Questi sono due casi di cattiva e buona migrazione e integrazione.https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 7003387674 Due neri africani entrambi cristiani, un uomo e una donna migrati legalmente e naturalizzati in Italia, lei in Calabria sposata a un calabrese, lui in Lombardia sposato a una lombarda, due persone con due visioni del mondo del tutto opposte.
Lei una persona ignorante, presuntuosa e arrogante, senza alcun rispetto per le genti della terra che l'ha accolta, una persona schifosamente razzista che diffonde e pratica una ideologia politica che persegue la violazione dei diritti umani dei cittadini nativi italici ed europei;
lui invece una persona umile, naturale, semplice anche se laureata, che ha il massimo rispetto per i diritti umani civili e politici dei cittadini nativi italici ed europei della terra che l'ha accolto e nella quale si è felicemente integrato e fuso.
Il leghista Iwobi e la KyengeTriste parabola di due simboli28 maggio 2015 -
http://bergamo.corriere.it/notizie/opin ... f1d6.shtmlDopo la presunta querela di Salvini, la polemica su Facebook: «Razzista sarà lei».
L’ex ministro Cécile Kyenge e il leghista Toni Iwobi L’ex ministro Cécile Kyenge e il leghista Toni Iwobi
All’elenco di vicende surreali della politica italiana, si aggiunge quella della presunta querela di Matteo Salvini a Cécile Kyenge. L’ex ministro nei giorni scorsi ha raccontato di essere stata denunciata dal leader del Carroccio, per aver definito «razzista» la Lega; Salvini però nega di aver mosso gli avvocati: uno dei due si sta confondendo, evidentemente. Allo spettacolino si aggiunge un piccolo allegato di origine bergamasca. Toni Iwobi, nigeriano di nascita con un cursus honorum da ex assessore a Spirano e da responsabile immigrazione della Lega, candidato da qualcuno dei suoi persino alla presidenza della Repubblica, lancia una campagna anti-Kyenge sui social network. «Facciamo uno scherzetto alla Kyenge», scrive, e lo scherzetto sarebbe postare sul profilo dell’ex ministro foto dello stesso Iwobi con la scritta «razzista sarà lei».
In effetti il suo faccione si ripete più volte nella pagina dell’eurodeputata, accanto a una lunga serie di insulti reciproci tra i sostenitori dei due personaggi. La sensazione è che tanto la Kyenge, quanto Iwobi, si prestino a un ruolo da prestanome su un tema molto delicato, quello dell’accoglienza degli immigrati e del malcontento che attraversa ormai da anni l’Italia di fronte al fenomeno. Il fatto stesso di essere neri, africani, con cittadinanza italiana, dovrebbe - secondo chi li ha portati sulla scena politica - dimostrare una tra due tesi opposte. Quella leghista è che, avendo messo Iwobi in una posizione di visibilità e di responsabilità, né Salvini né il suo partito possono essere accusati di razzismo. Se è un africano a dire che gli africani devono rimanere in Africa con parole come «aiutiamo i miei fratelli a restare a casa loro», declinazione black dello slogan bossiano, perché non dovrebbero pensarlo i bergamaschi?
Il problema è che dietro a questo pragmatismo lumbard, il razzismo trasuda abbondante: basta dare un’occhiata ai commenti sulla bacheca Facebook della Kyenge, alcuni davvero pesanti, fino a riproporre il paragone con l’orango di cui fu responsabile Roberto Calderoli. È però altrettanto chiaro che Cécile Kyenge in questi anni è stata usata come scudo umano dal centrosinistra sul tema dell’immigrazione. Ministro all’Integrazione senza capacità né alcun potere per incidere sulle politiche migratorie, è stata lasciata in balia degli insulti, per poi essere «trasferita» da Renzi (e, per la verità, da oltre 90 mila preferenze) al Parlamento europeo. I risultati politici di Iwobi e Kyenge sono sotto gli occhi di tutti: i costi, in termini personali, dell’essersi prestati a fare da simboli, li conoscono solo loro.
Questo della Kyenge come quello di Balotelli il calciatore so due casi di cattiva immigrazione, razzista e senza rispetto; propria di due persone disumane, ignoranti, presuntuose, arroganti e senza rispettoToni Iwobi: Balotelli su Instagram contro il neo senatore della Lega07/03/2018
http://www.corriere.it/politica/18_marz ... fb97.shtml Il calciatore del Nizza, Mario Balotelli, se la prende con il primo senatore nero della storia italiana, Toni Iwobi, eletto con la Lega. E in un post su Instagram scrive: «Forse sono cieco io o forse non gliel’hanno detto ancora che è nero. Ma vergogna!».
La replica
Pronta la replica del neo senatore a Radio Capital: «Critiche di Balotelli? Preferisco ignorarlo in questo momento. Non mi interessa quello che scrive, ne ho abbastanza delle polemiche: voglio pensare al mio territorio e al nuovo compito che mi hanno affidato. Lui è un grande giocatore e rimarrà tale, spero che si limiti a fare il suo bel lavoro, visto che è portato a farlo». Poi arriva anche la puntualizzazione del segretario della Lega Matteo Salvini: «Balotelli, non mi piaceva in campo, mi piace ancor meno fuori dal campo».
Le frasi
Nel mirino del goleador italiano le frasi pronunciate dal neo senatore sui migranti: «I clandestini? Vadano a casa. Ma la Lega non è razzista». Mercoledì Iwobi ha anche postato un commento: «Il razzismo in Italia è solo a sinistra». Il neo senatore dopo essere stato eletto a Palazzo Madama, ha spiegato alle agenzie la sua lunga militanza nella Lega: «Sono 24 anni che sostengo la Lega perché da sempre ha un progetto politico che mi sta a cuore: il federalismo fiscale.
Nato in Nigeria
In Italia già dagli anni ‘70, Toni Iwobi, 60 anni, è di Gusau, in Nigeria: abita a Spirano (Bergamo), ed è il primo parlamentare nero eletto dalla Lega, il primo senatore di colore nella storia d’Italia. «Mi ha chiamato Calderoli nella notte, mi ha detto “ciao Senatore Iwobi”. Non posso ancora crederci, ma finalmente sembra che ce l’abbia fatta. Il neo senatore della Lega è un esperto informatico, titolare di un’azienda che fa assistenza su hardware e software sia per privati sia per enti pubblici.
https://www.facebook.com/SomigliLorenzo ... 3453802296 VITTORIO FELTRI E TONI IWOBI, IL “NEGRO BERGAMASCO” DELLA LEGA: “CARI BUGIARDI BUONISTI, VI SVELO CHI È DAVVERO”
08/03/2018
http://www.liberoquotidiano.it/news/per ... ismo-.htmlToni Iwobi è l’unico immigrato che mi mette di buon umore, mi tira su il morale. Dice di sé di essere un italo-nigeriano, ed è senz’altro abbastanza «fattuale», mi farebbe dire Crozza, poiché risulta dalla carta d’identità. Ma in questa formula, burocraticamente corretta, sento l’odore degli uffici dell’anagrafe, un brodo insipido, non dice la verità esistenziale di questa vicenda che incontriamo nel libro. Più fattualmente, alla faccia dell’Ordine dei giornalisti, constato nel ragionier Toni, dirigente della Lega, un caso favoloso di negro bergamasco. La definizione sarà rustica, però è veritiera. Come definire diversamente un africano orgoglioso di esserlo, amante della sua patria antica, ma innamorato di quella dove ha trasferito le proprie radici?
Uno che quando racconta di se stesso e delle sue preferenze spande intorno i profumi domestici della «polenta e coniglio», il suo piatto che più padano non si può, simbolico dello sposalizio tra il grande fiume Niger e i nostri più modesti e selvatici Serio e Brembo.
Le pagine che seguono sono espressione dell’intreccio riuscito, e offrono una mescolanza di biografia e di buon senso, facendomi orgoglioso delle mie origini orobiche. Qui c’è la prova provata che l’attaccamento alla nostra terra e alle sue tradizioni, tipiche dei nostri paesi e delle nostre valli alpine e prealpine oltre che della «fertile pianura della bassa», come scrive felicemente Toni, non hanno niente a che vedere con il gretto egoismo, ma hanno per caratteristica la difesa tenace di due o tre cose sacre, non di più, neppure di meno. Chi non le rispetta, è fuori. Non è razzismo, ma necessità di sopravvivenza. Chi le rispetta – sempre che ci sia posto – ha quel che si merita, si inserisce senza pregiudizio. L’unico esame del sangue richiesto a chi arriva chiedendo permesso, è la presenza nel plasma di un enzima, gene, bacillo, non so bene scientificamente quale nome abbia, che si chiama «lavorina». Qua – a parte il gozzo – è il nostro timbro intimo. Lavoro sì, ma fatto bene. Lavoro sì, e per uno scopo: la famiglia, farla star bene, e che tutta la comunità stia così in pace. Ecco la storia di Toni Iwobi nella Bergamasca.
Nella legalità – L’avventura umana del presente signore è esattamente così: umana. Padre e madre sono di ceto medio, vestono come i classici abitanti delle colonie inglesi, con decoro, sono cattolici. Così da Gusau, una città del Nord-Ovest della Nigeria, dov’era nato nel 1955, si trasferisce in una bella scuola dedicata alla Madonna di Fatima. Va bene negli studi, diventa ragioniere. Lavora. Sono 11 fratelli. Decide di chiedere l’ammissione all’università dell’Arkansas, Usa. Passa l’esame con successo, ottiene il permesso. Mai clandestino, sempre nella legalità. Questo è il suo motto. Da lì, invece di tornare al Paese, fa domanda di migrare in Italia. Ce la fa. Si mantiene sgobbando come stalliere, in una famiglia dov’è stimato perché si fa i calli e sa trattare coi cavalli (buon segno!). Non ha soldi per iscriversi in Università cattolica, ma si ingegna a perfezionare italiano e conoscenza informatica. Un ragioniere attrezzato per le cose nuove della tecnologia: ha successo. Si sposa con una bella signorina, ne ha figli. Diventa il negro bergamasco che trova il suo luogo naturale nella Lega. Non mi dilungo sulla sua carriera del Carroccio. Non è uno che ci sale su: aiuta a tirarlo.
“Non venite” – Il suo motto è «REALISMO, NON RAZZISMO». Per questo egli dice: migrazione solo se c’è lavoro, e siccome oggi c’è «soprassaturazione dell’occupazione» (usa questa parola accademica, ma va bene lo stesso), vanno bloccati i flussi. Come? Svelando l’inganno a quelli che sono invogliati a partire dai buonisti bugiardi. Un nigeriano che emigra lo fa per ragioni economiche (la Nigeria è una federazione, fatta di 39 stati, di cui solo tre registrano episodi di guerra), e per intraprendere il viaggio mette nelle mani dei mercanti di schiavi se stesso e seimila dollari, che coincidono con i risparmi della famiglia. Vanno «aiutati a casa loro», con investimenti governati da aziende nostre, che possano prosperare loro e far prosperare i locali. Fornisce qui altre ricette, a cui mi inchino, e che so costituiscono il programma di Matteo Salvini su questo tema che non è un’ emergenza ma ci assedierà per decenni (se riusciremo a sopravvivere). Toni sostiene che prima ancora che illegale è immorale e segno di disprezzo verso gli altri popoli, migrare fingendosi profughi e farsi mantenere. Preparano l’inferno per sé e per gli altri. Non ce l’ha con i suoi fratelli nigeriani, ma con chi in Italia li inganna illudendoli che da noi ci sia l’El Dorado, allo scopo di distruggere le sacche di resistenza popolare (chiamata sprezzantemente populista) alla colonizzazione dei poteri internazionali senza volto, che hanno bisogno per questo di devastare il senso d’identità della nostra gente, colpendo la libertà di essere se stessi e minandone la sicurezza economica e fisica.
Vero lombardo – Tiro la morale di questo libro, scritto benissimo, come non sanno fare la maggior parte dei laureati italiani. Il pregio maggiore è che, a cucchiaiate generose, offre, a chi se n’è dimenticato e a chi la ignora, la cultura del lavoro e della famiglia che dà senso alla vita della gente lombarda. Essa oggi resiste con fatica, rischia ogni giorno di più di sciogliersi nella cosiddetta società liquida (più che altro è un liquame). L’invasione di migrantisenza arte né parte, insediati in alberghi e mantenuti dalle tasse di chi fa fatica, funziona come acido disgregatore. È paradossale, ma non tanto, che per difenderci da questa ondata di clandestini, che sono migranti economici, niente affatto profughi se non in misura ridicola (uno su venti), il cavaliere senza macchia e senza paura, sia lui, un meraviglioso negro bergamasco, Toni Iwobi, che ci aiuta a casa nostra.