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Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: ven lug 14, 2017 3:11 am
da Berto
Bergoglio è stato costretto a far marcia indietro sull'accoglienza ad oltranza e indiscriminata

Migranti, papa Francesco: "Riceverli, integrarli ma anche fermarli se i numeri divengono insostenibili"
Il pontefice di ritorno dal viaggio in Colombia. "Credo sia lecito per un Paese che ha fatto molto come l'Italia regolare i flussi migratori e domandarsi: ho abbastanza posti per accoglierli? Va capovolto il ragionamento: l'Africa è amica e va aiutata a crescere". E sulle devastazioni climatiche: "L'uomo è uno stupido. Solo i superbi e i testardi non sanno riconoscere le responsabilità delle scelte politiche"
dal nostro inviato PAOLO RODARI
11 settembre 2017

http://www.repubblica.it/vaticano/2017/ ... P1-S1.8-T1

"Chi governa deve gestire il problema con la verità del governante che è la prudenza". Francesco, di ritorno dal viaggio in Colombia, risponde a una domanda sulle politiche restrittive dell’Italia sui migranti, conferma di aver incontrato il premier Gentiloni ma smentisce di aver parlato dell’argomento e spiega come sia lecito, per un Paese che ha fatto molto come l’Italia, regolare i flussi migratori e fermarli se i numeri divengono insostenibili.

Il Papa interviene anche sui cambiamenti climatici ricordando che solo "i superbi e i testardi" non sanno riconoscerli. Chiede a Trump di non abolire la legge di Obama sui dreamers, mentre per il Venezuela ritiene che siano le Nazioni Unite "che si devono far sentire".

Recentemente la Chiesa italiana ha espresso comprensione verso la nuova politica del governo di restringere sulle partenze dalla Libia e gli sbarchi nel Paese. Si è parlato anche di un suo incontro con Gentiloni in merito. C’è stato questo incontro e cosa pensa di questa politica di chiusura delle partenze considerando il fatto che i migranti che restano in Libia vivono in condizioni disumane?

"L’incontro con Gentiloni è stato personale e non su questo argomento. È avvenuto inoltre settimane prima che venisse affrontato questo problema. Sento il dovere di gratitudine per l’Italia e la Grecia perché hanno aperto il cuore ai migranti. Il problema è sempre avere un cuore aperto. È un comandamento di Dio. Anche se non basta soltanto aprire il cuore, chi governa deve gestire questo problema con la verità del governante che è la prudenza. Che significa domandarsi, primo: quanti posti ho? Secondo, occorre ricordare che non bisogna solo riceverli ma anche integrarli. Ho visto esempi di integrazione bellissima. A Roma Tre ho ascoltato quattro studenti. L’ultima ragazza che è intervenuta meno di un anno prima era venuta da Lesbo a Roma con me in aereo. Studiava biologia, ha fatto l’equiparazione degli studi e ha continuato. Questo è integrare. Terzo: il problema umanitario, che significa prendere coscienza di questi lager in cui vivono spesso queste persone. Ho visto delle foto. Ma ho l’impressione che il governo stia facendo di tutto in campo umanitario per risolvere anche problemi che non si possono assumere. Riassumendo: cuore aperto, prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria. Un’ultima cosa: c’è nella coscienza collettiva un principio: l’Africa va sfruttata. Su chi fugge dalla fame occorre invece che facciamo investimenti. Mentre spesso ogni volta che i Paesi sviluppati vanno in Africa è per sfruttare. Dobbiamo capovolgere e dire: l’Africa è amica e va aiutata a crescere".

Migranti, papa Francesco: "Riceverli, integrarli ma anche fermarli se i numeri divengono insostenibili"

L’uragano Irma ha provocato decine di morti e danni. Si teme anche per ampie zone della Florida; già sei milioni di persone hanno lasciato le proprie case. Gli scienziati ritengono che il riscaldamento degli oceani contribuisca a rendere le tempeste più intense. Vi è secondo lei la responsabilità morale dei leader politici che si rifiutano di riconoscere che il cambiamento climatico è opera dell’uomo?

"Chi nega questo deve chiedere agli scienziati che sono chiarissimi e precisi. La recente notizia della nave russa che è andata dalla Norvegia al Giappone attraverso il Polo Nord senza trovare ghiaccio è un messaggio molto chiaro. È uscita poi una notizia che diceva che abbiamo solo tre anni per tornare indietro. Non so dire se sia vero che abbiamo solo tre anni, ma è vero che se non torniamo indietro andiamo giù. Del cambiamento climatico si vedono gli effetti e gli scienziati indicano la strada da seguire. Tutti noi abbiamo una responsabilità. Ognuno è una gocciolina, ha una responsabilità morale. Occorre ascoltare e prendere decisioni. È una cosa su cui non scherzare e molto seria. Ognuno ha la sua responsabilità morale. I politici hanno la propria. Poi la storia giudicherà le decisioni".

I cambiamenti climatici sembrano esserci anche in Italia: i morti di Livorno, i tanti danni a Roma. Perché tarda una presa di coscienza da parte dei governi circa l’ambiente?

"C’è una frase dell’Antico Testamento che dice: l’uomo è uno stupido, un testardo che non vede. È l’unico animale che inciampa due volte sulla stessa pietra. C’è la superbia, la sufficienza di dire che non è così e poi c’è il “Dio tasca” non solo sul creato ma in tante altre decisioni. Oggi a Cartagena ho visitato la parte povera della città, poi la parte turistica, lusso senza misure morali. Quelli che vanno di là non si accorgono di questo? Quando non si vuol vedere non si vede. Si guarda solo una parte".

E cosa pensa della crisi in Corea?
"Della Corea capisco poco. Credo che ci sia una lotta per interessi che tuttavia mi sfuggono".

Quando incontra i giovani dice loro: "Non vi fate rubare la speranza". Negli Stati Uniti è stata abolita la legge dei dreamers, dei sognatori, 800mila ragazzi messicani, colombiani, che con questa abolizione potrebbero dover far ritorno nel Paese d’origine abbandonando la propria famiglia. Cosa pensa?

"Ho sentito di questa legge, ma non ho potuto approfondire. Tuttavia penso che staccare i giovani dalla famiglia non sia una cosa che porta un buon frutto né per i giovani né per la famiglia. Ho speranza che questa legge la si ripensi un po’. Ho sentito parlare il presidente degli Stati Uniti che si presenta come un uomo pro-life. Se è un bravo pro-life può capire l’importanza della famiglia e della vita e che va difesa l’unità della famiglia. Chi ruba la speranza ai giovani? La droga e le altre dipendenze. Mentre è importante il rapporto con le radici, i giovani sradicati vogliono ritrovare le radici, per questo insisto sul dialogo tra giovani e anziani, perché lì ci sono le radici".

Lei ha parlato del Venezuela, ha pregato affinché finisca la violenza. La Santa Sede è impegnata per il dialogo nel Paese. Ma il presidente Maduro ha usato parole dure contro i vescovi, mentre dice di essere con il Papa. Cosa pensa?

"La Santa Sede ha parlato forte e chiaramente. Quello che dice Maduro lo spieghi lui. Ma la Santa Sede ha fatto tanto, ha inviato lì un gruppo di lavoro, un nunzio di primo livello, poi ha parlato con le persone, pubblicamente. Io tante volte ho parlato cercando sempre una via d’uscita, offrendo un aiuto per uscire, ma sembra che la cosa sia molto difficile. Quello che è pericoloso è il problema umanitario, tanta gente che soffre, scappa, dobbiamo aiutare a risolvere il problema in ogni modo. Credo che le Nazioni Unite debbano farsi sentire per aiutare".

Come sta dopo l’incidente allo zigomo di ieri?
"Mi sono posizionato – nella papamobile, ndr – per salutare i bambini, non ho visto il vetro e “boom!”… Ma sto bene".

Lei è arrivato in una Colombia ancora divisa. Cosa fare concretamente perché le parti divise superino l’odio. Come le piacerebbe che fosse la Colombia?

"Dopo 54 anni di guerriglia si accumula odio, e molte anime divengono malate. La malattia non è colpevole. Queste guerriglie e i paramilitari hanno fatto peccati brutti e hanno provocato questa malattia, ma ci sono dei passi che danno speranza. L’ultimo è il cessate il fuoco del ELN: li ringrazio tanto. Ma c’è qualcosa di più: la voglia di andare avanti va oltre i negoziati. C’è la forza del popolo. Io ho speranza in questa forza. Dobbiamo aiutare il popolo con la vicinanza e la preghiera".

La Colombia ha sofferto molto la violenza per la guerra e il narcotraffico. E per la corruzione nella politica. Cosa fare con questo flagello? I corrotti vanno scomunicati?

"Ho scritto un piccolo libro che si chiama “Peccato e corruzione”. Tutti siamo peccatori, ma il Signore è vicino a noi e non si stanca di perdonare. Il peccatore delle volte chiede perdono. Il problema è che il corrotto si stanca di chiedere perdono e dimentica come si chiede perdono. È uno stato di insensibilità davanti ai valori, alla distruzione, allo sfruttamento della persona. È molto difficile aiutare il corrotto, ma Dio può farlo. Io prego per questo".

Lei ha detto che per arrivare alla pace bisogna coinvolgere diversi attori. Pensa che il modello della Colombia sia possa replicare in altri conflitti?

"In tanti conflitti state coinvolte altre persone per arrivare alla pace. È un modo sapienziale di andare avanti, la saggezza di chiedere aiuto. Si chiede delle volte l’intervento delle Nazioni Unite per uscire dalla crisi, ma un processo di pace va avanti soltanto quando lo prende in mano il popolo. Il protagonista della pacificazione o è il popolo o si arriverà fino a un certo punto. Questa è la strada maestra. Voglio lasciarvi con un’ultima immagine. Quello che più mi ha colpito dei colombiani, c’era la folla sulla strada… mi ha colpito che i papà alzavano i loro bambini per farli vedere al Papa perché il Papa desse la benedizione dicendo questo è il mio tesoro, la speranza, il futuro, io ci credo. Mi ha colpito la tenerezza, gli occhi dei papà e delle mamme, bellissimo. È un simbolo di speranza e futuro. Un popolo che fa bambini e li fa vedere è un popolo che ha speranza e futuro".


Siamo l'unico Paese che regala ai migranti permessi di soggiorno
Giuseppe De Lorenzo - Mer, 09/11/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 29452.html

Migliaia di "idoneità" per motivi umanitari: chi la ottiene può lavorare e curarsi 2 anni

A Renzi piace fare regali. È evidente. Li fa ai migranti, cui il governo elargisce migliaia di permessi di soggiorno «speciali» che non otterrebbero in nessun altro Paese europeo.

E ai Comuni accoglienti, cui ora il Pd vuole dare più capacità di spesa rispetto a chi si rifiuta di ospitare immigrati.

Sembra uno scherzo, ma non lo è. In tre anni sulle coste italiane sono sbarcati più di 454mila immigrati. Una massa di persone non sempre in fuga da guerre. Le Commissioni territoriali dovrebbero decidere chi ha diritto all'accoglienza e chi no, ascoltando le storie dei richiedenti asilo ed emettendo una sentenza: assegnare lo «status di rifugiato»; concedere la «protezione sussidiaria»; oppure rigettare l'istanza, negando il permesso di soggiorno. Bene. Stando ai dati, il rigetto è il caso più diffuso, ma come in tutte le cose italiane esiste una scappatoia. La legge prevede che le questure possano concedere «protezione umanitaria» a chi non ottiene asilo al primo giro. Si tratta di un permesso di soggiorno di due anni che concede al migrante di lavorare e curarsi negli ospedali italiani. Non male. Le norme stabiliscono che può essere assegnata quando ci sono «gravi motivi di carattere umanitario a carico del richiedente». Cosa significa? Non è ben chiaro. E infatti dipende dalla discrezionalità dei commissari. Per fare un esempio: un nigeriano otterrà lo status di rifugiato se viene da zone in cui opera Boko Haram; se invece abitava in un'area pacifica del Paese africano e non ha diritto all'asilo, la Commissione può decidere che sarebbe pericoloso rispedirlo a casa. E così fa ricorso alla protezione «umanitaria» per trattenerlo in Italia.

Diverse prefetture in via informale fanno sapere al Giornale che l'Italia fa un uso massiccio di questa forma di protezione, mentre gli altri Paesi europei vi ricorrono solo «in forma residuale». Quindi un migrante che qui ha ottenuto assistenza «umanitaria», oltre confine con ogni probabilità verrebbe dichiarato clandestino. Non stiamo parlando di casi eccezionali, ma della maggioranza assoluta degli immigrati cui l'Italia ha concesso un permesso di soggiorno. A dirlo sono i numeri della commissione parlamentare d'inchiesta. Nel 2014 delle 36.270 domande d'asilo valutate dalle Commissioni, solo 22mila hanno ottenuto una qualche forma di protezione. Di queste, il 45,5% lo ha fatto grazie allo stratagemma «umanitario». E negli anni successivi il dato è andato peggiorando: nel 2015 è schizzato a 53,3%, mentre nel 2016 la percentuale supera il 50%. Ovvero 15mila «protezioni umanitarie» su un totale di 29mila risposte positive. E non sono compresi nel conteggio i minori non accompagnati.

Checché ne dicano quelli secondo cui «scappano tutti dalla guerra», questi dati permettono di dare una lettura diversa del fenomeno migratorio. Sommando le richieste di asilo rigettate in tre anni (circa 100mila) e quelle accolte con l'espediente «umanitario» (41mila), risulta che il 76% degli immigrati sbarcati in Italia non sono tecnicamente profughi. Tantomeno rifugiati. O almeno non lo sarebbero in Germania o in Francia.

L'Italia, invece, non solo regala documenti con escamotage fantasiosi, ma pensa anche a premiare chi accoglie i migranti. Il Pd, infatti, ha inserito nel Dl Fisco un emendamento che dà potere alle Regioni di cedere spazi finanziari ai Comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale. Penalizzando così chi si oppone «all'invasione». Tanto a pagare son sempre gli italiani.

Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: ven lug 14, 2017 3:12 am
da Berto
DEMON BIBI E I CAVALIERI DEI DIRITTI UMANI

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Questione dei richiedenti asilo africani in Israele e conseguente decisione di espellerli da parte dello Stato ebraico. Alti lai si sono uditi dai sempre pronti difensori dei Diritti Umani, contro il governo israliano accusato di fare qualcosa di terribile. Qui in Italia, alcuni ebrei illuminati e verriani hanno firmato la solita petizione per sensibilizzare Netanyahu-Ceausescu, il noto leader fascista di Israele, a non prendere questa decisione.

Tra di loro spiccano nomi come quelli del furente proimmigrazionista Gad Lerner (sempre presente quando si tratta di tutelare il diritto dei più deboli e degli "oppressi"). Alcuni di loro, tra cui egli medesimo, hanno firmato una lettera contro l'oKKupazione dei territori che il Mandato Britannico per la Palestina del 1922 aveva attribuito agli ebrei.

Gli ebrei contro l'oKKupazione sono contro altri ebrei che hanno tutto il diritto di starsene in Giudea e Samaria, dove gli ebrei hanno sempre dimorato nei millenni, salvo una breve parentesi sotto l'impero Ottomano. Ma torniamo ai richiedenti asilo africani.

I rifugiati e le loro famiglie resteranno in Israele, verranno espulsi coloro che non corrispondono a questi requisiti. I migranti illegali, pensa Netanyahu-Ceausescu non hanno il diritto di restare. Pensa un po' questo senza cuore che osa opporsi alla narrativa egemone secondo la quale i migranti, tutti, sarebbero come gli ebrei durante la Shoah. È davvero un mostro.

Quando fu il turno di Obama di deportare due milioni di illegali nessuno fiatò, ma Obama era il Messia afroamericano, mentre Bibi è il Cavaliere Nero. Obama era progressista, Bibi è di destra. Oh, my God!

Si tratta di 40,000 Eritei e Sudanesi richiedenti asilo i quali verranno rimpatriati in un paese africano dalle condizioni politiche stabili. Chi di loro deciderà di farlo volontariamente riceverà un benefit di 3500 dollari e un biglietto aereo per i paesi in questione, probabilmente l'Uganda e il Rwanda.

Aiutarli in Africa. Ma non si può fare. Gad Lerner non vuole, e neppure lui, George. Sì, insomma, Sorosastro.

Che bella favola nera per i cultori indefessi di Israele stato criminale e razzista quella dei migranti africani deportati e rigettati in pasto al caos. Buona per una serata cupa in cui si affilano i coltelli.




Israele espelle i clandestini e accusa Soros
Giampaolo Rossi

http://www.occhidellaguerra.it/israele- ... cusa-soros

Il governo Netanyahu è pronto ad espellere 40mila immigrati irregolari entrati clandestinamente in Israele negli ultimi anni.

Si tratta per lo più di sudanesi ed eritrei provenienti da paesi in guerra il che comporterebbe il loro riconoscimento di rifugiati. Ma le autorità di Tel Aviv sono chiare in questo: sono“migranti economici” e non profughi tanto che solo ad 11 di loro è stato riconosciuto lo status per la protezione internazionale.

Dal 2005 sono stati circa 60mila gli immigrati entrati illegalmente in Israele dal confine egiziano; flusso che si è interrotto da quando nel 2012 Tel Aviv ha costruito un muro di protezione lungo 150 miglia.

Il piano del governo prevede un indennizzo di 3.500 $ ad ogni immigrato irregolare con l’obbligo di andarsene entro due mesi in uno dei paesi africani con cui è stato raggiunto un accordo (Ruanda o Uganda); in caso di rifiuto scatterà la reclusione per clandestinità.

Il Ministro degli Interni, Aryeh Deri, ha specificato che il primo obbligo del Governo è verso i propri concittadini e che, pur “nella compassione necessaria il piccolo Stato d’Israele non può contenere un numero così alto di immigrati illegali”.

Il governo israeliano ha specificato che il provvedimento non toccherà i nuclei familiari; e che nessun bambino figlio di immigrati (dei 5.000 nati in Israele in questi anni) né donna, saranno espulsi, ma solo maschi di età adulta entrati da soli.

Nonostante questo la sinistra liberal israeliana e le Organizzazioni per i diritti civili sono scese sul piede di guerra; ritengono che il respingimento degli immigrati violi le Convenzioni sui diritti umani e quelle sulla protezione dei rifugiati. E anche l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha invitato Israele a riconsiderare la decisione.

36 sopravvissuti ai campi di concentramento hanno pubblicato una lettera aperta al Primo Ministro Netanyahu chiedendogli di rispettare il diritto di asilo dei rifugiati in memoria di quello che fu fatto agli ebrei in Europa; e persino Meir Lau, il Presidente dello Yad Vashem (l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah) è intervenuto sottolineando la necessità di risolvere la questione con “compassione, empatia e pietà”.

Associazioni dei diritti umani si sono organizzate per invitare le famiglie israeliane ad ospitare i migranti, anche a condizione di nasconderli; 6mila famiglie avrebbero già risposto all’appello.Il tutto, secondo il Governo israeliano, sotto l’abile regia di George Soros.

Netanyahu: c’è Soros dietro le proteste

Netanyahu ha dichiarato che questa campagna “è assurda e infondata” perché i veri migranti e le loro famiglie rimarranno in Israele; “noi non abbiamo l’obbligo di far rimanere qui immigrati illegali che non sono rifugiati” ha poi aggiunto.

In una riunione riservata con i Ministri del Likud, Netanyahu ha accusato direttamente George Soros e la sua Open Society di alimentare le proteste.

In effetti, New Israel Fund, l’organizzazione che funge da centro organizzativo delle iniziative di questi giorni è finanziata con centinaia di migliaia di dollari proprio dall’Open Society.

Da tempo il governo di Tel Aviv denuncia le azioni di destabilizzazione di Soros, le sue attività di finanziamento a gruppi filo palestinesi e organizzazioni israeliane anti-sioniste che nell’ultimo decennio hanno ricevuto quasi 10 milioni di dollari con l’obiettivo esplicito (come si legge nei documenti dell’Open Society) di “combattere l’occupazione israeliana e promuovere politiche anti-discriminatorie a favore dei palestinesi”. Non solo ma in Israele in molti ritengono che il fenomeno immigratorio che sta sconvolgendo l’Occidente sia alimentato proprio dai disegni di disarticolazione degli Stati nazionali operati dall’élite globalista di cui Soros è il braccio armato.

Insomma, per Israele, Soros è una minaccia alla sovranità nazionale, esattamente come lo è per la Russia di Putin e per l’Ungheria di Orbàn.



Migranti, Ungheria e Polonia unite: «Decidiamo noi e non la Ue chi entra nei nostri Paesi»
14/05/2018

https://www.ilmessaggero.it/primopiano/ ... 31340.html

Il neo rieletto premier ungherese, Viktor Orban, ha scelto Varsavia per la prima visita all’estero all’inizio del suo quarto mandato per lanciare assieme al collega polacco Mateusz Morawiecki un chiaro ancorché scontato messaggio all’Ue: no alle quote e ai ricollocamenti di profughi fra gli stati membri.

«Piena sintonia», dunque, fra la Polonia e l'Ungheria sui temi che riguardano l'Europa unita nonché le questioni bilaterali è stata espressa oggi a Varsavia dal premier polacco Mateusz Morawiecki e dal suo omologo Victor Orban, giunto da Budapest dopo la vittoria della sua formazione politica nelle recenti elezioni. «Ci unisce non solo il passato ma anche il futuro», ha detto Orban facendo riferimento allo storico sentimento di fraternità fra i due popoli, coltivato a partire dall'ottocento, nell'epoca della «primavera degli popoli».

Sulla questione dei migranti, Orban ha sottolineato la voglia del suo paese di difendere le frontiere del sud dal flusso delle nuove ondate di arrivi, mentre Morawiecki ha ribadito l'impegno del proprio governo di aiutare «sul luogo» le popolazioni colpite dalle guerre o povertà. «In questa materia per noi è fondamentale la nostra sovranità nazionale», ha aggiunto Orban spiegando la determinazione con la quale il suo paese difenda il diritto di decidere chi può essere autorizzato a restare nel suo territorio. Orban e Morawiecki hanno inoltre concordato le loro posizioni sul prossimo budget dellàUe, ovvero in difesa della politica agraria della Ue nonché i fondi di coesione. «Vogliamo una Europa forte. La regione dell'Europa centrale può dare forza all'intero Vecchio continente» ha detto Orban.

Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: ven lug 14, 2017 3:12 am
da Berto
La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2665
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1291917795
Non soccorrere in mare e non accogliere chi ti può fare del male, chi abusa della legge del mare per invaderti clandestinamente, per depredarti, per ridurti in schiavitù e per ucciderti, lascialo al mare.

Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: mer ago 09, 2017 8:22 pm
da Berto
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Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: dom ago 13, 2017 6:00 am
da Berto
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Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: ven set 15, 2017 7:12 am
da Berto
Cassazione: "Migranti devono conformarsi a nostri valori"
Condannato un indiano Sikh che voleva circolare con un coltello 'sacro' secondo i precetti della sua religione: "Non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori porti alla violazione di quelli della società ospitante". Cei: "Decisione equilibrata, ma politica non strumentalizzi"
15 maggio 2017

http://www.repubblica.it/politica/2017/ ... -165521982

ROMA - Gli immigrati che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale hanno 'l'obbligo' di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso 'di stabilirsi' ben sapendo che 'sono diversi' dai loro. "Non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante". A stabilirlo è la Cassazione, che ha condannando un indiano Sikh che voleva circolare con un coltello 'sacro' secondo i precetti della sua religione.

Nessuna deroga a sicurezza. Secondo la Cassazione, "in una società multietnica la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'art. 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante".

Il caso. I supremi giudici hanno respinto il ricorso di un indiano sikh condannato a duemila euro di ammenda dal Tribunale di Mantova, nel 2015, perché il 6 marzo del 2013 era stato sorpreso a Goito (Mn), dove c'è una grande comunità sikh, mentre usciva di casa armato di un coltello lungo quasi venti centimetri. L'indiano aveva sostenuto che il coltello (kirpan), come il turbante "era un simbolo della religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso". Per questo aveva chiesto alla Cassazione di non essere multato e la sua richiesta era stata condivisa dalla Procura della Suprema Corte che, evidentemente ritenendo tale comportamento giustificato dalla diversità culturale, aveva chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna.

Ad avviso della Prima sezione penale della Suprema Corte, invece, "è essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina".

Il verdetto aggiunge che "la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto".

Le reazioni. Una sentenza che "non fa sconti a nessuno". Così la deputata Forza Italia, Daniela Santanché, commenta la decisione della Suprema Corte: "è sacrosanta. Alla faccia dei buonisti e del tutto è permesso, questa sentenza non fa sconti a nessuno...Oggi era un indiano che voleva girare libero con un coltello sacro per le vie della città e magari domani potevamo imbatterci in una bella carovana di elefanti che trasportavano merci di ogni genere. Siamo in Italia - termina Santanchè - e chi viene ospite nel nostro Paese ha il dovere di seguire le regole che ci impone il codice civile, quello penale e la nostra Costituzione".

Il capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, Fabio Rampelli, parla di "de profundis per l'ideologia buonista": Chi viene in Italia deve rispettare le nostre leggi, le nostre regole, i nostri valori. Per noi è assodato, per la sinistra multiculturalista che ha promosso un'accoglienza contraria alla legalità e al diritto no. Rom, estremisti islamici, osservanti della sharia che non intendono adeguarsi devono andare fuori dall'Italia. O si rispettano le leggi o non c'è spazio".

Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Partito democratico, si augura che la sentenza non sia strumentalizzata: "Speriamo che ora non sia usata come una clava dai vari Salvini! Perchè la sentenza della cassazione, che richiama gli immigrati che hanno scelto di vivere nel mondo occidentale 'all'obbligo' di conformarsi ai valori della società nella quale hanno deciso 'di stabilirsi', dichiara un principio semplice e giusto. E si riferisce a un caso singolo. A noi preoccupa la fanfara della xenofobia che userà una sentenza che difende un corretto uso del diritto di tutti come un'arma nei confronti di qualcuno".

Di decisione 'equilibrata', che, però, non va strumentalizzata dalla politica parla anche la Cei, che evidenzia come il giudizio dei giudici sottolinei "anche il valore della diversità e della multiculturalità e la necessità di un cammino di integrazione degli immigrati, oltre a ribadire che ciò non può prescindere dal rispetto giuridico e legale di alcune regole su cui è strutturata la nostra società, con i suoi valori", ha detto monsignor Giancarlo Perego direttore di 'Migrantes', la fondazione della Cei che si interessa di migranti, rifugiati, profughi.

Il senatore Roberto Calderoli, vice Presidente del Senato e Responsabile Organizzazione e Territorio della Lega Nord, ribadisce che la sentenza "rappresenta un precedente che, da adesso, deve riportare al rispetto totale delle nostre leggi, a cominciare da quella che vieta di girare in luoghi pubblici con un copricapo o un velo che travisano o nascondono il volto, per cui basta burqa o niqab in luoghi pubblici". Ma soprattutto, prosegue il rappresentante del Carroccio, "questa sentenza deve rappresentare un chiaro monito a chi vuole vivere qui: se non accetti tutte le nostre regole qui non puoi restare e se queste regole non ti vanno bene puoi andartene altrove o tornare da dove sei venuto".



'Gli immigrati devono conformarsi ai nostri valori'. Ad esempio quali?
Guido Rampoldi

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... li/3594138


Ahi, i nostri valori. Ogni volta che li sento evocare mi chiedo quali mai saranno, questi nostri valori, i valori di noi italiani. Ma niente, non te lo dicono. Dev’essere una specie di segreto nazionale, e così ben protetto che mica lo raccontano alla gente comune. O magari una parola d’ordine tra persone d’un certo rilievo. “I nostri valori”: capisci subito di avere a che fare con uno affidabile, uno che conta. Politici, giornalisti, intellettuali, adesso anche i giudici della Corte di Cassazione, prima sezione.

Hanno confermato la condanna di un cittadino indiano, un Sikh che se ne andava in giro con una daga (un coltello sacro, ndr), in quanto oggetto richiesto da un rito della sua religione. Avrebbero potuto motivare: chiunque arrivi in Italia, migrante o turista, deve rispettare le leggi italiane, così come richiede ogni Stato di questo pianeta. Ma sarebbe suonato banale. Avrebbero potuto aggiungere, per fare sfoggio di erudizione che nell’era di Tony Blair, all’inizio la polizia lasciò che mini-comunità asiatiche ignorassero varie sezioni dei codici britannici e applicassero le loro leggi tradizionali, pestassero le mogli, brutalizzassero le figlie. Ma se ne pentì e ammise che quella politica si era rivelata disastrosa.

Invece, i giudici l’hanno buttata sui valori. I nostri contrapposti ai loro, i valori degli stranieri. E i nostri in Cassazione risultano essere “i valori occidentali”. Qui le cose si complicano, neppure a Pechino, a Tokyo o a Marrakech la gente può andarsene a zonzo con una durlindana, perché ‘valori occidentali’? Ma il culturalismo inebria e ormai i giudici si sono entusiasmati: poche righe dopo ricordano ai migranti “il limite invalicabile (…) della nostra civiltà giuridica”.

Ora, tutto questo è detto con garbo e rispetto, senza l’ombra dell’aggressività che usa la politica per declinare tesi analoghe. Ma mettiamoci nei panni di un poveretto che arriva da un Paese lontano, un migrante, un ignaro. Apprende che deve accostumarsi ai “valori italiani” e prova a ricavarli dagli italiani che conosce o vede in tv: avrà l’impressione che di italiani ve ne siano di molto diversi, e differenti anche i loro valori.

Se poi lo straniero chiede esempi della “nostra civiltà giuridica” a, mettiamo, corrispondenti esteri in Italia, probabilmente si sentirà rispondere: il G8 di Genova e l’esito delle inchieste che ne sono seguite; l’assenza nei nostri codici del reato di tortura; l’inconcludenza di tanti tra i più grandi processi della nostra storia repubblicana.

Morale: oltre a spiegare ai migranti in Italia quali sono le nostre leggi, dovremmo avvertirli di non prenderci troppo sul serio: tipico della “nostra cultura” è parlare a vanvera.


Alberto Pento
Un valore tra i tanti è che non si va in giro armati di coltellacci. E non è un valore da niente. Mi meraviglio che a un testone come lei non sia venuto in mente un valore semplice ed elementare come questo. Forse importando ossessi religiosi dovremmo in cominciare anche noi a girare armati e non solo di coltellacci da 20 cm di lama ma di pistole e fucili automatici.




La rabbia dei sikh contro l'Italia per il coltello proibito
La comunità sikh indiana critica la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che i migranti devono conformarsi ai nostri valori, condannando un indiano che era stato fermato a Mantova dalla polizia perché trovato in possesso di un coltello kirpan, che per quella religione è un simbolo religioso e non un’arma impropria
Raffaello Binelli - Mer, 17/05/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 98273.html

Niente da fare, quella sentenza della Cassazione proprio non è piaciuta alla comunità sikh indiana.

Stiamo parlando, ovviamente, della sentenza che stabilisce che i migranti devono conformarsi ai nostri valori. Nello specifico la Cassazione aveva condannato un indiano trovato in possesso di un coltello kirpan, che per quella religione è un simbolo religioso e non un’arma impropria. ma per le leggi italiane resta pur sempre un'arma proibita.

Il partito Shiromani Akali Dal e il comitato dello Shiromani Gurdwara Parbandhak (Sgpc), il più importante organo della fede sikh, esprimono "angoscia" e promettono battaglia, dicendo che solleveranno la questione nelle sedi appropriate per assicurare "giustizia" ai loro fedeli presenti nel nostro Paese. La Cassazione ha "ignorato" il fatto che portare un kirpan è un fattore essenziale e obbligatorio per il nostro codice religioso, afferma in un comunicato un portavoce di Akali Dal. "È una questione di fede e di diritti fondamentali dei sikh" e questo divieto "significa che nessun sikh potrà vivere in Italia dopo questa sentenza".

Il presidente dell’Sgpc, Avtar Singh Makkar, ricorda che ogni religione ha la propria dignità e il proprio codice di comportamento e vietare queste tradizioni è inaccettabile: "C’è una volontà del nostro Dio, imposta da un Paese che è stato salvato dalla comunità sikh durante la Prima e la seconda guerra mondiale. Essere ingiusti verso questa comunità e attaccare la sua dignità è deplorevole". Il massimo organo della comunità ha chiesto al governo indiano di trovare con il governo italiano una soluzione al problema. La decisione della Corte di Cassazione ha scosso la comunità sikh di tutto il mondo".

Trenta milioni di fedeli, i sikh sono una comunità religiosa e politico-militare dell’India, fondata nel Punjab da Nanak (1469-1538) nell’intento di unire indù e musulmani nella fede in un Dio unico, che non doveva essere rappresentato con figurazioni materiali, e nel rifiuto di ogni distinzione castale. I sikh sono monoteisti e credono nella legge del karma e nella reincarnazione.



Ira sikh: “Non rinuncio al coltello, ricorrerò alla Corte europea”
Singh Jatinder, il sikh condannato a pagare una multa di due mila euro per via di quel pugnale infilato nella cintola ricorrerà alla Corte europea di Giustizia e annuncia: “Io il Kipran non me lo tolgo”
Elena Barlozzari - Gio, 18/05/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 98813.html

Rispetta la giustizia italiana, dice, ma solo sulla carta perché non rinuncerà al suo coltello.

Questa, in estrema sintesi, la posizione di Singh Jatinder, 33 anni ed una multa di duemila euro da pagare per quel pugnale infilato nella cintola. Così il giovane sikh promette: “Ricorrerò alla Corte europea di giustizia”.

Qualche giorno fa, infatti, la Cassazione ha stabilito che “è essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale”. Nel caso specifico, quindi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato da Jatinder, già condannato dal Tribunale di Mantova per via del coltello tradizionale, il Kirpan, che porta sempre addosso come simbolo di devozione religiosa.

Ma, nonostante il provvedimento avverso, il giovane indiano non intende rinunciare al suo pugnale, né pagare la multa: “Io il Kirpan non me lo tolgo”, ha detto ad un cronista della Gazzetta di Mantova. Nel frattempo Singh Dilbagh, rappresentante della comunità sikh, ha annunciato: “Rispettiamo la sentenza, abbiamo fiducia nella giustizia italiana, così come rispettiamo le leggi italiane. Si vede che non siamo riusciti a spiegarci bene davanti ai giudici; per questo ricorreremo alla Corte europea di giustizia”.

A scatenare la reazione della comunità sikh, che si è stretta attorno al giovane, è la dimensione collettiva che assume il provvedimento: “Noi non la viviamo come una cosa personale, ma collettiva”. Anche se, in Italia, non vige il sistema di common law e la giurisprudenza non fa diritto, un precedente così autorevole rischia di influenzare le future decisioni dei giudici. E sarebbero due, a Quistello e ad Acquanegra, i membri della comunità denunciati per la stessa ragione. “La normativa sulle armi bianche – spiegano i sikh – dice che se non hanno la punta e non tagliano, come il nostro pugnale, e non possono far male, non vengono considerate tali. Speravamo che i giudici ci dicessero di portarlo in un determinato modo. Un no secco è incomprensibile. Però, siamo pronti al dialogo su questo argomento”.




Mantova, il sikh condannato per il coltello sacro: 'Ora ci controllano tutti, ma il tasso di criminalità per noi è zero'
La Cassazione sul suo caso ha sancito che i migranti devono conformarsi a nostri valori. "Sono deluso e arrabbiato, i miei connazionali vengono fermati ogni giorno perché adesso i vigili sanno che portiamo il kirpan, che però è un simbolo di opposizione al male. Vogliamo rivolgerci alla Corte europea per far valere questo nostro diritto"
di ZITA DAZZI
17 maggio 2017

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -165610991

"Sono amareggiato, deluso, arrabbiato. Io mi sento ormai integrato nella vostra società, non ho mai commesso reati, sono sempre stato una persona onesta che ha lavorato e pagato le tasse. Proprio non ci sto a essere trattato come se fossi uno che potrebbe commettere un crimine, solo perché porto il kirpan, il pugnale che per noi sikh, è un simbolo religioso da indossare obbligatoriamente". Per colpa di quel pugnale, sequestrato dai vigili urbani, è stato condannato in via definitiva a pagare una ammenda di 2mila euro, il signor Singh Yantinder, 32 anni, che è in Italia da anni e vive a Goito, in provincia di Mantova, con la moglie. L'uomo, turbante d'ordinanza e carta di soggiorno, è un piccolo imprenditore del settore terziario legato all'industria alimentare, come molti altri suoi connazionali, che nella bassa mantovana, come nel bresciano e in molte parti della pianura Padana mandano avanti il settore caseario locale.

Signor Singh, per lei il Kirpan è un simbolo religioso, ma per la legge italiana è un'arma contundente che non si può portare in giro. La sentenza della Corte di Cassazione è chiara.
"Né io né la mia comunità capiamo questa sentenza, che va a incidere sulla nostra libertà religiosa e di culto prevista dalla Costituzione. Nessuno di noi ha mai fatto il male con il kirpan, anzi è un simbolo di resistenza al male, proprio il contrario di quello che sostiene la sentenza".

Ma come è iniziata questa storia?
"Era il marzo del 2015, stavo camminando per strada, con il kirpan alla vita, ignaro che questo potesse essere un problema. MI hanno fermato i vigili di Goito, chiedendomi di giustificare questo pugnale, che è racchiuso in un fodero molto elaborato. Ho provato a spiegare che è un simbolo obbligatorio per la mia religione, come i capelli lunghi che tutti noi portiamo, senza tagliarli mai, legati con un pettinino di legno, sotto al turbante. Dobbiamo anche avere braccialetto. Insomma, come gli ebrei indossano la kippah, come le donne islamiche indossano il velo sul capo, anche noi abbiamo le nostre usanze".

I vigili quindi non ascoltarono le sue ragioni?
"Ho spiegato che per noi sikh è obbligatorio tenere addosso i simboli della religione, ma gli agenti mi hanno sequestrato il pugnale, anche se ho spiegato che questo era molto grave. Ma non c'è stato verso, anzi, da quel giorno è stato avviato un procedimento di contravvenzione nei miei confronti, secondo la legge 110 del 1975. Ma per me è assurdo, non ho commesso reati, come è stato scritto, ma solo rispettato le regole della mia religione, come fanno altri 30 milioni di sikh nel mondo, 160mila dei quali in Italia. E noi siamo una comunità molto pacifica, come tutti sanno, abbiamo un tasso di criminalità pari a zero".

Quindi adesso che farà?
"Adesso a Goito, il mio paese, e a Mantova, abbiamo tutti paura e timore. Diversi altri miei connazionali e correligionari vengono fermati ogni giorno, anche a Cremona e a Crema perché i vigili adesso sanno che tutti portiamo il kirpan e vogliono farlo togliere a tutti noi. Questo è molto doloroso e ci dobbiamo riunire con i vertici della nostra comunità per capire come muoverci, con chi possiamo andare a parlare per ottenere ascolto".

Pensate ancora di riuscire a far cambiare idea alla magistratura su questo tema?
"Noi siamo disponibili a ridurre la dimensione del pugnale, anche a portarlo sotto i vestiti, invece che alla cintola e in modo visibile, se la questione è di ordine pubblico, ci adatteremo. Faremo di tutto pur di arrivare a una mediazione su un simbolo religioso, che non sarà mai e non è mai stato uno strumento di offesa, caso mai il suo contrario. Un simbolo di opposizione al male".

Ma la legge italiana non consente di portare oggetti contundenti e armi se non c'è un giustificato motivo, lo sa?
"E allora perché il macellaio, il falegname, il chirurgo, possono portare i loro strumenti di lavoro in giro? Perché la religione non è anche essa un giustificato motivo? Faremo qualsiasi cosa che ci consenta di rispettare il nostro credo. Nessuno di noi è stato mai stato fermato per aver commesso reati o fatto male a qualcuno con il kirpan. Per noi non è nemmeno come il crocefisso, cioè un simbolo religioso che si può inossare o meno, a seconda dei gusti. Per noi è obbligatorio indossarlo, non farlo è una grave mancanza religiosa, che non ha equivalenti nella religione cristiana".

Se non otterrete giustizia, che farete?
"Non so se decideremo di andare via dall'Italia per questo motivo, ma siamo molto perplessi, perché
in altri paesi sia europei sia extra europei persone di religione sikh sono accettate anche col kirpan. C'è addirittura un ministro in Canada che ci va in palamento. Noi siamo una comunità pacifica, siamo in Italia per integrarci e per rispettare i valori che sono alla base della società e della legislazione italiana. Ma per noi la fede è una cosa importantissima. Vorremmo anche andare alla Corte europea per far valere questo nostro diritto".



Anche la legge può essere un valore o un disvalore

La spada sikh è questione di legge, non di valori
Davide 19 maggio 2017
DI MASSIMO FINI

https://comedonchisciotte.org/la-spada- ... -di-valori

La sentenza della Corte di Cassazione che obbliga lo straniero che vive in Italia a conformarsi ai nostri valori (e implicitamente a quelli occidentali) è aberrante, inquietante, pericolosa e oserei dire paranoica.

Lo straniero che vive in Italia ha il solo obbligo, come tutti, di rispettare le leggi dello Stato italiano. Punto. Il sikh che girava con un coltello kirpan, sacro nella sua cultura, doveva essere condannato perché in Italia è vietato andare in giro armati. Se si accettasse il principio enunciato dalla Corte di Cassazione un italiano che vive in un paese islamico dovrebbe, in conformità alla cultura di quel paese, farsi musulmano (??? infatti nei paesi islamici le religioni non islamiche sono limitate, soggette a molte restrizioni e diviete e perseguitate).

La sentenza della Cassazione è incostituzionale perché viola l’articolo 3 della nostra Carta che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

La questione non riguarda semplicemente le differenze religiose, punto su cui si sono soffermati quasi tutti, ma è molto più ampia: riguarda l’identità culturale, religiosa e non religiosa. La Cassazione afferma: “La società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali confliggenti a seconda delle etnie che la compongono”. Non so dove la Cassazione sia andata a scovare un principio di questo genere, inaudito nel senso letterale di mai udito fino a oggi. Lo straniero che vive in Italia non ha l’obbligo di conformarsi alle nostre tradizioni, ha il sacrosanto diritto di conservare le sue, sempre che, naturalmente, come si è già detto, non siano in contrasto con le nostre leggi (!!! le leggi sono anche valori o disvalori). Al limite lo straniero non ha nemmeno l’obbligo di imparare la nostra lingua, sarebbe più intelligente se lo facesse ma non ne è obbligato (!!! allora niente cittadinanza). Per decenni ci sono stati italiani emigrati in America che non spiccicavano nemmeno una parola di inglese, ma non per questo sono stati sanzionati.

La questione della sicurezza, importante ma che non ha nessuna rilevanza se lo straniero rispetta le leggi del nostro Stato (il burka va vietato non perché è un simbolo religioso ma perché copre l’intero viso e le nostre leggi prevedono che si debba andare in giro a volto scoperto !!!), sta facendo dell’ ‘arcipelago culturale’ occidentale un sistema totalitario che non tollera le diversità culturali sia all’esterno (vedi le aggressioni armate ad altri Paesi, dalla Serbia alla Libia) sia al proprio interno. Stiamo di fatto calpestando proprio quei valori, democrazia in testa, cui diciamo di appartenere e ai quali vorremmo costringere qualsiasi ‘altro da noi’. Alla povera gente che migra nel nostro Paese e negli altri stati europei, a causa molto spesso delle nostre prevaricazioni economiche e armate che abbiamo fatto nei loro, vorremmo togliere, alla fine, anche l’anima (??? non è vero).

Spostando il discorso mi piacerebbe sapere quali sono i nostri valori. A parte quello di una democrazia che in realtà non è tale, perché non appartiene ai cittadini ma è nel pieno possesso di oligarchie, nazionali e internazionali, non vedo in Occidente un altro valore che non sia l’adorazione del Dio Quattrino e la supina subordinazione alle leggi del mercato (???).

Siamo molto gelosi della nostra identità, più che altro a parole perché un’identità non l’abbiamo più (???), ma non tolleriamo quella altrui (???). Io sono libero di essere sikh, sono libero di essere indù, sono libero di essere musulmano (???), sono libero, se abito in un Paese di cultura diversa, di essere laico e non credente (???).

Dell’Illuminismo abbiamo conservato e sviluppato il peggio, ma abbiamo dimenticato il meglio che sta nella famosa frase di Voltaire: non sono d’accordo con le tue idee ma difenderò il tuo diritto a esprimerle fino alla morte. E per ‘idee’ bisogna intendere anche le tradizioni, la cultura, la religione, direi meglio: la spiritualità di chi è diverso da noi (!!! non si tratta di spiritualità ma di religiosità, la spiritualità e una e universale, quell che cambia caso mai è la religiosità).

La sentenza della Cassazione ci dice che anche i magistrati –che per fortuna non fanno le leggi (??? perché i politici che fanno le leggi sono forse migliori? e non sbagliano mai?) ma devono solo applicarle e giudicare caso per caso- hanno perso di vista i princìpi fondamentali del nostro diritto e della nostra cultura (???). Ma più in generale direi che noi occidentali abbiamo perso la testa (???).



Alberto Pento
No Fini, tu sei libero di essere quello che sei e che vuoi, soltanto se rispetti i Valori i Doveri e i Diritti Umani Universali nel loro Ordine Naturale, cosa che per esempio non fa l'immigrazione clandestina e selvaggia e nemmeno l'Islam che non è tanto una religione ma una "cultura" politico-religiosa legata a un certo territorio con tendenze egemoniche, imperialiste e violente.





Migranti devono conformarsi ai nostri valori, parola di Cassazione

Cassazione penale, sez. I, sentenza 15/05/2017 n° 24084
Pubblicato il 16/05/2017

http://www.altalex.com/documents/news/2 ... /immigrati

Una pronuncia che farà discutere e che dividerà le opinioni, non solo tra i differenti schieramenti politici, quella emanata ieri dalla I Sezione penale della Cassazione.

Immediate le reazioni da parte di alcuni esponenti dei partiti. Nell’Italia che si tinge di differenti culture, ma che stenta ad accettare la metamorfosi, il massimo consesso ha rilevato “l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi”, nonché di verificare preventivamente la conciliabilità della propria condotta con i principi che regolano la società in cui pretende di convivere.

In una società multietnica, la convivenza tra soggetti di gruppi differenti richiede l’identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. A mente dell’art. 2 della Carta Costituzionale, l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine, bensì il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante. L’immigrato che decide di stabilirsi in una società in cui è consapevole che i valori di riferimento sono differenti da quella da cui proviene, ne impone il rispetto. Non è infine tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, anche se leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante.
Questo quanto riportato nella sentenza n. 24084 della I sezione Penale, con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indiano Sikh, condannato a duemila euro di ammenda per aver portato, fuori dalla propria abitazione, e senza alcun giustificato motivo, un coltello di quasi 20 centimetri, quindi considerato idoneo all’offesa.

Per essere scriminato, l’indiano aveva invocato il giustificato motivo e, nello specifico, aveva sostenuto che il coltello in questione doveva considerarsi un simbolo religioso e la condotta del portarlo appresso l’adempimento del relativo dovere. Ma i giudici ermellini, nel confermare la condanna, evidenziano che la decisione, presa dall’immigrato, di stabilirsi in una società dove i valori di riferimento sono diversi rispetto a quella di provenienza, ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppur leciti nel paese di origine, conduca alla violazione consapevole di quelli della società ospitante.

Nel motivare il dictum, gli ermellini hanno richiamato, oltre alla legislazione italiana, anche l’articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale stabilisce che la libertà di manifestare la propria religione può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, ovvero per la protezione dei diritti e della libertà altrui.
Immediate le reazioni da parte di alcuni esponenti politici. La deputata Daniela Santanché (Forza Italia), esprimendosi con favore alla decisione, ha ricalcato che chi è ospite in Italia ha il dovere di seguire le regole che ci impongono i codici e la Costituzione. Identico giudizio per Fabio Rampelli (capogruppo di Fratelli d’Italia - Alleanza nazionale), ma aggiungendo, categorico, che “O si rispettano le leggi o non c’è spazio”. Dal versante opposto, Emanuele Fiano (responsabile Sicurezza del Partito democratico), formula l’auspicio che il verdetto non venga strumentalizzato a fini differenti da quelli propri e, parlando al plurale, ha concluso “A noi preoccupa la fanfara della xenofobia che userà una sentenza che difende un corretto uso del diritto di tutti come un’arma nei confronti di qualcuno”.

(Altalex, 16 maggio 2017)





CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione Prima Penale

Sentenza 15 maggio 2017, n. 24084
Presidente Mazzei
Relatore Novik

Rilevato in fatto

1. Con sentenza emessa il 5 febbraio 2015, il Tribunale di Mantova ha condannato Si. Ja. alla pena di Euro 2000 di ammenda per il reato di cui all'art. 4 legge n. 110 del 1975, perché "portava fuori dalla propria abitazione senza un giustificato motivo, un coltello della lunghezza complessiva di cm 18,5 idoneo all'offesa per le sue caratteristiche". Commesso in Goito il 6 marzo 2013.

2. Risulta in fatto che l'imputato era stato trovato dalla polizia locale in possesso di un coltello, portato alla cintura. Richiesto di consegnarlo, aveva opposto rifiuto adducendo che il comportamento si conformava ai precetti della sua religione, essendo egli un indiano "SIKH".
Secondo il giudice di merito, le usanze religiose integravano mera consuetudine della cultura di appartenenza e non potevano avere l'effetto abrogativo di norma penale dettata a fini di sicurezza pubblica.

3. Avverso questa sentenza ha presentato ricorso l'imputato personalmente chiedendone l'annullamento per violazione dell'art. 4 della Legge n. 110/1975 e vizio di motivazione. Ritiene che il porto di coltello era giustificato dalla sua religione e trovava tutela dell'articolo 19 della Costituzione. Il coltello (KIRPAN), come il turbante, era un simbolo della religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso. Chiede quindi l'annullamento della sentenza.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.

2. Va premesso, in termini generali, che il reato contestato ha natura contravvenzionale, è punito anche a titolo di colpa, ed è escluso se ricorre un "giustificato motivo". L'assenza di giustificato motivo è prevista come elemento di tipicità del fatto di reato (trattasi di elemento costitutivo della fattispecie, come precisato da Sez. Un. n. 7739 del 9.7.1997). La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che il giustificato motivo di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2, ricorre quando le esigenze dell'agente siano corrispondenti a regole relazionali lecite rapportate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale funzione dell'oggetto (ex multis, Sez. 1 n.4498 del 14.1.2008, rv. 238946). Per fare alcuni esempi, è giustificato il porto di un coltello da chi si stia recando in un giardino per potare alberi o dal medico chirurgo che nel corso delle visite porti nella borsa un bisturi; per converso, lo stesso comportamento posto in essere dai medesimi soggetti in contesti non lavorativi non è giustificato e integra il reato.

2.1. Nel caso specifico, la sentenza impugnata da' atto che, al momento del controllo di polizia, l'imputato si trovava per strada e teneva il coltello nella cintola. A fronte della allegazione di circostanze di obiettivo rilievo dimostrativo, scatta l'onere dell'imputato di fornire la prova del giustificato motivo del trasporto.

2.2. L'imputato ha affermato che il porto del coltello era giustificato dal credo religioso per essere il Kirpan "uno dei simboli della religione monoteista Sikh" e ha invocato la garanzia posta dall'articolo 19 della Costituzione. Il Collegio, pur a fronte dell'assertività dell'assunto, non ritiene che il simbolismo legato al porto del coltello possa comunque costituire la scriminante posta dalla legge.

2.3. In una società multietnica, la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'art. 2 Cost. che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante. È quindi essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina. La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante. La società multietnica è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali configgenti, a seconda delle etnie che la compongono, ostandovi l'unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro paese che individua la sicurezza pubblica come un bene da tutelare e, a tal fine, pone il divieto del porto di armi e di oggetti atti ad offendere.

2.4. Nessun ostacolo viene in tal modo posto alla libertà di religione, al libero esercizio del culto e all'osservanza dei riti che non si rivelino contrari al buon costume. Proprio la libertà religiosa, garantita dall'articolo 19 invocato, incontra dei limiti, stabiliti dalla legislazione in vista della tutela di altre esigenze, tra cui quelle della pacifica convivenza e della sicurezza, compendiate nella formula dell' ordine pubblico; e la stessa Corte costituzionale ha affermato la necessità di contemperare i diritti di libertà con le citate esigenze. Come osserva il Giudice delle leggi nella sentenza numero 63 del 2016 Tra gli interessi costituzionali da tenere in adeguata considerazione nel modulare la tutela della libertà di culto - nel rigoroso rispetto dei canoni di stretta proporzionalità, per le ragioni spiegate sopra - sono senz'altro da annoverare quelli relativi alla sicurezza, all'ordine pubblico e alla pacifica convivenza.

2.5. Nello stesso senso, si muove anche l'articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che, al secondo comma, stabilisce che La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

2.6. La giurisprudenza Europea, a proposito del velo islamico, in Leyla Sahin c. Turchia [GC], n. 44774/98, § 111, CEDU 2005 XI ; Refah Partisi e altri c. Turchia [GC], n. 41340/98, 41342/98, 41343/98 e 41344/98, § 92, CEDU 2003 II, ha riconosciuto che lo Stato può limitare la libertà di manifestare una religione se l'uso di quella libertà ostacola l'obiettivo perseguito di tutela dei diritti e delle libertà altrui, l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica. Nella causa Eweida e altri contro Regno Unito del 15 gennaio 2013, la Corte ha riconosciuto la legittimità delle limitazioni alle abitudini di indossare visibilmente collane con croci cristiane durante il lavoro e ha suffragato l'opinione ricordando che, nello stesso ambiente lavorativo, dipendenti di religione Sikh avevano accettato la disposizione di non indossare turbanti o Kirpan (in questo modo dimostrando che l'obbligo religioso non è assoluto e può subire legittime restrizioni).

3. Pertanto, tenuto conto che l'articolo 4 della legge n. 110 del 1975 ha base nel diritto nazionale, è accessibile alle persone interessate e presenta una formulazione abbastanza precisa per permettere loro - circondandosi, all'occorrenza, di consulenti illuminati - di prevedere, con un grado ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze che possono derivare da un atto determinato e di regolare la loro condotta (Go. ed altri c. Polonia (Grande Camera), n 44158/98, § 64, CEDU 2004), va affermato il principio per cui nessun credo religioso può legittimare il porto in luogo pubblico di armi o di oggetti atti ad offendere.

4. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.




Islam e integrazione: il problema della Dichiarazione Islamica dei Diritti Umani
Written by Staff Rights Reporter on Gen 25, 2015

http://www.rightsreporter.org/islam-e-i ... itti-umani

Si fa un gran parlare di integrazione da parte degli stranieri e si arriva pure a sostenere che l’aumento dell’estremismo islamico in Europa sia il frutto proprio della mancanza di una adeguata politica di integrazione.

Noi non siamo molto d’accordo con questa teoria e spieghiamo perché. Secondo il nostro modestissimo parere la mancata integrazione degli stranieri nei Paesi europei (nel nostro caso parleremo di Italia) non dipende tanto dalla situazione sociale in cui molti stranieri si vengono a trovare, che è certamente importante, ma non decisiva per una piena comprensione dei valori che alimentano le nostre democrazie, valori che dovrebbero essere proprio alla base di qualsiasi forma di integrazione. Per capire meglio il nostro ragionamento prendiamo proprio i casi più eclatanti di mancata integrazione che riguardano principalmente gli immigrati musulmani (anche di seconda e terza generazione) che in moltissimi casi rifiutano di accettare quei valori fondamentali su cui si basano le democrazie europee, valori che fanno capo a due documenti specifici che sono la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

In particolare, inutile negarlo, lo scontro tra la nostra cultura e quella musulmana si manifesta su tutti quegli articoli che parlano di libertà individuali e di parità di Diritti tra generi e soprattutto nel differente approccio al concetto di legge. Mentre nelle due dichiarazioni sopra citate i punti focali sono i Diritti Individuali basati esclusivamente su un concetto laico del Diritto, nella Dichiarazione Islamica dei Diritti Umani il concetto di fondo è la legge islamica, la Sharia, che si basa esclusivamente su precetti religiosi.

E chiarissimo e lampante che tra le due visioni di insieme la differenza è abnorme e non conciliabile. E’ quindi impossibile che un qualsiasi residente in Europa possa accettare che i propri concetti di Diritto laici vengano spazzati via da un concetto teocratico che in molti punti fa addirittura a pugni con quanto stabilito dalle dichiarazioni dei Diritti accettate nel nostro continente in quanto stabilisce con chiarezza la supremazia della legge islamica rispetto alle leggi nazionali. In particolare nei seguenti articoli che non possono in nessun caso essere accettati in Europa e che, per dirla tutta, andrebbero messi fuorilegge:

Art. 4 – Il diritto alla giustizia

1) Ogni individuo ha diritto di essere giudicato in conformità alla Legge islamica e che nessun’altra legge gli venga applicata…

5) Nessuno ha il diritto di costringere un musulmano ad obbedire ad una legge che sia contraria alla Legge islamica. Il musulmano ha il diritto di rifiutare che gli si ordini una simile empietà, chiunque esso sia: «Se al musulmano viene ordinato di peccare, non è tenuto né alla sottomissione né all’obbedienza» ( ḥadīth )[1].

O ancora la definizione di equità di un processo e di presunzione di innocenza:

Art. 5 – Il diritto ad un processo giusto

1) L’innocenza è condizione originaria: «Tutti i membri della mia Comunità sono innocenti, a meno che l’errore non sia pubblico» ( ḥadīth ). Questa presunzione di innocenza corrisponde quindi allo «statu quo ante» e deve rimanere tale, anche nei confronti di un imputato, fino a che esso non sia stato definitivamente riconosciuto colpevole da un tribunale che giudichi con equità.

2) Nessuna accusa potrà essere rivolta se il reato ascritto non è previsto in un testo della Legge islamica… …

4) In nessun caso potranno essere inflitte pene più gravose di quelle previste dalla Legge islamica per ogni specifico crimine: «Ecco i limiti di Allah, non li sfiorate» (Cor. II:229)…

Inoltre, relativamente al libero pensiero, troviamo delle fondamentali differenze tra le due Dichiarazioni; infatti per i Paesi firmatari della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si legge:

Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

mentre nella Dichiarazione islamica troviamo:

Art. 12 – Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola

1) Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica: «Se gli ipocriti, coloro che hanno un morbo nel cuore e coloro che spargono la sedizione non smettono, ti faremo scendere in guerra contro di loro e rimarranno ben poco nelle tue vicinanze. Maledetti! Ovunque li si troverà saranno presi e messi a morte» (Cor., XXXIII:60-61). … 4) Nessun ostacolo potrà essere frapposto alla diffusione delle informazioni e delle verità certe, a meno che dalla loro diffusione non nasca qualche pericolo per la sicurezza della comunità naturale e per lo Stato: «Quando giunge loro una notizia rassicurante o allarmante, essi la divulgano; se l’avessero riferita all’Inviato di Dio e a quelli di loro che detengono l’autorità, per domandare il loro parere avrebbero saputo se era il caso di accettarla, perché di solito si fa riferimento alla loro opinione» (Cor. 4,83).

Ora, è chiaro che se anche le seconde generazioni di musulmani crescono apprendendo che i loro Diritti sono tutelati dalla Dichiarazione islamica dei Diritti Umani invece che dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani o dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, lo scontro tra civiltà e ideologie diverrà immancabile e a farne le spesa sarà proprio quella integrazione di cui tanto si parla.

E qui sarebbe il caso anche di fare un lungo ragionamento sul concetto di integrazione, che non significa che noi europei ci dobbiamo adattare alle usanze e alle leggi di chi viene nel nostro continente ma è esattamente il contrario. Come si risolve questo problema? Si risolve dal basso, inserendo obbligatoriamente lo studio dei Diritti Umani nelle scuole e un piano di studio che compari le varie dichiarazioni e ne evidenzi le differenze in termini di Diritto. Se a una bambina musulmana viene spiegato che lei ha gli stessi Diritti di un maschio musulmano quando questa andrà a casa saprà che qualsiasi forma di costrizione nei suoi confronti è di fatto una violazione della legge, della nostra legge che è l’unica che tutti sono tenuti a rispettare se veramente vogliono essere integrati. Ed è questo il punto focale della nostra iniziativa: è impossibile accettare che la legge islamica prevalga sulle leggi nazionali e per questo che dai prossimi giorni daremo il via a due iniziative congiunte. La prima è volta a chiedere che in Italia l’insegnamento dei Diritti Umani così come enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani venga reso obbligatorio e non come semplice complemento dello studio del Diritto Civile. La seconda iniziativa è volta rendere fuorilegge la dichiarazione islamica dei Diritti Umani in quanto chiaramente incompatibile sia con le nostre leggi che con tutte le legislazioni dell’Unione Europea in quanto pone la legge islamica al di sopra delle leggi nazionali, un vero e proprio bastione contro l’integrazione. Le due iniziative, in particolare quella in Europa, verranno aperte da un dettagliato esposto che renderemo pubblico appena possibile cioè non appena verranno recepiti e messi in discussione, il che ci auguriamo avverrà prima possibile.


Preistoria e storia del diritto, fonti varie
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2521

Diritto islamico


Shariʿah o sharia
https://it.wikipedia.org/wiki/Shari'a
Shariʿah o sharia (in arabo: شريعة‎, sharīʿa) è un termine arabo dal senso generale di "legge" (letteralmente "strada battuta"), che può essere interpretata sotto due sfere, una più metafisica e una più pragmatica. Nel significato metafisico, la sharīʿah è la Legge di Dio e, in quanto tale, rimane sconosciuta agli uomini.

Sharia o legge islamica per Maometto ed il Corano
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=1460

La Sharia non è la legge di D-o ma soltanto quella dell'idolo Allah
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2470
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8731864964




Islam e integrazione: il problema della Dichiarazione Islamica dei Diritti Umani
Written by Staff Rights Reporter on Gen 25, 2015

http://www.rightsreporter.org/islam-e-i ... itti-umani

Si fa un gran parlare di integrazione da parte degli stranieri e si arriva pure a sostenere che l’aumento dell’estremismo islamico in Europa sia il frutto proprio della mancanza di una adeguata politica di integrazione.

Noi non siamo molto d’accordo con questa teoria e spieghiamo perché. Secondo il nostro modestissimo parere la mancata integrazione degli stranieri nei Paesi europei (nel nostro caso parleremo di Italia) non dipende tanto dalla situazione sociale in cui molti stranieri si vengono a trovare, che è certamente importante, ma non decisiva per una piena comprensione dei valori che alimentano le nostre democrazie, valori che dovrebbero essere proprio alla base di qualsiasi forma di integrazione. Per capire meglio il nostro ragionamento prendiamo proprio i casi più eclatanti di mancata integrazione che riguardano principalmente gli immigrati musulmani (anche di seconda e terza generazione) che in moltissimi casi rifiutano di accettare quei valori fondamentali su cui si basano le democrazie europee, valori che fanno capo a due documenti specifici che sono la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

In particolare, inutile negarlo, lo scontro tra la nostra cultura e quella musulmana si manifesta su tutti quegli articoli che parlano di libertà individuali e di parità di Diritti tra generi e soprattutto nel differente approccio al concetto di legge. Mentre nelle due dichiarazioni sopra citate i punti focali sono i Diritti Individuali basati esclusivamente su un concetto laico del Diritto, nella Dichiarazione Islamica dei Diritti Umani il concetto di fondo è la legge islamica, la Sharia, che si basa esclusivamente su precetti religiosi.

E chiarissimo e lampante che tra le due visioni di insieme la differenza è abnorme e non conciliabile. E’ quindi impossibile che un qualsiasi residente in Europa possa accettare che i propri concetti di Diritto laici vengano spazzati via da un concetto teocratico che in molti punti fa addirittura a pugni con quanto stabilito dalle dichiarazioni dei Diritti accettate nel nostro continente in quanto stabilisce con chiarezza la supremazia della legge islamica rispetto alle leggi nazionali. In particolare nei seguenti articoli che non possono in nessun caso essere accettati in Europa e che, per dirla tutta, andrebbero messi fuorilegge:

Art. 4 – Il diritto alla giustizia

1) Ogni individuo ha diritto di essere giudicato in conformità alla Legge islamica e che nessun’altra legge gli venga applicata…

5) Nessuno ha il diritto di costringere un musulmano ad obbedire ad una legge che sia contraria alla Legge islamica. Il musulmano ha il diritto di rifiutare che gli si ordini una simile empietà, chiunque esso sia: «Se al musulmano viene ordinato di peccare, non è tenuto né alla sottomissione né all’obbedienza» ( ḥadīth )[1].

O ancora la definizione di equità di un processo e di presunzione di innocenza:

Art. 5 – Il diritto ad un processo giusto

1) L’innocenza è condizione originaria: «Tutti i membri della mia Comunità sono innocenti, a meno che l’errore non sia pubblico» ( ḥadīth ). Questa presunzione di innocenza corrisponde quindi allo «statu quo ante» e deve rimanere tale, anche nei confronti di un imputato, fino a che esso non sia stato definitivamente riconosciuto colpevole da un tribunale che giudichi con equità.

2) Nessuna accusa potrà essere rivolta se il reato ascritto non è previsto in un testo della Legge islamica… …

4) In nessun caso potranno essere inflitte pene più gravose di quelle previste dalla Legge islamica per ogni specifico crimine: «Ecco i limiti di Allah, non li sfiorate» (Cor. II:229)…

Inoltre, relativamente al libero pensiero, troviamo delle fondamentali differenze tra le due Dichiarazioni; infatti per i Paesi firmatari della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si legge:

Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

mentre nella Dichiarazione islamica troviamo:

Art. 12 – Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola

1) Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica: «Se gli ipocriti, coloro che hanno un morbo nel cuore e coloro che spargono la sedizione non smettono, ti faremo scendere in guerra contro di loro e rimarranno ben poco nelle tue vicinanze. Maledetti! Ovunque li si troverà saranno presi e messi a morte» (Cor., XXXIII:60-61). … 4) Nessun ostacolo potrà essere frapposto alla diffusione delle informazioni e delle verità certe, a meno che dalla loro diffusione non nasca qualche pericolo per la sicurezza della comunità naturale e per lo Stato: «Quando giunge loro una notizia rassicurante o allarmante, essi la divulgano; se l’avessero riferita all’Inviato di Dio e a quelli di loro che detengono l’autorità, per domandare il loro parere avrebbero saputo se era il caso di accettarla, perché di solito si fa riferimento alla loro opinione» (Cor. 4,83).

Ora, è chiaro che se anche le seconde generazioni di musulmani crescono apprendendo che i loro Diritti sono tutelati dalla Dichiarazione islamica dei Diritti Umani invece che dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani o dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, lo scontro tra civiltà e ideologie diverrà immancabile e a farne le spesa sarà proprio quella integrazione di cui tanto si parla.

E qui sarebbe il caso anche di fare un lungo ragionamento sul concetto di integrazione, che non significa che noi europei ci dobbiamo adattare alle usanze e alle leggi di chi viene nel nostro continente ma è esattamente il contrario. Come si risolve questo problema? Si risolve dal basso, inserendo obbligatoriamente lo studio dei Diritti Umani nelle scuole e un piano di studio che compari le varie dichiarazioni e ne evidenzi le differenze in termini di Diritto. Se a una bambina musulmana viene spiegato che lei ha gli stessi Diritti di un maschio musulmano quando questa andrà a casa saprà che qualsiasi forma di costrizione nei suoi confronti è di fatto una violazione della legge, della nostra legge che è l’unica che tutti sono tenuti a rispettare se veramente vogliono essere integrati. Ed è questo il punto focale della nostra iniziativa: è impossibile accettare che la legge islamica prevalga sulle leggi nazionali e per questo che dai prossimi giorni daremo il via a due iniziative congiunte. La prima è volta a chiedere che in Italia l’insegnamento dei Diritti Umani così come enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani venga reso obbligatorio e non come semplice complemento dello studio del Diritto Civile. La seconda iniziativa è volta rendere fuorilegge la dichiarazione islamica dei Diritti Umani in quanto chiaramente incompatibile sia con le nostre leggi che con tutte le legislazioni dell’Unione Europea in quanto pone la legge islamica al di sopra delle leggi nazionali, un vero e proprio bastione contro l’integrazione. Le due iniziative, in particolare quella in Europa, verranno aperte da un dettagliato esposto che renderemo pubblico appena possibile cioè non appena verranno recepiti e messi in discussione, il che ci auguriamo avverrà prima possibile.


Preistoria e storia del diritto, fonti varie
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Diritto islamico


Shariʿah o sharia
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Shariʿah o sharia (in arabo: شريعة‎, sharīʿa) è un termine arabo dal senso generale di "legge" (letteralmente "strada battuta"), che può essere interpretata sotto due sfere, una più metafisica e una più pragmatica. Nel significato metafisico, la sharīʿah è la Legge di Dio e, in quanto tale, rimane sconosciuta agli uomini.

Sharia o legge islamica per Maometto ed il Corano
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La Sharia non è la legge di D-o ma soltanto quella dell'idolo Allah
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Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: ven set 15, 2017 7:13 am
da Berto
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Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: sab dic 16, 2017 7:56 pm
da Berto
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Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: dom feb 04, 2018 9:17 pm
da Berto
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Re: Diritti Umani Universali che non esistono

MessaggioInviato: mar mag 15, 2018 1:30 pm
da Berto
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