossier immigrazione dell’Unione europea.

Dal 1 gennaio al 30 giugno La Valletta assumerà la guida del semestre europeo e ha dichiarato che al primo punto dell’agenda c’è appunto il tema immigrazione. Con la solita lista dei buoni propositi sempre annunciati e mai attuati, come la revisione del regolamento di Dublino che obbliga il Paese di approdo a farsi carico dei “richiedenti asilo” oppure la pantomima sulla redistribuzione dei “migranti” tra tutti gli Stati Ue. Questione quest’ultima, spacciata dalla sinistra come risolutiva, che continua a rivelarsi un fallimento totale: i dati aggiornati al 19 dicembre parlano di 9.356 su 106mila richiedenti asilo arrivati soprattutto in Italia e in misura minore in Grecia. “Lotta all'immigrazione irregolare, con l'attuazione delle politiche di contrasto al traffico di esseri umani e quella dei ritorni e rimpatri”, annuncia con risolutezza il governo maltese.

Lo stesso che in questi anni ha scaricato ogni incombenza sull’Italia. “C'è stata una matura decisione dell'Italia di occuparsi di tutti gli sbarchi”, spiegava nel settembre dello scorso anno il ministro degli Interni dell’isola, Carmelo Abela, parlando alla stampa locale di un “accordo informale” con il nostro governo circa il recupero dei barconi di immigrati. Eppure Malta è al centro del Mediterraneo, sulla rotta tra Libia e Italia. Potrebbe essere l’approdo naturale di ogni clandestino che cerca di raggiungere via mare il territorio europeo. Il più vicino dopo Lampedusa e Pantelleria. Ma nessuno ci vuole andare. Perché da lì non si scappa. Gli immigrati vengono rinchiusi in centri di identificazione simili a carceri. Senza la possibilità di uscire, bighellonare, mendicare, delinquere.

Alcuni retroscena parlano di un patto segreto tra Italia e Malta. Il governo Renzi si sarebbe impegnato a portarsi a casa tutti i migranti che transitano da quelle parti, anche in zone di competenza maltesi. La contropartita sarebbe il via libera alle trivellazioni petrolifere nelle acque di Malta. Petrolio in cambio di immigrati.
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:42 am

Immigrati, l'Ue: "Lasci sbarcare i naufraghi". Ma Malta: "No all'attracco"
Un centinaio di clandestini soccorsi al largo e portati a Malta. Il governo della Valletta vieta l'attracco al porto. L'Ue: "la priorità è salvare la vita degli immigrati soccorsi"
Sergio Rame - Mar, 06/08/

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/im ... 41600.html

Braccio di ferro tra l'Unione europea e Malta. Al largo un centinaio di immigrati clandestini che chiedono di poter sbarcare sull'isola.

Ma il governo della Valletta non vuol sentir ragioni. "È dovere umanitario delle autorità maltesi lasciar sbarcare queste persone. Rinviare la nave in Libia sarebbe contrario alle leggi internazionali", ha spiegato il commissario europeo agli Affari interni Cecilia Malmstrom dopo che è statp impedito l’attracco nel porto della Valletta al capitano di una nave soccorsa in mare.

"La priorità è salvare le vite delle persone soccorse". Mentre il governo di Malta continua a ribadire che la nave non può attraccare al porto della Valletta, l'Unione europea fa di tutto perché i clandestini non siano costretti a tornare in Libia. "Qualsiasi disputa sull’autorità responsabile della ricerca e del soccorso, incluso il coinvolgimento delle autorità italiane e libiche - ha spiegato la Malmstrom - così come il posto giusto per lo sbarco, non aiuta le persone in immediata necessità di aiuto. Queste questioni saranno chiarite in seguito". Secondo le informazioni della Commissione europea, il proprietario della nave Salamis avrenne portato a compimento i doveri umanitari per salvare la vita di 102 clandestini naufragati in mare. Tra questi ci sarebbero quattro donne in stato di gravidanza, una donna ferita e un bimbo di circa cinque mesi. Dopo il soccorso, il proprietario della nave ha fatto rotta verso il porto della Valletta. La nave è vicina a Malta in attesa di far sbarcare gli immigrati. "È assolutamente importante salvare le loro vite", ha spiegato la Malmstrom in una nota in cui "sollecita le autorità" della Valletta a intervenire. Il commissario ha, inoltre, evidenziato che "il capitano della nave ha diffuso una richiesta medica urgente poiché‚ la donna ferita ha necessità di un immediato ricovero in ospedale".

Alberto Pento
Così si fa, bravi! La priorità è salvare la propria gente e la loro terra altro che clandestini, profughi e pirati.



Malta respinge nave con 102 migranti
La Ue: "Deve lasciarli sbarcare"
2013/08/06

http://www.repubblica.it/cronaca/2013/0 ... e-64369131

Dura risposta de La Valletta a sollecitazione di Bruxelles. La Procura del paese ha ordinato all'armatore dell'M/v Salamis di tornare sul punto dove ha soccorso i naufraghi, a 40 miglia dalla costa libica

LA VALLETTA - La Commissione europea ha chiesto a Malta di concedere lo sbarco per motivi umanitari a 102 immigrati clandestini ritrovati in mare, dopo che il governo de La Valletta ha deciso di rinviarli in Libia. Fra di loro ci sono anche quattro donne incinte e "devono sbarcare a terra il prima possibile", ha detto il commissario agli affari interni della Ue, Cecilia Malmstroem, aggiungendo che eventuali dispute sulla legittimità o meno della concessione di asilo "possono essere chiarite in seguito".

Secondo la Malmstroem, "è un dovere umanitario del governo maltese concedere lo sbarco a queste persone. Rimandare l'imbarcazione in libia sarebbe contrario alle leggi internazionali. Il comandante ha mandato una richiesta di intervento medico urgente per la donna ferita, che ha bisogno di essere ricoverata in ospedale. La Commissione chiede quindi a Marta di lasciar sbarcare queste persone al più presto".

Domenica scorsa, Malta aveva concesso a un gruppo di 120 immigrati di entrare nel paese, ma ieri ne ha respinti 102 trovati a bordo di un'imbarcazione battente bandiera liberiana a 80 chilometri al largo delle coste della Libia. Il governo maltese ha detto che una nave di pattuglia italiana, in accordo con i principi stabiliti, ha ordinato al capitano della nave di portare gli immigrati al più vicino porto della Libia.
"Il governo ha detto al capitano che siccome ha ignorato le istruzioni dategli dagli italiani, gli era proibito di entrare nelle acque di Malta", si leggeva su un comunicato del governo maltese emesso ieri. La Procura del paese ha ordinato all'armatore dell'M/v Salamis di tornare sul punto dove ha soccorso i naufraghi, a 40 miglia dalla costa libica. Malta ha registrato un record di 880 arrivi di immigrati clandestini a luglio, circa 1.200 dall'inizio dell'anno.


Immigrazione: l'Italia accoglie i naufraghi dopo il rifiuto di Malta
7 agosto 2013

http://www.globalist.it/news/articolo/4 ... malta.html

L'Italia ha accettato di accogliere i 102 migranti salvati dalla nave cisterna Salamis, alla quale Malta ha rifiutato l'ingresso in porto. Il Salamis è da poco entrato nel porto di Siracusa. L'Italia ha dato il suo ok dopo un intenso negoziato diplomatico nella notte.

Il premier maltese, Joseph Muscat, ha ringraziato il presidente del Consiglio, Enrico Letta, per l'impegno e l'assistenza dati. Muscat ha aggiunto che la decisione presa dall'Italia "rafforzerà ulteriormente i buoni rapporti tra i due Paesi". Si tratta, ha proseguito, di un "impegno concreto" preso da un partner affidabile, che ha capito l'emergenza maltese dopo gli arrivi di centinaia di immigrati in poche settimane che hanno mandato in tilt le strutture di accoglienza dell'isola. La nave mercantile è diretta a Siracusa. Nel frattempo, altri 86 immigrati sono stati soccorsi dalla marina maltese su un gommone fermo a circa 26 miglia dall'isola.

I 102 naufraghi si trovano da giorni a bordo del mercantile respinto da Malta. Gli immigrati, per lo più nordafricani, sono stati tratti in salvo domenica a circa 40 chilometri dalle coste libiche dal mercantile Salamis, battente bandiera liberiana. Il mercantile si è poi diretto a Malta, ma La Valletta gli ha negato l'ingresso nelle proprie acque territoriali. Il primo ministro maltese ha ignorato gli appelli della Ue ad accogliere i migranti, dicendo che non erano in pericolo. Ha spiegato che il capitano del mercantile avrebbe ignorato gli ordini delle autorità italiane e maltesi di riportare i migranti in Libia.

"Grazie Italia per aver accettato di accogliere i 102 migranti salvati dal naufragio due giorni fa. Il ricollocamento dei richiedenti asilo è un modo per mostrare solidarietà in Europa. Sarebbe ottimo se tutti e 28 gli Stati membri aiutassero e non solo sempre gli stessi". Così il commissario Ue agli affari interni, Cecilia Malmstrom, su Twitter ringrazia il nostro Paese.



Perché i trafficanti d’immigrati preferiscono sbarcare a Lampedusa?
di Agostino Spataro
sabato 28 settembre 2013

http://www.agoravox.it/Perche-i-traffic ... grati.html


In queste ore stiamo assistendo a una nuova ondata di arrivi di gente disperata che alimenta fenomeni laceranti di sradicamento, di travaso di masse umane da un continente a un altro di cui la Sicilia, attraverso Lampedusa, rappresenta il collo dell'imbuto.

Penso che questa immagine renda meglio l'idea del ruolo attuale della Sicilia come principale, quasi unica, via di sbocco dei migranti clandestini i quali, partendo dal “grande raccoglitore” nordafricano (Libia, Tunisia, ecc), affrontano la pericolosa traversata verso il “contenitore Europa” la quale per l’accoglienza sembra confidare, quasi esclusivamente, sulla bontà d’animo dei lampedusani e degli italiani.

Dai porti nordafricani partono, infatti, immigrati provenienti da ogni parte del mondo: dai Paesi africani della costa nord-orientale (Tunisia, Somalia, Eritrea, Abissinia, Egitto) e di quella atlantica (Nigeria, Camerun, Ghana, Senegal, Marocco) a quelli del Medio Oriente (oggi tantissimi si dichiarano “siriani”), a quelli asiatici (Sri Lanka, Cina, India, Afghanistan, Pakistan, Filippine, Indonesia, ecc.).

La situazione è grave, ma potrebbe divenire insostenibile se, al più presto, non si dovessero chiudere, politicamente, i conflitti più acuti (Afghanistan, Siria, Libia, Egitto, ecc).

Milioni di profughi potrebbero abbandonare quei Paesi per venire in Europa (solo in casi rari nei ricchissimi Paesi arabi fratelli produttori di petrolio) non attraverso la via più breve e più sicura (ossia attraverso la Turchia e i Balcani) ma, come gli altri, seguendo la via contorta, e più pericolosa, verso il Nord Africa e da qui tentare lo sbarco in Sicilia.

Questo è il dato nuovo e preoccupante, ormai consolidatosi. Fino a qualche anno, addietro i flussi andavano per rotte diverse, oggi convergono quasi tutti su Lampedusa. Perciò sarebbe il caso che le autorità preposte cominciassero a indagarne le misteriose ragioni per offrire risposte rassicuranti alle tante domande della gente.

La prima: perché gli immigrati provenienti dai Paesi atlantici africani non intraprendono la via costiera, meno pericolosa, attraverso la quale potrebbero raggiungere agevolmente la Spagna sbarcando sulle isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra (14 chilometri di mare nel punto più stretto)?

Invece preferiscono sobbarcarsi diverse migliaia di chilometri di arido deserto per giungere in Libia e qui consegnarsi ai trafficanti di carne umana, ai quali pagano passaggi salatissimi, e sperare di arrivare salvi a Lampedusa dopo circa 300 chilometri di mare e oltre 400 sulla costa siciliana. Per altro, i barconi potrebbero approdare sulle isole di Malta (anche questa è Europa) che s’incontrano molto prima di quelle siciliane. E, invece, a Malta non sbarcano quasi mai. Stesso discorso, anzi percorso, per la gran parte degli immigrati provenienti dall' Africa orientale e dai vari Paesi asiatici: anche loro preferiscono Lampedusa quando potrebbero approdare più agevolmente a Cipro, a Creta oppure sulla terraferma in Grecia e in Bulgaria. Anche questa è Europa.

Se rischiano la vita (molti l’hanno perduta!) per venire in Sicilia, una ragione deve esserci o, forse, più d'una. Noi non conosciamo gli aspetti più reconditi e crudeli di questo “traffico”, ma - come tanti cittadini - abbiamo la sensazione che dietro vi sia un “grande imbroglio”, un groviglio d’interessi economici illeciti che prosperano facendo leva sulla disperazione degli immigrati e sulla genuina solidarietà dei siciliani e degli italiani.

Il governo ha gli strumenti per accertare tali incomprensibili ragioni. Il fenomeno va contenuto e gli effetti ripartiti fra i diversi paesi europei e non solo. Scaricare questo fardello su Lampedusa, sulla Sicilia e sull’Italia è ingiusto, inaccettabile e anche molto costoso per le casse dello Stato e degli enti locali interessati.
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:43 am

Il rapporto. Migranti, i centri della vergogna di Malta
Sara Lucaroni martedì 16 dicembre 2014

https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... a-di-malta

Secondo l’inchiesta, arrivata in Parlamento dopo la morte di un profugo 32enne, maltrattamenti e abusi da parte di personale militare non addestrato sono frequenti in luoghi di detenzione «disumanizzati, orrendi e in stato pietoso» .
Un contesto «disumanizzato», in cui i migranti sono trattati come «oggetti illegali», privi di ogni diritto. Sono le parole con cui l’inchiesta «Valencia», presentata solo pochi giorni fa da una commissione governativa al Parlamento di Malta e aperta nel 2012 dopo la morte di un migrante del Mali ospitato al Detention centre for immigrant di Safi, riaccende la polemica sul sistema di accoglienza dell’isola. «Luoghi orrendi», si legge, «strutture in stato pietoso», nessuna privacy, stanzoni dormitorio con caldo estremo e 300 letti, e dove «circa il 70% dei soldati assegnati al servizio di detenzione erano scarti dell’esercito», perché essere assegnato alla detenzione era considerata una punizione.

E ancora, casi di molestie sessuali da parte del personale, utilizzo di soldati al posto di assistenti sociali, inadempienze nelle procedure sono descritti da alcune ong, da testimoni e soprattutto dall’allora capo dei servizi di detenzione, il colonnello Brian Gatt.
Tutto ciò fa da cornice alla morte del 32enne Mamadou Kamara, avvenuta dopo un tentativo di fuga. Secondo la ricostruzione, l’uomo sarebbe deceduto per un attacco cardiaco causato da un forte trauma contusivo. Respinto dal Mount Carmel Hospital dove gli agenti dovevano accompagnarlo «per liberarsi di lui» perché dava in escandescenze, secondo il rapporto Mamadou avrebbe aggredito un ufficiale prima di fuggire. Catturato di nuovo, ha aggredito un altro militare. A quel punto, ammanettato, sarebbe stato fatto salire in un furgone dotato di una gabbia di acciaio, per essere trasportato ad un altro centro di cura. Ma chi lo accompagnava, lo avrebbe colpito all’inguine con una ginocchiata, procurandogli un dolore così forte da fermargli il cuore.

L’attuale responsabile dei servizi, il colonnello Mario Schembri, al Times of Malta parla di episodi che riguardano il passato, sottolineando la riduzione dell’organico attuale e l’assenza, tra il personale sotto la sua direzione, dei nomi implicati nelle vicende ricostruite nell’inchiesta. «Nessuno ne parla mai apertamente, ma tagli di fondi, scarso addestramento, i primi grandi numeri dell’emergenza e l’assenza di controlli adeguati sui soggetti che arrivano, anche potenziali terroristi o criminali nel loro paese, e che spesso si rivoltano durante la detenzione, non hanno messo gli operatori nella possibilità di lavorare sempre con serenità e professionalità – conferma un ex soldato che conosce bene la situazione – così la morte di quel migrante ha riacceso le polemiche sui centri di detenzione.
Giusto, ma se ti lanciano urina, arance con dentro lamette da barba, o ti pungono con forchette sporche di sangue per infettarti o ti sputano perché vogliono uscire, non riesci sempre a porgere l’altra guancia». La pubblicazione del rapporto esplicita ancora una volta la durezza del sistema con cui Malta accoglie i migranti e ha riacceso il dibattito sull’assoluta necessità di gestire con personale specializzato i momenti più delicati del sistema migrazione, i cui limiti sono sempre stati denunciati dalle stesse organizzazioni umanitarie. In una nota congiunta le associazioni umanitarie maltesi, tra cui Jesuit refugee service, puntano il dito contro chi sapeva e non ha agito: «Abbiamo sempre espresso la nostra preoccupazione per la situazione in Safi e la caserma di Lyster e, nonostante i miglioramenti minimi spesso di tipo estetico, le nostre preoccupazioni restano valide e urgenti più che mai. Il regime di detenzione di Malta resta una macchia indelebile nel quadro del rispetto dei diritti umani». «Concordiamo con la conclusione principale dell’indagine, che indica la necessità di rivedere il sistema di detenzione», ha detto Jon Hoisaeter, rappresentante dell’Acnur a Malta, che spiega anche come molti problemi non abbiano ancora una soluzione, come la mancanza di adeguato sostegno psicologico per chi arriva. A Malta la detenzione per i migranti arrivati dal mare è la diretta conseguenza di una legge del 1970, che definisce la clandestinità "reato amministrativo". Dopo un colloquio per l’identificazione e la formulazione della richiesta di asilo, i migranti vengono accompagnati in queste carceri/caserme in attesa che venga valutata la loro domanda. Ma qui rimangono anche fino a 18 mesi. Secondo i dati ad ottobre di Alto commissariato Onu per i rifugiati di Malta, sono stati 250 i migranti accolti nei centri di detenzione, 960 quelli qui transitati nell’intero 2014 e 885 quelli trasferiti in uno dei sei centri aperti, spesso gestiti da ong o dalla Chiesa, dopo il riconoscimento di una qualche forma di protezione internazionale, l’assegnazione di un documento di viaggio e 4 euro al giorno. Sono somali per il 23%, il 13% è siriano, e poi eritrei, etiopi e nigeriani, soprattutto uomini. Il 47% del totale di chi arriva sull’isola riceve protezione, solo il 5% ottiene lo status di rifugiato e il 22 % viene respinto. Al momento sono due i centri di detenzione operativi. Quello di Safi, al centro dell’inchiesta, si trova nell’area della caserma del terzo reggimento delle forze armate maltesi. Ad Hal Far, "città dei ratti," si trova invece la caserma di Lyster Barracks, che ospita il 1° reggimento. Nei periodi di massima emergenza, nell’estate del 2011, anche i tre magazzini di Safi, i magazzini militari, furono trasformati in dormitori con bagni, docce e cucine. Qui, molti degli stessi alloggi dei soldati furono assegnati ai migranti soccorsi in mare. Da allora le cose non sono cambiate. Le notizie di rivolte, fughe, proteste e la morte di un altro migrante, nel 2011, ogni tanto riempiono le cronache maltesi, alimentando l’immagine negativa di queste strutture e di chi è costretto a passarci mesi.

Alberto Pento
Bavi maltesi, difendetevi e fatevi rispettare!


???
Malta dalla parte dei migranti
L’isola del Mediterraneo propone di tagliare gli aiuti UE ai paesi africani che non accolgono gli immigrati rimpatriati
30 Ott , 2013

http://100passijournal.info/malta-dalla ... i-migranti

La scorsa notte il Primo Ministro maltese Joseph Muscat ha annunciato la presa di posizione dell’isola di Malta nei confronti dell’impegno comunitario riguardante l’immigrazione. Muscat ha dichiarato l’intenzione di proporre, al prossimo vertice UE, la sospensione degli aiuti UE umanitari e allo sviluppo per i paesi africani liberi da conflitti che rifiutano di accogliere gli immigrati rimpatriati.

Non è la prima volta che Malta si pronuncia riguardo questo tema: in occasione dei lavori preparatori per la creazione della task force del Mediterraneo, annunciata nell’ultimo vertice del Consiglio Europeo, Muscat ha criticato l’operato dell’Agenzia Frontex, che non ha provveduto al suo mandato riguardo il rimpatrio aereo dei migranti.

A questo proposito Malta interviene a ragion veduta, in quanto l’arrivo sulle sue coste dei migranti “senza meta” è un fenomeno che il governo tenta di arginare da anni. Proprio per la consapevolezza del problema l’Ambasciatrice maltese in Europa Marlene Bonnici ha proposto di creare un comitato UE-Africa per l’immigrazione illegale, iniziativa appoggiata dalla gran parte dei paesi membri.

La presa di posizione dell’isola, ultimo confine dell’Europa nel Mediterraneo, può essere interpretata come un concreto segno dell’intenzione dei paesi membri di occuparsi del tema immigrazione. Tuttavia la vicenda non è esente da critiche, infatti si teme che le pressioni diplomatiche ai paesi africani possano suscitare un irrigidimento dei rapporti con l’Africa, in quanto risulta controverso che l’Europa sproni il paese ad accogliere migranti che essa stessa ha rigettato.


Malta, l’isola dove si arenano i migranti africani
In questi giorni la visita di Barrot nei centri di detenzione
15 marzo 2009

http://www.meltingpot.org/Malta-l-isola ... ViX7en-ujI

Il Commissario dell’Unione europea Barrot, dopo Lampedusa, ha raggiunto l’isola di Malta per effettuare anche lì la sua ispezione nei centri di detenzione. Come a Lampedusa, a Malta la condizione dei diritti fondamentali dei migranti è disperata. Come a Lampedusa, probabilmente, tutto verrà preparato in maniera tale che il Commissario possa andar via dicendo che in fondo le cose non vanno poi così male, che i governi si impegnano per fronteggiare al meglio una situazione da decenni definita come emergenziale. Per questa ragione traduciamo e pubblichiamo un importante articolo uscito sul giornale francese Le Figaro, dove è possibile leggere delle testimonianze dirette di chi, al di là delle strategie e dei discorsi ufficiali, la detenzione amministrativa la vive tutti i giorni sulla propria pelle.

Prigioniero incredulo dentro il centro di detenzione per irregolari di Ta’Kandja, John Oruru, un nigeriano di una ventina d’anni, ha scarabocchiato di fretta un messaggio che porge al visitatore di passaggio allo stesso modo in cui lancerebbe una bottiglia nel mare: « sono solo in mezzo a cento somali con cui non riesco a capirmi perchè non parlo la loro lingua. Faccio del mio meglio per stare bene, ma è troppo difficile per me rimanere in queste condizioni”, scrive in un inglese esitante. “ Quando un figlio chiede al proprio padre del pane o da bere, lui non gli dà una pietra, nè un serpente. Nel nome del Padre, io chiedo di essere trasferito in un altro centro”, conclude.

Ogni singolo detenuto nella prigione maltese, di suppliche come questa, ne esprime all’infinito. Un uomo di origine somale chiede ancora una volta della moglie incinta, rinchiusa in una cella vicina e che lui non vede più da tre settimane. Un adolescente mostra sul suo gomito e sulla coscia, le bruciature dovute all’incendio della sua casa, in Somalia, e chiede di essere curato. Uno dei suoi compagni di sventura, visibilmente minorenne, chiede di essere ricongiunto a sua sorella, che si trova in un altro centro, ad Hal Far. Una giovane nigeriana dal sorriso triste, Abraham Meicy, si lamenta del cibo che viene regolarmente servito dentro la prigione : pollo e patate. Tutti, comunque, attendono la stessa scadenza: poter infine “incontrare la commissione per i rifugiati” nella speranza di ottenere, su questa terra maltese di cui loro non sapevano niente prima della traversata clandestina, il diritto d’asilo.

Nell’attesa, sono 460, di cui la maggior parte giovani donne, che provengono principalmente dalla Somalia, ma anche dalla Nigeria, dall’Eritrea e dalla Costa d’Avorio, ad ammassarsi dentro questo centro “chiuso”, situato al confine con l’aeroporto nazionale.
Nove anni fa, questa vecchia caserma dell’esercito britannico è stata riconvertita in prigione per immigrati irregolari. Di recente, le autorità del paese hanno iniziato a restaurarla, cosa che ne fa, agli occhi delle ONG maltesi, una prigione di lusso se comparata alle altre due, Safi (circa 1000 detenuti) e Hal Far (500), di cui viene regolarmente denunciato lo stato di insalubrità.

Per protesta, contro la “scelta” della autorità maltesi di mettere “sistematicamente” in detenzione i nuovi clandestini, l’associazione Medici senza frontiere ha deciso di sospendere la propria missione umanitaria sull’isola. Il commissario europeo per la giustizia, Jacques Barrot, è partito giovedì per una vista di due giorni nel Mediterraneo per indagare nel merito. Arriverà a Malta venerdì sera.

L’incomprensione tra i carcerieri e i detenuti

A Ta’Kandja, gli edifici in calce viva sono stati costruiti rapidamente. Ciascuna delle celle, l’equivalente di un dormitorio, accoglie una cinquantina di migranti irregolari, e dà su una piccola corte interna circondata da late mura, accessibile ogni giorno dalle dieci di mattina alle quattro del pomeriggio. Una semplice porta in legno, chiusa a doppia mandata, le separa dagli spazi comuni. A turno,ai prigionieri vengono destinati dei lavori “domestici”. Una volta la settimana, gli uomini e le donne si ritrovano all’esterno per chiacchierare una o due ore.
A dispetto di questa apparenza di vita che si organizza, le autorità maltesi sono sempre più incalzate. Dall’inizio dell’anno, nonostante le tempeste invernali del Mediterraneo, quasi 800 “clandestini”- ovvero più di un terzo di quelli registrati durante tutto l’anno precedente ( 2.775) sono sbarcati sulle coste di Malta provenendo dalla Libia.
Molti di loro sognavano di un falso eldorado italiano, ma a causa delle correnti contrarie, della vigilanza delle pattuglie marittime o della svogliatezza dei passeurs (ai quali hanno dato tra settecento e mille dollari), sono finiti rinchiusi in quest’isola minuscola popolata da 400000 abitanti e della quale ignoravano persino l’esistenza.
Prima di potere terminare i lavori – resta ancora da circondare la corte interna con il filo spinato – il direttore della prigione di Ta’Kandja ha dovuto accogliere questa popolazione di "indesiderabili". Sono stati aggiunti dei letti alle celle, aumentando così la promiscuità e i rischi di trasmissione di malattie contagiose: sono stati recensiti alcuni casi di tubercolosi.
Tra il carceriere e i suoi ospiti è l’incomprensione. Il primo dubita della verità delle testimonianze dei secondi che, a loro volta, non comprendono le ragioni della propria triste sorte. “non posso liberarti”, cerca di spiegare il direttore, Martin Wysen, a Meicy.
Quel che questa giovane nigeriana non sa ancora è che probabilmente Malta non le offrirà mai il futuro dorato che lei ha sognato. Gli argomenti che invoca per chiedere il diritto d’asilo – un oscuro conflitto religioso che ha messo in contrasto i suoi genitori e l’assenza di «futuro » - rischiano di non convincere la Commissione maltese per i rifugiati, l’organismo ufficiale incaricato di istruire le richieste d’asilo.
“Durante le interviste, i nigeriani ci parlano di sacre reliquie, di principesse, di cose molto complicate”, conferma il responsabile, Mario Guido Friggieri. Niente a che vedere con i racconti più precisi delle vittime somale della guerra civile o degli immigrati eritrei, arruolati di forza, a volte per dieci anni, nell’esercito nazionale.
Sulle 2692 decisioni prese l’anno scorso dalla Commissione, 1279 si sono tradotte in un diniego della richiesta di asilo. le persone rigettate vorrebbero essere espulse ma, nella pratica, è difficile effettuare queste operazioni. Solamente 19 migranti hanno avuto concesso lo status di rifugiati in virtù della Convenzione di Ginevra. 1 387 hanno invece ottenuto una « protezione sussidiaria », l’equivalente di un permesso di soggiorno, spesso accordato per un anno, ma quasi sempre rinnovato.

Fenomeni di ostracismo

Awil Ali Khadar è uno di questi fortunati eletti, anche se questo aggettivo può sembrare incongruo. Arrestato sulle coste maltesi il 30 maggio del 2008, questo somalo che è fuggito dai combattimenti della capitale Mogadiscio è stato imprigionato per otto mesi nel famigerato centro chiuso di Hal Far. «Fin dal primo momento dentro questa prigione si diventa pazzi », afferma Awil, che riscopre una libertà fittizia in questa isola mediterranea dell’Ue.
Da tre settimane ha avuto una protezione temporanea valida fino al 24 febbraio 2010, e il giovane uomo trascorre i suoi giorni dentro un campo di fortuna, tirato su di fronte alla sua vecchia prigione, con in tasca i 130euro del sostegno accordato ogni mese dalle autorità maltesi.
In questo luogo isolato, situato al margine di un deposito di container, il governo ha fatto mettere una quarantina di tende militari, sprovviste di luce e di riscaldamento, nella quale convivono una dozzina di persone. Quando scende la notte il freddo si fa sentire. In numero insufficiente, i bagni e le docce sono di una sporcizia ripugnante.
La scorsa settimana, la tenda di Awil è stata distrutta dalla tempesta e il giovane uomo ha dovuto cercare riparo dentro una baracca vicina. Su un muro della sala comune, restano attaccate delle vecchie offerte di lavoro su un foglio ingiallito. Gli abitanti del centro hanno teoricamente il diritto di lavorare, ma, a costo della crisi, i posti sono diventati sempre meno. “non so davvero cosa fare” conferma Awil.

Esiliati dal loro paese, questi rifugiati africani si imbattono inoltre in una popolazione locale che li paragona a «piccioni che si fiondano sui nostri chicchi di grano» e li accusano di occupare i posti di lavoro dei maltesi facendosi pagare due volte di meno. Questo fenomeno di ostracismo si spiega, secondo le autorità, con le misure dell’isola, su cui la densità di popolazione è una delle più elevate del mondo.
Secondo il governo, l’arrivo di un solo migrante a Malta equivale a quello di 1 129 in Germania e di 953 in Italia.

(traduzione a cura di Alessandra Sciurba)

Sui centri di detenzione a Malta vedi anche:
- Malta e le politiche migratorie dell’Unione Europea. Testimonianze da un’isola - prigione.
di Pierre Avril, da "le Figaro" (France), 13 marzo 2009
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:44 am

???

O Malta o morte - Il Foglio
di Matteo Matzuzzi

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2017/02/0 ... sco-118743

La povertà, il bisogno e la malattia non sono solo privazione. Sono isolamento. Un giorno senza cibo è spesso sufficiente per spezzare l’unità di una famiglia. Il continuo doversi occupare di un malato che si ha in casa – e il più delle volte con pochi mezzi finanziari a disposizione – è sì un esercizio di pazienza e amore, ma a volte distrugge quel minimo di gioia di vivere, trasformando anche i gesti d’amore in un esercizio che può guastare l’anima”. Parte da questa considerazione Riccardo Paternò di Montecupo, presidente dell’Associazione dei Cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta per spiegare in cosa sia impegnato, oggi, il più antico Ordine religioso laicale della chiesa cattolica, essendo stato fondato nel lontano 1113. “A queste innumerevoli situazioni di disagio sociale che quotidianamente ci circondano – aggiunge Paternò, appartenente a un’antichissima millenaria principesca famiglia siciliana da sempre legata all’Ordine di Malta – si aggiunge ormai il drammatico tema dei rifugiati. Guerre, povertà, persecuzioni e cambiamenti climatici hanno indotto milioni di persone ad abbandonare le loro case. È bene che si sappia che sono circa 180 milioni le persone colpite da conflitti e calamità varie, cosa che si traduce in sessanta milioni di sfollati al mondo, venti dei quali sono rifugiati, trentotto sono sfollati e circa due milioni sono richiedenti asilo”.

I numeri, dopotutto, spiegano più d’ogni saggio la situazione sul terreno, drammatica e spesso ignorata: “Solo i rifugiati siriani registrati in Libano agli inizi del 2016 erano più di un milione. Tutti accolti in villaggi costruiti per duecento persone e che ora accolgono spesso più di duemila rifugiati”, spiega Paternò. “E situazioni simili le troviamo in Mali, Sud Sudan e Pakistan. Nella Repubblica Democratica del Congo, migliaia di donne fuggono dalle violenze sessuali e circa tre milioni di sfollati cercano di sopravvivere”. E, ancora, la Repubblica Centrafricana, visitata poco più d’un anno fa dal Papa, con l’apertura della Porta Santa nella cattedrale di Bangui. Un paese che è al penultimo posto al mondo quanto ad aspettativa di vita. Attraverso l’ambasciata a Bangui, l’Ordine sostiene quattordici centri sanitari aiutando centomila persone. Ogni anno, Ordre de Malte France fornisce cibo a tremila bambini malnutriti ed esegue novantamila esami medici nelle strutture sanitarie che esso finanzia.

Ma non serve andare così lontano per comprendere la portata del problema: si guardi al numero dei migranti sbarcati sulle nostre coste nel 2015, quasi 154 mila. “Tutto ciò crea problemi umanitari senza precedenti per coloro che fuggono e per coloro che accolgono: cibo, riparo, sostegno medico e psicologico, inserimento”. Ebbene, aggiunge il nostro interlocutore, “in questo contesto così drammatico, fatto di quotidiani fenomeni di bisogno e di straordinari eventi che comprendono anche quelli causati dai nostri recenti disastri naturali, l’Ordine di Malta, con le sue innumerevoli attività sparse in tutto il mondo, dà un aiuto che credo sia inimmaginabile ai più. La maggior parte della gente probabilmente non sa cosa sia in realtà il nostro Ordine, cosa esso rappresenti a livello globale, come sia strutturato e quante e quali energie metta quotidianamente in campo all’ombra di un principio che è scolpito nelle sue carte, ma ancor prima nelle coscienze dei suoi membri: tuitio fidei et obsequium pauperum”.

Ma che cos’è l’Ordine? Chi ne fa parte? Nell’immaginario collettivo, si tratta di una sorta di club elitario, aristocratico e poco sintonizzato con la quotidiana realtà che affligge questo mondo. Per molti, un gruppo fuori dal tempo, residuo di un’epoca finita e che non può tornare. A scorrere le cifre dell’attività (anch’essa quotidiana) dei Cavalieri, le cose stanno in maniera ben diversa. E’ sempre Paternò a spiegare che i membri dell’Ordine sono poco più di tredicimila, di cui tremila solo in Italia. Allargando l’orizzonte, nei cinque continenti si aggiungono oltre centomila volontari permanenti, divisi in vari corpi, “fra i quali uno è di soccorso internazionale che interviene a seguito di catastrofi naturali o di conflitti”. L’Ordine gestisce in tutto il mondo venti ospedali, 1.500 centri medici e posti di pronto soccorso, molti dei quali in zone di crisi umanitarie, centodieci case per anziani. Ha, in tutto, 25 mila dipendenti: medici, paramedici, assistenti sociali, esperti di soccorso in situazioni d’emergenza”.

È fondamentale ricordare, spiega Paternò, “che il nostro Ordine, in virtù di quanto sancito nella nostra Costituzione all’articolo 2.2, aiuta tutti senza distinzione di religione, razza, origine ed età e mette in piedi circa cento progetti speciali all’anno in circa venticinque paesi”.

La storia è antichissima, affonda le radici in epoche di crociate, di difesa dei luoghi santi, di Mediterraneo teatro di guerre (anche se non soprattutto su base religiosa). La nascita dell’Ordine (allora di San Giovanni di Gerusalemme) risale al 1048, quando alcuni mercanti di Amalfi ottennero dal califfo egiziano il permesso di edificare a Gerusalemme una chiesa, un convento e un ospedale. Fine dell’opera: assistere i pellegrini di ogni fede. Più tardi, con la bolla del 15 febbraio 1113 di Papa Pasquale II, l’ospedale viene posto sotto la tutela della chiesa, con diritto di eleggere liberamente i suoi superiori, senza interferenza da parte di altre autorità laiche o religiose. Tradotto: l’ospedale diventa un Ordine religioso laicale. Tutti i cavalieri erano religiosi. La costituzione del Regno di Gerusalemme, poi, costrinse l’Ordine ad assumere la difesa militare dei malati e dei pellegrini e a proteggere i propri centri medici e le strade principali. Passaggio fondamentale: alla missione ospedaliera, l’Ordine aggiunge la difesa della fede. E poi gli anni delle grandi traversie, il trasferimento a Cipro, quindi a Rodi e nel 1530 – dopo aver abbandonato Limassol in seguito alla battaglia contro l’esercito di Solimano il Magnifico – a Malta. Qui i cavalieri, nel 1565, furono impegnati nella difesa dell’isola dall’assedio ottomano. Vinsero e costruirono la città e il porto della Valletta, che prese il nome del Gran Maestro dell’epoca, fra’ Philippe de Villiers de l’Isle-Adam. Furono costruiti palazzi, giardini, bastioni; fu avviata la facoltà di Medicina nonché uno dei più grandi e avanzati ospedali del mondo. Nel 1578 la Sacra Infermeria era l’ospedale più grande e attrezzato del Mediterraneo, nel 1912 la nave ospedale Regina Margherita gestita dall’Ordine trasportò dodicimila feriti durante la guerra di Libia.

“Nel corso della Prima guerra mondiale, i nostri treni ospedale, sui vari fronti e in modo imparziale, hanno assistito 800 mila feriti”, sottolinea Paternò, e le immagini in bianco e nero tratte dalla storia, mentre in Europa infuriava il guerrone profetizzato da Pio X, sono a testimoniarlo. Come l’istantanea che ritrae un treno ospedale del Gran Priorato di Austria e Boemia, uno dei tanti che percorse in lungo e in largo il continente per portare soccorso. O come la foto dell’ospedale ausiliare di Verdun, teatro di uno dei più sanguinosi massacri del Primo conflitto mondiale. Bombardato, spostato più volte, divenuto trappola per decine di pazienti e medici. Venendo ad anni più recenti, dove la storia si mescola con l’attualità, c’è una data che è ben impressa nella memoria dei Cavalieri: il 1990, quando nacque “il primo bambino nell’ospedale dell’Ordine a Betlemme. A oggi, lì sono nati oltre 65 mila bambini, per lo più palestinesi”, aggiunge il presidente dell’Associazione dei Cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta.

Un’attività continua a ogni latitudine, il che spiega bene perché, pur non avendo né territorio né popolazione (e cioè due delle tre condizioni che uno stato deve soddisfare per essere considerato soggetto di diritto internazionale), l’Ordine di Malta intrattiene relazioni diplomatiche con 106 stati, con l’Unione europea (attraverso lo scambio di ambasciatori) e relazioni ufficiali con altri sei stati. Ha osservatori permanenti presso le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate, nonché presso le principali organizzazioni internazionali. “La nostra sovranità è riconosciuta per le attività grazie alle quali abbiamo guadagnato l’ammirazione di 106 stati sovrani che intrattengono con noi regolari relazioni diplomatiche. Il rispetto che il mondo ci dà costituisce perciò la nostra maggiore forza e il miglior viatico per guardare al futuro”.

Ma non c’è solo l’assistenza in terre piagate da guerre senza fine, quasi eterne, la cui soluzione non si intravede. L’elenco di questi casi è lunghissimo, è noto nella sua triste costanza. In Italia, ad esempio, tra le numerose attività di volontariato ci sono la mensa serale due giorni a settimana per i senzatetto a Roma, presso le stazioni Termini e Tiburtina. Ventiduemila pasti serviti in media ogni anno. Poi c’è la gestione della mensa sociale nel Santuario di Pompei, che ogni giorno serve cento pasti agli indigenti. “Le attività ospedaliere gestite dall’Associazione dei Cavalieri italiani sono costituite da dodici centri medici specializzati che operano in diverse città italiane e dall’ospedale San Giovanni Battista a Roma”. Vi è poi l’attività ambulatoriale, con le tredici strutture distribuite tra Lazio, Campania, Liguria e Puglia che erogano complessivamente circa due milioni di prestazioni all’anno. Impegno anche sul fronte migranti. “Nel 2015 sono stati 153 mila i migranti sbarcati sulle coste dell’Italia meridionale. A prestare soccorso ai superstiti c’erano in prima linea i medici e gli infermieri del Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, con squadre permanenti a bordo delle navi della Guardia costiera e della Guardia di finanza italiane”. “Attualmente – aggiunge Paternò – il nostro personale sanitario è attivo nelle operazioni di soccorso con cinque team sanitari, formati da un medico e da un infermiere, tre dei quali a Lampedusa a disposizione della Guardia costiera e della Guardia di finanza, e due a bordo delle unità navali maggiori della Guardia costiera”. Inoltre, “da gennaio 2016 a oggi sono stati tratti in salvo dalla Guardia costiera più di 28 mila migranti, 13 mila dei quali hanno necessitato di cure mediche da parte del nostro personale sanitario”. Dal 2008 a oggi, i volontari impiegati sono 1.109, con una media di circa 123 l’anno.

C’è, meno conosciuta, l’opera che viene compiuta negli Stati Uniti, dove quasi due milioni e mezzo di individui affollano le locali prigioni. L’assistenza e il sostegno psicologico ai detenuti sono una delle principali attività dell’Associazione americana dell’Ordine di Malta. Si tratta d’un progetto su cui converge da anni l’impegno delle altre associazioni dell’Ordine nel nord America, da quella federale a quella occidentale, fino a quella canadese. A oggi sono trentuno gli stati che vedono membri e volontari dell’Ordine operare con programmi di sostegno ai detenuti e ai loro familiari. A fronte di un tasso di recidività molto alto – il 65 per cento degli ex carcerati finisce prima o poi di nuovo in prigione – l’Ordine di Malta è particolarmente impegnato nell’agevolare il reinserimento degli ex detenuti nella società con un percorso di sostegno alla formazione professionale e per la ricerca di un alloggio, immediatamente dopo il rilascio.

Basta poi andare in Libano per vedere che lo stereotipo del club elitario per nobili non corrisponde alla realtà. Qui l’Ordine realizza campi estivi per ragazzi disabili. Strutture che sono un laboratorio di creatività, socializzazione e ascolto per centinaia di ragazzi e ragazze, assistiti da un gruppo internazionale di giovani (sempre dell’Ordine) provenienti da Germania, Francia, Gran Bretagna, Polonia, Austria, Svizzera, Spagna, assieme ai loro coetanei libanesi. “La religione non è un problema nei nostri centri, né per le persone che servono né per i pazienti che qui vengono: la domanda su quale Dio preghino non viene neanche formulata”, dice suor Maria Josepha, responsabile del centro d’assistenza dell’Ordine a Kefraya, nel nord del Libano. Un villaggio a maggioranza musulmana sunnita, dove gli ambulatori socio-sanitari dell’Ordine di Malta si prendono cura di pazienti provenienti da oltre quaranta villaggi circostanti. Qui, l’Ordine gestisce una rete di ventotto diverse iniziative umanitarie che raggiungono cristiani e musulmani in egual misura, gestite in collaborazione con congregazioni o fondazioni religiose di fedi diverse. “L’atmosfera è di profondo rispetto”, dice infatti l’ospedaliere dell’associazione libanese, Paul Saghbini. “I visitatori ci chiedono sempre con entusiasmo come possono diventare membri o volontari dell’Ordine di Malta, spiegano Monica Lais e Valérie Guillot, curatrici del Visitors Centre, nella sede del Palazzo Magistrale di via Condotti, a Roma: questa, osservano, “è la prima indicazione del successo del Centro. Italiani, americani, spagnoli, tedeschi, francesi, giapponesi, taiwanesi, russi: ci confrontiamo con nazionalità diverse, e già centinaia di persone hanno visitato il Centro dalla sua apertura”. I visitatori, appena vedono le foto dell’opera quotidiana dell’organizzazione, chiedono cosa essa faccia oggi. “La finalità dell’Ordine di Malta può solo essere quella di aiutare chi soffre, pertanto esso non ha bisogno né di frontiere né di territorio”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » dom lug 02, 2017 9:45 am

Dov’è scritto che tutti i migranti soccorsi nel Mediterraneo debbono essere portati in Sicilia e nel resto d’Italia? – La Voce di New York
di Martha Libri
2015/06/26

http://www.lavocedinewyork.com/onu/2015 ... to-ditalia

Infatti non è previsto da alcuna legge. Anzi, leggi e trattati internazionali alla mano, le imbarcazioni - soprattutto quelle non italiane - dovrebbero portare i naufraghi nei Paesi più vicini e non in Sicilia e nel resto d’Italia. Vi raccontiamo gli inghippi che stanno dietro questa matassa imbrogliata

In attesa di scoprire quale sia il tanto atteso “piano B” per risolvere il problema dei migranti, preannunciato ma mai descritto dal premier Matteo Renzi, il governo ha deciso di ricorrere ad un piano C: ovvero, ribadire cose ovvie. Oggi Renzi dice: “I richiedenti asilo si accolgono, i migranti per motivi economici vengano rimpatriati”. Ovvio: lo prevede la legge e lo prevedono gli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia. E questo ben prima che il “Nuovo che avanza” arrivasse a salvare il Paese.

“Sul tema dell’accoglienza ci vogliono soluzioni che rispondano a requisiti etici e criteri di ragionevolezza”, ha rilanciato Renzi. Sorge spontanea una domanda: ma se ad essere accolti dovevano essere solo i richiedenti asilo, perché, da anni, si permette a centinaia di migliaia di persone di varcare la frontiera? In altri Paesi europei, il comportamento dei governi è stato ben diverso: da un lato, quanti avevano diritto al riconoscimento dello stato di rifugiato politico o di profugo sono stati accolti a braccia aperte (e in percentuali ben maggiori che in Italia); dall’altro, però, a chi non aveva alcun diritto di insediarsi in quel Paese non è stato permesso neanche di entrare. A volte, anche con misure dure come sul fronte occidentale, al confine tra Marocco e Spagna, dove sono stati costruiti (e per di più attingendo a fondi comunitari) muri per limitare gli ingressi illegittimi. O come sul fronte orientale, dove la Turchia ha fatto lo stesso e ha alzato barriere fisiche per limitare l’accesso di immigrati irregolari provenienti dal Medio Oriente (limitando, però, così anche l’accesso a quanti aveva diritto di entrare in Turchia come i richiedenti asilo e i profughi provenienti dalla Siria). In altri Paesi come in Ungheria, si è arrivati perfino a sospendere il trattato di Dublino…

In Italia, invece, non solo da anni i governi si sono dimostrati assolutamente incapaci di arginare questi flussi (e la situazione è peggiorata in modo spaventoso negli ultimi diciotto mesi), ma i nostri esemplari di Homo politicus non perdono occasione di dimostrare la propria capacità di fronteggiare il problema anche dal punto di vista normativo.

Dopo la presa in giro delle “quote” da mandare in altri Paesi europei e dopo la debacle ai confini con la Francia, dove i nostri politici hanno dimostrato di non conoscere nemmeno gli accordi bilaterali sottoscritti con i Paesi vicini (come potete leggere in questo articolo), il governo Renzi ha deciso di consentire a imbarcazioni di ogni Paese cariche di immigrati clandestini soccorsi in mare aperto, di sbarcarli in Italia. Due giorni fa, 223 i migranti sono stati sbarcati sulle coste italiane dopo essere stati “prelevati” in mare dal mercantile Torm Arawa, battente bandiera di Singapore. Idem per 770 persone (tra cui 169 donne e 44 minori) “scaricate” nel porto di Palermo da un grosso rimorchiatore battente bandiera norvegese. Tre giorni fa il rimorchiatore d’altura Bourbon Argo, battente bandiera lussemburghese, ha scaricato 730 clandestini prelevati nel Canale di Sicilia a Crotone.

In questo modo i nostri governanti hanno dimostrato, per l’ennesima volta, di non conoscere le leggi che regolano la materia. Nel momento stesso in cui i “migranti” vengono soccorsi in mare, la loro qualifica non è più quella di miranti, ma diventano naufraghi.

In base a quanto previsto dal diritto internazionale del mare, la sovranità di uno Stato si estende sino alle dodici o ventiquattro miglia nautiche (mare territoriale): oltre tale limite tutti gli Stati possono usare liberamente il mare. Questo principio è sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay del 10 dicembre 1982, che nel nostro Paese è entrata in vigore nel gennaio 1995. Nessuno finora ha fatto notare ai nostri politici che l’Italia vanta un ritardo pluridecennale nella definizione della cosiddetta zona contigua, la zona d’alto mare entro la quale lo Stato costiero può esercitare poteri di vigilanza doganale e sanitaria, (di solito si estende fino a 12 o 24 miglia): in Italia, infatti, i vari politici impegnati in festini o in riunioni del Bilderberg o altri club simili o in selfie, hanno dimenticato di istituire la zona contigua nazionale (scaduta quella definita nel 1958, non è stata dichiarata formalmente e conformemente alle normative internazionali sebbene se ne è accennato nella cosiddetta legge Bossi-Fini del 2002) ….

Al di fuori di questo spazio, una nave o un natante è legato ad una nazionalità in base alla bandiera che la nave ha ottenuto da uno Stato (quante volte abbiamo sentito dire “battente bandiera ….”). In base a questo principio qualsiasi imbarcazione proveniente da uno Stato estero è come se fosse un’estensione di questo Stato, con diritti e doveri. Le uniche eccezioni riguardano pochi casi particolari, come la pirateria.

L’articolo 98 dell’accordo impone che il comandante di una nave (come quelle che da qualche mese bazzicano nel Mediterraneo in attesa di poter soccorrere una carretta del mare colma di migranti) “presti assistenza a chiunque si trovi in pericolo in mare; vada il più presto possibile in soccorso delle persone in difficoltà […]; presti soccorso, in caso di collisione, all’altra nave, al suo equipaggio ed ai passeggeri e, nella misura del possibile, indichi all’altra nave il nome ed il porto d’iscrizione e il primo porto del suo approdo”. Il secondo comma prevede che gli Stati costieri creino e curino il funzionamento di un servizio permanente di ricerca e di salvataggio adeguato ed efficace per garantire la sicurezza marittima e aerea e, se del caso, collaborino a questo fine con gli Stati vicini nel quadro di accordi regionali.

Tutti i trattati internazionali (come la Convenzione del 1989 sul soccorso in mare o la Convenzione Internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974, detta Convenzione Solas, o la Convenzione on Marittime Search and Rescue – Sar del 1979), in cui si parla di soccorso in mare, sono chiari in proposito: i soccorritori hanno l’obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare “regardlerss of the nationality or status of such a person or the circumstances in which that person is found”, senza distinguere a seconda della nazionalità o dello stato giuridico, e l’obbligo della prima assistenza, ma anche il dovere di sbarcare i naufraghi in un “luogo sicuro”. Ma in nessuna di queste Convenzioni si parla di attraversare mezzo Mediterraneo per portare i naufraghi fino alle coste dell’Italia. Anzi, la situazione di saturazione dei porti della Sicilia e del Meridione d’Italia dovrebbe escluderli: in base alle convenzioni “ogni operazione e procedura come l’identificazione e la definizione dello status delle persone soccorse, che vada oltre la fornitura di assistenza alle persone in pericolo, non dovrebbe essere consentita laddove ostacoli la fornitura di tale assistenza o ritardi oltremisura lo sbarco”. Cosa che dovrebbe escludere i porti del Meridione d’Italia che sono ormai stracolmi di migranti…

Sorge spontanea una domanda: perché tutte le navi che corrono in soccorso delle carrette del mare scaricano i naufraghi (ma a questo punto non sono più “migranti”, ma “naufraghi”), in Italia? Se quelli che vengono soccorsi sono “naufraghi”, i porti più vicini non sono quelli italiani, ma quelli della Tunisia o della Libia. Pochi sanno che, nonostante le decine di scambi e di visite tra i nostri politici (da Berlusconi a Monti e molti altri) e i politici locali (poi cacciati o giustiziati), molti di questi accordi non sono mai stati chiariti o ratificati né dalla Tunisia né dalla Libia.

Poco male, restano sempre altri “porti sicuri” sull’isola di Creta, in Grecia o, nel peggiore dei casi, a Malta. convenzione di ginevraE invece, stranamente, anche quelli che vengono soccorsi appena partiti da Sirte o da Misrata, in Libia, vengono portati fino in Italia. Qui quelli cui fa comodo il flusso di migranti ricorrono all’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, in base al quale “nessuno può essere espulso o respinto verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”. Dimenticando che molti di questi naufraghi/migranti spesso non comunicano la propria nazione d’origine, né permettono di essere identificati con certezza, ben sapendo che ad avere il diritto di beneficiare del titolo di “rifugiato” o di “profugo” sono solo una minoranza di loro (in base ai dati dell’UNHCR intorno al 12 per cento).

Una totale caos normativo che nessuno, finora, si è preso la briga di regolamentare legiferando in proposito. E questo nonostante negli uffici di Bruxelles e di Strasburgo e in Italia (ma anche in tutti gli altri Paesi europei) bazzichino centinaia, anzi migliaia di politici e di funzionari. Le norme vigenti – il riferimento è alle norme della Convenzione di Montego Bay e le norme del diritto internazionale consuetudinario, che permettono ad uno Stato di esercitare la sua giurisdizione nei confronti di navi straniere sospettate di trasportare immigrati clandestini in alto mare – sono maledettamente lacunose quando il problema sono “migranti” che affondano in acque internazionali divenendo “naufraghi”.

In realtà, in attesa che la il Parlamento Europeo decida di regolamentare la faccenda, una soluzione ci sarebbe. In mancanza di accordi internazionali, le violazioni delle normative sull’immigrazione costituiscono illeciti di rilevanza interna agli ordinamenti nazionali degli Stati coinvolti nel traffico (Stato di partenza; Stato di destinazione o entrambi). Quindi, l’illecito di “immigrazione clandestina” nasce nel momento stesso in cui i naufraghi, prelevati i mare da navi battenti bandiera di chissà quale Paese, vengono sbarcati sulle coste italiane. E non già prima, cioè quando la nave che li trasporta si trova ancora in alto mare. Fino ad allora sono “migranti” o, nel peggiore dei casi, “naufraghi” e, in quanto tali, da soccorrere.

Quindi, per assurdo che possa sembrare, basterebbe chiedere (o imporre) che i naufraghi soccorsi in mare venissero portati in altri porti e in altri Paesi. Magari quelli più vicini. O quelli meno saturi di migranti da gestire. O quelli da cui sono appena salpati (alcuni soccorsi sono stati fatti entro le venti miglia nautiche dalle coste libiche). Basterebbe evitare che tutti quelli che stanno correndo in soccorso dei migranti sulle carrette del mare li sbarchino in Italia, scaricando insieme ai naufraghi il problema della loro gestione agli italiani.

Nei primi anni duemila in molti avevano già compreso che era un rischio consentire a centinaia di migliaia di “migranti/naufraghi” di essere scaricati sul groppone dell’Italia. Per questo erano state adottate politiche diverse: chi non aveva il diritto di varcare il tratto di mare antistante le coste italiane veniva respinto; a volte anche duramente. Non a caso, nell’agosto del 2006, l’Asgi, associazione studi giuridici sull’immigrazione, manifestò preoccupazione all’annuncio dato dal nuovo Governo italiano sull’avvio di pattugliamenti europei nel Mediterraneo: “Tali pattugliamenti, da attuarsi con unità navali congiunte tra più Paesi europei, appaiono finalizzati a contrastare l’arrivo di cittadini stranieri in fuga sulle cosiddette carrette del mare verso le coste italiane”.

Un comportamento duro che nasceva dalla conoscenza delle leggi vigenti e dall’aver compreso quali erano i rischi legati alla carenza di alcuni accordi internazionali. Una coscienza che i “nuovi” politici, troppo impegnati nel cercare di definire il piano B sembrano aver perso…
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » ven lug 21, 2017 6:56 am

Migranti, l'esempio della Spagna: rimpatri in 48 ore e centri chiusi
Spagna, +130% di arrivi di migranti via mare nel 2017
20/07/2017

http://www.affaritaliani.it/cronache/mi ... 91291.html

Il numero di migranti giunti via mare sulle coste spagnole ha registrato un aumento del 130% nei primi sei mesi dell'anno, rispetto allo stesso periodo del 2016, secondo dati del ministero degli interni di Madrid. Al 22 giugno erano arrivate via mare 5.972 persone, contro le 2.594 nello stesso periodo dell'anno scorso. È anche praticamente raddoppiato il numero dei barconi arrivati sulle coste spagnole nei primi sei mesi, 258 invece di 143 l'anno scorso. L'area in cui si registra il maggior numero di arrivi (il 94,6%) è quella dello Stretto di Gibilterra e dell'Andalusia, dove le coste africane e spagnole sono più vicine. Il quotidiano on line El Independiente rileva inoltre che sui barconi in arrivo dalle coste nord-africane si trova ora un numero crescente di persone originarie del Maghreb, oltre ai 'tradizionali' Migranti sub-sahgariani.

L'approccio duro della Spagna: rimpatri in 48 ore e centri di identificazione chiusi

Ma l'approccio della Spagna alla questione è sempre stato molto molto duro. A maggior ragione lo è adesso in corrispondenza dell'apertura di una nuova rotta verso le coste andaluse che rappresenta un'alternativa alla classica rotta libica con arrivo in Italia. A giugno il numero di profughi arrivati in Andalusia sono stati quasi duemila, in grande maggioranza provenienti dai paesi centroccidentali dell'Africa. Madrid non fa sconti e mantiene la sbarra d'accesso chiusa in maniera quasi ermetica. Sull'isola De Las Palomas vengono tenuti i marocchini, in attesa di essere rispediti in patria. Secondo un accordo tra Spagna e Marocco, infatti, Madrid ha il diritto di rimpatriare i cittadini marocchini entrati clandestinamente entro 48 ore. E gli altri? Vengono smistati in centri di identificazione chiusi dove possono essere trattenuti fino a 60 giorni in strutture che molto spesso assomigliano a delle carceri.

E l'Italia? In balia dell'Ue e presa a schiaffi dall'Austria

Nel frattempo l'Italia continua a vivere il suo personale dramma. In balia di un'Unione Europea che spesso ha un atteggiamento tra l'ondivago e il menefreghista, il nostro paese si trova quasi in solitudine ad affrontare l'emergenza dopo la chiusura della rotta balcanica e l'accordo tra Ue e Turchia del marzo 2016, con le isole greche che hanno smesso di essere prese d'assalto dai profughi in arrivo dal Medio Oriente. Situazione diversa per l'Italia. Impossibile fare accordi con un paese instabile come la Libia. E allora gli sbarchi proseguono senza sosta. E il nostro governo non riesce a ottenere risposte concrete dall'Europa, a parte qualche pacca sulle spalle. Anzi, al contrario viene persino umiliato dall'Austria. In particolare, il ministro Alfano ha subito l'attacco a Vienna del ministro degli Esteri Kurz: "Tenete i migranti a Lampedusa o chiudiamo il Brennero". Quanto è lontana la Spagna...
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Re: Perché Malta non soccorre e non accoglie?

Messaggioda Berto » mar lug 25, 2017 3:08 am

??? I dementi irresponsabili e manipolatori dei diritti umani di questo giornalaccio infame. Ricordo a questi imbecilli che i paesi dell'Est di sono liberati della mostruosità sovietica dell'URSS non certo per finire in un'altra mostruosità simile che è l'UE ???

Polonia, gli Stati dell'Est fanno la guerra su diritti, giustizia e migranti: così la Contro-Europa demolisce i valori dell'Ue
di Leonardo Coen | 24 luglio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07 ... ue/3751519

La riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dal governo di Varsavia è solo l'ultimo episodio: gli Stati di Visegrad - Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia - riemersi dal blocco comunista, mettono in discussione i principi fondanti dell'Unione e le decisioni di Bruxelles a partire dal ricollocamento dei richiedenti asilo in nome della sovranità statale. Una battaglia aperta, culturale ed ideologica contro il sistema democratico che Bruxelles rischia di perdere ???

Ricorsi della Storia? Vengono i brividi, ad immaginare il potenziale distruttivo che incombe su di noi. Anche nel 1939 tutto cominciò da quella che allora venne chiamata “crisi polacca”, in realtà un pretesto inventato dai nazisti, che invasero la Polonia fieramente nazionalista – coll’assenso di Stalin – innescando la Seconda Guerra Mondiale. Quasi ottant’anni dopo, un’altra minaccia grava sull’Europa che si vorrebbe unita e che invece è sempre più divisa e incontrollabile. Il governo polacco, guidato dal partito che beffardamente si chiama Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedlywose, formazione iper conservatrice, nazionalista ed euroscettica pilotata dall’ex premier Jaroslaw Kaczynski, anche se formalmente non occupa alcuna funzione), sta infatti distruggendo lo Stato di diritto del Paese. Per il momento, parte di questo progetto dittatoriale è stato frenato dal no del presidente Andrzej Duda e dalle proteste che si sono diffuse in tutta la Polonia. In realtà, la mossa di Duda – che è sempre stato una “pedina” di Diritto e Giustizia – è stata dettata dalla paura che la Commissione Europea inneschi l’articolo 7 del Trattato di Lisbona, ossia la sanzione che priverebbe Varsavia del suo diritto di voto. Sinora non è mai stato applicato. Gli eurocrati la chiamano “bomba nucleare istituzionale” perché di fatto conduce al bando dall’Unione.

E qui arriviamo al dunque: la Polonia ha ancora tanto da guadagnare, a star dentro l’Ue, da cui ha avuto e vuole tutti i vantaggi e gli aiuti strutturali possibili. A tal punto che la scommessa di Bruxelles pareva vinta, perché la Polonia aveva assunto il passo di una “tigre” europea, con tassi di crescita da rendere gelosi tutti, e con pretese politiche – più influenza sui processi direttivi dell’Unione – che l’hanno affiancata sovente alla Francia e alla Germania. Però, in cambio, Varsavia si è fatta arrogante: non è disposta a concedere nulla. Dunque, un’ingrata. Il problema è che non è sola. Come lei, si stanno comportando altri Paesi riemersi dal blocco comunista centrale ed orientale. Un’anomalia tollerata da Bruxelles, giacché il Trattato di Lisbona sancisce – sarebbe più corretto dire: recepisce – il principio internazionalistico della sovranità statale, se ce ne fossero ragioni di sicurezza nazionale e di ordine pubblico interno. Un’anomalia, tuttavia, forzata. Al punto che due anni fa Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – il nucleo mitteleuropeo del Comecon sovietico – hanno creato il Gruppo dei Quattro di Visegrad. La contro Europa dei populisti e dei regimi autoritari. ???

I governi di questi quattro Paesi si riuniscono regolarmente per dettare agende di lavoro in comune, per difendere i propri interessi (alla faccia di Bruxelles), ma soprattutto per dare sostanza a progetti sovversivi nei confronti dei valori su cui si basa l’Europa. Mettendo a tacere l’opposizione. Monopolizzando l’informazione. Distruggendo l’indipendenza della magistratura e dello Stato di diritto: insomma, tutto nelle mani del potere politico. Che si garantisce la perpetuità. In barba alla democrazia.

Violazioni inammissibili del Trattato istitutivo dell’Unione. A Bruxelles, per troppo colpevole tempo si è finto di non vedere. Una tolleranza intollerabile: ci si è accontentati di definire i regimi di questi Paesi come “democrazie illiberali”, che è poi l’autodefinizione che ha coniato uno dei leader più sulfurei dell’Est, l’ineffabile premier magiaro Viktor Orban. L’impunità a lui concessa da Bruxelles gli ha gonfiato i muscoli e la lingua. Per lui, e gli altri tre soci di Varsavia, Praga e Bratislava, l’afflusso dei migranti è da respingere con ogni mezzo. Perché scuoterebbe gli equilibri sociali interni. Perché portatore di sconquassi economici. E di terrorismo. Ossia minano gli spazi “comuni” della sicurezza, della giustizia, della libertà, è la loro conclusione. Quindi, i Quattro di Visegrad (con il tacito assenso dell’Austria) non accettano alcun ricollocamento, anche se questa è stata la decisione di Bruxelles.

Come ben sappiamo noialtri. Sabato 22 luglio Orban ha sproloquiato contro l’Italia, saltando sul cavallo di battaglia dei migranti – con il plauso vergognoso ed irresponsabile dei nostri Salvini e Meloni, grandi agit-melmatori – ed accusando Roma di inanità. Come se il flusso dei migranti verso la Penisola fosse una manovra orchestrata dagli italiani per destabilizzare l’Europa: “Una nazione che non è capace di difendere i suoi interessi non è una nazione, nemmeno esiste, e scomparirà”, ha tuonato Orban. Dichiarazione che in altri tempi avrebbe scatenato una guerra. O, perlomeno, avrebbe fatto richiamare gli ambasciatori. Budapest dimentica il suo vergognoso ruolo accanto ai nazisti, dimentica i bagni di sangue per reprimere i democratici, dimentica i governi comunisti fantocci di Mosca, la repressione del 1956 coi carri armati che sparavano contro chi voleva la libertà e uno Stato di diritto.

Ecco, questa Europa che simula un europeismo basato sull’esasperazione del sovranismo e dell’identitarismo è perniciosa. Dicono che lo scopo del polacco Kaczynski – personaggio assai misterioso che comanda a bacchetta governo e Parlamento – sia quello di far uscire la Polonia da “l’occidentalismo decadente” imposto dall’Ue e che vorrebbe ricondurre il suo Paese all’identità cattolica più retriva e fondamentalista. In verità, stanno emergendo due Polonie, ostili l’una all’altra. Quella urbana, aperta, europeista e prospera. E quella rurale, cattolica, conservatrice e emarginata dal boom economico.

Un divario che enfatizza le debolezze della transizione dal comunismo alla democrazia, pilotata da Bruxelles, ed aggravata dalla globalizzazione. Le ineguaglianze hanno favorito il populismo, la rabbia, la frustrazione sociale. Il meccanismo è noto. Trump insegna. L’inganno populista sfrutta tutto ciò, soprattutto l’odio nei confronti di una classe politica incapace di soddisfare le esigenze e le aspettative. La colpa si scarica anche sullo stato di diritto e sulle garanzie costituzionali, incapaci di dare a tutti un po’ di tutto. Liberalismo e socialdemocrazia vengono visti e additati come “nemici” del popolo. A demonizzare la “società civile”.

Un revisionismo politico che ha portato Varsavia ad abbracciare Budapest, in una sorta di “fronte del rifiuto”, come hanno scritto parecchi analisti. In fondo, Orban è stato il primo ad erigere il filo spinato per arginare i migranti, scatenando l’emulazione e contestando così lo spazio Schengen. E’ una battaglia aperta, non occulta, culturale ed ideologica, contro il sistema democratico, così come lo abbiamo concepito in Occidente. Il risultato è che il malessere sociale e la protesta degli “esclusi” è stato abilmente strumentalizzato dai leader populisti che appena insediati si sono subito rivelati autoritari più che autorevoli e si sono guardati bene dal trasferire al popolo il potere. Hanno solo sostituito un’élite con altre élite: bramosa di regime e di privilegi, di soldi e di muri. Ha dunque senso tenere in Europa questa non-Europa? Intanto, chi si strofina le mani per compiacersi della situazione è Putin…
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